La sicurezza di ABUS per Alpecin-Deceuninck e Fenix-Deceuninck

17.04.2024
3 min
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Il brand tedesco ABUS è quest’anno il partner per quanto riguarda la sicurezza dei pro team Alpecin-Deceuninck e Fenix-Deceuninck. E proprio in virtù del ruolo di partner ufficiale per la sicurezza di entrambe le squadre, sia la maschile quanto la femminile, ABUS garantisce che sia le biciclette che le maglie di Mathieu Van der Poel, Jasper Philipsen, Puck Pieterse e tutti i membri del team siano sempre al… sicuro! 

In virtù del proprio “status”, ovvero quello di essere uno dei produttori leader a livello mondiale di tecnologie di sicurezza e soluzioni personalizzate in questo campo, ABUS protegge le proprietà delle squadre sia sul percorso di assistenza che durante le gare e gli stage di allenamento. Oltre a dotarli delle più moderne attrezzature di sicurezza, ABUS svolge anche un vero e proprio servizio di formazione a tutti i membri del team. 

Un partner affidabile

«Noi di ABUS – ha dichiarato Christian Rothe, membro del comitato esecutivo di ABUS – siamo estremamente lieti di poter supportare i team Alpecin-Deceuninck e Fenix-Deceuninck e i loro sostenitori in qualità di Partner ufficiale per la sicurezza. Sono soprattutto le squadre di alto livello ad avere un enorme bisogno di sicurezza. Mettere in sicurezza la bici di Mathieu Van der Poel durante una pausa caffè, oppure durante un giro di allenamento è una cosa, mettere in sicurezza in modo efficace un intero percorso di assistenza, compresa una flotta di veicoli utilizzati in tutto il mondo, è una sfida molto speciale e completa»

«Questa che ci si presenta – continua – è una grande opportunità per ABUS di dimostrare che i nostri due settori di business, Mobile Security e Home Security, sono perfettamente collegati tra loro e che sono in grado di offrire un concetto globale a tutto tondo per la sicurezza sia mobile che fissa».

Anche Alessandro Ballan, qui in versione… Eroico, è testimonial del brand
Anche Alessandro Ballan, qui in versione… Eroico, è testimonial del brand

«ABUS è per noi un partner molto importante – hanno ribattuto i dirigenti del team Philip e Christoph Roodhooft – ed in ogni passo che facciamo, la sicurezza delle piattaforme ricopre un ruolo vitale. Con loro siamo sicuri di lavorare con un partner che può supportarci in qualsiasi passo, con grande esperienza e storia nel mondo della sicurezza. Abbiamo esigenze diverse, nel nostro magazzino e durante i viaggi, ma con ABUS abbiamo trovato un alleato che può guidarci e supportarci in qualsiasi specifica situazione».

ABUS

Attacco a 600 watt e tanti saluti. Van der Poel e la sua Roubaix

12.04.2024
7 min
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Un po’ quello che ha raccontato Filippo Lorenzon di ritorno da Roubaix e prima ancora dal Fiandre. Un po’ quello che hanno detto gli altri corridori. Aggiungi la resa di un indomabile come Mads Pedersen e poi le parole sbalorditive di Pasqualon sulla differenza palpabile fra il campione del mondo e i corridori normali. Metti tutto insieme e poi fatti la domanda: quanto è forte questo Van der Poel? 

Abbiamo deciso di aggiungere una voce al coro: quella di un preparatore, con cui lo scambio di messaggi in merito alla vittoria nella Parigi-Roubaix non lasciava spazio a dubbi: «La perfezione! Ieri gli guardavo le mani su quel pavè. Sembrano delle “pinze”, non molla mail la presa. Poteva partire a -80 e non cambiava niente».

Le mani stringono il manubrio e appena un dito sui freni: sembra pedali su asfalto
Le mani stringono il manubrio e appena un dito sui freni: sembra pedali su asfalto

Lui è Pino Toni, toscano, allenatore di lungo corso. Uno che lo sponsor Alpecin l’ha visto andar via in cerca di nuovi lidi alla fine del 2017 quando lavorava alla Katusha. Era lampante che il marchio tedesco cercasse qualcuno più qualificato di Zakarin e Kristoff, anche se quando nel 2020 nacque la Alpecin-Fenix (poi Alpecin-Deceuninck) con i fratelli Van der Poel, Merlier, Modolo e Sbaragli, pochi avrebbero immaginato il resto della storia.

Cosa vogliamo dire di questo Van der Poel?

Che è bello da morire in bicicletta. Poi con quella maglia lì, tutto bianco…

Guardando le foto, colpisce per la sua fisicità.

Questo va nella direzione del momento: sono molto più atleti di una volta. Il modello di ciclista è completamente cambiato. E’ importante avere generalmente un VO2 Max altissimo, però l’attenzione si è indirizzata verso le massime potenze sostenibili, quindi ai volumi lattacidi prodotti. Con la nuova alimentazione io mi posso caricare di muscoli e farli lavorare anche se apparentemente non servono per la pedalata. I corridori di prima avevano il tronco definito e ridotto al minimo. Ora questo problema viene meno, perché puoi ingerire 120 grammi di carburanti ogni ora, mentre prima eri legato ai gel e alle barrette. Atleti come Van der Poel, Van Aert, ma anche lo stesso Pogacar, hanno una struttura fisica più importante. Pogacar che vince il Tour non è finito come il Nibali del 2014.

Era magrissimo…

Una volta diventavano brutti. Un preparatore diceva ai suoi corridori che erano pronti ad andare forte perché erano diventati brutti. Diventavano scheletrici per fare la differenza, perché alla fine consumavano meno degli altri e in finale ne avevano di più. Ora questo problema non c’è, ora apri il gas dall’inizio alla fine e poi arrivi in fondo, anche con motori che consumano molto.

Quello che colpisce di Van der Poel è il senso di potenza della parte superiore del corpo
Quello che colpisce di Van der Poel è il senso di potenza della parte superiore del corpo
Non servono più i diesel potenti?

Proprio lì volevo arrivare. Una volta vincevi col diesel, col tuo Volvo 740. Il serbatoio era per tutti di 50 litri e chiaramente quelli col Porsche a un certo punto finivano alla benzina. Ora partono forte e vanno sempre più forte per tutta la corsa. Succede ormai per la totalità dei corridori, mentre sopra la media ce ne sono pochi con delle potenzialità completamente diverse che fanno la differenza anche come tattica di corsa. Non li freghi, perché possono andare forte dall’inizio alla fine.

Come dire che la volta che Van der Poel ha vinto a Casteldifardo alla Tirreno, arrivando completamente svuotato, gli ha insegnato a collegare i puntini nel modo giusto e adesso non lo fermi più?

Esatto, non lo fermi più. Ha aggiustato veramente tutti i tiri. Ha capito che se sbaglia qualcosa, rischia di non arrivare. Le più grandi scoperte del ciclismo degli ultimi vent’anni sono il misuratore di potenza, i test di valutazione per vedere quanto consumi e la possibilità di integrare fino a 120 grammi l’ora. Basta: finito! Queste sono le più grandi scoperte del ciclismo. In più, a suo favore, aggiungete che sa guidare la bici in modo pazzesco…

Un altro tassello per il mosaico perfetto?

Oh, Dio bono: viene dalla mountain bike e dal ciclocross! Questo significa anche ottimizzare l’utilizzo delle energie, perché uno che sta così bene in bicicletta, che non sbaglia una traiettoria, non ha stress neppure se il percorso è insidioso. Ha il colpo d’occhio di quando scendi a 40-50 all’ora fra le radici e in un attimo devi scegliere la linea. Come il primo Sagan: ve lo ricordate Peter che montava sulle biciclette degli altri?

Ormai una borraccia contiene fino a 90 grammi di carboidrati: l’importante è avere il serbatoio pieno
Ormai una borraccia contiene fino a 90 grammi di carboidrati: l’importante è avere il serbatoio pieno
Quindi non è solo avere grande motore, ma averlo inserito nel giusto contesto?

