E Pozzovivo come sta? Entusiasta e pronto per il gran finale

27.08.2024
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Parlare con Domenico Pozzovivo è sempre coinvolgente. Il lucano non è mai banale e, a quasi 42 anni, ha l’entusiasmo di un novellino, ma con la sapienza degna di un’enciclopedia. Lo avevamo lasciato sul rettilineo dei Fori Imperiali, quando il gruppo, Roma e il Giro d’Italia gli resero omaggio. Ma come è andata da allora? 

Il corridore della VF Group-Bardiani sta preparando il finale di stagione, e di carriera. Lo attendono sei gare in due blocchi: Gp di Larciano, Giro di Toscana e Memorial Pantani a settembre. Giro dell’Emilia, Tre Valli Varesine e Giro di Lombardia ad ottobre.

A Roma il Giro d’Italia rende omaggio a Pozzovivo (classe 1982)
A Roma il Giro d’Italia rende omaggio a Pozzovivo (classe 1982)
Domenico, ci eravamo lasciati al Giro, anche se poi avevi tirato lungo fino allo Slovenia. Come sono andate le cose da allora?

Più che tirare lungo è stato uno “stop&go”. Dopo il Giro infatti ho avuto la polmonite, uno strascico del Covid che avevo preso in gara. Sono stato una settimana fermo e a prendere gli antibiotici. E infatti poi in Slovenia sono andato inaspettatamente bene. In ogni caso dopo l’italiano mi sono fermato. Volevo recuperare bene, anche perché poi prima di tornare alle corse ci sarebbe stato abbastanza tempo.

Chiaro…

Il Giro dell’Appennino a luglio è stata più che altro una parentesi celebrativa. Successivamente sono andato all’Arctic Race, che è stata una bella sorpresa. Al rientro ho recuperato un po’ e quindi sono salito dieci giorni in ritiro sullo Stelvio. Devo dire di aver trovato un bel caldo anche lì e parecchio traffico sotto Ferragosto, ma sapevo come evitare le strade più caotiche.

Come stai? Come sono i valori?

I valori sono buoni, ma non sono quelli che avevo prima del Giro. Ma ho ancora due settimane per metterli su e vederli sul computerino! Io purtroppo ho questi strascichi post Covid molto lunghi, ma i 2-3 mesi canonici ormai sono passati.

In Slovenia ottime prestazioni per il lucano che ha chiuso quarto nella generale
In Slovenia ottime prestazioni per il lucano che ha chiuso quarto nella generale
E come ce li metti nelle gambe? Anzi, nel computerino!

Sostanzialmente facendo brillantezza. Già per il solo fatto di essere stato lassù e aver fatto salite lunghe è normale che non siano altissimi. Scendendo di quota le cose dovrebbero migliorare. In più si riduce il minutaggio dei lavori e si insiste un po’ sull’intensità. Cercherò di arrivare alla performance massima “a pezzi”, magari stando qualche minuto al di sopra dei valori di riferimento sui 20′. Comunque la parola d’ordine è brillantezza.

Prima hai parlato dell’Arctic Race, come sorpresa. E’ stata un’esperienza nuova…

In realtà volevo fare anche Hainan, in Cina (dove stamattina Jakub Mareczko ha vinto la prima tappa, ndr). Anche quello non l’avevo mai fatto. Solo che poi non c’era la tappa in salita che credevamo, il percorso non era per nulla adatto a me e non sono andato. Lo spirito della scoperta non l’ho perso! Dall’Arctic Race non mi aspettavo nulla di preciso dalla gara, anche questa non troppo idonea alle mie caratteristiche, ma è stata una bella sorpresa: scenari diversi, un buon clima, anche troppo caldo per quelle latitudini. Poi è stata vissuta bene proprio la trasferta. Le tappe partivano abbastanza tardi, quindi la mattina ci vedevamo le varie qualificazioni delle Olimpiadi, facevamo la nostra corsa e la sera di nuovo le Olimpiadi in tv con le finali dell’atletica. L’unica cosa negativa è stata che la valigia mi è arrivata il penultimo giorno. Mi sono dovuto arrangiare a lavare i panni ogni volta!

Il “Pozzo” all’Arctic Race tira il gruppo pedalando lungo il fiordo. Si può essere debuttanti anche a 41 anni suonati
Il “Pozzo” all’Arctic Race tira il gruppo pedalando lungo il fiordo. Si può essere debuttanti anche a 41 anni suonati
Quindi viva la vecchia regola degli scarpini nello zaino da portare nella cabina dell’aereo…

Esatto. Lo stretto necessario ce lo avevo. Poi è anche vero che il ciclismo attuale ci vizia. Mi mancava la “copertina di Linus”, tipo quegli integratori personali, quella maglia… ma avevo tutto. E’ che con il caldo che davano le previsioni, avevo deciso di portare i miei sali minerali e non li avevo. Un giorno sono andato a fare un giro e in un supermarket locale ho trovato un “super food”. In pratica era una sorta di pesce azzurro secco. Ho guardato i nutrienti e ho visto che era valido. L’ho preso, ma quando l’ho aperto i miei compagni non sono rimasti contenti!

Possiamo immaginare…

Il gusto non era neanche malaccio, ma l’odore non era il massimo. Sapeva di pesce un po’ malandato. Ma a livello nutrizionale lo consiglio: 60 grammi di proteine ogni 100 di prodotto.

E della Norvegia cosa ti è parso?

Selvaggia. Si aveva l’impressione di essere in montagna pur stando al livello del mare. C’era anche un stazione sciistica… a 300 metri di quota. Magari facevi 100 chilometri e il fiordo ti seguiva, oppure te lo ritrovavi al di là di una collina. E poi lo spettacolo delle maree, come entravano ed uscivano dal fiordo. Davvero comprendi la forza della natura.

Dall’entusiasmo con cui racconti, non sembri uno che sta per smettere. Perché smetti questa volta, giusto?

Sì, sì basta! L’entusiasmo e gli stimoli non mancano. Il motivo per cui smetto è l’età chiaramente e il rischio che comporta il ciclismo. Continuare sarebbe un po’ come cercarsela… A me non capita mai di non avere voglia di andare in bici o di trascinarmi perché devo. Voglia di allenarmi e correre ci sono sempre.

Giro di Lombardia 2011: Zaugg scatta e dietro c’è proprio Pozzovivo
Giro di Lombardia 2011: Zaugg scatta e dietro c’è proprio Pozzovivo
E ora si profilano queste sei gare. Ce ne sono alcune che senti in modo diverso?

Indubbiamente l’Emilia e il Lombardia. All’Emilia nel 2022 feci il podio lottando spalla a spalla con Pogacar. E il Lombardia è la classica che più mi piace e da cui sono affascinato. Ci tengo particolarmente a fare bene lì.

Hai un aneddoto particolare di questa corsa?

Quando vinse Zaugg. Ci andai vicino, quell’anno si arrivava a Lecco. Caddi in una discesa. Ricordo che finii sopra a Diego Rosa. Passai tutto il lungolago a spingere per ricucire il gap, spendendo molto. Rientrai a piedi dello strappo finale. Lo presi per ultimo, ma di slancio tirai dritto. E andai forte. Ma Zaugg partì in contropiede. Dietro mi giocai il podio con il drappello inseguitore (Pozzo fu sesto, ndr). Penso sempre che se non fossi caduto, magari avrei fatto io la differenza. Quel giorno mi sentivo il più forte in gara.

