Problemi al soprasella: come lavorano le aziende?

30.09.2023
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Durante la Vuelta Cian Uijtdebroeks ha sofferto di problemi al soprasella, che lo hanno infastidito parecchio. Situazioni di questo genere potrebbero passare anche dai materiali utilizzati nell’abbigliamento: tutto si estremizza e anche in questo campo si sono fatti progressi e studi. Ma come lavorano i vari marchi in tema di protezione delle parti intime e più delicate? La nostra indagine parte da una curiosità e coinvolge quattro aziende: Elastic Interface, Alé Cycling, Q36.5 e Sportful

Il fondello dei pantaloncini gioca un ruolo di fondamentale importanza nella prevenzione. Tutto parte dalla scelta dei materiali per creare forme e schiume. Da qui si passa poi alla ricerca della giusta densità, per evitare dolori e sfregamenti. Quello che accomuna queste aziende è il costante lavoro con atleti professionisti: tester d’eccellenza. 

Elastic Interface parte dallo studio dei parametri antropometrici dell’anatomia maschile e femminile
Elastic Interface parte dallo studio dei parametri antropometrici dell’anatomia maschile e femminile

Il metodo Elastic Interface

Per Elastic Interface risponde Irene Lucarelli, Marketing & Communication specialist. «I materiali che utilizziamo, selezioniamo e sviluppiamo – spiega – rispondono a un mix di esigenze. In primis, la performance per il ciclista, intesa come comfort percepito durante la pedalata, ma anche come sicurezza e salubrità di un prodotto che va a contatto con zone sensibili. Garantiscono un’ottima gestione del sudore, oltre che essere morbidi al tatto. La combinazione di queste due caratteristiche permette di mantenere una sensazione di asciutto sulla pelle ed evitare sfregamenti e lesioni.

«Il design base, da cui parte lo sviluppo di tutti i fondelli, arriva dallo studio dei parametri antropometrici dell’anatomia maschile e femminile. Assieme allo studio delle varie posizioni in sella, a seconda della disciplina, abbiamo definito il giusto mix di materiali per ognuna di queste. Da sempre “giochiamo” con spessori e densità per creare la giusta ricetta, ovvero la migliore protezione per un determinato tipo di attività. Il nostro faro più potente è la massima protezione con il minimo ingombro. Tenere il ciclista il più possibile vicino alla superficie di contatto, la sella, per garantire la migliore stabilità».

L’esperienza di Alé

«In Alé i materiali usati – spiega Alessia Piccolo, CEO di Alé Cycling – sono microfibre anallergiche, traspiranti e a rapida asciugatura. Le forme anatomiche vengono sviluppate grazie ai test in bici, sono specifiche per uomo e per donna in quanto hanno conformità fisiche diverse. Le schiume hanno spessori e densità differenti a seconda del tempo di utilizzo, ad esempio le lunghe distanze, per proteggere dagli urti e dalle sollecitazioni della strada.

«Le imbottiture vengono sviluppate tenendo conto dei punti di maggior contatto con la sella. I fondelli sono testati da più persone, in più stagioni e su diverse distanze, al fine di trovare la giusta quadra tra tutte queste esigenze. Un valido alleato per evitare sfregamenti è il tipo di cucitura con cui il fondello viene applicato al pantalone. Le nostre cuciture tri-stitch donano una maggior elasticità e permettono al fondello di adattarsi al corpo durante la pedalata, senza rimanere rigido».

Per Q36.5 si inizia decidendo quale tipo di fondello inserire all’interno di ogni specifico pantaloncino
Per Q36.5 si inizia decidendo quale tipo di fondello inserire all’interno di ogni specifico pantaloncino

Q36.5 e i tanti test

«In Q36.5 – spiega Alberto Bianchi, Product Manager – il primo step è definire che tipologia di fondello intendiamo inserire in uno specifico pantalone, questo per poter ragionare in funzione dei tessuti e delle caratteristiche costruttive dello specifico pantaloncino. Partiamo sempre da un test empirico ricavando le imbottiture da dei pannelli di prova che intagliamo a mano e proviamo usando una forma base di fondello.

«Questi pannelli hanno densità e altezze diverse e determinano le effettive specifiche tecniche dei nostri modelli. Una volta stabilite quali schiume e imbottiture da utilizzare parte il processo creativo legato alla forma del fondello e alle specifiche tecniche costruttive. L’attività di studio e di posizionamento comprende dei test di laboratorio necessari a verificare punti di pressione e corretta funzionalità del prodotto.

«Le imbottiture vengono sviluppate seguendo due criteri: forme e densità. Utilizziamo tecniche di applicazione diverse in considerazione delle differenti imbottiture e testiamo differenti configurazioni di schiume e altezze fino a trovare la miglior formula di utilizzo. Sempre verificando che le tipologie utilizzate rientrino appieno dei nostri rigorosi parametri di asciugatura e deformazione.