Un grande motore che deve funzionare per 4 ore e mezzo, perché ora vanno a tutta per quel tempo lì. Per questo ho detto che poteva partire a 80 chilometri dall’arrivo e non cambiava niente. Uno così non finisce la benzina. Sa che da solo a 400 watt consuma 110-120 grammi di carboidrati e riesce a buttarli dentro. Secondo me ha anche più watt medi, perché quando è partito ha sicuramente dato di più e magari avrà pure intaccato la riserva. Ma uno che è alto 1,85 e pesa 75 chilli avrà addosso 500-600 grammi di glicogeno. Quindi prima di avere il senso della crisi può intaccare la riserva fino alla metà.

Stiamo parlando del moto perpetuo oppure esiste una fine?

Ha di certo la soglia sopra i 450 watt. E quando parte può fare 5 minuti a 600 watt. I suoi 5 minuti fanno impressione, la sua capacità di spinta ti mette in difficoltà. Però bisogna pensare che se vai a soglia, consumi 250 grammi di glicogeno ogni ora, quindi sai che in tutta la corsa ci puoi andare per un’ora, non di più.

Insomma, se è solo e lo lasci andare del suo passo, non lo vedi più…

Esatto, quando è da solo e gli altri non si avvicinano, come si dice da noi in Toscana: è cotto il riso! Nel senso che sai già come va a finire, perché questo si mette al suo regime e sa che arriva in fondo anche se ha da fare 60 chilometri. Purtroppo in certi casi, speriamo che nessuno si arrabbi, diventa anche un pochino noioso. E’ come Verstappen che è davanti nel Gran Premio di Formula Uno e si gestisce e non deve fare nemmeno una curva rischiando di mettersi di traverso. E con Van der Poel è uguale. Fa il suo scatto, poi gestisce il vantaggio. Basta: finito!

Nella fase di attacco, la potenza scaricata sui pedali secondo Toni potrebbe essere arrivata a 600 watt
Nella fase di attacco, la potenza scaricata sui pedali secondo Toni potrebbe essere arrivata a 600 watt
Secondo te in questo quadro perché il ciclocross gli è così prezioso?

Gli è servito tantissimo per abituarsi a lavorare e a sfruttare l’acido lattico come energia, quello che ora viene chiamato il volume lattacido massimo. Queste grandi esplosioni di lavoro massimale le ha allenate nel ciclocross e nella mountain bike ed è difficile farlo diversamente. Come glielo dici a uno di fare un’ora fuori soglia? Devi trovare anche le motivazioni.

A inizio anno ha dichiarato che d’ora in avanti potrebbe non fare più inverni con tanto ciclocross.

Ma ormai quel background a livello fisiologico se l’è creato. Ora basta che lo alleni con le menate che fa e poi chiaramente il suo allenatore saprà come farglielo mantenere. Ormai quasi tutti i corridori fanno 45 minuti-un’ora a blocco, magari anche quando sono in altura. Oppure spezzano l’allenamento e fanno quello corto a tutto gas, perché questo è quello che ti richiede adesso il modello gara.

Dici che ha dovuto allenarsi per mangiare 120 grammi di carboidrati per ora?

La tecnologia è altissima. Ci sono delle borracce in cui puoi addirittura mischiare la parte dei sali con la parte dell’energia. Non cambia l’osmosi, quindi non ti dà noia all’intestino. Parliamo di borracce da 90 grammi l’ora: ne prendi una, aggiungi un gel e sei a posto. Chiaramente lo devi provare e soprattutto lo devi provare quando cambiano le temperature, perché devi fare attenzione. Se sei disidratato, infatti, e butti dentro tutti quei carboidrati, puoi avere problemi. Ma ci sono 4-5 aziende che anche con due gel riescono a buttare dentro da 80-90 grammi, però devi stare bene. 

In curva sul pavé con traiettorie perfette, il busto ruotato verso l’interno e la spalla verso il basso: atteggiamento da biker
In curva sul pavé con traiettorie perfette, il busto ruotato verso l’interno e la spalla verso il basso: atteggiamento da biker
Si è detto che nel finale del Fiandre potrebbe aver utilizzato dei chetoni.

Nelle corse a tappe, li utilizzano in tanti. I chetoni ti servono soprattutto nei momenti un po’ morti, quando durante una tappa di transizione allenti un pochino e stai nel gruppo. Quando vai ad andature sub massimali e non sei a tutta, può convenirti ridurre tutta quella quantità di carboidrati. Semmai torni a prenderli soltanto nel finale e allora magari cerchi qualcosa di pronto subito, ad esempio prodotti che contengono beta-alanina oppure caffeina. Il chetone ti aiuta se non vai sempre fortissimo, ma se vai a tutta non ha senso. Magari vanno bene per il recupero o quando sei sotto il medio, ma durante la corsa ti serve a poco.

Infine c’è l’aspetto mentale…

Sicuramente ha delle motivazioni molto forti e sa crearsele. Penso al ricordo di suo nonno e anche al fatto che su quello che fa lui ci campano 70 persone. E questo secondo me qualche stimolo glielo dà. Insomma, se ha attorno altra gente come lui, magari gli tocca far fatica. Ma quando è da solo, tanto vale mettersi comodi e prepararsi a battergli le mani.

VdP è il capitano, ma alla Alpecin la legge è uguale per tutti

11.04.2024
7 min
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La Parigi-Roubaix ha consegnato alle cronache una Alpecin-Deceuninck schiacciasassi, anche più potente della Visma-Lease a Bike. Succede, quando si ha un leader forte come Van der Poel, che anche i gregari meno quotati si ritrovino con le energie raddoppiate e spesso facciano degli autentici capolavori. Se così è stato nelle classiche in presenza del… capo, non si può dire che la squadra si sia tirata indietro nelle altre corse, vincendo una tappa al Catalunya e una al Giro dei Paesi Baschi. Ad oggi il team dei fratelli Roodhooft è arrivato a dieci successi stagionali, tre dei quali nelle tre Monumento finora disputate: Sanremo, Fiandre e Roubaix. La sensazione che si abbiano occhi soltanto per Van der Poel e Philipsen insomma parrebbe sfatata dalla prova dei fatti.

Alla Roubaix, Vermeersch ha fatto gli straordinari per la Alpecin-Deceuninck, arrivando poi al sesto posto
Alla Roubaix, Vermeersch ha fatto gli straordinari, arrivando poi al sesto posto

La Alpecin di Conci

Nella squadra corrono due italiani, contro i quattro delle ultime stagioni. Uno è Luca Vergallito, approdato nel WorldTour dopo la challenge di Zwift e un anno nel devo team. L’altro, che ha seguito un iter più classico, è Nicola Conci, arrivato nel 2022 dopo la chiusura della Gazprom e in precedenza corridore della Trek-Segafredo. Il trentino ha corso ai Paesi Baschi e ora fa rotta sul Giro. Gli abbiamo chiesto di sé e del suo team, per capire se esista una suddivisione interna a favore dei big o se alla fine abbiano tutti le stesse possibilità. Lo sentiamo dopo la prima tappa del Giro d’Abruzzo che ha seguito da casa e l’esordio strappa il sorriso.

«Lo farei volentieri anche io l’Abruzzo – dice – perché non è che finora abbia corso tanto. Da quando la squadra è diventata World Tour, deve fare le corse che magari prima avrebbe saltato e di conseguenza si vede costretta a cancellarne altre a cui magari avrei potuto partecipare. Ad esempio io ho fatto il Giro dei Paesi Baschi e altri il Catalunya. E’ andata bene perché abbiamo vinto una tappa in entrambe, però dubito che nel 2022 le avremmo fatte. Quell’anno feci la Arctic Race e il Giro di Slovenia, mentre adesso siamo costretti, tra virgolette, a fare le prove WorldTour. A questo aggiungiamo che è saltata la Ruta del Sol a inizio anno e di conseguenza ho solo fatto Strade Bianche, Tirreno-Adriatico e Paesi Baschi».

Anche ai Paesi Baschi, con VdP impegnato sul pavé, la Alpecin ha vinto con Hermans
Anche ai Paesi Baschi, con VdP impegnato sul pavé, la Alpecin ha vinto con Hermans
Sei rimasto coinvolto anche tu nella caduta?

