Eva Lechner torna a ruggire: 38 anni e la grinta di una ragazzina

03.11.2023
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La regina è tornata. Eva Lechner, per anni, faro del ciclocross azzurro – memorabili i suoi nove titoli nazionali consecutivi – sta iniziando la stagione del ciclocross col piede giusto. Per lei due vittorie nelle ultime due gare: Salvirola e Firenze. Per l’altoatesina, classe 1985, questa è la 14ª stagione tra le elite, ma l’entusiasmo e la serietà sono quelli di sempre (in apertura foto dal web).

Archiviata la stagione in mountain bike con il Trinx Factory Team, Lechner è passata al fango del cross con i colori della Ale Cycling Team. Lo scorso anno aveva fatto molto meno dopo la stagione in Mtb. Aveva bisogno di un periodo di stacco maggiore. Ma quest’anno la voglia di cross è tornata quella di un tempo… forse anche per questo motivo.

Lechner sul gradino più alto del podio a Firenze dove ha preceduto Rebecca Gariboldi, Giada Borghesi, Nicole Pesse e Alice Papo
Lechner sul gradino più alto del podio a Firenze dove ha preceduto Rebecca Gariboldi, Giada Borghesi, Nicole Pesse e Alice Papo
Eva, una stagione iniziata benone si può dire…

In realtà l’inizio non è stato proprio super, ma dopo cinque gare la situazione ha cominciato ad andare meglio. La mia condizione è in una fase crescente. Avevo preso un fortissimo raffreddore proprio in occasione delle prime gare e questo raffreddore lo sentivo tutto… Quindi sin qui direi bene, ma non sono ancora al top.

Come sarà la tua stagione? Cosa possiamo aspettarci?

L’idea è quella di fare bene in ogni occasione. Ho già fatto sette gare. Domenica si correrà a Modena, in pratica a casa della mia squadra, poi farò tutte le corse del Giro e le altre gare italiane, compresa la tappa di Coppa del Mondo in Val di Sole (10 dicembre, ndr).

Niente Nord Europa?

Sì, ma a dicembre. Abbiamo programmato la gara di Namur e poi dopo Natale l’idea è di fare altre gare. Dobbiamo però ancora valutare se fare avanti o indietro o restare lassù per un po’. Vediamo.

L’altoatesina in azione nel Ciclocross del Tergola, prima gara della stagione (foto Instagram – Alessandro Billiani)
L’altoatesina in azione nel Ciclocross del Tergola, prima gara della stagione (foto Instagram – Alessandro Billiani)
Eva ormai sei un’esperta, i tuoi spazi al vertice li hai sempre avuti, ma magari quest’anno senza qualche stradista tornerai ad averne ancora di più. Questo è un “peso” o uno stimolo per te?

A me non cambia nulla: faccio le mie gare e basta. Vero, sono esperta e ho la mia bella età, ma sono arrivata al punto che “posso” e non “devo”. Non devo dimostrare nulla a nessuno. Se riesco a vincere ben volentieri. Se poi sono un esempio per le giovani questo mi fa piacere. E se vado forte e insegno loro qualcosa sono contenta. Io comunque continuo a darci dentro. Continuo a dare il massimo. Insomma non sono per lo spazio ai giovani o che mi sposto. Se posso vinco!

Hai un rapporto di lungo corso con la maglia azzurra… ci pensi ai mondiali, alle convocazioni?

Questa domanda dovreste farla a PontoniSinceramente mi piacerebbe fare il mondiale, ma non sono io a decidere. Io devo solo pensare ad andare forte, poi le scelte spettano ad altri. Questi insomma non sono problemi di un’atleta, l’atleta deve cercare di dare il massimo, punto.

Chi ti piace delle italiane? Cosa te ne pare di questo primo scorcio di stagione?

Beh, c’è Sara (Casasola, ndr) che sta dimostrando belle cose. Si è visto anche da come è andata in Coppa, settima. E in quelle gare per entrare nelle prime dieci devi andare forte. Anche in Svizzera, dove il livello è molto buono, ha convinto. In generale ha un bel passo. Poi mi piace anche Lucia (Bramati, ndr) tra le under 23, anche lei è migliorata molto. E Francesca Baroni se la sta cavando bene in Belgio.

Eva con Lucia Bramati (a sinistra), ormai quasi una sorella minore
Eva con Lucia Bramati (a sinistra), ormai quasi una sorella minore
E in campo internazionale?

Ci sono le due fenomene olandesi, Fem Van Empel e Puck Pieterse che non hanno bisogno di commenti. Vanno forte su ogni tipo di percorso. Mi piace la giovane Zoe Backstedt che sta crescendo molto bene. E sono atlete di sostanza anche la lussemburghese Marie Schreiber e l’ungherese Blanka Vas, che migliora di anno in anno.

Un’ultima domanda Eva, magari in questi giorni le cose sono cambiate sul fronte del meteo, ma cosa ne pensi di questo ciclocross col nuovo clima? Una volta questa disciplina era quella del fango, della pioggia, del freddo… adesso spesso si corre con più di 25 gradi e tutto è secco.

E’ cambiato moltissimo, è vero. Fa più caldo. In passato mai avevo usato la borraccia in corsa, quest’anno sempre. E anche i percorsi. Sono più duri, più veloci, mentre io li preferisco più tecnici, con il fango.

Sotto lo sguardo di Borgato: tre top e tre flop del Giro Donne

12.07.2023
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Lo ha seguito, lo ha commentato, lo ha vissuto: con Giada Borgato (nella foto di apertura) torniamo sul Giro d’Italia Donne. Una sorta di resoconto che ci porta ad analizzare i tre top e i tre flop della corsa rosa al femminile.

Grosse sorprese non ce ne sono, ma è interessante conoscere il perché dei giudizi elargiti dalla padovana. Giudizi sempre tecnici e mai banali, tipici di chi ha corso fino a pochi anni fa.

Van Vleuten versione Cannibale: tre tappe, maglia rosa, maglia della classifica a punti e quella dei Gpm
Van Vleuten versione Cannibale: tre tappe, maglia rosa, maglia della classifica a punti e quella dei Gpm

Van Vleuten famelica

Partiamo dai top, dalle ragazze che si sono ben distinte. E in pole position Borgato mette Annemiek Van Vleuten. 

«Una Annemiek prendi-tutto, una cannibale – spiega Giada – si è dimostrata di un altro livello con prestazioni top grazie alle quali lasciava sul posto tutte le altre. Lo ha mostrato sin dalla seconda tappa. Ha preso la maglia rosa, non l’ha più mollata e ogni volta che ha avuto la possibilità di dimostrare di essere la più forte lo ha fatto: nessun regalo a nessuna».

Il cannibalismo dell’atleta della Movistar è per Borgato forse l’unico aspetto negativo di questa formidabile atleta. Giada sostiene che almeno nella tappa di Alassio, Annemiek poteva lasciare andare.

«Aveva già un grande margine sulla seconda, poteva restare con le altre – magari riaccendendo un filo di souspence, aggiungiamo noi – e lasciare quel traguardo parziale. Poteva far vedere che stava facendo un pizzico di fatica anche lei.

«Okay che decide di vincere in maglia rosa sul Santuario di Madonna della Guardia, ma per il resto… Ma lei è sempre stata così, per di più è all’ultimo anno di carriera e voleva lasciare un segno forte. Di un’altra categoria».

Gaia Realini ha mostrato sangue freddo quando si è ritrovata leader
Gaia Realini ha mostrato sangue freddo quando si è ritrovata leader

Brava Gaia

L’altra promossa, e non poteva non essere così, è Gaia Realini. Borgato non si limita ad inquadrarla in questo Giro Donne. La sua escalation l’abruzzese l’ha mostrata sin dall’inizio della stagione.