«Qualità dei tessuti e modelleria del capo possono cambiare sostanzialmente la resa di un fondello, anche la cura del singolo dettaglio è importante. Anche solo la posizione di un’etichetta viene pensata sempre guardando all’utilizzatore finale per garantire il massimo benessere.

Ogni pantaloncino ha caratteristiche e risponde ad esigenze diverse, a seconda dell’utilizzo
Ogni pantaloncino ha caratteristiche e risponde ad esigenze diverse, a seconda dell’utilizzo

La soluzione di Sportful

«Le forme dei fondelli – ci spiegano dal centro ricerche – sono state studiate in base alla forma necessaria per avere il giusto fit con la sella. La schiuma viene iniettata all’interno di uno stampo che permette di produrre il padding che in un secondo momento sarà incollato alla parte di tessuto pre-tagliata.

«Le imbottiture e i fondelli sono il risultato di numerosi test nel corso degli anni con atleti professionisti e tester aziendali. Inoltre, grazie alla nostra collaborazione con fornitori di fiducia, siamo stati capaci di evolvere i materiali e ricercare la miglior soluzione possibile. Utilizziamo imbottiture a diversa densità e con diverso spessore. E’ molto importante cercare di fornire il miglior servizio possibile, ad oggi Sportful può contare su 5 differenti tipi di fondelli da uomo e 5 fondelli esclusivamente per donna; tutti con differenti strati di densità e diverse combinazioni di materiali. Lavorare insieme agli atleti è da sempre un plus di Manifattura Valcismon e di Sportful. Grazie ad atleti di alto livello siamo riusciti ad avere i giusti riscontri per accontentare tutte le esigenze».

Sorriso Uijtdebroeks, in Spagna come un bimbo alle giostre

13.09.2023
5 min
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Il giorno di riposo di Cian Uijtdebroeks, lunedì, è stato l’occasione per fare il punto sul primo grande Giro del giovane belga. Il ragazzino della Bora-Hansgrohe si è affacciato sulla terza settimana con un solo (grosso) acciacco: una piaga al soprassella che finora lo ha infastidito parecchio e per la quale i medici della squadra tedesca stanno attuando tutte le terapie possibili.

In Belgio lo seguono come si fa con chi porta grosse promesse e ha tutta l’intenzione di mantenerle. Chissà se alla Soudal-Quick Step si mangiano le mani per averlo fatto andare via, dopo averlo avuto ospite a Livigno durante un ritiro estivo. Di fatto, Uijtdebroeks fece il primo anno da junior nella stessa squadra da cui passò Evenepoel, poi scelse di approdare alla Auto Eder e di lì il passaggio alla Bora è stato automatico.

La conferenza stampa virtuale nel giorno di riposo ha permesso di conoscere meglio Uijtdebroeks (foto matthispaul)
La conferenza stampa virtuale nel giorno di riposo ha permesso di conoscere meglio Uijtdebroeks (foto matthispaul)

Nessun confronto

Che fosse forte si era capito subito, al punto che quando lo scorso anno vinse il Tour de l’Avenir, un certo Bernard Hinault lo coprì di complimenti e questo in qualche modo gli permise di uscire dal cono d’ombra di Evenepoel.

«E’ bello che un uomo come Hinault – ha raccontato il belga nell’incontro online con i giornalisti – dica che ho un po’ di classe. E’ bello sentirlo dire da un ex corridore così eccezionale, ma io faccio quello che posso e rimango me stesso. Finché non ho vinto l’Avenir, il paragone con Remco era costante. Ora le cose sono cambiate e finalmente si parla di Uijtdebroeks senza che lui venga coinvolto. Lo preferisco. E’ importante che si parli di chi sono e non più di chi potrei diventare. Altrimenti, al confronto, nessuno sarà mai soddisfatto dei miei risultati. Faccio quello che posso e ho ancora molto tempo per crescere»

Evenepoel e Uijtdebroeks (foto del Giro di Svizzera) vengono spesso accostati sui media
Evenepoel e Uijtdebroeks (foto del Giro di Svizzera) vengono spesso accostati sui media

Il lavoro più bello

In comune con il connazionale della Soudal-Quick Step, Uijtdebroeks ha il gusto di raccontare e raccontarsi, mettendo sul tavolo un entusiasmo raro a vedersi: forse dovuto all’ingenuità dei pochi anni, anche se tutti ci auguriamo che non perda mai tanta spontaneità.

«Parlare con i media – ha detto – fa parte del lavoro, no? Andare in bicicletta mi piace e ora è diventata la mia professione. Sono molto felice di quello che faccio, me la sto passando bene, semplicemente perché il mio lavoro non sembra un lavoro. Sono felice come quando ero junior, mi diverto. Le corse sono divertenti, è un sogno diventato realtà. E il bello è che ormai non si tratta solo di correre contro i più forti, ma essere anche in grado a volte di seguirli. Sto dimostrando chi sono. E io, quando sono felice, sorrido».

