Elisa guarda la sua maglia e la sua bici iridata prima di andare a letto. Le brillano gli occhi, hanno una luce particolare dettata, forse, dal fatto che al momento (in apertura, Balsamo nella foto ASO/F. Boukla) è la ciclista più forte al mondo…
«La sera prima della mia Parigi-Roubaix ero abbastanza serena, non mi sentivo particolarmente stressata o con qualche responsabilità di troppo. Volevo solo divertirmi e onorare la maglia».
Pochi problemi sul pavé asciutto, poi è cominciato l’InfernoPochi problemi sul pavé asciutto, poi è cominciato l’Inferno
Inizia la corsa, ma il terreno sembra quasi diverso da quello di due giorni prima.
«Quando abbiamo fatto la ricognizione, la strada era asciutta e sembrava già difficile in quel modo, ma tutta bagnata e piena di fango mi sembrava quasi impossibile. Il pavé è diverso rispetto a quello a cui sono abituata ad esempio al Giro delle Fiandre. Questo è più alto, più scivoloso, mette un po’ più in difficoltà. Sicuramente, però, le persone a bordo strada che mi incitavano davano tanto morale. Mi emozionava, mi sentivo parte integrante della storia».
Al via con il numero uno. Alla sua destra Vittoria Guazzini, caduta e finita all’ospedaleAl via con il numero uno. Alla sua destra Vittoria Guazzini, caduta e finita all’ospedale
«Ho avuto paura, tanta. Ho visto che si era fatta seriamente male e non è stata una bella scena. In alcune zone c’erano delle pozzanghere di fango molto grandi ed era lì che si perdeva maggiormente l’equilibrio».
Elisa abbassa un attimo lo sguardo e osserva la sua bici.
«Non è stata la miglior gara per inaugurare maglia e bici nuove e bianche (ride, ndr). Però ha avuto il suo fascino fare la prima Parigi-Roubaix come prima competizione in maglia iridata. Un sogno, non l’avrei mai immaginato possibile!».
Anche per Elisa qualche scivolata senza conseguenze sul fango della Roubaix (foto ASO / F. Boukla)Anche per Elisa qualche scivolata senza conseguenze sul fango della Roubaix (foto ASO / F. Boukla)
Negli spogliatoi del magico velodromo di Roubaix la Balsamo è ricoperta di fango dalla testa ai piedi, con difficoltà si intravede l’iride sulla sua maglia, eppure sorride…
«E’ stato divertente, è stato leggendario, è stato unico. Sinceramente spero solo che nei prossimi anni non piova più (ride, ndr). Il prossimo anno la rifarei? Non so, adesso non voglio pensarci, un Inferno all’anno è già tanto. Sicuramente… se non dovesse piovere sarebbe meglio!».
Raggiunto il velodromo di Roubaix: strana sensazione per Balsamo, vera “star” della pistaRaggiunto il velodromo di Roubaix: strana sensazione per una “star” della pista
Chiude un secondo gli occhi.
«Vedo l’arrivo, il fango, la bici sporca e le mani con le vesciche. Solo alla fine ho iniziato ad avvertire i primi dolori alle mani, una volta tolti i guanti. Durante la corsa l’adrenalina era tale da non sentire nulla».
La nostra campionessa del mondo è abbastanza positiva, l’iride non la spaventa, lo sa portare, non si sente grandi responsabilità sulle spalle ed è abbastanza contenta della sua stagione. Vuole solo continuare a fare del suo meglio divertendosi. L’Inferno è passato!
Matej Mohoric si è preso la Roubaix sulle spalle e l'ha onorata sino in fondo, finché i campioni non hanno aperto il gas. Ha corso pensando a Colbrelli
Elisa Balsamo vive ancora nell’onda lunga dell’entusiasmo iridato e c’è da capirla. Non è ancora passata una settimana e serve ben di più per somatizzare il sogno di una vita. Gli scossoni del pavé nelle prove di ieri pomeriggio e stamattina l’hanno richiamata alla realtà, ma guardare la nuova Cannondale SuperSix EVO World Champion l’ha rimessa subito di buon umore.
«Avevamo già provato qualche tratto a marzo – dice – mi ricordavo i tratti abbastanza bene. E’ dura. Non in quanto pericolosa, ma perché ci sarà da spingere. La selezione comincerà subito e noi proveremo a esserci. Con le nostre bici e i tubolari da 28. Certo passare dalla pista levigata al pavé è un bel salto, ma sono esperienze che voglio e devo fare per crescere. Non ho ancora pensato a come sarà correre con la maglia iridata e soprattutto in una gara così. Penso che sarà una bella vetrina per la Valcar, in questo ultimo mese voglio farla vedere per far passare anche il messaggio. La mia vittoria è stata il coronamento di un percorso iniziato dalle junior. Qui si lavora bene».
La bici è montata con ruote Vision Metron 40 e tubolari Veloflex da 28
I colori dell’iride e la C di Cannondale sullo sterzo
La bici è dipinta a mano. La SuperSix EVO è il marchio di fabbrica della Valcar
Le strisce dell’iride sono sul piantone e sul tubo di sterzo: sull’orizzontale il blu
Il carro compatto e lo sterzo oversize rendono la bici perfetta per correre
Sella Prologo per le Cannondale della squadra di Davide Arzeni
La bici è montata con ruote Vision Metron 40 e tubolari Veloflex da 28
I colori dell’iride e la C di Cannondale sullo sterzo
La bici è dipinta a mano. La SuperSix EVO è il marchio di fabbrica della Valcar
Le strisce dell’iride sono sul piantone e sul tubo di sterzo: sull’orizzontale il blu
Il carro compatto e lo sterzo oversize rendono la bici perfetta per correre
Sella Prologo per le Cannondale della squadra di Davide Arzeni
Sanguineti e la Mtb
Con lei alla Valcar correrà domani anche Ilaria Sanguineti, che per caratteristiche e fisico alla Roubaix potrebbe trovarsi benissimo.
«Terrorizzata no – dice – ma certo ieri dopo due settori mi sono venute le vesciche alle mani, pur avendo i guanti. A me che di solito non li porto mai. E’ un pavé completamente diverso da quello che conoscevo, proprio non sappiamo cosa aspettarci. In certi tratti, visto che d’inverno mi diverto con la mountain bike, è sembrato di rivedere quei sentieri. Bisogna essere bravi a guidare e poi ci sarà da stringere tanto i denti, perché il pavé è conciato male, non pensavo così tanto. Servirà fantasia, anche perché in squadra nessuno l’ha mai corsa o seguita, per cui sarà un’incognita per tutti».
La Cannondale iridata
La Cannondale Cannondale SuperSix di Elisa Balsamo ha il telaio SuperSix EvoHi-ModDisc misura 51. Il gruppo è lo Shimano Ultegra Di2 con casetta Ultegra 11-30 e pedivelle da 170 con PowerMeter FSA Powerbox. Le ruote sono le Vision Metron 40 montate con tubolari Veloflex da 28 per la Roubaix (gonfiate a 6). Attacco e manubrio sono Hollowgram, la sella Prologo NDR (altezza di sella da 71,2). Di Prologo è anche il nastro manubrio OneTouch. Borracce Elite, pedali Look Keo e computer Garmin 830.
