16 agosto 2022: riparte Bernal. Facciamo il punto con Cioni

16.08.2022
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«L’obiettivo – dice Cioni – era che Egan Bernal tornasse in gruppo, a essere un corridore. Tanto tempo a lavorare senza correre è stato pesante. Non è tornato alle corse da una lunga attesa, ha lavorato duro. Il fatto di averlo al Giro di Danimarca è il raggiungimento di un obiettivo. Parliamo di un corridore che prima puntava al Tour e adesso punta a tornare se stesso».

Un lungo viaggio

Il comunicato stampa è uscito ieri. Egan Bernal riprende a correre oggi dal Danimarca (in apertura, foto Twitter). L’equipe medica del team Ineos Grenadiers ha valutato che il momento sia arrivato.

«Quando ripensi a dove si trovava Egan solo otto mesi fa – ha dichiarato Rod Ellingwort, team principal della squadra britannica – è incredibile i progressi che ha fatto. Ha mostrato al mondo la vera forza del suo personaggio e ha dimostrato una notevole grinta nel tornare alla preparazione. Siamo ancora in viaggio con Egan, ma rientrare in gruppo al Giro di Danimarca è una pietra miliare significativa e duramente guadagnata. Il recupero a lungo termine di Egan è guidato e continua a essere guidato dal nostro programma di supporto medico e fisico. L’intera famiglia Ineos Grenadiers è orgogliosa e felice per Egan. La sua determinazione e applicazione permetteranno ora di vederlo tornare nel mondo delle corse, che desiderava da così tanto tempo».

Con questa locandina, il team Ineos Grenadiers ha annunciato il rientro alle gare
Con questa locandina, il team Ineos Grenadiers ha annunciato il rientro alle gare

Cosa c’è oltre le dichiarazioni ufficiali? A che punto si trova effettivamente Bernal? Lo abbiamo chiesto a Dario Cioni, uno dei coach del team, attualmente in Danimarca con la squadra per seguire proprio il rientro del colombiano.

Era previsto che rientrasse in Danimarca? Si era parlato della Vuelta Burgos e addirittura della Vuelta…

Il rientro era programmato. Magari non era stato ancora scelto il nome della corsa, ma ci è saltato un corridore per la Danimarca e si è valutato che fosse arrivato il momento. Non sono io ad allenarlo. La Vuelta era decisamente prematura, ma si sa che gli organizzatori tirano acqua al loro mulino. Burgos invece era stata valutata.

Come sta Egan?

Ovviamente non posso parlare per l’aspetto medico, c’è uno staff per quello. Non so come potrà muoversi in corsa. Ci sono corridori che con il numero sulla schiena vedono rosso, ma sono certo che già esserci e confrontarsi con il resto del gruppo, fare chilometri sia importante. Puoi allenarti bene quanto vuoi, ma lo stress della corsa è un’altra cosa. Diciamo che il Giro di Danimarca sarà uno stress test per vedere se Egan sia davvero pronto.

Cinque ore di lavoro, oltre 2.000 metri di dislivello: si lavora sodo (foto Twitter)
Cinque ore di lavoro, oltre 2.000 metri di dislivello: si lavora sodo (foto Twitter)
Lo hai visto in allenamento? Che impressioni ti ha dato?

Sembra non abbia avuto niente. E’ ben in equilibrio, simmetrico. A occhio nudo non si riesce a dire se abbia ancora da recuperare tono muscolare. Anche perché è magro e longilineo, non parliamo di un atleta che abbia masse muscolari importanti.

Detto questo, i campioni non hanno mai tempi di recupero normali…

Esatto, fanno cose che per una persona normale sono inimmaginabili. Quando si è rialzato, l’auspicio era che tornasse a correre prima di fine stagione e ha un po’ anticipato i tempi. Bisogna stare con i piedi per terra, ma certo una persona normale magari sarebbe ancora in piena rieducazione.

Bernal ha rifinito la preparazione ad Andorra, sottoponendosi a sedute pesanti (foto Twitter)
Bernal ha rifinito la preparazione ad Andorra, sottoponendosi a sedute pesanti (foto Twitter)
Chi ha preso la decisione di farlo rientrare?

C’è stata sicuramente la valutazione dei medici, ma è stato Rod Ellingworth a fare la sintesi di tutte le opinioni e a prendere la decisione.

Hai parlato di tenere i piedi per terra…

Lo so che con un corridore del genere le attese sono sempre alte. Però è anche vero che nonostante abbia lavorato duro, Egan si ritroverà a confrontarsi con un gruppo di corridori che gareggiano dall’inizio della stagione. Per cui va bene essere soddisfatti per il suo rientro e capisco che per lui possa essere una ricompensa.

La testa fa la differenza?

Con certi campioni è determinante. Si era messo in testa di tornare e c’è riuscito. Quello che verrà sarà da scoprire. Averlo in corsa è comunque un successo.

Il ritorno alle gare di Bernal non è stato una passeggiata: sono stati giorni duri (foto Twitter)
Il ritorno alle gare di Bernal non è stato una passeggiata: sono stati giorni duri (foto Twitter)

Cinque tappe veloci

Il Danimarca sarà il terreno perfetto per rientrare. L’unica parvenza di salita ci sarà il quinto giorno, nella Give-Vejle, la tappa più nervosa:126,5 chilometri con tanti strappi dalle pendenze anche importanti, che verosimilmente decideranno la classifica. Anche volendo, Bernal non sarà chiamato a particolari duelli troppo severi. Se poi vorrà mettersi alla prova, la sua indole non gli permetterà di voltarsi dall’altra parte se e quando la corsa si accenderà.

«Dopo quello che mi è successo a gennaio – ha detto – questo è il momento che stavo aspettando: correre di nuovo con i miei compagni di squadra. Non posso spiegare abbastanza quanto siano stati duri per me gli ultimi otto mesi, sia fisicamente che mentalmente. Quel giorno e il viaggio che ho intrapreso da allora saranno per sempre parte di me. E’ qualcosa che non dimenticherò mai».

Lello, Pozzo e lo Squalo: una storia di amicizia

12.07.2022
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«L’idea mi è venuta alle quattro del mattino – dice Lello – mentre pensavo che con le due dirette Instagram con Nibali e Pozzovivo avevo messo insieme tremila persone ogni volta. Possibile, pensavo, che faccio questi numeri e non porto a casa nemmeno un caffè? Perché non inventarmi qualcosa di bello? I miei figli sono sempre su Tik Tok. Così ho scritto un messaggio ad Alex Carera, dicendogli che avevo avuto una grande idea. Mi ha risposto alle 7,30 del mattino e ha scritto che stava già tremando…».

Pozzo e lo Squalo

Lello Ferrara e le sue dirette su Instagram ci hanno fatto compagnia nei giorni del Covid. Poi, quando la… clausura è finita, il ragazzo di Napoli ha tenuto duro e alla fine ha convinto Massimo Levorato, imprenditore veneto, che lo ha coinvolto nella sua Tele Ciclismo. Eppure Lello non ha abbandonato le dirette e quella sua idea delle quattro del mattino si è trasformata nella Squalo TV su Twitch.