La crono di Valladolid è stata dura per il problema al soprassella e la difficoltà di tenere la posizione
La crono di Valladolid è stata dura per il problema al soprassella e la difficoltà di tenere la posizione

Voglia di salite

Come già raccontato ieri da Lenny Martinez, studiare la reazione dell’organismo nella terza settimana fa parte di tutto quello che il corridore deve scoprire per diventare grande. Il corpo cambia, si abitua alla fatica e ad essa reagisce. Ogni giorno la fase di recupero è diversa dalla precedente.

«Sento che i muscoli sono un po’ stanchi – ha spiegato Uijtdebroeks – e che corro da tanti giorni, più di quelli cui sono abituato, ma in generale mi sento ancora abbastanza fresco. Non mi sento male o esausto. Temo più il dolore alla sella che le salite più dure. Spero che gli altri inizino a stancarsi e che io possa ancora sfruttare la mia relativa freschezza. Anche se può bastare un solo giorno storto per compromettere tutto. Guardo il mio amico Lenny Martinez che volava davvero i primi giorni, ma all’improvviso ci ha preso mezz’ora».

Uijtdebroeks è nato il 28 febbraio 2003, è pro’ dal 2022. E’ alto 1,85 e pesa 68 chili
Uijtdebroeks è nato il 28 febbraio 2003, è pro’ dal 2022. E’ alto 1,85 e pesa 68 chili

Il giorno dell’Angliru

Fra lui e il giovane francese ci sono cinque mesi di differenza: si sono sfidati in lungo e in largo nelle categorie giovanili e ritrovarsi a farlo anche ora nel WorldTour dà ad entrambi il senso di aver preso la strada giusta. Nessuno dei due ha provato l’Angliru: entrambi lo scopriranno proprio oggi.

«Il mio allenatore John Wakefield – ha spiegato – mi ha detto che avrei fatto meglio a non farlo, perché avrebbe potuto condizionarmi mentalmente. E’ una scalata dove puoi vincere o perdere tutto. Molti corridori avevano paura del Tourmalet, io non vedevo l’ora di farlo. Io in genere non vedo l’ora che arrivino le montagne più dure».

Sempre col sorrido sul voto: Uijtdebroeks dice di sentirsi felice com un bambino
Sempre col sorrido sul voto: Uijtdebroeks dice di sentirsi felice com un bambino

Tour, no grazie

Le domande sono state tante e forse ancora una volta si è capito che la differenza fra Cian e Remco sta nella modestia. Quando gli hanno chiesto se sia pronto per andare al Tour il prossimo anno, Uijtdebroeks ha risposto sicuro che se ne parlerà se tutto va bene nel 2025: il prossimo anno sarà Giro o nuovamente Vuelta.

«Il Tour è il mio sogno – ha detto – ma so che al momento le possibilità di fare bene sono piccolissime. Per cui il prossimo anno non se ne parla. A meno che – ha sorriso – non venga fuori che il Giro e la Vuelta hanno percorsi pianeggianti e tre crono e il Tour abbia soltanto salite…».

Uijtdebroeks ha due sogni: il Tour e una fattoria

11.02.2023
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Cian va veloce. Il suo prossimo step sarà il Tour of Oman, con la mezza idea di fare finalmente classifica, grazie alla salita finale di Green Mountain (tappa di martedì 14 febbraio). Cian Uijtdebroeks e questo suo cognome così difficile (per noi) da pronunciare sono sulla porta di un altro salto di qualità, dopo che la vittoria al Tour de l’Avenir dello scorso anno lo ha fatto uscire dal cono delle luci altrui. Non più il ragazzino che sogna di fare come Evenepoel, ma un atleta promettente e forte, con sogni se possibili più grandi.

Cian ammette che le cose a volte vanno un po’ troppo veloci per lui, ma ci ride su. «Due anni fa guardavo questi campioni in tivù – ha detto al belga Het Nieuwsblad – invece stamattina mi sono trovato improvvisamente in ascensore con Cavendish. Non credo che mi conosca, nessuno mi conosce… ».

La Bora-Hansgrohe lo ha sotto contratto fino al 2024, avendo previsto per lui un cammino di crescita graduale. Il guaio, se di guaio si può parlare, è che il primo ad avere fretta è proprio lui.

Cian Uijtdebroeks è nato il 28 febbraio 2003. Ha corso da junior alla Auto Eder ed è pro’ alla Bora dal 2022
Cian Uijtdebroeks è nato il 28 febbraio 2003. Ha corso da junior alla Auto Eder ed è pro’ alla Bora dal 2022
Cosa è cambiato dopo il Tour de l’Avenir?

Non sono più visto come una promessa. Qualcosa è cambiato, anche se continuo senza mettere troppa pressione su me stesso. Ho ancora 19 anni e ci sono in giro corridori che hanno raggiunto grandi risultati a 23. Se riuscirò ad arrivarci prima, allora lo farò. Voglio sempre attaccare, cercare di vincere, ma l’anno scorso fra i professionisti non ci sono riuscito. La squadra mi ha detto che ho davanti tre anni per crescere, mi sembrano lunghissimi. Spero di arrivarci prima

Era importante liberarsi dal confronto con Evenepoel?

