Van Aert, assolo travolgente e la Val di Sole si inchina

12.12.2021
6 min
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Sfreccia nella neve all’inizio dell’ultimo giro con una velocità pazzesca. Ci passa davanti facendo un piccolo salto e all’atterraggio l’impatto con il percorso ghiacciato ha un suono sordo e compatto. Van Aert ha fatto anche oggi la sua corsa, guidando da grande pilota lungo le canalette e le trappole del percorso di Vermiglio.

Si è concesso il tempo per trovare il giusto assetto e poi ha preso il largo, nonostante il tentativo di Vanthourenhout di non farsi staccare. Mentre il grande belga addenta l’ultima neve di questo suo weekend pazzesco, iniziato ieri con la vittoria di Essen e proseguito in Val di Sole, pensiamo a una frase detta ieri dal cittì Pontoni. «Su questo percorso non servirà tanto la potenza – ha detto ieri il tecnico azzurroquanto la capacità di guidare la bici». Il ragionamento poteva essere anche condivisibile, ma si è infranto contro la capacità del grande belga di guidare benissimo esprimendo tutta la sua potenza.

Van Aert ha tagliato il traguardo con 49 secondi su Vanthourenhout (foto Di Donato)
Van Aert ha tagliato il traguardo con 49 secondi su Vantourenhout (foto Di Donato)

Val di Sole, 10 e lode

C’erano curiosità e qualche dubbio su questa gara nella neve. Il fondo avrebbe retto? Sarebbe stato un evento sostenibile oppure qualcosa di folkloristico? Nessun dubbio sulla capacità della Val di Sole di tenere l’evento, vista la consuetudine con le grandi prove della mountain bike, ma d’inverno?

«Siamo felicissimi – dice ai piedi del podio Fabio Sacco, presidente di Visit Val di Sole – perché questa sperimentazione è riuscita. Abbiamo creato un filo rosso con la Mtb, lasciando intravedere qualche possibilità di aprire al gravel. Abbiamo portato il ciclismo nella stagione invernale. C’erano la curiosità e il giusto rispetto verso qualcosa di nuovo, ma tutto ha funzionato bene. La macchina organizzativa di Val di Sole ha dimostrato di conoscere il mondo degli eventi e abbiamo affrontato tutto al meglio».

Sul podio il belga ha preceduto Vanthourenhout e Pidcock, arrivato a 1’28” (foto Di Donato)
Sul podio il belga ha preceduto Vanthourenhout e Pidcock, arrivato a 1’28” (foto Di Donato)

Più abilità che forza

Se te lo trovi davanti a non più di mezzo metro, capisci che niente è per caso. Wout Van Aert, come altri grandi belgi prima di lui (vengono in mente Tom Boonen e Johan Museeuw) è una statua. E quando un fisico così riesce a trovare il feeling con la bicicletta, puoi mettergli davanti qualsiasi percorso e lui lo piegherà al suo volere. Negli ultimi 12 mesi, il campione della Jumbo Visma ha vinto nel cross, a cronometro, sulle salite e anche in volata.

«Penso che oggi si è fatta un po’ la storia del ciclocross – dice – è stato bello correre in questo scenario ed era mia ambizione essere alla partenza. Penso che tutti sappiano che mi piace correre in Italia, mi piacciono i tifosi e il loro entusiasmo. Per questo è stato bello fare show e festeggiare con loro. Oggi è stato più un fatto di abilità che di forza. Dovevi restare sulla bicicletta il più possibile e non era affatto scontato. C’era l’obiettivo di non fare troppi errori. Il percorso cambiava a ogni giro, alla fine della corsa era più freddo e il fondo ghiacciato».

Pidcock ha sofferto il freddo, ma sta crescendo a vista d’occhio
Pidcock ha sofferto il freddo, ma sta crescendo a vista d’occhio

Difficile andare forte

Di freddo e ghiaccio parla Pidcock, che ieri era parso disinteressato e poco entusiasta, invece oggi ha lottato con denti e unghie.

«Sono morto di freddo – dice il campione olimpico della Mtb – facendo qualcosa di diverso rispetto a quel che si fa abitualmente nel cross. E’ stato un esperimento ben riuscito. E’ stato bello, molto tecnico. Per me è stato difficile andare a tutta, perché c’era da gestire l’equilibrio. Probabilmente con questo clima preferisco sciare, ma è stato bello da vedere e io sicuramente mi sono divertito».

Allargare la base

Si è fatto per tutto il weekend un gran parlare delle Olimpiadi invernali come possibile approdo per il ciclocross. Il discorso regge. Il cross è uno sport invernale e da oggi sappiamo che si può correre anche nella neve. Ma il problema non è tecnico, ricordando quando uno dei capisaldi del ciclismo olimpico come la 100 Chilometri fu cancellata dal programma perché poche Nazioni potevano essere rappresentate.

Con il quarto posto, Iserbyt ha mantenuto la testa della Coppa del mondo
Con il quarto posto, Iserbyt ha mantenuto la testa della Coppa del mondo

«Penso sia possibile arrivare alle Olimpiadi con il ciclocross – dice Van Aert – quando lo sport è ai massimi livelli quello è il suo approdo. Ma per ora la base è stretta, servirebbe una piattaforma più ampia. Quando ero un ragazzino non c’erano prove di Coppa del mondo fuori da Belgio e Olanda, ora siamo in Italia e prima siamo andati in America, stiamo migliorando. Possiamo essere un evento invernale, ma dobbiamo avere numeri migliori. Magari i ragazzi italiani che oggi ci hanno guardato, si sono appassionati e saranno i campioni di domani».

Cross, un fatto di cuore

La lucidità fa il pari con le sue doti atletiche. E allora, per riallacciare il filo con le sue parole dopo la vittoria di Boom, gli chiediamo che rapporto abbia avuto infine con la neve

«Nella seconda parte di gara – dice – è stato davvero insidioso. Bastava cadere o avere un problema con la bici e tutto poteva cambiare. Il mio vantaggio era rassicurante, ma potevo perdere tutto facendo la cosa sbagliata. E’ stato eccitante fare l’ultimo giro da solo, ho avuto anche tempo di pensare che sarebbe facile rilassarsi un po’ d’inverno e allenarsi per la stagione su strada. Ma il cross mi piace. E’ una buona preparazione, ma soprattutto un fatto di cuore».

