Questa volta Van Vleuten le ha prese a ceffoni

24.04.2022
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Non è sempre Pasqua, deve aver pensato Elisa Longo Borghini, che nel giorno di Pasqua per giunta aveva vinto la Roubaix, vedendo la Van Vleuten allontanarsi sulla Roche aux Faucons. Più o meno gli stessi pensieri si sono addensati nella mente di Marta Cavalli, che mercoledì ha vinto la Freccia Vallone ed era tra le favorite della Liegi. Quando l’olandese della Movistar ha attaccato nel punto più duro dell’ultima salita, a dire il vero non è parsa irresistibile. Il gap infatti è rimasto a lungo intorno ai 10 secondi, poi le altre dietro sono inspiegabilmente sprofondate nella rassegnazione, raggiungendo il traguardo 43 secondi dopo Annemiek.

Per la Longo Borghini è arrivato il quinto posto. E adesso a casa a ricaricare le batterie
Per la Longo Borghini è arrivato i quinto posto. E adesso a casa a ricaricare le batterie

«Con due ragazze della Sd Worx e due della FDJ – dice Elisa, quinta all’arrivo – pensavo che saremmo riuscite a rientrare, ma evidentemente Annemiek ne aveva di più. E’ stata la più forte, ha preso da subito la corsa fra le mani, aveva il passo migliore di tutte. Io oggi mi sentivo recuperata rispetto alla Roubaix, molto meglio di mercoledì alla Freccia. Però è vero che, tranne alcune che iniziano a scegliere, tendiamo tutte a fare le corse principali. Perciò la Roubaix, spostata perché in Francia c’erano le elezioni, si è un po’ sovrapposta con le Ardenne. Se avessi fatto Amstel e Brabante, io ad esempio l’avrei saltata. E credo che se il calendario sarà ancora questo, si dovranno fare delle scelte».

Cavalli e la Redoute

Il tema, che avevamo già approfondito nelle scorse settimane, torna di attualità anche nelle parole di Marta Cavalli, arrivata sesta. Se Longo Borghini non avrebbe voluto fare la Roubaix e l’ha vinta, la cremonese non avrebbe dovuto fare Freccia e Liegi e ha vinto a sua volta la prima…

A Liegi anche il cittì azzurro Sangalli. Qui parla con Marta Cavalli e domani sarà a Roma al Liberazione
A Liegi anche il cittì azzurro Sangalli. Qui parla con Marta Cavalli e domani sarà a Roma al Liberazione

«Ho fatto la Roubaix – sorride sfinita – perché non avrei dovuto fare Freccia e Liegi. Ancora mercoledì sentivo di non aver ben recuperato il pavé che fisicamente è devastante. Oggi si sapeva che la Roche aux Faucons sarebbe stata il punto decisivo. Già ho sofferto per stare con la Van Vleuten sulla Redoute, credo di aver speso lì tutte le mie energie. Quando ha attaccato, siamo rimaste a 8-10 secondi, poi il gruppetto si è riformato e non c’è stato niente da fare. Ma che lei fosse forte si sapeva. Forse era bloccata un po’ mentalmente per non aver ancora vinto, ma questa volta ha dato tutto».

Il momento migliore

Annemiek è di ottimo umore. Al punto che quando il telefono di un giornalista, messo sul tavolo davanti a lei per registrare, inizia a vibrare, risponde lei alla chiamata. Parla in olandese, dice che si sta svolgendo una conferenza stampa e che gli ha risposto la vincitrice. Poi chiude, anzi no: la chiamata resta aperta ancora un po’.

Già sulla Redoute il suo forcing è stato ferreo. Qui le resiste Reusser
Già sulla Redoute il suo forcing è stato ferreo. Qui le resiste Reusser

«Se guardo i numeri – dice la leader del Movistar Teami miei test, i tempi su Strava, sono nel mio momento migliore. Ma ci sono tante ragazze che stanno crescendo, per cui vincere non è più così facile e quando ci riesco è più bello. Sapevo che non sarei riuscita ad andare via sulla Redoute come nel 2019, perché il livello del gruppo femminile adesso è più alto di qualche anno fa. Sapevo di avere una sola opzione sulla Roche aux Faucons, perciò l’ho iniziata e ho dato tutto. Ho ucciso me stessa, senza pensare se mi seguissero. Non potevo fare altro. Penso sia un complimento il fatto che mi stiano sempre a ruota, ma cerco di concentrarmi ogni volta su quello che posso cambiare e semmai le situazioni che posso girare a mio favore».

Il guanto di sfida

Parla con gusto. Fa battute. Dice che il Giro è una corsa troppo bella per non farla e che andrà a prepararlo a Livigno, il suo «happy place». Però aggiunge che ora tornerà per due settimane a casa, dove festeggerà con gli amici e il 27 aprile celebrerà il King’s Day.

«Vincere non è stato un sollievo – dice Van Vleuten – sarei potuta tornare a casa a mani vuote, ma con la consapevolezza di andare bene. E’ bello riuscire ancora ad avere questo livello, soprattutto dopo l’incidente alla Roubaix del 2021. Ho ancora fame di migliorare e ci sono piccole cose, dalla mia preparazione al lavoro di squadra, in cui posso migliorare. Credo in me stessa, vincere non è facile. Gli unici che aspettavano un passo falso sono certi giornalisti che si divertono a darmi il tormento.

«Credo che questa campagna di primavera abbia ridisegnato gli equilibri del gruppo. Marta Cavalli adesso sa di potermi staccare e proverà a rifarlo al Giro d’Italia e questo renderà il ciclismo più bello da seguire. Sul Muro di Huy mi ha battuto perché è stata più esplosiva di me, la Liegi si è dimostrata ancora una volta la corsa che più mi si addice. Ma non dite che sono stata la più forte, come se avessi passeggiato. Sulla Redoute ho distrutto me stessa. E sulla Roche aux Faucons ho dato tutto, facendomi del male…».

Vent’anni dopo, il Muro torna nostro con una grande Cavalli

20.04.2022
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«La sensazione più bella? Essere sul Muro d’Huy – sorride Marta Cavalli – e rendermi conto di avere ancora gambe per accelerare. Qualcosa che ha dato un senso a tanto lavorare. La convinzione che mi sono data in questi ultimi tempi è che quando io faccio fatica, la fanno anche le altre. Ho visto Vollering che si staccava e io non ero ancora al limite. E questo mi ha dato il coraggio per attaccare Annemiek (Van Vleuten, ndr). Era un rischio. Poteva accelerare a sua volta. Invece non ce l’ha fatta».