Non è che il confronto con Remco mi tenesse sveglio, ma quando guardavo i suoi risultati, la pressione veniva da sé. Adesso è passata, faccio quello che posso. Il futuro ci dirà se sto crescendo più velocemente o più lentamente di lui. Ci conosciamo. Quando ci vediamo, una chiacchierata ci scappa sempre, ma non è che ci scambiamo messaggi. Ho tre anni di meno, non abbiamo corso insieme nelle giovanili. Non abbiamo parlato poi molto.

Sul podio del Tour de l’Avenir 2022, Uijtdebroeks ha preceduto Staune Mittet e Hessmann (foto Asopresse)
Sul podio del Tour de l’Avenir 2022, Uijtdebroeks ha preceduto Staune Mittet e Hessmann (foto Asopresse)
Sei sempre sorridente…

Mi sto divertendo. Vengo pagato per fare qualcosa che amo fare. Mi sento esattamente come quando ero junior, anche se ovviamente il livello è molto più alto. Essere un ciclista professionista è un sogno che si avvera. Poi certamente verrà il giorno in cui da me si vorranno i risultati. Per ora la squadra mi lascia tempo, ma so anche che non aspetteranno cinque anni. Sono convinto però che anche quando sentirò di essere forte e di poter lottare contro i grandi, mentalmente sarò lo stesso che ha vinto tra i più giovani. Anche lì mi veniva chiesto di fare risultati.

Com’è stato il tuo inizio di stagione?

In questo periodo dell’anno ci sono poche gare con grosse salite e questo è l’aspetto più duro. L’ultimo giorno in Oman si andrà a Green Mountain e saranno già venti minuti di salita. Ne avrei preferiti trenta, un’ora, ma per cominciare va bene così. Alla Muscat Classic ho provato ad attaccare nell’ultimo tratto in salita, ma c’era troppo vento contrario. E poi nel finale ho anche forato: scattare sul cerchio non è facile.

Il gusto di attaccare è alla base del ciclismo di Uijtdebroeks, qui al Trofeo Andratx a Mallorca
Il gusto di attaccare è alla base del ciclismo di Uijtdebroeks, qui al Trofeo Andratx a Mallorca
Che cosa significa essere pro’ a 19 anni?

Faccio ancora molti errori, sono spesso nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ho la testa che va per i fatti suoi. Una volta Nils Politt mi ha detto: «Cian, cosa stai facendo? Vieni alla mia ruota, vieni qui. Fra poco il gruppo tornerà compatto». Se non lo avesse detto, avrei tirato per un’ora e nel finale sarei stato morto. A volte invece sbaglio per capire fin dove posso arrivare…

Quando?

Quando decido di correre come negli juniores. A Mallorca, ad esempio, quando sono partito a 95 chilometri dalla fine. Ho detto alla radio che stavo per attaccare. Mi hanno chiesto se fossi sicuro, ma io sono andato lo stesso. E’ uno stile molto più aggressivo, ma ovviamente per ora non è il modo migliore per vincere una corsa a tappe. A Mallorca si poteva fare, perché non c’era classifica finale. Ma intanto sto crescendo. Ho un buon valore di consumo di ossigeno, ma un solo inverno non può cambiarti troppo. Ho più resistenza, i miei muscoli sono leggermente più sviluppati. L’anno scorso non avrei potuto pedalare per tre ore a tutta come in quella tappa di Mallorca.

Mancavano 95 chilometri all’arrivo del Trofeo Andratx quando il belga è partito da solo
Mancavano 95 chilometri all’arrivo del Trofeo Andratx quando il belga è partito da solo
Resta il sogno di vincere il Tour?

La scorsa è stata una stagione per imparare. Quest’anno deve essere una via di mezzo, ma l’anno prossimo devo andare forte. Il mio sogno resta diventare un buon corridore per i grandi Giri. Il Tour de France resta il sogno più grande, ma devo ancora crescere. Per ora mi pongo piccoli obiettivi e un giorno, che vinca o meno, farò il contadino. Per questo, dopo un anno ho interrotto gli studi di psicologia e ora seguo biologia e agronomia online. Il mio sogno è vincere un giorno il Tour de France e poi comprarmi una fattoria.

Uijtdebroeks fa sogni grandi con la benedizione di Hinault

02.09.2022
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L’ultima volta che un belga vinse il Tour de l’Avenir fu nel 2008, quando la maglia gialla toccò a Jan Bakelants e Damiano Caruso, azzeccando la cronometro della vita, conquistò all’Italia un uomo in più per i mondiali di Varese. Questa volta è toccato a Cian Uijtdebroeks, corridore della Bora-Hansgrohe, che si è portato a casa il Tour degli under 23 avendone compiuti da poco 19. Per lui si è smosso anche Bernard Hinault.