Assieme a Elisa Balsamo, Ilaria Sanguineti che sul percorso della Roubaix ha più di qualche freccia da scoccareAssieme a Elisa Balsamo, Ilaria Sanguineti che sul percorso della Roubaix ha più di qualche freccia da scoccare
Bastianelli preoccupata
«La Foresta? Ci mancava solo quella». Davanti alla prima Roubaix femminile della storia, Marta Bastianelli fa avanti e indietro fra il timore e la curiosità.
«Ho visto due tratti di pavé particolarmente malconci – prosegue – ho mal di braccia, mi tirano tutti i tendini. Infatti stiamo valutando col massaggiatore di mettere un tape. Il pavé del Fiandre è tutta un’altra cosa. Qui a volte senti che la bici se ne va per i fatti suoi e le banchine di lato sono tutte rovinate e non ci puoi passare. Se poi c’è il pubblico, lo spazio si restringe ancora. Insomma, una bella esperienza, ma per ora non sono troppo entusiasta. Forse perché con l’età si tende a frenare prima e a correre meno rischi, magari il debutto quando avevo 25 anni sarebbe stato un’altra cosa».
«Una bella gara – dice – una gara monumento. Una gara che per noi è un buon trampolino di lancio, però secondo me è troppo impegnativa nel complesso. Nel gruppo ci sono tante ragazze, alcune magroline. Mi chiedo che cosa succede nella seconda metà del gruppo. Non abbiamo l’abilità e l’esperienza degli uomini. Se cade una, cadono tutte. Per ora la vedo un po’ così, però magari poi mi dovrò ricredere e verrà fuori una gara bellissima. A prescindere sarà una gara bellissima, però dal punto di vista tecnico, tattico e fisico ma sarà sicuramente molto impegnativa per noi ragazze.
Un primo assaggio inatteso e severo per Tatiana GuderzoUn primo assaggio inatteso e severo per Tatiana Guderzo
Ansia Guderzo
E poi c’è Tatiana Guderzo che in vita sua pensava di averle viste tutte e invece davanti al pavé francese ha trovato il modo di grattarsi i capelli…
«Penso che sia una gara molto molto, molto, molto dura – sottolinea – e caratterizzata da tanti tratti di pavé non eccessivamente massacranti nella prima parte. Ho provato solamente gli ultimi 13 e due sono veramente difficili. Soprattutto il penultimo, pericoloso quando l’ho affrontato ieri con l’asciutto. Era difficile guidare la bici, difficile stare in un gruppo ristretto come eravamo noi. Non oso immaginare se si arriva all’interno di quel settore un gruppo di 10-15 ragazze. Se domani pioverà, mi fa paura affrontare un settore del genere.
«E’ una gara non eccessivamente lunga, dunque questo forse la renderà più veloce dall’inizio. Sicuramente il vento sarà determinante, perché già oggi ce n’è molto di più in confronto a ieri. Si fa sentire e averlo laterale nei settori li renderà ancor più selettivi. Poi con fango e acqua le cadute saranno… gratuite e questo spezzerà il gruppo ancor prima metti di quanto potrebbe fare una selezione naturale.
«Non si può sottovalutare. Non si può arrivare qui senza allenamento o senza un equipaggiamento idoneo. E’ la dimostrazione che il ciclismo femminile sta crescendo e poter vivere questa esperienza è la conferma che è il futuro è rosa o comunque la speranza c’è. Speriamo di portare a casa un’altra importante esperienza, sono gare che nella vita di una ciclista bisogna provare. Dunque ho questa possibilità che concluderò sicuramente con sicuramente delle vesciche sulle mani, che comunque già ieri hanno iniziato a vedersi».
La gara olimpica delle donne sarà impegnativa: il percorso di Parigi non fa sconti. Vietato lasciar allontanare fughe. E poi un pensiero su Balsamo e pista
Che cosa ci faccia un giocatore di pallacanestro di 1,94 nella nazionale di ciclismo femminile a volte è un mistero per lo stesso Saul Barzaghi, che del gruppo azzurro è fisioterapista dal 2007. Ammette che a volte essere lontano dalla mentalità di questo ambiente gli permette di non lasciarsi coinvolgere in tante dinamiche cui assiste perplesso. Ma del resto il suo mestiere è un altro. E a giudicare da come sia diventato un riferimento per le ragazze, lo sa fare nel modo giusto.
«Sono riuscito a creare con loro un bel rapporto – ammette sorridendo – quasi da fratello maggiore, direi anche da padre, ma mi farebbe sentire troppo vecchio, anche se per età con alcune potremmo quasi esserci. Quando arrivai, nella nazionale c’erano Vera Carrara, Monia Baccaille, Tatiana Guderzo e Noemi Cantele. Pechino sono state le prime Olimpiadi cui ho partecipato, mentre le ultime le ho passate molto vicino a Elisa Balsamo. Con lei c’è un bel rapporto perché la seguo anche alla Valcar. E a Tokyo posso garantirvi che era davvero stanca emotivamente per la pressione olimpica e per il clima che si era creato. Non c’è stata sempre la giusta serenità».
Saul ha 44 anni, gioca ancora a basket e ha il suo studio a Capriate San Gervasio, in provincia di Bergamo. La sua stagione è finita dopo i mondiali di Leuven e proprio per respirare assieme a lui il magico clima che ha portato all’oro di Elisa, lo abbiamo sottratto per un po’ al suo lavoro.
Dopo cena, foto di rito in hotel, con quella maglia che cancella TokyoDopo cena, foto di rito in hotel, con quella maglia che cancella Tokyo
Sfinita a Tokyo, rinata a Leuven…
Nell’ultimo massaggio in Giappone la trovai tanto stanca, provata emotivamente al punto di piangere. Ma per fortuna lei ha un fortissimo rapporto con la famiglia e con Davide (Plebani, atleta azzurro e suo compagno, ndr). Per cui appena tornata si è chiusa nel suo ambiente e già quando l’ho ritrovata agli europei di Trento, aveva un’altra faccia. Ha ritrovato i suoi appoggi ed era nuovamente disposta ad integrarsi con il gruppo.
E in effetti il gruppo in Belgio è parso fortissimo.
Una bella squadra, in cui ho ritrovato la voglia e lo spirito della maglia azzurra. Dopo la vittoria, forse si sarà visto nelle immagini, Elisa non faceva che ringraziare le compagne. Forse perché ancora non si rendeva conto di cosa avesse fatto, ma anche per il bel clima che ha portato a quella vittoria. Se posso fare un nome, faccio quello della Mary (Maria Giulia Confalonieri, ndr), che mi ha commosso. Si è messa al servizio della squadra, vestendo la maglia azzurra che per lei non è mai stata semplice da conquistare. Mi ha commosso proprio per tutto quello che c’era dietro. Le due esclusioni di fila dalle Olimpiadi. E’ stata protagonista. Dopo che Elisa è andata ad abbracciarla, era lì da sola con i pugni stretti, con lo sguardo pieno di orgoglio. In questi casi sono contento di non capire certe dinamiche, perché mi permette di essere libero nel giudizio.
