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E Hindley che fa? Lavora ad Andorra e pensa alla Vuelta

22.07.2022
4 min
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Siamo tutti rapiti dalla Grande Boucle e dal duello Pogacar-Vingegaard, che ieri ha visto forse l’epilogo, ma ci sono grandi campioni anche al di fuori del Tour. Campioni che stanno lavorando in vista del finale di stagione. Qualche giorno fa vi abbiamo parlato di Vincenzo Nibali, per esempio, oggi tocca a Jai Hindley.

Che fine ha fatto la maglia rosa in carica? Come sta lavorando? Dopo la festa di Verona il corridore della Bora-Hansgrohe era un po’ sparito dai radar. Nei giorni successivi alla conquista del Giro d’Italia, le priorità erano due: recuperare e riabbracciare la famiglia che, causa pandemia, non vedeva da due anni.

Ad inizio giugno Jai ha fatto un viaggio per l’Italia con la sua fidanzata. Eccolo a Firenze (foto Instagram)
Ad inizio giugno, Jai ha fatto un viaggio per l’Italia con la sua fidanzata. Eccolo a Firenze (foto Instagram)

Vacanza e famiglia

«Hindley – dice il direttore sportivo che lo ha guidato nel trionfo rosa, Enrico Gasparottodopo il Giro ha fatto un viaggio con la sua fidanzata in giro per l’Italia. Successivamente è tornato nella sua casa europea in Spagna e poi ancora è andato ad Andorra. E proprio lì sui Pirenei è stato raggiunto dai suoi genitori».

Gasparotto giustamente ha lasciato spazio a Jai dopo il Giro. La corsa italiana è stata estremamente dispendiosa sia dal punto di vista fisico che da quello mentale. Lui ed Hindley non si sono sentiti molto.

«Ho preferito lasciarlo in pace. Ci siamo sentiti qualche giorno fa». Bisognava iniziare a riordinare le cose in vista del suo ritorno alle gare.

I tre punti chiave del Giro di Hindley: la vittoria sul Blockhaus, l’imboscata di Torino, il forcing sulla Marmolada (in foto)
I tre punti chiave del Giro di Hindley: la vittoria sul Blockhaus, l’imboscata di Torino, il forcing sulla Marmolada (in foto)

Mito in patria

In Australia il successo di Hindley ha avuto una grande risonanza. Subito si sono scatenati i paragoni con Cadel Evans, primo ed unico ciclista aussie, ad aver vinto un grande Giro prima di Jai.

Si è pensato anche ad una festa per accoglierlo. Il ministro dello sport australiano, David Templeman (della stessa regione di Hindley), vuole organizzare una sorta di parata con le squadre ciclistiche locali, gli ex allenatori, i bambini… al suo atteso ritorno in Australia. E i complimenti al corridore di Perth sono arrivati persino dal Primo Ministro, Mark McGowan.

Tutto questo però non ha scalfito la personalità di Hindley. Anche Gasparotto dice che lui è rimasto sempre tranquillo.

Lavorare a testa bassa e con impegno: resta questo il mantra di Hindley. Sì, ma lavorare per quali obiettivi?

«L’obiettivo è la Vuelta – ha detto Hindley (cosa che confermano sia Gasparotto che il team manager della Bora-Hansgrohe, Ralph Denk) – credo che sarà davvero dura perché il livello in Spagna sarà alto. Ci saranno i corridori del Giro, e molti di quelli che vengono da Tour. E poi perché è la prima volta che farò due grandi Giri nella stessa stagione».

«Jai – dice Gasparotto – ha ripreso ad allenarsi ad Andorra dove ha fatto base per tutta l’estate e dove si trova tuttora. Suo papà, che era suo allenatore da piccolo, lo ha seguito negli allenamenti lassù».

Tra l’altro sembra che Jai abbia fatto un training camp piuttosto duro, con 23 giorni in quota e solo due giorni di riposo.

«Quale sarà il suo programma? Probabilmente – spiega il diesse friulano – rientrerà a San Sebastian e poi dovrebbe correre alla Vuelta Burgos e quindi andare alla Vuelta».

Ad Andorra si è allenato anche con il compagno Higuita, con il quale dovrebbe condividere la leadership alla Vuelta (foto Instagram)
Ad Andorra si è allenato anche con il compagno Higuita con il quale dovrebbe condividere la leadership alla Vuelta (foto Instagram)

Vuelta, mondiale, Tour

Ma la programmazione di Hindley va anche oltre la grande corsa spagnola. E ci va per due motivi. 

