Fortunato e il Delfinato dopo il Giro: forse non una grande idea

08.06.2024
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Nel gruppetto alle spalle di Soler, nella settima tappa del Delfinato verso Samoens 1600 e per la prima volta dalla fine del Giro, oggi Lorenzo Fortunato ha avuto sensazioni positive. Per questo si è ritrovato in fuga e per questo conta di tornarci anche domani. Al pari di Tiberi, il bolognese è arrivato alla corsa francese sull’onda lunga del Giro d’Italia. L’aveva nei programmi e ha tenuto fede alla parola data, ma non è passato giorno senza che si rendesse conto che non si è trattata di una grande idea. Ovviamente, se domani le cose dovessero andare particolarmente bene, la scelta del Delfinato sarebbe invece un vero colpo di genio.

Roglic come Pogacar

Quando Vlasov e Roglic dietro di lui lo hanno affiancato e ripreso, “Fortu” li ha rimontati per qualche istante e poi ha mollato la presa. Non aveva in animo di dargli ancora filo da torcere, sapeva che per oggi il suo viaggio era finito.

«Quando mi hanno preso – sorride e spiega – ho visto che c’era Ciccone da solo. Siamo amici, così gli ho chiesto se avesse bisogno di qualcosa. Niente di più. Poi mi sono messo lì e ho visto che il ritmo non mi apparteneva, così mi sono detto di pensare a domani e sono salito tranquillo, senza stress. Prima arrivavo, prima prendevo il recupero, prima arrivavo al bus, prima facevo la doccia. Non ho pensato di tenere duro, quando mi hanno preso mi sono rialzato. Stanno correndo come la UAE Emirates».

Il copione è quello del Giro, cambia solo lo sloveno?

Esatto, sta correndo allo stesso modo. Oggi è stata tutto il giorno dura, non c’era un metro di pianura. Tutto su e giù, allora ho detto: «Vado in fuga!». Dopo gli ultimi 2-3 giorni del Giro non mi sono sentito bene, non avevo buone sensazioni. Magari ho preso un mezzo virus e non sono più riuscito a essere me stesso. Sin dall’inizio avevo in programma il Delfinato ed eravamo indecisi se farlo o non farlo.

Però avete deciso di sì.

Visto che poi correrò la Vuelta Burgos e poi la Vuelta, quindi dai primi di agosto in avanti, abbiamo deciso di partire. Avrò il tempo per recuperare. Fino ad oggi non ero stato bene. Tutti i giorni ho faticato tanto, ieri mi sono staccato e nella crono sono andato davvero piano. Oggi invece mi sono sentito bene e ci ho provato. Si vede che per un po’ mi sono trascinato quello che avevo a fine Giro, oggi è passato tutto.

Tiberi ha provato a partire al Delfinato, ma non è riuscito. Non ci stupiamo che tu sia stato male.

Allora, questa è la mia opinione. Una volta era possibile fare un Grande Giro e usare la condizione per fare subito un’altra corsa. Però prima non ci si allenava come adesso. In questi giorni se ne parla fra noi. Adesso si fa più lavoro al training camp in altura che al Giro. E quindi quando vai in corsa, vai a raccogliere i frutti del lavoro. Non si usano più i Grandi Giri per allenarsi. A me è capitato di fare il Giro d’Italia e poi andavo allo Slovenia oppure alla Adriatica Ionica Race, dove il livello era un pochino più basso e mi salvavo. Ma per come si va adesso, il Grande Giro deve essere l’ultimo atto di un cammino iniziato prima proprio per questo.

Lo Slovenia, ma anche il Giro di Svizzera iniziano dieci giorni dopo il Giro d’Italia: col Delfinato non c’è neanche tempo di tirare il fiato…

Non è stata una grande idea e se tornassi indietro, forse farei altre scelte. Però è giusto provare: finché non lo vedi con i tuoi occhi, fai fatica a farti un’opinione. E’ difficile perché il fisico è abituato a 21 giorni di lavoro, poi vieni qua al Delfinato e dalla prima tappa di ritrovi a soffrire. Ho tenuto duro perché Tejada era in classifica.

Come è stato il primo Giro d’Italia in una World Tour?

Buoni riscontri, sono contento. Nei primi dieci giorni ho corso in appoggio di Lutsenko, però comunque a Oropa ero subito forte (4° al traguardo, ndr) e anche nella crono sono migliorato tanto. Con la squadra mi sono trovato bene e siamo stati anche sfortunati, perché di otto che eravamo alla partenza, siamo rimasti in quattro.

Dopo il Delfinato, Burgos e Vuelta. E i campionati italiani?

Tengo duro fino a lì e correrò per Velasco, perché possa tenere la maglia tricolore. Ma ci sono anche Scaroni e Ballerini: tutti corridori con più possibilità di me. Poi mi fermo e recupero, visto che fra due mesi correrò tanto. Quest’anno ho fatto solo corse WorldTour, un po’ sono abituato, ma d’altro canto è sempre difficile fare risultati. Ho fatto Tirreno, Catalunya, Giro, Delfinato e farò la Vuelta. Il grande ciclismo è questo e ti devi confrontare con i campioni.

Evenepoel provato dopo l’arrivo: sapeva di dover lavorare ancora e ha 3 settimane davanti a sé
Evenepoel provato dopo l’arrivo: sapeva di dover lavorare ancora e ha 3 settimane davanti a sé
Domani vedremo di nuovo Fortunato all’attacco?

Se sto bene ci provo, non ho nulla da perdere. Anche oggi ho provato a farmi riprendere più tardi e sono scattato nella scia di Soler. Sapevo che sarebbero arrivati e così l’ho fatta a tutta. E se dietro si fossero aperti? Ho dato tutto, ma dietro hanno fatto i primi 4-5 chilometri molto forte e a me si è spenta la luce. Era tutto il giorno che andavamo forte e sono arrivato in cima assieme allo stesso Soler. 

Che sensazioni ti danno i leader del Tour?

