Secondo riposo alle spalle, Pogacar affila le armi

13.07.2021
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Ultima settimana, ultime domande, ultime spiegazioni da dare. Pogacar racconta, il giorno di riposo è alle spalle, trascorso con un’oretta di sella per allontanare la tensione e godersi i panorami di Andorra. Dopo tanta fatica sembra in effetti brutale avere davanti altri sei giorni di corsa, con tre tappe di alta montagna che potrebbero ancora riscrivere la storia. Ma questi sono i grandi Giri, è solo cambiato il modo di correrli.

Tadej racconta, di nuovo in una videoconferenza, questa volta dal pullman del Uae Team Emirates, e guardandolo fai fatica a capire quanto sia provato, ma non possono essere certo i segni sul volto il termometro della stanchezza. Molto meglio mettersi a studiare le espressioni e gli sguardi, per capire che è dura anche per lui.

Sei stanco anche tu?

Sono stanco e accaldato. Anzi, sono proprio scottato e negli ultimi due giorni non ho dormito granché. E’ un lavoro pesante, che impone il suo prezzo. Però tutto sommato sto bene, penso che il giorno di riposo sia servito a dovere. Siamo tutti stanchi e c’è ancora una settimana con tre giorni duri. Sono al mio terzo grande Giro, dopo la Vuelta e il Tour dello scorso anno. Ogni volta ho avuto diverse sensazioni, ho imparato cose nuove. Perciò anche la sfida sui Pirenei sarà interessante, metterò alla prova le gambe per la terza settimana.

«Non so se Roglic darà dei buoni consigli a Vingegaard, ma lo vedremo presto»
«Non so se Roglic darà dei buoni consigli a Vingegaard», ma lo vedremo presto
In che modo hai gestito lo sforzo nella tappa di Le Grand Bornand, con quell’attacco da lontano?

Con la squadra quel giorno abbiamo fatto subito un ritmo forte sin dall’inizio della penultima salita. Con i miei compagni, prima con McNulty e Rui Costa, poi con Formolo. Mi sentivo davvero bene, eravamo intorno alla soglia. Quando ho attaccato, per qualche minuto sono andato fuori soglia e raggiunta la cima ho un po’ rallentato, perché so che non posso tenere certe frequenze tanto a lungo. Poi è venuta la discesa, che è servita per recuperare un po’, sapendo che restava ancora una salita molto lunga come La Colombiere. L’ho fatta in soglia, cercando di guadagnare il massimo sulla cima, per vedere quale sarebbe stato il vantaggio. Ma in discesa ero vuoto, tanto che Dylan Teuns che avevo quasi ripreso, ha ricominciato a guadagnare in modo netto e per arrivare al traguardo ho dovuto fare il massimo sforzo.

Adesso sembri più accorto, è il momento di fare calcoli?

Vado avanti giorno per giorno e se trovo l’occasione per guadagnare, la coglierò. Non si può sapere cosa accadrà negli ultimi giorni e basta una crisi per perdere tanto terreno, anche 10 minuti in una sola tappa. Ho corso alcuni giorni in difesa, perché non potevo attaccare.

Credi che in gruppo ti temano?

Non credo abbiano paura, non so cosa pensino. Ho il mio vantaggio, vado tutti i giorni a tutta, mi piace andare in bici. Questo è il mio modo di correre e se capiterà, coglierò altre occasioni.

Ti è stato chiesto di pubblicare i tuoi dati per fugare i dubbi, pensi che lo farai?

Mi è stato chiesto un paio di volte e magari un giorno lo farò, ma non so perché questo dovrebbe cambiare qualcosa. Per vincere il Tour si devono spingere buoni watt, come tutti gli altri. Se condividessi oggi i miei dati, sarebbe falsata la tattica. Potrebbero vedere i miei valori di soglia, la capacità di resistenza, quindi non vedo perché condividere questi numeri.

«Sul Ventoux ho raggiunto il mio limite», così Pogacar nel secondo riposo, spiegando il giorno più duro
«Sul Ventoux ho raggiunto il mio limite», così Pogacar nel secondo riposo, spiegando il giorno più duro
Ti scoccia che ogni cosa venga messa in dubbio?

