EDITORIALE / Il ritorno di Gilbert e il mantello del santo

09.05.2022
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Philippe Gilbert compirà 40 anni il 5 luglio e ieri, dopo due anni e mezzo senza risultati (l’ultima volta risaliva alla Vuelta del 2019), è tornato alla vittoria. Occasione è stata la Quattro Giorni di Dunkerque, in cui il vallone della Lotto Soudal ha conquistato giovedì la tappa di Mont Saint Eloi, una sorta di piccola Liegi, e ieri la classifica finale.

«Mi rende davvero felice – ha detto Gilbert, in apertura nell’immagine Photo News – ho passato due anni difficili con molti problemi e tempi duri (la doppia frattura del ginocchio non è stata facile da recuperare, ndr). Ma voglio chiudere la mia carriera ai massimi livelli.  Non ho mai dimenticato cosa si deve fare per essere al top. Le Classiche sono state difficili per me, perché per motivi di salute non ho mai potuto allenarmi come previsto. Questa volta, con il tempo migliore e in una gara più breve, sono riuscito ad ottenere la vittoria. Grazie anche alla squadra, che è stata grande. Perciò, prima mi sposo, a fine mese. Poi per le gare successive sono molto ambizioso. Voglio vincere ancora un po’».

Due fratture al ginocchio per Gilbert. La prima nel 2018 al Tour (qui sopra), la seconda nel 2020 e sempre al Tour
Due fratture al ginocchio per Gilbert. La prima nel 2018 al Tour (qui sopra), la seconda nel 2020 e sempre al Tour

Abbondanza belga

Sarà che in Belgio hanno Van Aert ed Evenepoel (oltre a un’altra manciata di ottimi corridori), quando alla vigilia della Liegi ci trovammo con Gilbert a parlare della sua ultima Doyenne, la sensazione fu di trovarsi davanti a un grande campione cui nessuno si sarebbe sognato di chiedere più di quel che poteva dare. Una leggenda. Uno da ringraziare. Uno davanti al quale, al pari di Valverde, al via della Liegi i giovani corridori facevano quasi l’inchino. E nei commenti dei tifosi sui social, la gratitudine per le grandi emozioni prevaleva palesemente sull’invidia. Segno di equilibrio e rispetto.

Come in Spagna, dove pur dovendo attendere perché sboccino Ayuso e Rodriguez, nessuno si sogna di mandare a processo Valverde perché non ha vinto la Liegi. E intanto Alejandro va avanti leggero a correre con l’animo libero, nel segno del suo consiglio preferito: disfrutar bicicleta, goditi la bicicletta.

Valverde secondo alla Freccia Vallone: al via era calmo, come chi non ha niente da perdere
Valverde secondo alla Freccia Vallone: al via era calmo, come chi non ha niente da perdere

La scelta di Nibali

Al via di una tappa della Settimana Coppi e Bartali, in un mattino un po’ pigro e finalmente tiepido a Riccione, ci siamo ritrovati a parlare con Vincenzo Nibali.

Simone Carpanini gli aveva appena fatto una breve intervista (trovate ancora il video sulla nostra pagina Facebook) e così parlando con lui del più e del meno, c’è scappata la tipica frase di quando non ci si vuole svegliare da un bel sogno.

«Non so se sia davvero il tuo ultimo anno, ma per come stai e la sensazione che ancora in bici ti diverta, potresti anche valutare di non appenderla al chiodo».

Nibali è stato zitto. Si è fatto serio. E poi ha risposto.

«Hai ragione – ha detto – a volte ci penso anche io e forse lo valuterei. Il guaio è che non posso viverla come vorrei, perché ogni volta viene fuori che devo vincere il Giro e ogni volta mi mettete addosso delle pressioni che di anno in anno sono più difficili da sopportare».

Al via da Budapest, abbiamo visto un Nibali super rilassato, che nella crono però ha lasciato il segno
Al via da Budapest, abbiamo visto un Nibali super rilassato, che nella crono però ha lasciato il segno

Il vuoto alle spalle

Ha ragione. Magari qualche pressione il campione se la mette anche da sé, ma nell’Italia che non ha Van Aert ed Evenepoel, che ha una manciata di ottimi corridori disseminati in squadre straniere e non ha una grande squadra un cui farli crescere, attaccarsi al mantello del santo è la cosa che sappiamo fare meglio. Con grandi attese, grandi titoli, poco equilibrio e a tratti anche poco rispetto. Lasciamo stare poi la gratitudine

Eppure, quando lo speaker della Liegi s’è messo ad annunciarlo in francese, non sono bastate le dita di due mani per tenere il conto del palmares. Nel suo francese plateale, lo speaker è partito dai due Giri d’Italia. Poi ci ha messo il Tour de France. Ha aggiunto la Vuelta. E poi ha calato in un ritmare da deejay consumato i due Lombardia, i due campionati italiani. E alla fine, da attore consumato, ha piazzato sul tavolo anche la Sanremo. Con quale coraggio si punta il dito?

