Traverso, curva stretta e ostacoli. A lezione da Fruet

13.11.2022
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In questo primo scorcio di stagione, complice anche questo clima così mite, nel ciclocross abbiamo assistito a percorsi molto veloci. Le difficoltà tecniche non sono state tantissime nei vari circuiti, ma quando ci sono state hanno fatto la differenza. Specie nella seconda metà di gara quando le energie venivano meno. Con il maestro, nel vero senso della parola, Martino Fruet andiamo a capire quali sono i passaggi più significativi del cross e come si affrontano.

Ne abbiamo individuati tre: il traverso, le curve a gomito (o comunque molto strette) e gli ostacoli.

Martino Fruet
Martino Fruet (classe 1977) in azione sul fango e la neve. Il terreno gelato sotto e molle sopra, per lui è il più difficile da interpretare
Martino Fruet
Martino Fruet (classe 1977) in azione sul fango e la neve. Il terreno gelato sotto e molle sopra, per lui è il più difficile da interpretare

Giovani e tecnica

Prima di analizzare quei tre punti, abbiamo posto una domanda al grande specialista dell’offroad. Ed stata: «Oggi i ragazzi curano la tecnica? O prevale la componente atletica?».

«I ragazzi di oggi curano moltissimo la tecnica – spiega Fruet – soprattutto per quel che riguarda il salto degli ostacoli. Noi delle vecchia scuola scendiamo e cerchiamo di essere più veloci possibili, ma dagli allievi in su ormai si cresce con la mentalità di saltare l’ostacolo, anche se a volte, crono alla mano, si è più veloci se si scende. Ma fa “tanto figo”…

«Mentre noto che non prestano la stessa attenzione sulle linee. In questo caso preferiscono puntare sulla componente atletica».

Il traverso

Quando c’è una contropendenza laterale spesso le cose si complicano, specie se il fondo è scivoloso. E infatti Fruet parte proprio da questa discriminante.

«Se è asciutto – spiega Fruet – e la bici tiene non ci sono problemi. Vai tranquillo con entrambi i pedali attaccati e quello a monte sollevato e ci si sposta con il bacino a valle. In questo modo il peso va sulla gomma». 

«Discorso diverso quando è bagnato o c’è fango. In quel caso come si dice in gergo, si “zappa”. Si stacca il piede a monte e si spinge. Appoggi e spingi, appoggi e spingi…

«Se nei giorni precedenti ha piovuto parecchio si creano i canali. Se ne punta uno e si cerca di restare lì dentro stando in equilibrio… ma non è facile. Nei traversi si dovrebbe entrare sempre dal punto più alto e mano mano sfruttare la pendenza verso il basso. Altrimenti se si entra subito bassi si va a fettuccia e si perde molto tempo. Invece stando alti si cerca il primo canale e poi si “scivola” in quello sempre più in basso, ma si fa velocità. Stando però sempre attenti a non scendere fino alla fettuccia.

«Ma se il traverso è molto lungo è difficile restare alti. Quello di Namur (nella foto di apertura, ndr) per esempio è famoso per la sua lunghezza e anche perché è in discesa».

Le curve

Per le curve più ampie quelle da 90° in su per Fruet non dovrebbero esserci problemi. O almeno un crossista non dovrebbe averne. Il focus pertanto è sul tornante o la curva molto stretta.

«Prendendo il classico fettucciato in pianura – riprende Fruet – bisogna puntare la piccola striscia interna di verde, cioè di erba, che spunta dal marrone».

«Anche in questo caso molto dipende dal fondo. Il peggiore è quello gelato con la superficie che molla un po’. devi essere un artista. E si può fare una grossa differenza. In questi casi ci sta anche che si arrivi forte sulla curva e poi si scenda, mettendo il piede appunto sul filo d’erba e magari fare perno sul paletto con la mano. E poi risalire in sella. 

«Altrimenti bisogna fare un “disegno”, una traiettoria particolare. Non è il classico: allarga, chiudi, allarga. Bisognerebbe allargare ma senza chiudere subito, in modo tale da ritrovarsi nel punto di corda su quel po’ di erba all’interno. Non si esce troppo larghi. Il disegno della curva sarebbe sbagliato, ma la velocità in teoria non è bassissima».

«In caso di fango estremo, tipo 20 centimetri, per me è meglio scendere. Spesso quando facciamo le prove con il cronometro alla mano si è più veloci che restare in sella».

«Come accennavo, il terreno più brutto è quello con fondo ghiacciato e superficie più molle. Se sotto è duro per davvero il sopra è scivolosissimo. Bisogna essere davvero sensibili. Tuttavia le differenze non sono enormi perché di base la velocità è bassa».

E su sabbia? «Su sabbia serve prima di tutto tanta potenza. Non si va troppo stretti e si deve giocare con peso e cambio. Non si deve essere troppo duri. Ricordo che uno che riusciva a fare certe curve così con il rapportone era Franzoi. Ma lui aveva una potenza incredibile».

L’ostacolo… a piedi

Infine c’è il salto o “bunny hop” (il salto del coniglio), vale a dire il superare gli ostacoli a terra. E qui Fruet dà il meglio di sé.

«Come accennavo – dice Fruet – oggi la scuola dice che vanno superati in bici, ma non sempre è vantaggioso. Ai miei tempi si diceva di scendere e di correre veloci, chiaramente era importante essere fluidi nell’azione. Scendere, saltare, correre e risalire in bici.

«Anche per questo è importante non far rimbalzare la bici, perché poi se per rimontare si salta e non si trova subito la sella sono dolori. Meglio andare a cercare la sella con l’interno coscia e poi lasciarsi andare con il sedere. A volte, se la distanza degli ostacoli lo consente, si appoggia la bici a terra e la si fa scorrere per quei due passi, prima dell’ostacolo successivo.

«Scendendo di bici si arriva più veloci sull’ostacolo e la stessa velocità determina il punto in cui si doveva scendere».

I ragazzi oggi spesso “cercano” l’asse con le ruote. Più l’ostacolo è basso e più la velocità con cui vi si arriva è alta. E viceversa.
I ragazzi oggi spesso “cercano” l’asse con le ruote. Più l’ostacolo è basso e più la velocità con cui vi si arriva è alta. E viceversa.