Assieme a Massimo Levorato, titolare Dynatek e Work Service, che ha coinvolto Lello in Tele Ciclismo (foto Instagram)
Assieme a Massimo Levorato, titolare Dynatek e Work Service, che ha coinvolto Lello in Tele Ciclismo (foto Instagram)

«Avere il benestare di Vincenzo – racconta Lello – è stato molto simpatico e ha allargato la platea dei contatti. Credo che lui e Pozzo mi vogliano bene e stiano facendo tutto questo per amicizia. Non pensavo che ci fosse dietro tanto lavoro e loro due sono ancora corridori e hanno tanto da fare. Però nelle dirette si sono divertiti e quando c’è Vincenzo, si sente. Il suo nome richiama un sacco di gente. E poi grazie a loro possiamo raggiungere personaggi importanti, come Bernal ieri sera».

La vita sul camion

Lello, che fuori ride, nasconde il Lello che dentro lotta per stare a galla. Lello che ride, prima di fare le dirette guidava il camion e ha conosciuto il gusto amaro della vita. Il bello di Lello, che da under 23 vinse il Giro d’Italia, è che ha sempre su la stessa maschera. Si ricorda degli amici e sa stare al mondo.

Raffaele Ferrara, camion, novembre 2020
Lello ha lavorato sul camion per una vita, i social finora lo hanno aiutato a fare una vita diversa
Raffaele Ferrara, camion, novembre 2020
Lello ha lavorato sul camion per una vita, i social finora lo hanno aiutato a fare una vita diversa

«Quando devo mandare un messaggio a Vincenzo – ride – vivo dei momenti d’ansia. E’ come quando arrivi a casa e trovi una busta dell’Agenzia delle Entrate. Io il camion non voglio più sapere dov’è, anche se ogni tanto il suocero mi chiama per chiedermi se ho tempo libero, ma lo fa per scherzare. Ricordo chi mi ha voluto bene e chi mi ha aiutato. Non sono ricco, non sono potente, ma faccio sorridere. So mangiare con 5 euro. E a volte mi chiedo come faccia un fallito come me a dare fastidio a certi più potenti».

Un fuoco di paglia

Perché il nodo è proprio questo. Lello che ride e scherza su tutto qualcuno ha iniziato a guardarlo con sufficienza, perché gli ospiti che riesce a mettere insieme lui, ad altri salotti non si avvicinano nemmeno.

«La mia fortuna – dice – è iniziata quando hanno cominciato a dire che fossi un fuoco di paglia. Ma continuo a fare sempre quello, seminare allegria e buon umore. Non siamo giornalisti, raccontiamo quello che viviamo. Guai pensare che siamo giornalisti, sarebbe una mancanza di rispetto per chi ha studiato. E poi nel nostro piccolo, mi sto rendendo conto di quanto sia complicato. Mi sono dovuto comprare computer, microfono e luci. Abbiamo trovato una ragazza che fa la regia. Pensavo fosse più semplice e invece non lo è per niente. Ci sono regole da rispettare, è un attimo sbagliare. Mi auguro che ne nasca qualcosa di bello, con dei contenuti che piacciono».

Nella diretta di Squalo Tv ieri sera, con Nibali, Pozzovivo e l’ospite Bernal
Nella diretta di Squalo Tv ieri sera, con Nibali, Pozzovivo e l’ospite Bernal

Ieri sera Bernal su Twitch e subito prima Clarke su Instagram. La vita di Lello non sta mai ferma e davvero ti chiedi che corridore sarebbe diventato. Ride, scherza e fa battute. E’ come Pulcinella e in qualche modo ne ricalca la definizione della Treccani: “Pigro, vorace, perennemente affamato, opportunista, sfrontato, chiacchierone, bastonatore spesso bastonato”. Lello è così. Bastonate ne ha prese e, se le ha rese, lo ha fatto certo con una battuta. E forse proprio per questo piace così tanto. Di certo è per questo che gli vogliamo bene.

ESCLUSIVO / Incontro con Bernal prima del ritorno in Europa

26.04.2022
5 min
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Gli esseri umani di solito ottengono il meglio di se stessi nelle situazioni più estreme. Ed Egan Bernal non è stato solo un’eccezione. E’ anche la testimonianza che puoi essere un campione sotto tutti gli aspetti, senza che questo dipenda dal palmares o dai traguardi raggiunti in una carriera sportiva. Egan, che per camminare ancora si appoggia a un bastone e nonostante ciò ha iniziato a fare lavori di fondo sulla bicicletta, racconta con lucidità la creazione del suo EB Project (anche in un video), le finalità e perché è nato.

Alla presentazione, Bernal assieme alla sua compagna Maria Fernanda Motas
Alla presentazione, Bernal assieme alla sua compagna Maria Fernanda Motas

Un’opera sociale e sportiva

L’opera socio-sportiva è venuta alla luce nel mezzo del suo ricovero in terapia intensiva. La sua mente ha iniziato a vagare tra la voglia di lasciare l’ospedale e, a sua volta, iniziare a fare qualcosa di importante per trasferire le sue esperienze in altre persone e cambiare le loro vite. L’idea c’era sempre stata, ma a causa dei suoi innumerevoli impegni non era stato in grado di realizzarla. Finalmente il momento è arrivato e, grazie alla pianificazione del suo gruppo di lavoro, è ora una realtà con 18 tesserati delle categorie allievi, juniores e U23.

«In terapia intensiva – ha detto – pensavo che a volte rinunciamo a fare le cose pensando che le faremo dopo. Volevo fare qualcosa, un progetto, ma volevo farlo dopo… Una Gran Fondo, un marchio di abbigliamento o qualcosa del genere. E dicevo sempre: “Lo farò più avanti”. Invece era quasi troppo tardi, stavo per morire senza aver combinato niente», ha detto Egan riflettendo sulle conseguenze che il tragico incidente dello scorso 24 gennaio avrebbe potuto avere.

Appuntamento a Bogotà

«Quando mi sono sentito così fragile in quel reparto di ospedale, mi sono detto: “Voglio che il mio primo progetto sia qualcosa in cui contribuisco in un certo modo alla società. Deve essere qualcosa di sociale e sportivo, che aiuti a cambiare la vita delle persone“», racconta l’ultimo vincitore del Giro d’Italia. Così, accompagnato dai suoi genitori, Flor e Germán, dalla sua fidanzata María Fernanda, dal suo entourage più stretto e da un grande conglomerato di uomini d’affari e dirigenti, ha presentato sua iniziativa nel Capitale della Colombia. Prima di tornare in Europa per un ritiro e continuare la sua ripresa nelle mani degli specialisti della Ineos Grenadiers.

Ritorno in Europa

«Stavo aspettando questo progetto. Ho detto loro (i suoi direttori, ndr) che non volevo andarmene senza fare prima la presentazione. Così – prosegue Egan sorridente – mi hanno dato il permesso, hanno avuto pazienza. Quindi penso che la prossima settimana tornerò in Europa per riprendere gli allenamenti e continuare con il recupero». Ancora non ha una data precisa per riattaccare il numero, ma nel pieno di uno dei momenti più difficili della sua vita, non ha mai dubitato per un solo momento di tornare a competere contro i migliori del mondo.

Una Colombia migliore

Di fatto, la giornata di sabato è stata, a causa dei suoi molteplici impegni legati al lancio di EB Project, l’unica senza bicicletta dal 27 marzo, quando rese pubblico il suo primo contatto con la strada. Ora la data sottolineata sarà quella del 23 aprile, il giorno in cui ha finalmente potuto dare il via alla sua opera socio-sportiva. Sarà diretta da Jhon Sergio Avellaneda (l’allenatore con cui ha vinto le sue due medaglie ai mondiali di MTB) e destinata a cambiare vita di coloro che ne fanno parte. «Voglio un Paese migliore», ha detto Bernal, che ha già chiari i suoi prossimi obiettivi prima di rientrare nel mondo delle gare.