Roglic è forte. Quando mi hanno preso, davanti c’era Vlasov che tirava forte. Ci sono abbastanza abituato, visto che ho corso con Pogacar e Primoz si muove sulla stessa falsa riga. Remco sta crescendo. Non so dire come sia messo col peso, però ha tanta potenza, ha sempre tanta forza. Con lui ho confidenza, è tranquillo, un bravo ragazzo, molto attento a tutto. E sono convinto che al Tour andrà forte. Ma adesso si recupera, stasera si fa una bella cena e domani ci riprovo. Sai mai che mi sblocco giusto alla fine…

Perché la tosse dopo gli arrivi più duri? Risponde il dottor Magni

23.05.2024
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SANTA CRISTINA GARDENA – In previsione di quanto sarebbe successo di lì a poco sul Brocon e ricordando quanto visto sul traguardo del Mottolino a Livigno, abbiamo chiesto al dottor Magni, medico della Astana Qazaqstan, per quale motivo dopo gli arrivi più violenti i corridori abbiano sempre accessi di tosse. Arrivavano tossendo, si fermavano e andavano a avanti fino a che il respiro tornava normale. Non solo quelli ammalati, che non farebbero notizia, ma anche gli altri. Persino il vincitore di tappa Pogacar è arrivato dai suoi massaggiatori dando un paio di colpi. Quale nesso c’è fra lo sforzo e la tosse?

«Una delle cause – spiega Magni alla vigilia della tappa – è lo sforzo. L’arrivo in salita ovviamente sottopone il sistema cardiorespiratorio a uno stress notevole, quindi c’è una reazione anche dei recettori bronchiali. In altre occasioni invece può capitare anche per la colonna d’aria fredda che entra all’interno dell’organismo, dove c’è una temperatura molto più alta. Questo shock termico, subito dall’epitelio tracheobronchiale, stimola i recettori della tosse e quindi il fenomeno si verifica».

Dopo il traguardo del Mottolino, anche Pogacar ha dato due colpi di tosse
Dopo il traguardo del Mottolino, anche Pogacar ha dato due colpi di tosse
Le due cause possono sommarsi in caso di sforzo molto violento?

Sì, la tosse è la conseguenza dello sforzo molto violento. Il tutto sarebbe quasi eliminato o comunque attutito, infatti, se uno potesse respirare con il naso, dove l’aria si riscalda e si umidifica prima di arrivare ai bronchi. Tuttavia durante uno sforzo, l’atleta respira a bocca aperta e quindi la colonna d’aria fredda arriva direttamente nel primo tratto delle vie respiratorie e le irrita.

Quei colpi di tosse possono essere dannosi o si tratta di episodi momentanei?

Dipende. Se da lì poi si innesca un fenomeno infettivo, le cose potrebbero cambiare. A livello delle nostre prime vie aeree ci sono normalmente batteri, germi, virus, nei confronti dei quali l’organismo stabilisce un certo tipo di equilibrio. Quando si sta bene non viene fuori nulla, ma nelle situazioni al limite può darsi che l’aria batterica o virale prenda il sopravvento e a quel punto l’atleta si ritrova con una bella tracheite. Noi ad esempio abbiamo un paio di casi…

Respirare a bocca aperta porta nel corpo colonne di aria fredda e batteri: lui è Benjamin Thomas verso Fano
Respirare a bocca aperta porta nel corpo colonne di aria fredda e batteri: lui è Benjamin Thomas verso Fano

Fra i ritiri di questo Giro, più di un corridore infatti lamentava tracheiti e infezioni delle vie respiratorie. Un nome su tutti è quello di Benjamin Thomas, corridore della Cofidis, che è andato avanti per giorni a tossire e proprio nella tappa di Monte Pana, quelle alla vigilia di questa intervista, ha alzato bandiera bianca.

Viviani ha visto Cavendish: «E’ già in forma per il Tour»

18.05.2024
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In partenza per la Norvegia, Elia Viviani torna con la mente al recente Giro d’Ungheria e in particolare alla seconda tappa nella quale ha chiuso al sesto posto ma soprattutto è stato testimone diretto del ritorno al successo di Marc Cavendish. L’olimpionico di Rio 2016, da sempre grande amico del gallese, non ha mai fatto mistero di essere fermamente convinto che Cav possa centrare il suo grande obiettivo: ottenere il record di tappe in carriera al Tour de France.

«Cav è sulla giusta strada – sostiene Viviani – ha fatto la scelta di partecipare al Giro di Turchia senza prendere parte ad alcuno sprint, ha messo fieno in cascina. In Ungheria aveva tutta la squadra per sé: l’Astana era stata costruita proprio per le sue tappe, diciamo che hanno fatto le prove generali per il Tour e il risultato è stato positivo. Bol e Morkov hanno tirato la volata nella maniera giusta e lui aveva le gambe per tenere, anche quando Groenewegen ha provato a rimontarlo».

La volata di Kazincbarcika, con il britannico che contiene Groenewegen. Dietro Viviani, 6°
La volata di Kazincbarcika, con il britannico che contiene Groenewegen. Dietro Viviani, 6°
Si cominciano a vedere i meccanismi del treno che dovrà portarlo verso il record?

Sì, si vede che ci stanno lavorando sodo. Per farlo hanno fatto investimenti importanti, non solo a livello di uomini ma anche di tempo. Non era facile scegliere di andare in Turchia senza puntare agli sprint, ma è stato un investimento fruttuoso. Ora hanno un treno rodato per i grandi eventi. All’inizio Syritsa è difficile da superare e dà al treno il giusto lancio. Fondamentale è l’apporto di Bol che da penultimo uomo lo porta molto più lontano di quanto fanno altri specialisti. Morkov poi lo lancia con tranquillità verso l’ultimo sforzo. In questo treno potrebbe inserirsi bene anche Ballerini che vedo sta facendo cose egregie al Giro.

E Cavendish?

Poi c’è anche lui, certo. La cosa che mi ha più impressionato e mi ha reso sempre più convinto delle sue possibilità è il fatto che Groenewegen, che pure è un signor velocista, nella rosa dei 4-5 più forti al mondo, non lo ha rimontato. Significa davvero che Cav è indirizzato bene verso l’obiettivo.

Il bielorusso Syritsa si è rivelato fondamentale nel lanciare il treno di Cavendish
Il bielorusso Syritsa si è rivelato fondamentale nel lanciare il treno di Cavendish
Tu eri impegnato in quella volata, ce la racconti?

Puccio aveva svolto un lavoro egregio per portarmi nelle prime posizioni, ma davanti c’erano Groenewegen e Welsford che facevano a spallate per avere la miglior prospettiva di lancio e quest’ultimo ha avuto la peggio finendo dalla parte delle transenne. Io ero 4 posizioni dietro e sapevo che a quel punto potevo fare la volata per ottenere un piazzamento, ma non oltre. Avevo una posizione privilegiata per vedere tutta la strategia dell’Astana, la sfida tra Cav e l’olandese.

Una forma raggiunta troppo presto?

Non direi, anche perché al Tour non ci saranno né Milan Merlier. In questo momento ritengo Milan il più forte di tutti, quando non commette errori. Il principale rivale del gallese sarà Philipsen che ritengo si confermerà il più forte e darà la caccia al bis per la maglia verde, ma almeno in un paio di occasioni Cavendish potrà mettere la sua ruota davanti, anche perché non è detto che Philipsen poi le faccia tutte.