Quella famosa l’ho schivata, ma ero caduto il giorno prima, nella tappa che ha vinto il mio compagno Quinten Hermas. A un chilometro dall’arrivo mi è caduto davanti un altro corridore e non c’è stato modo che potessi evitarlo. Diciamo che nel male mi è anche andata bene, devo dire, perché mi sono fatto qualche escoriazione e poi all’inizio avevo un fortissimo dolore al coccige. Questo però è tutto passato, quel che invece resta è un male al torace. Con la botta deve essersi formato un ematoma interno oppure con il dottore si diceva che potrebbe esserci un piccolo danneggiamento nella zona della cartilagine, quindi nella parte finale delle costole. Mi fa abbastanza male quando respiro e soprattutto quando vado in bici.

Anche ora in allenamento?

Nelle tappe successive lo sentivo, poi ho recuperato per due giorni dopo la corsa e stavo bene. Invece martedì, che era il terzo giorno, ho fatto tre ore e ho sentito di nuovo quel fastidio. Si vede che quando respiro, il diaframma va a toccare quella zona. Ci vorrà ancora tempo, ma non c’è niente di rotto e questo è l’importante.

Adesso tutta l’attenzione è puntata sul Giro?

In realtà avevo chiesto con insistenza di fare le Ardenne. Primo perché penso che siano delle belle gare per me, secondo perché non avendo fatto la Ruta del Sol, i giorni di corsa in questa prima parte di 2024 sono veramente pochi. All’inizio sembrava che fosse possibile, invece alla fine mi hanno detto di andare in altura e concentrarmi sul Giro. C’era un programma già fatto e si è deciso di restare fedeli a quello. Al Giro si va per provare una tappa con un velocista come Kaden Groves e con Quinten Hermans che quest’anno sembra aver ritrovato buone sensazioni. Ovviamente parlo di loro, ma anch’io proverò a entrare nella fuga giusta, mentre non ho in testa di fare classifica. Il fatto che quest’anno Pogacar abbia deciso di fare il Giro è un’arma a doppio taglio. Tadej potrebbe voler fare il cannibale oppure chiudere la corsa alla fine della prima settimana e da lì in poi ci sarebbe più libertà per tutti gli altri.

Conci arriverà al Giro con 16 giorni di gara: qui alla Tirreno-Adriatico con Van den Bossche
Conci arriverà al Giro con 16 giorni di gara: qui alla Tirreno-Adriatico con Van den Bossche
Hai parlato di Pogacar, tu corri con Van der Poel: come si convive con simili fenomeni?

Ormai tutti si sono resi conto che questi cinque, sei corridori abbiano capacità ben oltre la normalità. Di conseguenza quando ci sono loro, le corse sono già indirizzate. Se ce l’hai in squadra, sei contento perché sai che lavori, ma c’è grande possibilità di portare a casa il massimo risultato. Quando invece ce l’hai contro, non è che ci siano grandi cose da fare. Per il Giro, la fuga sarà il solo modo di portare a casa una tappa.

Quando ce l’hai in squadra sei contento, va bene, ma si percepisce una differenza nel trattamento che ricevete rispetto a lui?

No, direi che da quel punto di vista sono bravi. Mi sembra che il metodo di lavoro sia molto standardizzato, anche se sostanzialmente Mathieu è la squadra. Non so esattamente come funzioni, però bene o male lui è cresciuto insieme alla Alpecin e fa parte della sua storia. Non voglio dire che sia sullo stesso piano dei fratelli Roodhooft, ma se pensiamo a cosa fosse prima la Alpecin e il modo in cui sono cresciuti, il merito è soprattutto di Mathieu. Nonostante ciò, sono molto metodici: hanno i loro schemi e tutte le programmazioni e non lo ho mai visti cambiare solo perché ci sono Philipsen o Van der Poel.

A proposito di Philipsen, credi che rimarrà o andrà via?

Il presupposto è che non so assolutamente nulla, meno di zero: non ho sentito neanche delle voci. Per come la vedo io, Jasper è uno dei corridori più forti al mondo e sa di andare fortissimo e di poter puntare al massimo risultato in qualsiasi corsa che sia adatta alle sue caratteristiche. Dall’altra penso che ormai si sia visto che i suoi obiettivi cominciano col sovrapporsi a quelli di Mathieu. Ho seguito la Sanremo dalla TV e si è visto che Mathieu si è sacrificato ben volentieri, ma penso che avrebbe voluto fare anche lui la volata. Quindi sinceramente non saprei dire quale sarà la scelta di Jasper, ma so che la sua miglior versione finora si è vista qui alla Alpecin. Per cui da una parte non vedo perché dovrebbe voler andare via, dall’altra ci saranno da capire i loro obiettivi.

Il legame che unisce i fratelli Roodhooft, titolari della Alpecin, a Van der Poel è qualcosa di raro nel ciclismo contemporaneo
Il legame che unisce i fratelli Roodhooft a Van der Poel è qualcosa di raro nel ciclismo contemporaneo
Pensi che se avessero corso in due squadre diverse, alla Roubaix le cose avrebbero avuto un altro sviluppo?

Non so se Jasper avrebbe potuto battere Mathieu, perché comunque sono un po’ diversi. Magari sarebbe arrivato ugualmente secondo o magari ci è riuscito approfittando del fatto di avere davanti il compagno, correndo così sempre a ruota. Difficile da dire…

Prima del Giro su quale altura andrai?

Sull’Etna. E poi, visto che non correrò fino al Giro, potrei fare anche un salto a Livigno. Conosco le tappe del Giro da quelle parti, anche se viste le salite, sono strade che vorresti non conoscere (ride, ndr). Deciderò in base al meteo.

Arriverai al Giro con 16 giorni di corsa: magari sarai più fresco…

Un po’ mi brucerà guardare le Ardenne in tivù, perché le avrei fatte volentieri. D’altra parte andare al Giro d’Italia avendo corso così poco mi permetterà certamente di essere freschissimo mentalmente. E magari quando arriveremo alla decima tappa, questo potrò essere un vantaggio. Magari all’inizio sarò indietro rispetto a chi ha corso di più, ma poi l’equilibrio potrebbe invertirsi. Avrei voluto provare questa soluzione già l’anno scorso ed ero convinto che sarei andato in crescita, purtroppo però mi sono fermato per il Covid. La speranza è quella di fare un Giro di crescita, vediamo se ne sarò capace.

Le parole sono finite. Immenso Van der Poel. E grande Alpecin

07.04.2024
6 min
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ROUBAIX (Francia) – Non gli basta la sua vittoria. Ad un certo punto quando entrano nel velodromo i suoi primi inseguitori smette di abbracciare la sua compagna, fa un passo verso la pista e si gusta lo sprint. Fa un cenno di coraggio al suo compagno Jasper Philipsen impegnato nella volata. Basta questa immagine, per sintetizzare il dominio totale di Mathieu Van der Poel… e della sua Alpecin-Decuninck.

Le due biondine, sono fidanzate proprio dei primi due, Van der Poel e Philipsen. Si abbracciano, sono tese. Soprattutto la compagna di Philipsen. Quando il compagno vince lo sprint lancia un urlo incredibile.

La foto non è super ma rende l’idea: VdP (di spalle in maglia iridata) ha appena finito di festeggiare e si gode lo sprint di Philipsen
La foto non è super ma rende l’idea: VdP ha appena finito di festeggiare e si gode lo sprint di Philipsen

Doppietta Alpecin

E’ dunque doppietta Alpecin-Deceuninck a Roubaix. La squadra dei fratelli Roodhooft, Christoph e Philip, porta a casa così il terzo Monumento su tre in stagione. E potrebbe non essere finita qui visto che VdP tirerà dritto fino a Liegi.

Rispetto a Visma-Lease a Bike e UAE Emirates certamente la squadra belga paga qualcosa, però quando sono in corsa corrono forse meglio di chiunque altro.

Si vede proprio che hanno le idee chiare, che sanno ciò che devono fare e sanno che poi ci sarà qualcuno che quasi certamente finalizzerà per loro. Se poi quel qualcuno è VdP il risultato è quasi una certezza.