Fra i progetti immediati di Egan c’è anche camminare senza bastone
Fra i progetti immediati di Egan c’è anche camminare senza bastone

Senza bastone

«Vorrei camminare senza bastone, anche se mi piace e sembra quasi elegante (sorride, ndr), ma sarebbe bello camminare senza. E poter stare sui pedali senza alcun disagio. Penso che queste due cose sarebbero molto buone», conclude il campione di Cundinamarca, che probabilmente avrà la città di Monaco come quartier generale per i suoi allenamenti.

Martinez 2022

Da spalla di Bernal a leader per il Tour. E’ il “nuovo” Martinez

15.04.2022
5 min
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Mentre Daniel Felipe Martinez indossava il simbolo del primato, nella premiazione conclusiva del Giro dei Paesi Baschi, gli occhi dei dirigenti della Ineos Grenadiers brillavano di una luce particolare, che non si vedeva da tempo. Quella luce che si era spenta all’improvviso un giorno di gennaio, quando dalla Colombia arrivavano notizie e soprattutto foto spaventose, legate all’incidente di Egan Bernal. Sembrava, allora, che tutti i piani della squadra fossero finiti nella spazzatura, oggi lo spirito è ben diverso, non solo per le incoraggianti notizie che arrivano dal vincitore del Giro 2021 (per il quale però serve ancora tanta pazienza), ma anche per la voglia di rivalsa che tutta la squadra ci sta mettendo, Martinez in primis.

La vittoria in terra basca, la decima nella carriera del 25enne colombiano, potrebbe aprirgli nuove prospettive. Sin da subito si è cominciato a pensare a lui come punta della squadra britannica per il Tour e l’investitura ufficiale è arrivata da chi il Tour l’ha vinto, Geraint Thomas: «In Francia saranno lui e Yates i leader della squadra, quelli deputati alla caccia alla maglia gialla». Fino a poche settimane fa nessuno si sarebbe aspettato simili parole, ma il Martinez di oggi è ben diverso da quello di allora.

Martinez Zamudio 2022
La volata vincente di Martinez a Zamudio, ma la conquista dei Paesi Baschi verrà in seguito
Martinez Zamudio 2022
La volata vincente di Martinez a Zamudio, ma la conquista dei Paesi Baschi verrà in seguito

Corti il primo a credere in lui

Professionista dal 2015, Martinez inizialmente ha gravitato in ambienti nostrani (anche se non in quanto a licenza delle sue squadre), prima con la Colombia di Claudio Corti, poi con il Wilier Triestina-Southeast con cui ha corso il suo primo Giro d’Italia nel 2017. L’anno dopo, passato all’EF Education First, ha chiuso terzo il Giro di California e concluso il suo primo Tour de France, nel 2019 sono iniziate ad arrivare le prime vittorie e pian piano esse sono diventate di peso sempre maggiore: il Delfinato 2020 (anche grazie al ritiro all’ultima tappa di Roglic), la tappa di Puy Mary al Tour dello stesso anno e appunto il Giro dei Paesi Baschi 2022, con una vittoria di tappa battendo in uno sprint accesissimo un certo Julian Alaphilippe.

Questi i numeri, ma c’è altro. Martinez è sempre stato un corridore da prove a tappe, si è visto sin dai suoi inizi sull’onda della tradizione colombiana: non dimentichiamo che viene da Bogotà, ha sempre vissuto in altura e questo gli ha dato un passaporto fisiologico di prim’ordine. Pian piano però ha acuito le sue doti di resistenza, fino al bellissimo Giro d’Italia dello scorso anno, chiuso al 5° posto dopo aver corso come scudiero della maglia rosa Bernal: «Ho lavorato tanto per questo e mi accorgo che nell’ultima settimana non perdo più brillantezza come avveniva prima, anzi». Al di là dei compiti di squadra, Martinez infatti ha guadagnato posizioni nelle frazioni finali e la cosa non è passata inosservata.

Martinez Bernal 2021
Una foto già storica: Martinez incita e scuote Bernal in crisi. Grazie a lui Egan salverà la rosa
Martinez Bernal 2021
Una foto già storica: Martinez incita e scuote Bernal in crisi. Grazie a lui Egan salverà la rosa

Che urla, su per Sega di Ala…

C’è un giorno, nel Giro 2021, che resta scolpito nella pietra ed è la tappa di Sega di Ala. In quella frazione si è visto anche il carattere e la forza d’animo di Martinez. L’attacco di Simon Yates sembrava poter riaprire il Giro, Bernal improvvisamente era andato in crisi.

Martinez, da buon compagno, si è messo davanti e ha iniziato a pilotarlo, ma non solo con le azioni. Quei metri, quei chilometri sono diventati un lungo viaggio per i due con i ruoli che improvvidamente si sono invertiti, con Martinez che incitava il compagno e non gli ha fatto mancare anche qualche urlo, qualche parolaccia per scuoterlo da quell’apatia che sembrava averlo avvolto.

Avrebbe potuto fare di più in classifica senza essere condizionato dagli obblighi di squadra? Senza di lui Bernal avrebbe vinto ugualmente? Martinez ha sempre evitato di guardare ai “se”: «Egan ha vinto grazie a se stesso, alle sue capacità, non a me, io ho solo aiutato in un momento di difficoltà».

Martinez crono
Per il 25enne di Bogotà 3 titoli nazionali e uno panamericano contro il tempo
Martinez crono
Per il 25enne di Bogotà 3 titoli nazionali e uno panamericano contro il tempo

L’imboscata a Evenepoel

Da allora è passato tempo, alla Ineos hanno fronteggiato vere tempeste dalle quali solo ora iniziano a riemergere e guardano al colombiano quasi come a un salvatore. Uno che sa come muoversi e al Giro dei Paesi Baschi si è visto abbondantemente. Intanto per la sua condotta in gara, per come ha saputo mettere in crisi Evenepoel: «L’idea era di rendere l’ultima tappa davvero dura già prima della salita finale, per prosciugare il serbatoio di energie del belga». Una tattica che ha pagato, con Evenepoel che si sentiva abbastanza sicuro della vittoria alla partenza della frazione finale ma che alla fine ha pagato dazio.

Non c’è però solo questo. Martinez ha dimostrato di sapersi muovere, anche eticamente. Quando Enric Mas è volato via oltre il guardrail, l’incidente ha formato un buco che poteva vanificare ogni prospettiva e lì Martinez si è messo a lavorare proprio con Evenepoel per ricucire la corsa. Rimesse le cose a posto, il colombiano ha ricominciato a lavorare contro il belga, come era giusto che fosse.

Martinez 2016
Daniel Felipe Martinez è nato il 25 aprile 1996. E’ pro’ dal 2015, l’anno dopo era già al Giro
Martinez 2016
Daniel Felipe Martinez è nato il 25 aprile 1996. E’ pro’ dal 2015, l’anno dopo era già al Giro

Pogacar? Già battuto…

Molto si discuterà se Martinez potrà essere una valida alternativa a Pogacar al Tour, ma mettendo insieme gli indizi la risposta sembra essere positiva: in fin dei conti è l’unico non Jumbo Visma che è stato capace di battere lo sloveno in una corsa a tappe (Delfinato 2020); oltre alle sue capacità in salita ha dimostrato di non essere per nulla fermo a cronometro (tre volte campione nazionale e campione panamericano junior); il suo rendimento nei grandi giri è andato sempre migliorando. Da qui a dire che vincerà ce ne corre, ma certamente, se si cerca un’alternativa alla sfida tutta slovena alla Grande Boucle, bisogna guardare anche nella sua direzione.

