Battaglin, vocazione gregario ricordando la Jumbo

11.08.2022
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Dopo una primavera senza capo né coda, Enrico Battaglin inizia a riconoscere qualche sensazione giusta. In realtà, avverte, è un po’ che si sente bene.

«Ma se vi basate su Procyclingstats – sorride – allora potrebbe sembrare che è un disastro. Non guardate i piazzamenti, perché dalla Adriatica Ionica Race ho lavorato per la squadra e poi anche ai campionati italiani. Ho risolto i problemi fisici. Invece quel sito è odioso. Ci sono tutti i risultati e a basarsi su quelli, potrebbe sembrare che io sia ridotto davvero male».

Ripartenza al Sazka Tour

Il lungo stop dopo il Sibiu Cycling Tour è finito e il 4 agosto il vicentino è ripartito dal Sazka Tour e fa rotta ora sul Tour du Limousin che inizia il 16. Nel frattempo ha riposato, ha lavorato a suo dire bene e ha seguito le dirette del Tour de France, in cui la sua ex squadra ha fatto il bello e il cattivo tempo. E la cosa genera curiosità, dato che Enrico approdò nella allora LottoNL-Jumbo nel 2016, quando il progetto era ancora agli albori.

Si poteva pensare che sarebbero arrivati così in alto?

Rispetto ai miei tempi, vedo che il personale è cambiato, ma la dirigenza è la stessa. Avevano dichiarato di voler fare il podio al Tour entro il 2021-2022 e ci sono riusciti. Ai tempi l’uomo era Kruijswijk, dopo quello che aveva fatto al Giro. Poi sono arrivati Roglic e Groenewegen. Abbiamo iniziato a vincere corse come i Paesi Baschi e facemmo bene anche al Giro del 2018. Si poteva immaginare la crescita, ma è stato Van Aert a favorire il salto di qualità.

Alla Adriatica Ionica Race, Battaglin ha svolto un lavoro oscuro per Zana, che ha poi vinto
Alla Adriatica Ionica Race, Battaglin ha svolto un lavoro oscuro per Zana, che ha poi vinto
La squadra brilla per l’attenzione ai dettagli: era così anche allora?

Non era tutto esasperato come ora, era un ciclismo diverso. Però mi ricordo che avevamo lo chef, ci seguivano in ogni cosa. I materassi alle corse uguali a quelli che avevamo a casa. Direi che la ricerca esasperata del dettaglio è iniziata nel 2019. Le bici leggerissime. Lo studio sui carboidrati. I ritiri ripetuti. L’abbigliamento. Investono molto sui dettagli e i risultati si vedono.

Oggi sono il riferimento per tutti…

Ma sono partiti da una base comune a molti. Credo che oltre allo studio, abbia influito il livello dei corridori. Di Roglic si poteva immaginare, di Van Aert e Vingegaard no davvero. Idem per Kooij, il velocista giovane. Ragazzi venuti fuori a vent’anni, con i watt e la testa di corridori già esperti e subito capaci di fare risultato.

Al Tour of Norway ha aiutato Fiorelli nelle volate, come pure a Sibiu quando è arrivata la vittoria
Al Tour of Norway ha aiutato Fiorelli nelle volate, come pure a Sibiu quando è arrivata la vittoria
Pozzovivo ha detto che chi non è riuscito ad adeguarsi a questa… impennata delle prestazioni, si è trovato in difficoltà. A te è successo?

Ho parlato con “Pozzo” al Sazka Tour. Il problema è che tutti hanno alzato il loro livello. Saranno gli allenamenti o le bici, i ragazzi hanno uno standard così alto che quello che facevamo una volta non basta più. Serve curare il dettaglio per colmare il gap. In più cresce il livello di stress, perché sei sempre alla ricerca del limite. Per questo non credo a carriere lunghe. Anche per i leader…

Cioè?

Quando sono passato, i veri capitani puntavano ai loro obiettivi e nel resto delle corse lavoravano o lasciavano spazio. Adesso anche loro sono sempre al 110 per cento. C’è un livello assurdo in ogni corsa, non solo al Tour.

E tu come stai?

Abbastanza bene. Ho ripreso in Repubblica Ceca lavorando per Zana e Fiorelli. Sono quello che viene usato prima, perché ho fondo ed esperienza, ma spero al Limousin di avere qualche chance anche per me. Sono in scadenza di contratto e vorrei fare qualche risultato per rimanere o trovare comunque una sistemazione. Credo che l’inizio di stagione sia stato una sofferenza, ma alla Adriatica Ionica Race abbiamo corso proprio bene come squadra e abbiamo vinto. Da maggio le cose vanno bene, speriamo di andare avanti così sino a fine anno.

Al Sazka Tour in Repubblica Ceca il suo nome è stato un bel richiamo per i tifosi
Al Sazka Tour in Repubblica Ceca il suo nome è stato un bel richiamo per i tifosi
Reverberi non sembrava molto contento di te e di Modolo…

Ma Bruno è così. Quando investe, vorrebbe subito un ritorno. E’ stato un inizio anno difficile, ma quando mi sono rimesso, penso abbia visto che mi sono dato da fare per la squadra. Il lavoro di gruppo è decisivo, non puoi sperare che siano gli altri a cavarti d’impaccio. Serve correre per un paio di corridori, con il gruppo al loro servizio. Non è vero quello che si dice…

Che cosa si dice?

Che ho perso smalto e che non mi alleno. Il fatto è che con gli anni sono andato a spegnermi. Faccio fatica a battagliare con i primi. Stare davanti è sempre più difficile. Non posso aspettare i finali, per cui aiuto gli altri. E se prendo la fuga giusta, magari lo spunto per giocarmela lo trovo ancora…

Covili riparte dalla Repubblica Ceca, sognando la Francia

30.07.2022
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Zitto zitto, Luca Covili si sta facendo una gran reputazione. In un ciclismo come quello italiano che soffre enormemente la mancanza di validi corridori per gare a tappe, il portacolori della Bardiani Csf Faizané si è ritagliato un ruolo importante. Al Giro d’Italia, chiuso al 24° posto è stato il quarto italiano, dietro Nibali, Pozzovivo e Fortunato. Subito dopo ha disputato l’Adriatica Ionica Race, ancora quarto ma questa volta in assoluto e bisogna considerare che il corridore di Pavullo nel Frignano ha solo 25 anni.