L’ostacolo… in bici

«Ci sono poi i salti. Per me – osserva Fruet – ci sono tre tecniche, anche se viste da fuori sembrano tutte uguali.

«C’è il bunny hop classico, in cui tiri su con le braccia e fai una sorta “d’impennata d’inerzia” abbassando il sedere e portando avanti le spalle. Il tutto senza pedalare. Ma con la bici da cross è difficile, non hai il telescopico e la sella ingombra, dà fastidio».

«C’è il salto “tipo belga”, come l’ho chiamato io, perché l’ho visto fare dai belgi soprattutto. In pratica salti l’asse con tanto, tantissimo carico sulle braccia e senza usare le gambe Spesso toccano con la ruota. Io, che da 20 anni sono maestro di Mtb ti boccerei all’esame. Ma nel cross è così».

«E poi c’è il salto “alla mtb”, che prevede il carico, la tirata con le braccia, ma anche con le gambe».

Rispetto a qualche anno gli ostacoli sono tendenzialmente più bassi
Rispetto a qualche anno gli ostacoli sono tendenzialmente più bassi

Una riflessione

Il cross nasce per saltare gli ostacoli e prevede dei tratti a piedi, se non si scende mai di sella è un po’ come se si snaturasse. Forse anche per questo riguardo ai salti Fruet è davvero interessato. Con il suo occhio e la sua esperienza il trentino studia anche questi aspetti e fa una riflessione.

«Una volta – conclude Fruet – gli ostacoli erano da 40 centimetri, ora li mettono a 30. Fosse per me li farei da 70 centimetri, così che tutti sarebbero costretti a scendere di bici».

Toneatti, addio podio. Per Pontoni è stato troppo buono

05.11.2022
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Ci verrebbe da dire “buona la prima”… Anzi (quasi) ottima. Stiamo parlando della prima giornata del weekend dei Campionati europei di ciclocross di Namur.  La mattina è iniziata con Pontoni al settimo cielo per il sorprendente argento di Valentina Corvi, che ha chiuso a soli 3 secondi dall’olandese Lauren Molengraaf, e il buon 11° posto dell’esordiente Arianna BIanchi nella categoria donne junior.

Toneatti, medaglia di legno

Poi nel primo pomeriggio, gasati dalle giovani compagne del gruppo azzurro, i nostri ragazzi U23 hanno replicato con grinta. Ottimo seppur amaro per aver perso il podio per soli 4 secondi, il quarto posto di Davide Toneatti (nella foto di apertura) che ha chiuso dietro al trio belga composto da Emiel Verstrynge (oro), Thibau Nys (argento) e Witse Meeussen (bronzo).

Toneatti ha ricontrollato la pressione delle gomme prima del via. Era troppo alta?
Toneatti ha ricontrollato la pressione delle gomme prima del via. Era troppo alta?

Una strepitosa Fem Van Empel ha concluso la giornata di gare aggiudicandosi un oro strameritato. L’olandese, nonostante una foratura che l’ha costretta a rientrare nei box per cambiare bici, ha chiuso con 20 secondi sulla connazionale di origini domenicane Ceylin del Carmen Alvarado. Terza l’ungherese Blanka Vas. Quinta la nostra Sara Casasola. 

Una partenza difficile

Per doveri di cronologia – preghiamo le donne di scusarci – torniamo alla gara uomini U23. Durante il riscaldamento, Davide Toneatti ci confidava che si sentiva molto bene, che il circuito lo affascinava e con un pizzico di modestia diceva che un posto tra i primi cinque sarebbe un bel risultato, ma dopo aver ottenuto il quarto posto la soddisfazione ha lasciato il posto all’amarezza del podio sfiorato.

«Dopo una partenza difficile – ha detto a fine corsa Toneatti – nel finale eravamo lì a giocarci il terzo posto in tre, ero anche riuscito a staccarmi poi nel finale ho fatto un errore ed ho perso le chance di medaglia».

Va detto che Davide aveva giocato la carta della sicurezza pompando le gomme un po’ di più. 

Pontoni. passato dalla felicità per l’argento di Valentina corvi alla rabbia per il 4° posto di Toneatti (foto FCI)
Pontoni. passato dalla felicità per l’argento di Valentina corvi alla rabbia per il 4° posto di Toneatti (foto FCI)

Pontoni furioso

Ma Daniele Pontoni che cosa ne pensava? «Mi dispiace e anzi te lo dico adesso con molta calma perché un’ora fa ero proprio incavolato… per il quarto posto di Davide. La considero una medaglia persa. Era un’occasione importante – dice il cittì che conosce benissimo Toneatti avendolo avuto nella sua DP66 – mettere la nostra maglia sul podio a Namur in casa dei belgi in un campionato europeo sarebbe stato bellissimo.

«C’erano tutti i presupposti per arrivarci, però bisogna essere più cattivi. In certi momenti bisogna essere spietati e non molli, e lui sull’ultima salita è stato molle. Ma bisogna accettare il risultato anche se brucia».

Protagonista di giornata, oltre ai segmenti in pavè, è stato il fango. Spesso si faticava a stare in piedi. Qui Sanne Cant
Protagonista di giornata, oltre ai segmenti in pavè, è stato il fango. Spesso si faticava a stare in piedi. Qui Sanne Cant

Quanto fango

In tutte le gare bisognava davvero “menare” per stare davanti. Tutti elogiano un percorso epico, un tifo da stadio che spinge ad oltrepassare i propri limiti, ma il ripetersi delle difficoltà tecniche ha letteralmente massacrato gli organismi. Impossibile risparmiarsi e malgrado le gomme tassellate da fango, in certi punti era difficile stare in piedi e in bici, come confermava una Sara Casasola soddisfattissima.

«Sono molto contenta – ha detto la friulana – sinceramente non me l’aspettavo. Il percorso benché bellissimo era veramente impegnativo, duro ma molto da guidare. In certi punti dovevi oscillare da destra a sinistra pur di avere grip. Avrei sperato in una top dieci dunque arrivare così è un bel risultato. Davanti andavano veramente forte, le ho viste un attimo a metà gara, poi ho dovuto gestirmi perché negli ultimi giri sono andata un po’ in crisi». 

In conclusione possiamo parlare di un primo giorno molto positivo per la nazionale azzurra. Tutti hanno onorato la maglia, tutti hanno dato il massimo.