Dopo l’arrivo di Elisa, i ringraziamenti alle compagne: qui Bastianelli
E qui l’abbraccio è con Maria Giulia Confalonieri
Anche Elisa Longo Borghini è stata un riferimento per la nazionale
Dopo l’arrivo di Elisa, i ringraziamenti alle compagne: qui Bastianelli
E qui l’abbraccio è con Maria Giulia Confalonieri
Anche Elisa Longo Borghini è stata un riferimento per la nazionale
In Belgio tensioni come a Tokyo?
Neanche un po’ e neppure voglia di parlarne.
Dai racconti e osservandole, emerge che le ragazze, rispetto agli uomini, hanno un’emotività più spiccata.
Ormai ho imparato. Ci sono crolli frequenti, perché sono diversi anche gli atteggiamenti fra loro. Se io litigo con un mio compagno di squadra, dopo un po’ ci chiariamo e andiamo a prenderci una birra. Le donne se la giurano e il mio compito in questi casi è non schierarmi. Piuttosto porto l’esperienza del basket…
In che modo?
Il ciclismo è uno sport di squadra, ma non ne ha le dinamiche. Alcune capiscono, altre no. Quando Martina Fidanza a Tokyo seppe di essere venuta per farmi compagnia tutto il giorno, dato che non avrebbe mai corso, all’inizio era furiosa. Poi ha capito quello che le dicevo, che anche arrabbiandosi non avrebbe cambiato nulla e se ne è fatta una ragione.
Nel ritiro insieme sull’Etna a gennaio si giocava molto a carte.
In Belgio no, piuttosto si radunavano nella camera delle altre per guardarsi qualche serie su Neflix o programmi e reality italiani. A parte il giorno della gara, sono sempre state molto serene, anche la sera prima, quando di solito si fa fatica a dormire. Era tranquilla anche la “Guazz” (Vittoria Guazzini, ndr), che di solito è la più agitata.
Quanto ha inciso l’esperienza di Marta Bastianelli ed Elisa Longo Borghini su questo clima?
Tantissimo. Marta ha questa forte leadership, è un tipo da spogliatoio, ride, fa ridere e scherza. Dà tranquillità, perché non sembra mai agitata. La Longo è più chiusa, ma capisci che sia a disposizione del gruppo. Dopo l’europeo di Trento la ricordo andare con il suo piglio da Marta Cavalli a spiegarle in modo costruttivo in cosa avesse sbagliato e come evitarlo la volta successiva. E poi c’è Mary…
Confalonieri è un elemento chiave del gruppo azzurro, secondo Saul BarzaghiConfalonieri è un elemento chiave del gruppo azzurro, secondo Saul Barzaghi
Hai poco da dire, è la tua preferita.
E’ una garanzia. Se c’è una che dà tranquillità, è la numero uno in assoluto. Di quei giocatori che vorresti sempre in squadra, perché sono una manna dal cielo. Se ci fosse stata lei a Tokyo, forse certe tensioni non ci sarebbero state. Ma non diciamoglielo, sennò ricomincia a starci male…
Ti crea mai imbarazzo esser un fisioterapista uomo nella nazionale femminile?
Devo dire che il rapporto che si è creato è, come dicevo, quello tra fratello e sorelle. Ma devo anche dire che c’è tanta professionalità in queste ragazze, che vanno al massaggio perché hanno bisogno dell’intervento del professionista. Poi è ovvio che si crei il rapporto confidenziale e siamo liberi di parlare di tutto, ma sempre col massimo rispetto.
Quando finisce la stagione vi perdete di vista oppure continuate a sentirvi?
Messaggini di sfottò non mancano mai, magari commentando qualche foto sui social. Quelle della Valcar continuo a seguirle. E poi il periodo di ferma è talmente breve, che adesso sono a casa, ma fra poco arriverà la prossima chiamata.
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Un minuto, una volata, un’emozione che si stampa nella mente e non vuole andar via. A qualche giorno di distanza dalla vittoria di Elisa Balsamo ai Mondiali, quell’autentico capolavoro tecnico è ancora oggetto di discussioni. A chi ha qualche anno in più e non si perde un’edizione della rassegna iridata, quella volata di Flanders 2021 ha ricordato un’altra edizione che curiosamente si svolse sempre in Belgio: Zolder 2002, la trionfale cavalcata di Mario Cipollini.
Abbiamo allora pensato di rivivere le due gare in parallelo, non solo riguardandole nei video per trovare punti in comune e altri momenti dissonanti (come è normale che ci siano) ma anche sentendo due personaggi che di quelle cavalcate sono stati attori importanti: Alessandro Petacchinel primo caso, MartaBastianellipiù recentemente.
Il gruppo azzurro festante sotto il podio: da sinistra Confalonieri, Guazzini, Longo Borghini, Cecchini e BastianelliIl gruppo azzurro festante sotto il podio: da sinistra Confalonieri, Guazzini e Longo Borghini
La preparazione
Quella volata di Zolder era stata pianificata a lungo, studiata a tavolino: «Ma quello che metti su carta ben difficilmente poi si tramuta in realtà – ammonisce Petacchi – e devi essere bravo a saper improvvisare. A noi venne a mancare Bettini, che… s’intruppò con Freire, ci trovammo così ad affrontare la volata con un uomo in meno. Di Luca aveva tenuto alta l’andatura sullo strappo finale. Scirea e Bortolami avevano fatto la loro parte. Io ero il penultimo uomo, ma mi trovai a dover guidare il treno dai meno 1.200 ai meno 600 metri. Una trenata pazzesca, ancora non so dove trovai le forze. Poi toccò a Lombardi lanciare Mario verso il titolo».
Nel caso di Leuven, le cose stanno in maniera leggermente diversa: «Sapevamo della possibilità di finire la gara in volata e avevamo stabilito i ruoli, ma ha ragione Alessandro, le cose non vanno mai come te le aspetti – afferma la Bastianelli – io ero esentata dal treno, ero una sorta di jolly che poteva tentare l’azione nel finale e/o parare i colpi delle avversarie ed è stato proprio così, soprattutto con la micidiale sparata della Van Vleuten. Quando ho lasciato sfilare il gruppo verso la volata finale sono rimasta sorpresa vedendo che la Confalonieri era in testa al treno azzurro. Sulla carta lei era l’ultima prima di lasciare spazio alla Balsamo, ma in corsa si sono messe d’accordo in maniera diversa».