Dopo l’Adriatica Ionica Race, Covili ha staccato la spina un po’ obtorto collo: «Avrei tirato avanti ancora un po’, almeno fino al campionato italiano, ma sono stato male e quindi mi sono fermato in anticipo rispetto a quanto volevo».

Covili Adriatica 2022
Covili è stato protagonista all’Adriatica Ionica Race, 4° correndo in appoggio a Zana
Covili Adriatica 2022
Covili è stato protagonista all’Adriatica Ionica Race, 4° correndo in appoggio a Zana
Per quanto tempo sei stato fermo?

Diciamo tre settimane, ma non sono mai state giornate senza bici. Facevo sempre un’uscita molto easy, da una a 3 ore, solo per tenermi in movimento, senza alcun lavoro specifico. Successivamente ho cominciato a lavorare sul serio.

Che cosa hai fatto?

Ho innanzitutto affiancato alle uscite in bici la palestra un paio di volte alla settimana, con esercizi di forza esplosiva e massimale, poi ho fatto un po’ di lavori di forza sulla bici, questo nelle prime due settimane. Nelle due successive ho effettuato lavori di qualità, VO2 max e dietro motori alternando salita e pianura.

Covili grinta
Il 25enne di Pavullo mette sempre una grande grinta in corsa. Prezioso per i compagni, sa curare la classifica
Covili grinta
Il 25enne di Pavullo mette sempre una grande grinta in corsa. Prezioso per i compagni, sa curare la classifica
Quando tornerai in gara?

Si ricomincia il 4 agosto con il Sazka Tour in Repubblica Ceka, gara di 4 tappe che conosco bene, lo scorso anno fui 6° correndo per Zana che portò a casa la vittoria in classifica generale. E’ una corsa che mi si addice, spero di avere già una gamba abbastanza buona per poter dire la mia in classifica generale.

E’ evidente ormai la tua propensione per le gare a tappe, sei uno dei pochi italiani che riesce a essere puntuale nei quartieri alti delle classifiche…

Ho sempre avuto grandi doti di recupero. Nelle corse a tappe così brevi, nel secondo e terzo giorno rispondo sempre meglio. Anche al Giro d’Italia sono andato in crescendo con la punta del 6° posto a Cogne nella tappa numero 15. Tra l’altro riesco a “digerire” bene anche le giornate di riposo che creano sempre problemi a molti corridori e non faccio molto, ma quando si riparte mi sento come nuovo.

Covili Cogne
L’evidente soddisfazione dell’emiliano al traguardo di Cogne, finendo 6° a 5’08” da Ciccone
Covili Cogne
L’evidente soddisfazione dell’emiliano al traguardo di Cogne, finendo 6° a 5’08” da Ciccone
Si è parlato molto, dopo il Giro, della difficoltà nel ciclismo italiano di trovare interpreti per le corse a tappe. Tu come giudichi la tua prestazione in prospettiva futura?

Credo di essere andato bene, oltre che quarto italiano sono anche stato 5° nella classifica dei giovani. E’ chiaro, non sono risultati da far accapponare la pelle, ma hanno un loro significato. In tre tappe sono riuscito a entrare nelle fughe e in altre ci ho provato, ma si sa che al Giro riuscire a centrare la fuga non è molto semplice. A Cogne stavo davvero bene, forse si poteva fare anche qualcosa in più.

A questo punto però non hai la sensazione di poter ambire a squadre più grandi?

Io con loro ho ancora un anno di contratto e mi trovo molto bene. Non posso negare che mi piacerebbe fare uno step in avanti, trovare un ingaggio in una squadra WorldTour per riuscire finalmente a coronare il mio sogno che è correre il Tour de France. Con Carera ne abbiamo già parlato, anche lui pensa che potrei trovare mercato in qualche grosso team, ma se ne parlerà fra un anno. Qui intanto posso crescere ancora e l’ambiente è quello giusto per farlo considerando anche il calendario che disputiamo, neanche poi tanto dissimile da quello di una WorldTour.

Covili Reverberi 2022
Covili insieme a Roberto Reverberi: il contratto con la Bardiani si prolunga nel 2023
Covili Reverberi 2022
Covili insieme a Roberto Reverberi: il contratto con la Bardiani si prolunga nel 2023
Che cosa ti aspetti da ora fino alla fine della stagione?

Vorrei fare altri passi in avanti, continuare su questo trend di corridore affidabile per le gare a tappe. La prova del Sazka Tour è molto importante per me. Sono tutte tappe con 3.000 metri di dislivello, con un paio di arrivi in salita, se la gamba risponde potrei anche puntare a un successo parziale che significherebbe dare un nuovo senso a tutta la stagione visto che aspetto ancora il mio primo centro da pro’. Se poi mi trovassi a lottare per la classifica non mi tirerei indietro, basta che non si dica che è una gara minore: ci sono almeno 3-4 squadre WorldTour e molte altre presenti col team Development. Sarà battaglia…

Gabburo a Livigno, nel mirino la gamba e un nuovo contratto

28.07.2022
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Davide Gabburo si trova a Livigno insieme a tanti altri corridori che preparano le corse di fine stagione. Sotto la sua voce riecheggia il rumore del paese e dei suoi abitanti. Davide, insieme ad alcuni suoi compagni della Bardiani CSF Faizanè sono in centro a godersi queste ultime ore di sole

«Sono qui a Livigno da domenica 17 – esordisce Gabburo – insieme a 6-7 miei compagni di squadra, stiamo facendo un’ultima grande fase di preparazione. Ci siamo sentiti tra di noi ed abbiamo deciso di venire in ritiro tutti insieme, così da non allenarsi da soli. Riprenderò a correre dal Giro di Danimarca, in programma dal 16 al 20 agosto».

Gabburo ora si trova a Livigno a preparare la seconda parte di stagione. Punta a far bene nelle gare del calendario italiano
Gabburo ora si trova a Livigno a preparare la seconda parte di stagione
Sei uscito da una prima parte di stagione positiva con due bei piazzamenti al Giro.

Rispetto al Giro dello scorso anno, posso dire che sono stato anche più fortunato. Nel 2021 la sfortuna mi ha preso alla Corsa Rosa e mi ha accompagnato anche per il resto della stagione. A livello di preparazione non ho cambiato nulla, ho preparato il Giro in maniera più specifica ritrovandomi con una gamba migliore. 