Il primo. Il mondiale si corre a “casa sua”, in Australia, e anche se il percorso non è adatto alle sue caratteristiche è lecito pensare che la maglia rosa voglia esserci e che la nazionale australiana lo voglia schierare.

Il secondo motivo. Per andare al mondiale, per forza di cose Jai dovrà tornare in Patria e potrà godersi finalmente l’accoglienza promessa dalle Istituzioni.

Quest’ultimo non è un tassello da poco per chi ci ha lavorato tanto sin da bambino. E servirà alle istituzioni stesse, grazie alle cui borse di studio (erogate persino quando era all’estero), Hindley ha potuto seguire la sua strada. Sarà un po’ come chiudere il cerchio.

«Sì, dovrebbe fare il mondiale – conferma Gasparotto – per poi rientrare in Europa ad ottobre, giusto in tempo per la presentazione del Giro 2023».

Hindley però ha messo le mani avanti. Il Giro è la corsa che lo ha lanciato al grande pubblico nel 2020 e che lo ha consacrato quest’anno, ma ad un media australiano (ABC News), ha ammesso che nel 2023 vorrebbe fare il Tour.

«L’anno prossimo – ha detto Hindley – mi piacerebbe essere al Tour. Che si tratti di aiutare qualche compagno o di andarci da leader, vorrei scoprire questo evento e imparare il più possibile. E’ un’esperienza che mi serve per capire davvero cosa posso fare al livello più alto del ciclismo».

Mas ad Andorra ha messo il Tour nel mirino

29.05.2022
5 min
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Non c’è solo il Giro. Fuori da qui si lavora alacremente verso il Tour, che sembra lontano, ma è dietro l’angolo. Se non altro perché il 5 giugno comincia il Criterium du Dauphinée e il 12 il Giro di Svizzera, banco di prova per i pretendenti alla maglia gialla, giunti agli ultimi giorni di altura. Fra loro c’è Enric Mas, leader spagnolo del Movistar Team che a 27 anni sta vivendo una stagione cruciale.

Mas si è preparato per il Delfinato e poi il Tour ad Andorra
Mas si è preparato per il Delfinato e poi il Tour ad Andorra

Questione di esplosività

Non fate caso alle vittorie, poiché non ce ne sono state. Andate però a guardare i piazzamenti. Il settimo posto a Bellante e l’ottavo l’indomani a Fermo, durante la Tirreno-Adriatico. Il doppio quinto posto al Giro dei Paesi Baschi (senza la caduta sarebbe forse salito sul podio). E le Ardenne corse da protagonista in appoggio di Valverde. Il corridore di Mallorca ha scoperto una brillantezza inedita, merito dei lavori specifici svolti dopo anni di allenamento poco approfondito, per non dire casuale. E così, dopo una primavera in cerca dell’esplosività perduta, Mas si è rimesso con la testa e le gambe sulle salite lunghe, con la supervisione di Leonardo Piepoli che da quest’anno ne segue il lavoro.

E noi a lui ci siamo rivolti, per fare il punto su uno dei pochi corridori su cui la Spagna può puntare per le classifiche generali, ora che Valverde pedala verso il ritiro.

Come procede il lavoro?

Direi bene, anche se in ritiro Enric si è ammalato e ha perso quattro giorni di lavoro. E’ il corridore ideale con cui lavorare. Quando sei da qualche anno in questo mondo, ci sono frasi dalle quali puoi capire come finirà la carriera dell’atleta che hai davanti. Lui domanda cosa deve fare, quando dovrà andare in altura e quando dovrà ripartire. Non ha mai chiesto di fare meno. Crede nelle sue potenzialità, ma a questo punto la responsabilità passa a me. Non posso sbagliare, perché allo stesso modo in cui mi ha accettato, potrebbe cancellarmi.

Dicesti che stando ai dati, sembrava si allenasse poco…

L’ho detto anche a lui. Che era sbalorditivo che arrivando ai Giri con così poco lavoro, avesse le doti per crescere regolarmente di condizione sino alla fine.

Sugli arrivi più ripidi della Vuelta, contro Adam Yates e Roglic, Mas ha mostrsto nuova esplosività
Sugli arrivi più ripidi della Vuelta, contro Adam Yates e Roglic, Mas ha mostrsto nuova esplosività
Arriva bene al Tour?