L’abbraccio tra la Bastianelli e la Balsamo: nell’ultimo giro l’intesa fra le due è stata determinanteL’abbraccio tra la Bastianelli e la Balsamo: nell’ultimo giro l’intesa fra le due è stata determinante
L’imprevisto
Le tattiche sono qualcosa che vale come una tela sulla quale però il dipinto è sempre in base all’estro individuale, bisogna saper inventare, ma non sempre si può: «Vi racconto un particolare – interviene Petacchi – facendo la ricognizione avevamo stabilito la volata nei particolari e Bortolami la sera prima si era raccomandato: “Io tiro fino alla curva, poi mi tiro fuori, passatemi sulla destra per affrontare la discesa così non perderete velocità”. Un treno va studiato nei minimi particolari, ma come detto l’assenza di Bettini mi costrinse ad allungare il mio lavoro. Se Bortolami l’avesse saputo, avrebbe sicuramente affrontato la curva in testa. In quei frangenti però non hai il tempo di voltarti e capire cosa succede, quindi svolse appieno il suo compito».
«Il nostro momento difficile è stato prima dell’avvio del treno – rammenta Marta – sull’ultimo strappo la Balsamo era rimasta leggermente staccata, solo qualche metro ma poteva perdere l’attimo. Mi sono messa al suo fianco e senza dirci niente ci siamo riavvicinate alla testa. Volevo darle coraggio, convinzione che poteva farcela, non c’era bisogno di parlarci, in certi casi t’intendi col pensiero».
Lo straordinario sprint di Cipollini a Zolder 2002, il momento finale di una volata dominata dalla squadra italianaLo straordinario sprint di Cipollini a Zolder 2002, il momento finale di una volata dominata dalla squadra italiana
La stoccata del campione
Petacchi, Lombardi e poi fu tutto pronto per l’assolo finale di Cipollini, che finì non per vincere, ma per dominare: «Mario era un velocista atipico, dalla struttura possente, alta. Chiaramente quella macchina umana aveva bisogno di tempo per raggiungere la massima velocità, per questo pensò che gli serviva essere lanciato dai compagni. Non so se la moda dei treni nacque con lui, Mario ha vinto tante corse e molte in maniera differente, senza il cosiddetto treno. Sicuramente per lui era però importante, anche perché avere chi ti pilota ti consente di prendere meno vento. Ormai tutte le volate hanno le squadre che cercano di costruire il treno giusto e si viaggia a grandi velocità. Se notate, nell’ultimo chilometro le posizioni sono comunque ormai consolidate proprio perché si va forte».
«Anche nel ciclismo femminile è da qualche anno che i team principali cercano di costruire i treni giusti per le loro sprinter – interviene la Bastianelli – io ormai non ho più quella base di velocità per affrontare gli sprint a ranghi compatti, posso giocarmi le mie carte in arrivi ristretti o cercare altre vie».
La Longo Borghini davanti alla Balsamo: nello sprint finale la neoiridata è stata bravissima a pilotare la compagnaLa Longo Borghini davanti alla Balsamo: nello sprint finale la neoiridata è stata bravissima a pilotare la compagna
Le parole di Elisa
C’è un momento nello sprint vincente della Balsamo sul quale è necessario tornare: Elisa Longo Borghini che la stava pilotando si stava per far da parte, Elisa con un urlo le ha detto di continuare a tirare perché era troppo presto: «E’ vero – testimonia la Bastianelli – in quel momento è stata lucida e scaltra, aveva bisogno che la Longo Borghini spendesse quelle ultime energie rimaste per lanciarla più avanti anche perché gli ultimi 100 metri erano in leggera salita. Al mattino ci eravamo dette che decisive sarebbero state le tempistiche in caso di arrivo in volata, il minimo errore avrebbe rischiato di compromettere tutto. In quel caso la Balsamo è stata attentissima a rispettare il copione e il risultato l’ha premiata».
«Io sono convinto, rivedendo la volata, che se la Longo Borghini si fosse fatta da parte, la Vos avrebbe vinto – interviene Alessandro in base alla sua esperienza di mille volate – per battere una campionessa come l’olandese servono gambe al massimo ma soprattutto una tattica precisa, se si fosse trovata davanti troppo presto non avrebbe fatto altro che tirare la volata alla Vos che poi l’avrebbe saltata, così invece non aveva più né spazio né gambe abbastanza fresche per farlo. Quella vittoria è stata un capolavoro anche per questo».
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Vittoria Guazzini non è certo un ragazza che nasconde le sue emozioni. Già prima di finire la sua gara, sull’arrivo di Leuven, era tra le più gasate per la vittoria di Elisa Balsamo. La “Guazz” e la Balsamo sono compagne di squadra alla Valcar e non solo in nazionale, ma il loro legame ha radici più profonde. Sono stati tanti i ritiri isieme, già nelle categorie giovanili, le gare fianco a fianco su strada e in pista (soprattutto nella Madison) che neanche la stessa Guazzini ricorda il momento preciso del loro primo incontro.
E poi se si scorre il suo profilo Instagram spesso c’è una foto o un post che inneggiano proprio alla Balsamo che vince qualche corsa.
Una scena che si è vista spesso in pista: le due amiche si abbracciano dopo una Madison Una scena che si è vista spesso in pista: le due amiche si abbracciano dopo una Madison
E’ così Vittoria, un legame forte?
Con Elisa ho un bel rapporto, siamo in squadra insieme ed è più di una compagna. E’ un’amica. Questa maglia se la meritava e col senno del poi posso dire che non avevo neanche troppi dubbi che ce la potesse fare. E poi l’emozione è stata forte anche per come è arrivata questa vittoria. Ognuna di noi ha svolto al meglio la propria parte e siamo riuscite a portare a termine il lavoro che avevamo pianificato.
Da quanto tempo correte insieme?
Tre anni. E ci siamo trovate subito bene. In particolare in quest’ultimo anno siamo state moltissimo insieme tra strada e pista, senza contare che avevamo lo stesso calendario di gare. Sono stata più tempo con lei che con qualsiasi altra persona. E dopo le Olimpiadi in cui è stata sfortunata questo è un bel riscatto.
E in questo lasso di tempo non avete mai avuto dei battibecchi?
Ma sicuramente ci sono stati. Ma erano normali incomprensioni, magari su qualche gara che non era andata come doveva. Ma tutto nella norma. Nulla di che…
Balsamo e Guazzini (dietro) nella Madison agli Europei di Plovdiv 2020Balsamo e Guazzini (dietro) nella Madison agli Europei di Plovdiv 2020
Come si spiega questa tua gioia?
Diciamo che un mondiale di per sé non ha bisogno di spiegazioni. Basta da solo a farti emozionare e a renderti felice. Come ho detto questo è stato un anno particolare e difficile, perché le Olimpiadi sì sono state una bella esperienza, ma anche una bella botta. Sono state sfortunate. E non è facile ritirarsi su.
E come ha fatto secondo te?
Con le persone giuste accanto e con le sue gambe.
E tra le persone giuste ci sei anche te?
Beh, io sono una sua fan! Elisa ha due anni più di me e già quando ero esordiente l’ho sempre vista come “la Balsamo”. E’ così da quando eravamo più piccole. La cosa bella è che nonostante tutto anche lei è sempre pronta a dare una mano quando serve. E non siamo solo noi che tiriamo per lei.
Prima hai detto che avete fatto il gioco di squadra che volevate: come avete fatto a radunarvi in così poco tempo nel finale di gara?