Sul podio, brindisi belga tra Vantourenhout e Van Aert
Sul podio, brindisi belga tra Vantourenhout e Van Aert

Addio tempo libero

Wout non ci sarà nel prossimo fine settimane nei round di Coppa a Rucphen in Olanda e a Namur, in Belgio La Jumbo Visma lo vuole nel ritiro spagnolo per preparare la stagione su strada e lui non se l’è sentita di contraddirli. Tornerà nel cross a Dendermonde, il 26 dicembre, dove ritroverà anche… l’amico Van der Poel. Per ora se la cava con una battuta.

«Mi piacerebbe avere il tempo di andare sulla neve per sciare – sorride – ma non ne ho praticamente più. L’ultima volta ho sciato due anni fa in marzo, dopo una super stagione di cross. Poi ho avuto la brillante idea di mettermi a correre anche su strada e a questo punto avrei tempo per sciare solo dopo la Roubaix. Ma finisce sempre tardi e la neve a quel punto è tutta sciolta».

Van Empel vola, la Vos si suicida. Super show fra le donne

12.12.2021
5 min
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Un palo di legno, il braccio e l’ultima curva. Tutto finito, come la caduta di Nibali a Rio o il rigore di Baggio nel 1994. Il pathos della prova femminile a Vermiglio è un crescendo rossiniano. Van Empel è stata in testa dall’inizio, disegnando le sue linee. Alle sue spalle sembravano tutte piantate nella neve. Anche Marianne Vos che per un piccolo inconveniente sembrava aver perso posizioni e speranze. Poi la svolta. Le ragazze davanti continuavano a darci dentro, ma alle loro spalle l’olandese della Jumbo Visma ha iniziato a guadagnare un secondo dietro l’altro. La sua è stata una danza potente e inesorabile che dopo l’ultima salita l’ha scaraventata nella scia di Van Empel.

Il sole è tornato sulle vette, quaggiù l’ombra è di nuovo padrona. E mentre i maschi scaldano i muscoli per la loro partenza, alle spalle del podio sfilano le ragazze. Prima Van Empel, seconda Vos, terza Rochette. E quarta, ad appena 12 secondi dal podio, Eva Lechner. Peccato!

Marianne Vos è stata protagonista di una super rimonta e di un finale incauto
Marianne Vos è stata protagonista di una super rimonta e di un finale incauto

Sempre in testa

Un palo di legno, il braccio e l’ultima curva. Marianne Vos piomba sulla connazionale come un’aquila. La aggancia e quando mancano due curve alla fine, pensa di aver trovato il varco per passarla. I campioni amano anche il gesto ad effetto. La Vos potrebbe benissimo restarle a ruota e aspettare la volata, dove ne farebbe un sol boccone. Ma l’arrivo solitario la tenta e così si infila all’interno della curva. C’è quel dannato palo, il braccio lo aggancia e Marianne cade. Van Empel è incredula, l’aspetta come si fa con un mito caduto al tappeto. Ma quando Vos riparte, Van Empel accelera secca e si presenta sul traguardo con il vantaggio che basta per roteare il pugno e celebrare il successo.

Nel tratto di salita era obbligatorio salire a piedi, la neve era già… rotta
Nel tratto di salita era obbligatorio salire a piedi, la neve era già… rotta

«Ieri ho trovato il percorso difficile – dice la vincitrice, anche lei olandese, 19 anni – invece stamattina ho subito trovato il feeling giusto e sono entrata in gara molto rilassata. Dall’inizio alla fine in prima posizione, la cosa migliore. Ogni settimana quest’anno è andata meglio. L’obiettivo era conquistare un podio, non vincere, ma ho vinto la prima prova sulla neve ed è bellissimo. La neve è molto fredda, non è la mia temperatura ideale. Marianne è arrivata sotto. Io avevo ancora energie per lo sprint, ma lei è caduta nell’ultima curva. Era difficile passare.

«Non era nei piani restare sola in testa, solo volevo avere il mio passo. E’ stato difficile su questo terreno scegliere la traiettoria. E’ stato molto diverso dal correre sulla sabbia. La neve è bianca e non vedi le linee. E’ difficile tenere la tua e vedere se finisci in un’altra. Sulla sabbia, riesci a vedere dove passi».

Disappunto Vos

Marianne Vos è la solita signora, modello di stile e sportività. E se ai mondiali di Leuven poteva avere motivo di avercela con le connazionali, stavolta si rende conto di aver fatto tutto da sola e non fa polemiche.

«Non sapevo cosa aspettarmi – dice – come tutti. Avevo già corso nella neve, ma non così. Mi sono mancati due giri, ma nella seconda parte della corsa ho ritrovato il ritmo, pur non pensando che avrei potuto lottare per la vittoria. Sono stata goffa. Ero tutto o niente, ho chiuso la linea. Per un istante ero convinta di esserci riuscita, poi ho preso il palo. Succede. Ero un po’ contrariata, ma sapevo che non avrei potuto vincere per come si era messa. Hai una linea e appena pensi di averla trovata e un secondo dopo la bici va dovunque. E’ necessario essere concentrati e stare calmi».

Bandiera Lechner

E poi c’è la prima italiana, Eva Lechner, cui un po’ la neve e un po’ l’aria di casa hanno dato forza e coraggio. Lei poi ha grande manico e nella neve ha saputo muoversi alla grande e ancora una volta è stata la bandiera italiana.

Eva Lechner ha chiuso al quarto posto, ad appena 12 secondi dal podio
Eva Lechner ha chiuso al quarto posto, ad appena 12 secondi dal podio

«Mi sono sentita molto bene – dice – ho sbagliato un po’ all’inizio quando ho perso la scia delle prime, poi mi sono ripresa. Il tifo italiano, soprattutto nel punto più in alto è stato spettacolare. Solo in Italia ci sono tifosi così. Sono un po’ dispiaciuta per il podio, che ci voleva proprio. Sono andata veramente vicina, ma sono contenta di aver fatto un posto nei primi cinque. Mi sono divertita con questa neve. E’ un punto di forza mia saper guidare. Sono contenta che la prima prova sulla neve si sia svolta in Italia. La cosa che oggi era difficile erano le traiettorie un po’ ghiacciate. Bisognava avere la sensibilità di tenere la bici e la calma. Se si sbagliava, ti innervosivi e perdevi il controllo. Serviva tenere l’equilibrio, stare in piedi o in bici…».

Vermiglio, fra poco si corre: i segreti di gomme e rapporti

12.12.2021
7 min
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La giornata di ieri ha visto i campioni del ciclocross provare e testare il circuito di Vermiglio, Coppa del mondo cx. Pidcock e la Vos, Iserbyt ed i nostri azzurri, Eva Lechner a guidare il folto plotoncino delle nostre atlete, tutti sulla neve alla ricerca del setting ottimale della bici.