Direi di sì. In questo ritiro prima del Delfinato ha ripreso a lavorare sulle salite lunghe. Prima avevamo puntato a colmare la lacuna negli sforzi brevi e intensi. Ha fatto l’altura ad Andorra, comodo anche per i corridori che vivono lì, perché si trovano vicino alle famiglie.

Salite lunghe?

Tanta resistenza e la giusta quantità di lavori specifici. So che alcuni non fanno lavori, ma propongono allenamenti sempre tirati. E’ vero quello che vi ha detto Moser, osservo quello che fanno gli altri. Molti si allenando dando semplicemente gas, un metodo che secondo me va contro gli studi di fisiologia. Facevano così i russi: il fenomeno veniva fuori e gli altri si perdevano. Io provo a ottenere il meglio per ognuno. Freire con il suo mal di schiena non avrebbe mai vinto le Sanremo e i mondiali, se avesse dovuto lavorare a quel modo.

Ai Paesi Baschi, Mas ha perso il podio per una caduta e ha chiuso al 9° posto
Ai Paesi Baschi, Mas ha perso il podio per una caduta e ha chiuso al 9° posto
Quindi mantieni le ripetute?

La ripetuta serve a dare un carico adeguato, per migliorare nel tempo. Mi rendo conto che atleti come Pogacar e Van der Poel lavorano diversamente, ma hanno un margine di errore così ampio, che non se ne accorgono nemmeno. Come quando tutti volevano andare agili, perché Armstrong girava a quel modo. O quando tutti andavano duri per imitare Ullrich e Bugno. Ognuno ha le sue idee. Io cerco di mettere l’intensità a inizio salita e poi si va sulla parte aerobica.

Cosa dice Mas davanti a miglioramenti così evidenti?

Si è accorto del cambiamento lo scorso anno a Jaen, alla Vuelta. Arrivò secondo a 3” da Roglic, su una rampa che gliene sarebbe costati 30. Quando ho iniziato a lavorare con lui, dissi che mi sembrava banale dover lavorare sull’esplosività. Faceva una gran fatica per guadagnare 20” sulle salite lunghe e poi li perdeva su strappi di pochi chilometri.

Più brillante alla Liegi, chiusa nel gruppo alle spalle di Evenepoel
Più brillante alla Liegi, chiusa nel gruppo alle spalle di Evenepoel
Cosa possiamo aspettarci al Delfinato?

Può andare benino, è certamente un esame, ma non mi aspetto che vada forte. Tra il Delfinato e la prima tappa di montagna del Tour, a La Planche des Belles Filles, c’è quasi un mese. Per fare una buona classifica, Mas deve arrivarci con la stessa condizione della Tirreno o dei Baschi. E se la trova per il Delfinato, è sicuro che poi calerà.

La Movistar ha fatto ricognizioni sulle tappe del Tour?

Hanno fatto un primo giro sui Pirenei. Anticiperanno di un giorno la partenza per il Delfinato per vedere il Col du Granon e l’Alpe d’Huez. E faranno in questi giorni la tappa di Foix, ancora sui Pirenei, partendo da Andorra in un giro di 200 chilometri.

Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)
Leonardo Piepoli fa parte dello staff dei preparatori del team spagnolo (foto Movistar)
Ti risulta che anche Mas abbia rischiato di finire in un’altra squadra?

Credo che possa aver ricevuto delle offerte, come sono certo che la sua idea sia sfruttare le proprie chance. Il peggior risultato in una corsa a tappe è stato il sesto posto. Secondo me fa bene a provarci.

Convinto, gasato, Pasqualon: «Al mondiale voglio esserci»

07.08.2021
4 min
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«Con Cassani ne ho parlato anche al Giro, gliel’ho detto che ero interessato al mondiale». Andrea Pasqualon come sempre va diretto al nocciolo della questione. Il corridore della Intermarché Wanty Gobert è davvero carico, convinto e motivato per questa lunga striscia di gare di fine stagione.

Salita, lavori persino con la bici da crono, la ricerca del ritmo gara, chilometri su chilometri e un sogno: la maglia azzurra ai prossimi mondiali di Leuven, nelle Fiandre. E per lui che corre da cinque stagioni una squadra belga non è cosa da poco.