In realtà io dovevo stare attenta soprattutto nelle prime fasi della corsa. Dovevo badare alle olandesi e tenere le altre al riparo. Ho dato tutto prima e infatti sull’ultimo strappo duro nel circuito mi sono staccata. Stavamo quasi per rientrare, a dire il vero, ma in ogni caso saremmo rimaste in coda. E a quel punto l’importante era che le altre azzurre fossero davanti.
In quelle fasi sei riuscita a dirle una parola, un ultimo incitamento oppure è impossibile?
No, lì sei a tutta a testa bassa. C’erano le altre. L’unica cosa che mi viene in mente è che di solito quando Elisa vince io perdo gli occhiali. E non li avevo ancora persi. Così all’inizio dell’ultimo giro, me li sono messi in tasca quasi a far modo di perderli! Diciamo così…
La Guazzini davanti e la Balsamo a ruota nell’italiano di Breganze 2020. Qui vestono la maglia delle Fiamme Oro e non della ValcarLa Guazzini davanti e la Balsamo a ruota nell’italiano di Breganze 2020. Qui vestono la maglia delle Fiamme Oro e non della Valcar
Beh, anche per la scaramanzia serve lucidità! Ti abbiamo vista arrivare in parata con la Cecchini (foto in apertura) e gioivi. Come hai saputo che aveva vinto Elisa?
Mi ha chiamato proprio Elena e mi ha detto: ha vinto Elisa! Sono scoppiata di emozioni. Ho sentito freddo: brividi! Credo che ad Elena lo abbia detto un giudice in moto o in auto, di preciso non so.
Cosa “ruberesti” a lei? E cosa, secondo te, lei ruberebbe a te?
Io le ruberei il suo spunto veloce. E lei… – ci pensa un po’ la Guazzini – le mie menate in pianura. Non che Elisa non le dia, ma su quelle sono abbastanza sul pezzo!
Il prossimo anno entrambe cambierete squadra: tu alla Fdj e lei alla Trek: come sarà correre da rivali?
Eh – sospira un attimo la simpatica toscana – un po’ dispiace. Già l’altro giorno dopo il mondiale, mentre con il bus tornavamo in hotel con le altre ragazze della Valcar c’è stato un momento di nostalgia. Un momento in cui ci siamo rese conto che queste sarebbero state le ultime gare insieme. E per questo ce le dobbiamo godere al massimo. Ma non significa che il nostro rapporto d’amicizia debba cambiare.
Beh è comprensibile. Tanto più che voi eravate la “piccola” squadra che faceva tremare il mondo…
Sì, un po’ di nostalgia c’è. Ma si fanno delle scelte e come ho detto adesso ci sono ancora delle belle gare da fare. E da fare al massimo, a cominciare dalla Roubaix di sabato.
Il bagno di emozioni, di racconti e anche di analisi tecniche non si ferma più. Anche a distanza di un paio di giorni. Nel dopogara del mondiale delle donne elite, abbiamo incontrato Davide Plebani, pistard e fidanzato di Elisa Balsamo, la star del sabato di Leuven.
Davide se ne sta seduto su un muretto a bordo strada a rispondere ai messaggi. I tanti messaggi che gli sono arrivati dalle 16:35 in poi.
Davide Plebani: dopo la vittoria di Elisa il suo telefonino è stato sommerso dai messaggiDavide Plebani: dopo la vittoria di Elisa il suo telefonino è stato sommerso dai messaggi
Il telefonino impazzito
Lui era in macchina con Davide Arzeni e alla fine sono riusciti a raggiungere il percorso per gustarsi giusto in tempo il finale di gara. Ma non erano proprio sul traguardo.
«No, ero ai 500 metri – racconta Plebani ancora “scioccato” dal trionfo – Ho fatto in tempo a vederle uscire dall’ultima curva, ma non sapevo nulla. Lo speaker continuava a nominare la Longo Borghini, ma non sapevo poi chi avesse visto. C’era una telecamera fissa vicino a me e ho provato a vedere dallo schermo di quest’ultima, ma non si vedeva bene. Poi ho sentito il boato… e all’improvviso mi sono arrivati centinaia di messaggi. Allora ho capito che aveva vinto Elisa. Mi sono buttato per terra, ho iniziato a urlare a rotolare… la gente mi guardava male!».
Sono emozioni fortissime. Soprattutto se oltre ad essere legato sentimentalmente ad una persona, come lei sei un atleta. Sai cosa fa per essere a quel livello, cosa mangia, come vive, quanto viaggia…
La Balsamo ai campionati italiani a metà settembre. E’ qui che ha ritrovato la brillantezza giusta secondo PlebaniLa Balsamo ai campionati italiani a Dalmine. E’ qui che ha ritrovato la brillantezza giusta secondo Plebani
Il tanto lavoro alle spalle
«La gente magari non si immagina che lavoro ci sia dietro – riprende Plebani – Se lo merita proprio Elisa, ma anche la nazionale. Tutta. Un mondiale inizi a prepararlo mesi e mesi prima. Anni forse. Hanno fatto ogni cosa, ogni allenamento in modo mirato. Senza contare come hanno corso.
«Ma avete visto la volata? In pratica Elisa è ripartita da ferma. Ma è stato perfetto anche questo gesto. Un gesto figlio di un’ottima preparazione. E del lavoro su pista.
«Elisa non era uscita al meglio dai Giochi. Sono stati bravi Arzeni e Salvoldi. Quindi l’hanno fatta lavorare molto sulla distanza. Ai campionati italiani su pista. La vedevo che non era lei. Era lenta. Ma quelle volate, le ripartenze… le sono servite. E infatti già all’europeo di Trento stava benissimo. Le hanno dato spunto. E la volata iridata si è vista.. Aveva questa opportunità enorme. E l’ha colta».
Giorgia Bronzini si complimenta con una commossa Elisa BalsamoGiorgia Bronzini si complimenta con una commossa Elisa Balsamo
L’analisi della Bronzini
E anche Giorgia Bronzini interviene sulla volata. L’ex iridata fa un’analisi tecnica, visto che è stata un po’ anomala. Un’analisi da ex velocista e pistard. Come ha detto Plebani: è stata quasi una partenza da fermo. Ad un tratto, dopo che si era spostata la Longo, la Balsamo non è scattata subito. Si è quasi rialzata.
«E’ stata un tira e molla. La Longo era un po’ lunga e la Balsamo non l’ha seguita. E’ stata calma, molto calma. Non si è lasciata prendere dal panico, fidandosi nettamente della Longo. Elisa, Longo Borghini intendo, si è trovata spesso in questa situazione quindi ha gestito la sua progressione in modo esemplare. La Balsamo ha creduto nella ruota che aveva davanti e ha aspettato il momento giusto. E poi chiaramente aveva le energie».
«E poi credo – riprende col sorriso la Bronzini – che Marianne abbia subito ancora una volta il fatto di avere davanti una maglia blu! Penso sia una cosa mentale perché la Vos aveva reagito già in diversi attacchi quindi la gamba ce l’aveva. Se mi ricordo una mia volata così? No perché non sono mai stata davanti alla Vos! A prescindere da questa cosa tremenda, io ho quasi sempre fatto le volate di rimonta e mai di testa».