Domenico, stai pensando ad un’uscita colorata? A qualcosa di particolare?

A dire il vero, no. Magari ci penserò quando saremo più vicini all’evento.

In Slovenia si rivede Pozzovivo, che promette un gran finale

18.06.2024
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Tra le pieghe del Giro di Slovenia si annida anche la storia di un quarantunenne che a dispetto della sua età e di tanti piccoli/grandi problemi alla vigilia, come vedremo, è arrivato a sfiorare il podio finale. Ma d’altronde chi conosce Domenico Pozzovivo non si sorprende di certo, visto tutto quel che ha fatto in vent’anni di carriera.

Per lui ogni corsa, da quando ha annunciato a fine stagione il ritiro definitivo, è diventata una passerella, ma non è nel carattere del lucano affrontare le gare in maniera superficiale, anzi. E’ stato così anche in Slovenia, dove ci sono stati anche momenti che lo hanno profondamente toccato.

«Siamo passati anche per Skofja Loka, dove vinsi nel 2012 – racconta – e non nascondo che quando è successo mi sono venuti tanti pensieri. Non posso negare che queste settimane siano particolari, ogni corsa si vela di sensazioni malinconiche. Non è detto che sia una cosa negativa, è solo una carrellata di emozioni che mi investe».

Pozzovivo ha chiuso lo Slovenia al 4° posto, a pari tempo con Pellizzari, a 26″ dal vincitore Aleotti
Pozzovivo ha chiuso lo Slovenia al 4° posto, a pari tempo con Pellizzari, a 26″ dal vincitore Aleotti
Da che cosa dipende?

Quando hai alle spalle vent’anni di carriera, affrontando tante corse più volte nella tua vita, è normale che sia così. Ci tengo a sottolineare che non è nausea da bici, voglia di finire, saturazione. Niente di tutto questo. E’ la consapevolezza che il tempo scorre e che è arrivato il momento di girare pagina, di chiudere una parentesi grandiosa e sofferta, piena di bene e di male, che ha contraddistinto la mia vita sin da quand’ero adolescente. Per un ultraquarantenne non è cosa da poco.

Come sei arrivato al Giro di Slovenia?

Con tanti dubbi, soprattutto perché già il finale del Giro d’Italia non era stato semplice. La particolarità è che l’ho finito con addosso il Covid, che per la terza volta mi ha colpito e sempre nello stesso periodo. Diciamo anzi che ho fatto appena in tempo a finire la corsa. Poi sono stati dieci giorni a soffrire per la tosse con addirittura un principio di polmonite. Pensavo a un certo punto di non esserci, ma mi sarebbe spiaciuto proprio perché non avrò un’altra occasione. Poi all’immediata vigilia con il mio team della VF Group Bardiani abbiamo deciso di partire nonostante tutto.

Il lucano davanti alla maglia gialla Aleotti. In Slovenia il corridore della Bardiani è stato protagonista nelle tappe finali
Il lucano davanti alla maglia gialla Aleotti. In Slovenia il corridore della Bardiani è stato protagonista nelle tappe finali
Non era certo lo spirito migliore…

Le prime due tappe per fortuna non avevano grandi influenze sulla classifica e ho potuto viaggiare di conserva, rimanendo nel gruppo. Quelle due tappe mi hanno restituito un po’ di brillantezza e nelle tappe successive ho potuto lottare con i migliori. Già dalla frazione di Nova Gorica ho visto che potevo fare qualcosa d’interessante.

Lo Slovenia è arrivato due settimane dopo il Giro. Dopo una grande corsa a tappe ci si divide sempre tra chi dice che fare un’altra corsa a tappe è controindicato e chi invece lo ritiene utile. Tu a quale schieramento appartieni?

Io sono sempre stato uno di quelli che usciva dalla corsa rosa con un’ottima gamba da sfruttare, ad esempio al Giro di Svizzera dove ho vinto una tappa nel 2017 e dove, quando ho corso, non sono mai uscito dai primi 10. La differenza secondo me dipende dal tempo dopo: il Delfinato arriva troppo a ridosso del Giro, è chiaro che lì non sei ancora riuscito a recuperare, fisicamente ma anche mentalmente. Ma la settimana successiva è già utile, la forma a quel punto emerge. Poi molto fa anche l’esperienza: nei primi anni avevo sensazioni altalenanti, poi sono andato sempre meglio.

Sono concetti assoluti o dipende molto dall’individuo?

Le caratteristiche del singolo corridore pesano sempre, ma parlando nel tempo con i compagni delle varie squadre, ho riscontrato che il principio di base è quello, la prima settimana è difficile, ma dopo si emerge. Il discorso legato al Delfinato è subordinato alla sua lunghezza: non parliamo di una corsa a tappe breve, ma quando si tratta di prove di 7-8 giorni, è un impegno diverso dal punto di vista organico, quindi richiede qualche accortezza in più.

Che livello era la corsa slovena?

Molto buona, c’erano squadre WorldTour e altri corridori che venivano dal Giro. Si andava sempre molto forte, è una corsa che è molto cresciuta e che mette alla prova chi gareggia.

A Roma, il suo addio da corridore al Giro d’Italia chiuso nonostante tutto al 20° posto
A Roma, il suo addio da corridore al Giro d’Italia chiuso nonostante tutto al 20° posto
Ti vedremo ai tricolori?

Sarà la mia ultima apparizione da corridore, voglio onorarli al meglio e gestirli bene, anche perché poi tirerò i remi in barca. Non avrebbe senso continuare senza impegni imprescindibili e proprio considerando quel che ho avuto alla fine del Giro. Gli altri anni non avevo mai tempo per recuperare, ora voglio staccare, riprendermi bene e cominciare a preparare la seconda parte di stagione.

Che cosa ti attendi?

Mi propongo di fare una bella chiusura, ritrovare la condizione che avevo due anni fa quando mi rammaricai molto di non aver potuto correre al Lombardia. Quest’anno non voglio mancare e prometto a tutti che sarà comunque una grande festa. Ci stiamo già pensando, soprattutto a qualcosa di gastronomico…

Come cambia l’integrazione col passare degli anni?

31.05.2024
4 min
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Il discorso dell’integrazione è sempre più al dettaglio. E anche più determinante. Oggi spesso vince chi arriva nel finale con la gamba più piena. Chi si è alimentato meglio. Ma il capitolo è vastissimo.

Se tante volte abbiamo parlato di prodotti specifici, di alimentazione liquida, di quantità di carboidrati l’ora, oggi facciamo un paragone tra metabolismi giovani e metabolismi più esperti. E lo abbiamo fatto con il supporto di Luca Porfido, nutrizionista della VF Group Bardiani-CSF-Faizanè, che al Giro d’Italia aveva il corridore più giovane, Giulio Pellizzari, e quello più vecchio, Domenico Pozzovivo. Tra i due ballano ben 21 anni.

Con il passare degli anni, il recupero si fa più difficoltoso. Saper integrare alla perfezione diventa sempre più importante
Con il passare degli anni, il recupero si fa più difficoltoso. Saper integrare alla perfezione diventa sempre più importante
Dottor Porfido, come cambia il metabolismo nel corso degli anni?

In effetti cambia. Pozzovivo viene da tantissimi anni di esperienza. Era al suo diciottesimo Giro d’Italia quindi è passato attraverso tante “ere”, tra queste anche quella che riguarda l’integrazione e l’alimentazione. Vi dirò che avere un atleta come Pozzovivo è utile anche per me.