Per Sara Casasola un quinto posto a Namur che fa ben sperare in ottica futura
Per Sara Casasola un quinto posto a Namur che fa ben sperare in ottica futura

E domani? 

Nel punto conclusivo del cittì Daniele Pontoni c’è un pizzico di rammarico per il quarto posto di Toneatti ma soprattutto tanta soddisfazione.

«Sono felice innanzitutto per il mio staff – ha detto il tecnico friulano – perché so quanto si impegnano e quanto ci mettono anima e cuore per il lavoro che fanno per far rendere al meglio i nostri ragazzi. Ringrazio come sempre il team manager Roberto Amadio e il presidente Cordiano Dagnoni che mi hanno dato la possibilità di guidare questi magnifici ragazzi anche qui a Namur».

Pontoni crede ciecamente nelle possibilità dei ragazzi junior anche se sono quelli che lo hanno più deluso nelle prime due gare di coppa. Poi ci saranno le U23 donne, dove purtroppo le azzurre hanno un po’ un ruolo da comprimarie. Infine Gioele Bertolini con un percorso adatto alle sue caratteristiche punta ad una top dieci, parola di cittì.

Il potenziamento del crossista. Cucinotta ci spiega…

03.11.2022
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A Follonica Rebecca Gariboldi ci aveva confidato di aver implementato la parte che riguardava il potenziamento. Già, ma come si fa nel ciclocross? Noi parliamo spesso della forza in ambito stradistico, un crossista invece quando ci lavora? Tutto è un po’ “ruotato” nel corso dell’anno.

Claudio Cucinotta, uno dei coach dell’Astana Qazaqstan, è anche uno dei maggiori esperti di cross e offroad in generale. Il tecnico friulano segue, tra gli altri, i gemelli Braidot nella Mtb e molti crossisti: è il miglior profilo per questo “viaggio”. 

Claudio Cucinotta, classe 1982, è uno dei preparatori dell’Astana. Segue anche biker e crossisti
Claudio Cucinotta, classe 1982, è uno dei preparatori dell’Astana. Segue anche biker e crossisti
Claudio, partiamo dal “quando”. Quando un ciclocrossista inizia a lavorare sulla forza?

Inizia d’estate. E poi fa dei richiami settimanali nel corso della stagione. Stagione quella del cross che può sembrare corta, ma che corta non è. Vero, si va da ottobre a gennaio, ma ci sono moltissime gare. Capita anche di farne quattro in una settimana (come è successo giusto in questi giorni, ndr) e in questo caso i richiami non li fai. I richiami si fanno nella “settimana tipo”, quella con la gara da domenica a domenica.

E in questo caso quanti se ne fanno?

Dipende un po’ anche dal punto della stagione e della preparazione in generale, ma solitamente sono due: uno a secco e uno in bici. Anche la gara stessa è un momento di lavoro della forza, non super specifico, ma si cura anche quella.

Si è parlato d’estate, ma un crossista puro, cioè che fa del ciclocross la sua prima attività, quando inizia la preparazione vera e propria?

Di solito dalla seconda metà di luglio, massimo i primi di agosto. Poi dipende anche da cosa fa prima, se fa strada o se fa mtb. Arriva ad un certo punto della stagione, di solito fine giugno-inizio luglio, in cui si ferma per un paio di settimane. Stacca. E poi riprende con il lavoro per il cross.

A Follonica rampe corte ma durissime. In questi casi la forza aiuta. Se viene meno emergono le differenze
A Follonica rampe corte ma durissime. In questi casi la forza aiuta. Se viene meno emergono le differenze
Come lavora sulla forza il ciclocrossista?

E’ un lavoro molto simile a quello del biker, prima di tutto perché la durata dello sforzo è simile (un’ora e mezza nella Mtb, un’ora nel cross) e poi anche per le intensità e le modalità in cui la forza è richiamata. Quindi più forza esplosiva, meno forza resistente. Pertanto ci saranno più lavori specifici su: forza massima, forza dinamica, sprint, partenze da fermo… In pratica meno quantità e più intensità.

E nella parte a secco?

Il discorso è lo stesso. Aumentano i carichi e l’intensità: magari meno ripetute ma con più chili o con sforzi più esplosivi rispetto agli stradisti. Il tutto al netto delle differenze che possono esserci tra uno scalatore e un velocista. Quest’ultimo farà esercizi simili a quelli di un crossista.

Gli esercizi sono gli stessi fra strada e cross?

Di base sì: quindi squat, squat jump, ma anche split squat jump in cui si alternano gamba avanti e gamba indietro cambiando arto durante la fase aerea del salto. E poi assume più importanza la parte del core stability: addominali, dorsali, schiena…

Il crossista è chiamato a lavorare anche sulla parte alta del corpo: braccia, dorsali, deltoidi…
Il crossita è chiamato a lavorare anche sulla parte alta del corpo: braccia, dorsali, deltoidi…
Immaginiamo anche che venga data più importanza alla parte superiore del corpo…

Nel ciclocross questa è molto importante, soprattutto pensando che spesso i ragazzi e le ragazze devono portare la bici in spalla correndo a piedi. Magari in questo periodo di secca, in Italia, senza fango è successo poco, solo in corrispondenza degli ostacoli, ma ci sono dei periodi in cui accade molto di più ed è bene essere pronti anche su quell’aspetto.

Hai parlato di corsa a piedi: questa rientra nel discorso del potenziamento e della preparazione: tu come gestisci questo aspetto?

Di certo è qualcosa che si allena. Io faccio fare 20′-30′ ad andatura regolare una volta a settimana, semmai introduco giusto qualche variazione di ritmo. Ma nella parte delle corsa non inserisco lavori specifici, tipo ripetute, salite… E’ più un adattamento al gesto tecnico che altro. Anche perché in gara quando corrono con la bici in spalla non devono fare degli sprint.

Chiaro, è qualcosa che va curato ma sempre pensando che parliamo di piccole percentuali di tempo nel complesso…

La corsa a piedi e il portage (bici in spalla, ndr) si curano durante gli allenamenti specifici della tecnica. Si scende e si sale in continuazione dalla bici, si fanno delle gradinate… e ogni “ripetuta” con la bici in spalla dura dai 10” ai 30”.