«Ha vinto quest’inverno all’UAE Tour, si è ripetuta alla Vuelta. Oltre al podio, mi è piaciuto il suo atteggiamento: sempre propositiva, sempre attiva… anche per la squadra. Un podio al Giro Donne a 22 anni è un successo. In più ha conquistato la maglia di miglior giovane e quella di migliore italiana. Credo che neanche lei se lo immaginava prima di partire».

Borgato esalta anche un altro aspetto di Realini, vale a dire la tenuta psicologica. Di fatto Gaia si è trovata ad essere leader, ma ha tenuto bene.

«Si è ben comportata in questo ruolo, doveva lavorare per Elisa Longo Borghini e si è ritrovata capitana, che è tutt’altra cosa. Altre pressioni e non era in una squadretta.

«E’ anche vero che le ragazze sono state compatte. La Deignan, esperta, era la sua ombra. Nella Lidl-Trek, mi diceva anche Slongo, c’era tanto affiatamento, ma si vedeva anche da fuori, si percepiva. Davvero un bel salto di qualità per questa ragazza, che ha ancora grandi margini di crescita».

Borgato ha esaltato la crescita del movimento. Una crescita che si riscontra nelle prestazioni e anche fisicamente con strutture più corpose
Borgato ha esaltato la crescita del movimento. Una crescita che si riscontra nelle prestazioni e anche fisicamente con strutture più corpose

Ciclismo femminile: si vola

Il terzo top Borgato lo assegna, con un certo piacere, non ad un’atleta ma… al movimento ciclistico femminile. 

«Ogni volta – dice Borgato – resto stupita di quanto sia cresciuto. Cammino nelle aree dei parcheggi e vedo bus, ammiraglie, motorhome dei meccanici. Oggi gli organizzatori quando devono preparare un evento devono sedersi bene ad un tavolo. Una volta bastava un piccolo parcheggio, arrivavano qualche auto e qualche furgone ed era fatta. Ora servono spazi ampi davvero».

«Anche gli staff sono cresciuti. Alcune squadre arrivavano a venti persone fra diesse, massaggiatori, meccanici… Venti persone per sette ragazze. E tutto questo porta ad un incremento delle prestazioni. Adesso per le cicliste è un lavoro vero. Tutte hanno fatto dalle due alle tre settimane di altura prima del Giro Donne. Ai miei tempi se ci andavi, salivi una settimana l’anno e a tue spese.

«Sono felicissima di questo aspetto e ammetto che provo anche un pizzico d’invidia! Ma ben venga questo livello».

Marta Cavalli ha chiuso il Giro Donne in 14ª piazza. «Eppure – ha detto Borgato – a giugno aveva dato segnali di ripresa»
Marta Cavalli ha chiuso il Giro Donne in 14ª piazza. «Eppure – ha detto Borgato – a giugno aveva dato segnali di ripresa»

Forza Marta

Passiamo invece a chi in questo Giro Donne è stato “bocciato”. Tra i flop, Giada parte da Marta Cavalli… Tutti ci aspettavamo tanto dalla “Marta nazionale”, ma sappiamo le difficoltà che sta vivendo in questa stagione.

«Marta è la prima che mi viene in mente – dice Borgato – Nulla di preoccupante, ci siamo anche parlate. Veniva da un super 2022: una campagna del Nord ottima, il Giro Donne… Però questa stagione non è partita con il piede giusto per lei. Ha sempre avuto qualche problema e non è mai riuscita a prendere un buon ritmo, anche se dopo i risultati di giugno un po’ ci ha fatto sperare che la rotta fosse cambiata. E’ stata una delusione per lei stessa, in primis, e poi anche per i suoi tifosi».

«In questo Giro è anche caduta e avvertiva dei dolori al bacino. Mi ha raccontato che anche in virtù di questa caduta, per restare attaccata al gruppo in certi frangenti ha dovuto fare dei fuorigiri che poi ha pagato. Di fatto, poverina, non si è mai vista».

La grinta non manca a Mavi Garcia, ma tatticamente sono riemerse le solite lacune
La grinta non manca a Mavi Garcia, ma tatticamente sono riemerse le solite lacune

Garcia indomabile

Bollino rosso anche per Mavi Garcia. Passano le stagioni ma certi errori, a quanto pare, sono gli stessi.

«Attacca e si stacca. Lo scorso anno è stata terza, quest’anno settima: c’è qualcosa da rivedere. Per Garcia il discorso va oltre la “giornata no”, per me si è gestita male. Se non sei super è inutile che attacchi. A quel punto meglio stare tranquilla, non saltare e magari riuscire a fare quinta».

«In una tappa ha provato a rientrare su Van Vleuten e Longo Borghini, ha speso l’ira di Dio, gli è arrivata a 100 metri, non ha chiuso e si è piantata. Idem verso il Santuario di Madonna della Guardia, quando ha attaccato sulla salita (velocissima, ndr) precedente. Okay che è arrivata tardi al ciclismo, ma ormai è esperta. Mi dicevano i suoi tecnici che lei è così. Anche Giorgia (Bronzini, la sua diesse, ndr) mi ha detto che non è facile da gestire».

Marianne Vos (a destra) e Fem Van Empel… in questo Giro non hanno reso come ci si aspettava
Marianne Vos in questo Giro non ha reso come ci si aspettava da una leonessa qual è

Vos e Jumbo, pollice verso

L’ultimo pollice verso Giada lo indirizza a Marianne Vos e alla sua Jumbo-Visma.

«Partiamo da Marianne. Ha commesso degli errori quasi da principiante. Okay, nella prima volata Wiebes l’ha battuta, ha trovato chi era più forte, ma nella seconda su un arrivo che tirava e quindi perfetto per lei, è partita lunghissima e alla fine si è letteralmente piantata. Ha fatto un gestaccio, ma se la doveva prendere solo con sé stessa. O al massimo con la sua squadra che l’ha lasciata sola. Si è dovuta arrangiare, cosa che sa anche fare bene, ma ha sprecato energie e forse non era lucida. E poi oggi conoscono gli arrivi per filo e per segno. Fanno le riunioni, hanno strumentazioni specifiche… non è come una volta che lo scoprivi quando ci arrivavi».

«Parlando della Jumbo-Visma invece è mancata nella generale. Qualcosa dovranno analizzare. Hanno ottenuto un piazzamento (undicesima, ndr) con Fem Van Empel, ma in generale per uno squadrone come il loro c’è da rivedere la campagna acquisti. Puntavano su Marianne okay, ma anche Vos non può portare sempre tutto il peso del team».

Slongo su Realini: dalla Vuelta Femenina tante certezze

21.05.2023
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Una paio di settimane fa Gaia Realini concludeva al terzo posto la sua Vuelta Femenina. Dopo le belle prestazioni d’inizio stagione e nelle classiche delle Ardenne ancora un traguardo di successo per la portacolori della Trek-Segafredo. Ormai Gaia è una realtà a tutti gli effetti del nostro ciclismo femminile. 

E della Vuelta e non solo vogliamo parlare con Paolo Slongo suo direttore sportivo, e preparatore di lungo corso. Paolo non segue direttamente Gaia, ma ha l’occhio dell’allenatore e comunque ha accesso a dati e tabelle. Partendo da questa Vuelta facciamo un punto con lui.

Paolo Slongo (classe 1972) è uno dei diesse della Trek-Segafredo. Qui con la con la mental coach, Elisabetta Borgia
Paolo Slongo (classe 1972) è uno dei diesse della Trek-Segafredo. Qui con la con la mental coach, Elisabetta Borgia
Paolo, ti aspettavi una Realini già a questo livello al suo primo anno di WorldTour? Ha disputato una grande Vuelta…

Sicuramente Gaia ha dalla sua la carta d’identità. E’ giovane. Noi l’avevamo notata due anni fa al Giro Donne quando si faceva tappa su Matajur e lei ottenne un ottimo piazzamento (fu 11ª, ndr) nonostante fosse una ragazzina e corresse in un team più piccolo. Guercilena la volle prendere subito e la lasciò poi un altro anno a maturare in quella squadra. Che dire, è una bella persona e un’atleta molto determinata. Non ha paura del lavoro ed è predisposta ad imparare. Lavorarci insieme è piacevole.