Perché?

Per una questione di conoscenze in generale, perché è un esempio per il Pellizzari di turno e per gli altri ragazzi, così distanti come generazione e per confrontare abitudini diverse in corsa e fuori.

Quante calorie brucia uno scalatore giovane come Pellizzari e uno più esperto come Pozzovivo? E’ possibile fare un confronto anche di numeri?

In modo così netto no. L’integrazione si fa in base all’efficienza e quindi in base a quello che realmente l’atleta poi va a consumare. E anche in base alle riserve di glicogeno che si valutano sul momento. Ed è’ dunque qualcosa di soggettivo.

Come cambia l’integrazione col passare del tempo?

Pozzovivo per esempio è abituato a stare un po’ più basso di carboidrati, 80-90 grammi l’ora, perché nel suo caso a livello gastrico, di stomaco, si trova meglio così. Pertanto non raggiunge le quantità che assume invece Pellizzari o altri ragazzi della squadra. Al Tour of the Alps, gara di preludio al Giro, e che ci è servita anche per mettere a punto gli ultimi dettagli sull’integrazione, Pellizzari viaggiava sui 90-100 grammi l’ora. Ma c’è anche altro da considerare.

La VF Group-Bardiani si affida a Cetilar per l’integrazione: sia in gara che per il recupero
La VF Group-Bardiani si affida a Cetilar per l’integrazione: sia in gara che per il recupero
Cosa?

Che l’integrazione va anche contestualizzata: tappa, meteo, ruolo del corridore… Una tappa può essere di trasferimento per un corridore e più importante per un altro. E chi punta deve arrivare full all’arrivo, cioè con la gamba piena nel finale. L’altro, che magari deve aiutarlo all’inizio, al contrario deve cercare di essere full nei primi chilometri.

E tu nutrizionista calcoli anche questo?

Chiaro, è un aspetto fondamentale ormai da tenere conto: al netto del consumo reale dei watt e quindi dei chilo-joule trasformati in calorie. Oggi più che mai, per avere un’integrazione ottimale, è fondamentale conoscere le caratteristiche dell’atleta, età compresa, del percorso e appunto anche delle strategie. Se un corridore punta al Gpm è chiaro che la sua gara finisce lì e da quel momento pensa al recupero… nei limiti delle possibilità ovviamente.

In base alla tattica, prepari il sacchetto per ognuno. Per sacchetto intendiamo non tanto il sacchetto vero e proprio quanto la strategia alimentare nel suo insieme…

Stabiliamo i classici grammi di carbo l’ora. L’integrazione in gara si fa sommando quel che dà l’ammiraglia (compresi i rifornimenti a terra, ndr) e quel che hanno dietro i ragazzi. Ma in partenza ognuno sa a quanti grammi deve andare e quando deve mangiare, anche in base al proprio ruolo, come dicevo. I ragazzi ormai sono ben istruiti. Abbiamo due grandi tipologie di borracce per esempio: quella con 40 grammi di carbo, quella con 80 grammi. Oltre alla borraccia di sola acqua.

Per ingerire tanti grammi di carbo l’ora bisogna allenare l’intestino. I più esperti tendono ad assumere qualche grammo di carbo l’ora in meno
Per ingerire tanti grammi di carbo l’ora bisogna allenare l’intestino. I più esperti tendono ad assumere qualche grammo di carbo l’ora in meno
Al netto di grammi e forse prodotti, noti differenze di approccio tra giovani ed esperti?

Come accennavo, Pozzovivo che viene dalla vecchia scuola, tende ad assorbire qualche grammo di carbo in meno. Pellizzari che è nato con la nuova integrazione già ne assorbe di più. Ma non è tanto questo, è proprio un concetto di approccio: quello dei numeri. Oggi i ragazzi sono abituati a guardare i numeri fra TrainingPeaks e varie App, controllano sempre tutto. Ci sono applicazioni per il computo delle calorie, che tengono conto anche dei macronutrienti… quindi gli viene automatico e naturale guardare i numeri, fare affidamento a quelli. Le nuove generazioni sanno “metabolizzare” i dati molto meglio di chi era abituato ad andare a sensazione.

Quindi non dipende solo ed esclusivamente dall’allenamento dello stomaco a mangiare determinate quantità…

Il “training gut”, allenare l’intestino, è comunque importante. E questo vale a prescindere se faccia parte della vecchia o della nuova generazione. E’ fondamentale per essere efficienti in quello che poi si va ad integrare. Io posso seguire la linea guida su un atleta che è abituato ad ingerire 120 grammi l’ora, ma se il suo intestino non è allenato si va solo a fare un danno e a compromettere la sua gara.

Pozzovivo diventa “maggiorenne” ed è pronto per il suo 18º Giro

24.04.2024
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Domenico Pozzovivo, mentre scriviamo, è in ritiro con la Vf Group Bardiani-CSF-Faizanè sull’Etna. Il lucano si appresta a correre il suo diciottesimo Giro d’Italia, anche questo rincorso e conquistato con un approdo tardivo nella formazione dei Reverberi. A differenza di altre volte, Pozzovivo è arrivato davvero in extremis alla Vf Group-Bardiani, iniziando la sua stagione a marzo. 

«Innanzitutto – racconta “Pozzo” – non avrei mai pensato di correre 18 Giri d’Italia, è un traguardo che più ci penso e più mi sembra considerevole. Però lo affronterò con la stessa attenzione ed entusiasmo del primo, negli anni ho mantenuto questa mentalità e ne sono felice. Uno dei motivi nel voler correre anche nel 2024 era la grande voglia che mi spingeva a farlo».

Pozzovivo ha già corso sei Giri d’Italia guidato dai Reverberi, dal 2005 al 2012 (saltando 2006 e 2009)
Pozzovivo ha già corso sei Giri d’Italia guidato dai Reverberi, dal 2005 al 2012 (saltando 2006 e 2009)
In questo avvicinamento qual è stata la fase più dura?

La biomeccanica. Ogni volta che cambio materiale – bici, scarpe, sella e tutto il resto – devo fare i miei adattamenti. Dopo l’incidente del 2019 è diventata una fase fondamentale e molto difficile, ma ne sono pienamente consapevole. Arrivare in una squadra nuova e correre subito è stata una scelta rischiosa, ma giusta. Il processo di avvicinamento al Giro è esattamente come me lo ero immaginato. 

Su cosa ti sei concentrato di più?

Sul ritrovare le giuste sensazioni in sella. Ogni anno sono riuscito a costruire un buon feeling con la bici e i materiali, era importante farlo anche quest’anno. L’aspetto su cui devo riporre maggiore attenzione è il fatto di avere il braccio sinistro meno mobile. Di conseguenza, ho meno forza e ciò condiziona l’anca destra in fase di appoggio. Ma devo dire che ho trovato il giusto equilibrio.

La 20ª stagione da pro’ di Pozzo è iniziata dalla Tirreno-Adriatico
La 20ª stagione da pro’ di Pozzo è iniziata dalla Tirreno-Adriatico
Sei partito dalla Tirreno, corsa non semplice…

Ero l’unico che esordiva in quella gara. Tutti gli altri atleti in gruppo erano al settimo giorno di corsa, come minimo. Però è stata la cosa migliore da fare. Ho ritrovato il colpo d’occhio nel pedalare in gara. In quei giorni la mia principale preoccupazione era la sicurezza, quindi evitare cadute. Ero spesso, più del solito (dice con una risata, ndr) in fondo al gruppo, cosa che mi ha penalizzato.