L’ha piegata. Dovendo descrivere quel che Marta Cavalli ha appena combinato alla rocciosa Van Vleuten, piegare è davvero il verbo giusto. E l’ha fatto con una freddezza da campionessa navigata. La stessa che ti viene giocandoti medaglie in pista, probabilmente.

Quando Cavalli ha accelerato, Van Vleuten si è piegata: strada libera!
Quando Cavalli ha accelerato, Van Vleuten si è piegata: strada libera!

A vent’anni dalla Lupa

E così dopo vent’anni esatti, ci siamo ripresi la Freccia Vallone. Ci ha pensato l’atleta della FDJ Nouvelle Aquitaine Futuroscope, già vincitrice dell’Amstel con cui nei giorni scorsi avevamo parlato dell’opportunità di correre la Roubaix prima di queste Ardenne.

Era dalla vittoria 2002 di Fabiana Luperini, quella per lei del tris, che il Muro ci respingeva. Al tempo, Marta aveva da poco compiuto 4 anni. E così la bella coincidenza ha voluto che a consegnarle il trofeo sia stata proprio la toscana di Buti (foto di apertura), invitata per la ricorrenza dai francesi di ASO, che quanto a simili attenzioni non perdono un colpo.

«Salire sul palco con Fabiana a 20 anni dalla sua vittoria – ha detto Marta – è stato come sentire accanto la mia grande famiglia italiana. Quando corri in una squadra straniera ti senti un po’ sempre fuori casa. Con le francesi mi trovo bene, abbiamo tanto in comune, ma manca sempre qualcosa. Per sfortuna non sono ancora riuscita a correre con Vittoria Guazzini. E’ stato bello sentire parole italiane sul podio…».

Ti aspettavi di vincere?

Neanche un po’. All’Amstel ho giocato sul fattore sorpresa, mentre qui è stata una prova di forza. La squadra ha lavorato tutto il giorno per me, ma non ero affatto sicura che sul Muro sarei riuscita a ripagarle del lavoro. Ho cercato di stare calma. So che in cima un po’ spiana e bisogna tenere energie per quel momento. Così sono stata a ruota. Ho aspettato e aspettato e sono uscita solo alla fine. Ieri abbiamo visto parecchi video di questa corsa e abbiamo visto che tutti quelli che hanno anticipato, in cima l’hanno pagata cara.

Avevi paura che Van Vleuten potesse staccarti?

Per mia fortuna, non è molto esplosiva. Lei fa il suo passo regolare e potente con cui ti stronca, ma queste sono le mie stesse caratteristiche.

Due italiane nella fuga del mattino: Anastasia Carbonari e Katia Ragusa. Con loro Waterreus
Due italiane nella fuga del mattino: Anastasia Carbonari e Katia Ragusa. Con loro Waterreus
Sempre convinta che correre la Roubaix sia stata la miglior preparazione per la Freccia?

Neanche un po’ (ride, ndr)! Fino a ieri e anche oggi ho avuto dolori in tutto il corpo. La schiena urla, stessa cosa per le caviglie. Non è facile recuperare la Roubaix.

Due giorni fa nella ricognizione del finale avresti mai immaginato una conclusione così?

Ho cercato di capire rapporti e ruote, ma non immaginavo che finisse così. Abbiamo corso bene e siamo arrivate fresche al finale, per come si può essere freschi dopo tre ore e mezza di corsa.

All’arrivo dimostrazione di forza a dieci giorni dalla vittoria “tattica” dell’Amstel
All’arrivo dimostrazione di forza a dieci giorni dalla vittoria “tattica” dell’Amstel
La Freccia aggiunge un’altra abilità al tuo curriculum…

Sono un’atleta all-ground, buona per tutti i terreni. Il punto debole è lo sprint perché mi manca la potenza, ma per il resto mi piace andare bene in tutti i tipi di corsa. Mi piacciono le classiche, ma penso di potermi difendere anche in un grande Giro sulle montagne.

E adesso arriva la Liegi.

Non ho aspettative, come non le avevo qui. Aspetterò senza pressione le ultime salite. La corsa è adatta a me, ma spesso si arriva in volata, per cui spero si selezioni un gruppo ristretto.

Quella sensazione di forza sul Muro?

Sono cresciuta molto l’anno scorso, trovando assieme al mio preparatore il giusto modo di lavorare. Ora possiamo concentrarci sulle mie abilità, cercando di crescere ancora per step. Quanto a queste corse, il segreto è farle e rifarle.

Balsamo a Cittiglio e alla Gand, la tua accoppiata Amstel-Freccia, Longo Borghini alla Roubaix…

Fra noi italiane c’è una sana rivalità che ci porta a crescere e spinge a migliorarci. C’è sicuramente una generazione di alto livello. Ho sempre corso con loro, mi sembra normale. Ma certo questi risultati sono proprio belli…

Domani riposo. Venerdì ricognizione sul percorso della Liegi. E domenica si corre ancora. Quando finalmente riguadagna la via per l’ammiraglia, Marta ha ancora in faccia lo stesso sorriso. Se c’è voluta una settimana per assorbire la vittoria dell’Amstel, ora ha appena tre giorni per digerire la Freccia e pensare alla prossima sfida.

Vleuten 2022

Van Vleuten in calo? La Guarischi garantisce di no…

16.04.2022
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Fino allo scorso anno, quando si parlava della Parigi-Roubaix al femminile in procinto di essere inserita nel calendario internazionale, ad Annemiek Van Vleuten si illuminavano gli occhi. La campionessa vincitutto olandese non nascondeva le sue ambizioni sulla classicissima del pavé facendone quasi l’obiettivo primario, pur in una stagione contraddistinta da eventi come Olimpiadi e Mondiali. Oggi però la stella della Movistar non è alla partenza della seconda edizione e la cosa stupisce.

Per capire il perché bisogna tornare indietro, all’edizione passata, disputata a ottobre con un clima autunnale in tutto e per tutto, con la pioggia che rendeva i solchi fra una pietra e l’altra vere fosse piene di fango, con la superficie di quelle stesse pietre simile a saponette. Annemiek è stata tra le tante che hanno pagato dazio, un dazio pesante, con la frattura dell’osso pubico in due punti: «Addio vacanze, addio periodo di ricarica – recitava in un suo post su Instagram – mi è capitato tante volte, ma stavolta le energie sono finite via…».