Van Aert ha corso e vinto in Belgio, ma sarà della partita. Abbiamo rubato qualche immagine che stimola la curiosità degli appassionati e non solo. E poi il meccanico della FAS-Valcar&Service ci ha detto quali potrebbero essere le scelte degli atleti.

Un bel dettaglio della Pinarello di Pidcock, la svasatura dell’orizzontale che agevola la presa in spalla
Sulla Pinarello di Pidcock, la svasatura dell’orizzontale agevola la presa in spalla

Le soluzioni di Pidcock

Tre le Pinarello Crossista per Pidcock, tutte con differenti soluzioni, a partire dalla trasmissione, fino ad arrivare alle gomme. Due biciclette sono pronte con il doppio plateau anteriore, la combinazione è 46-39 (il pacco pignoni 11-30). Mentre la trasmissione è la Shimano Dura Ace Di2 11v. Una bicicletta invece è pronta con la monocorona da 44 denti (la corona è unbranding).

Una delle bici è gommata con i tubolari Challenge Limus Seta, specifiche per il fango, mentre una seconda è pronta con i tubolari Dune, sempre di casa Challenge e spesso utilizzati sui terreni sabbiosi ed inconsistenti. La terza bici invece, è settata con un tubolare “multipuntinato”, tanto veloce e scorrevole, un Team Edition di Challenge, ma senza riferimenti specifici in fatto di nome e misura.

Nel corso delle prove ufficiali, dalle 14 alle 16, il campione britannico ha provato i diversi setting, combinando anche le gomme più veloci a quelle maggiormente tassellate, tra anteriore e retrotreno. La scelta definitiva dovrebbe ricadere sui tubolari Challenge Grifo da 33. Tutte le bici sono equipaggiate con le ruote Shimano Dura Ace full carbon dal profilo medio. L’area tecnica del Team Ineos Grenadiers è condivisa con i corridori della compagine Trinity che in dotazione hanno le biciclette Specialized.

Due bici per Iserbyt

Il cockpit della Ridley X-Night è firmato Deda Superzero, con uno stem da 70 o 80 millimetri. Curiosa la scelta della sella, una Specialized S-Works Mimic. Interessante come soluzione, se pensiamo che questa sella corta è originariamente sviluppata per le donne.

Iserbyt utilizza delle ruote DT Swiss dal profilo medio, per tubolari e nella versione CRC. I tubolari sono Dugast: abbiamo notato due versioni, una veloce e una da fango. Quello veloce ha la banda del battistrada con il contrassegno 11Storm, sviluppata da Hutchinson (dettaglio curioso). Il belga ha compiuto diversi giri proprio con questi ultimi, senza fermarsi ai box e utilizzando una pressione compresa tra 1,1 e 1,2 bar. Doppia corona anteriore anche per lui, 46-39.

Vos, spettacolo da vedere

Marianne Vos guida come un uomo (di quelli bravi) e spinge forte sulla neve, senza mai dare l’impressione di subire le condizioni del terreno. La sua Cervélo R5 tutta nuova ha il doppio rapporto anteriore 44-36 e undici velocità posteriori (11/30). Tre le gommature pronte per lei, tubolari e firmati Dugast. Una per il fango con la sezione da 32, una veloce da 33 e una sorta di “multipuntinato” da 30. La Vos ha girato provando anche la pressione di 1 bar. E poi c’é quella gomma da 30 del belga Vandenbossche!

Le Challenge della Teocchi per la gara di Vermiglio
Le Challenge della Teocchi per la gara di Vermiglio

E l’Italia cosa fa?

Molto interessanti i tubolari di Chiara Teocchi, montati sulle Zipp. Challenge Team Edition anche in questo caso, ma con tasselli bassi e piramidali al centro, più pronunciati e spaziati ai lati. Jakob Dorigoni ha provato subito con le Challenge Grifo (veloci), per fare un secondo test con le Limus Team Edition rosse. In entrambi i casi la pressione di esercizio compresa tra l’1,1 e 1,25 bar.

Parla il meccanico

Geert Rombauts, storico meccanico del circus e agli inizi alla Telekom con Jan Ullrich, dopo tante stagioni nel WorldTour dà supporto alle ragazze del FAS-Valcar Travel&Service. A Vermiglio c’è anche lui.

Geert Rombauts, dopo anni tra i professionisti, ora è nel circus del ciclocross
Geert Rombauts, ora nel circus del ciclocross

«Molti atleti hanno già deciso e opteranno per le gomme veloci – spiega – ma con una tassellatura in grado di offrire trazione e grip in curva. La scelta delle pressioni dipenderà molto dal peso del ciclista e anche dallo stile di guida. Ci sarà qualcuno che sceglierà all’ultimo, dopo aver provato ancora una volta a ridosso dell’orario di partenza. Dobbiamo considerare che le condizioni della neve potrebbero essere diverse da quelle di oggi, anche in base alla temperatura.

«Le donne staranno intorno ad 1 bar di pressione, 0,9, comunque non credo si superi 1,1. Gli uomini potranno arrivare anche a 1,2. Qualche belga ha provato 1,3, ma poi ha mollato un poco, subito dopo il primo giro. Inoltre sarà importante tenere la catena ben lubrificata, un buon trucco per evitare che la neve si depositi».

Uno stadio ghiacciato: prova finita, sentiamo gli atleti

11.12.2021
7 min
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L’unico che per due volte è arrivato in cima senza scendere di bici è stato Iserbyt e per questo s’è beccato la salva di applausi dai tifosi sulla salita di Vermiglio. Un freddo cane. Il sole è rimasto sul paese per un’ora appena, Fruet aveva ragione. E comunque s’è fermato dall’altro lato della valle, tanto che i belgi hanno scherzato parecchio sul nome Val di Sole. Come dargli torto? Farsi scaldare le spalle, sia pure per pochi minuti, è stato piacevole, poi ci siamo arrampicati anche noi quassù per vederli passare. Questo è il racconto di quasi un’ora all’ombra e nella neve durante la prova, nel tratto che verosimilmente farà la differenza nelle due gare di domani.

Il sorriso della Vos

Marianne Vos non s’è mai fermata. L’olandese è stata la prima arrivare e l’ultima ad andarsene. Solo Pidcock è rimasto fino all’imbrunire, ma è partito parecchio dopo, rintanato nel maxi camion della Ineos Grenadiers, sbarcata in Val di Sole con strutture da Tour de France.