L’ex iridato alle spalle di Cees Bol, capace di azioni prolungate nella fase finale dello sprint
L’ex iridato alle spalle di Cees Bol, capace di azioni prolungate nella fase finale dello sprint
Veniamo a Viviani e al suo cammino di avvicinamento a Parigi…

Sono in partenza per il Giro di Norvegia, dove ci sarà una tappa che quasi certamente finirà in volata e un’altra con buone probabilità. Io ho iniziato da fine aprile la seconda fase di preparazione per Parigi, con molta palestra e lavori corti ma intensi. Su strada le mie sensazioni sono altalenanti, credo di essere molto potente per sforzi intorno al minuto ma di non avere un equilibrio totale.

Che cosa ti manca?

E’ come se avessi le gambe incatramate. Il carico di lavori di potenza non mi dà la resistenza sufficiente per quando la strada si rizza sotto le ruote. Sui percorsi misti pago dazio, ma in questo momento e per gli obiettivi che ho ci sta.

Viviani lavora in funzione di Parigi. Prossima tappa il Giro di Norvegia dal 23 al 26 maggio
Viviani lavora in funzione di Parigi. Prossima tappa il Giro di Norvegia dal 23 al 26 maggio
Ti ha sorpreso la vittoria di Benjamin Thomas al Giro d’Italia? Se ora vince anche su strada…

E’ una di quelle azioni di cui Ben è un maestro. Anche lo scorso anno al Tour lo hanno ripreso a pochissimo dal traguardo, gli stava riuscendo anche lì. Ha vinto a Lucca proprio grazie alle sue doti da pistard, sapendo attendere il momento giusto per passare negli ultimi metri. E’ chiaro che a Parigi avrà tanta pressione addosso, ma lui e Hayter sono i grandi favoriti per l’omnium, poi c’è un fazzoletto di atleti per un terzo posto sul podio tra cui spero di essere anch’io.

Da qui a Parigi avrete occasione di fare qualche gara per la madison?

No e questo ci preoccupa molto. Non ci sono più tappe di Nations Cup, io e Consonni dovremo lavorare molto sulla tecnica riservandoci tempo, lui dalla preparazione del quartetto e io da quella dell’omnium. Dovremo provare i cambi per non perdere metri, fare lavori altamente tecnici ma non avere occasioni di confronto ci penalizza. Anche gareggiare in prove di classe 1.1 non ci dà quelle sensazioni di alta competitività di cui abbiamo bisogno. Fra le specialità di Parigi è quella dove partiamo più indietro, da outsider.

Un mese in Grecia, così Anastopoulos ha rimesso in forma Cav

14.05.2024
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Mark Cavendish è tornato a ruggire. Lo ha fatto al Giro di Ungheria, spazzando via la sua primavera complicata. Anche se tutto sommato la stagione era iniziata benino, con dei buoni allenamenti in quota in Colombia e una vittoria sempre nella corsa sudamericana.

Poi ecco marzo ed e con esso i problemi, che si sono ufficialmente materializzati alla Tirreno-Adriatico. Tirreno finita con zero sprint disputati e un ritiro anticipato, per il corridore dell’Astana Qazaqstan. Hanno provato a fargli fare la Milano-Torino qualche giorno dopo, ma ancora nulla di buono. Calendario rivisto: tra Grecia, Turchia, ancora Grecia e Ungheria.

Mark Cavendish con Vasilis Anastopoulos sulle alture attorno Atene (foto Instagram)
Mark Cavendish con Vasilis Anastopoulos sulle alture attorno Atene (foto Instagram)

Un mese in Grecia

Al Giro d’Italia le imprese magiare di Mark non sono passate inosservate, così come non è passato inosservato il suo training camp in Grecia. Il suo storico coach, Vasilis Anastopoulos, se lo è portato a casa. E chi conosceva il tecnico greco sapeva che lì avrebbe messo l’ex iridato a regime.

«Ho deciso – spiega coach Antastopoulos – di portarlo in Grecia perché così era previsto dall’inizio della stagione. Mark si è venuto ad Atene all’inizio di aprile per allenarsi insieme a me. È la terza volta che viene in Grecia per un camp. Gli piace molto, quindi abbiamo deciso di ripetere questa sessione anche quest’anno». 

«In più il fatto che in Grecia il ciclismo non sia così popolare, fa sì che quasi nessuno riconosca Cav, ed è una cosa che Mark stesso gradisce. Lui ama allenarsi senza ricevere troppa attenzione e restare concentrato».

A Valle Castellana, alla Tirreno, Cav scortato da Morkov, è fuori tempo massimo
A Valle Castellana, alla Tirreno, Cav scortato da Morkov, è fuori tempo massimo

La forma arriva

Antastopoulos conosce Cavendish come pochi altri. Sa i suoi punti forza e le sue debolezze. Probabilmente la sua presenza costante fa bene al corridore inglese. Da una parte lo esalta, dall’altra gli dà la tranquillità necessaria, la sicurezza che sta lavorando bene. E infatti i risultati si sono visti, anzi, rivisti in Ungheria.

«L’inizio della stagione – va avanti Vasilis – è stato molto positivo con il ritiro in Colombia e la vittoria di tappa lì, ma poco prima della Tirreno Cav si è ammalato. Ha preso un raffreddore molto forte che è durato circa due settimane e mezzo. Quindi insieme allo staff medico della squadra abbiamo preso la decisione di annullare la sua partecipazione alle gare primaverili in Belgio e di lasciargli invece del tempo per recuperare bene».

«E infatti anche per questo non sono stupito che abbia vinto in Ungheria. Tutto sommato era vicino a vincere anche la tappa finale in Turchia, che si è tenuta due settimane prima. Quel giorno ebbe un problema meccanico».

A Kazincbarcika, Cavendish (classe 1985) ha colto la sua vittoria numero 164
A Kazincbarcika, Cavendish (classe 1985) ha colto la sua vittoria numero 164

Volume e intensità

In Grecia quindi Cavendish ha trovato le condizioni migliori per allenarsi. Clima buono, percorsi giusti e appunto un coach che lo ha seguito passo, passo… ogni giorno. La gara ungherese era un passaggio importantissimo per l’ormai mitica 35ª vittoria del Tour de France.