E delle sue doti? Già in parte te lo avevamo chiesto dopo la super prestazione al UAE Tour Women…

E’ senza dubbio un’ottima scalatrice e con queste sue doti potrà portare a casa tanto. Io l’ho diretta al UAE Tour, come detto, al Trofeo Oro, alla Vuelta e presto anche al Giro. Vedo che sta imparando tanto. Anche col vento e nel muoversi in gruppo.

A proposito di gruppo: come la vedi? Non era facile entrare in un team, di grandi campionesse. Nelle Ardenne dopo gli arrivi abbiamo notato grandi abbracci…

Gaia si è ben integrata e adesso sempre di più col fatto che capisce e parla meglio l’inglese. Poi è simpatica, è piccolina… insomma si fa voler bene. E’ entrata in pieno nelle dinamiche del team e questo credo le dia ancora più forza.

Gaia Realini (terza da sinistra) si è ben integrata nel team. L’abruzzese ha solo 21 anni (foto Instagram)
Gaia Realini (terza da sinistra) si è ben integrata nel team. L’abruzzese ha solo 21 anni (foto Instagram)
Alla Vuelta era partita da capitana?

Le leader erano lei e Amanda Spratt. Poi Amanda è stata sfortunata nel giorno dei ventagli. Quando il gruppo si era spezzato, nel primo gruppo ne avevamo tre, tra cui le due leader appunto. Ma Amanda ha forato nel momento clou. A quel punto senza compagne Gaia è scivolata in coda al gruppo e poi si è staccata. Se non fosse successo tutto ciò avrebbe potuto vincere la Vuelta.

Beh, detto da te, che ne hai viste di storie, è una dichiarazione importante e che fa ben sperare in ottica futura…

E’ un bel bagaglio di esperienza. Chiaramente con le sue caratteristiche fisiche Gaia soffre certi ritmi e certe situazioni in pianura. Comunque dopo che anche lei si è staccata a quel punto ho fermato l’unica atleta che ci era rimasta davanti per limitare i danni. Quel giorno abbiamo perso 2’41”.

Una bella batosta.

Esatto. Il giorno dopo sul bus, ho prima fatto i complimenti alle ragazze per l’impegno che ci avevano messo. Ho detto loro che si era trattato solo di sfortuna ma che in vista del finale della Vuelta c’era spazio per recuperare. «Possiamo fare una top 5», dissi. Tutte mi guardavano con incredulità. Ma io conoscevo bene l’ultima salita, quella dei Lagos di Covadonga, l’avevo fatta ai tempi di Nibali e mettendo insieme tutte le cose tra quella tappa e la penultima – anch’essa frazione dura – si poteva fare bene.

Nei ventagli di La Roda (terza tappa) Realini perde 2’41” da Van Vleuten, l’esatto distacco avuto poi nella generale a fine Vuelta Feminina
Nei ventagli di La Roda (terza tappa) Realini perde 2’41” da Van Vleuten, l’esatto distacco avuto poi nella generale a fine Vuelta Feminina
E infatti Gaia ha vinto a Laredo e ha fatto seconda ai Lagos… Quindi che motore ha? E’ pronta per i grandissimi appuntamenti?

Beh, è giusto dire che la allena Matteo Azzolini, io l’ho diretta in corsa. Certo che si è visto come su certi percorsi abbia combattuto alla pari con Van Vleuten e le altre che hanno espresso valori assoluti. Valori che di solito si esprimono d’estate nel clou della stagione, parlo di roba da Giro e Tour. Lei è lì e con un certo margine per il futuro.

E dove lo può pescare questo margine? 

Per lei è tutto nuovo. E’ importante che l’atleta prenda consapevolezza di quanto fatto. Capire che anche nei grandi Giri puoi competere con Van Vleuten e Vollering vuol dire molto. Più passa il tempo e meno avrà paura. Senza contare che poi certe corse ti portano ad una crescita fisiologica.

E ora, Giro d’Italia Donne?

Tra qualche giorno la porterò con le altre ragazze al San Pellegrino. Ci resteremo fino all’11 giugno. L’idea è di preparare il Giro, il Tour e l’italiano. Spero solo che questa pioggia sia alle spalle per quei giorni! 

In questa stagione, e ancora di più in questa Vuelta Feminina, Realini ha acquisito consapevolezza. Eccola con Vollering e Van Vleuten
In questa stagione, e ancora di più in questa Vuelta Feminina, Realini ha acquisito consapevolezza. Eccola con Vollering e Van Vleuten
Per Gaia è il ritiro in quota? Anche questo contribuisce al margine di cui dicevamo…

Sicuramente è il suo primo ritiro in quota di squadra. Per lei sono tutte cose nuove che fanno parte del ritrovarsi in un team grande. Anche solo fare i massaggi ogni giorno lassù non è poco, ti dice del salto di qualità. E stare con atlete di livello come Longo Borghini, Chapman o Spratt è stimolante.

Come lavorerete? Tanta endurance?

Tanta endurance, ma anche sui volumi. Mi spiego: essendoci lassù delle salite lunghe le ragazze possono stare per tempi più lunghi su determinate zone d’intensità. Poi inserirò anche qualche seduta più spinta e con il mio storico scooter le farò fare anche del dietro motore per il lavoro a crono, pensando al prologo del Giro.

La salita, la forza, i sogni: a tu per tu con Erica Magnaldi

31.12.2022
5 min
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Erica Magnaldi è una delle scalatrici più forti del panorama internazionale e di sicuro una delle migliori in Italia. Quella del 2022 è stata una buona stagione, anche se forse le è mancato l’acuto. Però è cresciuta. E’ stata costante. Il primo anno di WorldTour non è così semplice alla fine.

L’ex sciatrice di fondo ci ha dedicato del tempo e con lei si è parlato, tra le altre cose, anche del ruolo della scalatrice. Figura tanto amata quanto coinvolta in un periodo storico particolare. Tra gli uomini gli scalatori puri iniziano a scarseggiare. E’ così anche tra le donne? Sentiamo cosa ci ha detto l’atleta della UAE Adq.

Erica Magnaldi (classe 1992), qui durante l’intervista, si appresta ad iniziare la sua sesta stagione da pro’
Erica Magnaldi (classe 1992), qui durante l’intervista, si appresta ad iniziare la sua sesta stagione da pro’
Erica, che stagione è stata quella appena finita?

E’ stata una stagione con degli ottimi risultati, sia individuali che di squadra e sicuramente una bella prima stagione con questa nuova squadra. Sono fiera di aver portato questi colori e di continuare a farlo anche nel 2023. Ma è stata anche una stagione conclusa con largo anticipo, perché ho deciso di affrontare un intervento chirurgico a fine agosto. Mi sono operata all’arteria iliaca per risolvere un problema. Ci ho dovuto convivere tutto quest’anno e molto probabilmente anche in passato. 

Cosa significa convivere?

Ho dovuto gestire questa situazione durante le gare, correre in maniera un po’ diversa. Spesso non potevo esagerare, fare dei grossi fuori giri in quanto sapevo che non avrei tenuto per via della gamba. Però, nonostante questo, sono riuscita comunque a togliermi delle belle soddisfazioni. 

In ottica 2023, questo intervento potrà cambiare molto. Immaginiamo ti possa dare fiducia… 

Sicuramente. Aver deciso di fare l’operazione è stato proprio per questo. Volevo risolvere completamente questo problema per essere libera. Ero cosciente di quello che ero riuscita a fare, nonostante fossi parzialmente limitata. Poter fare le prossime stagioni al pieno delle mie forze magari mi farà fare un piccolo step. E’ stata un’operazione complessa e può recidivare. Io tra l’altro sono stata particolarmente sfortunata perché ho dovuto farla due volte: al primo tentativo non era stata risolutiva e quindi dopo un mese mi sono dovuta operare di nuovo. E’ stata dura mentalmente. Però sono contenta di esserne uscita e di aver ripreso ad allenarmi. 