In che senso?

Dal punto di vista della prestazione correre in fondo non aiuta, si fa molta più fatica, soprattutto nel ciclismo di oggi. A me questa fatica maggiore è servita per migliorare.

L’obiettivo primario al debutto era trovare la giusta posizione in bici e il feeling con i materiali
L’obiettivo primario al debutto era trovare la giusta posizione in bici e il feeling con i materiali
La condizione a che livello era?

Mi sono allenato a casa, in autonomia, fino alla firma del contratto con i Reverberi. Mi sentivo bene, il mio livello di condizione l’ho ritenuto soddisfacente. Ho cambiato un po’ programma rispetto a quanto fatto negli ultimi anni. Non sono passato dal Tour of the Alps e dalla Liegi ma ho preferito correre il Giro di Abruzzo. La scelta è dovuta al fatto che l’Abruzzo si è corso prima e ho avuto più tempo per venire in altura a preparare il Giro. 

Come sta andando?

Le sensazioni crescono giorno dopo giorno. Il periodo di altura è di due settimane, tranne che per Pellizzari, Covili e Fiorelli che sono arrivati dopo. Personalmente è cambiato un po’ il modo di lavorare, nel senso che con TotA e Liegi prima del Giro si facevano pochi allenamenti specifici. Ora che l’ultima gara è terminata il 12 aprile, ho avuto più tempo, così mi sono trovato a fare più lavori dedicati al ritmo gara. Poi prima di venire sull’Etna avevo comunque fatto dell’altura, ad una quota più alta, 3.200 metri. Sono stato una settimana e mi ha fatto bene. 

La condizione è in crescita, l’ultima gara è stato il Giro d’Abruzzo: ora “Pozzo” è in altura con la squadra
La condizione è in crescita, l’ultima gara è stato il Giro d’Abruzzo: ora “Pozzo” è in altura con la squadra
Al Giro quale sarà il tuo obiettivo?

Sarebbe bello centrare la top 10, un risultato che alla mia età farebbe un gran piacere. In più una presenza in quella parte di classifica sarebbe un motivo di orgoglio e di visibilità per la squadra. Avrò al mio fianco tanti compagni giovani, penso che durante le tre settimane sarò un punto di riferimento per loro. In particolare penso di poter insegnare tanto a Pellizzari, sulla strada saremo spesso vicini vista la caratura fisica. 

Tu sei al diciottesimo Giro, lui al primo: che effetto ti fa?

E’ al suo primo Giro d’Italia, ma in un ciclismo molto diverso rispetto a quello del mio esordio nella Corsa Rosa. Io dovevo preoccuparmi di stare in piedi e di terminare le tre settimane di gara. Pellizzari, invece, arriva già pronto e con tutte le possibilità di puntare ad una vittoria di tappa. Avere me al suo fianco gli potrà togliere delle pressioni e riuscirà a correre più leggero. Sarò anche un po’ il suo parafulmine.

VF Group-Bardiani: le tante strade che portano al Giro

10.04.2024
5 min
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PESCARA – Il colpo di reni con cui Zanoncello ha infilato Malucelli sul traguardo è stato a dir poco chirurgico. Fino a un metro dalla riga, il romagnolo era davanti e poi di colpo si è ritrovato incredulo a chiedersi se fosse tutto vero. Il Giro d’Abruzzo si è aperto nel segno della VF Group-Bardiani e del velocista veneto, che ha così consacrato la sua presenza al prossimo Giro d’Italia. Anche se lì ci saranno altri clienti con cui fare i conti, la condizione è quella giusta. Anche per questo il veronese di 26 anni ieri sorrideva soddisfatto. Quella di Pescara è stata anche la prima vittoria in Italia da quando è professionista: l’ultima risaliva all’agosto del 2020 quando vestiva ancora la maglia della Zalf. Accanto a lui, dopo l’arrivo, anche Domenico Pozzovivo tirava il fiato e anche lui ormai ha gli occhi e i denti sulla corsa rosa.

Il Giro d’Abruzzo si era corso l’ultima volta nel 2007: torna quest’anno su iniziativa di RCS Sport
Il Giro d’Abruzzo si era corso l’ultima volta nel 2007: torna quest’anno su iniziativa di RCS Sport

Percorsi diversi

L’avvicinamento dei ragazzi di Reverberi al Giro prosegue seguendo binari diversi. E se ad esempio l’esperto lucano ha chiesto di non correre il Tour of the Alps, preferendo spostarsi sull’Etna subito dopo l’Abruzzo, c’è chi come Giulio Pellizzari non corre fra i professionisti dalla Coppi e Bartali e nel frattempo si è visto soltanto al Giro del Belvedere e al Palio del Recioto. Per fare il punto della situazione, abbiamo intercettato Roberto Reverberi, che dopo la tappa è partito alla volta dell’hotel con Pozzovivo accanto.

«Al momento – ha detto – ci sono cinque-sei corridori in procinto di andare in altura perché sono pressoché sicuri del Giro. Dobbiamo ancora trovarne altri due o tre per completare la rosa. Ne abbiamo diversi fra cui scegliere, osservando le varie corse che faremo: qui al Giro d’Abruzzo, come pure al Tour of the Alps che inizia la prossima settimana. Faremo anche tre corse impegnative in Francia nello Jura, mentre sarà difficile vedere al Giro i ragazzi che correranno al Turchia, perché tornerebbero a casa solo otto giorni prima. Zanoncello però era già in predicato di venire come velocista, perché dall’inizio dell’anno è sempre stato fra i primi. Chiaramente al Giro dovrà vedersela con altri avversari, però è comunque uno che l’anno scorso ha vinto le sue quattro corse. E’ un ragazzo serio e ha delle doti, non va piano neanche in salita: su quelle medie tiene bene. Non è il classico velocista che si stacca: alla Guardini, per capirci».

La tappa di ieri da Vasto a Pescara è stata il 13° giorno di gara di Pozzovivo nel 2024
La tappa di ieri da Vasto a Pescara è stata il 13° giorno di gara di Pozzovivo nel 2024
Per la volata di Pescara ha ringraziato Fiorelli: potrebbe essere il suo ultimo uomo al Giro?

Potrebbe, anche perché Fiorelli al Giro ha ottenuto qualche piazzamento, ma le volate di gruppo non le vince. Potrebbe dargli una mano a patto che anche lui trovi la condizione, perché ha avuto un po’ di problemi in avvicinamento a queste corse e non è proprio al 100 per cento. Speriamo che migliori, anche perché abbiamo bisogno di qualcun altro, magari uno Zoccarato o anche Tarozzi, che entrino in fuga nei giorni in cui gli attaccanti possono arrivare.

Quali sono i corridori sicuri del Giro che andranno sull’Etna?

Non sono sicuri al 100 per cento, tranne un paio. Però parliamo di Martinelli, Pozzovivo, Pellizzari, Covili e Marcellusi.

E qui veniamo ai vari avvicinamenti: in che modo avete differenziato l’attività dei singoli? Perché Pozzovivo è qui in Abruzzo, mentre ad esempio Pellizzari farà il Tour of the Alps?