«Un corridore come Mathieu – dice Edward Planckaert – ti dà tanta, tanta sicurezza. Noi sappiamo che dobbiamo fare un certo lavoro. Ognuno ha il proprio compito e questo ti spinge a dare di più. In squadra c’è davvero una bella atmosfera di amicizia».

«Se è vero che tiro per due? Questo non lo so – ci dice Dillier – so che dovevo fare bene il mio lavoro. E il mio lavoro oggi era di tenere avanti la squadra. La corsa poi è andata come volevamo, ma con un Mathieu così è anche facile. L’importante è tenerlo davanti… Poi ci pensa lui».

Mathieu Van der Poel (classe 1995) vince la seconda Roubaix consecutiva e mette in bacheca il sesto Monumento
Van der Poel (classe 1995) vince la seconda Roubaix consecutiva e mette in bacheca il sesto Monumento

Parla Christoph

Siamo dunque sicuri che l’Alpecin-Deceuninck sia così inferiore agli squadroni? Ripetiamo la stessa domanda di domenica scorsa. Nomi in rosa e punti UCI alla mano, sembra che alcune squadre siano messe meglio è vero. Ma poi quello che conta è la strada. E le corse, specie le classiche, le vincono loro. Per ora i fatti stanno dando nettamente ragione alla Alpecin-Decuninck.

«E’ incredibile – ci dice Christoph Roodhooft, il direttore sportivo – abbiamo sette Monumenti in bacheca. Van der Poel è il nostro uomo leader, ma anche gli altri sono stati forti. Penso per esempio a Gianni (Vermeersch, ndr) che oggi ha avuto un ruolo cruciale».

«Dite che siamo uno squadrone ormai? Sì, ma restiamo sempre gli stessi. Sappiamo che nelle gare di un giorno possiamo dire la nostra. Per il momento sicuramente non c’è l’idea di cambiare e di pensare ad un grande Giro. Vogliamo essere competitivi in gare come Roubaix, Flandre, Sanremo, gare che possiamo vincere. E poi quest’anno è così, ma non è detto che lo sarà anche nei prossimi anni, quindi è bene godersi il momento. No, non pensiamo al gap con altri team».

C’è consapevolezza come ha detto suo fratello Philip.

Tutti per uno

Un leader e tanti uomini vicino. Roodhooft è d’accordo con questo punto di vista. Ma non tanto, o meglio, non solo in rapporto a Van der Poel, ma anche agli altri. In Alpecin-Deceuninck si corre per chi può vincere e le forze si concentrano su di lui.

«Oggi – riprende il diesse – la tattica è stata quella che volevamo. Eravamo dove volevamo essere. Oscar Riesebeek e Silvain Dillier hanno lavorato nella prima parte, esattamente come dovevano fare. E gli altri sono stati molto bravi: anche loro erano al posto giusto nel momento giusto. L’attacco di Mathieu è stato perfetto e nel momento giusto. In quel tratto il vento non era a favore ma laterale. In quel modo andare via sarebbe stato un uomo contro un uomo. E lui era il più forte».

Prima di congedarci, chiediamo al tecnico belga cosa abbia detto in tutti quei chilometri di fuga solitaria al suo pupillo. E finalmente nel risponderci sorride: «Che non avevo più parole!».

Certe cose restano in ammiraglia o negli auricolari delle radiolina, insomma.

La classe, l’eleganza e la potenza dell’olandese. Anche oggi 59,5 km di fuga solitaria
La classe, l’eleganza e la potenza dell’olandese. Anche oggi 59,5 km di fuga solitaria

Determinazione Mathieu

Infine ecco il protagonista di giornata. Finalmente arriva in sala stampa. Appare molto più fresco rispetto a domenica scorsa. A parte una rapida stirata alla schiena dopo l’arrivo, non ha mai dato un cenno di fatica.

Ha corso senza guanti, ha guidato come un drago, ha spinto come un ossesso. E si è anche goduto, per sua stessa ammissione, gli ultimi 10 chilometri.

«Stress? Certo – dice Van der Poel – la pressione c’era e in una corsa come la Roubaix può succederti di tutto anche se sei il più forte, ma sapevo che potevo contare su un’ottima squadra. Sono orgoglioso di tutti loro».

«Rispetto al Fiandre, la Roubaix è una corsa differente e oggi ancora di più, visto che il meteo era diverso. La gara era più aperta. Ma io stavo incredibilmente bene. Ritengo sia stato importante andare in Spagna quei giorni per allenarmi al sole tra le due gare. Mi hanno fatto bene». 

Non solo gambe

L’iridato è una sfinge. Anche se più di altre volte sembra felice. E prosegue con il racconto della sua ennesima impresa. 

«Sono partito ad Orchies perché ho creduto fosse un buon momento – riprende VdP mostrando anche una grande intelligenza tattica – vento e pavè erano giusti. Sapevo che dopo quell’attacco sarei rimasto solo, ma sapevo anche che dopo qualche chilometro il vento sarebbe tornato favorevole e quindi dalla mia parte.

«Cosa mi passava nella testa in quei chilometri? Nulla di particolare, cercavo di restare concentrato, specie nei tratti in pavè. Non bisognava sbagliare nulla e guidare bene. Ho cambiato bici perché avevamo preparato due gomme diverse. Una più stretta per la prima parte di gara, così da risparmiare un po’ di energie, e una più larga e un po’ più sgonfia per la seconda».

Anche questo cambio di bici denota quella precisione, quell’attenzione ai dettagli che Jasper Philipsen ha esaltato a fine corsa. Insomma. Van der Poel è fortissimo, e si sa, ma la sua squadra non è da meno. E ora sotto con l’Amstel Gold Race.

Mattinata nell’Arenberg: considerazioni tecniche aspettando VdP

05.04.2024
6 min
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WALLERS (Francia) – La cosa che più colpisce quando i ciclisti affrontano la Foresta di Arenberg è il rumore delle bici sul pavé. E per essere ancora più precisi, il rumore che fa la prima pietra, quando si entra in questo tempio del ciclismo.

Questo primo rumore è diverso da tutti gli altri. E’ grave e rimbombante al tempo stesso. Poi inizia la sequenza regolare dei sobbalzi, ma quella è già una “musica” più regolare. Quel primo tocco tra ruota e pavé invece è diverso. E ci si rende conto subito da chi sa andare sulle pietre e chi no. Dal primo suono alla sequenza. E se la sequenza va a calare drasticamente sono dolori!

Ultimi test

Anche oggi molti team hanno provato gli ultimi settori della Parigi-Roubaix. Ieri, tra i grandi, è toccato a Ineos-Grenadiers, Barhain-Victorious e Visma-Lease a Bike. Oggi sono passate Soudal-Quick Step, Bora-Hansgrohe, Lidl-Trek, Alpecin-Deceuninck e molte altre.

La Lidl-Trek era orfana di Mads Pedersen. Il favorito numero due della Roubaix aveva la conferenza stampa e aveva preferito testare queste pietre mercoledì, proprio mentre i suoi colleghi facevano a sportellate alla Scheldeprijs.

Vento, scrosci d’acqua e raggi di sole si sono alternati senza sosta durante la nostra attesa. Tanta la gente a bordo strada. E ancora di più erano i camper posteggiati su un ampio spazio 70-80 metri prima dell’ingresso nella Foresta, sul lato sinistro della strada.

Noi intanto aspettavamo Mathieu Van der Poel. La sua Alpecin-Deceuninck è stata l’ultima a passare visto che ormai si era fatto pomeriggio. E visto che all’appello dei due giorni di ricognizione mancavano solo loro.

Mathieu Van der Poel fa inversione di marcia: è la curva ad U, della nuova chicane
Mathieu Van der Poel fa inversione di marcia: è la curva ad U, della nuova chicane

La discussa chicane

Di solito i primissimi settori si saltano, stavolta invece parecchi team hanno mischiato le carte e hanno fatto la ricognizione sin da Troisvilles. In parte questa scelta è derivata dall’introduzione della chicane proprio all’ingresso della Foresta, tante volte punto chiave della corsa.