Quanto sei stata ferma?

Due mesi e mezzo. Mi è mancata tanto la bici, però l’aspetto positivo è che non ho mai avuto così tanta voglia come quest’anno di allenarmi.

La cuneese ha subito una doppia operazione a fine estate (foto Instagram)
La cuneese ha subito una doppia operazione a fine estate (foto Instagram)
Erica, sei una scalatrice con l’arrivo di un’atleta forte come Silvia Persico come vi gestirete in salita? Immaginiamo che lei avrà un ruolo importante visti i suoi risultati…

Intanto bisognerà vedere quanto tempo ci metterò a ritrovare una buona condizione e come risponderà il mio fisico allo stress importante a cui è stato sottoposto. Immagino che nella prima parte di stagione non potrò essere al 100%, pertanto sarò più che felice di mettermi a disposizione in qualsiasi ruolo la squadra voglia affidarmi, per Silvia e per le altre. Il livello medio della squadra si è alzato molto e abbiamo diverse carte che possiamo giocarci bene. Sono felice di essere una di queste pedine.

Cosa ti aspetti da te stessa?

Se le cose andranno come spero e arriverò bene agli appuntamenti a cui tengo di più, avrò dello spazio anche per me stessa. E gli appuntamenti a cui tengo sono le corse dure, quelle in salita…  quindi i grandi Giri.

Parlando con i tuoi colleghi uomini, si dice che la figura dello scalatore puro stia scomparendo: evoluzione delle preparazioni, dei materiali, dei rapporti… Lo scalatore da 55 chili è ormai una chimera. E’ così anche tra le donne, visto che il livello cresce come tra gli uomini?

Penso che in parte sia così anche tra le donne. Anzi, forse da noi questa cosa si avverte ancora di più. E’ sempre più difficile sperare di staccare tutte su una salita secca e arrivare da sole. E dipende anche dai percorsi. Le occasioni per farlo sono molto poche, si contano sulle dita di una mano. Alla fine sono quelle poche tappe al Giro o al Tour in cui effettivamente si riesce a fare una corsa di grande selezione, proprio perché il livello medio si è alzato molto. Solo nell’avvicinamento alla salita se sei una scalatrice pura e magrolina, se non hai i watt, la potenza per reggere in pianura… fai tanta fatica. Puoi essere la più forte al mondo in salita, ma se ci arrivi consumata dallo sforzo non puoi esprimerti al 100%.

E se ci fossero stati i vecchi rapporti, tu che sei una scalatrice saresti stata avvantaggiata? Prima il 34 non c’era e la passista-scalatrice riesce a difendersi con l’alta cadenza…

Probabilmente i rapporti più corti avvantaggiano più loro che noi scalatrici, però resto dell’idea che ormai comunque devi essere capace di difenderti su ogni terreno. Bisogna avere una certa potenza di base.

La salita è il terreno preferito dalla Magnaldi. «Per andare forte – dice – non basta solo essere leggere ma serve anche la forza pura»
La salita è il terreno preferito dalla Magnaldi. «Per andare forte – dice – non basta solo essere leggere ma serve anche la forza pura»
A proposito di potenza, ci sembri più tonica, più muscolosa. E’ così effettivamente?

E’ vero, ho lavorato parecchio sulla forza. Io ho iniziato tardi con il ciclismo: quando sono diventata una pro’ avevo già 24 anni. Da quando ho iniziato, anno per anno, ho visto che il mio corpo è cambiato. Già soltanto aumentando la quantità di chilometri ho sviluppato dei muscoli differenti. In più negli ultimi due anni ho introdotto anche la preparazione in palestra e ne ho tratto un gran beneficio.

E’ fondamentale ormai…

E’ così. E’ necessario per poter rispondere agli attacchi, per poter tenere bene in gruppo e non essere al gancio già in pianura. Avere appunto un po’ di watt assoluti è vitale, non conta soltanto un buon rapporto potenza/peso.

Prima hai detto che le tappe per voi scalatrici si contano sulle dita di una mano: e allora qual è il sogno di Erica Magnaldi?

Se dovessi scegliere una corsa mi piacerebbe vincere una tappa. Una di quelle dure del Giro, del Tour. E perché no, magari centrare una top five in classifica generale. 

Giù il tabù della massaggiatrice. L’esperienza di Laura Doimo

29.12.2022
6 min
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Donne e ciclismo, un connubio che fino a qualche anno fa non era così scontato, anzi… Ma qualcosa si muove. Merito dei tempi che cambiano e, nel caso più specifico, dell’avvento del WorldTour femminile che ha dato un grande impulso anche culturale se vogliamo. E così ecco che Fabiana Luperini diventa la prima direttrice sportiva italiana in una squadra maschile, il Team Corratecche ci siano più addette stampa e persino delle massaggiatrici in pianta stabile tra i pro’. Una di queste è Laura Doimo.

E quello della massaggiatrice è il ruolo più delicato. Interfacciarsi con una massaggiatrice donna per molti è più complicato. E anche per questo motivo per loro trovare spazio nei team non è facile. La Doimo però è una di coloro che invece sembra averlo trovato questo spazio. Laura infatti dalla prossima stagione farà parte dello staff della Q36.5

Ad aprire le porte del grande ciclismo alla Doimo è stato Francesco Frassi (alla destra di Laura), ora diesse della Corratec
Ad aprire le porte del grande ciclismo alla Doimo è stato Francesco Frassi (alla destra di Laura), ora diesse della Corratec
Laura sei stata la prima massaggiatrice italiana in una squadra maschile… Tu avevi iniziato con l’Amore e Vita e c’era anche Francesco Frassi, il quale ha oggi richiamato alla Corratec anche la Luperini. Serviva dunque una persona più sensibile per rompere questo tabù?

Sì, fu Frassi a coinvolgermi tra gli uomini. Io ero nel mondo femminile, ma volevo passare a quello maschile. Facemmo una trasferta in Francia. Era una gara di cinque giorni. Erano i tempi dell’Amore e Vita e quella esperienza mi ha praticamente fatto entrare nel mondo maschile. Sei anni fa poi la differenza era molto più marcata, adesso invece tra donne e uomini è tutto molto più simile. A quei tempi una donna ai massaggi faceva paura. Frassi mi disse: “Non ti preoccupare, vieni via con noi, vedrai che non cambia tanto”. Mi piacque tantissimo e mi accorsi subito che era tutta un’altra cosa.

Da lì è iniziato il tutto?

Esatto, perché poi sembra un mondo grande, ma in realtà è piccolissimo. Ti vedono, ti conoscono e ti chiamano. Quest’anno ho lavorato con tante squadre, una diversa dall’altra… anche under 23. Ero al Giro under 23 con l’interregionale.

Laura, raccontaci un po’ la tua storia…

Sono stata insieme ad un corridore per quattro anni. Era un professionista che correva nel WorldTour. Io ero estetista, facevo già i massaggi e avevo fatto dei corsi e degli studi che poi andando avanti ho perfezionato e continuo a fare anche in ambito sportivo. Già all’epoca facevo dei massaggi e spesso li praticavo sul mio compagno. E’ successo che una volta sono andata a vederlo al Tour de France. Sono rimasta con gli altri massaggiatori all’interno del bus e per due giorni ho fatto tutto quello che facevano loro: dagli alberghi a tutto il resto e mi sono innamorata di questo mestiere.

La Doimo ha lottato per ottenere un posto in una squadra maschile. Le prime esperienze risalgono al 2015/2016 con l’Amore e Vita
La Doimo ha lottato per ottenere un posto in una squadra maschile. Le prime esperienze risalgono al 2015/2016 con l’Amore e Vita
E’ comprensibile. E come sei arrivata al ciclismo?