Vleuten Roubaix 2021
L’olandese teneva molto alla Roubaix, ma l’esperienza è stata traumatica (foto Gomez Sport)
Vleuten Roubaix 2021
L’olandese teneva molto alla Roubaix, ma l’esperienza è stata traumatica (foto Gomez Sport)

Un sogno diventato un incubo

L’olandese ha rivisto le proprie priorità e chissà, forse la ripresa sicuramente difficile da quell’infortunio di fine stagione ha un po’ influito su questo 2022. Che giudicare negativo sarebbe forse eccessivo, ma certamente, per chi conosce la straordinaria potenza e superiorità dimostrate in più occasioni dall’arancione, lascia un po’ interdetti.

Annemiek non ci sarà, Barbara Guarischi invece sì. L’azzurra ha condiviso molte giornate di gara con la sua capitana in questa stagione e può quindi testimoniare validamente su come la stella del ciclismo mondiale se la stia passando: «Annemiek aveva già deciso di non fare la Roubaix e puntare tutto sulle classiche delle Ardenne. Non si era fatta male solo all’osso pubico, ma anche al bacino, è rimasta scottata da quell’esperienza e ha deciso di non riprovarci. Non è una gara semplice anche sull’asciutto, figuriamoci sul bagnato. Noi punteremo sulla Norsgaard, che nel 2021 finì sesta e la francese Biannic che fu 21esima, io correrò in loro supporto».

Vleuten Norsgaard
Senza la Van Vleuten, sarà la Norsgaard (a destra) la punta della squadra
Vleuten Norsgaard
Senza la Van Vleuten, sarà la Norsgaard (a destra) la punta della squadra
Se guardiamo finora alla stagione della Van Vleuten, è vero che ha tre vittorie in carniere, ma la sensazione è che i suoi scatti poderosi non riescano più a fare quella differenza enorme che vedevamo fino allo scorso anno…

Non è del tutto vero. Bisogna capire che il livello è cresciuto tantissimo, i valori medi sono molto più alti, è tutto all’estremo. Sembra strano dirlo da un anno all’altro, ma è davvero così. Sono in tante che vogliono e possono vincere. Guardate l’ultimo Fiandre: su quei muri Annemiek riusciva ancora a staccare tutte, ma invece di scollinare con un vantaggio cospicuo, le altre tenevano 10-15 secondi e potevano riagganciarsi. Su salite brevi non riesce a fare la differenza, ma io sono convinta che su ascese più lunghe riesca ancora a scavare un solco. La Freccia Vallone sarà in tal senso un ottimo test.

La Van Vleuten ha perso due volte dalla Kopecky, alla Strade Bianche e al Fiandre che sono due corse fra le più impegnative. Possono aver lasciato, queste sconfitte, un peso psicologico sulla tua capitana?

Io non credo, non solo per la maturità di Annemiek. La belga è cresciuta in salita, così riesce a tenere meglio e quando te la trovi allo sprint, sai che quella è una che fino a un paio di anni fa vinceva le volate di gruppo. Annemiek allo sprint non è ferma, ma con la Kopecky è difficile che la spunti, per questo doveva spendere di più nel cercare di staccarla e questo ha pesato, sia in Toscana che in Belgio.

Annemiek a parte, come giudichi l’inizio di stagione della vostra squadra?

Siamo andati abbastanza bene. Abbiamo forse vinto qualcosa meno, manca soprattutto il Fiandre, ma siamo comunque sempre protagoniste, abbiamo avuto tre vittorie con Annemiek e Emma Norsgaard ha vinto Le Samyn, se guardate le Top 10 ci siamo sempre. Come dicevo, questo è un ciclismo molto più combattuto e livellato, dov’è difficile vincere.

Vleuten Kopecky 2022
La Van Vleuten ha provato più volte a staccare la Kopecky, sapendo di essere inferiore in volata
Vleuten Kopecky 2022
La Van Vleuten ha provato più volte a staccare la Kopecky, sapendo di essere inferiore in volata
Da che cosa dipende questo cambiamento repentino?

Stiamo vivendo un’evoluzione a 300 all’ora. Il ciclismo femminile si sta evolvendo, è un ciclismo molto più professionale, dove non manca nulla rispetto a quello maschile a livello di preparazione, nutrizione e tutto il resto e questo fa sì che il livello salga. Il problema semmai è che il calendario ci impone di correre quasi sempre.

La differenza con i vostri colleghi è che lì le squadre WorldTour sono composte da 31 corridori, voi da 14: credi che sia tempo di allargare i roster?

Non è così semplice: ingaggiare altre cicliste significa anche aumentare lo staff, le ammiraglie, il materiale tecnico… Bisogna fare investimenti enormi e molti team non sono in grado di farlo a quei livelli. Molti parlano di aumentare il numero di cicliste, ma non si riflette su quel che significa.

E’ pur vero però che ciò vi costringe a veri tour de force…

E’ difficile essere sempre presenti, forse servirebbe rallentare un po’, rivedere il calendario per renderlo più equilibrato.

Guarischi 2022
Per Barbara Guarischi un inizio anno a buoni livelli, anche se senza acuti di classifica
Guarischi 2022
Per Barbara Guarischi un inizio anno a buoni livelli, anche se senza acuti di classifica
Veniamo a Barbara: sei contenta di come stai andando?

Sì, finora ho sempre portato a termine i miei compiti e quando c’è stata la possibilità di mettermi in mostra, l’ho colta. Ora aspetto la Roubaix e poi mi prenderò uno stacco in vista degli impegni successivi, saltando le Ardenne. Andrò in altura e continuerò con la pista: ho fatto almeno un lavoro a settimana e ne ho sempre tratto giovamento.

Ti vedremo al Giro o al Tour?

Non so ancora, la società deve stabilirlo. Mi hanno già detto che sarò al Giro di Danimarca e alla Ride to London, altre due gare a tappe. Poi si vedrà…

Il sabato Movistar e due leoni che non si arrendono

27.02.2022
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Trentanove anni lei, quarantuno lui. La stessa maglia blu con la M sul petto e storie incredibili da raccontare. Ieri Annemiek Van Vleuten in Belgio e Alejandro Valverde in Spagna hanno reso indimenticabile il sabato del Movistar Team. Hanno vinto entrambi in volata. Lei, scalatrice, nella classica dei primi muri fiamminghi: la Omloop Het Nieuwsblad già conquistata nel 2020. Lui, alla 136ª vittoria, a capo di una tappa con tre salite finali e l’arrivo in cima nel Gran Camino.

Nello sprint a due, Van Vleuten anticipa e batte Vollering
Nello sprint a due, Van Vleuten anticipa e batte Vollering

Selezione sul Muur

Dopo il Muur, nella fuga di tre che animava già da qualche chilometro, Annemiek Van Vleuten ha pensato che le sarebbe convenuto arrivare da sola per non essere battuta allo sprint.