Abbiamo concordato questo percorso con il dottor Giorgi e il suo staff. Come squadra, abbiamo dato indicazioni sugli appuntamenti in cui vorremmo avere i corridori pronti. Pozzovivo ha scelto da solo: ci ha chiesto di non fare il Tour of the Alps, ma di venire in Abruzzo e poi andare direttamente in altura. Pellizzari invece sarà in Trentino in funzione del Giro, poi andrà anche lui sull’Etna. In base a queste nostre esigenze, i preparatori hanno disegnato il calendario.

Dopo l’arrivo, scortato da Gianluca Mirenda, Zanoncello (26 anni, 1,70 per 64 chili) va verso il podio
Dopo l’arrivo, scortato da Gianluca Mirenda, Zanoncello (26 anni, 1,70 per 64 chili) va verso il podio
Uno come Pellizzari non avrebbe avuto più bisogno di correre fra i professionisti anziché andare alle corse under 23?

Abbiamo pensato che gli basti fare il Tour of the Alps. Al Giro tutti si aspettano chissà cosa, ma bisognerà partire senza stress. Nei primi giorni magari si vedrà dove può arrivare e se non dovesse essere impegnato nella classifica, potrà provare a far bene una tappa. Quando abbiamo avuto dei giovani che andavano in salita, abbiamo sempre fatto così. Ma non è detto che abbia le gambe per tenere duro, per cui vediamo…

Immagini di metterlo in camera assieme a Pozzovivo?

Potrebbe essere proprio così, in effetti. Non so ancora chi ci sarà al Giro, ma di solito mettiamo in stanza il più giovane con il più vecchio e probabilmente Giulio e “Pozzo” finiranno insieme. Sarà un bell’esempio cui guardare.

In effetti sul più anziano non dovrebbero esserci dubbi…

Aspettate che glielo dico, è qui accanto. Anche “Pozzo” dice di non avere dubbi, a meno che al Giro non venga Sevilla (ride, ndr). Ma non credo che verrà e poi comunque non nella nostra squadra…

La risata sommessa di Pozzovivo e poi i saluti. Mancano tre settimane e mezzo all’inizio del Giro. Zanoncello ha fatto la sua parte, oggi a Luco dei Marsi e più ancora domani a Prati di Tivo potrebbe esserci spazio per Domenico. Il mosaico si va componendo, a metà fra la voglia di conferme immediate e quel sogno rosa che si sveglia con i primi raggi della primavera.

Reverberi, il passo indietro e l’arrivo di “Pozzo”

27.02.2024
6 min
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«Immaginavo l’argomento – ride Roberto Reverberi – non ci voleva molto, no? Come è andata per Pozzovivo… Scimone, il suo procuratore ha voluto combinare un incontro fra lui e noi, almeno per parlare. Io di Domenico ho sempre detto bene. Il discorso era solo che un corridore di 40 anni non ci stava dentro a un gruppo di ragazzi così giovani. Però l’incontro lo abbiamo fatto volentieri, una decina di giorni fa. Poteva essere il modo di finire da dove aveva cominciato, potrebbe essere una bella storia. E poi lui non è mica finito, va più forte di tanti altri. Abbiamo guardato dei test, ha ancora 7 watt per chilo…».

Un mese dopo l’annuncio delle wild card del Giro e aver escluso la possibilità di ingaggiare lo scalatore lucano nella loro squadra, i Reverberi sono tornati sui loro passi. Niente di scandaloso, ci mancherebbe: Pozzovivo ha scritto alcune delle pagine più belle della loro squadra (in apertura la fuga vincente di Lago Laceno al Giro 2012). Tuttavia siamo da Roberto per sostenere quello che è stato scritto nell’Editoriale di ieri: un atleta con la storia di Pozzovivo avrebbe meritato più rispetto, senza aspettare i saldi di inizio stagione. Tanto più che l’UCI sta facendo storie perché non capisce, con la tipica rigidità svizzera, come mai si sia arrivati a un contratto a questo punto della stagione.

Domenico Pozzovivo è sul Teide: con questa foto ha annunciato la nuova squadra (foto VF Group-Bardiani)
Domenico Pozzovivo è sul Teide: con questa foto ha annunciato la nuova squadra (foto VF Group-Bardiani)
Da quello che si è capito, avete raggiunto un accordo che potrebbe andare oltre la stagione 2024.

Oltre l’aspetto sportivo, esattamente. Conosciamo l’uomo e il professionista e Domenico ha giurato che questo sarà comunque l’ultimo anno. E allora si è parlato anche di un eventuale progetto futuro, per quando avrà smesso. Uno così esperto potrebbe andar bene anche come collaboratore della squadra, come preparatore. Ha studiato, è preparato su moltissimi aspetti, è scrupoloso. Così abbiamo concordato di fare quest’anno insieme e alla fine non c’è stato nemmeno bisogno di convincerci troppo. Abbiamo aggiunto anche il fatto che potrebbe insegnare qualcosa ai giovani e abbiamo preso la decisione. Dopo tutto, si può anche cambiare idea, no?

La foto sul Teide con la maglia e la bici fa pensare che l’accordo sia stato raggiunto prima dell’annuncio…

E’ stata una cosa abbastanza rapida. Si sentivano voci che fosse nell’orbita di una squadra italiana, penso la Corratec che però non è stata invitata al Giro (la trattativa è stata fatta anche con il Team Polti, ndr). Gli abbiamo consegnato la bici il giorno prima che partisse per andare sul Teide. Non si era ancora definito proprio tutto, però avevamo qui la bici di scorta di un corridore con le sue stesse misure e gliel’abbiamo data. Così, casomai si fosse finalizzato, avrebbe potuto fare la foto che avete visto. E adesso stiamo lavorando dall’ufficio per vedere se si riesce a farlo correre dalla Tirreno.

La VF Group-Bardiani-Faizané ha aperto la stagione a Mallorca: qui Reverberi
La VF Group-Bardiani-Faizané ha aperto la stagione a Mallorca: qui Reverberi
Stesso problema che Pozzovivo ebbe lo scorso anno con la Israel…

E finì che saltò la Tirreno per le lungaggini. I trasferimenti si aprono il primo agosto e sono chiusi da un pezzo, ma il suo non è un trasferimento bensì un nuovo contratto. E loro non capiscono, per cui siamo qui in ufficio a premere perché chiudano la pratica entro fine settimana.

Ai corridori lo avete detto prima del suo arrivo?

No, niente. Forse avevano capito qualcosa, perché qualcuno mi ha sentito parlare al telefono: era lì vicino e io non me ne sono accorto. La squadra l’ha saputo dai giornali come tutti gli altri, anche se la mattina stessa l’ho fatto inserire nel gruppo Whatsapp, perciò lo hanno saputo così.

Hai parlato di insegnare ai giovani, forse per questo sarebbe stato meglio prenderlo prima, no?

Sì, ormai si corre e per certe cose è tardi. Però qualcosa può insegnare, magari non a stare in gruppo, perché su quello ha sempre tribolato un po’, in discesa, nelle fasi concitate. Era spesso in terra. Insomma, se lo assiste la fortuna, secondo me ha i mezzi per arrivare nei primi 10 in classifica, ma senza stress. Vediamo come viene, non gli metto tutti i giovani a disposizione. Magari uno o due compagni più maturi, Tonelli ad esempio, per cercare di fargli prendere le salite davanti. Ma i giovani abbiamo intenzione di lasciarli liberi e anzi lui potrebbe essere loro di supporto. Potremmo metterlo in camera con Pellizzari perché è uno che ha tanto da insegnare. Come si mangia, come si ci si allena, tutte le cose che lui sa bene e loro devono ancora imparare.