Per Pasqualon un buon Giro. Poi un lungo periodo di stacco e la ripresa al Tour de Wallonie
Per Pasqualon un buon Giro. Poi un lungo periodo di stacco e la ripresa al Tour de Wallonie
Andrea come va? Sei in procinto di partire per…

Per la Polonia, faccio il Giro di Polonia e non la Vuelta. Una scelta fatta anche in ottica mondiale.

Davvero? Ma non eri inserito nella lista Vuelta?

Sì è vero, ma alla fine ho deciso di andare in Polonia e fare tutte quelle gare in Belgio come Brussels Cycling Classic, Benelux Tour… che sono funzionali al mondiale che è una gara adatta a me quest’anno. Quindi ho preferito scegliere delle corse “fac-simile”.

E ormai tu lassù inizi ad essere di casa…

Eh sì, quelle strade le conosco bene. E anche il percorso del mondiale è bello. Tanto bello. L’ho visto. Ho fatto tre volte la Freccia del Brabante e conosco anche la salita in pavè prima dell’arrivo (quella dentro Leuven, ndr). E’ un percorso da uomini da classiche del Nord. Un percorso per il quale il corridore deve avere una grande gamba per i tanti chilometri da fare, ma deve anche saper limare, tantissimo, adattarsi al meteo…

In effetti noi che lo abbiamo visto possiamo dire che sembra proprio così…

Sì, è un mondiale aperto non come in altre volte in cui sai che può vincere un solo corridore, non so uno scalatore. Qui c’è spazio per tanti: per uomini di fondo, per passisti, per velocisti che tengono in salita… 

Quindi un percorso per?

Per Colbrelli – risponde secco Pasqualon – e a me piacerebbe esserci. Al Giro ne ho parlato con Davide (Cassani, ndr). Gliel’ho lanciata là. Gli ho detto che lo avrei preparato, che secondo me era adatto alle mie caratteristiche. E poi guardate che sono pochi i corridori italiani che sanno andare forte lassù. Basta guardare gli ordini di arrivo. Basta decidere su questi nomi: Moscon, Bettiol, Colbrelli, Ballerini, Trentin… e pochi altri.

Molta altura ad Andorra (dove vive) per Pasqualon
Molta altura ad Andorra (dove vive) per Pasqualon
E Nizzolo?

Nizzolo va fortissimo, ma a quel punto con Colbrelli e Trentin non porterei un terzo capitano. Nizzolo, Trentin Colbrelli: chi si sacrifica per l’altro?

Quindi tu vuoi esserci per aiutare?

Io voglio esserci per dare il mio supporto. E’ difficile essere capitano. Se poi dovessi essere davanti nel gruppo giusto potrei dire la mia. Ma se c’è da prendere aria, andare in fuga… io ci sono.

Però, ti sentiamo bello grintoso! Anche nel tono… Forte!

Sono convinto! Sono sempre rimasto fuori dalle nazionali di Davide e mi piacerebbe esserci.

E qual è la tua condizione?

Ho fatto molta altura. Adesso voglio andare al Polonia per “portare fuori” una buona gamba in vista delle corse in Belgio. Certo, Cassani darà un’occhiata alla Vuelta, ma spero lo dia anche alla Brussels Cycling o al Benelux Tour che sono gare più in linea con il mondiale. E poi io penso che chi va alla Vuelta dovrebbe ritirarsi prima dell’ultima settimana (almeno) per essere fresco a Leuven. Anche per questo io non ci sono andato. Ritirarmi non è nel mio stile. Non voglio essere quel tipo di velocista. Preferisco fare altre gare.

Pasqualon è convinto che per correre al Nord è meglio non perdere l’attitudine con certi tipi di percorso
Pasqualon è convinto che per correre al Nord è meglio non perdere l’attitudine con certi tipi di percorso
Forse la Vuelta può essere meno incisiva perché parliamo di un mondiale veloce. Se fosse stato duro tipo quello di Innsbruck sarebbe stato diverso…

Ci sta, assolutamente. A Leuven servirà una gamba potente. Bisogna tirare il rapporto e la gamba deve essere piena, esplosiva, cose che ti possono dare le brevi corse a tappe, non devi sfinire il muscolo. Per me meglio fare gare che ti lanciano in quell’ottica, in cui sai entrare nel pavé, sai sgomitare. Poi è chiaro che Trentin possa venire dalla Vuelta. Matteo non ha fatto né il Giro, né il Tour. Nel suo caso la corsa spagnola è un’opportunità.