La grande campionessa olandese della Jumbo Visma prima ha provato a salire pedalando sulla sua nuova Cervélo, ma al secondo tentativo se ne è fatta una ragione e ha cominciato a inanellare giri con la bici in spalla. Il primo camminando, altri due correndo. Quella ragazza, pensiamo osservandola, è portatrice sana di grazia e grinta. Infatti ha trovato il modo di rispondere al saluto con un sorriso, poi lo sguardo è tornato fisso davanti. E quando il passaggio in cima non le è piaciuto, ha scavalcato la recinzione, è tornata indietro e ha ripetuto il passaggio.

Marianne Vos è stata una delle prima a uscire sul percorso
Marianne Vos è stata una delle prima a uscire sul percorso

Pidcock l’acrobata

Pidcock passa una prima volta camminando piano e guardandosi intorno, come quando sei in montagna e gestisci il tempo fra un passo e il successivo. Con lui c’è un corridore della Trinity, la squadra in cui Tom ha corso fino allo scorso anno. Arrivato in cima, si mette a osservare la compressione successiva allo scollinamento.

«Guarda quel pezzo là in fondo – dice al compagno di scalata – si vede un po’ di terra perché c’è tanta contropendenza. Bisogna stare attenti».

Il tempo di dirlo e si lancia nel mangia e bevi, con il piede a monte sganciato per tenere l’equilibrio e le mani nella parte sopra. Poi arriva alla curva che immette nella discesa. Afferra con la mano il palo di legno che delimita il percorso e ci fa il pendolo intorno, lanciandosi nella picchiata. L’altro in maglia Trinity lo segue e in quel passaggio di contropendenza, scivola e cade. Pidcock però non lo vede perché è già in fondo alla discesa. Al passaggio successivo sarà solo, masticando una barretta.

«Un’esperienza interessante – dirà poi il britannico – il tracciato è pieno di insidie. Quando il sole scende inizia a essere freddo, la neve cambia a ogni giro. Dalle foto sembrava un percorso piatto, invece l’ho trovato duro e tecnico. La prova è sempre diversa, sarà interessante affrontarlo in gara. E’ importante essere qui e sarà importante vedere come finisce. La neve è un’esperienza da fare, sentiremo i corridori, ma la chance olimpica merita che si provi».

Chiara Teocchi è parsa molto entusiasta del fondo innevato
Chiara Teocchi è parsa molto entusiasta del fondo innevato

Entusiasmo Teocchi

La temperatura alle 15 inizia a scendere in modo fastidioso, mentre si susseguono i passaggi su questo calvario gelato. I corridori usano scarpe basse e copriscarpe che non coprono anche la suola. Solo che all’affondare del piede nella neve, la punta si solleva e camminano con scarpe che fanno un po’ sorridere perché ricordano quelle rotte dei film di Charlot.

Decidiamo di concedere un po’ di riposo a Chiara Teocchi. Basta una battuta, infatti, e la bergamasca si ferma con un sorriso e il fiatone.

«E’ bellissimo – dice – è davvero molto bello. Sembra di essere sulla sabbia, ma non quella del Belgio che ti impianti. Una sabbia diversa, non so come spiegare. Serve una guida dinamica, non puoi mai rilassarti, devi assecondare la bici».

Poi riparte. Gli atleti non hanno giacche e cappucci, le loro tenute li difendono dal gelo, ma fermarsi è un grosso rischio.

Pericolo ghiaccio

Aspettano tutti Van Aert, salvo realizzare che il grande belga è ancora in patria a correre sulla sabbia. Fatto di ingaggi o cos’altro, Wout arriverà domattina in tempo per provare la neve. In compenso gli altri girano ed è palpabile che con il passare delle ore le condizioni della neve cambiano. Si indurisce, tanto che qualcun altro prova a salire in bici e quasi ci riesce.

«Se gela – dice Silvia Persico – le canaline diventano pericolose e si rischia di cadere. Non è il posto migliore per andare in bici, ma se non altro è così per tutti».

Lorenzo Masciarelli al primo anno da U23: a Vermiglio c’è anche lui. Ha vissuto la prova con impegno
Lorenzo Masciarelli al primo anno da U23: nella prova di Vermiglio c’è anche lui

Le fa eco Lorenzo Masciarelli, al primo anno da under 23. Dice che nel primo giro si riusciva a farlo quasi tutto in bici, ma è bastato che sulle scarpate siano iniziati i passaggi a piedi per rompere la neve e costringere tutti a scendere. Dice che se ghiaccia come sta accadendo verso la fine della prova, diventerà pericoloso.

Pontoni in paradiso

Fra gli ultimi ad andarsene c’è il cittì Pontoni, in compagnia di Mirko Celestino, e si è divertito come un ragazzino, avendo girato per tutto il tempo con le atlete della nazionale.

«Perché hanno un ritmo che posso ancora permettermi – scherza – ho tolto un po’ di ruggine, perché non andavo da anni sulla neve. Ho sentito ragazzi molto motivati e sono fiducioso per i nostri atleti azzurri. Su un percorso come questo, la forza conta fino a un certo punto, tanto conta lasciar andare la bici e saperla guidare. E noi abbiamo gente che sa guidare molto bene in entrambe le categorie».

«Non sarà un esperimento esotico – saluta il cittì della nazionale – ma una gara tecnicamente sostenibile. Il contesto olimpico fa sì che sia molto seguita dalla gente. Magari parlo così perché sono di parte, ma io oggi là dentro ero come un bambino. Anzi ho dovuto frenarmi, perché ho un ruolo e non posso farmi male. Abbiamo fatto le scelte tecniche e saranno a metà fra l’esigenza di grip e quella di velocità. Ogni atleta si è affidato alla sua sensibilità. Siamo tutti qui e aspettiamo con trepidazione quello che succederà domani».

Vermiglio, la prova esclusiva del percorso

11.12.2021
4 min
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La Coppa del Mondo di Ciclocross torna in Italia, a Vermiglio e lo fa in grande stile, proponendo una prova invernale e in una località dove gli sport legati alla stagione fredda sono il core business. Il contesto è quello della Val di Sole, un “parco giochi” per la bicicletta. Ma è necessario andare oltre con l’euforia del momento e cerchiamo di immaginare uno scenario futuro, quando il ciclocross e la bicicletta potrebbero entrare a far parte del pacchetto delle Olimpiadi Invernali. Se ne parla già da qualche anno, ma forse, questa è la volta buona e la “buona riuscita” dell’evento potrebbe essere un vero e proprio detonatore.

