Cosa c’è in quell’urlo che lo scuote fino a farlo tremare? Quando Edoardo Zambanini taglia il traguardo di Matera e si accorge di non avercela fatta a passare Pedersen, sente come un terremoto dentro. Gli altri soffiano via quel refolo di vita che gli è rimasto, lui ruggisce contro il vento. C’è il rammarico per essere stato toccato al momento di partire. C’è che se avesse potuto sprintare al centro e non sulle transenne, magari si sarebbe lanciato meglio. E c’è la vittoria che ogni volta sembra vicina e invece all’ultimo istante di nuovo si allontana. Era già arrivato quinto a Valona, in una tappa tutto sommato simile. Di quelle in cui i velocisti normali affondano e restano a galla solo quelli con il motore oversize. Come oggi, a ben vedere.
Un soffio da Pedersen
Matera è dura come le sue pietre e come ogni stradello che dal fondovalle si arrampica in alto. I velocisti se ne rendono conto salendo Montescaglioso e soltanto un Pedersen formato imperiale poteva resistere a certe strappate. Con le gambe e con il cervello, riuscendo a dosare il fuorigiri della salita per trovarne uno superiore in volata. Eppure Zambanini era lì e per un soffio non lo infilava.
«Oggi ho avuto bellissime sensazioni per tutto il giorno – dice il trentino quando il cuore ha smesso di fargli male – ma in generale questo è un periodo che sto molto bene! Abbiamo lavorato tanto anche con la squadra nei ritiri e piano piano si vedono i risultati. L’obiettivo era di non perdere tempo nella generale, così mi sono messo a disposizione della squadra durante la tappa».
Tiberi-Caruso, luci diverse
Su quello strappo più duro, giurano di aver visto Tiberi in leggero affanno. Antonio si è un po’ sfilato e probabilmente per un diesel come lui, il finale così esplosivo non era il massimo. Tanto che nella volata, il nono posto se l’è preso Caruso, mentre il capitano è rimasto a centro gruppo.
«Una volta finito il mio lavoro – dice ancora Zambanini – ho tenuto duro sullo strappo. Mi sono trovato un po’ indietro all’ultimo chilometro, proprio perché in precedenza avevo aiutato. Ma siccome stavo bene fisicamente, ho dato tutto fino all’arrivo. Forse sarebbero forse bastati 5-10 metri in più, perché ero davvero vicino. Sono davvero contento di queste sensazioni. Ringrazio il team per la fiducia che mi sta dando, stiamo crescendo insieme!».
Venti chilometri infernali
Questa volta Pedersen ha dovuto stringere i denti più che nei giorni scorsi. Se la tappa di Valona l’avevano scandita tutta loro della Lidl-Trek, questa volta le accelerazioni del UAE Team Emirates e poi quella di Roglic hanno costretto la maglia rosa e i suoi scudieri a correre di rimessa. Vacek lo ha preso per mano, aspettandolo quando Mads si è sfilato e poi lanciandolo in volata con il solito rapportone che ha piegato le gambe di tanti.
«Non ero affatto sicuro di aver vinto – dice la maglia rosa – gli ultimi 20 chilometri sono stati incredibilmente duri. Ho sofferto tantissimo. Dopo l’ultima salita ero un po’ indietro e ho dovuto spendere tante energie per rientrare sulla ruota di Vacek. Per fortuna ne avevo ancora abbastanza per lo sprint finale. Vincere con la maglia rosa è pazzesco. E’ molto più di quanto abbia mai sognato. Che Giro e che squadra ho attorno a me… Domani si va a Napoli, lì ho già vinto (nel 2023, battendo Milan oggi suo compagno, ndr), ma adesso penso a godermi questo successo».
Onore a Vacek
Dopo l’arrivo si è fermato sulla destra con la testa bassa e il sudore che impregnava la maglia. Ha preso da bere dal frigo del massaggiatore. C’è da scommettere che non abbia neppure guardato il computerino, pensando piuttosto a ritrovare il fiato. Quando è arrivato Ciccone, i due si sono abbracciati. Il copione si ripete, ma forse siamo agli ultimi atti e da venerdì a Tagliacozzo le parti si invertiranno. Sperando che il danese a un certo punto non scelga di andarsene a casa.
«Tre vittorie su cinque tappe – dice ancora Pedersen – è un traguardo incredibile. Volevamo partire forte per prendere la maglia rosa in Albania e accumulare successi oltre a punti utili per la ciclamino. Nel finale, quando Roglic ha accelerato, ho detto a Vacek di seguirlo. E’ in grande condizione e aveva diritto di giocarsi le sue carte nel caso mi fossi staccato. Ha dimostrato di essere forte e intelligente, perché ha abbassato il ritmo permettendomi di rientrare. Il suo lavoro è stato fondamentale e spero che possa avere una chance da qui a fine Giro. Quando mi hanno detto che sarei venuto al Giro, ho accettato, perché è la squadra che decide e la squadra che paga gli stipendi. Ma devo dire che sto davvero vivendo un momento eccezionale».