«Gli ho detto – racconta il grande francese – che in questo modo ha fatto esperienza per il vero Tour de France. Mi ha risposto molto seriamente: “Credo fermamente che un giorno al Tour potrò essere in giallo”. Guardate, da ragazzo avevo anche io questi pensieri. Fa bene, crede e spera di poter partecipare al Tour vero. Preferisco un corridore così piuttosto di uno che si tira indietro. Non è un ragazzo che arriva alla partenza per finire quinto».

«Questo – ha proseguito Hinault – è semplicemente un vincitore. Un corridore super bravo. Guida bene la bici, non è male in volata e va bene in salita. Uijtdebroeks ha ragione a sognare sempre il massimo. Fa parte della nuova generazione di corridori che puntano dritti al loro obiettivo. E ha sempre il sorriso sulle labbra. Irradia gioia di vivere».

Tempo per imparare

In effetti è vero: Cian Uijtdebroeks sorride sempre e questo fa pensare a un approccio con il ciclismo che non sia tremendamente professionale, ma davvero tanto divertente. Quando poi gli è stato fatto notare che nell’albo d’oro a precedere il suo nome ci sono anche quelli di Pogacar e Bernal, lui va dritto e non si scompone.

Prima dell’Avenir ha corso anche il Tour of Norway, da 4° miglior giovane
Prima dell’Avenir ha corso anche il Tour of Norway, da 4° miglior giovane

«Sì, ho sempre sognato – dice – di vestire un giorno di giallo al Tour. Indossare già questa maglia e vincere è un sogno. Vedremo cosa mi riserverà il futuro. Sono incredibilmente felice di aver vinto il Tour de l’Avenir. Partecipare e ottenere un buon risultato era il grande obiettivo di questo primo anno da professionista. Per il prossimo anno è previsto che partecipi a un grande Giro e magari il debutto avverrà alla Vuelta, ma vorrei andarci ben preparato. Non solo soffrire e sperare di arrivare a Madrid. Cominciamo con le corse di una settimana. Passo dopo passo.

«Mi rendo conto che ho ancora molto da imparare, ma sono diventato professionista per questo. Non è necessariamente bello iniziare non potendo farsi vedere davanti, ma rimango convinto che non sia stato male per il futuro».

La prima tappa vinta da Uijtdebroeks all’Avenir è stata la 7ª a Saint Francois Longchamp (foto Anouk Flesch)
La prima tappa vinta da Uijtdebroeks all’Avenir è stata la 7ª a Saint Francois Longchamp (foto Anouk Flesch)

Lontano dal Belgio

Solo che da ragazzo intelligente quale ha sempre mostra di essere, quando si è reso conto di avere ormai un rendez vous con il professionismo, per stare alla larga da paragoni scomodi, ha preferito andarsene dal Belgio. Per questo ha rifiutato la proposta della QuickStep di Patrick Lefévère e ha scelto il progetto a lungo termine dei tedeschi della Bora-Hansgrohe.

«La prima volta che sono stato paragonato a Remco – dice – pensai che fosse fantastico essere considerato bravo come lui. Poi è diventato stressante, perché è come se mi venisse chiesto di ottenere subito gli stessi risultati. Ora ho imparato come affrontare questo tipo di situazioni.

«Oggi imparo quando sono in gara, ma anche da tutte le cose che si verificano intorno. Voglio solo crescere lentamente. Voglio darmi tempo per avere successo. Il progetto triennale che ho scelto è interessante perché non ho alcun obbligo di risultati. Non è male per gestire qualsiasi tipo di pressione».

Seconda tappa consecutiva per il belga, primo anche a La Toussuire (foto Anouk Flesch)
Seconda tappa consecutiva per il belga, primo anche a La Toussuire (foto Anouk Flesch)

Mondiali, no grazie

Anche per questo, Uijtdebroeks ha già deciso da un pezzo che non parteciperà ai mondiali di Wollongong. Un po’ perché poco convinto del percorso, un po’ per lasciare spazio ad Arnaud De Lie.

«Credo che il mondiale di Wollongong – dice – non si adatti molto al mio profilo. Ora farò un periodo di riposo e poi ho organizzato uno stage nelle Ardenne per le gare italiane d’autunno, fino al Giro di Lombardia»

Dopo l’Avenir, Uijtdebroeks, è tornato a Abolens con i suoi genitori, dopo aver dimostrato in Francia che per il Belgio c’è vita dopo Remco Evenepoel.

Sibiu è davvero palestra per giovani? Risponde Gasparotto

08.07.2022
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Ci sono corse che per qualche anno azzeccano la formula e diventano banchi di prova perfetti perché i corridori più giovani si esprimano. Una di queste è il Sibiu Tour, che negli ultimi due anni ha premiato Aleotti. Lo dimostra il fatto che questa volta alle sue spalle, nella classifica finale, si siano piazzati ragazzi fra i 19 e i 24 anni, che evidentemente sulle strade della Transilvania trovano le condizioni di percorso, un campo partenti e una collocazione in calendario che gli sorride.