La Omloop Het Nieuwsblad delle donne andava avanti a strappi sin dall’inizio. Prima una fuga di sei, con Carbonari (Valcar) e Tomasi (UAE Team ADQ), arrivata fino a 4 minuti e ripresa ai 40 dall’attivo. Poi l’attacco di quattro dal peso specifico superiore, con Reusser, Van Djik, Henderson e il tentativo successivo di Sofia Bertizzolo. Infine il forcing di Annemiek Van Vleuten sul Muur, con la sola Vollering a tenerle le ruote, mentre Lotte Kopecky inseguiva rabbiosa e solitaria.

Sul Muur, la selezione di Van Vleuten. Ma l’atleta Movistar non fa il vuoto
Sul Muur, la selezione di Van Vleuten. Ma l’atleta Movistar non fa il vuoto

Il Bosberg non basta

Si sarebbe deciso tutto sul Bosberg e poi semmai in volata, anche se nello sprint a due l’atleta della Movistar ha ammesso di non sentirsi sicura. Eppure, nonostante il suo forcing sull’ultimo muro, Demi Vollering è rimasta lì.

«Il Bosberg era la mia ultima possibilità di andare via da sola – ha raccontato Van Vleuten nella conferenza stampa del vincitore –  ma sono rimasta sorpresa che solo una di loro potesse stare con me. Ho parlato con Vollering nel finale, ma lei non voleva dare cambi perché aveva due compagne dietro.

«E’ stato difficile per me, ma ho pensato: “Continua a pedalare”. Per tutta la mia carriera ho cercato di non lasciarmi frustrare da cose che non posso controllare, ma di accettare la situazione e trarne il meglio».

Sul podio di Ninove, oltre a Van Vleuten (Movistar) e Vollering (SD Worx), c’era Lorena Wiebes (Team DSM)
Sul podio di Ninove, oltre a Van Vleuten (Movistar) e Vollering (SD Worx), c’era Lorena Wiebes (Team DSM)

Curva kamikaze

In realtà Vollering viaggiava con un pensiero per la testa. Vincere per dedicare la vittoria ad Amy Pietrers. Dopo il podio ha raccontato quanto manchi nel team in ogni cosa facciano e sarebbe stato bello poterle regalare la vittoria. Ma Annemiek Van Vleuten non lo sapeva e anche se l’avesse saputo, le cose probabilmente non sarebbero cambiate.

«So che sulla carta Vollering è più veloce di me – prosegue il suo racconto – ma anche che divento più veloce io dopo una gara difficile. Ho pensato di sorprenderla e sono entrata come una kamikaze nella penultima curva, la mia sola occasione per arrivare in testa alla rotonda. E’ venuto fuori uno sprint di 600 metri. Lei è uscita dalla mia ruota, ma io avevo ancora un po’ da dare e ho vinto».

In salita Woods fa il ritmo, Valverde lo segue bene. Dietro di lui c’è Sosa: Movistar ben rappresentata
In salita Woods fa il ritmo, Valverde lo segue bene. Dietro di lui c’è Sosa: Movistar ben rappresentata

E adesso in Spagna…

Passiamo in Spagna, quasi al confine col Portogallo, lungo uno dei tratti più belli del Camino di Santiago, cui la corsa deve il nome. Circa 1.700 chilometri a sud ovest di Ninove, nello stesso giorno ma sulle strade della Galizia, in una paesotto di montagna che si chiama Luintra, Alejandro Valverde ha conquistato la tappa regina del Gran Camino, battendo allo sprint Michael Woods e Ivan Sosa, da quest’anno alla Movistar, con i primi inseguitori a 51 secondi.

Non un finale scontato, dato che a fare la selezione sull’Alto da Moura si è messo anche Jakob Fuglsang, lasciando poi via libera al compagno Woods. E a quel punto, nello scontro fra… vecchietti (41 anni per Valverde, 35 per Woods), ha avuto la meglio la classe del murciano. Che oggi si giocherà la corsa nella crono che per gli ultimi 7 chilometri percorrerà il Camino Francese.

Vincendo a Luintra, Valverde passa in testa alla classifica. Oggi crono finale
Vincendo a Luintra, Valverde passa in testa alla classifica. Oggi crono finale

Felicità Valverde

Valverde, che aveva iniziato la stagione ammettendo di sentirsi strano correndo con la scadenza del ritiro a fine stagione, è parso al settimo cielo.

«Sono molto contento – ha detto – è stato fantastico, abbiamo avuto la gara sempre sotto controllo. Siamo partiti per vincere la tappa, poi puoi riuscirci oppure no. Gli avversari erano forti, ma per noi ha funzionato tutto bene. Non conoscevo le ultime salite e sono state tremendamente difficili, soprattutto all’inizio. Sosa ha fatto un ottimo lavoro, poi sapevo di essere più veloce di Woods e Ivan mi ha lanciato in modo fenomenale. E domani (oggi, ndr), sarà ciò che Dio vuole. Sarà una bella crono, per niente piatta. Vedremo come riuscirò a recuperare».

Sabato prossimo i due leoni della Movistar, 80 anni in due, si ritroveranno entrambi alla Strade Bianche, entrambi con buone chance di vittoria. Valverde è arrivato per due volte terzo, nel 2014 e 2015. Van Vleuten l’ha vinta nel 2019 e 2020. Sulle strade di Siena, il Movistar Team avrà due belle carte da giocarsi.

La Passione affida a Ildos i progetti speciali

23.02.2022
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Il 2022 si conferma essere un anno estremamente importante per La Passione, Digital-Native-Vertical brand specializzato in abbigliamento da ciclismo, nato nel 2015 da un’idea di Giuliano Ragazzi e Yurika Marchetti.

Il mercato sta attualmente premiando la scelta iniziale di rivolgersi direttamente al consumatore finale offrendogli prodotti di alta qualità a prezzi accessibili. Per sostenere tale crescita il management de La Passione ha deciso di iniziare una collaborazione con Nicolò Ildos, ex responsabile marketing di Campagnolo e Fi’zi:k, chiamato ad occuparsi dei progetti speciali di branding e comunicazione.

Nicolò Ildos si occuperà di progetti di branding e comunicazione
Nicolò Ildos si occuperà di progetti di branding e comunicazione

Nuovi progetti

Giuliano Ragazzi – CEO de La Passione – ha voluto dare il suo benvenuto a Nicolò Ildos con queste parole: «Gli ultimi mesi sono stati fantastici sia dal punto di vista aziendale che sportivo. Abbiamo appena festeggiato la nostra prima vittoria da professionisti grazie alla performance di Alejandro Valverde del Movistar Team e abbiamo avviato molti progetti di marketing non convenzionali. Ora abbiamo bisogno di accrescere le nostre competenze per gestirli correttamente. Nicolò porta il suo profondo amore per il ciclismo e la sua autentica visione del marketing».