Il Trofeo Binda prima della Milano-Sanremo accende la primavera di Elisa Balsamo. Il percorso più duro fa pensare, ma il suo bottino a Cittiglio è da record
«Non ho visto l’arrivo, mi sono praticamente perso per Leuven». Davide Arzeni, diesse della Valcar-Travel&Service, è stralunato, commosso, contento…
La sua ammiraglia rosa è impolverata all’inverosimile. E’ passato persino sulle strade sterrate pur di arrivare in tempo.
Nessuno più di lui conosce così bene Elisa Balsamo. In tempi non sospetti ci disse che prima o poi avrebbe vinto un mondiale e tutte le più grandi corse. Adesso queste parole trovano riscontro con la realtà.
A fine gara finalmente Arzeni è riuscito a raggiungere il clan azzurro (da notare alle sue spalle l’ammiraglia impolverata)A fine gara finalmente Arzeni è riuscito a raggiungere il clan azzurro (da notare alle sue spalle l’ammiraglia impolverata)
“Capo” (il soprannome di Arzeni, ndr) ti aspettavi questa vittoria?
Aspettarsi di vincere un mondiale, no. Come ho sempre detto Elisa può vincere tutte le corse su strada. Siamo venuti a marzo a vedere il percorso, in occasione della Freccia del Brabante, e avevamo notato che era un tracciato sicuramente adatto a lei. Da quel momento lei ha preso consapevolezza e con Dino (Salvoldi, che gli è accanto, ndr) abbiamo lavorato in sintonia. Soprattutto subito dopo le Olimpiadi perché l’obiettivo era questo.
Un lavoro corale, dunque…
Sì, devo ringraziare anche Salvoldi che ha messo a disposizione delle campionesse per Elisa. Come in tutte le vittorie la squadra è importantissima. Ha dato fiducia ad Elisa. Le ha messo vicino ragazze di spessore tipo Longo Borghini o Bastianelli, per dire le più grandi, ma anche tutte le altre. Capite, tutti questi nomi per un’atleta giovane come Elisa.
Dopo le Olimpiadi, dalle quali non è uscita benissimo, come l’hai ripresa mentalmente e fisicamente?
Questo era un obiettivo. E noi ci credevamo. Quello che ci spaventava un po’ era la distanza, quindi siamo andati prima a fare il Simac Ladies Tour, che aveva due tappe di 160 chilometri, poi alla Vuelta, poi ancora all’Europeo. Ho fatto un qualcosa come 6.000 chilometri in ammiraglia. Tutto questo per cercare la resistenza che avendo dovuto preparare Tokyo era un po’ il dubbio che ci affliggeva.
Quanta fatica in Spagna. Ma Arzeni, la Balsamo e Salvoldi hanno creduto fermamente nel programma di avvicinamento iridatoQuanta fatica in Spagna. Ma Arzeni, la Balsamo e Salvoldi hanno creduto fermamente nel programma di avvicinamento iridato
Quindi sullo spunto non ci avete lavorato più tanto tra Olimpiadi è mondiale?
Sulla forza aveva lavorato tanto prima di andare alle Olimpiadi – dice Arzeni in coro con Salvoldi – Quindi, come ripeto, abbiamo cercato più la distanza, e anche il ritmo gara gara. Poteva sembrare una stupidata, ma per me quello era l’obiettivo per arrivare in fondo. E giocarsela.
E come se l’è giocata! Come ha fatto secondo te a restare così fredda? In fin dei conti sul penultimo strappo si era staccata…
Sono state fondamentali le sue compagne di squadra, Marta Bastianelli, Maria Giulia Confalonieri, la Longo Borghini che l’hanno protetta nel finale. Mentre nella prima parte di gara ci avevano pensato la Cecchini e la Guazzini. Sapere di poter contare su nomi così importanti ti moltiplica le forze e ti dà serenità. Credo che dipenda da questo la reazione al momento di difficoltà.
Davide, segui Elisa da quando era una bambina, da anni… che percorso c’è stato per arrivare sin qui?
Siamo venuti a marzo a vederlo. Elisa è rimasta concentrata fino ad oggi. Al di là della volata secondo me ha corso bene tutti e 160 i chilometri. L’ho sempre vista nelle prime posizioni, soprattutto sotto ai muri. Con tutta l’esperienza che ha accumulato in questi cinque anni è venuta qui con la “valigia piena”.
Quanto c’è di tuo in quello che è successo ieri? Mentre la vedevi cosa ti passava nella mente?
Eh – si commuove definitivamente Arzeni – mi viene in mente la squadra. Il nostro presidente Valentino Villa è un grande. Una cosa del genere lo ripaga di tutto quello che ha investito su questi giovani in questi anni. E’ stata una scuola. La gente magari non lo sa, ma per una squadra come la nostra sono sacrifici enormi. Anche economici. Andare a correre in quel periodo di fine agosto non è stato facile: Spagna, Olanda… e nello stesso tempo eravamo con le altre al Giro di Toscana. Ma per il nostro presidente se c’è da fare… si fa. Adesso andremo a fare la Parigi-Roubaix, poi in Inghilterra, ma ci andremo con la maglia iridata. E’ un impegno. Pensate che solo di tamponi spendiamo quasi 4.000 euro per queste due trasferte.
Elisa ha esordito nel 2016, a 18 anni, con la Valcar. A fine stagione passerà con la Trek-SegafredoElisa ha esordito nel 2016, a 18 anni, con la Valcar. A fine stagione passerà con la Trek-Segafredo
Sabato sera l’hai sentita? Cose le hai detto?
Non le ho parlato. Le ho mandato un messaggio con le indicazioni del vento. Mi sono raccomandato con le altre ragazze, bravissime, anche se sanno come correre qua. Ho detto loro di crederci e che dopo 160 chilometri tutte avrebbero avuto mal di gambe. Le ho detto che era la sua occasione. La sua prima vera occasione di vincere il mondiale e non l’ha fallita. Ma sicuramente ne avrà altre. Lo so…
Per te cambierà Elisa?
Sicuramente avrà qualche consapevolezza in più, ma sarà sempre la solita insicura! Però un’insicura con una maglia iridata sulle spalle!
Qual è il primo ricordo che hai di lei?
La prima riunione che facemmo in Valcar nel 2015. Io sapevo che questa ragazza era già fortissima, volevo prenderla. Aveva battuto un mio ragazzino, che poi è Alessandro Covi. Glielo dissi anche ad Ale, scherzando: ci hai fatto battere da una donna! E poi qualche giorno fa, Facebook, mi ha mostrato un ricordo: era Elisa che vinceva il mondiale juniores nel 2016. E’ stata sin da subito una ragazza quadrata, fin troppo quadrata! Però col tempo si è anche un po’ sciolta con me. Quest’anno si chiude un ciclo direi. Almeno si chiude così..