Tutto il percorso è caratterizzato da un importante strato di neve, c’é solo un breve tratto in asfalto
Tutto il percorso è caratterizzato da un importante strato di neve, c’é solo un breve tratto in asfalto

Il percorso nella neve

Sì, abbiamo la responsabilità di provarlo in anteprima! E’ un toboga, poco più di 3 chilometri (3.050 metri dichiarati, per l’esattezza), che si snoda nella conca del Laghetti di Vermiglio. Tecnicamente possiamo sezionare il tracciato in due parti. La prima è quella dal lato della strada asfaltata, più tecnica e maggiormente pedalabile, dove potremmo immaginare un migliore grip delle gomme. Ci sono un paio di segmenti, brevi e ripidissimi che salgono al pari di un argine. Ci saranno atleti che riusciranno a stare sulla bici, se adeguatamente lanciata nei rettilinei. Si torna sull’asfalto, quasi come una liberazione e un momento di respiro, oppure per dare il colpo di grazia all’avversario in debito di ossigeno dopo le impegnative fasi di guida.

Un ponticello nei pressi dell’area tecnica, che potrebbe influenzare ulteriormente la formazione del ghiaccio sulle rampe di salita e discesa
Il ponticello nei pressi dell’area tecnica, con il passaggio del torrente, che potrebbe influenzare la formazione di ghiaccio sulle rampe

Doti di guida importanti

Non conterà essere forti e basta, perché anche le doti di guida faranno una grande differenza. Saper dove mettere la ruota e distribuire bene i carichi sulla bici sarà fondamentale. Il ritorno nella neve ed il passaggio dai box è la porta d’ingresso alla seconda sezione, quella che si snoda portando al bosco. Meno esigente in fatto di conduzione della bicicletta, ma la salita e la seguente discesa diventeranno una chiave di volta. Poche centinaia di metri, complicati e strappagambe: difficile farli in sella, così come la discesa, che diventerà un intreccio di canaline e traiettorie! Assisteremo alle classiche “sbacchettate” del manubrio e vedremo le bici quasi imbizzarrite. Come è facile immaginare, “saper correre a piedi con la bici in spalla” potrà dare un vantaggio notevole.

La neve farà la differenza

Dall’alto verso il basso. Il “catino” che è stato creato per ospitare la gara è visibile nella sua totalità da ogni direzione e con diverse angolazioni. E anche questo è un gran biglietto a visita.

A proposito di ticket, il costo è di 10 euro. La prova di Coppa del mondo di Vermiglio la ameremo oppure la odieremo, ma comunque la ricorderemo e se ne parlerà per parecchio tempo. Già da quando è stata menzionata ed etichettata come “the snow stage” (la prova della neve), ha iniziato ad offrire degli spunti interessanti e varie chiavi di lettura, pensando al futuro dello sport, alle sue estremizzazioni e quello che proprio la sport e la bici sono in grado di muovere.

Il punto centrale del “parco giochi del ciclocross” di Vermiglio
Il punto centrale del “parco giochi del ciclocross” di Vermiglio

Questione di rispetto

E poi… Mai dimenticare che il ciclocross è anche questione di carattere e rispetto! Il rispetto per una disciplina che in un’ora di gara racchiude tecnica e concentrazione, preparazione e cura del più piccolo dettaglio, visione d’insieme e anche il saper gestire le tante variabili che si modificano minuto dopo minuto. Anche questo è il ciclocross!

I copertoni Schwalbe: massime prestazioni per ogni cross

11.12.2021
3 min
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Siamo nel pieno della stagione del ciclocross, il grigio dell’asfalto ha lasciato ampio spazio al fango degli sterrati. Le condizioni dei tracciati sono le più disparate, dal secco all’umido e come sappiamo bene, non tutti i fondi sono uguali. Schwalbe offre una gamma di copertoni da ciclocross pronta a coprire tutte le esigenze e le condizioni meteo e di terreno.

X-One Speed

Sviluppato per terreni aridi e secchi dove la velocità di percorrenza fa la differenza. La parte centrale del battistrada ha dei tasselli bassi e tondi che permettono al copertone di scorrere facilmente sul terreno. Il supporto arriva dai blocchi laterali “Multi Rip” che garantiscono una presa eccezionale in curva.

Il gonfiaggio va dai 2,8 ai 4,8 bar. Sono disponibili al prezzo di 59,90 euro.

I copertoni Schwalbe X-One Speed offrono un ottimo grip anche nei trasferimenti su asfalto
I copertoni Schwalbe X-One Speed offrono un ottimo grip anche su asfalto

X-One Allround

Versione del copertone pensata per essere performante su tutti i terreni, da quelli più secchi a quelli più umidi e viscidi. I tasselli centrali sono leggermente più pronunciati per offrire maggiore grip in fase di spinta. Quelli laterali, invece, sono più numerosi per non far scivolare la bici in curva.

Anche questa versione ha i limiti di gonfiaggio tra le 2,8 e i 4,8 bar. Prezzo uguale alla versione X-One Speed, ovvero 59,90 euro.

Gli Schwalbe X-One Allround sono ideali per le gare di ciclocross grazie alle loro performance su tutti i terreni
Gli Schwalbe X-One Allround sono ideali per le gare di ciclocross grazie alle loro performance su tutti i terreni

X-One Bite

Il profilo è più aggressivo e racing, pronti a graffiare e mordere il fango anche nelle condizioni più difficili. Si prestano anche a sentieri più wild, come in mezzo ai boschi. I tasselli sono ugualmente pronunciati sia nella parte centrale che in quella laterale. A testimonianza della professionalità dei copertoni X-One Bite sono disponibili solamente nella versione “Tubeless Easy”.

Le sue massime prestazioni sono offerte montandolo sulla ruota anteriore in combinazione con il copertone X-One Allround o Speed sulla ruota posteriore. Pressione di gonfiaggio sempre tra le 2,8 e le 4,8 bar. Il prezzo è di 59,90 euro.

I copertoni studiati per eccellere nelle condizioni più difficili
I copertoni studiati per eccellere nelle condizioni più difficili

CX Pro

Versione adatta ai corridori professionisti e a chi cerca il massimo delle prestazioni (foto apertura). Il design è classico, con dei tasselli centrali a “v” per avere un grip perfetto in fase di spinta. Quelli laterali sono invece a goccia così da affondare meglio nel fango e permettere una velocità di percorrenza in curva maggiore.

I CX Pro sono da gonfiare tra i 4,0 e 6,5 bar. Il prezzo è di 25,90 euro.