Enrico Gasparotto, Saudi Tour 2020
Enrico Gasparotto è da quest’anno il direttore sportivo della Bora-Hansgrohe
Enrico Gasparotto, Saudi Tour 2020
Enrico Gasparotto è da quest’anno il direttore sportivo della Bora-Hansgrohe

L’occhio di Gasparotto

Il riscontro non può che venire da chi ha vissuto la corsa da dentro e la scelta è caduta su Enrico Gasparotto, che ha guidato Aleotti alla vittoria e il portentoso Uijtdebroecks sul podio. L’occhio del direttore sportivo spesso coglie ciò che da fuori non vediamo.

«Anno dopo anno – conferma il “Giallo” – vengono sempre più squadre WorldTour. Di conseguenza il livello si è alzato e questo dà valore a quello che hanno fatto questi giovani. Anche perché alcune WorldTour sono venute a caccia di punti e non per fare una passeggiata».

In una squadra di tanti giovani, un corridore esperto come Benedetti ha tenuto la rotta (foto Bora Hansgrohe)
In una squadra di tanti giovani, un corridore esperto come Benedetti ha tenuto la rotta (foto Bora Hansgrohe)
Corse come la Adriatica Ionica Race avrebbero gli stessi ingredienti, ma fanno fatica…

Loro pagano la collocazione nel calendario, perché in quel periodo le squadre hanno il focus sul Tour e non vedono altro. Invece durante il Tour, c’è sempre necessità di corse. Quando correvo, andavo spesso al Giro d’Austria, sempre con i corridori giovani della squadra. Essere in calendario dopo i campionati nazionali è una bella cosa. Soprattutto adesso che hanno cancellato il Bink Bank Tour, Sibiu diventa una scelta interessante.

Cinque squadre WorldTour non rischiano di alzare troppo il livello?

Non mi pare, anche se parliamo comunque di una corsa di valore. Ci sono anche tante continental, che hanno la possibilità di valorizzare il talento dei ragazzi. La Coppi e Bartali ha anche più WorldTour e questo per gli organizzatori è sicuramente un piacere. Però sono corse che farei solo avendo buoni giovani per fare esperienza.

Aleotti a Sibiu ha vinto l’arrivo in salita e la cronoscalata: il più forte era lui (foto Bora Hansgrohe)
Aleotti a Sibiu ha vinto l’arrivo in salita e la cronoscalata: il più forte era lui (foto Bora Hansgrohe)
Altrimenti?

Se avessi solo corridori esperti, probabilmente ne farei a meno. Ma per i giovani sono passaggi importanti, in linea con quello che vi ha detto Christian Schrot sull’opportunità che gli under 23 facciano attività con i pari età nella nazionale.

Perché?

Perché da giovani vincono tutto, poi capita di doverne portare uno all’Amstel e arriva 50° senza mai vedere la corsa. Ci è successo proprio con Uijtdebroecks perché questa primavera a un certo punto non avevamo corridori. In queste gare mantengono lo spunto vincente, nelle altre prendono sberle. E a forza di sberle, perdi il corridore.

Aleotti ha vinto Sibiu per due anni di seguito, cosa significa?

Gli ha fatto bene confermarsi. E’ arrivato più magro di quanto fosse al Giro e ha dimostrato di essere il più forte nelle tappe di salita. Dopo il Giro non ha mollato, ma a questi ragazzi giovani devi dare le raccomandazioni opposte a quelle che davano a noi. Loro dopo il Giro devi tenerli a freno, noi tendevamo a mollare un po’.

Sul podio finale Vanhoucke (25 anni), Aleotti (23), Uijtdebroeks (19) (foto Bora Hansgrohe)
Sul podio finale Vanhoucke (25 anni), Aleotti (23), Uijtdebroeks (19) (foto Bora Hansgrohe)
E’ questo il suo standard migliore?

Giovanni è arrivato al punto di dover fare uno step up, di salire un gradino. Se lo avessi avuto con questa condizione nelle Ardenne ci saremmo divertiti, ma in quel periodo è arrivato dopo vari acciacchi. Al Giro è stato quello che portava i leader nella posizione giusta. Sa limare bene, sa guidare la bici. Lui è fatto per le classiche delle Ardenne.

Adesso riposerà?

No, adesso viene con me al Giro del Polonia. Forse ci sarà anche Higuita, che prepara la Vuelta. Saranno i nostri due leader. E sono curioso di vedere come andranno.

Alla scoperta di baby Uijtdebroeks, il futuro della Bora-Hansgrohe

25.03.2022
6 min
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Il suo sorriso è contagioso perché lo incroci ogni mattina al foglio firma della Settimana Internazionale Coppi e Bartali e poi a fine tappa, anche quando è stata una giornata dura. Cian Uijtdebroeks ha compiuto 19 anni poche settimane fa e il suo nome ti rimane impresso perché è un mezzo scioglilingua (ce lo siamo fatti dire da lui e non è poi così difficile da pronunciare) e perché si dice un gran bene di lui da diverso tempo.