Il secondo posto di Napoli ed il quarto di Treviso sono lì a testimoniarlo…

I percorsi erano giusti per me, quello di Napoli si addiceva particolarmente alle mie caratteristiche. So di non essere un corridore che regge sulle salite lunghe, ma ci provavo. D’altronde quando sei in fuga è tutto un po’ diverso, non sai mai come possono andare le cose. Questi piazzamenti mi danno più sicurezza nei miei mezzi, più morale e tanta fiducia, oggettivamente un secondo posto al Giro ti fa affrontare le gare minori con un’altra mentalità.

Davide, in fuga nella tappa di Treviso, dove ha colto un buon quarto posto dopo tanti chilometri in fuga
Davide, in fuga nella tappa di Treviso, dove ha colto un buon quarto posto dopo tanti chilometri in fuga
Infatti poco dopo è arrivata la top 10 al Giro di Slovenia.

Esatto, ho fatto bene nella generale uscendo una sola volta dai quindici. Non c’erano corridori scarsi, alla fine il bel Giro fatto mi ha portato tante belle sensazioni. Ora il focus è sulle gare del calendario italiano che ci saranno a settembre, mantenere la condizione alta per tutti questi mesi non è facile e questo periodo di “stacco” è utile anche per ricaricare la mente.

Nel mezzo c’è stato anche il tricolore di Zana, con il quale hai corso spesso gomito a gomito.

Al campionato italiano la squadra ha lavorato bene, eravamo cinque nei primi 20 oltre ad aver conquistato la maglia con Filippo. Sono molto contento per lui, davvero, ho corso spesso al suo fianco e ne conosco il valore, è un po’ strano allenarsi con la maglia di campione italiano accanto, ma ci faremo l’abitudine (dice ridendo, ndr).

Gabburo, in seconda posizione, ha sfruttato la condizione post Giro d’Italia raccogliendo una top ten al Giro di Slovenia
Gabburo, in seconda posizione, ha sfruttato la condizione post Giro d’Italia raccogliendo una top ten al Giro di Slovenia
Quello che ti manca può essere la vittoria? L’ultimo scalino per arrivare in cima…

E’ anche quello più difficile da fare, sono una persona che rimane con i piedi per terra, ci spero sempre ma non sono uno che si monta la testa. Ripeto, le gare in Italia saranno un bell’obiettivo sul quale concentrarsi, spero che la squadra mi dia la possibilità di fare questo calendario.

In Italia ci sono anche le gare nel Veneto, casa tua…

Giro del Veneto e Veneto Classic sono gare a cui tengo particolarmente, l’anno scorso in entrambe sono rimasto fuori dai 10 di poco (Davide ha concluso rispettivamente 14° e 16°, ndr) vorrei provare a migliorarmi.

Gabburo, dopo più di un mese di pausa dalle corse, riprenderà a gareggiare in Repubblica Ceca il 4 agosto
Gabburo, dopo più di un mese di pausa dalle corse, riprenderà a gareggiare in Repubblica Ceca il 4 agosto
La Bardiani ha puntato tanto sui giovani, come ti trovi con loro?

Non abbiamo corso molto con i più giovani, uno che ho visto un po’ di più è Tolio. Sono tutti dei bravi ragazzi e sono pronti ad ascoltare noi più grandi, non è una cosa scontata ora. Apprezzano la buona parola ed il consiglio e questa è la strada giusta per crescere.

E per l’anno prossimo?

Sono in scadenza di contratto a fine stagione, non so ancora come andrà, non ho parlato con nessuno. Ho dimostrato di aver fatto una bella prima parte di stagione quindi spero che arrivi qualcosa, non è facile. Sereno non lo sono mai (scherza Gabburo, ndr), sono abituato alle scoppole. Diciamo che dopo questa prima parte di 2022 sono un pochino più tranquillo.

Giulio Pellizzari, dagli juniores alla corte di Reverberi

25.07.2022
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A prima vista due cose emergono parlando con Giulio Pellizzari: la sua simpatia e la sua tenacia. Questo ragazzino classe 2003 fa parte del progetto giovani della Bardiani Csf Faizanè. All’ultimo Giro della Valle d’Aosta si è ben comportato.

Ha anche indossato la maglia a pois di miglior scalatore. Ci è voluto un certo Reuben Thompson per sfilargliela. E sì che ha provato a tenerla.

«Nel corso della quarta tappa – racconta il suo diesse Alessandro Donati – quando era in maglia a pois viaggiava in un drappello in avanscoperta. L’ho affiancato con l’ammiraglia e gli ho detto che davanti c’era un solo corridore. Pertanto doveva fare la volata del Gpm. Mi ha guardato con gli “occhi incrociati” e mi ha detto: “Ma davvero?”. Era sfinito, poverino!».

Al Valle d’Aosta erano rimasti in due della Bardiani: Giulio (a sinistra) e Tolio. Al centro il loro diesse Donati
Al Valle d’Aosta erano rimasti in due della Bardiani: Giulio (a sinistra) e Tolio. Al centro il loro diesse Donati
Giulio, quando hai iniziato a correre?

A 7 anni, da G2. In famiglia papà, da buon veneto, pedalava. Io giocavo a calcio come attaccante, poi ho smesso e insieme a mio fratello Gabriele che ha tre anni più di me, siamo passati al ciclismo. Io facevo tutto quello che faceva lui. E siccome lui aveva deciso di andare in bici allora ci sono voluto andare anche io.

Qual è il primo ricordo che hai del ciclismo?

Ricordo la mia prima bici, un’Atala: rossa, piccolina. Ce l’ho ancora! Me l’avevano regalata per il mio ottavo compleanno.

E ti piaciuto subito pedalare?

Sì, nonostante all’inizio fossi abbastanza scarso.

E quando hai capito che potevi diventare un professionista (stando in una professional Pellizzari lo è a tutti gli effetti, ndr)?

Fino all’anno scorso non andavo fortissimo. In allenamento, specie in salita, sì, ma il fatto di essere nato a fine novembre è come se avessi sempre un “anno in meno”. Ero piccolo, piccolo e in pianura mi staccavo sempre. Poi crescendo sono migliorato e tenendo meglio in pianura riuscivo ad esprimermi anche in salita. E tutto ciò è migliorato definitivamente dall’anno scorso.

La piccola Atala con cui Giulio ha fatto le prime pedalate: ci è molto affezionato
La piccola Atala con cui Giulio ha fatto le prime pedalate: ci è molto affezionato
Ti senti uno scalatore?