Mi piace muovermi, essere sempre in giro e il mondo dello sport lo adoro. Poi la storia con questo atleta è finita, ho continuato ad avere il mio centro di estetica, ma contestualmente un amico mi ha chiesto se volevo fare la massaggiatrice in una squadra ciclistica femminile. Ho imparato il mestiere anche grazie ad un massaggiatore e fisioterapista della mia zona che lavorava nel ciclismo. Qualche tempo dopo mi hanno proposto di fare questo lavoro a tempo pieno. E così ho mollato il mio centro…

E adesso sei alla Q36.5…

L’anno scorso ho provato a chiedere a tutte le maggiori squadre, soprattutto squadre italiane. Ma queste non vogliono saperne di donne. Alcune squadre straniere sì, anche se non sono entusiaste in prima battuta. Però all’estero è diverso. E’ più accettato questo mio ruolo. Quest’anno ho firmato con la Q36.5. A loro invece piace proprio: vogliono le donne nello staff perché molti di quel gruppo ci si sono trovati bene in passato. 

Resta difficile trovare squadra?

C’è molta difficoltà. Ho avuto delle belle soddisfazioni. Molti ragazzi si sono trovati veramente bene con me, e io con loro. Per assurdo è più facile rispetto al mondo delle donne che è più particolare.

Laura ha collaborato anche con squadre femminile, tra queste la Valcar
La massaggiatrice ha collaborato anche con squadre femminile, tra queste la Valcar
C’è una sorta di pudore da parte dei corridori verso la massaggiatrice donna, pensando che devono spogliarsi durante il massaggio? 

Pudore… io lo vedo dalla parte della donna, perché magari un massaggiatore uomo queste cose non le nota. Diciamo che siamo in un mondo dove gli ormoni sono molto alti, sia nei ragazzi che nello staff. Ma forse, anzi senza forse, gli atleti sono molto più tranquilli. Sì, può succedere a volte che un corridore ci provi, però non ci sono problemi. So io come fare. Il peggio è il resto dello staff. Molti quando vedono una donna, magari anche piacevole, dopo un po’ di giorni che magari si è in trasferta cominciano a fare gli “sciocchi”. Quindi se tu donna sei una persona un po’ debole…

Ci “caschi”….

Esatto. Succede il caos e ti rovini la reputazione, il rapporto di lavoro. Io l’ho sempre detto a me stessa dal primo momento che sono entrata nelle squadre maschili: “Non devo fare la scema”. Non mi è difficile, non ho più vent’anni, quindi so gestire la mia vita. Però è già successo che ragazze più giovani di me siano rimaste coinvolte in alcune storie e si siano bruciate. E tutto sommato posso anche capirlo: ragazzo e ragazza giovani, carini…  Però bisogna ricordarsi che si è sul posto di lavoro. Devi essere professionale e rigare dritta. Perché se sbagli una volta sei segnata per sempre. 

Per molti anni il ciclismo è stato un tabù per le donne anche negli staff. Adesso le cose stanno cambiando
Per molti anni il ciclismo è stato un tabù per le donne anche negli staff. Adesso le cose stanno cambiando
Nel mondo femminile gli staff sono dominati dalle “quote rosa”: è più facile?

Il mondo femminile è completamente un’altra cosa. Là tutto è concesso e non ci sono certi problemi. Però a me piace essere seria: fuori dal lavoro ho la mia vita, all’interno del lavoro ne ho un’altra. Nel mondo femminile è più facile chiaramente. Negli ultimi due anni soprattutto stanno proprio cercando donne per gli staff. E vogliono donne che abbiano potere come le diesse, o che guidino i bus, che facciano i massaggi e persino il meccanico… anche se quest’ultima figura è un po’ più difficile da trovare al femminile. In questi anni ho avuto richieste di continuo dal mondo femminile.

E tu? Prima hai detto che è anche più particolare…

Ci ho già lavorato per quattro anni e posso dire che con le ragazze non è facile. Soprattutto da un punto di vista psicologico. Da donna ammetto che caratterialmente siamo più difficili da gestire. Spesso le atlete se non c’è un problema se lo inventano. E devi avere tanta, tanta pazienza. L’anno scorso ho lavorato con le ragazze dell’Alé e mi son trovata bene con tutte, però è un continuo lavoro psicologico. Vedendola da terapeuta, i ragazzi combattono un po’ di più.

Adesso quante massaggiatrici siete più o meno tra professionisti e professioniste?

Non saprei dire un numero, ma ne vedo sempre di più. Addette stampa ce ne sono parecchie… Comunque i team WorldTour che hanno sia la squadra femminile che quella maschile hanno un numero maggiori di massaggiatrici. Hanno ormai lo staff unico e se lo scambiano. Perciò capita spesso che le donne che sono con le donne magari vadano anche con la squadra maschile. Anche diversi medici sono donne.

Con Alé il dietro le quinte di una WorldTour femminile

10.11.2022
5 min
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Alé ha un animo femminile. Per questo cura i capi per le donne come mai nessuno prima attraverso lo studio della vestibilità e lo stile unico. Questa è la filosofia che viene applicata a 360 gradi in tutta la gamma Alé. Dalla vendita diretta all’e-commerce, fino alla realizzazione del vestiario per un Team WorldTour donne. Alessia Piccolo, AD di APG, è attrice in prima persona dell’intento rivolto a valorizzare il ciclismo rosa, con gamme dedicate e sponsorizzazioni a team giovanili per ragazze. 

Per questo viaggio dietro le quinte prendiamo come esempio il Team BikeExchange-Jayco che l’azienda veneta veste dai maschi alle femmine. Nella realizzazione di materiale tecnico per un team di questa caratura c’è un’attenzione ai dettagli che viene portata ad una cura di livello sartoriale. Scopriamolo insieme ad Alessandro Migliorini, Responsabile Marketing e Monica Rudella, Responsabile del Prodotto. 

La BikeExchange è un esempio di come l’azienda veneta lavori parallelamente su più fronti
La BikeExchange è un esempio di come l’azienda veneta lavori parallelamente su più fronti

La donna al centro

La cura di ogni dettaglio è ciò che fa la differenza, in ambito sportivo questo aspetto è amplificato all’ennesima potenza in più direzioni. Per Alé ogni esigenza e curva del corpo femminile ha un’importanza viscerale e non trascurabile. «Tutti i capi del Team BikeExchange – spiega Monica Rudella – sono studiati sull’anatomia delle donne. Non partiamo dal modello da uomo per poi svilupparlo per la donna, come fanno tutti quanti. Noi facciamo esattamente il contrario partiamo dal femminile ex novo. L’uso comune è quello di prendere il capo maschile e farlo in taglie ridotte. Le nostre modelliste studiano la fisicità femminile e la riflettono nei materiali. Così come il fondello studiato ad hoc per l’esigenze femminili, con punti di pressione totalmente differenti da quelli maschili. Questo secondo me è il plus di Alé.

«Essendo donna, Alessia Piccolo, ci tiene molto alla cura dell’abbigliamento femminile perché è una cosa che ci contraddistingue. Facciamo spesso indossare i nostri capi progettati in laboratorio alle nostre atlete WorldTour prima di metterci il nostro marchio e mandarlo in produzione. Facciamo anche dieci fitting prima di dire che il capo sia corretto».

Cura sartoriale

Alè vanta un’esperienza trentennale in questo settore, per questo la scelta dei tessuti e il saperli abbinare e cucire con cura è una delle arti che contraddistingue l’azienda. Garantire il massimo della performance e regalare le migliori sensazioni alle cicliste anche nelle situazioni più difficili è l’obiettivo che sta alla base di tutto.