Bernal allontana la Vuelta, ma non chiude del tutto…

06.04.2022
6 min
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Adesso comincia il difficile e Bernal lo dice chiaramente. Confermando quel che aveva anticipato Fabrizio Borra, d’ora in poi ogni giorno sarà una scoperta. Presto non si tratterà più di girare le gambe accompagnando i pedali, ma di costruire la condizione. Aumenteranno ore e carichi e a seguire si dovrà parlare di intensità. Il suo fisico è fuori dall’ordinario, ma i traumi ci sono stati e al netto del recupero più o meno rapido e del talento, ci sarà da stringere i denti. Egan l’ha capito e cerca di stare alla larga dai facili entusiasmi, che soprattutto in Colombia sono rapidi ad accendersi.

«Non ha senso – ha detto a margine della pedalata su Zwift con i suoi tifosi dello scorso weekend – rischiare di dare una data per il ritorno, perché sarebbe un po’ irresponsabile. Sarebbe un sogno tornare a correre entro la fine dell’anno, ma come faccio a dire che voglio andare alla Vuelta? Una gara di tre settimane sarebbe troppo dura, forse sarebbe chiedere troppo al mio corpo. Ma non poniamo limiti, lo scopriremo col tempo. Non si può partecipare a una corsa come la Vuelta improvvisando. Se ho dolore, non sarò in grado di finirla, quindi non sarebbe l’ideale. Ci sono alcune altre gare a cui potrei pensare, ma per ora voglio concentrarmi sul mio recupero».

Bernal fa la foto, amici, allenatore, fidanzata e tifosi sono pronti per seguirlo ancora (foto Twitter)
Bernal fa la foto, amici, allenatore, fidanzata e tifosi sono pronti per seguirlo ancora (foto Twitter)
Che analisi fai del tuo presente?

Due mesi fa ero a letto e non immaginavo di riprendermi così. Tutto questo grazie all’incoraggiamento delle persone.

Cosa dice la squadra?

Mi supportano, mi mandano messaggi di incoraggiamento e mi ripetono che devo fare le cose con calma, di prendermi tutto il tempo che serve. Questo mi tranquillizza. Farò di tutto per rientrare il prima possibile, per me sarebbe importante.

Froome ha criticato l’uso delle bici da cronometro in allenamento…

Ho visto il titolo, ma non ho letto la notizia e non so cosa abbia detto in proposito. La bici da crono appartiene al ciclismo, senza di essa non sarebbe lo stesso sport e lo dice uno consapevole di non essere il migliore contro il tempo. E’ chiaro però che guidare una bici da crono è più difficile che guidare una bici da strada.

Com’è stato il giorno in cui sei tornato in sella?

E’ stato il giorno più bello della mia vita. Poter pedalare con i miei amici, la mia famiglia, mia mamma, il mio fratellino… E’ stato molto bello, speciale. Inoltre lo abbiamo fatto con il dottore che mi ha operato la schiena e a sua detta è stato uno degli interventi chirurgici più complicati che abbia mai svolto.

Ancora su Twitter il report della prima settimana in bici di Egan Bernal: 584 km, 23 ore, 4.000 metri di dislivello
Ancora su Twitter il report della prima settimana in bici: 584 km, 23 ore, 4.000 metri di dislivello
Come è stato rimettersi in movimento?

Ovviamente il ciclismo è la mia vita, mi appassiona, è quello che ho fatto per tutta la vita ed è quello che voglio fare ancora. La prima cosa cui ho pensato è stata ripartire, ma anche e soprattutto di tornare a una vita normale. C’è stato anche il momento in cui ho pensato che del ciclismo non mi importasse più nulla, c’erano prima la mia vita e la mia famiglia. E’ durato una settimana.

Poi cosa è successo?

Ho iniziato a muovere la gamba. Anche sul letto in terapia intensiva, quando il mio papà, mia mamma, il mio fratellino se ne andavano, stringevo la gamba fra le mani e provavo a spingere. Sapevo quando mi davano le medicine per il dolore e facevo le mie prove prima che arrivassero, per sentire davvero come stavo. Grazie a questo e all’aiuto della famiglia, presto mi è venuto il desiderio di alzarmi in piedi, lasciare l’ospedale e iniziare il processo di riabilitazione. Era ancora poco, ma abbastanza per iniziare.

Quando ti sei reso conto della gravità delle ferite?

Non sapevo che intervento avrebbero fatto. Quando mi hanno addormentato, ho pensato che avrebbero operato soltanto il femore. Quando mi sono svegliato e mi hanno detto cosa avevano fatto, ho capito che in realtà la faccenda era ben più complicata. A quel punto hanno cominciato a dirmi poco a poco che la situazione era dura e che era un miracolo che fossi ancora vivo.

Camminare senza bastone è ancora impossibile?

Mi fa più male quando cammino che quando sono in bici, devo usarlo ancora. Sulla bici sto bene, mi aiuta nel recupero.

Bernal non può ancora fare a meno del bastone per camminare: sta molto meglio in bici (foto Twitter)
Bernal non può ancora fare a meno del bastone per camminare: sta molto meglio in bici (foto Twitter)
Che reazione hai avuto dopo l’incidente?

Per fortuna non ho perso la memoria, posso ricordare tutto e un domani raccontarlo ai miei nipoti, ma all’inizio è stato molto doloroso.

Come vanno le tue giornate?

In questo momento, molto meglio. Da una decina di giorni ho iniziato ad andare in bicicletta, sono diventato di nuovo un ciclista. Mi alzo, faccio colazione e poi esco a pedalare. Esco con mia mamma, mio fratello, i miei amici di una vita. Pedalo per due, tre ore. Ci fermiamo due o tre volte per bere il caffè. La cosa che più mi piace è sentire nuovamente l’aria in faccia. Rientro alle quattro del pomeriggio e la sera vado a fare fisioterapia e recupero a Chia, nella Clinica dove mi hanno operato. Facciamo esercizi con le palle, con la fascia. E a quel punto la giornata può anche finire. La sera sono con mia madre e i miei amici.

Hai voglia di tornare in corsa?

Voglio gareggiare di nuovo. Al momento giusto, sarò il primo a fare pressione sulla squadra.

Hai seguito qualche gara?

Poco, è frustrante vedere e non esserci. Io davanti alla televisione e gli altri che corrono, non mi piace. Cerco di evitarlo…

La riabilitazione proseguirà in Europa?

Il team ci sta già pensando. L’idea è di partire, non si sa ancora quando, non prima almeno di aver capito se posso salire su un aereo.

Bernal sui rulli, per la pedalata virtuale su Zwift con i suoi tifosi dello scorso weekend
Sui rulli, per la pedalata virtuale su Zwift con i suoi tifosi dello scorso weekend
Cosa ti ha colpito in queste settimane?

Tante cose, ma la chiave è stata l’energia buona delle persone. Una volta la donna delle pulizie mi ha detto che aveva recitato il rosario per la mia guarigione e questo mi ha colpito tanto, perché ci saranno di certo molte persone così.

Mentre tu recuperi, i tuoi rivali gareggiano e si allenano…

Non ci penso. Torno a casa e non penso a cosa stanno facendo Pogacar e gli altri. Arriverà quel momento, per vedere cosa stanno facendo e cosa farò io. Per adesso mi concentro sul recupero, sullo stare con la mia famiglia e basta.