Non sono arrabbiato o scocciato per certe domande. Sono scomode, ma capisco che vengano fatte perché il passato è stato davvero brutto. Non ho risposte che mi sono preparato, posso solo pescare nei miei sentimenti. Mi piace correre sulla mia bici. Ho alle spalle una buona famiglia e penso che mi abbiano cresciuto come un ragazzo onesto, insegnandomi a non prendere scorciatoie.

Quindi si riparte, pensi che Roglic potrà dare a Vingegaard dei buoni consigli?

Non so – sorride – Primoz mi conosce sicuramente meglio di Jonas, ma non so cosa potrà dirgli. Vedremo nei prossimi giorni.

Ha confermato che se potrà guadagnare ancora terreno, di certo attaccherà
Ha confermato che se potrà guadagnare ancora terreno, di certo attaccherà
Ci sarà una tappa più dura delle altre?

Non so dirlo. Secondo me la più dura sarà la 17ª oppure la 18ª a Luz Ardiden, ma anche domani (oggi per chi legge, ndr) può essere pericolosa. Se hai una giornata no, ogni tappa può essere drammatica. Quella del Ventoux ad esempio è stata tremenda. Caldo e ritmo forte dall’inizio. Era mercoledì, quindi si è corsa dopo il giorno di riposo e la prima tappa con il grande caldo. Ero cotto. Quel giorno ho toccato con mano il mio limite. Quando Vingegaard ha attaccato e ho provato a seguirlo, ho capito che sarebbe stato meglio limitare i danni. Nei giorni successivi invece sono stato meglio.

La crisi è uguale per tutti, si potrebbe concludere, ma se sei in super condizione, riesci a gestirla. Se invece qualcosa si inceppa, sei nei guai. Sino ad ora tuttavia, a incepparsi sono sempre stati gli altri. Dal secondo giorno di riposo della maglia gialla è tutto, passo e chiudo.

Giro, la rincorsa di Vlasov inizia dalla Provenza

08.02.2021
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Fra i corridori dell’Astana che hanno rischiato di rimanere bloccati dalla neve in cima al Teide c’era anche Alexander Vlasov, che dopo aver passato tutto dicembre in Russia forse della neve non aveva troppa nostalgia. La liberazione è avvenuta tempestivamente nella giornata di sabato, in tempo per consentire agli atleti e allo staff di prendere i voli verso casa prenotati per ieri mattina.

Sono arrivati gli spazzaneve l’Astana può ripartire dal Teide
Sono arrivati gli spazzaneve l’Astana può ripartire dal Teide

Sul Mar Nero

La stagione del russo, che ciclisticamente è cresciuto in Italia, è finita tardissimo, l’8 di novembre con la Vuelta, a capo di tre settimane iniziate al piccolo trotto poi in continuo crescendo. C’era da rimettersi a posto dopo il ritiro dal Giro e ritrovare le giuste sensazioni. E la Vuelta è iniziata giusto due settimane dopo l’abbandono a metà della tappa di Agrigento.

«Abbiamo finito tardi davvero – sorride – e subito dopo la Vuelta sono andato in Russia, ricominciando gli allenamenti a dicembre. Mi sono fermato poco meno di un mese e quando si è trattato di allenarmi, mi sono spostato a Sochi, sul Mar Nero. Lì si sta bene, c’erano tutti i giorni 14 gradi. Mentre a casa mia, a Vyborg, sarebbe stato impossibile, perché la temperatura era intorno ai meno 15».

Al Tour de la Provence 202, Vlasov vince a La Ciotat, battendo Kelderman
Al Provence 2020, Vlasov vince a La Ciotat su Kelderman
Il 2021 è l’anno delle prime responsabilità importanti, giusto?

Voglio provare ad essere leader al Giro. La Vuelta mi ha detto cose interessanti. Nonostante ci sia entrato un po’ malconcio, alla fine non ero così male. Certo il secondo posto sull’Angliru potrebbe bruciare, ma sono onesto e là in cima ero davvero finito, mentre Carthy ha avuto qualcosa di più.