A proposito di Giro, tu lo hai fatto e in ammiraglia c’era Valerio Piva. Il vostro diesse lo abbiamo visto meno in questa seconda parte di stagione. Come mai?

Valerio ha fatto il Giro e farà la Vuelta. Sono tanti diesse ed è normale che ruotino. Ma la sua presenza al Giro credo si sia vista: abbiamo ottenuto una vittoria, molti piazzamenti ed eravamo sempre nelle fughe. E’ un diesse in gamba, un gran motivatore ed è convinto di quello che fa. Questa cosa l’ho notata al Giro. Una persona così è quello che ci mancava.

Secondo riposo alle spalle, Pogacar affila le armi

13.07.2021
5 min
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Ultima settimana, ultime domande, ultime spiegazioni da dare. Pogacar racconta, il giorno di riposo è alle spalle, trascorso con un’oretta di sella per allontanare la tensione e godersi i panorami di Andorra. Dopo tanta fatica sembra in effetti brutale avere davanti altri sei giorni di corsa, con tre tappe di alta montagna che potrebbero ancora riscrivere la storia. Ma questi sono i grandi Giri, è solo cambiato il modo di correrli.

Tadej racconta, di nuovo in una videoconferenza, questa volta dal pullman del Uae Team Emirates, e guardandolo fai fatica a capire quanto sia provato, ma non possono essere certo i segni sul volto il termometro della stanchezza. Molto meglio mettersi a studiare le espressioni e gli sguardi, per capire che è dura anche per lui.

Sei stanco anche tu?

Sono stanco e accaldato. Anzi, sono proprio scottato e negli ultimi due giorni non ho dormito granché. E’ un lavoro pesante, che impone il suo prezzo. Però tutto sommato sto bene, penso che il giorno di riposo sia servito a dovere. Siamo tutti stanchi e c’è ancora una settimana con tre giorni duri. Sono al mio terzo grande Giro, dopo la Vuelta e il Tour dello scorso anno. Ogni volta ho avuto diverse sensazioni, ho imparato cose nuove. Perciò anche la sfida sui Pirenei sarà interessante, metterò alla prova le gambe per la terza settimana.

«Non so se Roglic darà dei buoni consigli a Vingegaard, ma lo vedremo presto»
«Non so se Roglic darà dei buoni consigli a Vingegaard», ma lo vedremo presto
In che modo hai gestito lo sforzo nella tappa di Le Grand Bornand, con quell’attacco da lontano?

Con la squadra quel giorno abbiamo fatto subito un ritmo forte sin dall’inizio della penultima salita. Con i miei compagni, prima con McNulty e Rui Costa, poi con Formolo. Mi sentivo davvero bene, eravamo intorno alla soglia. Quando ho attaccato, per qualche minuto sono andato fuori soglia e raggiunta la cima ho un po’ rallentato, perché so che non posso tenere certe frequenze tanto a lungo. Poi è venuta la discesa, che è servita per recuperare un po’, sapendo che restava ancora una salita molto lunga come La Colombiere. L’ho fatta in soglia, cercando di guadagnare il massimo sulla cima, per vedere quale sarebbe stato il vantaggio. Ma in discesa ero vuoto, tanto che Dylan Teuns che avevo quasi ripreso, ha ricominciato a guadagnare in modo netto e per arrivare al traguardo ho dovuto fare il massimo sforzo.

Adesso sembri più accorto, è il momento di fare calcoli?

Vado avanti giorno per giorno e se trovo l’occasione per guadagnare, la coglierò. Non si può sapere cosa accadrà negli ultimi giorni e basta una crisi per perdere tanto terreno, anche 10 minuti in una sola tappa. Ho corso alcuni giorni in difesa, perché non potevo attaccare.

Credi che in gruppo ti temano?

Non credo abbiano paura, non so cosa pensino. Ho il mio vantaggio, vado tutti i giorni a tutta, mi piace andare in bici. Questo è il mio modo di correre e se capiterà, coglierò altre occasioni.

Ti è stato chiesto di pubblicare i tuoi dati per fugare i dubbi, pensi che lo farai?