«La scelta dei materiali – dice Migliorini – non si differenzia così tanto tra maschi e femmine perché vengono usati filati top di gamma ad alte prestazioni. Più che altro cambia la scelta delle grafiche e i tagli. La vestibilità è un elemento determinante per il comfort femminile. Per esempio fianchi più sciancrati. La parte dietro è adattata perché c’è un’altra fisionomia rispetto al corpo maschile. Le parti davanti non sono mai in rete ma sono chiuse per non essere trasparenti. Poi per quanto riguarda i materiali abbiamo fatto studi e l’esigenze rimangono le stesse. Il fitting rimane un elemento portante per la realizzazione della divisa e dei capi in generale.

«Oltre alla differenza maschio e femmina, bisogna considerare che ogni atleta ha il suo kit. Sono prodotti sartoriali. Per esempio a Sanchez gli piace la manica un centimetro più lunga mentre a Landa un po’ più corta, noi la realizziamo perché sia perfetta per ognuno di loro. Gli atleti hanno tutte le vestibilità fatte su misura. Per una squadra in media facciamo almeno venti tagli differenti, totalmente su misura per ogni corridore. Rispettiamo le esigenze al millimetro perché pensiamo siano dettagli che possono fare la differenza. Sono capi che vanno indossati a pelle quindi devono seguire le linee del corpo in ogni sua fisionomia. Dai training camp si prendono le misurazioni nei team e dopo pochi giorni siamo in grado di fornire i kit a tutta la squadra»

Qui Alessia Piccolo nel 1° Gran Premio Alé
Qui Alessia Piccolo nel 1° Gran Premio Alé

In prima linea Alessia Piccolo

Alessia Piccolo tiene molto al ciclismo femminile e all’attenzione del prodotto in ogni sua fase.

«Alessia vede tutto indossato in posizione bici – dice Monica Rudella – per poter apprezzare ogni dettaglio in movimento. L’atleta si mette sul rullo e cerchiamo ogni particolare registrando tutti i funzionamenti dei tessuti e delle vestibilità applicate. Qualsiasi cosa deve essere indossata in posizione atletica, non in piedi perché quella è la sua vera funzione. La visione di Alessia è totale, non lascia nulla al caso. Sia per la vestibilità, sia per i materiali, è fondamentale che tutto l’insieme sia progettato ad hoc per la donna. Le grafiche il design sono tutti curati, collaboriamo anche con stilisti esterni ma la supervisione passa sempre da lei. Alessia in primis testa i prodotti ed è la prima che ci fa notare correzioni e dettagli da curare prima di mandare in produzione».

La Piccolo è promotrice anche del ciclismo rosa, attraverso sponsorizzazioni. Il 4 settembre si è svolto il Gran Premio Alé Cycling dedicato alle ragazze delle categorie Esordienti ed Allieve.

Dai pro’ agli amatori

La ricerca ha bisogno di “cavie”. Quelle di Alé sono decisamente speciali. Sono i ciclisti professionisti con cui l’azienda collabora da anni. Nessuno come loro è infatti in grado di dare indicazioni e suggerimenti sui prodotti da sviluppare. 

«Viene sviluppato tutto anche in corsa. Per esempio – riprende Rudella – l’atleta ha provato un capo particolare e ha proposto qualche miglioramento o modifica. Noi lo ascoltiamo e lo miglioriamo in laboratorio per la successiva volta. Ed è da lì che noi partiamo per sviluppare la gamma che vendiamo al pubblico, sfruttando questi preziosi consigli per poi regalarli agli utenti che poi andranno ad acquistare i nostri capi. Siamo convinti che i nostri tester siano i corridori sul campo e che questo sia un elemento unico di cui Alé può essere orgogliosa».

Canins, due Tour e un Giro: «Bene la tecnica, meglio la fantasia»

06.11.2022
6 min
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Uno sguardo al ciclismo femminile con Maria Canins, due Tour vinti (foto di apertura), un Giro e un mondiale cronosquadre. E per farlo partiamo proprio da una frase che la campionessa ci disse qualche tempo fa. In un’intervista alla vigilia delle Olimpiadi, Gabriele Gentili le chiese se seguisse ancora il ciclismo femminile.

La Canins rispose così: «Un po’ sì… Forse andrò contro corrente, ma ho sempre pensato che il grande errore del ciclismo femminile sia stato quello di andare troppo dietro a quanto fanno i pro’, quando invece bisognerebbe scegliere una propria via, più semplice, più divertente. Il paragone con l’altro sesso sarà sempre perdente, è come paragonare la gara dei 100 metri maschile in atletica a quella femminile, sarà sempre la prima ad attira.

«Non capisco come facciano a correre con quegli auricolari sempre nelle orecchie, io non li avrei sopportati. A me piaceva correre e inventare, un giorno andava bene e l’altro magari no, ma così era più divertente».

Sei sempre del parere che cercare di paragonare il ciclismo femminile a quello maschile sia sbagliato dopo un anno così intenso per il ciclismo in rosa?

Per me ve bene tutto, il paragone ci sta, ma non deve essere troppo. Va a finire che con troppe gare ci si stanchi e si stanchino le atlete, perché rispetto agli uomini hanno lo stesso calendario, ma sono di meno. Quella a cui abbiamo assistito è stata una stagione davvero ricca di gare.

Troppe gare finiscono per annoiare dunque?

Se non ti fermi mai, arriva il momento in cui poi ti stanchi, che smetti di divertirti, perché almeno per me parte tutto da lì: dal divertimento. E magari va a finire che molli. Devi avere il tempo per te stessa. Ricordiamoci che parliamo di ragazze giovani.

Con la Vuelta che aumenterà man mano le sue tappe, presto avremmo tre grandi Giri anche tra le donne. Hai seguito la presentazione del prossimo Tour Femmes?

Non troppo, ma so che non c’è tanta salita. Almeno così mi hanno detto. Che c’è solo una tappa di montagna.

Mondiali 2022, la Canins ha esaltato il gesto tecnico-atletico della Van Vleuten nel finale
Mondiali 2022, la Canins ha esaltato il gesto tecnico-atletico della Van Vleuten nel finale
Che ci sia un solo tappone è vero, tra l’altro si scalano Aspin e Tourmalet, ma per noi è un tracciato molto duro. La salita non manca e si fa fatica a trovare una frazione per velociste pure…

In effetti in Francia di piatto piatto c’è ben poco. La pianura francese è sempre un po’ vallonata. Però mi fa piacere che ci siano queste tappe di alta montagna così prestigiose. In generale mi piace questo ciclismo moderno, è tornato più d’attacco come in passato

Però rispetto al passato è stato fatto un bel balzo in avanti…

Sicuro, in confronto a noi non c’è paragone. La Cappellotto mi tiene informata e mi dice che da qualche anno girano anche bei “soldini” per le ragazze, è tutto un altro mondo. Noi eravamo le appassionate che correvano. Oggi oltre a buoni stipendi vedo i bus, i massaggiatori, staff importanti… Bello.

E a Maria Canins sarebbe piaciuto correre in questo ciclismo?

No – risponde secca l’altoatesina – e il primo motivo per cui dico no è che non sarei stata in grado di accettare chi mi guidava dalla macchina: «Vai, aspetta, attacca». Per me il ciclismo era come giocare a carte. E ne ho perse di corse… A volte sbagliavo, ma seguivo le mie gambe. Anche io avevo il mio direttore sportivo che mi diceva di aspettare, e io magari non lo ascoltavo, ma non c’erano gli stessi vincoli di oggi. E poi non mi piacciono le radioline.

Sulle radioline (si vede il filo sul petto della Paladin) la Canins mette il veto: incidono troppo sul suo modo di concepire il ciclismo
Sulle radioline (si vede il filo sul petto della Paladin) la Canins mette il veto
Concetto che avevi espresso anche la volta scorsa…

Avete visto che bello il mondiale? Con la Van Vleuten che, mezza morta, è riuscita a restare attaccata alle altre e rientrando da dietro le ha passate tutte senza che queste potessero più fare niente. Secondo voi sarebbe successo se avessero avuto le radioline e avessero detto a quelle davanti dei distacchi o ciò che succedeva dietro? O l’austriaca che ha vinto le Olimpiadi. Oggi le atlete senza radioline sono come api che vagabondano in cerca del fiore giusto.