Sì! Magari non puro, ma scalatore. Passista-scalatore dai…

C’è un corridore che ti piace? E a cui pensi di poter assomigliare? Fai anche nomi giganteschi, non ti preoccupare!

Beh, allora dico Chris Froome. Da bambino non mi piaceva molto. Quando ha tolto la maglia gialla ad Aru non mi stava molto simpatico! Poi però dopo l’impresa del Colle delle Finestre al Giro del 2018 mi sono appassionato a lui.

Alla Bardiani come ci sei arrivato?

E’ successo tutto in fretta la scorsa estate. Ad un certo punto ho iniziato ad andare forte, sempre più forte. Un giorno mi ha contattato Andrea Noè, dei Carera. A giugno ho firmato con la loro agenzia e a luglio mi hanno proposto alla Bardiani. Mi hanno detto del progetto under 23 e ho accettato.

Un bel salto: dagli juniores ai pro’…

Io correvo all’Uc Foligno, con Massimiliano Gentili. Mi dissero: “Sulla carta sarai professionista, ma farai solo gare under 23”. Anche Gentili ha preferito questa via, quella di passare subito. Massimiliano, infatti, conosce bene me e conosce il mondo degli under e sapeva che io lì avrei fatto fatica.

Giulio Pellizzari (classe 2003) ha esordito tra i pro’ lo scorso 2 marzo al Trofeo Umag in Croazia (foto Adn)
Giulio Pellizzari (classe 2003) ha esordito tra i pro’ lo scorso 2 marzo al Trofeo Umag in Croazia (foto Adn)
Perché? Spiegaci meglio…

Non è un mondo troppo adatto a me. Ci sono spesso corse veloci, con tanta pianura, tanti strappi, molto nervosismo, salite corte… e io soffro tutto ciò. Mentre il mondo dei professionisti è tutta un’altra cosa. Più regolare. Sostanzialmente, Max non voleva mandarmi in giro nelle under 23 o nelle continental, rischiando di ritrovarmi appunto a fare quel tipo di corse e a gareggiare il marterdì, il sabato, la domenica.

E così invece riesci a programmare?

Sì. Non corro molto per adesso, ma va bene così. Poi bisogna considerare che ho fatto meno anche perché avevo la scuola. Ho preso la maturità da geometra.

Chi ti segue nella preparazione?

Leonardo Piepoli. Quando firmai chiesi appunto del preparatore e mi dissero che avevo carta bianca. Così ho chiesto consiglio a Massimiliano. Lui che lo conosce bene mi ha detto di andare da Piepoli.

Cosa ti sta piacendo di meno di questo mondo?

Il fatto di stare molto lontano da casa, dalla famiglia, dagli amici. A casa sto bene, mi piace, è il mio posto. Proprio qualche giorno fa ne parlavo con Alessio Martinelli. Mi ha detto che lui è stato una settimana in Valle d’Aosta già prima della corsa e poi adesso è al Sestriere con la nazionale. Alla fine starà fuori quasi un mese.

E cosa ti piace invece?

Che fai il lavoro che ami. Come si dice: scegli un lavoro che ti piace e non lavorerai un giorno nella tua vita!

Da juniores una crescita costante per Pellizzari. E’ stato un bravo corridore ma non un “cannibale” della categoria (foto E. Bartolini)
Da juniores una crescita costante per Pellizzari. E’ stato un bravo corridore ma non un “cannibale” della categoria (foto E. Bartolini)
Questa maglia a pois ti ha fatto sentire un po’ diverso in gruppo? Ti ha dato autorevolezza?

Fino alla scorso anno era più normale questa sensazione. Quando vai forte tutti ti vengono a parlare e ti guardano. Quest’anno invece ancora non avevo combinato nulla ed è stato bello rivivere quelle sensazioni. Poi, sapevo che sarebbe stato difficile tenerla.

Noi parliamo spesso di margini di crescita, di ragazzi che passano subito… quanto pensi che puoi ancora crescere? Perché è una bella cosa questo progetto, ma anche rischiosa…

Vero, fino allo scorso anno facevo gare di 100 chilometri e adesso invece sono molti di più. Io credo che la cosa sia soggettiva. Correndo sempre come fanno gli under alla fine ti finisci. Se tu passi e fai il tuo bel calendario, tra l’altro gare under 23 nel mio caso, composto da gare dure e riposo, gare dure e riposo… vada bene. Credo sia quella la vera crescita. E’ così che puoi fare le cose gradualmente e hai margini.

Quali sono i tuoi programmi?

Ho fatto qualche giorno di riposo a casa. Con Alessandro Pinarello andiamo in altura a Livigno. Successivamente correrò a Poggiana il 14 agosto e a Capodarco il 16. Poi ancora, farò una corsa a tappa di tre giorni in Francia ai primi di settembre. Già avevo corso all’estero in Croazia ad inizio stagione e avevo fatto la Carpathian Couriers Race a maggio.

Tonelli e l’obiettivo di vincere, prima di spiccare il volo

22.07.2022
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Appuntamento all’ora di pranzo, perché poi Tonelli dovrà andare nella sede Deda a sistemare le nuove ruote di cui è tester con altri due compagni. C’è qualcosa da sistemare nella tensionatura dei raggi, mentre la scorrevolezza è eccellente. Quando non si corre, si provano i materiali e così anche l’estate passa meglio, in attesa di riattaccare il numero sulla maglia. Provando a riprendere il filo del terzo posto al Sanuario di Castelmonte al Giro, quando il bresciano di 29 anni (avrebbe compiuto i 30 due giorni dopo) si piazzò terzo alle spalle di Bouwman e Schmid, dopo aver battagliato a testa alta in salita con un gruppo di corridori WorldTour.

Tonelli terzo al traguardo del Santuario di Castelmonte, due giorni prima del suo 30° compleanno
Tonelli terzo al traguardo del Santuario di Castelmonte, due giorni prima del suo 30° compleanno

L’esempio di Cattaneo

La stagione sta andando bene e vari segnali fanno capire che si potrebbe essere sulla porta di un salto di qualità. Il ragionamento verte su questo e su cosa sogni effettivamente un corridore di 30 anni che corre in una professionale come la Bardiani-CSF-Faizanè.