Cassani annuncerà la nascita di una squadra WorldTour? Tanti la attendono con grande speranza
Cassani annuncerà la nascita di una squadra WorldTour? Tanti la attendono con grande speranza

La formula sbagliata

Come già scritto in più occasioni, è la formula italiana che non funziona. I talenti nascono e, al pari dei cervelli, sono costretti ad andarsene. Non ci sono alternative. E chi potrebbe effettivamente offrirne soffre della già citata bulimia. Mangiano e buttano via.

Perciò, dopo aver visto vincere Gilbert e in attesa che Nibali trovi il modo di fare brillare la sua classe, ci chiediamo se la Federazione abbia effettivamente le capacità per bloccare la deriva e se davvero Cassani sia sul punto di annunciare la sua squadra. Mentre la Eolo-Kometa cresce in modo convincente, la Drone Hopper-Androni recita il solito copione affidabile e la Bardiani-Csf macina da qualche anno corridori come noccioline, non avendo altro ci aggrappiamo anche noi al mantello del santo. Quello dello Squalo. E quello di San Davide da Solarolo, messo via con troppa fretta, nonostante il buono che ha realizzato e che avrebbe ancora potuto realizzare.

Valverde al Giro, Visconti ricorda l’abbraccio di Vinadio

06.05.2022
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Allo stesso modo in cui Nibali aveva abbracciato Scarponi a Risoul, l’indomani a Sant’Anna di Vinadio, Valverde si fermò in mezzo alla strada per aspettare Visconti. E quando il siciliano arrivò, lo spagnolo lo abbracciò così forte che ancora oggi Giovanni ne sente la stretta. Grazie al suo aiuto, il podio al Giro 2016 era cosa fatta.

Al Giro col sorriso. Il verbo preferito di Valverde è “disfrutar”: godersi la vita e la bicicletta. La ricetta di tanta longevità
Al Giro col sorriso. Il verbo preferito di Valverde è “disfrutar”: godersi la vita e la bicicletta

L’ultimo saluto

Il rapporto fra Valverde e l’Italia era diventato difficile. Nella sua scelta di stare alla larga aveva inciso il coinvolgimento nell’Operacion Puerto: fu il prelievo eseguito dagli ispettori del Coni a Prato Nevoso, in quel solo giorno in cui il Tour passò per l’Italia, a portare alla sua squalifica. Quando però la scontò e tornò più forte di prima, in lui nacque il timore che il pubblico italiano non lo volesse tra i piedi. Fu proprio l’affetto percepito al Giro del 2016 a fargli cambiare idea. Tornarci a distanza di sei anni ha il sapore del saluto.

Il podio finale di Brescia nella prima partecipazione al Giro per Valverde, dietro Nibali e Chaves
Il podio finale di Brescia nella prima partecipazione al Giro per Valverde, dietro Nibali e Chaves

Il ragazzo di sempre

Le foto di Valverde alla partenza da Budapest hanno la luce del bimbo alle giostre. La pensa così anche Visconti, che a dispetto delle offerte e delle scelte successive, al Movistar Team ha vissuto alcuni dei momenti più belli della carriera.

«Conobbi bene Alejandro – racconta Visconti – quando firmai con Movistar. La sera stessa gli scrissi che era un onore correre con lui e mi rispose subito, dandomi il benvenuto. Si merita tutto l’affetto di cui gode, perché fondamentalmente è rimasto lo stesso ragazzo di sempre. Non è il tipo di ciclista che se la tira. Ha saputo superare momenti difficili, ma non ha mai smesso di sorridere».

Sul traguardo di Sant’Anna di Vinadio, l’ufficialità del podio per Valverde al Giro 2016
Sul traguardo di Sant’Anna di Vinadio, l’ufficialità del podio per Valverde al Giro 2016
Capita spesso di leggere tuoi post su di lui.