In Ungheria Cav è persino andato in fuga nella tappa finale: pensate che motivazione…

«Qui in Grecia – dice Antastopoulos – possiamo combinare alcune lunghe pedalate di resistenza con un po’ di lavoro a ritmo elevato senza problemi. Abbiamo trascorso quasi un mese ad allenarci in qui. Il piano includeva un po’ di tutto. Abbiamo iniziato con alcune pedalate lunghe e facili per concludere con un po’ di lavoro ad alta intensità e sprint da dietro moto».

Non solo ha vinto: in Ungheria Cav è anche andato in fuga. Un ulteriore ottimo allenamento
Non solo ha vinto: in Ungheria Cav è anche andato in fuga. Un ulteriore ottimo allenamento

Verso il Tour

«Come sono i suoi valori? Abbiamo ancora del lavoro da fare – specifica Anastopoulos – ma per il momento il suo livello è abbastanza buono».

Infine abbiamo chiesto al tecnico greco se c’è mai stata l’idea di portare Cavendish al Giro d’Italia. Si poteva pensare che senza più troppe gare nelle gambe, la corsa rosa potesse essere un buon viatico per lui. Ma si sa, di questi tempi, correre senza essere al top è controproducente.

«No, l’idea di portarlo al Giro d’Italia non è mai stata presa in considerazione. Siamo rimasti fedeli al nostro piano. Dai prossimi giorni faremo un ritiro in quota a Sierra Nevada, poi ci sarà il Tour de Suisse e quindi ecco il Tour de France».

Il rientro in corsa di Ballerini: ce ne parla il fisioterapista

13.05.2024
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Davide Ballerini è tornato a correre e di quanto questo gli fosse mancato ne abbiamo già parlato. La prima corsa in maglia Astana Qazaqstan è stata il Giro di Turchia, dopo il quale è arrivata la convocazione al Giro d’Italia. Una ripresa che gli è costata tanta fatica e delle rinunce importanti, come la partecipazione alle Classiche del Nord. La sofferenza nel riprendere in mano la bici e riallacciare il filo della sua carriera è stata tanta. Una grande mano gliel’ha data Martino Donati, fisioterapista responsabile del Centro Rehability Lugano

«Davide è arrivato da noi – racconta Martino Donati – l’11 gennaio per un problema al ginocchio sinistro, ma con un dolore difficile da classificare. Aveva un danno alla cartilagine che portava scompenso alla pedalata che a sua volta causava l’infiammazione ai tendini sottorotuleo e sovrarotuleo, i quali agivano per proteggere la parte danneggiata. Il danno era causato da tre traumi consecutivi: il primo avvenuto a marzo 2023 in occasione del Fiandre, il secondo ad aprile alla Roubaix e il terzo a fine luglio. Quello più importante è l’ultimo, avvenuto al Giro del Belgio che ha portato al trauma rotuleo e ad una conseguente perdita di potenza e fluidità nella pedalata».

Davide Ballerini e Vincenzo Nibali: al centro Martino Donati fisioterapista che ha lavorato con entrambi
Davide Ballerini e Vincenzo Nibali: al centro Martino Donati fisioterapista che ha lavorato con entrambi

Riposo

Ballerini stesso ci aveva raccontato che il trauma rotuleo fosse stato in qualche modo sottovalutato ed aveva continuato a pedalarci sopra. 

«Continuando l’attività – spiega il fisioterapista – il dolore non si è mai riassorbito. Davide aveva giorni in cui soffriva parecchio e altri in cui poteva allenarsi tranquillamente. Questo era dovuto al fatto che se la cartilagine viene lasciata a riposo, il dolore diminuisce. Il problema è che nel gesto della pedalata la rotula sfrega contro il femore e se si ha un’infiammazione alla rotula continuare ad allenarsi non aiuta».

Quindi in primo luogo cosa avete fatto?

La prima visita l’abbiamo fatta su richiesta del dottor Magni, medico dell’Astana che ha chiesto un nostro parere. Con lui abbiamo già collaborato ai tempi di Nibali e Pozzovivo. Ballerini è arrivato l’11 gennaio e abbiamo fatto subito un quadro anamnestico per capire la storia medico-clinica. Questa operazione l’hanno fatta il dottor Jeanclaude Sedran, massimo esperto per l’articolazione femoro-rotulea e il dottor Magni. Hanno effettuato una risonanza con contrasto che ha evidenziato un danno cartilagineo non riparato. 

Cosa si è fatto poi?

La guarigione, non ancora totalmente avvenuta, è stata portata avanti in tre fasi che hanno occupato altrettanti mesi di lavoro. 

La prima parte di lavoro è stata effettuata in palestra con lavori a secco
La prima parte di lavoro è stata effettuata in palestra con lavori a secco
In cosa consisteva la prima parte?

E’ quella che si chiama infiammatoria o fase acuta, dove il dolore è forte e insistente. Per prima cosa abbiamo subito tolto la bici e si è lavorato per ridurre l’edema osseo. Cosa che abbiamo fatto attraverso la magnetoterapia, camera iperbarica e terapia di rinforzo. Si è fatta anche un’infiltrazione con liquido PRP e Acido Ialuronico. Per accelerare la riparazione del danno alla rotula abbiamo sottratto del sangue e usato la parte corpuscolare, ricca di cellule staminali, per far ripartire il processo di infiammazione. Una tecnica che ha permesso un recupero molto più rapido. 

Poi è stato il momento della seconda fase?

Sì, quella subacuta dove il dolore è lieve e c’è stato un processo di riparazione tissutale. E’ iniziata così la fase di recupero della massa muscolare persa, sia sui rulli che in palestra. Per prima cosa abbiamo fatto una visita biomeccanica e corretto la posizione in bici dando un assetto neutro all’atleta. Il rinforzo vero e proprio è partito dalla palestra, con dei lavori a secco con stacchi, affondi e squat. Da un test effettuato era emerso che Ballerini aveva un deficit del 23 per cento sulla gamba sinistra. Dai dati si vedeva come la gamba destra compensasse in fase di spinta e frenata. 

Ballerini ha sempre curato la forza per recuperare il deficit del 23 per cento tra la gamba sinistra e quella destra
Ballerini curato tanto la forza per recuperare il deficit del 23 per cento tra gamba sinistra e destra
Avete usato tecniche particolari?

Per accelerare il recupero è stata utilizzata la tecnica BFR (Blood Flow Restriction). In poche parole si tratta di una fascia che nel caso di Ballerini è stata applicata nella zona dell’anca. Funziona come un laccio emostatico, la gamba lavora senza ossigeno e si può così caricare sul muscolo senza stressare l’articolazione. E’ come lavorare con un bilanciere da 200 chili ma senza nessun peso addosso. 

Sui rulli che cosa si è fatto?