«Finora in questa stagione – dice Tonelli, in apertura al via del Giro da Budapest (foto Bardiani-Csf) – mi do un sette e mezzo. E’ partita bene. E’ venuto qualche piazzamento in gare WorldTour (si è piazzato 4° nella sesta tappa del UAE Tour, ndr) che non mi aspettavo. Cosa sogno magari è proprio un posto nella categoria più alta, prendendo ispirazione da Cattaneo che c’è tornato a 31 anni. Più che un sogno potrebbe essere un obiettivo».

Il Giro d’Italia è stato un crescendo: il terzo posto a Castelmonte è venuto nella 19ª tappa
Il Giro d’Italia è stato un crescendo: il terzo posto a Castelmonte è venuto nella 19ª tappa
Ripartiamo da quel terzo posto al Giro, allora?

Venivo da due settimane ad attaccare. Centravo la fuga, però non andavamo mai all’arrivo. Quel giorno il gruppo era numeroso e si è scremato. Mi preoccupava Vendrame, che è molto veloce. Mi sono staccato sulla penultima salita, il Kolovrat, perché non sarei riuscito a tenerli se avessero continuato con quel ritmo folle. Invece dopo un po’ si sono calmati e sono rientrato a 3 chilometri dallo scollinamento. E a quel punto avevo due soluzioni: staccarli o aspettare la volata.

E’ finita in volata, in effetti…

Ho provato per due volte ad attaccare, ma mi hanno preso. E a quel punto c’è stata la volata, con il Garibaldi disegnato male e quell’ultima curva che ha tradito Vendrame. Nella mappa c’era scritto che si entrava in un ampio parcheggio, invece la strada chiudeva troppo e l’abbiamo sbagliata tutti. A me non sarebbe cambiato molto, Vendrame ci ha rimesso la vittoria.

Al UAE Tour, Tonelli ha centrato il 4° posto nella sesta tappa, vinta da Vacek
Al UAE Tour, Tonelli ha centrato il 4° posto nella sesta tappa, vinta da Vacek
In salita a testa alta, pensi di poter limare ancora qualcosa per migliorare?

Qualcosina si può migliorare, perché ho 30 anni ma credo di avere ancora delle potenzialità da esplorare. Penso che alla Sanremo ho fatto la Cipressa in fuga dopo sei ore di gara con un tempo non troppo lontano dai migliori. Non credo di essere un corridore sfruttato. Questo sarà il terzo anno su 8 di professionismo in cui chiuderò con più di 70 giorni di gara, che è il bilancio di quasi tutti, mentre io all’inizio sono sempre stato sui 50-60.

Qual è il tuo ruolo alla Bardiani?

Posso essere protagonista in ogni gara e quando ci sono, faccio il regista. Roberto (Reverberi, ndr) parla con me e sta a me fare in modo che le tattiche vengano come le abbiamo progettate. In questo momento in cui stanno aprendo forte al progetto giovani, hanno anche diversi corridori di esperienza come Modolo e Battaglin che sono usciti dal WorldTour. Io credo in questi otto anni di aver fatto tutto quello che potevo.

Guardando il calendario, hai fatto anche una bella attività.

Ho corso tanto e quasi tutte gare WorldTour. Mi hanno trattato decisamente bene. Siamo rimasti stupiti di aver corso Harelbeke, De Panne e la Gand. Stavo bene, quasi ero certo, una volta arrivato l’invito, che avrei partecipato. Se fossi stato in una WorldTour, sarebbe stato certo che la squadra avrebbe partecipato, ma poi sarebbe stato più difficile per me essere convocato. Però correre nel WorldTour è un obiettivo. La differenza potrebbe essere che adesso, invece di essere qui a lavorare per il Giro di Danimarca, saremmo a parlare della Vuelta…

Ecco, appunto, cosa prevede il menù per la seconda parte di stagione?

Danimarca, poi Tour du Poitou Charentes e Tour of Britain. E l’obiettivo è che arrivi finalmente la vittoria. Aver fatto terzo al Giro è una bella cosa, ma vincere sarebbe stato meglio. In Gran Bretagna nel 2018 feci un secondo posto e misi la maglia di leader, è una corsa in cui mi trovo bene. E poi in generale mi piacerebbe arrivare in condizione al finale di stagione. Per ogni cosa che possa saltar fuori. Da un risultato importante al mostrare a Bennati che io ci sono.

Zana in Gaerne: ritirate le G.STL personalizzate col tricolore

16.07.2022
3 min
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Il campione italiano Filippo Zana ha recentemente visitato il quartier generale di Gaerne per ritirare personalmente un paio di calzature molto, molto particolari. Zana, come poi tutti i corridori della Bardiani CSF Faizanè, corre con Gaerne, e l’incontro presso la sede del brand veneto a Maser (Treviso) ha voluto celebrare la consegna al corridore vicentino di un paio di G.STL Special Edition tricolore personalizzate a mano dall’artista Morris Spagnol.

Uno speciale omaggio realizzato da Gaerne per il campione italiano, dunque, per un paio di calzature speciali che accompagneranno Zana nel corso delle gare previste in questa seconda parte di stagione, partendo già ai primi di agosto allo Sazka Tour in Repubblica Ceca.

Ecco le Gaerne G.STL personalizzate per Zana con il tricolore
Ecco le Gaerne G.STL personalizzate per Zana con il tricolore

Dipinte a mano da Morris Spagnol 

Come anticipato, le nuove Gaerne Carbon G.STL di Filippo Zana sono dipinte a mano dall’artista Morris Spagnol. Nella parte laterale della scarpa il nome di Filippo è stilizzato all’interno dalla bandiera italiana, dove il tricolore sfuma per creare un effetto di velocità. Gaerne, che quest’anno celebra i 60 anni d’attività, ha così voluto omaggiare Zana con una scarpa personalizzata: una versione unica del modello utilizzato in occasione della vittoria al campionato italiano e con il quale il corridore vicentino ha sviluppato in questi anni uno speciale feeling.

«Per noi è un vero onore aver realizzato questa scarpa che racchiude questo risultato importante per Zana e per tutta la Bardiani CSF Faizanè – ha dichiarato Ernesto Gazzola, fondatore e presidente di Gaerne spa – un team con cui collaboriamo da tanti anni. E’ stata una stagione fantastica per Filippo, prima con la vittoria dell’Adriatica Ionica Race e poi con questo straordinario risultato. Siamo orgogliosi di averlo supportato nel raggiungimento di questa vittoria che resterà per sempre accanto al suo nome e non potevamo che onorarlo con questa scarpa che di sicuro si farà notare in gruppo. Non vediamo l’ora di vederlo gareggiare con queste calzature per tagliare nuovi importanti traguardi».