Schwalbe

La neve, le Olimpiadi e i fiamminghi: una storia da raccontare

11.12.2021
5 min
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Chris ha la barba ispida e lo sguardo da alpino, essendo arrivato a Vermiglio da dieci giorni, durante i quali ha ideato il tracciato per la gara di domenica e non ha lasciato passare mattina senza verificare le condizioni della neve. Il fiammingo con la barba, al secolo Chris Mannaerts, è il cyclocross manager di Flanders Classics, la società belga che organizza la Coppa del mondo e le principali classiche fiamminghe su strada. I primi contatti con i trentini li ebbe tuttavia Thomas Van der Spiegel, l’amministratore delegato di Flanders Classics, che parla italiano perché era un giocatore professionista di basket e ha giocato a Bologna e anche a Roma.

«I sondaggi – racconta Chris – iniziarono ad agosto di due anni fa con le prime mail per chiedere se ci fosse interesse per una prova di ciclocross sulla neve. Abbiamo il piano di portare il cross nel programma delle Olimpiadi invernali, quindi dobbiamo dimostrare di saper organizzare sulla neve. Ci dissero che avremmo avuto il 60 per cento di possibilità di trovare neve e ci bastava. La parte difficile è stata e sarà fino al momento della gara trovare il giusto equilibrio fra il ghiaccio e la neve. Ogni mattina abbiamo fatto dei rilievi lungo tutto il circuito, che è lungo 3 chilometri. Non è breve, ma è equilibrato».

La squadra di operai venuti dal Belgio ha realizzato il percorso tracciato da Chris (foto Giacomo Podetti)
la squadra di operai venuti dal Belgio ha realizzato il percorso tracciato da Chris (foto Giacomo Podetti)

Per fare del ciclocross uno sport invernale, si è scelta una località in cui la stagione invernale è in pieno svolgimento. Il piano è chiaro, l’idea anche fondata, dato che il ciclocross è universalmente riconosciuto come uno sport che si svolge d’inverno. La variabile neve è il grande elemento di novità di Vermiglio.

Avete parlato con i corridori di questa gara sulla neve?

Non gli abbiamo chiesto un parere, né li abbiamo contattati per chiedere loro di venire. E’ Coppa del mondo, non una gara esibizione. Ma anche loro sanno che abbiamo questo piano, perché ne abbiamo parlato. Sapevano che si sarebbe corso sulla neve, ma poteva essere in Svizzera, come anche in Francia.

Avete avuto reazioni da parte loro?

I corridori sono curiosi. Prima di questo lavoro, ero con Van Aert nella squadra precedente. Ricordo che quando uscivano i calendari, erano tutti lì a guardare i percorsi, commentando e parlandone.

Ecco i pali che sono stati conficcati nella neve e sotto nel terreno (foto Giacomo Podetti)
Ecco i pali che sono stati conficcati nella neve e sotto nel terreno (foto Giacomo Podetti)
E’ tanto difficile organizzare una gara sulla neve?

Si poteva pensare che fosse così, non avevamo mai costruito percorsi sulla neve. Abbiamo avuto gare in cui ha nevicato, però mai così. Se però guardo indietro al giorno in cui siamo arrivati e ripenso a quello che abbiamo fatto, non è troppo diverso dall’organizzare la gara del Koppenberg. Abbiamo esperienza di tracciati. Quando hai una linea di partenza e una di arrivo e uno spazio in pianura per i box, la gara è fatta. La variabile è il meteo. E come in ogni corsa la mattina della gara sarà decisiva. La scorsa settimana si è corso a Boom. Doveva essere un percorso veloce, invece ha piovuto al mattino e non stavano in piedi. Viste le foto, no?

Qui potrebbe nevicare ancora…

E in quel caso ci sarà da battere la neve. Oppure potrebbe alzarsi di colpo la temperatura e allora sarebbe un problema. Finché resta attorno allo zero, non dovremmo avere problemi. Se per caso arrivasse a dieci gradi, saremmo nei guai. Questa operazione riesce se i corridori possono disputare una gara tecnicamente valida, esprimere il loro potenziale.

In Belgio c’è curiosità?

I giornali stanno seguendo la novità da lunedì, giornali con milioni di lettori. Parlano tutti di Vermiglio, per come possiamo pronunciarlo lassù. Grandi foto, pagine intere. C’è aria di grande evento.

Sui giornali begli, l’evento viene seguito da tutta la settimana
Pensi davvero che ci sia una chance olimpica?

Credo di sì e senza stravolgere la specialità. Si potrebbe parlare nuovamente di gomme chiodate in caso di ghiaccio, ma sulla neve non servirebbero. Il cross può trovare il suo spazio e anche l’Uci ne è consapevole e ha visto quale grande impulso abbia avuto per le federazioni l’inserimento della Bmx nel programma estivo.

In quanti siete venuti dal Belgio?

Inizialmente tre di Flanders Classics e una squadra di operai belgi, specializzata nella realizzazione dei percorsi. Noi lo abbiamo disegnato, loro lo hanno costruito. Ora arriveranno altri, per cui saremo in 6-7. Di solito il nostro lavoro inizia il sabato della settimana che precede la gara. Questa volta siamo arrivati il giovedì, perché servivano più giorni di lavoro. E poi smonteremo tutto entro domenica sera, massimo lunedì mattina.

Non solo pianura: ecco la salita (60 metri di dislivello)
Non solo pianura: ecco la salita (60 metri di dislivello)
Chi vincerà domenica?

Guardando il percorso, sarà una gara da spingere. Serve un uomo con grande forza e visto il Van Aert di Boom, sarà difficile resistergli. La differenza a Boom è stata grande. Poi ci potrebbe essere la sorpresa Pidcock e il punto di domanda Iserbyt: essere così leggeri sulla neve è un vantaggio? Di una cosa sono sicuro…

Di cosa?

Avremo un grande evento. L’obiettivo di Flanders Classics non è spingere le gare attorno al campanile in Belgio. Pur senza dimenticare le nostre origini, il nostro obiettivo è rendere internazionale questo sport. E domenica avremo una storia da raccontare.

Eva e Lucia, intervista doppia con vista su Vermiglio

10.12.2021
6 min
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La Coppa del mondo di ciclocross arriva in Italia, in Val di Sole. Se la località trentina è un tempio della mtb, è invece una novità per quel che concerne il cross. Quella di Vermiglio non sarà una gara qualsiasi. Sarà tutta su neve perché alla fine l’idea non è solo quella di regalare uno spettacolo memorabile, ma anche quello di far arrivare questa specialità alle Olimpiadi invernali. In questo contesto abbiamo sentito la veterana Eva Lechner e la giovane Lucia Bramati.