Reverberi racconta che nel ritiro alla Tenuta Il Cicalino, la squadra ha fatto delle simulazioni di gara (foto VF Group-Bardiani)
Nel ritiro alla Tenuta Il Cicalino, la squadra ha fatto delle simulazioni di gara (foto VF Group-Bardiani)
Sperando che accettino i consigli.

Altro aspetto delicato. Tendenzialmente adesso i giovani faticano a fare domande, nel senso che sanno tutto. Si appoggiano ai loro preparatori e in ritiro certi giorni era da mal di testa, con le cose che devono fare giorno dopo giorno. Anche quando abbiamo simulato una gara, erano tutti lì a dire cose. Ma quando si corre, cosa fate? Correte, basta parlare…. Avendo fatto poche gare, in ritiro abbiamo fatto dei lavori di intensità per arrivare bene a Laigueglia. Anche sull’Etna hanno lavorato tantissimo, ma se non fai così, se non arrivi già pronto, non è che puoi aspettare che la condizione arrivi. Bisogna ragionare come fanno i campioni, sia pure con le dovute proporzioni, che si allenano e sono già pronti per vincere. Oggi se non arrivi già pronto, non stai nemmeno a ruota.

Domenico, che i ritiri se li è sempre fatti da solo, ad aprile sarà inserito nel gruppo dell’Etna o farà vita a sé?

Anche lui prima del Giro è sempre andato sull’Etna e non sapeva che l’avessimo prenotato anche noi. Ci sono due gruppi da cinque. Uno corre in Turchia e uno al Tour of the Alps. E ciascun blocco, prima uno e poi l’altro, andrà in altura. Immagino che Pozzo sarà aggregato a uno dei due gruppi. Penso a quello che fa il Tour of the Alps e poi va sull’Etna.

Passo Maniva al Brixia Tour 2011: dopo il Giro Pozzovivo si è allenato da solo ed è rientrato già vincente
Passo Maniva al Brixia Tour 2011: dopo il Giro Pozzovivo si è allenato da solo ed è rientrato già vincente
Che cosa effettivamente ha convinto la famiglia Reverberi?

La serietà e la professionalità. Sappiamo che non è il vecchio corridore che guarda all’ultimo stipendio. I nostri preparatori mi hanno chiesto se devono guardare i suoi allenamenti su Training Peaks, gli ho risposto di sì. Non perché tema che non lavori, ma perché così impariamo qualcosa da lui. Mi ricordo quando correva con noi, anche l’ultimo anno, dopo il Giro stava a casa un mese e mezzo, veniva a correre e vinceva il Brixia Tour, nonostante si allenasse sempre da solo.

La sensazione è che non sia venuto per i soldi.

Come potete immaginare, non si parla di grosse cifre, ma quasi non ha fatto richieste. Vuole terminare bene e penso comunque che nella sua carriera abbia guadagnato bene. Speriamo solo che lo assista la fortuna e poi credo che una bella storia da raccontare la tiriamo fuori davvero.

EDITORIALE / Bentornato Pozzovivo, meritavi più rispetto

26.02.2024
4 min
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Domenico Pozzovivo torna con la famiglia Reverberi per chiudere la carriera. Sembrava già da mesi la scelta più logica o comunque la più bella da raccontare, se qualcuno non riuscisse a vedere logica nel ritorno di un atleta che purtroppo negli ultimi anni non ha fatto passare occasione per finire in ospedale. Il fatto è che anche ai più scettici Domenico oppone test che parlano di 7 watt/kg davanti ai quali non ce la fa ad arrendersi.

Siamo felici per lui, che conosciamo da quando nel 2001 indossò la maglia della Zoccorinese iniziando a respirare il ciclismo dei piani alti. Il suo tecnico di allora, stupito per i numeri in salita, disse che il ragazzino della Basilicata fosse piuttosto indietro nello sviluppo e che lo avremmo visto davvero forte con qualche anno di ritardo rispetto ai coetanei. La sua longevità atletica si spiega anche così e con il duro lavoro cui Pozzovivo non si è mai sottratto. Forse per questo, pur felici, pensiamo che un uomo con la sua storia meritasse più rispetto.

Pozzovivo ha corso con Reverberi dal 2005 al 2012 (nella foto) quando vinse una tappa al Giro
Pozzovivo ha corso con Reverberi dal 2005 al 2012 (nella foto) quando vinse una tappa al Giro

Un posto in meno

Pozzovivo ha firmato il contratto pochi giorni fa e potrebbe debuttare alla Tirreno-Adriatico, inserendosi nella VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè di giovani che la famiglia Reverberi cresce da qualche anno fra alti e bassi. Facile immaginare, mettendosi nei loro panni, che uno di quei ragazzi sarà lasciato a casa per far correre l’esperto lucano con cui non ha condiviso neppure una colazione e un allenamento. Stesso discorso per il Giro d’Italia, che per molti costituisce il sogno di una vita.

Intendiamoci: in tutte le squadre il posto per le grandi corse va meritato e questo prevede anche togliersi il cappello davanti all’atleta più esperto che ti insegna il mestiere e va più forte di te. Ebbene, a Pozzovivo e ai suoi giovani compagni di classe il confronto è stato negato, in nome di una visione troppo rigida o forse persino avara.

Di questo tema abbiamo parlato più volte. Prima con Raimondo Scimone, che cura gli interessi del corridore. Poi con Roberto Reverberi, che prima o poi raccoglierà il testimone da suo padre Bruno. Inserire Pozzovivo in squadra da novembre avrebbe significato permettergli di conoscere i compagni e avrebbe offerto ai ragazzi più giovani il punto di vista sulla sua professionalità senza pari. Invece si è preferito tirarla per le lunghe, regalando a Pozzovivo l’ennesima partenza ad handicap della carriera. L’uomo è camaleontico e starà già messaggiando con i nuovi compagni, ma ancora una volta per cavarsela in una situazione di rincorsa.

Il contratto è dignitoso. I soldi non sono tanti, ma neppure pochi per una squadra che, malgrado le premesse, ha vissuto l’infelice sponsorizzazione con Green Project. E poi i soldi non sono tutto davanti a una sfida come quella di Domenico. Il rispetto però è un’altra cosa.

Al Giro del 2022, l’ultimo concluso e corso con la Intermarché, Pozzovivo si piazzò all’ottavo posto
Al Giro del 2022, l’ultimo concluso e corso con la Intermarché, Pozzovivo si piazzò all’ottavo posto

L’occasione sprecata

A Pellizzari e Pinarello avrebbe fatto un gran bene sentirlo parlare, osservarlo, allenarsi con lui in Spagna, anche se Pozzovivo non è il più grande dei chiacchieroni e nella sua carriera recente ha sempre preferito la vita dell’asceta a quella di gruppo. Coinvolgendolo per tempo, lo si sarebbe potuto investire della responsabilità di stare vicino ai più giovani e offrire loro un esempio. Con tutto il rispetto per i corridori coinvolti, la sua motivazione è ben superiore a quella di Modolo e Battaglin che negli ultimi tre anni sono rientrati nella squadra con esiti diversi da quelli sperati.