Quali tappe mancano per tornare in gara?

Ho passato la parte più difficile. Questo tempo è stato breve, solo due mesi, ma è stato difficile. Pedalo già, posso condurre una vita normale e anche se d’ora in poi ci vorrà un anno o più per gareggiare, bè… Mi sento bene a fare quello che faccio.

Bernal in bici è davvero un miracolo? Per Borra no…

30.03.2022
8 min
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Ci sarà davvero da stupirsi del ritorno di Bernal in bicicletta? Non sarà che il sensazionalismo a mezzo social rende tutto eccessivo, per cui il fatto che Egan abbia rischiato la vita rende miracoloso un ritorno che in realtà di miracoloso non ha niente? Alla fine di questo articolo sarà evidente la differenza nell’approccio tra chi legge le notizie, noi compresi, con quel pizzico di dovuta paura e compassione e chi sugli atleti infortunati e apparentemente spacciati opera da anni.

Ne abbiamo parlato con Fabrizio Borra, uno che nel 1995 rifiutò si parlasse di miracolo quando rimise in bici Marco Pantani e che da allora ha lavorato con decine di corridori, piloti di Formula Uno, quelli della Moto Gp e da stasera, per non farsi mancare nulla, è con Fiorello per un concerto a Padova. Del siciliano e di Jovanotti è amico e ne segue spesso le performance.

Fabrizio, il ritorno di Bernal in bici è così sorprendente?

Se non sbaglio dall’incidente sono passati due mesi e rotti, no? Quindi siamo nei tempi giusti. Se guardiamo alla guarigione ossea, la forchetta è di 6-8 settimane. Quelli sono i tempi standard, che tu abbia una frattura oppure 20. Per cui in bicicletta vai a metterlo anche prima. Non aspetti le 8 settimane, addirittura lo metti in 5-6. Se guardo tutte le mie casistiche, una volta che l’osso ha fatto il primo strato di callo, la bicicletta aiuta a vascolarizzare meglio, per cui diventa una parte rieducativa. Per questo aspetto è nei tempi.

C’è un però?

Se oltre a quelle fratture ha avuto anche delle problematiche su qualche articolazione, questo chiaramente non lo sappiamo. Però se va in bicicletta, credo che il problema non ci sia. Ho visto un paio di immagini su internet, lui ha il vantaggio che la sua struttura è molto snella, non ha un fisico tanto importante muscolarmente. Questo sicuramente è a suo favore. Il punto non è tanto rimetterlo in bicicletta…

E qual è?

Ce lo puoi mettere anche dopo 30 giorni, l’accortezza è che sia dritto. Quando hai tante fratture e così tanti traumi di quel tipo, che coinvolgono anche gli organi interni, bisogna guardare l’equilibrio muscolo-funzionale. Non so come stiano lavorando in Colombia, mi auguro che non abbiano guardato solamente l’aspetto osseo o l’aspetto della medicina interna, ma che abbiano misurato e valutato gli equilibri muscolo-funzionali. Cioè che la muscolatura abbia ripreso a lavorare in modo corretto. Penso che la Ineos Grenadiers, avendo creato un nuovo modello del ciclismo, sia attenta a questo aspetto.

Le foto di Bernal di nuovo in bici sono spuntate sul suo profilo Twitter
Le foto di Bernal di nuovo in bici sono spuntate sul suo profilo Twitter
Che impressioni hai?

Guardando quelle immagini, sembra messo abbastanza bene. Bisognerà però vedere la risposta quando comincerà ad aumentare i carichi e l’intensità. Ho un po’ seguito il suo percorso attraverso i social. Ho visto che lo hanno messo sul cicloergometro e poi subito in acqua. Da quello che ho potuto vedere, mi è sembrato un percorso moderno, idoneo. Insomma, mi stupirei se non andasse già in bici. Resto un po’ stupito dalle reazioni, la gente si fa dei viaggi sulle tempistiche.

L’impatto emotivo è stato forte…

Se le fratture vertebrali avessero compresso o creato qualche sofferenza a livello nervoso, quindi qualche area muscolare fosse limitata, allora i tempi sarebbero più lunghi. Il recupero del nervo è lento e soggettivo, ma da quello che ho percepito Egan non ha avuto delle sofferenze del genere. L’esempio più elementare è quando ha avuto una frattura al braccio Marc Marquez, quello della Moto GP. Il suo problema è che ha avuto una sofferenza al nervo radiale del braccio: con quel problema, la moto non la guidi. Ma se non hai questa problematica, una volta recuperate le fratture, poi si tratta di rimettere la muscolatura in assetto e ritrovare una condizione atletica decente. Abituare il corpo a certe sollecitazioni. Diciamo altri 2-3 mesi? Vuol dire che in 6 mesi sei di nuovo in gruppo.

La testa conta tanto?

La testa come sempre incide almeno per il 70 per cento. E’ lei che decide tutto, a patto di avere anche l’equipe giusta che ti segue e la fortuna che il trauma vada nella direzione giusta. A queste condizioni, la testa fa la differenza, allo stesso modo in cui potrebbe crearti dei problemi se non ha le giuste motivazioni. Poi è chiaro che a lui è andata bene. Se avesse impattato in modo leggermente diverso, se la frattura spinale si fosse portata dietro un pezzo di midollo, adesso sarebbe sulla sedia a rotelle. Però una volta che non è successo e la vertebra si è saldata, tu sei come prima.

Egan Bernal sui rulli, marzo 2022: si parlava già di miracolo (foto Twitter)
Egan Bernal sui rulli, marzo 2022: si parlava già di miracolo (foto Twitter)
La schiena sarà ugualmente elastica?

Il livello di elasticità della colonna lo vedi con la prova dei fatti. Ci sarà tutta una seria di adattamenti e di normalizzazioni, ma oggi su questi aspetti si lavora bene. Quando hai dei bravi terapisti, anche l’articolazione bloccata si riesce a gestire. Guardate la bruttissima frattura che ha avuto Matteo Moschetti al bacino. Non è che quel trauma non sia stato bruttissimo e non abbia coinvolto la colonna. Però è stato operato bene da un chirurgo bravo, che l’ha mosso il giorno stesso. E lui dopo 40 giorni era già sui rulli. Non è stato un miracolo, ha fatto le cose giuste.

Parve un miracolo quello con Pantani, ma perché in anticipo sui tempi…

Anche lì si trattò di fare la cosa giusta, che per i tempi sembrò abbastanza miracolosa. Era un percorso nuovo per l’Italia, ma già in uso negli Stati Uniti. Questo fa parte della medicina, che va sempre verso nuove frontiere. Io semplicemente, avendo girato, ebbi la capacità di venire a conoscenza di certe metodiche che stavano arrivando nel mondo rieducativo. Quindi in Italia su Marco sono stato forse il primo, ma non mi prendo il merito. Ho solo capito che quella strada fosse un grande step di sviluppo, come poi è stato. C’è continua evoluzione oggi nella rieducazione. Quello che abbiamo fatto su Moschetti due anni fa è stato reso possibile dalle conoscenze attuali e da una struttura con le tecnologie necessarie. Vedi il caso della Goggia…

Prima delle Olimpiadi invernali?