Mi è stato chiesto un paio di volte e magari un giorno lo farò, ma non so perché questo dovrebbe cambiare qualcosa. Per vincere il Tour si devono spingere buoni watt, come tutti gli altri. Se condividessi oggi i miei dati, sarebbe falsata la tattica. Potrebbero vedere i miei valori di soglia, la capacità di resistenza, quindi non vedo perché condividere questi numeri.

«Sul Ventoux ho raggiunto il mio limite», così Pogacar nel secondo riposo, spiegando il giorno più duro
«Sul Ventoux ho raggiunto il mio limite», così Pogacar nel secondo riposo, spiegando il giorno più duro
Ti scoccia che ogni cosa venga messa in dubbio?

Non sono arrabbiato o scocciato per certe domande. Sono scomode, ma capisco che vengano fatte perché il passato è stato davvero brutto. Non ho risposte che mi sono preparato, posso solo pescare nei miei sentimenti. Mi piace correre sulla mia bici. Ho alle spalle una buona famiglia e penso che mi abbiano cresciuto come un ragazzo onesto, insegnandomi a non prendere scorciatoie.

Quindi si riparte, pensi che Roglic potrà dare a Vingegaard dei buoni consigli?

Non so – sorride – Primoz mi conosce sicuramente meglio di Jonas, ma non so cosa potrà dirgli. Vedremo nei prossimi giorni.

Ha confermato che se potrà guadagnare ancora terreno, di certo attaccherà
Ha confermato che se potrà guadagnare ancora terreno, di certo attaccherà
Ci sarà una tappa più dura delle altre?

Non so dirlo. Secondo me la più dura sarà la 17ª oppure la 18ª a Luz Ardiden, ma anche domani (oggi per chi legge, ndr) può essere pericolosa. Se hai una giornata no, ogni tappa può essere drammatica. Quella del Ventoux ad esempio è stata tremenda. Caldo e ritmo forte dall’inizio. Era mercoledì, quindi si è corsa dopo il giorno di riposo e la prima tappa con il grande caldo. Ero cotto. Quel giorno ho toccato con mano il mio limite. Quando Vingegaard ha attaccato e ho provato a seguirlo, ho capito che sarebbe stato meglio limitare i danni. Nei giorni successivi invece sono stato meglio.

La crisi è uguale per tutti, si potrebbe concludere, ma se sei in super condizione, riesci a gestirla. Se invece qualcosa si inceppa, sei nei guai. Sino ad ora tuttavia, a incepparsi sono sempre stati gli altri. Dal secondo giorno di riposo della maglia gialla è tutto, passo e chiudo.

Giro, la rincorsa di Vlasov inizia dalla Provenza

08.02.2021
5 min
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Fra i corridori dell’Astana che hanno rischiato di rimanere bloccati dalla neve in cima al Teide c’era anche Alexander Vlasov, che dopo aver passato tutto dicembre in Russia forse della neve non aveva troppa nostalgia. La liberazione è avvenuta tempestivamente nella giornata di sabato, in tempo per consentire agli atleti e allo staff di prendere i voli verso casa prenotati per ieri mattina.

Sono arrivati gli spazzaneve l’Astana può ripartire dal Teide
Sono arrivati gli spazzaneve l’Astana può ripartire dal Teide

Sul Mar Nero

La stagione del russo, che ciclisticamente è cresciuto in Italia, è finita tardissimo, l’8 di novembre con la Vuelta, a capo di tre settimane iniziate al piccolo trotto poi in continuo crescendo. C’era da rimettersi a posto dopo il ritiro dal Giro e ritrovare le giuste sensazioni. E la Vuelta è iniziata giusto due settimane dopo l’abbandono a metà della tappa di Agrigento.

«Abbiamo finito tardi davvero – sorride – e subito dopo la Vuelta sono andato in Russia, ricominciando gli allenamenti a dicembre. Mi sono fermato poco meno di un mese e quando si è trattato di allenarmi, mi sono spostato a Sochi, sul Mar Nero. Lì si sta bene, c’erano tutti i giorni 14 gradi. Mentre a casa mia, a Vyborg, sarebbe stato impossibile, perché la temperatura era intorno ai meno 15».

Al Tour de la Provence 202, Vlasov vince a La Ciotat, battendo Kelderman
Al Provence 2020, Vlasov vince a La Ciotat su Kelderman
Il 2021 è l’anno delle prime responsabilità importanti, giusto?