Il misterioso male italiano: Trentin cerca risposte

31.10.2022
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Tirato in ballo da Ulissi e dalla nostra curiosità sull’argomento, anche Matteo Trentin, classe 1989, prova a ragionare sui diversi step che lo portarono al professionismo e che, al netto delle sue qualità intrinseche di atleta, gli hanno permesso di essere ancora vincente a 33 anni.

«Dispiace che Sonny (Colbrelli, ndr) abbia dovuto fermarsi così – dice – lui è del 1990, ma ha seguito il nostro stesso percorso e stava venendo fuori col tempo. Però tanti della nostra generazione hanno seguito un’altra… tabella. Alcuni sono stati super da dilettanti, magari sono andati bene appena passati, ma di base erano già finiti. Ci sono tanti aspetti da prendere in considerazione e fra questi c’è la squadra in cui passi. Se finisce in una piccola in cui non si lavora per te ma per la squadra stessa, i rischi di non venire fuori ci sono di più».

Al tricolore U23 del 2011 a Melilli, in Sicilia, piega Fabio Aru e si lancia tra i pro
Al tricolore U23 del 2011 a Melilli, in Sicilia, piega Fabio Aru e si lancia tra i pro
Sonny passò a 21 anni, tu a 23 e negli under non hai mai fatto un’attività eccessiva, pur avendo vinto corse come Liberazione, De Gasperi e campionato italiano…

Feci forte l’ultimo anno e mezzo (2010-2011, ndr), altrimenti non sarei passato. Oggi sarei stato vecchio, forse non sarei diventato professionista. Oggi quelli che arrivano un po’ lunghi li perdi per strada.

Perdi anche quelli che arrivano presto e magari non sfondano subito…

Vero anche questo. Dipende dalla squadra. Se sono passati in una WorldTour e sono ancora giovani, magari veleggiano ancora un po’ e tirano avanti. Trovi sempre il manager che valuta la qualità e pensa di poter tirare fuori il corridore dove altri non sono riusciti, ma spesso non riescono. Pogacar, Evenepoel e Ayuso non sono da prendere a riferimento.

La prima vittoria di Trentin dai pro’ fu la tappa del Tour 2013 a Lione: non aveva ancora 24 anni
La prima vittoria di Trentin dai pro’ fu la tappa del Tour 2013 a Lione: non aveva ancora 24 anni
Al secondo anno vincesti una tappa al Tour. Il Trentin di 23 anni avrebbe avuto le forze per partire subito a gas aperto?

Il fisico c’era, ma erano anni di un ciclismo completamente diverso. Ho sentito le critiche ai percorsi del Giro e del Tour, che sarebbero uno per i cronomen e uno per gli scalatori. Ma non si sono resi conto che il ciclismo di Cipollini e Pantani non c’è più? Oggi ci sono corridori che vanno molto più forte e sono anche tanti, perché rispetto ad allora si è tutto mondializzato. Un anno andai a fare il Turchia dopo le classiche, preparando il Giro. Non stavo un granché e lo usai per allenarmi. Se ci vai così oggi, ti lasciano per strada. Oggi si va alle corse per vincere.

Non più per allenarsi?

Van Aert è l’esempio perfetto, lui corre sempre per vincere. E infatti non fai più 80 giorni di corsa come una volta. Quelli che fanno più giorni sono alcuni gregari che devono coprire le esigenze della squadra. Una volta la media era di 80 giorni con punte di 100. Oggi la media è di 60.

Il Giro del Veneto del 12 ottobre è stato la terza vittoria 2022 di Trentin
Il Giro del Veneto del 12 ottobre è stato la terza vittoria 2022 di Trentin
Ulissi dice: «Ci dicono che siamo vecchi e di lasciare posto ai giovani, ma dove sono quelli che dovrebbero prenderlo?».

Come italiani c’è qualcosa che non torna. Io non ho mai visto gli juniores stranieri che fanno altura. I nostri ormai vanno anche da esordienti. Quando ero junior io, andare in altura significava andare una settimana in baita a giocare con la mountain bike, perché sotto c’era troppo caldo. Quando vai in altura, trovi i ragazzini italiani e gli svizzeri, soprattutto. E infatti, magari sarà un caso, neppure la Svizzera riesce a esprimere grandi corridori. Ci sono Kung e Hirschi, come movimento avrebbero anche una base solida, ma poi si perdono.

Torni al discorso di prima su quelli che hanno dato troppo da giovani e si sono finiti?

Il discorso è complicato, io osservo e dico quello che vedo. Per me gli juniores italiani sono esagerati. Se le gare durano 3 ore e mezza, a che serve fare allenamenti di 5 ore e mezza? A che serve andare in altura? Se ogni anno fai 4 settimane di altura da junior, da pro’ devi starci due mesi? C’è qualcosa che non mi torna. Troppo allenamento? Troppa vita da pro’?

Quinto ai mondiali di Wollongong: senza quel finale così confuso, la medaglia era a portata di mano
Quinto ai mondiali di Wollongong: senza quel finale così confuso, la medaglia era a portata di mano
Tu cosa pensi?

Nelle squadre all’estero puntano sulla tecnica, gli insegnano l’alimentazione e continuano a fare altre discipline, come ad esempio il cross. Da noi appena passi under 23, ti fanno smettere. Faccio un nome a caso, quello di De Pretto. E’ passato dilettante e ha smesso di fare cross, dove andava davvero forte. Ci sono professionisti del Nord Europa che continuano a fare strada e cross. Se con loro funziona, perché qui non va bene? E’ una palestra, come per i pistard che la pista non la mollano. Abbiamo il nostro gruppo di atleti di endurance, all’estero quelli che durante l’anno fanno pista, d’inverno vanno a fare le Sei Giorni, che gli permettono di tenere il colpo di pedale. Ne parlavo con Covi, che nel cross era forte.

E cosa ti diceva?

Che ha dovuto smettere perché si ammalava sempre, perché il suo sistema immunitario non reggeva questo doppio impegno. Così ha un senso, mentre altri smettono come se non si potesse più fare.

Trentin ha continuato nel cross fino al debutto tra i pro’: qui nel 2011 da U23 ai mondiali di St Wendel
Trentin ha continuato nel cross fino al debutto tra i pro’: qui nel 2011 da U23 ai mondiali di St Wendel
Tu perché hai smesso?