Prima della chicane, si entrava nell’Arenberg dopo un lungo rettilineo perfettamente asfaltato. E ci si entrava in discesa: 1-2 per cento. Quindi ad una velocità altissima (con tanto di un passaggio a livello 100 metri prima dell’ingresso). 

Adesso per ridurre la velocità d’ingresso, quindi per motivi di sicurezza, l’UCI ha accolto la richiesta del CPA ed è stata introdotta l’ormai famosa chicane. Si tratta di una svolta a destra 20 metri prima di entrare nella Foresta. Si percorre una trentina di metri, si fa un’inversione a U verso sinistra attorno allo spartitraffico. E dopo altri 25-30 metri, con una svolta a 90 gradi di nuovo a destra, si entra nel settore più iconico della Roubaix.

Van Aert, Van der Poel e Philipsen nell’Arenberg l’anno scorso. I gialloneri avevano accelerato già nei due settori precedenti
Van Aert, Van der Poel e Philipsen nell’Arenberg l’anno scorso. I gialloneri avevano accelerato già nei due settori precedenti

Cambio di tattica?

L’introduzione di questa variante potrebbe far esplodere la corsa un po’ prima. L’idea è di arrivarci con gruppi meno numerosi e far sì che la chicane e il seguente segmento dell’Arenberg non siano del tutto decisivi. O che non lo siano per cadute.

«L’anno scorso – ha osservato Van der Poel – la Visma attaccò prima per questo motivo, arrivare con meno stress all’Arenberg. Con la chicane, che non mi convince ai fini della sicurezza, è più probabile che la corsa esploda prima». 

Non solo sicurezza. La chicane può cambiare tatticamente l’approccio a questo settore e alla corsa. Partendo infatti da velocità più basse è lecito attendersi che tra chi affonda il colpo e chi cede possano esserci distacchi maggiori a fine settore. Se prima magari si sfruttava l’abbrivio e poi si andava a scemare, adesso questa fase di accompagnamento non c’è più. Quindi un corridore che fa forcing può aprire subito il gap.

Basta pensare che prima si entrava a 70 all’ora, adesso difficilmente si entrerà a più di 30 all’ora. Una differenza abissale.

«Se non sei tra i primi 20 – ha spiegato Van der Poel – in quella chicane potresti perdere mezzo minuto subito. Se non mettere piede a terra».

Intanto, finalmente ecco l’iridato. Tanta attesa per vederlo danzare sulle pietre e invece quando piomba nella Foresta non sceglie di affrontare il pavé, ma di sfruttare la lingua d’asfalto laterale (qui il video).

Il punto preciso in cui si attacca il settore della Foresta di Arenberg. Il passaggio tra asfalto e pavè è meno liscio di quanto non renda la foto

Il punto preciso in cui si attacca il settore della Foresta di Arenberg. Il passaggio tra asfalto e pavè è meno liscio di quanto non renda la foto

Pietre e pietre…

Le pietre fiamminghe sono più gentili e forse anche un po’ più piccole. Queste francesi sono più grandi, più “aguzze”. Quelle dell’Arenberg, di Mons-en-Pevele e del Carrefour de l’Arbre sono tra le peggiori… O le migliori in base a come la si voglia leggere!

«La Foresta di Arenberg è uno dei segmenti più pericolosi di tutta la stagione – ha detto ancora VdP – e non credo che le sue pietre siano destinate alla guida di una bici da corsa. Anche gli altri segmenti a volte sono in cattive condizioni, ma sono fattibili. Guidare sull’Arenberg a 65 all’ora non ha nulla a che fare con l’abilità. Devi solo sperare che la tua bici regga».

E su questo punto lasciateci la libertà di contraddire il campione del mondo: l’abilità conta. Eccome se conta. E lo sa bene anche Mathieu. Se poi parliamo di restare in piedi, allora okay. Ma saper guidare forte e ancora di più uscire forte dall’Arenberg è questione di forza e di abilità.

Un tabellone esplicativo della storia di questo settore. Dal lato opposto c’è una stele dedicata a Jean Stablinksi, che volle inserire la Foresta nella Roubaix
Un tabellone esplicativo della storia di questo settore. Dal lato opposto c’è una stele dedicata a Jean Stablinksi, che volle inserire la Foresta nella Roubaix

Senso del mito

Abilità o meno, la Parigi-Roubaix è servita. Domani mattina s’inizia con le donne che scatteranno alle 13,35 da Denain per arrivare al Velodromo di Roubaix dopo 148,5 chilometri e 17 settori di pavé per un totale di 29,2 chilometri di pietre. Poi domenica toccherà ai colleghi uomini. Partenza da Compiegne alle 11,10: 260 chilometri, 29 settori per un totale di 55,7 chilometri di pavé.

E un’altra cosa certa di questo luogo è il mito che aleggia nell’aria. Dai cartelli che spiegano l’Arenberg da un punto di vista ciclistico, ai disegni fatti sull’asfalto. Dal monumento che vi è posto all’ingresso, ai cartelli all’uscita del settore. I francesi sanno bene come valorizzare i loro gioielli.

Pensate che domenica, in questi 2.300 metri dritti come un fuso, che tagliano la vecchia foresta paludosa, sono attese 30.000 persone. E all’arrivo mancheranno ancora 96 chilometri.

Caos ed errori tattici, rileggiamo la corsa dei muri

01.04.2024
5 min
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OUDENAARDE (Belgio) – Le grandi gare portano con sé delle lunghe code e il Giro delle Fiandre di ieri non può essere da meno. Van der Poel ha dominato e stavolta il merito è stato anche della sua squadra, la quale ha interpretato con grande intelligenza, e se vogliamo anche con una certa aggressività, la corsa fiamminga.

La stessa cosa però non si può dire degli avversari. Non tutti almeno. La corsa di ieri è stata caotica in molti frangenti.

Gli scenari prospettati alla vigilia da Fabio Baldato si sono avverati, almeno in parte, a partire proprio dal caos, ma anche da quella sua frase che risuona sibillina: «Basta che non ci corriamo contro tra di noi», riferendosi alle altre squadre.

Alpecin-Deceuninck unita, attenta e con grandi gambe non solo da parte di VdP
Alpecin-Deceuninck unita, attenta e con grandi gambe non solo da parte di VdP

Corsa ok: Roodhooft gongola

Partiamo da quello che secondo noi è il più grosso errore di giornata, l’affondo di Mads Pedersen. Se la Lidl-Trek è stata perfetta tra le donne (nonostante qualche rischio di troppo), non si può dire la stessa cosa tra gli uomini. 

La squadra, per l’occasione guidata da Gregory Rast, è passata dalle stelle della Gand alle stalle del Fiandre. Okay il voler anticipare, ma perché far fare 40 chilometri davanti a Pedersen con 12”-20” di vantaggio? Senza dimenticare che l’ex iridato era braccato da un uomo di Van der Poel, Gianni Vermeersch. Quale è stato il senso di quella azione?

Il corridore della Alpecin-Deceuninck quasi ci sembrava lo prendesse in giro quando passava a dargli qualche cambio, come a dirgli: no Mads è meglio che stiamo fuori un altro po’, così Mathieu resta coperto e dietro si finiscono per rincorrerci…

E così è andata. Un po’ la Visma-Lease a Bike, un po’ la UAE Emirates hanno tirato. E intanto Van der Poel con mezza gamba faceva la formichina.

«Abbiamo discusso al dettaglio in anticipo come e cosa avrebbero fatto le altre squadre – ha detto il direttore sportivo di Vdp, Christoph Roodhoof, a WielerFlits – ci siamo fatti una nostra idea al riguardo e l’abbiamo rispettata. Come squadra non abbiamo perso un solo colpo. E’ un peccato che il nostro team abbia così tanti punti interrogativi sul suo valore, perché oggi (ieri, ndr) abbiamo dimostrato che siamo forti».

E come dargli torto? Alla fine i suoi uomini c’erano tutti. Hanno controllato la corsa nei primi 100 chilometri tenendo Van der Poel davanti coperto con chi di dovere. E poi sono stati parte attiva con Lawrence, Vermeersch e Krag Andersen, tra l’altro anche sfortunato per una foratura e bravo a rientrare da solo. 