Questa fase è stata curata dal suo preparatore Vasilis Anastopoulos. Le sessioni di allenamento erano brevi, di quaranta minuti massimo, e tutte in Z2. Il lavoro da fare era di mantenimento. 

La rimessa in sella ha comportato innanzitutto una seduto biomeccanica per riequilibrare l’asetto
La rimessa in sella ha comportato innanzitutto una seduto biomeccanica per riequilibrare l’asetto
Terza e ultima fase?

La riatletizzazione, avvenuta nell’ultimo mese. Ballerini è tornato in bici e si è messo a fare blocchi di lavoro di tre giorni in maniera progressiva. Siamo partiti con un’ora e mezza di allenamento due giorni consecutivi per poi riposare nel terzo. Se il corridore non lamentava dolori si aumentava di 30 minuti, così ogni blocco fino ad arrivare a cinque ore di pedalata. Anche in questo caso solo fondo, niente lavori specifici. Il giorno di riposo però non era fermo, ma caricava tanto in palestra. 

Venivano fatti altri controlli?

Solo per monitorare vari dolori da assestamento come ai glutei, schiena o gamba destra. Infine abbiamo sistemato nuovamente la posizione in bici e il 29 marzo Davide è partito per il Teide con la squadra. 

Il miglior piazzamento di tappa in questo Giro, fino ad ora, è il sesto posto ad Andora
Il miglior piazzamento di tappa in questo Giro, fino ad ora, è il sesto posto ad Andora
Lavoro finito per voi?

No. A distanza, mentre era in ritiro, il nostro preparatore Tommaso Doro che lo ha seguito in tutte le fasi, gli indicava comunque dei lavori di forza in palestra. Sessioni meno intense, ma volte a rinforzare sempre la gamba sinistra, anche perché il recupero era avvenuto, ma non ancora in maniera totale.

In che senso?

Che Ballerini è arrivato ad avere un deficit tra gamba sinistra e destra del 6 per cento. Ancora compensa con l’altra gamba nella fase di spinta, ma è normale. Ora con il ritorno in corsa avrà modo di recuperare definitivamente.

Ballerini ci ha detto che ancora deve tenere sotto controllo la gamba infortunata.

Sì, a fine Giro andremo avanti con il lavoro per recuperare al massimo e lo porteremo, compatibilmente con le gare, fino a fine stagione. La cosa importante sarà lavorare bene fin dal prossimo inverno per ripianare completamente tutto. Fino a fine stagione migliorerà, poi ci sarà una ricostruzione da fare che partirà dal prossimo inverno.

Il punto con Battistella: senza Grandi Giri e con il sogno tricolore

08.05.2024
4 min
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Mentre le ruote dei corridori al Giro d’Italia corrono velocemente lungo tutto lo Stivale, quelle di Samuele Battistella hanno appena ripreso a girare. Il corridore dell’Astana Qazaqstan Team continua la sua stagione senza grandi corse a tappe. Mentre state leggendo, Battistella sarà lungo le sue strade ad allenarsi in vista dei prossimi impegni. Dopo la Freccia Vallone rientrerà alle gare al Giro di Svizzera, a inizio giugno. 

«Dopo la Freccia – ci racconta dopo colazione mentre è seduto sul divano – ho fatto una pausa di quattro giorni, obbligata. In Belgio mi sono preso una bella bronchite che mi ha costretto a fare un ciclo di antibiotico, ho ripreso ad andare in bici da qualche giorno. Tutta la squadra presente ai Baschi si è ammalata, quindi mi sa che era una cosa che girava in gruppo. Poi il freddo incontrato in Belgio non ha aiutato».

Battistella cercherà di limare i particolari che fino ad ora non gli hanno permesso di cogliere la vittoria
Battistella cercherà di limare i particolari che fino ad ora non gli hanno permesso di cogliere la vittoria

Verso il tricolore

Da casa, Battistella partirà per andare a fare un lungo periodo di altura insieme ai compagni di squadra rimasti. La pausa arriva dopo un inizio di stagione che lo ha visto spesso protagonista ma non ancora vincente. E’ mancato sempre qualcosa, ma si lavora per limare il dettaglio. 

«Fino ad ora – prosegue – ho messo insieme 35 giorni di gara, avevo bisogno di staccare un po’. Non troppo in realtà, per non perdere tutto il lavoro fatto. Adesso da qui a fine giugno l’obiettivo è arrivare al campionato italiano al massimo della condizione, la maglia tricolore è nel mirino da inizio anno. Il 15 maggio partirò con la squadra per Sierra Nevada e faremo 20 giorni di ritiro. Un grande blocco di lavoro per arrivare direttamente al Giro di Svizzera. Lavoreremo su quello che è mancato in questi primi mesi e cureremo i dettagli».

Battistella tra pochi giorni andrà in ritiro con la squadra a Sierra Nevada
Battistella tra pochi giorni andrà in ritiro con la squadra a Sierra Nevada
Cosa è mancato fino ad ora per vincere?

Davvero una piccola percentuale che spero di trovare da qui in poi. Ho corso spesso, quindi è stato difficile allenarsi a casa e farlo anche bene. Dovendo curare il recupero post gara e pre gara, non è mai stato possibile fare blocchi di lavoro troppo lunghi. 

A che livello ti senti?

Superiore rispetto alle altre stagioni. Ho disputato solo gare WorldTour o di alto livello portando a casa tanti podi e piazzamenti significativi.

Pensare gli altri al Giro ti fa male? Ti manca?

Avendo corso tanto no, non sarei stato in grado di farlo al meglio, sarebbe stato un impegno troppo esagerato. Sto bene e sono contento, ho corso di più e curato maggiormente i ritiri in altura. Magari da qui a fine stagione farò il Tour o la Vuelta, sono comunque una riserva. 

Per Battistella il miglior piazzamento in un Grande Giro è il secondo posto di tappa alla Vuelta nel 2022
Per Battistella il miglior piazzamento in un Grande Giro è il secondo posto di tappa alla Vuelta nel 2022
La scelta di non fare Grandi Giri è stata tua?

Ne ho ragionato insieme al team alla fine della scorsa Vuelta. Avevo preparato la gara molto bene con un bel periodo di altura ed ero pronto. Poi però mi sono reso conto che le occasioni concrete per fare bene erano poche, una o due su tutte e tre le settimane. Mi sono detto: «Ho fatto un mese di preparazione intenso e lo posso sfruttare pochissimo». Così ho deciso di concentrarmi su obiettivi più concreti.

Di fatto puntando a corse più adatte a te.