Io ho continuato finché sono diventato pro’, poi ho smesso perché diventava difficile per la logistica, ma fino agli U23 l’ho tenuto e mi è servito. In questo il Belgio è avvantaggiato. Tutto il territorio nazionale è grande quanto il Triveneto, ti bastano 2 ore di macchina per fare tutto. Ulissi ha ragione, ma non so dire perché. Di sicuro qualcosa da noi non funziona.

Caldo anomalo: Fruet ci svela i rimedi dei crossisti

30.10.2022
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Caldo, caldo e ancora caldo. E’ questo l’elemento che ha tenuto banco a Follonica. Polvere e quasi 30 gradi nel campo gara ricavato nel catino dell’ex ippodromo della cittadina grossetana. A gironzolare di buon mattino per saggiare il percorso c’era Martino Fruet, il super veterano del circus, e già il sole picchiava.

Il corridore della Lapierre-Trentino Alto Adige Alé porta sul tecnico l’argomento caldo in questa quarta tappa del Giro d’Italia Ciclocross. E guarda caso mentre stiamo per parlarci ci chiede di spostarci nel lato all’ombra del loro pullmino.

Martino Fruet a torso nudo, segno che faceva caldo. Il trentino ha detto che dopo la corsa avrebbe fatto un tuffo al mare!
Martino Fruet a torso nudo, segno che faceva caldo. Il trentino ha detto che dopo la corsa avrebbe fatto un tuffo al mare!
Martino, a memoria tua (che è lunga), ricordi un caldo simile nel ciclocross?

Ricordo gare calde, ma non un periodo così lungo e con queste temperature. Ho già fatto quattro gare e non siamo mai scesi scesi sotto i 24 gradi. Oggi saremo sui 30° nel momento della gara. In più è tanto che non piove e c’è anche tanta polvere. No, questo caldo proprio non me lo ricordo. Sì, qualche gara sporadica ad inizio stagione, ma non c’erano queste temperature. Anzi, vi dirò di più, una polvere così fai fatica a trovarla in mtb d’estate. Il temporale estivo della sera un minimo di umidità la lascia. Poi magari da un giorno all’altro arriva l’inverno!

Come cambiano la guida e il setup con questi terreni così secchi? Terreni che immaginiamo siano anche più veloci…

La cosa è molto soggettiva, ma io per esempio viaggio mediamente con 0,3-0,5 bar in più a tubolare. Comunque fai una velocità totalmente diversa. Il terreno è duro e le deformazione e i cambi di direzione si sentono molto. Quando devi scendere da una contropendenza anziché scendere a 15-16 all’ora come quando c’è fango o terreno morbido, scendi a 25-30 all’ora. Aumenta il rischio di stallonare… come mi è successo ieri! Quasi tutti montano la tassellatura più scorrevole possibile. Anche se oggi è talmente duro che paradossalmente si può montare anche una gomma da fango, chiaramente ben pompata. Con quella gomma riesci a fare le rampe senza slittare. 

Tanta polvere diventa “simile” al fango…

Esatto e non è stupido montare una gomma da fango. Certo però che il terreno deve essere marmoreo come quello di oggi. Duro sotto, intendo e non solo sopra. Ma ripeto, sono scelte molto soggettive. La cosa che cambia per tutti è che si gonfia di più.

Riscaldamento. Abbiamo visto che in molti facevano i rulli all’ombra come in piena estate. Di solito invece nel ciclocross si cerca il sole…

Sì, è così. Ma su questo aspetto, magari sarò vecchio stile, ma quando ci sono giornate simili perché stare sui rulli? Meglio pedalare su strada, nei piazzali… Io dai 10° in su abolirei i rulli. 

Il riscaldamento è più breve?

Anche quello è soggettivo e non è legato strettamente alla temperatura. Ho visto comunque gente che ha fatto un’ora e mezza di bici: 30′ blandi, 30′ di lavoretti e poi lo scarico. Io resto dell’idea che chi fa cross dovrebbe essere abituato a partire leggermente “freddo”. Non è stato oggi il caso, ma tante volte si resta fermi non meno 15′ tra l’entrata in griglia, la chiamata e la partenza. 

Un gel più liquido per placare la sete e ingerire qualche prezioso zucchero
Un gel più liquido per placare la sete e ingerire qualche prezioso zucchero
Sul fronte dell’idratazione come ci si gestisce? Cambia qualcosa?

Qualcosa? Cambia parecchio. In tanti montano la borraccia e nel cross non si usa mai. Questo anche perché oggi il terreno lo consente in quanto non ci sono da affrontare tratti a piedi. Ieri, in una gara secca lo stesso c’erano però dei tratti a piedi e se non c’era la possibilità di mettere la borraccia al piantone era un problema. Io per esempio, che non potevo montarla lì (non tutte le bici da cx hanno il doppio alloggio, ndr) ho portato una bottiglietta di plastica. L’ho schiacciata e l’ho messa in tasca. Già bere 200 millilitri di acqua in un cross non è poco. Un’ora a tutta con 30° senza bere proprio niente è difficile da affrontare. 

Quindi prima del via avete bevuto di più, assunto più sali?

Sicuramente. A 30° bevi per la sete e anche per la polvere. Perché poi non ci si pensa, ma con un polverone simile dopo un po’ ti s’impasta la bocca e non va bene. Dovresti entrare nel box, ma chi lo farebbe su un tracciato tanto veloce? Io per esempio porto con me un gel isotonico che è più liquido e ti fa “da sorso d’acqua”. Ne prendi uno a metà gara e ti aiuta un bel po’.

L’integrazione del crossista. A lezione da Bertolini

27.10.2022
4 min
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La stagione del ciclocross entra sempre più nel vivo. Anche in questa disciplina offroad il livello si fa sempre più alto e di conseguenza ogni aspetto è, e deve essere, più curato. E non si tratta solo delle specifiche tecniche della bici o della preparazione, ma anche dell’integrazione. Gioele Bertolini (in apertura foto Instagram – Billiani), che è uno dei migliori interpreti italiani di questa specialità, ci spiega come si gestisce da questo punto di vista.