Come si stanno preparando queste due regine del cross italiano e della FAS Airport Services? Cosa si aspettano da questa super tappa di Coppa?

A Vermiglio uno scenario da favola. Domenica il meteo sembra buono ma fresco: -5° al mattino; 0° appena dopo pranzo
A Vermiglio uno scenario da favola. Domenica il meteo sembra buono ma fresco: -5° al mattino; 0° appena dopo pranzo
Coppa del mondo in Italia, come ci sente? Più stimoli?

LUCIA: Direi di sì: più stimoli. La Coppa torna in Italia dopo un bel po’ di tempo. L’ultima volta credo fosse stato a Fiuggi (nel 2017, ndr). E sì, sono emozionata, è la prima volta che corro una gara di Coppa a casa, per di più su un percorso che è solo di neve. Io non ci ho mai gareggiato del tutto. Il divertimento non mancherà, ne sono certa!

EVA: Cosa significa? Per me ci sono più stimoli, siamo in Italia ed è un qualcosa di speciale. Una spinta in più per fare bene. Senza contare che ci saranno amici, familiari e tanta gente a farci il tifo.

Le avversarie straniere ti hanno chiesto qualcosa?

LUCIA: No, almeno non a me. Loro sono più abituate a queste condizioni. L’ho visto con i miei occhi: lassù il tempo cambia molto rapidamente, è un attimo a passare dal sole alla neve.

EVA: No, nessuna mi ha chiesto niente.

Conosci il percorso?

LUCIA: Lo sto “scoprendo” dai profili social e da quello che pubblicano di organizzatori. Non c’è un filo d’erba. Nella parte più bassa ci sono più rettilinei, in quella più alta qualche curva in più. Però non ci sono pezzi pericolosi. Semmai ci sarà del ghiaccio, perché ho visto che è stata battuta con i gatti tutti i giorni. Non sarà facile restare in piedi!

EVA: Conosco la zona. Feci una gara di mountain bike proprio a Vermiglio. Molto dipenderà da come sarà preparato il terreno. Se fosse su erba sarebbe un percorso molto semplice, ma con la neve diventa tecnico. Hanno inserito delle salite, bisognerà vedere quanto saranno ripide. In ogni caso sarà molto interessante.

Chi saranno le favorite?

LUCIA: Devo dire che quest’anno ci sono molte under 23 che vanno forte, soprattutto Puck Pieterse. Lei ha un anno più di me, ma se la gioca spesso con le elite. È molto forte tecnicamente. Ma non scordiamo la nostre: Eva e la Persico.

EVA: Le favorite per me sono le olandesi, soprattutto quelle giovani che non hanno paura di niente. E anche la canadese Maghalie Rochette va molto forte. Ho visto che ci sarà anche la Vos. Lei anche se è al rientro sarà da tenere d’occhio. Senza contare che ha esperienza ed ha già gareggiato sulla neve. 

Molto bene nelle gare in casa, un po’ meno in quelle internazionali: cosa manca alle crossiste italiane per essere all’altezza delle altre? E’ una questione di “motore” o di tecnica?

LUCIA: Per me è un discorso di tecnica. In Nord Europa sono avvantaggiate perché sono nate con delle scuole dove la tecnica viene insegnata sin da bambini. Il cross è il loro primo sport e sono sul pezzo già da piccoli. Proprio Eva, che è la nostra miglior crossista, mi ha sempre detto che lei ha imparato tutto da sola. Non è mai stata in una scuola. Lassù invece gli insegnanti sono coloro che hanno provato e vissuto certi terreni e certe situazioni, come mio papà. Per questo mi reputo molto fortunata.

EVA: Tecnica e guida direi proprio di no, semmai è più una differenza di motore. Però io posso esserci là davanti con loro. Chiaramente deve andare tutto bene. Il livello è molto alto.

Ti sei allenata sulla neve in questi giorni che al Nord Italia è nevicato anche a bassa quota?

LUCIA: Da me purtroppo non è nevicato, altrimenti avrei provato di sicuro! Mi piace un sacco quando ci sono situazioni particolari come molto fango. Movimentano la gara. E forse la neve un po’ somiglia al fango.

EVA: Sì, mi sono allenata sulla neve, qui a casa mia ha fatto 20 centimetri. Non è semplice ma mi diverto ad andarci. Quando nevica esco in bici con la neve, ma non vado a cercarla. Anche perché se devo fare dei lavori specifici è sempre meglio l’asfalto.

Come ti trovi sulla neve?

LUCIA: Ci ho corso l’anno scorso a Nalles. Il problema non è stato tanto restare in piedi, ma il freddo… che io soffro molto. Infatti uno dei miei obiettivi di domenica sarà non avere freddo, perché quando ti prende, quando ti entra dentro, può comprometterti la gara.

EVA: In carriera ho affrontato qualche gara con la neve, ma un conto è un percorso preparato ad hoc e un conto è trovare la neve su un tracciato normale. In ogni caso posso dire che quando l’ho trovata sono andata abbastanza bene. La prima gara che ci feci fu nel 2009 in Olanda. Quel giorno nevicò moltissimo. Ma ripeto, un conto è trovare la neve e un conto è correre su un manto preparato, per questo sono molto curiosa di vedere che cosa accadrà.

Hai già scelto il setup della bici? E anche il vestiario, visto quanto accaduto a Nalles l’anno scorso?

LUCIA: Partirò coperta il più possibile, se dovesse far freddo potrei indossare anche due maglie termiche. Le compagne mi prendono in giro perché uso guanti da sci praticamente! Un paio di guanti Northwave molto, molto spessi. Ma tenere calde le mani per me è una priorità, se si freddano poi è difficile anche cambiare marcia o frenare. Anche per le scarpe, utilizzo un modello “a calzino” che aiutano contro il freddo. Per quanto riguarda la bici invece, vedremo sul posto insieme al meccanico e a papà. È tutta una novità e scopriremo lì i setup migliori.

EVA: Diciamo che ho già qualche idea, specie sul vestiario. Ma deciderò sul posto. Per quanto concerne la bici invece è un discorso che riguarda più i meccanici e Luca Bramati.

Cosa ti piace di Eva/Lucia?

LUCIA: Da quando Eva è entrata nella nostra vita, da quando cioè papà l’allena, per me è stata una sorella maggiore. Mi sta aiutando a crescere e a maturare in bici. E’ la mia compagna di stanza. Con lei ho un rapporto bellissimo, mi dà molti consigli e riesce a tranquillizzarmi. Mi piace stare con lei.