Esatto, Parigi-Nizza e Baschi mi si addicono per percorso e livello in corsa. Sono appuntamenti dove gli uomini di classifica non arrivano al 100 per cento. In più nelle grandi gare a tappe devi metterti a disposizione del capitano, cosa che faccio volentieri, ma che comunque abbassa il numero di tappe alle quali puntare. Con un calendario come quello del 2024 posso concentrarmi sulle mie prestazioni, poi se ci sarà bisogno di me sarò a disposizione dei miei compagni, chiaramente. 

Correndo solo brevi gare a tappe riesce ad essere più fresco e pronto, rimanendo ad alti livelli
Correndo solo brevi gare a tappe riesce ad essere più fresco e pronto, rimanendo ad alti livelli
Ne hai fatto un discorso personale, per dimostrare il tuo valore.

Dopo anni a un buon livello finalmente sento di aver fatto un ulteriore gradino, mi sento bene. La stagione è lunga e di obiettivi ce ne saranno, ora c’è il campionato italiano nel mirino. Non nego che mi piacerebbe anche ritagliarmi lo spazio per indossare la maglia azzurra, magari per i mondiali. Ho già corso in Australia ed è stato fantastico, sarei felice di essere presente ad un appuntamento del genere anche solo per aiutare un capitano.

Ballerini è tornato ed è pronto a mordere l’asfalto

05.05.2024
4 min
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La voglia di mettere le ruote su strada morde Davide Ballerini e lo scuote da dentro. Parliamo con lui all’avvio del Giro d’Italia, un giorno trascorso tra il caldo e la ricognizione della prima tappa. Il canturino dell’Astana Qazaqstan è tornato in gara al Giro di Turchia prima di mettersi in viaggio per la corsa rosa. Lo intercettiamo mentre è in stanza, in sottofondo il rumore degli ultimi preparativi. 

L’Astana Qazaqstan Team alla presentazione delle squadre per il Giro
L’Astana Qazaqstan Team alla presentazione delle squadre per il Giro

Il ritorno dopo 9 mesi

Ballerini ha riattaccato il numero sulla schiena nove mesi dopo la caduta al Tour de Wallonie, il 25 luglio 2023. Una botta al ginocchio che sembrava poter rientrare facilmente e che invece si è trascinata fino a qualche giorno fa. 

«Avevo sbattuto la rotula contro il manubrio – ci dice – dopo qualche tempo ero tornato in bici con il permesso del fisioterapista, ma il dolore non passava. Sono riuscito a risolverlo con delle infiltrazioni a fine stagione e ne ero felice, perché al ritiro di dicembre tutto stava andando bene. Poi il buio, a febbraio il dolore è tornato e sono stato costretto a fermarmi di nuovo. Il muscolo non aveva recuperato e la gamba destra lavorava molto di più di quella sinistra. Il risultato? Ho saltato le Classiche».

Prima tappa del Giro, Ballerini guida il gruppo accanto a Velasco, Scaroni e Lutsenko
Prima tappa del Giro, Ballerini guida il gruppo accanto a Velasco e Scaroni
Come ti sei sentito in quel momento?

E’ stato un momento davvero duro perché lo aspettavo, era la mia parte di stagione, sono le gare che mi si addicono di più. Ero molto felice di poterle correre.

In che modo lo hai superato?

Grazie al supporto degli amici e ho trovato un grande fisioterapista con il quale ho lavorato tutti i giorni. Mi sono rifugiato nel lavoro, con costanza e tanta grinta. Alcuni giorni non è stato semplice, ad esempio quando c’erano le gare non le ho guardate in TV, altrimenti l’avrei distrutta. Tutta la rabbia l’ho messa nel recupero: in palestra, nella riabilitazione e sui pedali.

Hai lavorato tanto a secco?

Ho dovuto ricostruire gran parte della gamba sinistra perché avevo perso il 20 per cento del tono muscolare. Non è stato facile o veloce, ma abbiamo lavorato nel modo giusto. Ogni giorno uscivo alle 14 e tornavo a casa alle 20, ma la differenza nel ciclismo la fai nel lavoro a casa. La gara è solo quello che succede in bici, tanto passa anche da quello che si fa fuori. 

A proposito di bici quando sei tornato a pedalare?

Nella seconda metà di febbraio in maniera tranquilla e da marzo con convinzione e carichi importanti. Poi ad aprile sono andato in ritiro sul Teide con la squadra. 

Il Giro di Turchia ha permesso a Ballerini di esordire con la maglia dell’Astana
Il Giro di Turchia ha permesso a Ballerini di esordire con la maglia dell’Astana
Sei tornato in gara al Turchia, quanto l’aspettavi?

Come la prima gara quando sei ragazzo. Non vedevo l’ora di partire era da fine luglio che non mettevo le ruote in gruppo. Il ginocchio ha reagito bene, certo va tenuto sotto controllo e curato, ma sto bene. Tanto da decidere insieme al team di partecipare al Giro, non era in programma a inizio stagione ma sono felice di esserci.

Hai già guardato qualche tappa?

A dire il vero no. Quando ci hanno dato il Garibaldi, ho sfogliato qualcosa, ma sono uno che guarda le cose giorno per giorno. Vedremo come sto durante le tre settimane, l’obiettivo è mettermi a disposizione della squadra, poi magari mi ritaglierò i miei spazi. 

Il ritorno in gruppo ha portato morale e gli ha permesso di ritrovare il sorriso
Il ritorno in gruppo ha portato morale e gli ha permesso di ritrovare il sorriso
La condizione com’era?

Al Turchia cresceva giorno per giorno, ho aiutato tanto la squadra e siamo anche riusciti a vincere una tappa con Kanter. Sapevo di aver lavorato nel modo corretto e duramente, come detto gli allenamenti a casa hanno fatto la differenza. La prima gara è sempre un test, vero non era una categoria WorldTour, ma i segnali sono stati positivi. Dal punto di vista mentale è una spinta forte. Ora si inizia il Giro e sono pronto.

De Lie e Germani, le corse e il lavoro a casa: scelte diverse

01.05.2024
6 min
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L’intervista di Lorenzo Germani pubblicata qualche giorno fa è emerso un particolare interessante. Il giovane frusinate alla domanda se avesse aumentato i carichi di lavoro a casa ha risposto così: «Nella fase invernale sì. Quando sono iniziate le corse e il virus preso al Provenza ha scombussolato un po’ i piani facendomi perdere qualche giorno di allenamento. Poi, visto il fitto calendario, il grosso del lavoro è stato fatto in corsa».