L’atleta della Selle Italia Guerciotti Elite è un vero perfezionista. Alterna l’utilizzo degli integratori con una sana alimentazione e una grande dose di esperienza. Esperienza che riporta sui campi internazionali. E’ stato l’unico italiano presente nell’ultima gara di Coppa del Mondo a Tabor, tanto per dire…

Bertolini e il suo team per l’integrazione fanno affidamento sui prodotti di EthicSport
Bertolini e il suo team per l’integrazione fanno affidamento sui prodotti di EthicSport
Integrazione e ciclocross: spesso parliamo di integrazione per le corse a tappe e per le crono. In particolare per le gare contro il tempo ci sono dei protocolli super stringenti che partono dai giorni precedenti. Anche per voi è così?

Sicuramente ci sono delle piccole regole da rispettare, come mangiare i carboidrati e del pollo la sera prima della gara. Poche verdure, giusto delle zucchine, per limitare le fibre (come i cronomen, ndr). Però non abbiamo una vera e propria dieta da seguire.

Come durata, una gara di cross e una crono su strada sono paragonabili: è così anche come sforzo e di conseguenza com’è l’alimentazione alla vigilia?

Lo sforzo in effetti è simile perché si è entrambi “a tutta” per tutto il tempo, però la crono è uno sforzo più costante mentre nel ciclocross ci sono molte più variazioni e pure dei tratti da affrontare a piedi. A Tabor per esempio ho bruciato circa 1.200 calorie (un dispendio elevatissimo, ndr). Prima della gara, mangio sempre un piatto di pasta 3 ore prima della corsa con magari del prosciutto crudo.

Quanti watt e quanti battiti mediamente si sviluppano in una gara di cross? E quante calorie si bruciano?

Quanti watt è difficile stabilirlo o dirlo con un numero preciso, perché nelle gare di ciclocross dipende se si scende molto a piedi oppure no. Inoltre c’è un altro aspetto non secondario e molto più pratico. E cioè che pochi atleti hanno due bici con i misuratori di potenza e per questo se si cambia bici non si hanno più i parametri.

Bertolini per mettere la bici sulla spalla non usa la borraccia, ma qualcuno (caso raro) preferisce averla lo stesso
Bertolini per mettere la bici sulla spalla non usa la borraccia, ma qualcuno (caso raro) preferisce averla lo stesso
Puoi raccontarci nel dettaglio il tuo pre-gara? Cosa mangi, cosa bevi. Come ci si regola tra la recon e l’ora di partenza…

La mia giornata tipo pre-gara inizia con la prova del percorso. Ed è qui che inizio a prestare molta attenzione all’integrazione e agli integratori (nel caso di Bertolini EthicSport, ndr). Dopo questa sgambata di sopralluogo di solito mangio uno Sport Fruit oppure una barretta normale non proteica. Ad un’ora dalla partenza prendo, mischiandoli, il Pre Gara Dynamic ed Endurance. E ancora: a 15 minuti dalla partenza uso il Powerflux.

E in gara? Si riesce a mangiare o si beve solo quando magari passi davanti al box? Ed eventualmente cosa mangi?

Nelle nostre gare solitamente non si porta la borraccia perché si ha un impedimento nel mettere la bici in spalla, per questo motivo porto con me solo un gel super Dextrin Boost che utilizzo gli ultimi due giri.

Il Super Dextrin Boost di EthicSport fa parte di quegli integratori che forniscono quel plus di zuccheri per i momenti decisivi delle gare
Il Super Dextrin Boost di EthicSport fa parte di quegli integratori che forniscono quel plus di zuccheri per i momenti decisivi delle gare
Invece il post gara come è gestito? E soprattutto quali parametri lo influenzano? Magari altre gare ravvicinate, il clima, uno sforzo sin troppo eccessivo…

Nel post prendo a una mezz’ora massimo dall’arrivo il Recupero Extreme. Sicuramente tante gare ravvicinate sono un problema e vanno gestite al meglio nel post gara soprattutto con l’integrazione dei liquidi, prima, e dei carboidrati poi.

Il clima influisce sull’integrazione?

Sicuramente quando fa caldo è molto importante l’integrazione prima della gara bevendo molto e assumendo sali. Mentre se fa freddo è sempre importante bere ma, chiaramente, non così tanto come quando c’è il caldo.

Tipo di percorso e di terreno: anche questi influiscono sull’integrazione? In questo caso parliamo di aggiustamenti “millimetrici”, immaginiamo…

Da parte mia no, non arriviamo a tanto. Personalmente ho queste abitudini nel pre e post gara con le quali mi trovo molto bene e per questo preferisco non variarle.

Il Team Van Rysel decolla, ma la bici è ancora segreta

24.10.2022
4 min
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Spesso quello che si vede non è quello che si può mostrare. E’ successo all’Italian Bike Festival, con bici che abbiamo da parte pronti per mostrarvele e si è ripetuto alla Roc d’Azur. Nel maxi evento di Frejus, in Costa Azzurra, Van Rysel ha messo appena un po’ alla finestra la sua nuova bici da ciclocross, svelata appena pochi giorni dopo l’annuncio del team ufficiale, composto dal campione di Francia Joshua Dubau, oltre a Romain Seigle che fino al 2021 correva alla Groupama-FDJ e Lucas Dubau.

La nuova bici da cross è stata mostrata a pochi occhi… discreti (foto Louis Legon)
La nuova bici da cross è stata mostrata a pochi occhi… discreti (foto Louis Legon)

Non solo strada

Il marchio francese continua a muovere i suoi passi verso un’offerta completa al 100 per cento e a ben vedere quello che mancava erano le bici. In occasione di un incontro con i suoi vertici nella tappa di Dunkerque del Tour de France, ci eravamo limitati a parlare dell’impegno per l’abbigliamento della Cofidis e della possibile fornitura futura di biciclette.

«Le bici – aveva spiegato Marion Gachies, responsabile della comunicazione – non saranno pronte per il prossimo anno, ma ci stiamo lavorando con alcuni atleti. Nel 2023 saranno pronte quelle da crono su cui avviare lo sviluppo. Sono loro il vero fronte della sfida, perché fornire le bici a una squadra WorldTour significa essere al top per quelle da strada e quelle da crono. Nel 2024 saremo pronti e allora magari ci aggiorneremo per riparlarne».

La nascita del Team Van Rysel di ciclocross è il modo per iniziare a occupare il terreno, con l’appoggio di Peltrax, colosso francese nel mondo del bricolage e non solo.