Esatto. La sua ripresa non è stata un miracolo. Tecnicamente è stato bravo il suo staff a fare le cose giuste nel momento giusto. Si è rotta il perone, che non è un osso portante. E ha avuto una piccola distrazione di un legamento del crociato già operato, quindi che non era il suo legamento naturale. L’entità del trauma non era così importante. Ma resta il grande lavoro che hanno fatto su di lei, perché in quei casi è più facile peggiorare la situazione. E poi è stata grande la sua testa, avendo accanto due o tre figure brave e intelligenti, che l’hanno fatta muovere subito evitando che il sistema neuromuscolare si… addormentasse. Oggi c’è un bel gruppo di rieducatori italiani, che nella medicina sportiva ha tanto da dire. Ai congressi ci sono tanti colleghi bravi.

Anche per Bernal si parlava del rischio di atrofizzazione.

Quando parliamo di inibizione neuromuscolare, intendiamo questo. Quando hai un trauma, cosa fa il corpo? Tende a proteggere quella zona e lo fa togliendo… corrente. In questo modo, usando meno la parte dolorante, la proteggi. Il muscolo però si atrofizza, per cui alla fine il segreto è di lavorare aggirando il trauma, affinché il corpo non crei queste difese e mantenga la muscolatura efficiente.

La testa, dicevi…

La Goggia è stata brava a rimettersi gli sci e tornare a fare quella curva, come in Formula Uno o Moto Gp la prima cosa che fanno è ripetere la curva in cui sono usciti. L’incidente di Bernal non dipende da una curva sbagliata o da un cedimento mentre era sotto sforzo. Lui aveva la testa bassa e ha preso un pullman, avrà meno condizionamenti mentali al momento di ripartire. Bernal non ha la memoria del trauma.

Però il suo rientro andrà seguito bene…

Guardo anche il percorso di Remco Evenepoel. Anche lui è rientrato bene, ho seguito su Instagram tutto il lavoro che hanno fatto in Belgio nel centro che lo ha rieducato. Però uno dei limiti del ciclismo è che quando torni in bicicletta, poi hai finito. Si mette in secondo piano il lavoro di riatletizzazione. Esci dal centro educativo e vai su strada, stop. Nel calcio e nel basket si fanno invece congressi su come creare questa fase di riatletizzazione e dentro c’è anche il supporto psicologico. Nel ciclismo invece il rieducatore smette di seguirti, vai in ritiro solo col massaggiatore e ricominci a inseguire la prestazione. Poi però succede che, come Remco e Froome, capiti di dover interrompere la bici e tornare in palestra.

Allenamenti con gli amici e passeggiate con la compagna Maria Fernanda Motas
Allenamenti con gli amici e passeggiate con la compagna Maria Fernanda Motas
Cosa diresti a Bernal?

A Bernal direi di non voler per forza bruciare le tappe e di tornare quando è sicuro di essere a posto, ma non in termini di watt, quanto piuttosto della vera efficienza fisica, curandosi che il corpo non metta in atto delle compensazioni che poi incideranno sulla performance.

Da Froome a Bernal, il consiglio è non avere fretta

24.03.2022
4 min
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Froome scende dal pullman dieci minuti prima della firma di partenza. L’addetto stampa gli ha detto che abbiamo qualche domanda e nella mattina che annuncia l’arrivo di Longiano della Settimana Coppi e Bartali, ieri, Chris sembra di buon umore. Solo che con il casco, gli occhiali e la mascherina fin sotto gli occhi, si fa fatica a riconoscerlo.

Tour Colombia 2019, prima dell’incidente di Froome, prima del Tour di Bernal
Tour Colombia 2019, prima dell’incidente di Froome, prima del Tour di Bernal

Si parla di Bernal

Se vuoi chiedergli una previsione sulla stagione – dice l’addetto stampa – non se ne fa nulla. Per fortuna non siamo qui per questo. L’incidente di Bernal ci ha fatto pensare a lui. Chris sa esattamente quello che sta vivendo Egan, perché lo sta ancora scontando sulla pelle. Sei un gigante del tuo sport. Hai vinto il Tour. Hai vinto il Giro. La squadra, l’enorme Sky poi diventata Ineos, conta su di te. E un incidente ti spazza via mentre ti stai allenando sulla bici da crono. Troppe coincidenze per non pensarci.

«Ci ho pensato anche io – dice – abbiamo capito subito che era incidente molto serio, molto grave. C’era qualche cosa di simile al mio. La bici da crono, la velocità molto alta. Lui contro un bus, io conto un muro…».

C’è dell’amaro sarcasmo nel sorriso che affiora attraverso il tono di voce. Mentre parla, Chris aggancia il computerino sul manubrio, ma di tanto in tanto solleva lo sguardo e ci fissa.

Un giorno per volta

Il 12 giugno del 2019 era di mercoledì. Al Delfinato era il giorno della crono, Froome era staccato di 24 secondi da Dylan Teuns e avrebbe potuto conquistare la maglia di leader. Chris aveva vinto il Giro dell’anno precedente e si era poi piazzato terzo nel Tour vinto da Thomas. Nello stesso Tour debuttò Bernal, da poco passato dalla Androni al Team Sky.

Egan al Delfinato non c’era, la squadra lo aveva mandato al Giro di Svizzera. Per cui non fu testimone del tremendo incidente del suo capitano. Durante la ricognizione sul percorso della crono, Froome fu investito da una raffica di vento e finì contro un muro. La diagnosi fu impietosa e in qualche modo pose fine alla sua carriera. Fratture al femore, al gomito, a diverse costole, all’anca e al collo.

Froome ha fatto il suo debutto 2022 alla Coppi e Bartali, per cui tanta fatica e fiato grosso
Froome ha fatto il suo debutto 2022 alla Coppi e Bartali, per cui tanta fatica e fiato grosso

Da allora Chris non ha più vinto una corsa e non è più stato il corridore che era. Eppure sta affrontando la seconda parte della sua carriera con grande dignità.

«Un consiglio che posso dare a Egan – dice – è di vivere settimana per settimana, di non pensare troppo avanti. Dovrà fare il massimo in ogni momento per tornare. Non bisogna avere fretta, si rischia di commettere qualche errore. Poi bisogna fermarsi e ripartire da capo. Comunque mi sono reso conto che è stato una fortuna essere ancora professionista dopo un incidente così brutto. L’alternativa era fermarsi e restare a casa».

La fortuna di tornare

Lo sollecitano. La sensazione è che lui resterebbe a parlare, ma lo tirano per la manica e serve mettersi di traverso per avere un’altra risposta.

Alla firma del foglio firma a Riccione, al via della seconda tappa, super mascherato
Alla firma del foglio firma a Riccione, al via della seconda tappa, super mascherato

«Mi sento molto fortunato ad aver avuto l’opportunità di tornare – dice – e credo che alla fine sarà così anche per Egan. Quando ho visto le foto, ho capito subito che le gambe erano rotte, un po’ come me, però c’erano anche aspetti differenti fra i due incidenti. Ho pensato subito che era serio e da quel momento ho iniziato a pensare alla pericolosità delle bici da crono negli allenamenti di tutti i giorni. Quando sei lì sopra, non hai le mani sui freni. E devi stare seduto in una posizione che non è molto sicura. La crono fa parte del ciclismo, ma a qualche punto dovremo chiederci dove sia la linea che separa la prestazione dalla sicurezza».

Voci dalla Colombia, mentre Bernal progetta il rientro

17.03.2022
7 min
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La mattina del 24 gennaio trascorre in mezzo ad ansie e l’odore della tragedia. C’è un crollo emotivo nel Paese, che va in trance a causa della fatalità che si verifica sulla strada che collega Cundinamarca con il dipartimento di Boyacá, attraverso il comune di Gachancipá. Lì, Egan Arley Bernal Gómez, vincitore del Tour e del Giro e leader indiscusso della nuova era del Team Ineos, si scontra violentemente, a più di 60 chilometri orari di velocità, contro il retro di un autobus fermo a lato strada, mentre stava svolgendo un allenamento specifico sulla sua bici da crono.