La prima tappa della Vuelta Valenciana vinta ieri da Elisa Balsamo è stata la prima corsa in cui Elisa e Arzeni sono stati avversari. Un momento particolare
«Non so cosa dire, mi mancano le parole. Lo sapevo che sarebbe potuta finire così, però in una gara di 160 chilometri non si sa mai cosa può succedere. Quando ho sentito a 5 chilometri dall’arrivo che aveva vinto, mi è venuto freddo. Avevo i brividi. Sono contentissima per “Eli”, perché se lo merita. Io dovevo stare attenta nelle prime fasi di gara. Ho dato tutto finché ne avevo e poi sapevo che avrebbero fatto il loro».
Vittoria Guazzini di solito ride e da buona toscana dissacra ogni cosa che le passi a tiro, ma stavolta piange e ha davvero i brividi. E’ più emozionata di quando due settimane fa ha vinto la cronometro agli europei di Trento. E questo la dice lunga sul clima e la partecipazione che si è creata questi giorni nella squadra.
Marta Cavalli ha chiuso alcuni buchi nel tratto di collegamentoMarta Cavalli ha chiuso alcuni buchi nel tratto di collegamento
Nella baraonda del dopo arrivo, prima di andare a saltare e abbracciarsi con Elisa ai piedi del podio, le azzurre trovano il tempo di raccontare la loro corsa. E lentamente, una parola dopo l’altra, si va componendo una sorta di antologia fiamminga. L’antologia dell’Italia che ha vinto il mondiale di Leuven, facendo sembrare piccole anche le grandi olandesi.
Cavalli al gancio
«Non ho chiuso tantissimi buchi – racconta Marta Cavalli, stremata e felice – ma quelli che ho chiuso mi hanno lasciato al gancio. Due mi sono toccati nel tratto di raccordo fra il circuito dei muri e quello cittadino. Un paio di attacchi di Ellen Van Dijk e Chantal Vanden Broeck, ho pensato di staccarmi dalla loro scia. Sono atlete che sul passo hanno molto di più rispetto a me, però sapevo che dovevo sputare sangue, perché se gli lasci solo pochi secondi, non le riprendi più. Per poter finalizzare il lavoro era giusto così.
Elena Cecchini si è sacrificata nei chilometri inizialiElena Cecchini si è sacrificata nei chilometri iniziali
«Sono contenta – aggiunge ancora l’atleta della Fdj Nouvelle Aquitaine – perché in una squadra non è importante solamente concludere la corsa con un bel risultato, ma anche avere la fiducia delle proprie compagne e del proprio direttore, che in questo caso è Dino. Quindi sono veramente contenta, perché Elisa se lo merita. Noi abbiamo corso come squadra e il tratto fra gli ultimi 800 e i 500 metri erano miei, quindi ho fatto la mia parte. E’ una grande soddisfazione fare un lavoro se poi la tua compagna finalizza nel migliore dei modi».
Maria Giulia Confalonieri ha rintuzzato almeno tre attacchi nell’ultimo giroMaria Giulia Confalonieri ha rintuzzato almeno tre attacchi nell’ultimo giro
Confalonieri, orgoglio puro
«Ho tanto sognato questa maglia azzurra – dice Maria Giulia Confalonieri – e metabolizzato l’esclusione dalle Olimpiadi. Erano un po’ di anni che non rappresentavo il mio Paese ai mondiali ed è stato un onore. Era il nostro percorso e sapevo quanto ci tenesse Elisa dopo le Olimpiadi. Diciamo che era un percorso molto adatto a noi, anche se ovviamente c’erano tante incognite. Sapevamo che le olandesi ci avrebbero attaccato, che però la volata forse sarebbe stata dalla nostra. Abbiamo fatto un lavoro perfetto e un treno ancora migliore, dalla prima all’ultima. Credo che la maglia oggi sia un pezzettino di tutti».
Vittoria Guazzini non trova le parole: commossa dopo l’arrivo, è in lacrime per l’amica ElisaVittoria Guazzini non trova le parole: commossa dopo l’arrivo, è in lacrime per l’amica Elisa
Rivelazione Cecchini
«A un certo punto mi sono avvicinata ad Anna Van der Breggen – dice Elena Cecchini, che dell’olandese è compagna alla SD Worx – e le ho chiesto per chi avrebbero corso. Quando mi ha risposto che avrebbero fatto la volata con la Vos, ho sentito che avremmo vinto noi. Io ho lavorato con la Guazzini nella fase iniziale, perché era importante essere presenti in tutte le fasi. Sapevamo che era un mondiale per noi, sembrava Glasgow dove la Bastianelli vinse gli europei. E sulle olandesi… Non le ho viste molto brillanti, ma neanche le ho viste sacrificarsi in volata per la Vos. Abbiamo vinto noi perché abbiamo corso da squadra. Ed era un bel po’ che arrivavano solo i piazzamenti, finalmente stasera si brinda ad una vittoria».
Elisa Longo Borghini ha lanciato la volata di Elisa Balsamo e si è divertitaElisa Longo Borghini ha lanciato la volata di Elisa Balsamo e si è divertita
Bastianelli, esperienza regina
«E’ stato un po’ difficile gestire la situazione senza radio – racconta con parole chiare Marta Bastianelli, che aveva carta bianca e ha provato a infilarsi nelle fughe – per questo ho cercato di capire cosa succedesse. Quando abbiamo visto che si poteva arrivare in volata, abbiamo cercato di tenere chiusa la corsa. Eravamo ovunque, c’eravamo sempre, sia per un arrivo a gruppo ristretto, sia per come poi è stato. Abbiamo fatto tutto quello che si doveva fare, quindi non possiamo che goderci questa vittoria.
«Avevamo detto di fare il finale con Elisa, io potevo giocarmela diversamente. Quindi ho cercato di stare su tutte le fughe possibili. E’ andata bene e sono felice. Ho provato anche negli ultimi 2 chilometri con la Van Vleuten, ma credo che meglio di così non potesse finire».
Marta Bastianelli ha giocato le sue carte, poi ha lavorato per la squadraMarta Bastianelli ha giocato le sue carte, poi ha lavorato per la squadra
La “Longo” e la volata
«Mi sono divertita da morire – dice Elisa Longo Borghini, che per un giorno è diventata ultima in volata – mi sentivo bene, ho fatto quello che dovevo fare e a me piace da morire fare il mio lavoro. Elisa ha dovuto fare solo la volata – ride – e l’ha fatta bene. Ha vinto. E’ stata una bellissima vittoria di squadra, molto bello anche l’ultimo chilometro. Non è servito parlarsi. Maria Giulia mi ha detto che non aveva le forze per fare l’ultima e ho risposto che potevo provarci io. Poche volte mi era capitato di fare certe cose, ma stavo bene e ho provato. Elisa poi ha fatto tutto quello che serviva. Ha vinto lei la corsa, non io, ed è molto bello».
L’abbraccio tra Dino Salvoldi e Maria Giulia Confalonieri: non servono tante paroleL’abbraccio tra Dino Salvoldi e Maria Giulia Confalonieri: non servono tante parole
La commozione di Salvoldi
Salvoldi ha seguito il podio oltre le transenne, abbracciando le ragazze mano a mano che passavano, deglutendo la grande commozione e cercando le parole. Il suo orgoglio è pienamente giustificato.