«Per una squadra come la nostra – ci rispose un mese fa Roberto Reverberi – averlo potrebbe essere utile. Potrebbe curare la classifica e permetterci di avere l’ammiraglia più avanti. Però con la politica dei giovani che ci siamo dati, non avrebbe senso prenderlo, anche se è un grande professionista e va ancora forte. Preferiamo dare spazio a un giovane, che magari trova il giorno giusto, si fa vedere e fa parlare di sé e della squadra».

La sensazione è che qualcuno in squadra ci credesse e qualcun altro no. Nel tira e molla è finito il corridore, che al momento di dare l’annuncio si trovava sul Teide senza alcuna certezza di avere ancora una maglia per il 2024 (in apertura, foto VF Group-Bardiani). La sua unica certezza era ed è sempre stata quella di essere ancora un corridore.

Coppie per la salita. Per Pozzovivo è già scontro fra UAE e Visma

17.02.2024
5 min
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Il livello è sempre più stellare. Se pensiamo che un corridore come Adam Yates deve fare il gregario di Pogacar in salita, ogni cosa si spiega da sola! Proprio da questo spunto e vedendo il ciclomercato di questo inverno, vogliamo fare un’analisi delle migliori coppie per la salita.

Un’analisi nella quale ci conduce Domenico Pozzovivo. Il “Pozzo” è super tecnico e soprattutto è uno scalatore che con questi grandi campioni ci corre. Adam Yates e Tadej Pogacar dunque. Ma anche Sepp Kuss e Jonas Vingegaard. Mikel Landa e Remco Evenepoel…. chi sono i più forti?

Pozzovivo e Nibali a ruota. Il lucano e il siciliano hanno formato una formidabile coppia per la salita
Pozzovivo e Nibali a ruota. Il lucano e il siciliano hanno formato una formidabile coppia per la salita
Domenico, partiamo da queste tre coppie…

Sono tutte molto forti, specie le prime due. Difficile stabilire quale sia la migliore, perché comunque presentano delle differenze.

Analizziamole queste differenze. Partiamo da Kuss e Vingegaard?

E’ la coppia migliore per le salite lunghe. La loro squadra, la Visma-Lease a Bike, è ben attrezzata per i tapponi. E loro due in particolare si esaltano su questo tipo di scalate e quando ci sono dislivelli estremi. Sono molto adatti alle pendenze più arcigne. Vediamo tutti la facilità di passo che ha Kuss in salita, come si muove in gruppo. Dal suo lavoro partono le azioni top di Vingegaard. Li vedo molto a loro agio.

Adam Yates e Pogacar…

Gli UAE Emirates in quanto a brillantezza sono la coppia killer. Forse sono anche i più completi, perché anche se sulle salite lunghissime pagano qualcosa rispetto ai Visma, sono più forti su quelle brevi. Sono entrambi due corridori più esplosivi.

Ci sono poi Remco e Landa. Come ti sembrano?

Loro costituiscono la coppia più imprevedibile. Nella giornata secca, se sta bene, Remco è il più forte di tutti. Ma entrambi non danno totale affidamento nelle tre settimane. Ogni tanto hanno degli alti e bassi, si somigliano parecchio in tal senso. Però Landa ha esperienza e potrebbero completarsi alla Soudal-Quick Step.

Algarve 2024: prime prove per Landa e Remco. A sua volta lo spagnolo è protetto da Knoxx prima di entrare in azione
Algarve 2024: prime prove per Landa e Remco. A sua volta lo spagnolo è protetto da Knoxx prima di entrare in azione
L’ultimo uomo in salita incide come l’apripista del velocista?

Conta, eccome. E’ un riferimento per il capitano e deve capire cosa vuole il suo leader. Non tutti infatti amano stare in seconda o terza posizione, altri preferiscono avere un approccio più conservativo alla salita. L’ultimo uomo per la salita deve destreggiarsi diversamente. Sono meccanismi diversi sul passo e sul proporre l’azione.

Cioè?

Ci sono leader che prima dell’attacco preferiscono gli venga impostato un passo molto forte nei 2′-3′ prima dell’affondo. E chi invece preferisce un ritmo meno intenso per poter fare un’azione più brusca. A questi meccanismi ci si abitua stando parecchio dentro la squadra, con le corse. E potrebbe essere lo svantaggio di Remco e Landa.

A tal proposito c’è anche un’altra coppia che può fare molto bene ed è quella della Bora-Hansgrohe: Alex Vlasov e Primoz Roglic. Cosa pensi di loro?

Vlasov e Roglic sono le tipiche persone che a prima vista non sono loquaci, ma quando prendono fiducia e si aprono sono invece espansive. Tecnicamente, sono la coppia che corre di rimessa, pronta a sfruttare i punti deboli degli altri. Questo soprattutto per le caratteristiche di Roglic. Primoz ama stare coperto e quasi mai è il primo a muoversi. Lui, e in questo mi ricorda molto Purito Rodriguez, sa di avere un ottimo finale. Quindi calibra il suo attacco violento in base alle energie e alla distanza. Anche io spesso ragionavo in questo modo. Nel 2012-2013 sapevo che avevo quell’autonomia, quel minutaggio per l’attacco e mi regolavo di conseguenza. Spesso vediamo Roglic attaccare negli ultimi 1.500 metri.

Veniamo in Italia: Damiano Caruso e Antonio Tiberi…

Anche tecnicamente i due della Bahrain-Victorious sono corridori simili nella capacità di esprimersi in salita. Sono due regolaristi. Vanno bene sulle scalate lunghe. Si adattano bene l’uno all’altro sotto questo punto di vista. Certo, in questa coppia c’è un grande dislivello di esperienza. C’è un maggiore flusso d’informazioni da Caruso a Tiberi. Intendo che più che in altre coppie il pallino della situazione sarà molto più spesso in mano a Damiano, anche sul posizionamento in gruppo.

Il metodo Sky: ritmi folli. Il leader attaccava alcuni minuti dopo che rano rimasti in 5-6 corridori al massimo
Il metodo Sky: ritmi folli. Il leader attaccava alcuni minuti dopo che rano rimasti in 5-6 corridori al massimo
Altre coppie di vertice? Alla Ineos-Greandiers Thomas non ha più un uomo così fidato. Ciccone e Geoghegan Hart non dovrebbero correre spesso insieme…

Io trovo interessante un’altra coppia italiana: Piganzoli e Fabbro della Polti-Kometa. Loro però hanno un focus diverso: le tappe e non la generale e l’approccio cambia parecchio. Non devono stressarsi sempre. Non devono prendersi dei rischi inutili limando anche nei finali in pianura. Possono stare lontani dalle mega cadute. Possono mollare. Credo che difficilmente li vedremo lavorare insieme, ma sono paralleli: un giorno può andare in fuga uno e un giorno l’altro. Questo può essere il loro vantaggio.

Possono risparmiare energie?

Esatto. Nel ciclismo moderno si è visto come a certi livelli si aspetta un po’ prima di mollare del tutto. Oggi l’ultimo uomo per la salita è un po’ una seconda punta. La prova l’abbiamo avuta all’ultimo Tour proprio con Yates e Pogacar. Tadej non ha vinto, ma in UAE sono riusciti a piazzare un secondo atleta sul podio. In questo caso l’uomo per la salita esce da certe dinamiche di squadra. Magari in pianura non deve coprire o badare al capitano e sprecare energie, ma può salvarsi per conto suo. Restare coperto.