Pensiero chiaro, ci sembra di aver capito: un ciclismo professionistico e d’avanguardia, ma senza radio?

Via le cuffie dalle orecchie e sarebbe un ciclismo di nuovo più semplice, altrimenti diventa un po’ come fare sport ai videogiochi. Se tu vuoi vincere invece devi stare attenta, devi osare. Io per esempio correvo davanti per due motivi: uno, perché in gruppo ero imbranata. E due, perché stando lì controllavo sempre chi scattava, chi c’era, chi non c’era, chi stava bene. 

Massaggiatori, preparatori, diesse… ti sarebbe piaciuto avere queste figure professionali al tuo fianco?

Io venivo dallo sci di fondo e lì i massaggi a quell’epoca non si sapeva neanche cosa fossero. Quando arrivai nel ciclismo mi chiesero: «Maria vuoi un massaggio?». E io risposi: «Un massaggio? E perché?». Ricordo che ad un Giro del Veneto vedevo che li faceva una ragazzina di 19 anni e io a 30 anni non li avevo mai fatti. E idem con i nutrizionisti. A me è sempre piaciuto mangiare di tutto, ma con moderazione… Come faccio ancora oggi del resto.

Bus, nutrizionisti, massaggiatori, materiali evoluti, team più strutturati… Maria è favorevole a tutto ciò
Bus, nutrizionisti, massaggiatori, materiali evoluti, team più strutturati… Maria è favorevole a tutto ciò
E sul fronte della preparazione?

Facevo da sola. Io venivo da altri sport, come detto. Prima ancora del fondo c’era la corsa. La corsa è la base. Sostanzialmente ripresi le teorie della corsa e le applicai al ciclismo: allunghi, ripetute, distanze… Facevo da me. Ricordo che per le pulsazioni si appoggiavano le dita all’altezza della gola. Poi venne il cardiofrequenzimetro e fu un bel passo in avanti.

Quindi hai usato certi strumentazioni?

Sì, sì. Attenzione, io non sono contro l’evoluzione. Anzi, specie quella tecnica, mi piace. Se le ragazze per andare forte sentono di aver bisogno del preparatore, del nutrizionista o altro è giusto che vi ricorrano.

Evoluzione tecnica…

Mi è sempre piaciuta e mi affascina ancora. Sono per le innovazioni. Sono stata la prima ad usare i pedali a sgancio rapido e ad avere il computerino sul manubrio. In questo modo potevo regolarmi su quanto mancasse al traguardo volante, all’arrivo… La stessa cosa per l’abbigliamento. Oggi i capi sono super tecnici. Ed è giusto che non vadano in giro ancora con il pulmino e i completini aperti ad asciugare sui sedili per il giorno dopo. No, no… mi piace questa evoluzione e questa organizzazione.

Tour Femmes: tappe nervose, Tourmalet e crono finale

02.11.2022
5 min
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Otto tappe, una super montagna, una cronometro individuale. La scorsa settimana non è stato presentato solo il Tour degli uomini. Nella stessa occasione è stata svelata anche la Grande Boucle femminile: il Tour de France Femmes.

Dicevamo otto tappe come lo scorso anno, trasferimenti pressoché inesistenti e molto centro-sud. La novità è la cronometro. Anche per questo i chilometri scendono un po’. Si passa dai 1.034 dell’anno scorso ai 956 della prossima estate. A proposito: Le Tour de France Femmes andrà in scena dal 23 al 30 luglio.

Marion Rousse, direttrice del Tour Femmes. Alle sue spalle il percorso 2023 che si snoda nel sud della Francia
Marion Rousse, direttrice del Tour Femmes. Alle sue spalle il percorso 2023 che si snoda nel sud della Francia

Tappe nervose

Il percorso si snoda tutto nel Sud, ma guai a pensare alla bella e lussuosa Costa Azzurra. Si va dalle alture del Massiccio Centrale, a quelle dei Pirenei, passando per le colline e le valli della Garonne e del Tarn.

Ad ospitare le Grand Depart sarà Clermont Ferrand, proprio nella zona del Massiccio Centrale. Una prima tappa subito molto nervosa con una “cote” nel finale che complicherà tanto, ma proprio tanto, le cose alle sprinter.

E questo è uno dei leit motiv del prossimo Tour de Femmes: l’assenza di una vera tappa pianeggiante. Lo scorso anno, complice anche la lotta serrata, si è visto come la “pianura francese” con i suoi tipici vallonati riuscisse a fare scompiglio. Quest’anno sembra essere peggio.

A strizzare l’occhio alle ruote veloci sono la sesta tappa e anche la terza, ma quest’ultima ancora una volta se la dovranno sudare.

Super finale

Per il resto la parola d’ordine è nervosismo o cotes. Una continua Liegi. Senza contare che il chilometraggio non sarà affatto semplice. La frazione più lunga, la quarta, la Cahors-Rodez, misura ben 177 chilometri.

L’unica frazione al di sotto dei 100 chilometri, crono esclusa, è quella che con ogni probabilità deciderà la corsa, vale dire la settima. Quella del Tourmalet. Quella che in fase di presentazione nel Palais des Congres ha visto sentire dei grossi mormorii tra il pubblico.

Il gigante pirenaico si affronta dal versante meno cattivo, ma si deve comunque arrivare in cima. Pertanto da La Mongie, gli ultimi 6 chilometri sono micidiali. La strada si restringe, la pendenza balla costantemente tra il 10 e l’11 per cento. Ci si lascia alle spalle i casermoni della civiltà (appunto La Mongie) e si entra nel regno della natura. Sarà un vero spettacolo fino ai 2.110 metri di questo superbo e storico Colle.

Senza contare che prima si scala un altro passo mitico: l’Aspin!

E il giorno dopo c’è la crono. Come è stato fatto a Wollongong, per uomini e donne l’unica crono in programma misura 22 chilometri. Un altro simbolo dell’evoluzione rapida che sta vivendo il ciclismo in rosa.

La Pau-Pau, però rispetto alla frazione contro il tempo degli uomini è più scorrevole. E più per specialiste. E tutto sommato, dopo tappe dure e dopo il Tourmalet, è anche giusto dare delle possibilità alle passiste.

Le protagoniste

Le big a partire dalla campionessa uscente, Annemiek Van Vleuten, hanno tutte detto che si tratta un Tour Femmes parecchio duro, più dello scorso anno.

«Mi godrò il mio ultimo anno da atleta – ha detto la campionessa della Movistar – Sono felice di vedere una salita famosa come il Tourmalet, così come che ci sarà una crono. E che non ci sarà dello sterrato. In questo modo tutto sarà più equilibrato. Ma certo è un tracciato esigente anche nelle altre tappe».

«Penso che sia un percorso impegnativo ed eccitante già dall’inizio – ha sentenziato la seconda classificata del 2022, Demi Vollering –  C’è solo una grande tappa di montagna ma devi arrivarci bene. Lo abbiamo visto questa estate, i guai sono sempre dietro l’angolo, specie con tappe così nervose. Non vedo l’ora di fare le ricognizioni».

E anche Marta Cavalli ha sentenziato: «Il Tourmalet non ti regala nulla e tante tappe sono davvero belle».

«Ci siamo affidati a ciò che ci hanno suggerito le rider lo scorso anno – ha detto la direttrice del Tour Femmes, Marion Roussel’idea è tenere aperta la corsa fino alla fine, che poi è il sogno di tutti gli organizzatori. Volevamo fare un percorso equilibrato e credo che ci siamo riusciti».