Filippo Zana insieme ad Ernesto Gazzola fondatore e presidente di Gaerne
Filippo Zana insieme ad Ernesto Gazzola fondatore e presidente di Gaerne

«Gaerne è al mio fianco sin dal mio primo anno nel professionismo – ha ribattuto un entusiasta Zana – con le loro scarpe in questi tre anni ho sviluppato un rapporto unico, un vero e proprio feeling che ha accompagnato la mia crescita come professionista, fino ai successi di quest’anno e alla vittoria del campionato italiano. Ricevere questo speciale omaggio è quindi per me motivo di grande orgoglio».

Gearne

Zana porta la sua MCipollini Dolomia al vertice del tricolore

15.07.2022
3 min
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Filippo Zana è il nuovo campione italiano professionisti 2022 (in apertura con Philippe Zecchetto, CEO Diamant srl). Il vicentino vestirà la maglia tricolore per i prossimi dodici mesi, cercando di onorarla ovviamente al meglio anche per dar lustro agli sponsor che con passione e determinazione sostengono il progetto agonistico di Bruno Reverberi.

Tra questi, una menzione particolare la merita MCipollini che alla Bardiani CSF Faizanè fornisce le biciclette da strada e da crono. E Zana, sul traguardo Alberobello, ha letteralmente trascinato sul gradino più alto del podio del campionato italiano la propria Dolomia: il modello più leggero, reattivo e versatile prodotto a mano dai tecnici MCipollini.

Duecentotrentasette durissimi chilometri, una vera e propria cavalcata, da Marina di Ginosa fino alla città dei trulli: Alberobello. Tutti disputati sotto un sole cocente, hanno permesso a Filippo Zana e alla sua Dolomia di diventare i nuovi campioni italiani di ciclismo su strada nella categoria professionisti. Come è noto, nella volata finale, il giovane portacolori della Bardiani CSF Faizanè ha avuto la meglio su Lorenzo Rota, Samuele Battistella e Andrea Piccolo: i tre compagni che lo accompagnavano nella fuga rivelatasi poi vincente.

Filippo Zana solleva al cielo la sua nuova MCipollini Dolomia tricolore
Filippo Zana solleva al cielo la sua nuova MCipollini Dolomia tricolore

Leggera, reattiva e versatile

«Sono felicissimo di questo successo – ha dichiarato Zana – il primo grazie lo rivolgo al team, così come agli sponsor che sostengono la nostra attività agonistica. Eravamo la squadra più numerosa, dovevamo provarci. Sono entrato nella fuga giusta, è stato tutto perfetto… Sono davvero felice di pedalare su una MCipollini, una delle migliori biciclette oggi in circolazione. La mia Dolomia poi è davvero innovativa, studiata nei minimi dettagli per essere leggera, reattiva e performante. Sono grato allo staff MCipollini per la preziosa collaborazione, e per la professionalità finalizzata a poterci mettere sempre nelle migliori condizioni possibili a dare del nostro meglio».

«Realizzata mediante l’impiego di un tessuto in fibra di carbonio 3K, per garantirne la massima reattività – dichiarano con soddisfazione dal quartier generale dello stesso bike brand – il telaio della MCipollini Dolomia “pesa” appena 780 grammi, così da rendere più… leggere anche le salite più ripide! A questa importante caratteristica abbiamo associato una massima integrazione per quanto riguarda i cablaggi idraulici, l’impiego della tecnologia TCM, ed una poderosa possibilità in termini di personalizzazione attraverso colorazioni ed effetti speciali a completa discrezione del cliente».

MCipollini

Il motore di Fiorelli ai raggi x: velocista o cacciatore?

15.07.2022
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Partiamo da una frase di Giovanni Visconti: «Filippo Fiorelli non è un velocista puro, deve puntare a corse più mosse e ad andare in fuga». Qualche giorno dopo il bravo corridore della Bardiani Csf Faizanè ha vinto una corsa… in volata.

Vogliamo capire di più. Vogliamo capire quanto realmente Fiorelli sia uno sprinter, quanto sia grande il suo motore e come sta lavorando. E a dircelo è Paolo Alberati, il suo preparatore, non solo il suo manager.

Paolo Alberati con Filippo Fiorelli (classe 1994)
Paolo Alberati con Filippo Fiorelli (classe 1994)
Paolo, un tema che ti è caro: Filippo Fiorelli. Che corridore è?

Spesso mi prendono in giro perché l’ho sempre presentato come un corridore “alla Bettini” e non come un velocista. Ma come – mi dicevano – tu alleni uno scalatore e poi questo ragazzo vince le volate? E così, piano piano ho dovuto cambiare il tiro.

Quanto è grande il suo “motore”?

Il motore di Filippo è un bel motore, soprattutto è molto resistente. Lui dopo tante ore non cala. A volte ci siamo chiesti con Marcello Massini, che è il suo (e il mio) mentore, se il misuratore non fosse starato! Perché escono valori molto alti. 

Beh, che sia forte si vede…

Se si va ad osservare gli istogrammi che emergono da Trainingpeaks ci sono valori molto buoni, sia personali che rapportati ad altri corridori del WorldTour. Valori ottimi nei 5′, nei 6′, nei 10′ massimali… E diresti che come caratteristiche è appunto un Bettini. In più è molto forte sul picco dei 5”. Filippo tocca i 20-21 watt/chilo. I velocisti del Giro e del Tour, tanto per dare un parametro di riferimento, vincono gli sprint con 22-23 watt/chilo. Filippo ha un picco intorno ai 1.400 watt.

Fiorelli è un ottimo sprinter perché ha uno spunto veloce ed è abile nella guida, ma le sue caratteristiche naturali non sono da velocista
Fiorelli è un ottimo sprinter perché ha uno spunto veloce ed è abile nella guida, ma le sue caratteristiche naturali non sono da velocista
Una potenza massima molto buona, ma forse insufficiente per vincere una volata di gruppo?

Le volate di gruppo che ha vinto non sono state contro un Groenewegen, ma a capo di corse piuttosto lunghe. Filippo che siano tre, cinque o sette ore le ha vinte perché non serviva un super spunto di velocità. Perché, come detto, cala di meno. Bisogna capire come arriva alle volate.

Cioè?