I tre atleti avranno in calendario eventi sul territorio fracese, ma prenderanno parte anche a prove di Coppa del mondo e ad altri eventi internazionali.

Monocorona Sram Red

Quello che si è visto e non si può mostrare è il primo volto della RCX da ciclocross, ammesso che sarà questo il suo nome e che al momento della presentazione non sarà stat rivoluzionata. Dall’azienda francese confermano che il lancio ufficiale potrebbe avere luogo a marzo-aprile 2023, ma non ci sono per ora dettagli più precisi.

La sigla RCX potrebbe denotare il modello da ciclocross di Van Rysel (foto Louis Legon)
La sigla RCX potrebbe denotare il modello da ciclocross di Van Rysel (foto Louis Legon)

La bici ha telaio in carbonio, è montata con gruppo Sram Red e ha ruote Duke con coperture Challenge. Geometria estremamente race, con l’innesto degli obliqui sul piantone ben al di sotto del nodo di sella, per un orientamento di rigidità e leggerezza molto diffuso. Il tubo orizzontale in realtà ha un andamento arcuato che incide sul comfort e la reattività della bici.

Per quello che è dato capire al momento, la componentistica per il team ufficiale vede manubrio, attacco e reggisella di FSA e la sella Fizik.

Joshua Dubau ha già portato la nuova bici alla vittoria in Coppa di Francia (foto Facebook)
Joshua Dubau ha già portato la nuova bici alla vittoria in Coppa di Francia (foto Facebook)

Altro per ora non è dato di sapere, salvo annotare che il campione francese ha portato alla vittoria la sua maglia tricolore e la sua nuova bici nella gara di Vouille. Per il resto, restiamo in osservazione, certi che presto altri indizi verranno alla luce.

Calendario del cross: abbondanza e discussioni

19.10.2022
4 min
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Come nasce il calendario nazionale del ciclocross? E perché si permettono sovrapposizioni che in qualche modo danneggiano un organizzatore rispetto a un altro? Girando su campi di gara (in apertura la prova di Osoppo del GIC 2022-23, foto Billiani), nelle discussioni sui social e leggendo i messaggi che ultimamente ci sono arrivati, il tenore delle domande è più o meno questo.

Dato però che il modo migliore per avere delle risposte è fare le domande ai diretti interessati, siamo approdati ancora una volta da Massimo Ghirotto, Presidente della Commissione Fuoristrada. E vedendo il numero delle volte in cui di recente lo abbiamo tirato in ballo, viene da chiedersi (col sorriso) se al momento di accettare l’incarico il padovano si aspettasse tutto quello in cui ha dovuto metter mano. Dal cross ai regolamenti del gravel, passando ovviamente per la mountain bike e la Bmx.

Ghirotto è in FCI dal 2021: eccolo alla prima Serenissima Gravel dello scorso anno con Celestino
Ghirotto è in FCI dal 2021: eccolo alla prima Serenissima Gravel dello scorso anno con Celestino

Ripresa generale

Prima di cominciare ci permettiamo però una considerazione. Grazie al lavoro certosino degli anni scorsi di Fausto Scotti, il cross è tornato a occupare ogni weekend da ottobre a gennaio. E se nel 2020 e 2021 l’unico circuito ripartito dopo il Covid e durante il Covid è stato proprio il Giro d’Italia organizzato dall’ex cittì (che si serviva di quelle tappe per osservare i corridori in odore di azzurro), oggi è ripartito anche tutto il resto. Per questo probabilmente in alcune occasioni capiterà ancora di pestarsi i piedi.

Buongiorno Massimo, spiegaci: come nasce il calendario del cross?

Niente di troppo diverso dagli altri calendari. Ogni società propone la sua data, sapendo che su indicazione dell’UCI le internazionali hanno la precedenza. Per questa stagione ne abbiamo 8, compresa la Coppa del mondo di Vermiglio. Poi ci sono circuiti storici, come il Giro d’Italia, il Master e il MediterraneoCross. Vista tanta abbondanza, abbiamo pensato di mettere un tetto alle prove dei circuiti, valutando che in tre mesi di attività non si possa andare oltre le 6 prove. Penso sia anche nel loro interesse.

Anche quest’anno a dicembre torna la Coppa del mondo a Vermiglio
Anche quest’anno a dicembre torna la Coppa del mondo a Vermiglio
Da quale punto di vista?

Possono concentrarsi sulla qualità delle prove, sapendo che chi punta alla classifica del circuito avrà meno problemi a farle tutte.

Qualche sovrapposizione ugualmente si è creata. Ad esempio il 30 ottobre, il 6 e il 13 novembre…

Questo calendario c’è da mesi e abbiamo discusso a lungo delle concomitanze. Parlando del 13 novembre, ad esempio, si parla di una gara a Ovindoli e una a Bisceglie. Si fa spesso il discorso che il Sud è penalizzato dalle tante trasferte. Sono gare in cui si va anche per fare punti per il ranking Top Class. Così abbiamo valutato che la prova di Ovindoli, che in un primo momento doveva essere a Ferentino, sia più facilmente raggiungibile dalle società del Nord. Mentre in Puglia avranno occasione di correre le altre. A me sembra il modo di non costringere tutti a trasferte troppo costose.

Stesso discorso per Brugherio e Follonica?

In quel weekend ci sono l’internazionale di Brugherio il 29, la nazionale di Brugherio, la tappa di Follonica del Giro d’Italia il 30 e la gara nazionale di Firenze il primo novembre. Le società organizzate potrebbero fare l’internazionale e poi spostarsi in Toscana, non ci sono distanze proibitive. Non vedo grossi problemi se anche qualcuna si fermasse per due giorni a Brugherio, partendo dal presupposto che è un calendario molto concentrato di eventi. La soluzione per evitare sovrapposizioni sarebbe non autorizzare qualche gara, ma sarebbe ingiusto verso le società. E del resto non si può ampliare il periodo, perché a ottobre si corre ancora su strada e a febbraio parte la stagione della mountain bike. Per cui è tutta una questione di incastri, mentre c’è chi non si fa problemi, una volta completato il calendario, a chiedere di cambiare località o data…

Il DP66, team creato da Daniele Pontoni, si è subito messo in luce nella stagione (foto Lisa Paletti)
Il DP66, team creato da Daniele Pontoni, si è subito messo in luce nella stagione (foto Lisa Paletti)
Accade spesso?