Voglio provare ad essere leader al Giro. La Vuelta mi ha detto cose interessanti. Nonostante ci sia entrato un po’ malconcio, alla fine non ero così male. Certo il secondo posto sull’Angliru potrebbe bruciare, ma sono onesto e là in cima ero davvero finito, mentre Carthy ha avuto qualcosa di più.

Ci dicesti che il malanno del Giro si è fatto sentire anche in Spagna…

E’ stato un virus intestinale, ho sofferto per una settimana senza poter mangiare. Ho perso peso. A chi dice che al Giro avrei potuto stringere i denti, rispondo che non andavo avanti. Tanto che in Spagna il primo giorno ho perso 4’31”. Non stavo ancora bene. Era la prima corsa dopo la malattia e il primo giorno ho trovato subito percorso duro e ritmo alto. Sull’ultima salita sono andato in crisi e addio…

Al Lombardia, Vlasov si piazza 3° ed è decisivo per la vittoria di Fuglsang
Vlasov 3° al Lombardia e decisivo per Fuglsang
A quando il debutto?

Era previsto alla Valenciana e l’abbiamo rimpiazzata con il ritiro sul Teide. Adesso si va al Tour de la Provence, partiamo mercoledì, il giorno prima. Vado come preparazione e per fare ritmo, poi si vedrà.

L’anno scorso successe una cosa particolare: arrivasti 4° sul Ventoux, dove poi vincesti alla ripresa post lockdown. Ti piace quella salita?

E’ sicuramente molto bella. Si va per mettere nelle gambe il giusto lavoro, ma se le sensazioni saranno giuste, ovvio che provo a lasciare il segno.

Hai parlato della Russia, com’è la situazione del ciclismo lassù?

Pessima, ci sono pochissime corse. Tanti smettono dopo gli juniores, perché non trovano squadre da U23. In più i professionisti possono viaggiare perché hanno il permesso di soggiorno, mentre i dilettanti non possono uscire dal Paese a causa del Covid e rischiano di perdere un’altra stagione.

Tanto Vlasov è andato forte in salita alla Vuelta, quanto piano a crono: deve lavorarci
La crono è un terreno su cui Vlasov deve lavorare
Da U23, nel 2018, vincesti il Giro su Almeida. Che cosa hai pensato quando lo hai visto tenere la maglia rosa così a lungo?

Vedere lui e gli altri con cui lottavo da U23 mi ha convinto del fatto che posso fare il capitano dell’Astana al Giro d’Italia. Avrò la squadra a mia disposizione e spero di trovare la condizione. Ma se hanno potuto farlo loro, posso anche io.

Si parla di Nibali e Bernal, paura?

Ci sono tanti nomi ora, poi si vedrà in corsa. Tre settimane sono lunghe, può succedere di tutto.

Pensi di aver trovato nel WorldTour la stessa sicurezza di quando eri U23?

Credo di sì, riesco a stare bene davanti con chi fa la corsa. Per adesso sono al loro livello in salita, mentre a crono devo migliorare. A casa faccio allenamenti specifici almeno una volta a settimana.

Nel 2018 Vlasov vince il Giro d’Italia U23, difendendo la rosa da Almeida nella crono di Ca’ del Poggio (foto Scanferla)
Nel 2018, Vlasov vince il Giro U23 (foto Scanferla)
E’ vero che hai cambiato posizione?

Ho fatto qualche ritocco, soprattutto all’altezza di sella. L’abbiamo abbassata un po’ per spingere con più forza ed effettivamente la pedalata è più efficiente.

Sai già chi ti accompagnerà al Giro?

E’ presto per dirlo. C’è un gruppo di corridori che farà il mio programma, ma non saprei chi poi andrà al Giro. Due che ho nel mirino sono Tejada e Pronskiy, che mi staranno accanto in salita.

Com’è il tempo ad Andorra?

Freschino, ma per allenarmi vado giù verso la Spagna. Scendo in bici però, non in macchina. C’è giusto da soffrire la prima mezz’ora, ma quando dopo torno su, vi assicuro che mi scaldo.

Pronto per ripartire?