Arzeni: «Alla Valcar ricordi indelebili. Ora ci rispettano»

27.08.2022
6 min
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«Alla fine ci siete riusciti, mi avete fatto licenziare dalla Valcar! Ho letto il titolo: Arzeni e le più forti se ne vanno…». Inizia con una battuta delle sue l’intervista con  Davide Arzeni, lo storico direttore sportivo della squadra blu-fucsia. Che poi aggiunge: «E comunque è impossibile: dalla Valcar non si va mai via».

Il “Capo” è rimasto emozionato dall’intervista fatta qualche giorno con il patron della Valcar-Travel & Service, Valentino Villa. Parole che lo hanno colpito. Si chiude un capitolo importante non solo per Arzeni, ma anche per la squadra e, non ci sembra di esagerare, per il ciclismo femminile italiano.

Questa realtà bergamasca ha inciso davvero molto sulla crescita del movimento femminile nel Belpaese, soprattutto negli ultimi anni. Parlano i risultati e ancora di più il gran numero di ragazze create e uscite da quel vivaio.

Davide Arzeni (a sinistra) e Valentino Villa: per anni hanno rappresentato la spina dorsale della Valcar-Travel & Service
Davide Arzeni (a sinistra) e Valentino Villa: per anni hanno rappresentato la spina dorsale della Valcar-Travel & Service
Davide, partiamo dall’intervista: Villa ha espresso belle parole nei tuoi confronti…

Eh sì, è stata un’intervista importante che mi ha commosso. Mi fa piacere sentire certe parole da una persona così influente della mia vita professionale e non solo… Il siparietto del “padre e dello zio” è tutto vero. Così come sono vere non solo le cose che ha detto ma le parole che ha usato.

Quindi è anche vero che un giorno farete una squadra di ciclocross. Sarebbe la chiusura del cerchio?

Sì, vero anche quello. Ce lo siamo promessi.

Per te e per la Valcar si apre un altro capitolo. Ad un certo punto, complici tante offerte crediamo, hai sentito di dover andare?

Per me non è stata una scelta facile, così come non sono mai facili le scelte importanti della vita. E in quanto scelte importanti vanno condivise con le persone più importanti. Quelle della vita privata, come la famiglia e mia moglie, e quelle della vita professionale, Valentino Villa. Prima di prendere la decisione io ne ho parlato con lui. Non sono andato da Valentino e gli ho detto: “Ciao, io me ne vado”.

Com’è stare lì adesso, sapendo che te ne andrai?

Dopo un primo periodo un po’ strano subito dopo aver preso la decisione, adesso ci sto pensando veramente poco. Sono concentratissimo sulle gare (mentre è al telefono con noi sta visionando il circuito di Plouay dove oggi hanno corso le sue ragazze, ndr) e voglio fare bene. E anche le ragazze, sia quelle che vanno via che quelle che restano, pensano su ciò che bisogna fare adesso e non nel 2023.

Il team di Arzeni ha sempre corso in modo aggressivo. Una volta disse: «Per le corse veloci non ho paura di nessuno con le mie ragazze»
Il team di Arzeni ha sempre corso in modo aggressivo. Una volta disse: «Per le corse veloci non ho paura di nessuno con le mie ragazze»
Avete fatto, e state facendo un’ottima stagione…

Senza nulla togliere a nessuno, ma credo che quest’anno sia stato il vero capolavoro di Valentino.

Perché?

Perché ripartire dopo che se erano andate via la campionessa del mondo (Elisa Balsamo, ndr), la Guazzini(l’anno prima avevano perso anche la Marta Cavalli, ndr) non era facile. E invece nonostante tutto siamo ottavi assoluti nel ranking UCI davanti a molte WorldTour. Abbiamo ottenuto dieci vittorie con sei ragazze diverse… Anche per questo siamo concentrati sul finale di stagione. Vogliamo finire alla grande. Siamo motivatissimi.

Questo aspetto della motivazione non è così scontato. Spesso nel calcio i giocatori quando sanno che l’allenatore andrà via tendono “a mollare”, a non ascoltarlo troppo. Da voi non è così?

No, no… C’è stato un momento un po’ sofferto quando è emersa la mia decisione di andare via, ma adesso il clima del gruppo è sereno. C’è condivisione. E tutte quelle parole che vi ha detto Valentino rendono l’idea di questa serenità, appunto, che c’è in squadra.

Con la vittoria alla MerXem Classic, Eleonora Gasparrini è la sesta atleta della Valcar ad alzare le braccia in stagione
Con la vittoria alla MerXem Classic, Eleonora Gasparrini è la sesta atleta della Valcar ad alzare le braccia in stagione
Quindi c’è voglia di godersi la Valcar?

Siamo tutti competitivi, da me a Villa, dallo staff alle ragazze: ci piace fare bene e ci piace vincere. E poi non è che non ci si vede più! Non ho la sensazione di chi sta per lasciare, o peggio ancora, per abbandonare. C’è condivisione totale.

E’ vero che stai anche cercando il tuo successore per lasciare la squadra nelle migliori mani possibili?

E’ già nelle migliori mani possibili. Villa è una garanzia. Quando Arzeni è venuto in Valcar la squadra già c’era e quando se ne andrà non crollerà. Nel 2015, quando sono arrivato, c’erano già la Consonni, la Persico, la Cavalli, la Balsamo… tutte quelle atlete che poi sono state la base solida del team. Erano lì grazie al lavoro di Villa. Grazie alla sua conoscenza del mondo giovanile, del ciclismo femminile. E così è riuscito a creare un gruppo juniores tanto forte.

Hai un obiettivo, un “pallino” da realizzare, prima di andare via?

Eh – sospira Arzeni – quello più grosso non ve lo dico! L’obiettivo è vincere. Ma mettiamola così: il numero preferito di Valentino è il sette. Noi siamo ottavi in classifica, l’obiettivo è quello di scalare ancora una posizione nel ranking. Ormai c’è questa cosa che mi rimbomba nella testa.

Secondo Arzeni, Villa ha avuto l’occhio lungo. In questa foto del 2016 la Balsamo era davvero una bimba. E’ andata via da iridata elite
Secondo Arzeni, Villa ha avuto l’occhio lungo. In questa foto del 2016 la Balsamo era davvero una bimba. E’ andata via da iridata elite
Insomma, ci stai dicendo che quel senso dello “smontare le righe” non c’è?

Assolutamente no. Neanche da parte di chi il prossimo anno non correrà con la Valcar. E tutte, almeno da quel che so io, hanno già un contratto per l’anno prossimo: sia chi resta ed è confermata, sia chi passa ad un nuovo team e ha firmato contratti importanti. Non c’è la ragazza che pensa: “Vado forte perché devo trovare squadra”. La Persico morde, Chiara Consonni è fuori per infortunio, ma è una tigre in gabbia che non vede l’ora di correre. Anzi, se proprio dovessi dire: io le vedo in crescita. Mi sembrano più in palla di prima. La Cipressi mi dà ottime sensazioni, idem la Piergiovanni. Certo ogni tanto c’è quel pizzico di nostalgia.

Tipo?

L’altro giorno per esempio ho sentito Ilaria (Sanguineti, ndr) dire alla Persico: “Sono le ultime che faccio con te”. Però sono unite. Anche un paio di giorni fa, alla Kreiz Breizh Elites Féminin, non hanno vinto, ma hanno svolto un ottimo lavoro di squadra.

Una bella avventura, dai…

Una volta andavamo alle corse e ci dicevano: “La Valcar? Ma cos’è una squadra?”. Adesso ci presentiamo alle gare WorldTour, perché ne abbiamo diritto, e sapete che per la posizione delle ammiraglie non c’è l’estrazione ma si fa in base al ranking dei presenti. Ebbene, puntuale, dopo i primi 3-4 squadroni ecco la Valcar. Insomma, adesso ci riconoscono e ci rispettano.