Da parte sua Nicolò Ildos ha deciso di raccogliere con entusiasmo questa nuova e stimolante sfida professionale: «Sono felice di collaborare con un team così talentuoso e motivato. E’ un’azienda incredibilmente dinamica e questi primi giorni insieme sono stati estremamente stimolanti. Ho sempre guardato a La Passione come un riferimento di stile e ora posso contribuire a dare forma alla loro proposta di marketing».

Giuliano Ragazzi e Yurika Marchetti, fondatori La Passione
Giuliano Ragazzi e Yurika Marchetti, fondatori La Passione

Ecco la Movistar

La grande novità del 2022 de La Passione è sicuramente rappresentata dalla collaborazione con il Movistar Team, una delle formazioni più importanti e riconosciute del WorldTour. La Passione vestirà la formazione maschile, capitanata da Alejandro Valverde, e quella femminile guidata da Annemiek van Vleuten. A loro si aggiungerà anche l’eTeam, la squadra che gareggerà nella Zwift Racing League oltre che in altri eventi di e-cycling.

Realizzare la nuova divisa del Team Movistar ha richiesto un lavoro meticoloso, come racconta la stessa Yurika Marchetti: «La ricerca preliminare prima di metterci al lavoro sul design e sui colori è stata quella di andare a ripercorrere i 41 anni di storia dei teams di Abarca Sports analizzando grafiche, colori, tonalità e abbinamenti cromatici utilizzati».

Uno sguardo al futuro

Il nuovo kit per le squadre è stato rivisitato in chiave moderna. Il cyan, colore istituzionale dello sponsor Movistar e della maglia delle ultime stagioni, è diventato il colore del logo a contrasto su un campo blu.

«La M stilizzata in cyan, logo dello sponsor Movistar – racconta Giuliano Ragazzi – rappresenta la continuità con il passato recente della squadra. Abbiamo inserito nella grafica anche delle linee orizzontali asimmetriche sempre dello stesso colore che hanno il compito di dare dinamismo e modernità alla maglia senza appesantire il design, per creare quel tocco di eleganza minimalista che è anche nelle corde di tutti i prodotti La Passione».

L’inizio della collaborazione tecnica con il Movistar Team sarà l’occasione per presentare il nuovo simbolo “P.”, sintesi di un concetto che verrà introdotto su tutti i capi a partire dal 2022.

La Passione

Chirico e quell’allenamento durissimo con la Van Vleuten

26.08.2021
4 min
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Il ciclismo femminile è in rapida ascesa. Abbiamo imparato a conoscere le numerose atlete che si scontrano lungo le strade di tutto il mondo. L’ultimo grande palcoscenico su cui si è visto battagliare queste atlete sono le Olimpiadi, nella cronometro ha brillato il talento cristallino di Annemiek Van Vleuten. La neocampionessa olimpica in questi giorni è sulle montagne ad allenarsi ed ha fatto un incontro particolare, con Luca Chirico.

Anche il corridore dell’Androni-Sidermec si sta allenando da quelle parti e i due ne hanno approfittato per fare una pedalata insieme. Il lombardo è in una buona condizione di forma. Ha colto un ottavo posto al Giro dell’Appennino e al Savoie Mont Blanc è stato decisivo nell’aiutare Umba e Cepeda nei successi di tappa e nella generale. Da lui ci facciamo raccontare qualche curiosità sulla ciclista olandese.

La Canyon della campionessa olandese sul Foscagno
La Canyon della campionessa olandese sul Foscagno
Come mai vi siete incontrati?

Eravamo vicini. Stavamo allenandoci tutti e due ed abbiamo deciso di fare una pedalata insieme. Io sto preparando l’ultima parte di stagione (correrà in Francia prima di riprendere le gare in Italia, ndr). Lei era sul Foscagno mentre io sono a Livigno, ci siamo incontrati a Trepalle, sopra Livigno. E da lì siamo partiti.

Che giro avete fatto?

Siamo andati verso il Bernina, poi passo Albula, ed ancora Bernina per tornare verso Livigno, lei arrivando da Foscagno si è fatta anche Forcola all’andata e Foscagno per tornare a casa.

Un gran bel giro! Quanto siete stati fuori?

Contate che io dovevo fare dei lavori in salita, avevo previsto di fare più o meno 3.000 metri di dislivello, lei ne avrà fatti 3.500 se consideriamo anche la strada per arrivare al punto di ritrovo Trepalle, appunto. Il giro fatto insieme complessivamente è durato poco più di 5 ore.

Va forte…

Urca! Direi proprio di sì, visto il tipo di allenamento che dovevo fare in salita la staccavo, lei andava su del suo passo, ma non l’ho mai aspettata più di 5 minuti.

Per la Van Vleuten in allenamento come in gara sempre tanta grinta
Per la Van Vleuten in allenamento come in gara sempre tanta grinta
Le gare femminili però durano molto meno, come mai questa sua scelta: te lo ha detto?

A lei piace allenarsi in quello che è l’endurance in questo modo, preferisce fare tante ore, senza lavori specifici per abituare il corpo allo sforzo. 

Ed il percorso così duro?

Mi ha confidato che ama molto il Giro d’Italia Donne perché il percorso è duro e ci sono molte salite toste, preferisce gare impegnative piuttosto che percorsi pianeggianti con una sola salita nel finale. Direi che le piacciono le gare ad eliminazione – dice Chirico, ridendo -.

Hai notato qualche particolarità nella sua bici o nei suoi accessori?

Non ci ho fatto molto caso ad essere sincero, ma direi di no altrimenti mi sarebbero saltati subito all’occhio. Probabilmente ha qualche dente in più nel pacco pignoni, ma giusto un paio.

Cosa ci fa qui dalle tue parti?

E’ in una fase di recupero o comunque di allenamenti più leggeri, anche se così non sembrerebbe, due giorni fa, si è fatta il Giro dell’Umbrail, che sono altre 6 ore buone.

Tra ritiri e gare (qui lo Stelvio al Giro 2020) queste montagne sono una seconda casa per Chirico
Tra ritiri e gare (qui lo Stelvio al Giro 2020) queste montagne sono una seconda casa per Chirico
Come ti spieghi questa suo incredibile caparbietà?

Sicuramente è una questione mentale. E’ abituata a fare quel qualcosa in più per emergere, per vincere.

Cosa pensi del mondo del ciclismo femminile?