Ci dicesti che il malanno del Giro si è fatto sentire anche in Spagna…

E’ stato un virus intestinale, ho sofferto per una settimana senza poter mangiare. Ho perso peso. A chi dice che al Giro avrei potuto stringere i denti, rispondo che non andavo avanti. Tanto che in Spagna il primo giorno ho perso 4’31”. Non stavo ancora bene. Era la prima corsa dopo la malattia e il primo giorno ho trovato subito percorso duro e ritmo alto. Sull’ultima salita sono andato in crisi e addio…

Al Lombardia, Vlasov si piazza 3° ed è decisivo per la vittoria di Fuglsang
Vlasov 3° al Lombardia e decisivo per Fuglsang
A quando il debutto?

Era previsto alla Valenciana e l’abbiamo rimpiazzata con il ritiro sul Teide. Adesso si va al Tour de la Provence, partiamo mercoledì, il giorno prima. Vado come preparazione e per fare ritmo, poi si vedrà.

L’anno scorso successe una cosa particolare: arrivasti 4° sul Ventoux, dove poi vincesti alla ripresa post lockdown. Ti piace quella salita?

E’ sicuramente molto bella. Si va per mettere nelle gambe il giusto lavoro, ma se le sensazioni saranno giuste, ovvio che provo a lasciare il segno.

Hai parlato della Russia, com’è la situazione del ciclismo lassù?

Pessima, ci sono pochissime corse. Tanti smettono dopo gli juniores, perché non trovano squadre da U23. In più i professionisti possono viaggiare perché hanno il permesso di soggiorno, mentre i dilettanti non possono uscire dal Paese a causa del Covid e rischiano di perdere un’altra stagione.

Tanto Vlasov è andato forte in salita alla Vuelta, quanto piano a crono: deve lavorarci
La crono è un terreno su cui Vlasov deve lavorare
Da U23, nel 2018, vincesti il Giro su Almeida. Che cosa hai pensato quando lo hai visto tenere la maglia rosa così a lungo?

Vedere lui e gli altri con cui lottavo da U23 mi ha convinto del fatto che posso fare il capitano dell’Astana al Giro d’Italia. Avrò la squadra a mia disposizione e spero di trovare la condizione. Ma se hanno potuto farlo loro, posso anche io.

Si parla di Nibali e Bernal, paura?

Ci sono tanti nomi ora, poi si vedrà in corsa. Tre settimane sono lunghe, può succedere di tutto.

Pensi di aver trovato nel WorldTour la stessa sicurezza di quando eri U23?

Credo di sì, riesco a stare bene davanti con chi fa la corsa. Per adesso sono al loro livello in salita, mentre a crono devo migliorare. A casa faccio allenamenti specifici almeno una volta a settimana.

Nel 2018 Vlasov vince il Giro d’Italia U23, difendendo la rosa da Almeida nella crono di Ca’ del Poggio (foto Scanferla)
Nel 2018, Vlasov vince il Giro U23 (foto Scanferla)
E’ vero che hai cambiato posizione?

Ho fatto qualche ritocco, soprattutto all’altezza di sella. L’abbiamo abbassata un po’ per spingere con più forza ed effettivamente la pedalata è più efficiente.

Sai già chi ti accompagnerà al Giro?

E’ presto per dirlo. C’è un gruppo di corridori che farà il mio programma, ma non saprei chi poi andrà al Giro. Due che ho nel mirino sono Tejada e Pronskiy, che mi staranno accanto in salita.

Com’è il tempo ad Andorra?

Freschino, ma per allenarmi vado giù verso la Spagna. Scendo in bici però, non in macchina. C’è giusto da soffrire la prima mezz’ora, ma quando dopo torno su, vi assicuro che mi scaldo.

Pronto per ripartire?

Prontissimo. Faccio un bel tampone, chiudo la valigia e via…

Julian Alaphilippe, Nizza, Tour de France 2020

Alaphilippe prenota un aprile da cannibale

02.01.2021
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Julian Alaphilippe è stato il solo a non dover fare il cambio di stagione, dato che sulla sua maglia continuano a brillare il bianco e le strisce iridate. Brillare, esatto. La maglia iridata è un flash che nel bailamme dei colori Deceuninck-Quick Step continuava a richiamare tutti gli sguardi. In corsa la si è vista per tre volte. Alla Liegi, buttata via per l’ansia di vincerla (con la foto a braccia spalancate sull’arrivo a rendere ancor più violenta la beffa). Alla Freccia del Brabante vinta. E al Fiandre, concluso contro la moto per la malizia di Van Aert e con la frattura della mano. Ovvio che la voglia di ripartire sia al massimo e insieme il francese abbia metabolizzato quei colori, per non cadere più nel tranello di doverli onorare costi quel che costi.