Prima del via, probabilmente i piani della Lidl-Trek erano un filo più attendisti
Prima del via, probabilmente i piani della Lidl-Trek erano un filo più attendisti

Mea culpa Rast

Sembra che Pedersen abbia voluto anticipare così tanto perché non si sentiva super in salita. A fine corsa è intervenuto proprio Rast, il direttore sportivo della Lidl-Trek.

«Sì – ha detto il tecnico svizzero – penso che sia stata una situazione un po’ stupida non richiamarlo. Mads ha dato il 110 per cento, ma ha raccolto molto meno. Avrei dovuto fermarlo. E non l’ho fatto perché avevo in mente il Fiandre di due anni fa quando gli stavamo quasi per dire di fermarsi e poi salì sul podio».

Rast, che sa il fatto suo, ammette l’errore dunque, ma a mente fredda è sempre più facile ragionare. Pedersen voleva anche testarsi in qualche modo. E forse sperava di chiamare fuori in prima persona Van der Poel che non è ricaduto nel tranello della Gand.

«Vero – va avanti Rast – abbiamo commesso un errore tattico, ma sono fiducioso per la Roubaix. Questo è stato anche un buon test in vista di domenica».

La Movistar, qui Cortina, ha sprecato molto in corsa
La Movistar, qui Cortina, ha sprecato molto

Movistar: da rivedere

Poi qualcuno dovrà anche spiegarci gli attacchi a ripetizione e fuori tempo della Movistar. La squadra spagnola non ha certe corse nel sangue, e va bene, ma con due corridori come Cortina e Lazkano potevano raccogliere molto di più.

Alessandro Ballan, la scorsa settimana, ci aveva detto proprio di Lazkano: «Tanta forza, ma spesso attacca fuori tempo, denotando anche una certa sfrontatezza verso grandi avversari».

Qualche polemica, a distanza, non è mancata a fine corsa anche tra Dylan Teuns e Tim Wellens. Il corridore della Israel-Premier Tech, in fuga con Bettiol, si è risentito del tanto tirare di Wellens nel finale. «Se aveva quella gamba poteva stare con Van der Poel». Tim ha fatto il suo compito cercando di portare, riuscendoci, il compagno Politt sul podio.

Stavolta i gialloneri hanno pagato sul fronte delle prestazioni
Stavolta i gialloneri hanno pagato sul fronte delle prestazioni

Corsa senza gambe

Chi non ha commesso troppi errori, ma semplicemente non aveva gambe è stata la Visma-Lease a Bike. Alla fine se non c’è di mezzo la tattica, nei danni collaterali che si sono rivelati un vantaggio per Van der Poel vanno considerate anche le forze in campo. E stavolta i gialloneri ne avevano di meno.

Jorgenson ci ha provato. Nulla da dire. Era lì nel momento in cui doveva esserci. Ma se dopo il Koppenberg non chiudi quei 50 metri in pochi secondi, “quello lì” scava il baratro. E anche gli altri tutto sommato erano piazzati bene, ma poco incisivi.

«Siamo stati sconfitti combattendo – ha sintetizzato il diesse Visma, Grischa Niermann – i ragazzi si sono comportati bene. Jorgenson ci ha provato, ma poi ha pagato gli sforzi. Benoot è stato un po’ sfortunato, ma era già dietro».

Un appunto? Provare a fare qualcosa prima. Un colpo a sorpresa. Sganciare un paio di uomini alle prime schermaglie di Pedersen. Se al posto di Vermeersch col danese ci fosse stato uno di loro magari avremmo assistito ad una corsa diversa.

E’ noto: con i se e con i ma non si fa la storia. Quella l’ha fatta, e continua a farla, Van der Poel con i fatti.

Van der Poel già padrone o corsa incerta? La vigilia della Ronde

30.03.2024
6 min
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ANVERSA (Belgio) – Il cielo grigio, la pioggia finissima, le nuvolette di vapore dalla bocca: passa così la vigilia del Giro delle Fiandre. Il Belgio è alla ricerca del suo alfiere. Ci si appoggia a Tiesj Benoot, ma non s’insiste troppo su di lui. I belgi sembrano già aver riposto le armi. Tanto che anche qui si parla della passerella di Mathieu Van der Poel.

Passerella, ma anche caos. E’ troppo favorito? E le altre squadre come sono messe? Questa sua netta superiorità potrà aprire nuovi scenari? Vediamo che aria tira ad Anversa.

Van Aert in qualche modo spunta sempre. Oltre alle riviste, tra le vie di Anversa c’era una immensa pubblicità Red Bull con lui e Verstappen
Van Aert in qualche modo spunta sempre. Oltre alle riviste, tra le vie di Anversa c’era una immensa pubblicità Red Bull con lui e Verstappen

Wout no, agricoltori sì

Wout Van Aert resta sulla bocca di tutti. Ormai lo shock della caduta da parte dei fans sembra essere stato assorbito, anche se in molti hanno detto che senza di lui in corsa non scenderanno in strada. Si gusteranno le uova di Pasqua comodi al tavolo e forse neanche seguiranno la Ronde in Tv. Ci crediamo poco!

Una preoccupazione più concreta è data invece dalla possibile protesta degli agricoltori con i trattori che già si sono fatti vedere sia alla Gand che alla Dwaars door Vlaanderen. Dovrebbero entrare in scena nella zona del Kluisbergen. Si faranno sentire anche per il Gp Escaut e la Freccia del Brabante, almeno così ha fatto sapere il sindacato degli agricoltori fiamminghi. Le forze dell’ordine sono pronte, ma pensate quanto è importante la vetrina che offre il ciclismo da queste parti per sfruttarlo ai fini della protesta.

La Grote Markt inizia a prepararsi: domattina la piazza sarà piena
La Grote Markt inizia a prepararsi: domattina la piazza sarà piena

Van der Poel da solo

Ma torniamo alla corsa. Il quotidiano Het Nieuwsblad ha proposto un’intervista a tre voci molto interessante: Bert De Backer, Greg Van Avermaet e Johan Museeuw gli interlocutori. In questo articolo si parlava di Van der Poel, del suo sprint corto (esattamente quello che abbiamo fatto noi con Colbrelli questa mattina) e della sua squadra.

I tre ex corridori belgi sono tutti d’accordo sul fatto che nessuno dei grandi contendenti abbiano un super team. Van der Poel è un faro quasi isolato. La Lidl-Trek di Pedersen è stata decimata. E la Visma-Lease a Bike non se la passa troppo meglio. Tuttavia proprio Van Avermaet e Museeuw hanno spezzato una lancia a favore di VdP.

Greg ha detto che il ritorno di Kragh Andersen cambia notevolmente le cose per Van der Poel: «Senza di lui la situazione sarebbe potuta diventare problematica». A tal proposito va segnalata un’altra buona per l’iridato, una notizia dell’ultima ora: la presenza di Gianni Vermeersh, uno che su certi percorsi sa il fatto suo.

Mentre Johan l’ha buttata sull’aspetto mentale: «Quando hai un leader come Van der Poel, riesci a dare di più per il tuo capitano, anche se non sei fortissimo».

Una corsa più aperta potrebbe favorire un “inventore” come Mohoric, il quale ha anche un buon team al fianco
Una corsa più aperta potrebbe favorire un “inventore” come Mohoric, il quale ha anche un buon team al fianco

Gioco delle parti

Alla fine vuoi vedere che il miglior team ce l’ha la Soudal-Quick Step? Patrick Lefevere ha detto che molte attenzioni in questa fase della stagione sono rivolte in Spagna, dove corre e si allena Remco.

Philip Roodhooft, il team manager della Alpecin-Deceuninck, ammette che arrivano al Fiandre con il grande favorito, ma questo non garantisce nulla e che in gara possa succedere di tutto.

Pedersen sostiene che dopo la caduta a Waregem sarà al 100 per cento per la Roubaix. E persino Van der Poel dice che preferisce correre quando ci sono tutti gli altri favoriti. Insomma in questa vigilia è tutto un gioco delle parti. Chi si prenderà la responsabilità di questo Giro delle Fiandre?