Il belga della Bora-Hansgrohe arriva direttamente dagli junior ed in patria lo definiscono il nuovo Evenepoel. Certi paragoni però non ci fanno impazzire, perché rischiano di schiacciare l’atleta e perché alla fine non rendono giustizia ai diretti interessati.

Gasparotto Bora 2022
Enrico Gasparotto sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe. E’ il suo primo anno da diesse
Gasparotto Bora 2022
Enrico Gasparotto sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe. E’ il suo primo anno da diesse

Gasparotto crede in lui

«Cian era nella nostra formazione development U19 (il Team Auto Eder, ndr) – ci spiega Enrico Gasparotto, suo diesse alla Bora – gli abbiamo dato la possibilità di passare per tenerlo sotto controllo e fargli fare delle esperienze giuste per la sua età e per fargli fare salti in avanti. E’ facile fare paragoni con Remco, ma credo che sia la cosa peggiore che si possa fare. Le somme si tirano a fine carriera, non si può generalizzare. E’ per questo che è in una formazione tedesca e non belga. Da parte nostra non ha alcuna pressione. Lo abbiamo mandato al Saudi Tour (dall’1 al 5 febbraio, ndr) dove ha dovuto lottare con i ventagli, ad esempio, cosa che non aveva mai fatto prima. Ed è stata dura. Ha iniziato il 2022 con un bell’impatto forte con la nuova categoria. Vederlo davanti alla Coppi e Bartali ci sta rendendo molto felici. Noi ci crediamo tanto in lui (ha un contratto con la Bora-Hansgrohe fino al 2024, ndr) però dobbiamo stare bene con i piedi per terra. Deve imparare ancora tante cose tattiche e non».

Cian è Uijtdebroeks, un ragazzo che vive in Vallonia ad Abolens, un paese di 700 abitanti, dove ci sono più animali che persone come ci ha detto lui quando lo abbiamo incontrato in hotel per conoscerlo meglio.

Come sono stati questi primi mesi con la nuova categoria?

Arrivo da situazioni molto difficili. Al Saudi Tour ho preso la salmonella e non sono partito per l’ultima tappa. Ho avuto la febbre a 40 per un paio di giorni. Quando poi sono arrivato a casa ho preso il Covid. Volare per sei ore con l’aria condizionata, anche se ero ben coperto, non mi ha aiutato. Aver avuto nuovamente la febbre mi ha debilitato. Con la preparazione ho dovuto ricominciare da zero e ho ripreso ad allenarmi normalmente solo da tre settimane. E’ stato importante non tornare subito alle corse, così ho potuto recuperare bene dopo l’infezione e il Covid e ricostruire più facilmente la mia condizione.

Le prime corse come sono andate?

Ho faticato perché sentivo ancora nelle gambe il carico di lavoro fatto in inverno e poi perché sapevo che si va sempre forte quando parte la stagione. Ora finalmente la mia forma è quasi buona, anche se deve migliorare ancora.

Quali sono le tue impressioni qui alla Coppi e Bartali?

Essere in gruppo con atleti come Froome, Geraint Thomas o Nibali mi fa un certo effetto. Anzi, alle partenze ho sentito un sacco di gente che gridava “Vincenzo, Vincenzo”. Io mi giravo, vedevo che era dietro di me ed è stato bellissimo. E’ davvero incredibile per me. Sto correndo con tanti dei miei idoli e nel finale di queste tappe arrivare accanto a loro mi ha impressionato. Nei miei sogni c’è di vivere almeno un giorno di quelli vissuti da uno di questi campioni.

Cosa ti aspetti da questa stagione?

Penso che se guardo al futuro, vorrei diventare un corridore da classifica generale. Ora voglio solo crescere. Mi sono fatto trovare pronto, ho fatto tanti lavori specifici. Come la nutrizione. O come la percentuale del grasso corporeo, che adesso ho all’11%. Oppure come il peso che può variare, stando attento a non perderne troppo. Dal punto di vista agonistico devo fare esperienza, diventare più potente e forte al mio massimo possibile. Così come devo imparare a curare i dettagli. Tutto ciò però non devo farlo quest’anno ma nelle prossime tre stagioni.

Che gare farai? Possibile vederti al via ad un grande Giro?

Quest’anno non credo ancora. Farò brevi corse a tappe, come la Coppi e Bartali e il Tour of the Alps, ma anche altre gare di un giorno. Con la mia nazionale U23 farò il Tour de l’Avenir, dove l’obiettivo, la speranza, è quello di vincere o comunque di ottenere il miglior risultato possibile sia nelle tappe che per la classifica generale. Cercherò di arrivarci in ottima forma perché troverò avversari molto forti come Juan Ayuso e Marco Brenner (rispettivamente di Team UAE Emirates e Team DSM, ndr). Da lì escono sempre gli scalatori e i corridori del futuro.

Cian Uijtdebroeks, qui alla crono mondiale 2021, è stato campione nazionale e vicecampione europeo della specialità
Cian Uijtdebroeks, qui alla crono mondiale 2021, è stato campione nazionale e vicecampione europeo della specialità
Ti abbiamo visto andare forte un po’ su tutti i terreni. Quali sono le tue reali caratteristiche?