«La riabilitazione ha richiesto più tempo di quello che pensassi – ha raccontato a L’Equipe a metà dicembre – per ritrovare il 100 per cento della funzionalità. I medici dicono che è normale non aver ripreso subito la mobilità e la capacità di stringere il manubrio. Non riuscivo a scattare. A lungo ho potuto solo pedalare da seduto e alzarmi in piedi, purché mi limitassi ad appoggiare».

Programmi in arrivo

Le cose stanno migliorando e i programmi sono in arrivo, pur con tutte le incertezze del calendario . I medici si dicono ottimisti, lui lavora sodo con i fisioterapisti. A metà dicembre il ritorno sul pavé gli sembrava improponibile, dopo le ultime due settimane ad Andorra invece, Julian appare decisamente ottimista. E’ stato uno strano Natale quello del campione del mondo, il primo senza suo padre, trascorso nella clausura Covid che da un lato potrebbe aver reso tutto molto malinconico e dall’altro ha certamente portato vie le pesanti incombenze di fine stagione, quando la vita diventa un frullatore di impegni extra sportivi.

Julian Alaphilippe, Marion Rousse, Imola 2020
Dopo la vittoria di Nizza al Tour (foto di apertura), il mondiale ha dato un senso al 2020 di Alaphilippe: qui con Marion Rousse
Julian Alaphilippe, Marion Rousse, Imola 2020
La vittoria di Nizza (in apertura) e Imola, il top del suo 2020

Cav, un fratello

Il ritorno di Cavendish in squadra ha portato a varie reazioni, ma per Julian è stato come ritrovare un fratello maggiore.

«Sono stato super felice di ritrovarlo – racconta Alaphilippe – perché ho dei grandi ricordi con lui. Quando ho vinto la prima corsa della carriera al Tour de l’Ain nel 2014, eravamo compagni di stanza. Lui stava recuperando dopo la caduta del Tour, quindi non aveva obiettivi particolari. Perciò si prese cura di me, pedalavamo vicini e mi portava lui le borracce. Ero solo un neoprofessionista e questa storia mi ha segnato. Abbiamo anche parlato della maglia ridata (Cavendish è stato campione del mondo nel 2011, ndr) che entrambi abbiamo inseguito per tanto tempo. Mark mi ha raccontato che non ricorda di aver iniziato un solo allenamento senza guardare le righe iridate. Per me è lo stesso, solo toccare la maglia è una gioia».

Jualian Alaphilippe, Freccia del Brabante, 2020
Alla Freccia del Brabante, Alaphilippe fa la selezione in salita e batte Van der Poel in volata
Jualian Alaphilippe, Freccia del Brabante, 2020
Forcing al Brabante e volata vincente su VdP

Un mese al top

L’obiettivo è partire subito forte e arrivare come un missile sulle corse del Nord, da quelle fiamminghe fino alle ardennesi.

«Per me è importante far vedere la maglia lassù – dice – dovrò essere forte dalla fine di marzo fino alla Liegi. Un mese a tutta. Per questo va anche bene non tornare in Sud America e cominciare un po’ più tardi, per correre molto in primavera. Ho davanti l’ultimo anno di contratto con questa squadra, con cui ho costruito un rapporto forte. Amo la mentalità del WolfPack e il modo di correre con cui mi identifico. Si adatta perfettamente al corridore che sono oggi, tutto concentrato sulle classiche. Andare via? Forse se decidessi di cambiar pelle e puntare sulle corse a tappe, ma fino alla Liegi non voglio pensare ad altro. Per la mia concentrazione, non perché pensi che una vittoria possa ridefinire chi io sia davvero. I risultati non saranno decisivi per il futuro, perché le squadre conoscono il mio valore».