Prontissimo. Faccio un bel tampone, chiudo la valigia e via…

Julian Alaphilippe, Nizza, Tour de France 2020

Alaphilippe prenota un aprile da cannibale

02.01.2021
3 min
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Julian Alaphilippe è stato il solo a non dover fare il cambio di stagione, dato che sulla sua maglia continuano a brillare il bianco e le strisce iridate. Brillare, esatto. La maglia iridata è un flash che nel bailamme dei colori Deceuninck-Quick Step continuava a richiamare tutti gli sguardi. In corsa la si è vista per tre volte. Alla Liegi, buttata via per l’ansia di vincerla (con la foto a braccia spalancate sull’arrivo a rendere ancor più violenta la beffa). Alla Freccia del Brabante vinta. E al Fiandre, concluso contro la moto per la malizia di Van Aert e con la frattura della mano. Ovvio che la voglia di ripartire sia al massimo e insieme il francese abbia metabolizzato quei colori, per non cadere più nel tranello di doverli onorare costi quel che costi.

«La riabilitazione ha richiesto più tempo di quello che pensassi – ha raccontato a L’Equipe a metà dicembre – per ritrovare il 100 per cento della funzionalità. I medici dicono che è normale non aver ripreso subito la mobilità e la capacità di stringere il manubrio. Non riuscivo a scattare. A lungo ho potuto solo pedalare da seduto e alzarmi in piedi, purché mi limitassi ad appoggiare».

Programmi in arrivo

Le cose stanno migliorando e i programmi sono in arrivo, pur con tutte le incertezze del calendario . I medici si dicono ottimisti, lui lavora sodo con i fisioterapisti. A metà dicembre il ritorno sul pavé gli sembrava improponibile, dopo le ultime due settimane ad Andorra invece, Julian appare decisamente ottimista. E’ stato uno strano Natale quello del campione del mondo, il primo senza suo padre, trascorso nella clausura Covid che da un lato potrebbe aver reso tutto molto malinconico e dall’altro ha certamente portato vie le pesanti incombenze di fine stagione, quando la vita diventa un frullatore di impegni extra sportivi.

Julian Alaphilippe, Marion Rousse, Imola 2020
Dopo la vittoria di Nizza al Tour (foto di apertura), il mondiale ha dato un senso al 2020 di Alaphilippe: qui con Marion Rousse
Julian Alaphilippe, Marion Rousse, Imola 2020
La vittoria di Nizza (in apertura) e Imola, il top del suo 2020

Cav, un fratello

Il ritorno di Cavendish in squadra ha portato a varie reazioni, ma per Julian è stato come ritrovare un fratello maggiore.

«Sono stato super felice di ritrovarlo – racconta Alaphilippe – perché ho dei grandi ricordi con lui. Quando ho vinto la prima corsa della carriera al Tour de l’Ain nel 2014, eravamo compagni di stanza. Lui stava recuperando dopo la caduta del Tour, quindi non aveva obiettivi particolari. Perciò si prese cura di me, pedalavamo vicini e mi portava lui le borracce. Ero solo un neoprofessionista e questa storia mi ha segnato. Abbiamo anche parlato della maglia ridata (Cavendish è stato campione del mondo nel 2011, ndr) che entrambi abbiamo inseguito per tanto tempo. Mark mi ha raccontato che non ricorda di aver iniziato un solo allenamento senza guardare le righe iridate. Per me è lo stesso, solo toccare la maglia è una gioia».

Jualian Alaphilippe, Freccia del Brabante, 2020
Alla Freccia del Brabante, Alaphilippe fa la selezione in salita e batte Van der Poel in volata
Jualian Alaphilippe, Freccia del Brabante, 2020
Forcing al Brabante e volata vincente su VdP

Un mese al top

L’obiettivo è partire subito forte e arrivare come un missile sulle corse del Nord, da quelle fiamminghe fino alle ardennesi.

«Per me è importante far vedere la maglia lassù – dice – dovrò essere forte dalla fine di marzo fino alla Liegi. Un mese a tutta. Per questo va anche bene non tornare in Sud America e cominciare un po’ più tardi, per correre molto in primavera. Ho davanti l’ultimo anno di contratto con questa squadra, con cui ho costruito un rapporto forte. Amo la mentalità del WolfPack e il modo di correre con cui mi identifico. Si adatta perfettamente al corridore che sono oggi, tutto concentrato sulle classiche. Andare via? Forse se decidessi di cambiar pelle e puntare sulle corse a tappe, ma fino alla Liegi non voglio pensare ad altro. Per la mia concentrazione, non perché pensi che una vittoria possa ridefinire chi io sia davvero. I risultati non saranno decisivi per il futuro, perché le squadre conoscono il mio valore».