Un discorso simile è stato fatto dalla Lotto-Dstny con De Lie. Visto che la sua condizione è stata ritenuta inadeguata dopo la Gand-Wevelgem, il giovane belga è stato fermato perché tornasse ad allenarsi. Rientrato in gruppo domenica scorsa alla Lotto Famenne Ardenne Classic, che ha vinto (foto di apertura), Ardnaud ha ripreso il suo percorso verso il Tour de France, con una raccomandazione da parte dei suoi tecnici: correrà e osserverà dei periodi di allenamento, non ci arriverà di certo cercando la condizione di corsa in corsa.

Germani si è trovato a rincorrere la condizione a causa delle tante corse fatte (foto Getty/Instagram)
Germani si è trovato a rincorrere la condizione a causa delle tante corse fatte (foto Getty/Instagram)

Tutto al limite

La domanda che ci è saltata in mente è stata: può un virus, preso nella parte iniziale della stagione scombussolare tanto i piani? Quel che si capisce continuando a leggere l’intervista di Germani è che può, eccome. Nel ciclismo sempre più attento al dettaglio tutto pesa e se non sei uno dei top pesa anche di più. Il nostro spunto è passato direttamente a Claudio Cucinotta, preparatore dell’Astana. Non per parlare del caso Germani e di De Lie, non avrebbe senso visto che non sono suoi corridori, ma per ampliare il discorso. Quanto è importante curare l’allenamento a casa in un ciclismo che non permette più di allenarsi in gara?

«Dipende da tante cose – dice Cucinotta – perché le variabili da tenere in considerazione sono diverse. Sicuramente in gara non si può più arrivare al 70 per cento, questo però vale in particolare per i capitani. Loro possono rinunciare ad un appuntamento se non sono al massimo della condizione e la squadra viene loro incontro: guardate De Lie. I gregari, invece, se devono tappare un buco lo fanno anche se la condizione non è sufficiente. Insomma, se sei uno dei tanti, vai a correre in qualsiasi condizione». 

Dopo una gara di un giorno di media lunghezza il recupero è di un paio di giorni
Dopo una gara di un giorno di media lunghezza il recupero è di un paio di giorni
Con il rischio, come successo a Germani, di rincorrere lo stato di forma ideale. 

Spesso corridori di seconda fascia oppure giovani si sacrificano in corsa e lo fanno anche in queste situazioni. La squadra sa che non è al massimo, ma ti fa correre comunque, perché magari si rischia di partire con un uomo in meno. Poi se è una corsa di un giorno ancora si può fare, stringi i denti, lavori all’inizio e ti ritiri. Ma in una gara a tappe devi anche sforzarti per finirla o comunque arrivare il più avanti possibile. 

Al di là dell’esempio di Germani, curare l’allenamento a casa però è fondamentale, soprattutto tra una gara e l’altra.

Vero, la prima cosa che bisogna fare è recuperare bene. Le variabili delle quali tener conto sono davvero molte, a partire da quanto impegno ha richiesto tale gara. Se si è trattato di una corsa di un giorno o una gara a tappe e poi si valuta in base all’impegno successivo.

Una corsa a tappe come la Tirreno richiede un recupero più lungo: tra i 3 e 4 giorni
Una corsa a tappe come la Tirreno richiede un recupero più lungo: tra i 3 e 4 giorni
Facciamo un esempio: trittico delle Ardenne e poi Giro, come si fa?

Buon esempio, in tanti hanno fatto questo binomio. Il grosso della preparazione viene fatta prima delle Ardenne, magari con dell’altura. Poi si scende e si va a correre per una settimana, ma con sole tre gare. Una volta tornati a casa, il recupero è indicativamente di tre giorni, dal quarto si torna ad allenarsi.

E cosa si fa?

In una gara singola si corre ad un’intensità più elevata rispetto ad una gara a tappe. Il corridore quindi non avrà bisogno di fare sforzi brevi, ma lavori di fondo oppure di forza. Si inseriranno salite a lunga percorrenza fatte in Z2 o Z3. Dopo qualche giorno ci sarà solo un richiamo di intensità con lavori brevi sui 2 minuti massimo. Come ultimo allenamento si mette un’altra uscita lunga con tante ore ma senza lavori specifici. 

Al contrario se si esce da una corsa a tappe?

Dipende dov’è collocata, ma va fatto l’opposto. Una corsa a tappe, anche una di categoria 1.2, chiede un recupero più lungo, di quattro giorni magari. Si ritorna ad allenarsi dal quinto e si fanno tanti lavori specifici per allenare l’intensità. Comunque dopo cinque o sei giorni di gara, se non di più, il fondo lo diamo per assodato. 

A casa si sfrutta il tempo lavorando su aspetti che in corsa si sono trascurati
A casa si sfrutta il tempo lavorando su aspetti che in corsa si sono trascurati
Facciamo un altro esempio: un corridore che esce dalla Tirreno. 

Se ha come obiettivo il Giro allora potrebbe già avere una condizione buona e finita la gara recupera e torna a prepararsi per il grande obiettivo. Si va in altura e tutto procede secondo i piani. Se, al contrario, ha come obiettivo il Tour de France magari ha una condizione minore. La Tirreno è solo un passaggio per mettere gare nelle gambe ma senza cercare risultati. Guarda a corse del genere ma collocate più avanti nel calendario: Giro di Svizzera o Delfinato. 

Non c’è una ricetta vera e propria.

Concretamente no. Ogni preparatore segue corridori con obiettivi diversi e deve tenere conto di tante variabili. Certo è che se uno disputa una corsa a tappe a casa dovrà poi fare lavori ad alta intensità. Al contrario se un corridore esce da una serie di gare di un giorno andrà a curare più il fondo. 

Ad esempio dopo una serie di corse di un giorno si curano il fondo e la forza (foto Instagram Fortunato)
Ad esempio dopo una serie di corse di un giorno si curano il fondo e la forza (foto Instagram Fortunato)
Le gare di passaggio esistono ancora?

No. Ormai anche corse come Giro di Ungheria o Giro di Turchia hanno un livello alto. E’ praticamente impossibile mettersi nell’ottica che si va per migliorare, si deve già essere ad un buon livello. 

Se si hanno intoppi che impediscono di allenarsi a casa meglio rinunciare a correre?

Il ragionamento è giusto, ma in pratica se lo possono permettere solo i campioni. Sono loro che devono portare a casa i risultati quindi le squadre sanno che non possono farli rincorrere la condizione. Questo crea un circolo virtuoso: i gregari fanno quel che possono, mentre i capitani sono sempre, o quasi, al meglio della forma.

Questa la sintesi: Germani ha continuato a correre e stringere i denti. De Lie è stato fermato, ha recuperato e al rientro ha vinto.