EVA: È una ragazza molto semplice e mi stupisce la sua tranquillità nell’approccio alle gare. Una tranquillità che a volte piacerebbe avere anche a me!

La Cannondale SuperSix EVO del Team FAS messa alla frusta

06.12.2021
6 min
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Questo progetto è la conferma che il ciclocross e il gravel racing possono convivere e condividere una sola bicicletta. La Cannondale SuperSix EVO CX è la versione dedicata agli specialisti del cx, grazie ad un allestimento dedicato e a geometrie (nominate OutFront) che hanno poco da invidiare alle biciclette “cx only” e di sicuro non è un mezzo pensato nell’ottica del bikepacking. Il frame-kit è in comune con la versione SE (gravel) ed è la bici utilizzata in gara da quest’anno dalle ragazze della FAS Airport Services, sponda nel cross della Valcar&Travel Services, su cui corrono quindi Eva Lechner, Alice Maria Arzuffi, Silvia Persico e Lucia Bramati. Entriamo nello specifico del test.

L’angolazione dell’immagine permette di vedere anche le forme delle tubazioni
L’angolazione dell’immagine permette di vedere anche le forme delle tubazioni

SuperSix EVO CX, le sue peculiarità

Il telaio si basa sulla costruzione monoscocca ed è full carbon. Non utilizza il tessuto composito in alto modulo (HM), ma quello standard. L’impatto estetico e il design nel suo complesso, unito allo shape delle tubazioni, ricorda da vicino la sorella stradale Cannondale SuperSix Evo.

I profilati sono voluminosi, mai eccessivi, con un avantreno più muscoloso e un posteriore più “sottile”, un abbinamento mai banale e gratificante. Siamo nel ciclocross e il concept risulta moderno. I tubi hanno la sezione frontale arrotondata (soluzione mutuata dalla versione road), mentre il lato che non impatta nello spazio ha il profilo tronco.

Il fango blocca la ruota? Problema risolto

E poi c’è il carro ribassato, con l’innesto allargato dei foderi obliqui. Tradotto: tanto spazio tra i due pendenti e la gomma. L’ampia luce di passaggio c’é anche nel comparto anteriore, nella forcella (tutta in carbonio). Davanti e dietro scorrono pneumatici fino a 45c di sezione (mica male, pensando ai tracciati con tanto fango e alle gomme larghe che si usano nel gravel). Rimanendo in questa parte della bici e sempre in merito alla forca, ha un rake di 5,5 centimetri: aperto.

In un certo senso contrasta con l’angolo dello sterzo che è piuttosto chiuso (e infatti, la faccia e lo sguardo sono sempre perpendicolari allo sterzo, un bel vantaggio per chi ama la bici reattiva sull’avantreno). Ovviamente la considerazione è da rapportare taglia per taglia. Questa combinazione però, ha dei vantaggi in termini di guidabilità nello stretto e in fatto di stabilità.

Cinque taglie, dalla 46 alla 58

Qui entrano in gioco anche i foderi bassi del retrotreno che adottano il protocollo Save: sono muscolosi e molto corti (solo 42,2 centimetri) sagomati e asimmetrici, dissipano a dovere e si innestano nella scatola del movimento centrale che è larga 83 millimetri. La guarnitura One è in alluminio con perno da 30 di diametro.

La Cannondale SuperSix EVO CX è disponibile in cinque taglie, dalla 46 alla 58, tutte con ruote da 700c. L’allestimento è uno, così come l’accostamento dei colori. Il prezzo di listino è di 4.199 euro.

Le nostre impressioni

Non abbiamo avuto modo di testare la Cannondale SuperSix EVO SE, “solo” la cx in questione, sta di fatto che questa bicicletta ha un carattere racing e non fa nulla per nasconderlo. Race certo, ma con un approccio molto moderno, dove l’estremizzazione della rigidità diventa un limite.

E’ leggera, perché 8,3 chilogrammi (8,27 per la precisione e abbiamo provato la taglia 51) sono pochi, anche in considerazione dell’allestimento (e si può limare ancora molto), è agile davanti ed è parecchio veloce nei cambi di direzione. E’ una bella arma da sfruttare nei passaggi stretti e in quei punti che assomigliano più a singletrack, che non a fettucciati.

Leggera, ma non nervosa

Nonostante questo, non l’abbiamo “sentita” eccessivamente rigida, anzi, la sua capacità di copiare il terreno è un fattore da capire prima e da sfruttare poi. Anche il carro segue questa sorta di fil rouge, deciso nelle forme e mai eccessivamente brioso nelle risposte: il comfort ne guadagna.

Molto buono a nostro parere il valore dell’altezza del movimento centrale da terra: 28 centimetri (28,2 per la misura più grande). I valori di reach e stack sono in linea con le taglie, considerando i moderni sviluppi che prevedono attacchi manubrio ridotti. Questo non è un fattore secondario, che facilità la scelta della taglia più consona anche a chi arriva dalla strada e dal gravel puro.

Noi l’abbiamo testata e messa sotto torchio alla nostra maniera, ma ora sentiamo chi la bicicletta la utilizza nel contesto agonistico di primo piano.

Eva Lechner (a sinistra) con la SuperSix Evo CX
Eva Lechner (a sinistra) con la SuperSix Evo CX

Una 51 per Eva Lechner

Eva Lechner: «Mi trovo davvero bene e non lo dico solo perché è la bicicletta del team. Fin da subito ho avuto delle ottime sensazioni di guida di fitting ottimale in sella. Uno dei grossi vantaggi è il suo peso ridotto, al tempo stesso è stabile. Per darvi un riferimento, io utilizzo una taglia 51 e nella configurazione gara uso i tubolari: dico questo perché anche la geometria e la componentistica sono importanti».

La Persico al Trofeo Guerciotti 2021
La Persico al Trofeo Guerciotti 2021

Persico: «La più reattiva»

«Utilizzo Cannondale da cinque anni – spiega Silvia Persico – per me è una bella fortuna, perché le bici sono belle e performanti. A mio parere, questa SuperSix EVO CX  è la più reattiva della gamma. Sotto alcuni punti di vista è superiore anche alla SuperX che utilizzavo l’anno scorso. E’ molto briosa, reattiva e veloce. Tenete presente che in allenamento uso le gomme con la camera d’aria, mentre in gara i tubolari. La vedo anche in un contesto gravel racing, anche se onestamente non ho dei riferimenti precisi, in riferimento a questa categoria di bici».