Sono cresciute molto, far parte di una squadra World Tour permette alle atlete di essere seguite con la stessa attenzione e meticolosità dei colleghi uomini.

Ti ha detto quali saranno i suoi prossimi impegni?

Il 12 settembre farà gli europei, questo è poco ma sicuro, poi il mondiale è un’altra data cerchiata in rosso sul suo calendario. Prima dovrebbe andare alla Vuelta, che poi è una piccola corsa a tappe che affianca gli ultimi giorni di gara degli uomini.

Vince Van Vleuten, parla Guderzo: «Ho tifato per le azzurre»

01.08.2021
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Tre settimane per se stessa. «E per ritrovare – dice – una parvenza di equilibrio». Tanto è passato dalla fine del Giro d’Italia Donne, ma c’era bisogno di altro tempo per metabolizzare la scelta di Salvoldi e il modo in cui le è stata comunicata. Eppure nel giorno della gara in Giappone, Tatiana Guderzo non ce l’ha fatta a stare lontana dalla tivù. E’ il giorno della Clasica San Sebastian. Van Vleuten ha vinto da sola, Guderzo si è piazzata terza.

«Continuavo a passare davanti a quello schermo acceso – ricorda – in cui scorrevano le Olimpiadi. Mi fermavo e passavo oltre. Mi fermavo e passavo oltre. Ero in casa, sono una che la tiene pulita, ma quel mattino (sorride amaro, ndr) è stata più splendente che mai. Però per gli ultimi 15 chilometri mi sono fermata e ho tifato. Era comunque una gara che meritava attenzione. A prescindere da quanto soffri, alle Olimpiadi bisogna sempre tifare Italia».

A San Sebastian, nelle interviste per la tivù dopo la corsa, Guderzo commentando la Clasica (foto Instagram)
A San Sebastian, nelle interviste per la tivù dopo la corsa, Guderzo commentando la Clasica (foto Instagram)

Van Vleuten, basco olandese

Annemiek Van Vleuten, vincitrice a San Sebastian dopo la crono olimpica. E l’olandese molla gli ormeggi e festeggia con una verve vista raramente.

«La mia prima txapela, finalmente – dice ridendo nelle interviste dopo il podio, dove ha ricevuto il tipico cappello basco consegnato al vincitore – sono sempre stata seconda qui ed ero invidiosa della txapela di chi vinceva. E’ stata una vittoria straordinaria e lo abbiamo fatto tutte insieme. Sono molto orgogliosa della mia squadra. E’ stata una gara dura, la pioggia ha reso tutto il giorno più difficile e io ho pagato il jet lag».

Podio faticoso

Tatiana è all’aeroporto in attesa di prendere il volo verso casa. Dopo quelle tre settimane, ha riattaccato il numero sulla schiena per la Clasica San Sebastian ed è arrivata terza, dietro l’implacabile Van Vleuten e Ruth Winder della Trek.

«Una gara caotica – racconta – un giorno che te lo dice in faccia che te lo devi guadagnare. Mi sono staccata nella prima discesa, perché pioveva e dalla caduta in Australia dello scorso anno, non sono più un drago a scendere sul bagnato. Ho inseguito con le compagne e abbiamo chiuso un buco da un minuto. Poi mi sono ritrovata davanti sullo Jaizkibel e poi in fuga. E alla fine con la Van Vleuten imprendibile, ho fatto quella volata, che se la rifaccio altre dieci volte la perdo sempre. Ma dopo 140 chilometri e 2.000 metri di dislivello, più che essere veloci conta avere ancora qualcosa da grattare».

Arrivo solitario per Van Vleuten: dopo l’oro olimpico della crono, un altro giorno da ricordare (foto Instagram)
Arrivo solitario per Van Vleuten: dopo l’oro olimpico della crono, un altro giorno da ricordare (foto Instagram)

Ritiro rimandato

L’ultimo giorno del Giro a Cormons, a corsa finita ci eravamo ritrovati per caso nello stesso bar. Lei con i suoi tifosi e la sua famiglia e soprattutto lo sguardo esaurito. Pensammo che non l’avremmo più rivista correre. Marina Romoli, seduta con noi, le si era avvicinata facendole capire che le stesse scelte in passato le avevano subite altre e che il sistema era lo stesso da anni. Semplicemente, questa era la prima volta che lei si trovava a subirlo.

«La delusione rimane – racconta – il tempo aiuterà, è come per chiunque insegua un sogno. Andare a Tokyo era l’ultimo sogno di una lunga carriera. Non è stato per niente facile correre il Giro a quel modo, avrei potuto benissimo restarmene a casa, ma voglio che mi si ricordi come un’atleta professionale. Quella sera dopo il Giro anche io pensavo di smettere, però certe cose vanno valutate a mente fredda. La squadra non mi ha fatto pressioni. Mi sono presa tre settimane per me, per stare con i miei nipotini e per… giocare a tennis. Anche se non lo avevo fatto mai. Ho fatto lunghe camminate e alla fine ho ripreso la bici per trovare cose diverse dalla tristezza. E l’ho riscoperta per il bello che è».

Al secondo posto a San Sebastian, l’americana Ruth Winder, 28 anni (foto Instagram)
Al secondo posto a San Sebastian, l’americana Ruth Winder, 28 anni (foto Instagram)

Obiettivo Norvegia?

E così a San Sebastian è partita senza troppe pressioni, maledicendo il giorno di pioggia ma col sorriso, come si fa non avendo nulla da perdere.

«Avevo una serenità che non mi appartiene – ammette – io sono sempre stata un’agonista. Ho cercato di divertirmi, anche perché non ho fatto esattamente la vita da atleta. Forse farò il Giro di Norvegia, ma dipende dai programmi, se cambieranno e se la squadra non vorrà far correre ragazze che quest’anno hanno fatto meno di me. La gamba di questi giorni è lo strascico della condizione del Giro cercata per arrivare al top il 25 luglio. Ma per andare oltre la condizione deve essere alimentata e servono grandi motivazioni. Questo podio è il modo giusto per fare vedere che c’ero e spero di fare ancora bene per salutare le persone giuste come meritano».

Sul podio, Van Vleuten fra Winder e Guderzo (foto Instagram)
Sul podio, Van Vleuten fra Winder e Guderzo (foto Instagram)

Europei, chissà…

Chissà se Salvoldi nel chiuderle la porta di Tokyo le ha chiesto di farsi trovare pronta per europei e mondiali. Sarebbe stato un modo elegante per spiegarle la non convocazione e lasciarle delle nuove motivazioni. Ma sanno loro cosa si sono detti e non saranno state parole dolci, dettate certamente dal momento. Comunque andrà a finire, annotiamo ancora una volta che quando Tatiana porta a casa un bel risultato a noi viene il buon umore. Per questo ieri sera, spenta la tivù e prima che salisse in aereo, le abbiamo detto grazie per aver ravvivato il pomeriggio, sperando di incontrarla alla prossima corsa o dovunque sceglierà di lasciare il segno.