Io osservo i suoi grafici. In un arrivo di gruppo di solito fa tre volate. Una ai -4 per portarsi nelle prime 20 posizioni. Una agli 800 metri per trovare la ruota giusta. E una, la volata finale, che il più delle volte fa a ruota. Perché sin qui di volate di “faccia” ancora non ne ha fatte, almeno a certi livelli. E quindi qual è il mio parere? 

Vai, spara!

Se Filippo pesasse come pesava da dilettante, vale a dire 66 chili, sarebbe un atleta che sugli strappi somiglierebbe davvero ad un Bettini e in volate da venti corridori vincerebbe facile. Chi lo batte con quello spunto? I venti atleti che restano davanti su uno strappo di 1,5 chilometri al 15% non sono i velocisti puri. Potresti avere forse un Sagan in condizione.

Filippo Fiorelli fa il ritiro sull’Etna, ma si allena il più delle volte in basso
Filippo Fiorelli fa il ritiro sull’Etna, ma si allena il più delle volte in basso
E allora perché non ci si è concentrati su questo aspetto? Perché è sembrato più uno sprinter che uno scattista da classiche?

Il problema è che da quando è passato professionista non ha mai avuto quel peso. E’ sempre stato sui 68,5-69 chili. Anzi, in un Giro è partito a 67,5 e lo ha finito ad oltre 70.

Un peso maggiore, non tanto nel caso del Giro che hai riportato, ma in generale è dovuto ad una questione di alimentazione o anche di preparazione? Per esempio più palestra, più muscoli…

E’ questione di alimentazione. E’ ragionevole pensare che da pro’ non possa correre e vincere corse dure come quando era dilettante.

Perché no?

Perché il suo peso forma è di 66,5 chili. Non renderebbe al di sotto… tra i pro’. Il problema, come detto, è che non ci ha mai corso con quel peso. Se ne rende conto. Lo sa. Quest’anno ha iniziato a lavorare con Iader Fabbri, il nutrizionista, ed in effetti si è visto più pimpante, anche in tappe più dure. Io credo che il vero motore di Filippo si possa vedere quando è a 66 chili.

E’ un peccato che non ci sia arrivato…

E’ un peccato. Non voglio neanche passare per il preparatore fissato col peso, ma ormai si lavora sui “millimetri” e tutto ciò conta. Faccio un esempio: avere nei 6′ di sforzo 6,7 watt/chilo o averne 6,95 (che sarebbe la differenza fra il suo peso attuale e il suo peso forma) cambia molto. Significa non arrivare in volata con 20 corridori, ma arrivarci con 60. E in quei 60 ci sono due velocisti che ti battono. 

I margini ci sono?

Sì, Fiorelli a 67,5 chili è all’8,5% di massa grassa e quindi può limare tranquillamente. Può arrivare al 7% e ci sta che poi non fai più le volate di gruppo. Ma quando in una stagione ha vinto tre corse, o tre sprint ristretti credo che abbia fatto il suo. Meglio che aver fatto dieci volte settimo in volate di gruppo. In più se si resta in venti e vince quelle corse si presuppone che batta corridori forti. Sia chiaro non lo sto rimproverando. Con Filippo viaggiamo sulla stessa linea d’onda. Stiamo capendo insieme come riuscire a risolvere questo problema.

Dalla Valle Sibiu 2022
Al Sibiu Cycling Tour Fiorelli ha vinto. La volata di gruppo, aprendo di nuovo i “dubbi” sulle sue caratteristiche (foto Max Schuz)
Dalla Valle Sibiu 2022
Al Sibiu Cycling Tour Fiorelli ha vinto. La volata di gruppo, aprendo di nuovo i “dubbi” sulle sue caratteristiche (foto Max Schuz)
Hai detto che è consapevole: questo è importante…

Lui ci ha anche provato prima del Giro del 2020 a perdere peso. In 14 giorni ha buttato giù cinque chili. Il problema è che poi aveva i crampi. Un calo di peso così rapido non va bene. Significa non mangiare e se non mangi non ti puoi allenare bene. Stavolta l’abbiamo presa più alla lunga.

E adesso?

Dopo il Sibiu ha staccato. Una settimana di fermo totale e una tranquilla. Poi andrà sull’Etna. Però ci arriva con un paio di chili in meno dello scorso rispetto allo stesso periodo. Partiamo meglio. Riprenderà a correre al Tour du Limousin a metà agosto. 

Hai parlato dell’Etna, Paolo: ma l’altura serve ad un velocista? O meglio, a questo tipo di corridore? Tanto più che lui risale in quota in bici…

Prima del Giro abbiamo cambiato la sua altura. Di questo ne ho ragionato anche con il cittì Bennati, che conosco benissimo visto che per dieci anni ci siamo allenati insieme. E tra le cose che abbiamo cambiato c’è stata proprio quella di non scendere e risalire in bici. Non gli serve. Filippo lo fa in macchina. Lavoriamo nella piana di Catania, anche dietro moto, facendo delle volate fuori scia o semplicemente tenendo la ruota quando la strada sale, volate che terminano su uno strappo. Simuliamo le condizioni che trova un velocista quando esce di ruota e incontra il muro d’aria. Usiamo la salita per rientrare solo quando deve fare delle sedute di forza, le SFR. E anche queste sono cambiate. Non sono più da 4′, ma molto più lunghe. Quindi non è più un’altura da scalatore.

Fiorelli sulla strada dell’Etna che porta ai 3.000 metri che fa con la mtb elettrica (immagine da video)
Fiorelli sulla strada dell’Etna che porta ai 3.000 metri che fa con la mtb elettrica (immagine da video)
Insomma bisogna tirare fuori lo scattista veloce?

Esatto, non voglio trasformarlo in scalatore! Fiorelli fa l’altura perché dormire a 2.000 metri ha i suoi vantaggi, tanto più sull’Etna che senza vegetazione è come stare a 2.400-2.500 metri sulle Dolomiti. La saturazione è leggermente più bassa. In più c’è il vantaggio che con una bici elettrica può salire fino a quota 3.000 metri. E quello è il vero beneficio. 

Perché con una bici elettrica?

Perché lo puoi fare senza eccessiva fatica. E poi serve la mtb perché è sterrato. Riesci a fare il giusto lavoro di ossigenazione. Serve infatti un’intensità bassa (sui 130-140 battiti), altrimenti a quelle quote intossichi solo il muscolo. Non a caso Filippo esegue queste sedute nei giorni di scarico oppure dopo le sedute di forza in pianura. Risale in macchina e completa l’allenamento con questa pedalata al altissima quota. E poi c’è un altro vantaggio dell’Etna, ma anche del Teide.