Mi trovo bene a crono (nel 2021 è stato campione belga e vicecampione europeo, ndr). Normalmente invece le salite lunghe sono quelle più adatte a me, specie quando sono fresco. Devo scoprire però come recupererò e come andrò giorno dopo giorno. Il mio fisico era abituato alla categoria junior dove c’erano dei limiti di gara. Per il momento sta andando tutto bene ma lo sapete anche voi, è difficile sapere come vanno i giorni successivi in corsa. D’altronde è tutto nuovo per me quest’anno.

Il tuo nome nelle categorie giovanili è sempre stato considerato importante. Come gestisci la pressione?

Generalmente in Belgio ce n’è tanta. Evenepoel ha iniziato a fare subito dei risultati nei pro’, ma io non ho fatto neanche un pochino di quello che ha fatto lui, anche se ho già collezionato qualche piazzamento finora. I miei programmi non cambiano. La Bora è la squadra perfetta per me. Qua posso crescere step by step con uno staff fantastico. Non ho pressioni da parte loro, forse sono io che me ne metto addosso, perché vorrei vincere subito o lottare per questo. Se però rifletto bene, gente come Dumoulin, Froome o Nibali hanno vinto un grande Giro che avevano più di 25 anni. Ora sì, ci sono Pogacar e Bernal ma sono delle eccezioni, perché sono dei fenomeni. So che ho tempo per fare tutto e che sono sulla strada giusta per farlo.

Uijtdebroeks: crono (e rapina) alle spalle, vuole l’iride

24.09.2021
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Sembrava che Cian Uijtdebroeks neanche dovesse partire per la cronometro iridata. Invece lo junior belga non solo è partito, ma è stato anche sesto alla fine. Perché non avrebbe dovuto prendere il via? Perché è stato vittima di una rapina in casa. Il malfattore lo ha anche ferito ad una gamba (la destra) nel tentativo di forzare la porta. Una storia incredibile.

Cian è ritenuto da molti l’erede di Remco Evenepoel, anche più del connazionale Alec Segaert. Anche se poi addetti ai lavori e colleghi belgi ci dicono che è sì bravo ma non è paragonabile a Remco. «Pensate solo come ha vinto i mondiali ad Innsbruck», ci dice Guy Van Landeghem. Ma tra i due ci sono delle similitudini. Entrambi vanno forte su tutti i terreni ed entrambi sembrano essere portati per le corse a tappe.

Cian nella mix zone al termine della gara contro il tempo (fatta a 6,1 watt/chilo)
Cian nella mix zone al termine della gara contro il tempo (fatta a 6,1 watt/chilo)

Dalla rapina alla crono 

«Il giorno della crono – spiega con grande calma Uijtdebroeks – non è stato il mio giorno migliore per quel che riguarda la forma. Ma ho dato tutto lo stesso, credetemi. Con la mente non ero ancora del tutto in gara. Avevo addosso un’adrenalina enorme per quel che mi era successo. E’ stato surreale a tratti. In più, mentre pedalavo guardavo il computerino e vedevo che la potenza tra le due gambe era differente. Spingevo molto di più con la sinistra che con la destra. Si sentiva il problema che avevo avuto».

Cian aveva fatto secondo a Trentino 2021, proprio dietro al compagno Segaert. In cuor suo avrebbe voluto vincere e infatti appena tagliato il traguardo ha ammesso di essere un po’ deluso. Ma è bastata quella manciata di minuti per far raffreddare la mente e si è reso conto che vista la situazione era stato più che bravo.

Cian Uijtdebroeks (a sinistra) e Alec Segaert rispettivamente 2° e 1° agli europei a crono di Trento
Cian Uijtdebroeks (a sinistra) e Alec Segaert rispettivamente 2° e 1° agli europei a crono di Trento

Mente alla strada

Il giovane talento belga però è sorridente. Veramente fa impressione vederlo così disteso in volto, sapendo cosa gli è successo. E la crono, lo ammette lui stesso, gli è servita per entrare in clima mondiale e scrollarsi di dosso il fattaccio.

«Un po’ ho sentito la pressione. Corriamo in casa e si aspettano molto da noi. La gara contro il tempo è andata così. In questi tre giorni abbiamo recuperato per la prova su strada e sarà un’altra storia. La crono poi era piatta e non era adattissima a gente del mio peso (poco più di 60 chili, ndr). La gara in linea è più mossa e anche se non sei totalmente in condizione qualcosa puoi fare. A crono invece non puoi nasconderti».

Con lui e Segaer, i belgi si annunciano come gli uomini da battere. Conoscono bene queste strade e hanno il pubblico dalla loro che, credeteci, si fa sentire tantissimo. Lo stiamo constatando di persona ad ogni gara. E anche francesi e danesi non scherzano. Per i ragazzi di De Candido sarà una bella gatta da pelare.