«Non ci sono mai stati momenti imprevisti, da quando la corsa è entrata nel vivo abbiamo mantentuto il controllo di ogni situazione e soprattutto grande attenzione e grande serenità, che soprattutto le atlete più esperte hanno saputo trasmettere a Elisa. Quando si assiste a una gara così, credo che sarebbe giusto rivedere anche il podio e le premiazioni. Giusto dare la maglia iridata a chi arriva per primo, ma sarebbe giusto anche riconoscere il merito anche a tutte le altre ragazze.
«Questa convinzione è maturata già da tempo, una volta visto il percorso. L’alchimia perfetta si è iniziata a respirare negli ultimi tre giorni, quando abbiamo fatto la riunione tecnica. E’ nostra abitudine anticipare molto, in modo che ciascuna possa concentrarsi sul suo compito. E questa volta c’era la netta convinzione di potercela fare, più di altre volte.
«Le olandesi sono fortissime e oggi hanno corso da squadra e non da individualità, che mettevano le altre nelle condizioni di soffrire e non giocarsi le loro possibilità. Ci hanno provato, avevano anche loro la velocista, ma mi pare che non ci sia stata storia. Negli anni, la Vos ha trovato Bastianelli, Giorgia e adesso questa qua, la nostra Elisa, che ha 23 anni».
Il bello di Elisa è che dopo l’esplosione della gioia, delle lacrime e delle urla, torna come per incanto nei suoi panni posati e gentili, con quel fuoco che continua però a bruciarle in fondo agli occhi. Chi l’ha vista dopo l’arrivo del mondiale di Leuven, vinto davanti a Marianne Vos, ha potuto vederla fuori di testa e in trance agonistica. In lacrime ha abbracciato le compagne e intanto cercava faticosamente di mettere ordine nei pensieri. Poi è salita sul podio. E dietro la mascherina, cantato l’Inno di Mameli, la piemontese ha iniziato a mettere in fila i pensieri. Sono campionessa del mondo, è andato tutto come nei piani di Salvoldi. Come quella volta nel 2016 a Doha. Ma quelle erano junior. Queste erano le più grandi del mondo. Cos’altro vuoi dire senza essere banale?
La corsa è partita da Anversa e ha preso la direzione delle FiandreLa corsa è partita da Anversa e ha preso la direzione delle Fiandre
Rettilineo traditore
«Mi sono resa conto di quello che ho combinato dopo aver passato la linea – dice – perché sotto vedevo che lei stava rimontando. E allora mi sono detta: “Elisa, non devi mollare!”. Poi mi sono resa conto che anche lei doveva avere un po’ di mal di gambe. La volata è stata lunga. La Longo si è spostata ai 200 metri, ma avevo capito che quel rettilineo è traditore. Ero troppo lunga, per quello ho tardato a partire. A quel punto mi sono detta: “Stacca la testa e vai a tutta!”. E solo sulla riga mi sono resa conto. E mi sono resa conto soprattutto di aver battuto Marianne Vos: qualcosa di surreale».
Fidanza, Consonni, Balsamo, Paternoster, Doha 2016: Elisa campionessa del mondo junioresFidanza, Consonni, Balsamo, Paternoster, Doha 2016: Elisa campionessa del mondo juniores
Dieci anni fa, in Danimarca
Sono le 18 del 25 settembre. L’ultima volta fu nel 2011 con Giorgia Bronzini, che nelle intenzioni sarebbe dovuta essere suo direttore sportivo il prossimo anno alla Trek-Segafredo. Anche quella volta arrivò seconda Marianne Vos, così come l’anno prima sempre dietro alla Giorgia nazionale e pure nel 2007 quando il mondiale lo vinse Marta Bastianelli. Eppure l’olandese continuava a sorridere, come quando corri per passione e anche se vorresti sempre vincere, sai riconoscere il merito alle rivali. Intanto Elisa racconta.
«Sono sorpresa io per prima – dice – ma la squadra ha corso benissimo. Negli ultimi due mesi ho lavorato per arrivare qui. Non è stata una stagione facile per me. Avevo investito tanto sulle Olimpiadi di Tokyo, che non sono andate come volevo. Dal giorno che sono tornata, ho cominciato a lavorare pensando a questo giorno. Ho fatto due corse a tappe cercando di trovare la condizione e devo dire che il mio allenatore (Davide Arzeni, tecnico della Valcar, ndr) ha fatto davvero un ottimo lavoro e per questo lo ringrazio».
La Vos si arrende, sulla riga Elisa capisce di aver vinto il mondialeLa Vos si arrende, sulla riga Elisa capisce di aver vinto il mondiale
Cinque anni fa, a Doha
Anche allora, sulle strade di Doha, il mondiale arrivò in volata. E anche allora vinse la ragazzina che nel frattempo è diventata la donna capace di piegare le migliori del ciclismo mondiale. Sembrava già straordinariamente concentrata e lucida, accompagnata dai genitori che oggi invece sono rimasti a casa.
«Sono due maglie completamente diverse – dice – quella da junior è bella, te la godi ed è lo stimolo per lavorare di più e crederci tanto. Ma questa è molto più importante. Ed è per sempre. Faccio fatica a pensare a quello che sarà il prossimo anno, a cosa saranno le prossime corse. So che farò la Roubaix e so che il prossimo anno andrò in un team WorldTour da campionessa del mondo. Ma non voglio pensarci ora, voglio pensare alla mia squadra: la Valcar&Travel Services. Penso e spero che questa maglia serva a fare il salto di qualità e a trovare nuovi sponsor per diventare ancora più grande».
Prima le braccia al cielo, per celebrare la vittoria
Poi le mani sulla testa, con l’incredulità per il risultato
Infine le braccia abbassate, come una resa alle tante emozioni
Prima le braccia al cielo, per celebrare la vittoria
Poi le mani sulla testa, con l’incredulità per il risultato
Infine le braccia abbassate, come una resa alle tante emozioni
Frutti da raccogliere
Il resto è il rendersi conto che il lavoro e la semina degli ultimi anni della gestione Di Rocco, con il coordinamento di Cassani e il grande lavoro dei tecnici sta portando risultati come messi abbondanti, che anche il presidente Dagnoni dimostra di apprezzare parecchio.
E poi restano le curiosità che saltano fuori quando qualcuno vince il mondiale e si cerca di aggiungere colore alla vittoria. Le domande suoi studi in lettere (quattro esami alla laurea: primo impegno per l’inverno). E sulla passione per Diabolik, che è per lei il modo di pensare al nonno. Fuori la aspetta il suo mondo. Davide Arzeni, in lacrime. Davide Plebani, il suo compagno di vita. E tutte le ragazze azzurre, vincitrici oggi come lei di una gara indimenticabile.
Diamo un seguito all'intervista con Giorgia Bronzini e parliamo con Yaya Sanguineti di come si può battere Wiebes. Il solo modo è anticiparla: ecco come
Corsa da campionessa a Plouay ed Elisa Longo Borghini aggiunge una perla al suo palmares. Era la prima corsa dopo l'altura. Ora Vuelta ed europei a Trento
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