Con questo disegno pubblicato su Twitter, si riassume il corso della rieducazione di Bernal
Con questo disegno pubblicato su Twitter, si riassume il corso della rieducazione di Bernal

Seppur cosciente al momento del ricovero al pronto soccorso della Clinica de la Sabana, a Chía, a nord di Bogotà, il referto medico non è affatto incoraggiante: politrauma con trauma cervicale e toracico, trauma toracico chiuso, trauma muscoloscheletrico e trauma agli arti inferiori. Ha dovuto subire più interventi chirurgici, di cui due alla colonna vertebrale, che hanno seriamente messo a repentaglio la possibilità di camminare di nuovo.

«Sono felice di essere vivo», sono state le prime parole del 25enne di Cundinamarca, uscito dal centro medico appena 14 giorni dopo aver subito un incidente di tale portata. Una follia solo pensarlo. Solo un essere umano dotato di capacità fisiche e mentali come le sue poteva resistere persino alla morte.

Grandi doti di recupero

«Sin dalla prima fase di formazione, ha sempre mostrato una capacità rigenerativa di gran lunga superiore a quella degli altri atleti. Quello che si sta manifestando in Egan non è di oggi, sono semplicemente qualità genetiche», afferma Sergio Avellaneda, allenatore e amico personale con il quale ha ottenuto molteplici traguardi in MTB, tra cui un argento e un bronzo ai mondiali di Norvegia 2014 e Andorra 2015.

«L’ho seguito in alcuni periodi quando correva nelle categorie giovanili – prosegue Sergio – 15 giorni prima del Campionato Panamericano di Cota (Cundinamarca), Egan si è fratturato la clavicola. Il giorno successivo è stato operato e due giorni dopo aveva già recuperato tutta la mobilità con un dolore minimo. Il terzo giorno mi chiese di portarlo a un controllo dal dottor Gustavo Castro, un chirurgo, perché si sentiva in grado di salire in sella e quindi di non perdere tutto il lavoro che aveva fatto in preparazione. E così ce l’abbiamo fatta, abbiamo rischiato, l’abbiamo iscritto ed è diventato campione contro rivali molto forti», racconta Sergio, che ha sempre visto Bernal come una meraviglia fisica.

Sergio Avellaneda, a sinistra, è amico e allenatore di Egan Bernal ai tempi dei mondiali Mtb
Sergio Avellaneda, a sinistra, è amico e allenatore di Egan Bernal ai tempi dei mondiali Mtb

Motivazioni d’acciaio

«Egan è soprattutto un talento. E talenti come lui, con quelle capacità sopra alla media, sono capaci di affrontare sfide che vanno oltre l’evidenza. Ecco perché il suo recupero non è sorprendente, perché l’ha preso come una grande sfida dal punto di vista psicologico. E’ un atleta a cui piace correre e questo renderà il suo recupero più veloce…

«Non perdere il suo status e ricominciare a praticare l’azione ciclistica è la motivazione per riprendersi rapidamente. Ciò che sorprende è il tempo in cui c’è riuscito», assicura Luis Fernando Saldarriaga, ex manager del Team Manzana Postobon e dirigenti di campioni come Nairo Quintana, Esteban Chaves e Sergio Higuita.

Di nuovo in sella

Dall’incidente, il ricovero, la dimissione dall’ospedale e il ritorno sui rulli, sono trascorsi 45 giorni. Sì, in meno di due mesi e dopo interventi al femore, rotula, trauma toracico e due interventi alla colonna vertebrale, Egan ha indossato gli abiti della sua squadra e con il gesto sorridente e le dita in segno di vittoria, si è sentito di nuovo un ciclista (foto Twitter in apertura).

Sulla schiena di Bernal, qui prima della rieducazione in acqua, i segni degli interventi spinali
Sulla schiena di Bernal, qui prima della rieducazione in acqua, i segni degli interventi spinali

I rischi della strada

«E’ un caso atipico, penso che nessuno, né gli specialisti né i chirurghi, si aspettasse una guarigione così veloce. Totalmente fuori dall’ordinario. Vedendo la sua evoluzione è possibile che tra un mese lo vedremo di nuovo su strada. E’ possibile. Ma da lì a tornare competitivo, il passo sarà abbastanza difficile. Credo che quest’anno non ce la farà, credo addirittura che gareggiare sarà complicato.

«Sta migliorando molto rapidamente, ma non dovremmo essere così ottimisti sul vederlo correre quest’anno. Le fratture che ha avuto sono state complesse e la mia paura è che torni su strada con i rischi che questo comporta, e non voglia il Signore, metta a rischio gli interventi chirurgici che gli sono stati eseguiti», analizza il dottor Camilo Pardo, uno dei medici specializzati in ciclismo con la maggiore esperienza della Colombia. Fra le sue mani non sono passati solo alcuni dei migliori ciclisti delle nuove generazioni, ma anche personaggi storici dell’epoca del Café de Colombia come Lucho Herrera, Fabio Parra e José Patrocinio Jiménez.

Tornerà grande

«Alla fine, corridori come Egan, che a 25 anni sono capaci di avere un palmares così grande con un Tour e un Giro vinti, sono al di sopra della norma. Questo traspare dalla facilità di rompere le statistiche e i tempi di recupero. E non è che sia qualcosa di forzato o accelerato come molti potrebbero credere, ma piuttosto qualcosa che si evolve molto più velocemente rispetto a qualsiasi persona. Grazie a Dio ha avuto un’ottima evoluzione. Sta andando sicuro e deciso», ha detto lo spagnolo Cristian Alonso, massaggiatore personale di Bernal, testimone del tragico evento e membro del Team Ineos, che insieme al direttore Xabier Artetxe, è stato con il campione fino al suo ritorno a casa.

Cristian Alonso è il massaggiatore di fiducia di Egan, che era presente all’incidente (foto Twitter)
Cristian Alonso è il massaggiatore di fiducia di Egan, che era presente all’incidente (foto Twitter)

«L’aspettativa è che torni al meglio e che torni ad essere il grande corridore che era. E di sicuro non gli mancano il coraggio, la dedizione, il lavoro e la voglia. Questi non mancheranno mai», prosegue Alonso, massaggiatore di Egan sin dal suo arrivo nella squadra britannica.

«Dovremmo tutti avere un Cristian nella vita», è stato il complimento di Egan per l’amico in uno dei suoi post post-ospedale.

In gara fra quattro mesi

Uno dei più ottimisti sull’evoluzione del campione è l’ex cittì colombiano Jenaro Leguízamo, uno dei preparatori più attenti in ambito nazionale, vincitore della storica medaglia d’argento alle Olimpiadi di Londra 2012 con Rigoberto Uran.

«Quello che mi preoccupava di più  – è stata la sua prima analisi – era il problema della perforazione polmonare. Non ero così preoccupato per le fratture nonostante fossero gravi, per il buon trattamento che ha ricevuto dal momento dell’incidente».