Wellens (a sinistra) è tra gli outsider più in vista. Da segnalare il debutto nel Fiandre di Covi, al centro
Wellens (a sinistra) è tra gli outsider più in vista. Da segnalare il debutto nel Fiandre di Covi, al centro

Tutti contro tutti?

«Basta che alla fine non ci corriamo tutti contro», chiosa Fabio Baldato. Il diesse della UAE Emirates domani si ritroverà con Politt e soprattutto Wellens: due outsider di rango. Ma come loro ce ne sono almeno una decina.

«Il rischio è che vada come ad Harelbeke. Avevamo preso vantaggio con Politt e contemporaneamente lasciato dietro Van der Poel e Van Aert: ci è venuta a prendere la Lidl-Trek che in quel momento ne aveva quattro. Nulla contro di loro, sia chiaro. Hanno fatto la loro corsa. Ma questo è uno scenario che potrebbe verificarsi domani».

Baldato non è di “quelli che il Fiandre Van der Poel lo ha già vinto”. Chiaro, è il favorito ma da buon direttore sportivo che ha studiato bene piani, percorsi e meteo, dice che tutto sommato quest’anno nella parte iniziale la corsa è leggermente più facile da controllare. Manca un muro, che arriva più tardi, e il vento, che già non sarà forte in partenza, andrà anche a calare.

«Kragh Andersen – conclude Baldato – è un buon corridore ma hanno lo svizzero Silvan Dillier che tira per due! Io credo che fino al secondo passaggio sul Kwaremont, la Alpecin non avrà grosse difficoltà. Poi a quel punto, se Mathieu vedrà le brutte e vedrà pochi compagni attorno a sé, potrebbe anche partire. Saremmo già a 215 chilometri e potrebbe tirare dritto».

La corsa ne misura 270: 55 chilometri di fuga solitaria non sarebbero impossibili per l’olandese, specie se il gruppo dovesse frantumarsi sotto le sue bordate.

Wilfried Peeters, direttore sportivo della Soudal-Quick Step all’uscita della riunione dei direttori sportivi
Wilfried Peeters, direttore sportivo della Soudal-Quick Step all’uscita della riunione dei direttori sportivi

Giocare d’anticipo

Quindi come si potrà fare per battere Van der Poel? La Soudal-Quick Step, come accennato, alla fine ha una buona squadra: due leader come Asgreen e Alaphilippe e atleti di esperienza come Moscon, Lampaert e Van Lerberghe. Senza contare che certe corse le ha nel Dna.

«Vero – spiega il direttore sportivo del Wolfpack, Wilfried Peeters, a sua volta esperto di muri e pietre – noi abbiamo due uomini importanti e questo va bene in caso di una corsa più aperta come immagino. Senza Van Aert e con Pedersen non al massimo, la gara sarà differente. Con un Van der Poel così, la Alpecin-Deceuninck dovrà controllare, perché non credo che Visma-Lease a Bike e Lidl-Trek lo faranno. E questo aprirà più opportunità per altre squadre. Mi aspetto che lasceranno la gara sulle spalle della Alpecin».

Tutto sommato questa è una bella ipotesi: dal caos potrebbe nascere una corsa incerta, fuori dagli schemi. E magari davvero un Girmay (in allenamento nella foto di apertura col suo team), un Asgreen che un Fiandre lo ha già vinto e proprio davanti a VdP, o un Mohoric potrebbero avere più opportunità.

«In tutto questo – chiude Peeters – solo una cosa è certa: il corridore più forte è Van der Poel. E se si aspetta il Kwaremont per attaccarlo è lui che batte tutti. Bisogna fare qualcosa di differente… prima».

Carera e il contratto di Philipsen: si decide dopo Roubaix

23.03.2024
6 min
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La notizia che Jasper Philipsen, il vincitore della Sanremo e prima ancora della maglia verde e di quattro tappe del Tour, volesse rinnovare il contratto per guadagnare di più ma non avesse un agente, ha colto tutti di sorpresa. E’ davvero possibile che professionisti di quel livello si gestiscano da soli? Evidentemente era così, ma alla fine Philipsen si è accasato con Alex Carera, cui ci siamo rivolti anche noi per capire quali siano stati i passi che hanno portato all’accordo e quelli sino alla firma del nuovo contratto.

«Philipsen ha avuto un agente nei primi due anni da professionista – spiega Carera – quando era in UAE Emirates. Invece negli ultimi due, tre anni ha fatto senza. Non è frequente che i corridori WorldTour siano… scoperti, il suo è un caso raro. Lui di fatto ha firmato il primo contratto con la Alpecin-Deceuninck e poi è rimasto sempre quello. E anche questo è raro…».

Alex Carera e l’agenzia fondata con suo fratello Johnny hanno rappresentato Nibali per tutta la carriera (foto Instagram)
Alex Carera e l’agenzia fondata con suo fratello Johnny hanno rappresentato Nibali per tutta la carriera (foto Instagram)
Come è avvenuto il contatto?

Sapevo che fosse senza agente, però mi ha sorpreso che mi abbia chiamato. Anche perché pensavo che dopo la maglia verde, avesse già rinnovato con la Alpecin.

Jasper sembra un buon amico di Pogacar, quanto sono importanti queste relazioni nello scegliere lo stesso agente?

La verità è che ci ho parlato un po’ a Singapore. Lo avevo già cercato due anni fa ed era venuto anche al nostro party, ma aveva ancora due anni di contratto e così avevo fatto un passo indietro, pur rimanendo in buone relazioni. A Singapore, siamo stati cinque o sei giorni insieme e probabilmente ha visto come mi relazionavo non solo con Tadej, ma anche con Ciccone, Formolo e Vacek, che erano lì con me. E nel momento in cui ha sentito l’esigenza di prendere un agente, probabilmente il primo nome che gli è venuto in mente è stato il mio.

Come ti ha contattato?

Mi ha chiamato. Ricordo che erano le quattro del pomeriggio di un giovedì. Così gli ho detto che avremmo potuto parlarne, però non al telefono perché non mi sembrava corretto. Lui mi ha risposto che il lunedì sarebbe ripartito per il training camp in Spagna e gli ho detto che non c’era problema: «Domani alle tre sono a casa tua!». E alle tre del giorno dopo, insieme al rappresentante di A&J in Belgio, che è un avvocato, ci siamo presentati a casa sua.

L’incontro fra Carera e Philipsen si è svolto a novembre al Criterium di Singapore (foto Thomas Maheux)
L’incontro fra Carera e Philipsen si è svolto a novembre al Criterium di Singapore (foto Thomas Maheux)
Che cosa vi ha chiesto?

Mi ha chiesto quale fosse secondo me il suo valore di mercato. E gli ho risposto che il valore di mercato non lo decide Alex Carera, non lo decide Jasper Philipsen e neanche Philip Roodhooft (il team manager della Alpecin-Deceuninck, ndr). Il valore di mercato lo stabilisce il mercato stesso. Quindi in base alle proposte che avremmo ricevuto successivamente, si poteva fare una stima del valore. Non sono soltanto i risultati, ci sono tanti componenti oggi che determinano il valore di un ciclista. Direi che ci siamo trovati in sintonia. Come con tutti gli altri nostri corridori, ci sentiamo regolarmente ogni due-tre giorni. Se non direttamente con me, con qualcun altro dell’agenzia o del suo staff. Poi è ovvio che in questa fase, dovendo firmare e decidere un contratto così importante e di una durata così lunga, è normale che magari ci si senta anche più volte al giorno, ma per il resto ci sono periodi in cui si sente anche meno.

Philipsen ha vinto la Sanremo e De Panne, potrebbe vincere altre classiche: vi siete dati un termine entro cui decidere?

Ci siamo detti che decideremo il nuovo contratto, che sicuramente avrà la durata di quattro anni, appena dopo la campagna del Nord, la settimana successiva alla Parigi-Roubaix. Lo abbiamo deciso prima di iniziare a lavorare insieme ed è confermato, ovviamente.

Vinta la Sanremo, Philipsen si è ripetuto quasi subito a De Panne, battendo Merlier
Vinta la Sanremo, Philipsen si è ripetuto quasi subito a De Panne, battendo Merlier
Che cosa cerca Philipsen in un nuovo contratto: soldi, ambiente, quali sono i punti su cui si ragiona?