Nel ruolo di ultimo uomo per la salita, la scuola Ineos ha segnato un punto: ritmi estenuanti prima dell’attacco. Anche voi capivate quando stavano per attaccare?

Quello sicuramente è il modo più “facile” per preparare un attacco, ma non era il solo. Per esempio, quando lavoravo per Nibali, lui voleva un ritmo forte ma non impossibile. Preferiva fare lui una differenza netta di passo. Quel metodo che dite voi è la scuola Ineos o Sky e l’emblema era Froome. Era il più forte e partiva quando ormai il gruppo era ridotto a 5-6 unità. Era uno scatto telefonato, ma non ci potevi fare nulla. Erano i più forti.

Preparazione: per Pozzovivo l’unico vero dogma è adattarsi

06.12.2023
5 min
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Qualche giorno fa coach Leonardo Piepoli è intervenuto su Davide Formolo. Si parlava di cambiamenti nella preparazione, di approcci differenti da avere… ma siamo sicuri che un corridore riesca a cambiare tanto facilmente, specie se over 30? Spesso insistere sui determinati concetti, se non addirittura gli stessi allenamenti veri e propri, era un dogma imprescindibile.

In tanti facevano fatica a cambiare. Il concetto era ed è: “Quell’allenamento è andato bene, lo faccio di nuovo”. In realtà non è proprio così. E non lo è per una lunga serie di motivi: età, stimoli fisici in senso stretto, cambio di ruolo in squadra…

Domenico Pozzovivo, per esempio, il pro’ in attività più esperto con i suoi 41 anni, ha vissuto ormai diverse epoche del ciclismo e si è sempre adattato. Magari, visto da fuori, il corridore ancora in forza alla Israel-Premier Tech può sembrare uno dei più abitudinari: i ritiri sullo Stelvio o sull’Etna, gli allenamenti costanti anche quando il meteo non è buono… «Quando hai poca grinta, vai con Pozzo», parola di Alberto Bettiol, suo vicino di casa a Lugano, tanto per dirne una. Per Domenico ieri mattina un’ora di nuoto e poco dopo un’uscita in mtb nelle zone del suo Pollino.

Pozzovivo, che sta prendendo la seconda laurea proprio in Scienze Motorie, ci ha spiegato che cambiare è quasi un imperativo, specie nel ciclismo di oggi. L’approccio alle uscite in bici, ma anche all’alimentazione, al riposo, all’integrazione… è totalmente diverso che in passato.

Domenico Pozzovivo (classe 1982) in compagnia di alcuni amici in mtb
Domenico Pozzovivo (classe 1982) in compagnia di alcuni amici in mtb
Domenico, partiamo dal concetto che emerge dalle parole di Piepoli: si riesce a cambiare i propri allenamenti dopo tanti anni da professionista?

Questo concetto del non cambiare è proprio contrario ai principi basilari dell’allenamento. Una seduta, una preparazione, per essere stimolante deve essere differente. Deve variare, altrimenti non produce più stimoli. Bisogna cambiare, altrimenti si ha una sorta di assuefazione.

Assuefazione, il corpo riconosce certi stimoli e certi limiti. E lì resta, insomma…

Esatto, si ha un’assuefazione che non è solo fisica, ma anche mentale. Non arrivi più al limite. Non ci riesci perché vivi l’allenamento come una routine e non come una sfida. E a mio avviso questo aspetto di sfida non dovrebbe mai mancare neanche nell’allenamento.

Nella tua tua nuova avventura universitaria si parla espressamente anche di questi concetti?

Più che altro sono concetti a cui arrivi dopo che li hai messi in pratica, ma a livello accademico non si parla di questi aspetti mentali, specialmente legati al ciclismo di altissimo livello. Si parla di quelli fisici chiaramente, dei principi base sugli stimoli.

Pozzovivo è passato nel 2005: anni, soprattutto in questo periodo, dai ritmi più blandi. Eccolo nel 2012 con Modolo provando i materiali per la crono
Pozzovivo è passato nel 2005. Eccolo durante un ritiro del 2012 con Modolo provare i materiali per la crono
Quindi è facile o no modificare le proprie abitudini?

La verità è che alla fine tutti fanno fatica a modificare loro abitudini, ma bisogna imporselo. Devi. Io per esempio faccio più difficoltà ad affrontare i lavori brevi e intensi come i 30” o un minuto a tutta. E faccio fatica sia fisicamente che mentalmente. Ogni anno quando devo iniziarli, devo quasi fare una sorta di training autogeno: «Dai, da oggi li devi fare!», mi dico. E devi avere la capacità di toccare i tuoi limiti in quei lavori. Tanto più che sono uno scalatore e una volta, non era così. Non ci ero abituato.

Cosa è cambiato di più in tanti anni dunque? In cosa ti sei dovuto adattare?

Una volta, e non parlo di 15 anni fa ma molti meno, non facevi quei lavori così brevi, almeno se eri uno scalatore. Però io credo che devi stare al passo coi tempi. Essere chiusi mentalmente non va bene, ogni certezza la devi rimettere in discussione e non parlo solo di allenamenti, ma anche di integrazione, alimentazione.. Insomma per me i dogmi non esistono. Oggi ancora di più. Una volta i cambiamenti importanti avvenivano ogni cinque anni, adesso ogni 2-3 anni tutto è rivoluzionato.

Facciamo un esempio pratico: le SFR per esempio. Come le fai adesso e come le facevi prima?

Forse questo è l’aspetto che meno è cambiato, specie per me. Io non faccio delle SFR vere e proprie, ma faccio una parte a potenza costante e una parte con cadenze alte. Un alternarsi di forza e trasformazione, di “in e out”… Quindi questo non è variato, quello che semmai è cambiato è l’approccio alla forza. Una volta uno scalatore non faceva la forza massima, adesso sì. E lo stesso l’approccio alla soglia, quello sì che è cambiato parecchio.

L’approccio alla forza (e non solo) è cambiato anche per gli scalatori. Magari se ne fa meno in bici, ma più a secco, almeno in certi periodi dell’anno
L’approccio alla forza (e non solo) è cambiato anche per gli scalatori. Magari se ne fa meno in bici, ma più a secco, almeno in certi periodi dell’anno
E come ti sei adattato?

Prima si faceva poca soglia, proprio in termini di volumi, e sempre molto “flat”, lineare. Adesso, numeri alla mano, se ne fa almeno il triplo e con delle variazioni d’intensità del fuorisoglia stesso.

Però i chilometri sono scesi?

Un po’ sì: aumenta la qualità e un po’ si riduce la quantità. Ma sono calati anche perché ad esclusione delle grandi classiche, le tappe sono più corte e anche nei grandi Giri non ci sono più i tapponi di un tempo. Io ormai le sei ore, sei ore e mezzo, le faccio giusto prima di un Lombardia o di una Liegi.

Quindi nessun dogma, “obbligo” di cambiare anche contro le proprie voglie: così si adatta il pro’, giusto?

Continuo parlando della soglia. Una volta non ti sognavi di fare i lavori a soglia o fuorisoglia a dicembre. Oggi invece sono due aspetti caratterizzanti nell’inizio della preparazione: la base, che che forse è l’unico dogma esistente, e la soglia appunto. E questi due aspetti vanno di pari passo. Se ci si pensa sono i due estremi della preparazione: s’inizia facendoli insieme e poi si riempie quello che c’è nel mezzo. E’ quasi una manipolazione matematica della curva della preparazione.