Accade. Passi giorni a contattare gli organizzatori. E poi quando i termini sono scaduti, arrivano richieste di spostamento. Come quella del Giro d’Italia, che nella stessa domenica sposta la gara da Ferentino a Ovindoli. Poco male, perché la distanza è la stessa.

Nessun problema quindi…

Ci terrei però che si tutelasse il metodo. Ci sono i tempi per pianificare il calendario. Ma se autorizziamo uno spostamento a termini chiusi, come facciamo a negarne un altro? Il cross è ripartito alla grande e Scotti ha avuto grande merito. Ma proprio perché i numeri sono così importanti e l’attività ricca, credo che possiamo tutti sopportare qualche sovrapposizione di data.

WorldTour e testa sulla strada. Ecco la “nuova” Realini

15.10.2022
5 min
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Solitamente, quando iniziava la stagione di ciclocross, Gaia Realini era lì, subito tra le protagoniste. Quest’anno non si è ancora vista e probabilmente ci sarà molto da attendere, perché la pescarese sta diventando sempre più una stradista. Nelle stesse ore dell’inizio della stagione sui prati, la Realini era d’altronde ancora impegnata nelle ultime classiche italiane, peraltro con risultati abbastanza lusinghieri.

Facendo il bilancio della sua stagione Gaia si dice decisamente soddisfatta anche se qualcosa non ha funzionato: «Ripensandoci mi resta un po’ di rammarico per il Giro d’Italia. Ho accusato enormemente la giornata di riposo. Il giorno dopo sono andata subito in crisi e ho perso le opportunità sia per la classifica che per lottare per la maglia bianca che era il mio obiettivo. E’ stata un’esperienza sulla quale ragionare, perché quello stop l’ho accusato molto. Sapevo che nel ciclismo si è sempre detto che il riposo in un grande giro è un’arma a doppio taglio, ma non credevo così tanto…».

La Realini è andata in crescendo nel finale di stagione. Ora vuole un 2023 subito a tutta
La Realini è andata in crescendo nel finale di stagione. Ora vuole un 2023 subito a tutta
E’ però anche vero che dal Giro sei uscita con una buona condizione…

Sì e me la sono portata dietro a lungo. Mi sono sentita meglio rispetto allo scorso anno e ho potuto affrontare le altre gare con maggior convinzione. Tenevo particolarmente al Giro di Toscana, volevo confermare la maglia verde di leader della classifica della montagna e ci sono riuscita. Poi nel Giro dell’Emilia e alla Tre Valli sono venute due top 15 che per me hanno molto valore, perché erano gare con al via le formazioni WorldTour, trovare spazio là in alto non era per nulla scontato.

WorldTour che ora diventerà la tua casa. Quand’è nato il contatto con la Trek Segafredo?

Già lo scorso anno avevo avuto contatti e nel periodo invernale la cosa si era già concretizzata, ma avevamo deciso insieme che un altro anno di esperienza mi avrebbe fatto bene. Ora è arrivato il momento di fare il salto e sono eccitatissima al solo pensiero.

Dopo gli inverni nel ciclocross la pescarese vuole concentrarsi sulla preparazione su strada
Dopo gli inverni nel ciclocross la pescarese vuole concentrarsi sulla preparazione su strada
Che cosa dicono nel nuovo team della doppia attività?

Loro sono favorevoli, tanto è vero che ci sono le olandesi Brand e Van Anrooij che gareggiano in entrambe le discipline. Mi hanno lasciato ampia libertà, ma per quest’anno il ciclocross per me passa in secondo piano perché voglio concentrarmi sulla strada. Non ho mai fatto una preparazione invernale canonica, seguendo tutti i ritmi e credo che sia il caso di farlo proprio pensando a quel che mi aspetta.

Come ti avvicini a questa nuova esperienza?

In punta di piedi, con molta umiltà e un pizzico di apprensione. Non so che cosa mi aspetta, ma quel che è certo è che si tratta di un grande salto di qualità. Il livello sale e temo sia pesante perché la stagione è molto lunga e impegnativa, non sono più gare open con tutto il rispetto per esse. Io non mi pongo obiettivi, se non quello di apprendere il più possibile.

La vittoria di tappa al Giro di Campania con la Realini che alla fine ha portato a casa la classifica generale (foto Ossola)
La vittoria di tappa al Giro di Campania con la Realini che alla fine ha portato a casa la classifica generale (foto Ossola)
Conosci già lo staff e le compagne?

Per ora ho avuto contatti solo con le italiane, aspetto il primo ritiro per conoscere tutti gli altri.

Che effetto ti fa essere nella stessa squadra con i riferimenti del ciclismo italiano, Balsamo e Longo Borghini?

Per me è solo un onore. Elisa Balsamo ha solo 3 anni più di me ma ha già vinto tantissimo, la Longo Borghini la guardavo in tv e sognavo un giorno di poterla imitare, ora potremo gareggiare insieme.

Oltretutto vi unisce la capacità di emergere in salita…

Infatti spero tanto che avremo occasione di gareggiare insieme e io potrò mettermi a sua completa disposizione appena la strada si rizzerà sotto le ruote. Per me lei è un riferimento e io sarò a sua disposizione al 100 per cento.

Al Giro l’abruzzese è stata terza fra le giovani, ma si aspettava di più
Al Giro l’abruzzese è stata terza fra le giovani, ma si aspettava di più
Guardandoti indietro che cosa lasci?

Non lascio una squadra, ma una famiglia. Alla Isolmant mi hanno fatto fare tutto al meglio, Fidanza stesso non è un direttore sportivo, ma un papà che sa dare sempre i consigli giusti e poi legge la corsa come nessun altro. E’ davvero incredibile come possa cogliere piccoli particolari che alla fine hanno una grande importanza. Mi dispiace molto aver lasciato quell’ambiente, ma dovevo fare il salto e quello è stato il migliore dei trampolini.

Quindi non ti vedremo nel ciclocross?

Magari qualche gara di preparazione la farò nella seconda parte della stagione, ma senza particolari velleità. La mia mente è già concentrata su un 2023 dove mi metterò in gioco su strada e penso unicamente a quello.