L’aspetto economico non è il punto fondamentale, perché tra le varie proposte ci sono valori molto simili. Può variare un 10-15 per cento, ma con questi importi, fra avere tot milioni in banca o tot milioni più uno, non cambia poi molto. Cambiano però la prospettiva dell’ambiente e la possibilità, ad esempio, di correre e puntare alle tappe del Tour de France nel prossimo futuro. Cambia il leadout. Cambiano il programma e la relazione con i coach. E poi vanno valutate alcune situazioni, come la possibilità di fare dei contratti personali. Quando oggi fai un contratto con un atleta di questo livello, devi analizzare tantissimi punti. Non è che chiedi quanto mi dai e per quanto tempo e basta così. Ci sono tanti aspetti da vagliare, altrimenti tutti potrebbero essere agenti di alto livello.

Ha espresso il desiderio di rimanere alla Alpecin?

Mi ha confermato che si trova molto bene sia con la squadra, sia con Christoph Roodhooft, sia con Van der Poel. Lo ha detto prima della Sanremo e lo penserà anche dopo la Roubaix. E’ vero che sono arrivate delle proposte di grandi team che sono interessati, stiamo vagliando una serie di situazioni, però siamo assolutamente in contatto. Ho visto Philip Roodhooft, il manager della Alpecin, la sera prima della Sanremo, ero a cena con lui.

Secondo te, quando Roodhooft ha sentito che avresti rappresentato tu Philipsen, si è messo le mani nei capelli perché avrebbe preferito trattare con il corridore?

Secondo me è un bene per lui, perché riesce a scindere la parte sportiva dalla parte contrattuale. Quindi riescono a gestire in maniera più professionale il rapporto. Visto che sono due fratelli, Christoph può parlare tranquillamente dell’aspetto tecnico, ma non andrà a discutere con Jasper dell’aspetto contrattuale. E infatti il ragazzo ha più serenità nella relazione e i risultati si vedono. Oggi come oggi, non è più come 15 anni fa, quando il direttore sportivo faceva firmare il contratto sul cofano di una macchina. Oggi è tutto molto professionale e anche l’aspetto psicologico conta molto di più. In queste situazioni avere a che fare con l’agente anziché con l’atleta aiuta il team a scindere i due aspetti.

Tour 2023, tra Philipsen e Van de Poel c’è grande complicità: l’olandese lo ha spesso aiutato nelle sue vittorie
Tour 2023, tra Philipsen e Van de Poel c’è grande complicità: l’olandese lo ha spesso aiutato
A ciascuno il suo, insomma?

Con l’atleta si parla di allenamento, preparazione e vittorie. Con l’agente si parla di contratto e aspetti economici, progettualità, tasse e quant’altro. Quindi secondo me è un vantaggio che ci siamo di mezzo noi e alla fine direi che i risultati lo possono confermare.

Aver vinto la Sanremo fa crescere di tanto la quotazione di uno che comunque l’anno scorso ha avuto grandi risultati?

E’ normale che la Sanremo faccia crescere la quotazione, perché è una vittoria monumento. Se sei un atleta fuori dai primi 50 al mondo, vincere la Sanremo ti cambia la vita. Ma per un top 10 come lui, fa la differenza, però non così tanto. E’ fra i primi 10 al mondo già da un anno, ha vinto la maglia verde e sei tappe al Tour fra 2022 e 2023. Per cui, più è importante l’atleta e meno la singola vittoria farà la differenza.

La tattica della Alpecin? Portare quei due nel finale

17.03.2024
4 min
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SANREMO – Mentre Jasper Philipsen e Mathieu Van der Poel erano “rapiti” dalle tv, nel clan della Alpecin-Deceuninck si faceva festa per l’ennesimo monumento conquistato. Ormai la squadra di Christoph Roodhooft, manager e diesse, è diventata una corazzata. Due Sanremo, due Fiandre e una Roubaix solo negli ultimi tre anni. Senza contare tutte le altre classiche. E che classiche: Strade Bianche, Amstel Gold Race, Francoforte…

Christoph Roodhooft con Dillier al bus della Alpecin-Deceuninck
Christoph Roodhooft con Dillier al bus della Alpecin-Deceuninck

Davide contro Golia

Mentre Roodhooft parla ai giornalisti, arriva Silvan Dillier. Lo svizzero è sfinito. Fa parte della guardia che entra in gioco lontano dal traguardo, quella del “lavoro sporco”, ma se i suoi capitani vincono il merito è anche di quelli come lui. Firma autografi e poi si concede all’abbraccio di Roodhooft che da serissimo si illumina finalmente con un sorriso.

«Se guardo alla lista di partenza di questa mattina – dice Roodhooft – ho pensato che forse non saremmo stati più forti di altri. C’erano delle formazioni molto ben attrezzate. Ma noi crediamo nel nostro team, nei nostri uomini e abbiamo cercato di schierare i più forti. Ad un certo punto eravamo rimasti solo con quattro atleti. Ma nel finale eravamo lì».

Il manager rimarca il discorso della squadra e dei valori in campo. In settimana, vedendo come si presentavano squadre come Lidl-Trek e UAE Emirates in Belgio ci si chiedeva come avrebbero fatto a replicare il successo dell’anno scorso. Con queste parole sembrava quasi si fosse tolto il classico “sassolino” dalla scarpa.

La generosità di VdP che sia nella salita che nella discesa del Poggio si è voltato ad “aspettare” Philipsen
La generosità di VdP che sia nella salita che nella discesa del Poggio si è voltato ad “aspettare” Philipsen

VdP in crescita

E forse anche per questo Roodhooft tutto sommato si dice contento che la corsa sia filata liscia come gli altri anni fin sui capi. Alcune squadre erano più numerose della sua. Ma c’era l’asso nella manica: Mathieu Van der Poel in veste da gregario.

«Mathieu – dice – è con noi da molto tempo. E’ una persona adulta e vuole il meglio anche per il team. E’ un uomo squadra a tutti gli effetti e vuole farne parte. Non è “un’isola”».

Tra le righe, sempre ascoltando Roodhooft si evince che forse VdP non era proprio al top ai piedi del Poggio. Probabilmente esordire con una corsa come la Sanremo non è facile neanche per un super eroe come lui. Però è stato forte lo stesso e soprattutto onesto.

«Aiutare Philipsen è stata una sua intuizione – ha continuato Roodhooft – Ora si spera possa arrivare nelle sue migliori condizioni al Giro delle Fiandre (tra due settimane, ndr). Ma ci riuscirà sicuramente… se non ci saranno problemi».

L’andamento della corsa regolare, seppur con la media record di 46,1 km/h, ha favorito lo sprinter belga
L’andamento della corsa regolare, seppur con la media record di 46,1 km/h, ha favorito lo sprinter belga

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Il portamento retto di Roodhooft fa impressione. Non sembra una persona che ha appena vinto una corsa tanto importante come la Sanremo. E tutto sommato le parole di Philipsen si sposano alla perfezione col ritratto del manager.

«Christoph – ha detto Jasper – ma anche suo fratello Philip, non si lasciano mai prendere dal panico, elaborano un piano chiaro e lo rispettano fino in fondo. Anche se le cose non vanno benissimo, come è successo quest’anno. Non si stressano e continuano a credere in quello che fanno. E questo aiuta un uomo che, come me, a volte perde fiducia e pazienza in sé stesso».

«Penso che sia un complimento anche per me e mio fratello – ha detto Roodhooft – Siamo molto felici ovviamente. Al via sapevamo di avere due corridori molto forti ed entrambi erano presenti nel finale. Vedere Mathieu Van der Poel, campione del mondo, che si sacrifica per Jasper è stato incredibile. Gli ha dato l’opportunità di fare lo sprint per la vittoria».

«Non dico che il piano fosse questo, ma ci aspettavamo sia Mathieu che Jasper nel finale». Insomma tutto secondo programma: Davide che batte Golia, due assi nella manica e una grande intesa. Come sembra facile vincere una Milano-Sanremo.