Quale?

Che puoi beneficiare della quota, ma ti puoi allenare in basso, a 300 metri di altezza. Quindi non hai problemi di adattamento prima e dopo: nei primi giorni di corsa sei subito competitivo. Senza contare che non passi da 15° a 35°.

Grinta Martinelli: Alessio riparte dopo il crampo terribile

07.07.2022
4 min
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Al Sibiu Tour c’era un giovane valtellinese che stava rialzando la testa, che si stava riprendendo il suo posto nel gruppo. Parliamo di Alessio Martinelli: 21 anni da Valdidentro, perla incastonata alla base dello Stelvio, da una parte, e del Passo Eira, dall’altra.

Alessio avrebbe dovuto fare il Giro d’Italia U23. Doveva essere il leader della Bardiani-CSF-Faizanè e uno dei favoriti per la conquista della maglia rosa. Invece quando si dice che la sfortuna ci vede benissimo… purtroppo è vero.

Come da “progetto giovani”, Martinelli ha alternato gare con i pro’ (qui a Laigueglia) con gli U23
Come da “progetto giovani”, Martinelli ha alternato gare con i pro’ (qui a Laigueglia) con gli U23

La ripartenza 

«Ho ripreso al Sibiu Tour – racconta Martinelli – e devo dire che è andata molto bene, almeno per le sensazioni dopo quel che mi è successo. Parlo della contrattura fortissima che mi ha costretto a saltare il Giro under 23 e a stare fermo due settimane».

«Il Sibiu l’ho preso un po’ come un allenamento visto che ci arrivavo con uno stato di forma minimo. E poi per me è stato doppiamente duro visto che le tappe erano lunghissime: 200 chilometri la prima, 190 la seconda e anche nel terzo giorno tra semitappa, riscaldamento e crono ne sono usciti altri 170. Però ho notato dei miglioramenti e dei wattaggi davvero buoni… anche se i distacchi dai primi sono stati grandi».

Il prossimo grande obiettivo di Alessio Martinelli si chiama Giro della Valle d’Aosta. La corsa a tappe italiana è un po’ il “terzo Giro”, dopo la corsa rosa e l’Avenir. Pertanto è importantissima e per Alessio può essere un buon riscatto.

«Adesso – continua Alessio – farò un paio di giorni di stacco e poi rifinirò la condizione in vista del Valle d’Aosta. Cosa farò? Qualche lavoro soprattutto sulla distanza, perché le frazioni più dure sono quelle finali. La corsa probabilmente si deciderà in quei giorni. Però neanche sono tante tappe, cinque, quindi non ci sarà da fare moltissimo.

«La prima frazione è molto dura, ne seguono due più mosse e di nuovo due impegnative. Bisognerà vedere come sarà interpretata la corsa».

Pochi giorni prima dell’Appennino, Alessio aveva vinto il Gp Industrie del Marmo
Pochi giorni prima dell’Appennino, Alessio aveva vinto il Gp Industrie del Marmo

Era il suo Giro?

Con Alessio non si può prescindere dall’argomento Giro d’Italia U23. Lui davvero poteva giocarsi la maglia rosa. 

«Eh – sospira Alessio – l’ho seguito da casa. Il più delle volte mentre andavo dal fisioterapista. Lo guardavamo insieme. E’ stato un brutto colpo. Era l’obiettivo principale della stagione, quello per cui avevo lavorato tanto. Ci tenevo moltissimo, soprattutto pensando alla tappa di Santa Caterina Valfurva che arrivava “a casa mia”.

«Penso che avrei potuto fare bene, ma neanche posso dire che sarebbe stato il mio Giro non vivendo in prima persona certe situazioni. Quello lo scopri solo facendolo, solo stando in gruppo».

«Hayter lo conosco, ma mai avrei immaginato che Leo potesse vincere. Mi ha sorpreso, soprattutto nella tappa che arrivava a Santa Caterina Valfurva. Mi sarei aspettato di più altri corridori, come i due della Groupama-Fdj, che comunque hanno fatto un grande Giro. Hanno vinto una tappa, delle maglie e sono sempre stati protagonisti. Hanno provato a vincerlo in tutti i modi».

Il percorso di casa Alessio chiaramente lo conosceva bene, ma uno scalatore come lui avrebbe potuto fare bene anche sul Fauniera.

«Non conoscevo quella salita, ma mi ero informato bene. Avevo visto dei video. Era bella dura! E una salita così mi sarebbe piaciuta tanto: più è lunga e dura e meglio è per me».

Questa foto scattata al via dell’Appennino ritrae un Martinelli pronto e sereno. Il sondriese ha chiuso quella gara al 7° posto
Questa foto scattata al via dell’Appennino ritrae un Martinelli pronto e sereno. Il sondriese ha chiuso quella gara al 7° posto

Il fattaccio

Ma prima di congedarci dal valtellinese ritorniamo sul motivo, quasi incredibile, che lo ha messo fuori gioco dal Giro U23. Un motivo che ci dice ancora una volta quanto oggi gli atleti siano davvero al limite.

«Io stavo davvero bene – spiega Martinelli – ero al Giro dell’Appennino, ultima gara prima del Giro under 23. C’erano quasi tutti pro’ ed io ero davanti con loro. Ho avuto un problema d’idratazione. Il gruppo era spezzato, l’ammiraglia era dietro e per molti chilometri non sono riuscito a prendere l’acqua. Ho iniziato ad avere qualche crampo.

«In fondo alla discesa c’è stato un attacco, al quale io ho risposto nonostante i crampi: così facendo ho provocato dei danni».

«Già a fine corsa ho avvertito dei forti dolori. Pensavo passassero e invece nei giorni successivi la situazione è andata a peggiorare finché al terzo giorno sono salito in bici e non sono riuscito a fare mezza pedalata. A quel punto ho capito che la cosa era grave. Un incubo.

«Ho chiamato il massaggiatore, ho chiamato il fisioterapista, sono andato da uno specialista presso cui ho fatto un’ecografia alla gamba. Mi dicevano che non era nulla di che. In un paio di giorni sarebbe passato tutto. In realtà andava sempre peggio.

«A quel punto ho capito che il Giro sarebbe svanito. E’ stato un brutto colpo. Ma il ciclismo è anche questo e bisogna andare avanti».