Lutsenko dominatore a Prati di Tivo: prossimo stop la Liegi

11.04.2024
6 min
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PRATI DI TIVO – Il Gran Sasso c’è, non si vede, ma si intuisce per l’aria che scende dalle piste senza neve. La signora del bar dice che quest’inverno non si è sciato quasi per niente e che per i gestori degli impianti il periodo è pesante. Lutsenko ha appena conquistato l’arrivo in salita del Giro d’Abruzzo, sullo stesso traguardo su cui a maggio si assegnerà l’ottava tappa del Giro.

Il kazako voleva vincere e l’ha fatto. Prima ha messo la squadra a tirare dalla discesa del Passo delle Capannelle, poi si è ben destreggiato nella morsa dei corridori del UAE Team Emirates. Dopo aver vinto ieri con Christen, questa volta sono stati loro a rimanere con un palmo di naso. Nonostante nel finale fossero in tre, non sono bastati per arginare lo sprint del vincitore.

Beffa per la UAE Emirates

Ulissi manda giù ancora un po’ d’aria di montagna e poi batte la mano sulla spalla di Adam Yates, che si è avvicinato quasi per scusarsi di non aver vinto. Sono fermi sulla destra della strada accanto alla transenna, con un massaggiatore che porge loro da bere e gli chiede se abbiano bisogno di altro.

Sivakov osserva in silenzio, lui che da U23 vinse il Giro d’Italia a Campo Imperatore, sull’altro versante del gigante d’Abruzzo. A guardarla nello schermo, è evidente che in questa corsa ci siano tre livelli sin troppo distinti e che i corridori WorldTour finiti davanti abbiano un livello persino imbarazzante pensando a quello degli altri.

«Sono rientrato sui primi perché ne avevo – dice Ulissi mentre si copre – ma soprattutto quanto ho tirato?».

Il secondo posto è un sapore amaro con cui si fatica a fare di conto, restano l’ultima tappa e poi le Ardenne, dove però tornerà in gioco capitan Pogacar. Meglio riprovarci domani…

Yates, gioia strozzata

Adam Yates è al rientro dalla caduta che lo fece ritirare dal UAE Tour. Recuperare dalla commozione cerebrale ha richiesto più tempo del previsto e il Giro d’Abruzzo come gara del rientro va più che bene per ritrovare la condizione. Si scusa davvero e allarga le braccia, ma nessuno se la sente di dirgli qualcosa: cosa vuoi pretendere dopo quasi due mesi che non corre?

«Ho impiegato tanto per tornare – dice il britannico, terzo nell’ultimo Tour – più di quanto avrei voluto, quindi essere qui a lottare per la vittoria è un grande orgoglio. Ovviamente mi sarebbe piaciuto vincere, ma dopo circa 25 minuti di salita ero vuoto e senza energie. Ho provato un paio di volte ad attaccare, ma Lutsenko è sempre parso a suo agio. Alla fine Diego è tornato sotto e ha fatto un bel lavoro, ma penso che oggi abbia vinto il più forte.

«Siamo venuti qui senza un vero obiettivo, senza alcuna ambizione. Solo per correre e scoprire a che punto siano le gambe. Sicuramente da inizio anno ho perso un po’ di condizione, ma quella tornerà con un po’ più di allenamento. E dalla prossima corsa, che sarà il Romandia, conto di essere un Adam Yates migliore di questo».

Il gatto e i tre topolini

Lutsenko ha lo sguardo sornione del gatto che ha giocato con i tre topolini e alla fine li ha messi in trappola. Sull’arrivo lo ha accolto Michele Pallini, che qui accolse anche la vittoria di Nibali nel 2012, anno in cui lo stesso Lutsenko avrebbe vinto il mondiale degli U23. Oggi ha risposto ai ripetuti allunghi di Yates poi di Sivakov, infine ha preso la ruota di Ulissi ed è uscito di forza vincendo lo sprint in salita quasi per distacco. Rispetto agli agguerriti rivali, il kazako è in corsa con un gruppo di giovani del devo team e per loro e il lavoro che hanno svolto avrà parole di elogio.

«Questi due chilometri finali sono stati duri – racconta – perché ho sempre dovuto seguire la UAE. Si può dire che oggi sia stato UAE contro Lutsenko e sono contento di aver vinto. Ieri avevo fatto secondo e ci ero rimasto male, come se non fossi più capace di vincere. La salita è stata dura per tutti. La mia squadra ha fatto un bel lavoro: prima la discesa veloce e poi la prima parte della salita a tutto gas. Secondo me questo ha un po’ cambiato il ritmo della gara e consideriamo che io sono qui con un gruppo di giovani, mentre la UAE ha solo capitani, se pensiamo a Ulissi, Adam Yates e Sivakov»

Con Lutsenko c’è Pallini, che vinse a Prati di Tivo nel 2012 con Nibali
Con Lutsenko c’è Pallini, che vinse a Prati di Tivo nel 2012 con Nibali

E adesso la Liegi

Dina Ibrayeva, che segue l’Astana Qazaqstan Team come Marketing Communication Manager, ha vissuto il finale in religioso silenzio. Appena un sorriso dai suoi occhi orientali e l’ammissione che Lutsenko stamattina avesse detto di voler vincere. Nel frattempo sul busto del kazako sono arrivate anche la maglia di leader e quelle dei punti e della montagna.

«Ho aspettato lo sprint – spiega – perché ho visto che riuscivo a rispondere bene agli allunghi di Adam Yates, quindi evidentemente ho una buona gamba. Era davvero una bella salita, credo di non averla mai fatta, ma il nostro direttore sportivo (Martinelli, ndr) me l’aveva descritta molto bene. Sono contento. Sto seguendo lo stesso programma che lo scorso anno mi fece passare dall’altura al Giro di Sicilia e vincere in avvicinamento alle classiche (nel 2023 Alexey fu quinto all’Amstel, ndr).

«Sono venuto qui direttamente dal Teide e il prossimo obiettivo saranno la Liegi e poi il Giro di Romandia. Domani resta l’ultima tappa, che ha più di 3.000 metri di dislivello, poco meno di oggi. Sarà una giornata dura, sempre su e giù come una classica. E’ importante aver vinto oggi, domani sarò qui e proveremo a tenere la maglia, ma chi può dire come finirà?».

Sul traguardo la processione dei ritardatari prosegue costante. Il fine gara è ancora lungi dall’essere segnalato. Quando sulla riga passano Edoardo Cipollini, Samuel Quaranta e Stefano Baffi, dall’arrivo di Lutsenko è passata quasi mezz’ora.