Black out Olanda, bronzo Italia, oro pazzesco per Kiesenhofer

25.07.2021
6 min
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Sarebbe cambiato qualcosa se Annemiek Van Vleuten avesse saputo che là davanti c’era ancora Anna Kiesenhofer? Avrebbero inseguito in modo più organizzato ed incisivo? Probabilmente sì. Quando corri senza radioline e se le lavagne in strada non sono infallibili o tu non ci presti attenzione, cose del genere possono succedere. Nella corsa scombinata delle olandesi, a ben vedere l’errore più marchiano è stato non rendersi conto che là davanti fosse rimasta proprio l’atleta della prima fuga. Colei che l’aveva ispirata in partenza e di lì a 137 chilometri l’avrebbe portata vittoriosamente a temine.

«Non lo sapevo – ha detto l’olandese rendendosi conto che il suo festeggiare sulla riga entrerà nella gallery delle gaffe – ho sbagliato. Non lo sapevo».

Le ha fatto eco di lì a poco la collega di nazionale Anna Van der Breggen, campionessa uscente: «Non lo sapevo neppure io – ha detto – quando Plichta e Shapira sono state riprese, pensavo stessimo correndo per l’oro».

Olanda confusa

Tutte aspettavano loro, non c’è da meravigliarsi che le abbiano lasciate fare. Con la fuga di Kiesenhofer, Carla Oberholzer, Vera Looser, Omer Shapira e Anna Plichta che è arrivata ad avere anche 11 minuti di vantaggio, le arancioni si sono messe a fare un’insolita melina. Quando però è stato chiaro che il rischio si stesse facendo troppo alto, Anna Van der Breggen ha dato il primo segnale di risveglio, anche se per aspettare la Van Vleuten caduta, la squadra dei Paesi Bassi ha dovuto rialzarsi. I successivi 13 chilometri di stanca hanno dato probabilmente la prima svolta alla corsa. E se davanti la fuga si andava assottigliando, non sono stati gli scatti di Vollering, poi ancora Van der Breggen e infine di Van Vleuten a darle il colpo di grazia. Con il risultato che Anna Kiesenhofer è transitata sul traguardo sfinita e incredula, mentre Annemiek Van Vleuten e la splendida Elisa Longo Borghini si sono aggiudicate argento e bronzo. Avrebbero corso diversamente le ragazze olandesi, sapendo che davanti c’era ancora l’austriaca? Probabilmente sì.

Grande cuore Longo

Elisa si è mossa quando ha capito che stavolta l’affondo della Van Vleuten era giusto per andare al traguardo. Mentre le ragazze erano impegnate nel Giro d’Italia Donne, vinto il Fiandre e la Valenciana, Annemiek era uscita dai radar. Veniva però avvistata quotidianamente sullo Stelvio, con tanto di allenamenti assieme ai professionisti che le capitava di incontrare. I racconti da Livigno avevano prodotto il fondato timore che a Tokyo sarebbe stata imprendibile.

«Ho corso più di cuore che di gambe – racconta Longo Borghini, arrivata a 14 secondi dall’olandese – oggi ho sofferto particolarmente per il caldo. Le olandesi hanno lasciato sfuggire questa ragazza austriaca a cui vanno i miei complimenti. Non ho capito la loro tattica, ma ho pensato a fare la mia corsa. La responsabilità dell’inseguimento era delle olandesi, non certo mia o di Marta (Cavalli, ndr) che non siamo veloci. La mia continuità di rendimento? L’avevo spiegato anche alla vigilia: io lavoro, metto giù la testa e faccio sacrifici che a volte vengono ripagati. Oggi va bene così, va molto bene! Nel finale Van Vleuten ci ha provato di nuovo e io non sono riuscita a tenerla. Questo risultato è frutto del tanto lavoro, sono abituata fare così. La medaglia è per la mia mamma, il mio papà, mio fratello, i miei nipoti e il mio fidanzato. Perché abbiamo fatto tanti sacrifici insieme e loro non mi lasciano mai sola».

Marta Cavalli, 23 anni, 8ª al traguardo nel gruppetto della Vos
Marta Cavalli, 23 anni, 8ª al traguardo nel gruppetto della Vos

Conferma azzurra

La tattica delle italiane, che sono riuscite a piazzare Marta Cavalli fra le prime dieci, ha funzionato meglio di quella adottata ieri dagli uomini di Cassani.

«L’Italia ha gareggiato con lucidità e pazienza – ha detto il cittì Salvoldi – in una corsa particolare come l’Olimpiade. Noi abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. Ci sarà una squadra piuttosto rammaricata questa sera. Brava alla vincitrice Kiesenhofer che non ha rubato nulla. Noi siamo felici di esserci confermati».

Anche in questo caso, il riferimento all’Olanda è palese. Va detto che il risultato delle arancioni è stato migliore del nostro, ma certo se parti per riempire il podio, non sarà certo l’argento di van Vleuten a poterti bastare.

Cavalli fra le 10

Marta Cavalli si è divertita. Dalle sue parole traspare anche questo, come è possibile divertirsi nelle prime Olimpiadi della carriera ad appena 23 anni. Era lei, dopo la Longo, la più forte in salita e si è ben difesa.

«Correre questa gara – ha commentato – è stata un’emozione indescrivibile. La mia preparazione non è andata proprio liscia: ho avuto qualche intoppo e questo ha messo in dubbio la mia convocazione. Fortunatamente Dino Salvoldi e la nazionale hanno avuto fiducia in me, permettendomi di vivere questo sogno a 23 anni. Nonostante la mia gara non sia stata eccellente rimango soddisfatta. Aver portato a casa una medaglia con Elisa è un valore aggiunto: il livello qui è altissimo e il risultato ci ripaga di tutto. Me la sto godendo fino all’ultimo».

Sul podio al centro del circuito, Anna Kiesenhofer davani a Van Vleuten e Longo Borghini
Sul podio al centro del circuito, Anna Kiesenhofer davani a Van Vleuten e Longo Borghini

Bastianelli gregaria

Marta Bastianelli è stata a lungo additata per la sua convocazione, subendo battute poco simpatiche. Lei avrebbe dovuto fare la volata in caso di arrivo di gruppetto alle spalle dell’olandese di turno. Invece ha lavorato con grande generosità per la Longo Borghini e ne rivendica il peso.