Il cittì Jenaro Leguízamo ha conquistato con Uran l’argento di Londra 2012 (foto Ciclismo Internacional)
Il cittì Jenaro Leguízamo ha conquistato con Uran l’argento di Londra 2012 (foto Ciclismo Internacional)

«I tempi di recupero che ci vogliono mi sembrano normali per un super atleta di quell’età che ha avuto assistenza medica in tutti gli aspetti. Questo aiuta molto e velocizza i processi. Ora quale potrebbe essere la paura? La perdita di massa muscolare, l’atrofia per inattività, ma nel suo caso hanno iniziato un processo di shock contro l’atrofia muscolare, sin dal momento in cui ha lasciato la terapia intensiva, con esercizi isometrici che si potevano fare fin dalla convalescenza. Questo gli ha permesso di alzarsi rapidamente in piedi.

«Anche la parte mentale lo ha aiutato molto e non ho dubbi che quest’anno correrà. Certo, forse non lo vedremo vincere o competere per farlo, ma per me sarà in gara al massimo entro quattro mesi», dice Jenaro, titolare di un laboratorio specializzato per la preparazione di atleti di alte prestazioni.

Controllare l’atrofia

«Ho sempre detto, fin dall’inizio, che Egan aveva la giovinezza a suo favore. Quel fattore era fondamentale oltre all’attenzione immediata e specializzata che ha ricevuto. Ciò che deve funzionare di più, secondo me, è la condizione muscolare per controllare l’atrofia, ciò che impiega più tempo nel recuperare un atleta di quel livello», ha detto Alvaro Mejía, affermato campione degli anni ’90, quarto al Tour de France nel 1993, che oggi svolge le sue funzioni di medico ufficiale nelle manifestazioni ciclistiche del calendario nazionale».

Alvaro Mejia è stato pro’ dal 1989 al 1997, con Postobon e Motorola: ora è medico (foto Facebook)
Alvaro Mejia è stato pro’ dal 1989 al 1997, con Postobon e Motorola: ora è medico (foto Facebook)

«Il tema del ritorno alle gare di Egan lo rimanderei al prossimo anno. Anche se lui, per la rapida guarigione che ha avuto, ha voglia di ricominciare al più presto per ritrovare la fiducia di stare in gruppo e scacciare la paura di cadere, altra cosa molto importante. Ma per riaverlo al livello in cui lo abbiamo conosciuto, direi che dovremo aspettare fino al prossimo anno», ha concluso colui che ai suoi tempi da professionista era riconosciuto come “El Cometa”.

Le opinioni coincidono, alcune più ottimiste di altre. La verità – anche se non ci sono date precise per il suo ritorno – è che Egan sogna di tornare sulla scena del grande ciclismo.

Puccio in rotta sul Giro. E per la Sanremo occhio a Ganna

07.03.2022
4 min
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Il piatto forte per lui sarà nuovamente il Giro d’Italia. Salvatore Puccio al Tour nemmeno ci pensa più, ma i suoi tanti anni al Team Ineos Grenadiers sono un ottimo punto di vista per osservare quanto accade nello squadrone britannico, che puntava su Bernal per contrastare Pogacar e adesso dovrà reinventarsi. Così almeno pensavamo…

«I programmi in realtà – dice l’umbro, nella foto Ineos Grenadiers di apertura con Ganna – sono rimasti uguali. Certo che Egan ha davvero rischiato di morire! E’ presto per dire come tornerà, già mi sembra un miracolo per il fatto che cammina. Froome al confronto era messo molto peggio e aveva più anni. Andai a trovarlo in ospedale a Monaco qualche tempo dopo l’incidente e non era un bel vedere. Ma certo, nonostante abbiamo tanti leader, Egan era il solo che potesse lottare con Pogacar. Sarebbe stato bello per lo spettacolo. Adesso ci sono gli altri e vediamo come andrà…».

Tour de la Provence, prologo: suo primo giorno di corsa 2022
Tour de la Provence, prologo: suo primo giorno di corsa 2022
Davvero non si è pensato di rimescolare le carte?

Così pare. Io ho sempre in programma il Giro, perché andare al Tour è sempre una sfida nella sfida. Sembra che Yates sarà leader in Francia, mentre Carapaz è confermato al Giro che gli piace così tanto. Si è preferito rimanere sulla linea decisa prima dell’incidente.

Pensi davvero che Bernal se la sarebbe giocata con Pogacar?

In salita gli dava di certo del filo da torcere, mentre a crono le avrebbe prese. Capisco anche che non avrebbe senso adesso spostare tutti sul Tour, non è nemmeno detto che servirebbe a qualcosa. C’è una bella squadra, con Yates e Ganna che può fare le sue belle cose.

E Thomas? Lui un Tour comunque l’ha vinto…

Thomas è da capire. Uno l’ha vinto e l’anno dopo è arrivato secondo. Ad ora direi che è più indirizzato per aiutare, ma non saprei neanche dire perché. In ritiro ci sono stati giorni che non guardava in faccia nessuno, ma non mi stupirei se poi andasse forte. Per cui vedo un Tour al massimo con due leader e altri cacciatori di tappe.

Salvatore Puccio è nato nel 1989, è pro’ dal 2011 e non ha mai cambiato squadra
Salvatore Puccio è nato nel 1989, è pro’ dal 2011 e non ha mai cambiato squadra
Come è partita la tua stagione?

Male, perché dopo la Valenciana ho preso il Covid come mezzo gruppo. E sono stato sfortunato, perché il protocollo per la ripartenza è cambiato subito dopo, mentre io ho dovuto farmi quello vecchio. Quindi ero a Mallorca in ritiro e sono dovuto stare rinchiuso per otto giorni senza fare niente.

Hai perso tanto?

Il Covid in sé non ha fatto tanto, ma stare fermo due settimane ha significato perdere lavoro e in compenso prendere peso. Ora sto bene, ma quei dieci giorni sono stati un bel guaio.

Incidono così tanto?

Siamo stati in ritiro a dicembre. Poi siamo tornati a casa per Natale e si sa che in quel periodo un po’ si molla, confidando di rimettersi in pari con il secondo ritiro. Io invece quel secondo blocco non l’ho fatto. Sono certo di essermi preso il Covid in aereo e mi sono fatto tutto il ritiro in camera, vedendo i compagni che passavano sotto alla mia finestra per andare ad allenarsi. E il bello è che stavo bene. Con quei sintomi e senza sapere del Covid, mi sarei allenato pensando di avere un mezzo raffreddore.

E quando hai ricominciato come stavi?

Facevo fatica per la condizione persa. Se non fai nulla, il muscolo cala e l’organismo che è abituato a bruciare migliaia di calorie ogni giorno va in crisi e ti viene comunque lo stimolo della fame, anche se non hai fatto niente.

L’avvio di stagione di Puccio è filato liscio fino al Tour de la Provence: alla Valenciana ha preso il Covid
L’avvio di stagione di Puccio è filato liscio fino al Tour de la Provence: alla Valenciana ha preso il Covid
Da oggi la Tirreno?

E poi la Sanremo, sì, perché ormai sto abbastanza bene. E sarebbe bene ripartire come ha detto Van Aert, ripensando il modo di gestire il Covid. Altrimenti il vaccino che cosa lo abbiamo fatto a fare? Per cui corro fino alla Sanremo, poi vado in ritiro a Sierra Nevada e mi ripresento per il Tour of the Alps prima del Giro.

E alla Sanremo si lavora per Ganna?

Ho sentito anche io la voce che vorrebbe provare a fare la corsa. E’ una gara difficile, ma l’anno scorso è andato forte. E’ innegabile che sia cresciuto. Se arriva sull’Aurelia dopo il Poggio e ha ancora gambe, chi meglio di lui può dargli la botta e arrivare al traguardo?