«Una bella gara – commenta – e sono veramente felice per il risultato di squadra. Visto come si era messa la corsa non pensavamo nemmeno più di riuscire a finalizzare il lavoro nel migliore dei modi. Il caldo non ha aiutato: ci ha spente un po’ nel finale dopo aver sofferto molto. Abbiamo però visto quanto Elisa stesse bene, cercando di portarla avanti verso lo strappo dove poi lei ha attaccato, dando il massimo per rimanere unite. E’ stata un’esperienza anomala, sia per quanto riguarda il contesto del Villaggio sia per come poi è andata la corsa. Siamo rimaste tutte sorprese dalla fuga, ma avevamo bene in mente che l’Olanda fosse la squadra da battere, per cui dovevamo solo rimanere unite e giocarcela nel circuito ».

Fatica Paladin

L’altra debuttate di casa azzurri era Soraya Paladin, che dopo la convocazione si era un po’ eclissata, al punto da farci credere che si stesse preparando al meglio lontana dai riflettori, mentre forse la rincorsa alla maglia azzurra l’aveva logorata oltremodo.

«Non stavo benissimo – ha detto – quindi ho cercato di mettermi a disposizione delle compagne, nettamente più in forma di me. Quando ho tagliato il traguardo e ho visto il terzo posto di Elisa è stata un’emozione incredibile. Se lo merita. Correre un’Olimpiade è bellissimo perché quando crei così tanto entusiasmo è sempre un onore e un orgoglio».

Stasera per Elisa Longo Borghini non mancherà un passaggio a Casa Italia, poi però sarà di nuovo tempo di rimettersi a testa bassa per cercare nuova concentrazione. La cronometro infatti bussa già alla porta.

Van Vleuten Durango 2021

Salvoldi, pensi che le olandesi si faranno la guerra?

02.06.2021
4 min
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Chiamiamo in causa il cittì azzurro Dino Salvoldi perché una decina di giorni fa è successo qualcosa di particolare nel mondo del ciclismo femminile. Ultima tappa della Vuelta a Burgos, prova del WorldTour. Tutto si decide lì, nell’unica frazione con qualche asperità di rilievo. A giocarsi la vittoria in un appassionante testa a testa sono le due grandi olandesi del momento, l’iridata Anna Van der Breggen e la campionessa europea Annemiek Van Vleuten.

Non è accaduto spesso di vederle lottare spalla a spalla (nella foto d’apertura la vittoria della Van der Breggen sulla rivale alla Emakumeen Saria), ma ancor meno volte è accaduto che le due si siano messe d’accordo per collaborare e scavare un solco con le avversarie, giocandosi la vittoria in volata (andata alla Van Der Breggen, con annesso successo finale).

Van Der Breggen Burgos 2021
Olandesi sugli scudi a Burgos: la volata vincente della Van Der Breggen, con la Van Vleuten seminascosta a sinistra
Olandesi sugli scudi a Burgos: la volata vincente della Van Der Breggen

Il fatto ha riportato alla luce la rivalità fra le due olandesi e a quel punto la domanda è quella che tutti gli appassionati si fanno, a due mesi dalle Olimpiadi: le due sono in grado di collaborare per un obiettivo comune o la loro rivalità è troppo forte? Salvoldi ha in proposito idee molto chiare: «Tutte le voci che mi arrivano dal gruppo mi dicono che, al fianco della normale rivalità, c’è molto rispetto. In tutte le occasioni che hanno gareggiato per la stessa maglia, non si sono fatte la guerra…».

A Tokyo ti attendi una nazionale olandese spaccata in due?

Mi attendo la solita Olanda: le arancioni hanno una sola regola, la prima delle due campionesse che si avvantaggia, viene coperta dall’altra e dalle compagne di squadra, finché il vantaggio non è talmente ampio da permettere anche alla seconda di giocare le sue carte per l’argento. Imola è stata esemplare in tal senso, ma anche l’altro mondiale ad Harrogate. Da questo punto di vista Van Der Breggen e Van Vleuten non hanno mai trasgredito questa regola.

Bertizzolo Burgos 2021
Sofia Bertizzolo in azione in Spagna: anche per lei buoni piazzamenti, senza però acuti
Bertizzolo Burgos 2021
Sofia Bertizzolo in azione in Spagna: anche per lei buoni piazzamenti, senza però acuti
Quindi il lavoro delle altre nazionali è più difficile…

Molto, perché si sa benissimo che si parte una spanna al di sotto – risponde Salvoldi – Bisogna essere umili, intelligenti e consapevoli. Anche in questo l’ultimo mondiale ha detto cose importanti. Chiaro che quando una delle due scatta provi a seguirla, ma poi devi capire quando sarebbe stupido insistere, bisogna correre sempre col cervello come ha fatto la nostra Longo Borghini.

La tattica italiana sarà quindi figlia di questa oggettiva situazione in seno alle nostre avversarie?

Per forza di cose, anche perché sappiamo bene che la Longo Borghini è la nostra punta. Ci avrebbe fatto comodo avere un’atleta come la Vos, proprio per avere un’alternativa strategica, ma da parte delle altre italiane raccogliamo buone prestazioni, non al livello top, che invece ci permetterebbero di anche correre in maniera attendista.

Longo Borghini Burgos 2021
Per la Longo Borghini l’ennesimo piazzamento è sfumato all’ultima tappa, ma senza drammi
Longo Borghini Burgos 2021
Per la Longo Borghini piazzamento è sfumato all’ultima tappa, ma senza drammi
Parlando di Olimpiadi, ci sono però due fattori a nostro vantaggio: il fatto che il contingente per ogni nazione è fortemente ridotto e quindi non si possono fare grandi giochi di squadra e che a vincere sono veramente in tre perché un bronzo olimpico vale più di molte vittorie…

Verissimo – conferma Salvoldi – sono due principi che vanno tenuti sempre in mente. Sarà importante essere sempre sul pezzo, non distrarsi mai.

A proposito di Elisa, prima dell’ultima tappa della Vuelta a Burgos era quarta a 2” dalla vetta, alla fine ha chiuso 11esima a 1’27” dalla Van Der Breggen. Preoccupato?

Ci mancherebbe… Con Elisa ho parlato un paio di giorni dopo la gara per pianificare il lavoro delle prossime settimane. Lei aveva corso in Spagna per onorare gli impegni con la squadra, d’altronde ha iniziato la sua stagione prima delle due campionesse olandesi e non può sempre essere al massimo. Nell’ultima tappa non si è spremuta, proseguendo nel programma studiato all’inizio. Dalla Spagna non ci attendevamo nulla, né lei né io…