Mi viene spontaneo. Con Valverde ho imparato a essere corridore, il ciclismo fatto di sacrifici, umiltà e grinta. Ho iniziato a mangiare bene grazie a lui. Quando eravamo in Belgio, fu lui a convincermi a fare merenda con riso e tonno. Carboidrati e proteine, si metteva lì e mi spiegava. Oppure mi suggeriva come fare le borracce con aminoacidi e maltodestrine. E’ un generoso, condivide i suoi segreti. E in questo ciclismo di minime differenze, non tutti lo fanno.

Visto come è contento anche se fa secondo?

Perché anche quella è una vittoria. Ha più di 40 anni, ne è consapevole. Sa che ci sono ragazzi molto più forti. Per cui arrivare secondo è un grande risultato e insieme è capace di emozionarsi per la vittoria di un altro.

Visconti in fuga verso Vinadio viene fermato per aspettare e aiutare Valverde
Visconti in fuga verso Vinadio viene fermato per aspettare e aiutare Valverde
Hai parlato del Belgio, com’è stato vivere le Ardenne con lui?

La gara comincia il venerdì, durante la ricognizione. Fa le salite a tutta, anche perché non ha mai avuto un metodo di lavoro, come quelli di cui si parla e si scrive. Sono stato ad allenarmi a casa sua, altro che tabelle. Ha il suo gruppo di amatori, li stacca e rientra con allenamenti a 35-38 di media. Per cui il venerdì, lui deve sentirsi forte.

E poi?

E poi, non ci sono tensioni, soprattutto al via della corsa. E’ sul pullman che fa lo scemo, battute su battute, e Unzue che di solito è seduto sul primo sedile, quello più basso, solleva rassegnato lo sguardo. In corsa però si trasformava.

Come?

Fino a metà gara non faceva che lamentarsi. Veniva a chiedere se stessi bene o se anche io avessi mal di gambe come lui. E io, anche se stavo bene, mentivo e dicevo che ero a tutta. Così lui prendeva morale e alla fine vinceva.

Consapevole del tempo che passa, Valverde è gioviale con i campioni emergenti
Consapevole del tempo che passa, Valverde è gioviale con i campioni emergenti
E’ davvero contento di tornare al Giro?

Era una vita che non veniva. Temeva di non essere ben visto, poi si è reso conto di essere amato. Il podio del 2016 per lui fu una gioia incredibile. Certo che torna felice.

Cosa ricordi di quel Giro?

Volavo in salita. Arrivai 13° in classifica, pur avendo lavorato per la squadra. A Sant’Anna, sarei arrivato secondo, ma mi fermarono e rimasi ad aspettarlo per tirare 500 metri. Un vecchietto mi vide fermo e mi chiese se stessi bene. La stessa cosa a Sestola, sarei arrivato secondo anche lì. La squadra mi lasciava i miei spazi, ma se non si lottava per vincere, era naturale che aiutassi. Lo facevo volentieri, perché era gratificante. Mi sentivo forte. Il giorno migliore fu quando vinse Nieve a Cividale del Friuli e io arrivai secondo (dietro di lui, staccati, Nibali e Valverde, ndr).

Nello stesso giorno a Vinadio, Scarponi lanciò Nibali verso l’insperata maglia rosa
Nello stesso giorno a Vinadio, Scarponi lanciò Nibali verso l’insperata maglia rosa
Secondo te perché Alejandro sta andando avanti tanto?

Per me ha paura di smettere. Non gli mancano soldi o un lavoro, gli dicevo sempre che ha il cervello a misura di bici. E’ un ciclista vecchio stampo, può fare solo bici, mentre i giovani fenomeni di oggi potrebbero vincere in qualunque disciplina. Per questo mi tengo un 10 per cento di possibilità che continui, anche se l’hashtag che mette nei post – #LaUltimaBala – fa pensare che abbia deciso. 

Hai lasciato quella squadra per non fare il gregario?

Non ero gregario, non lo sono mai stato perché non sono in grado di farlo. E con questo riconosco massima stima a quei corridori che invece lo sono e lo fanno. Quella sarebbe stata la squadra giusta in cui chiudere la carriera. Invece arrivò la chiamata di Slongo e poi quella di Nibali. Dopo 5 anni volevo forse stimoli nuovi che in realtà non servivano. Unzue non aveva garanzie per farmi firmare subito e andai al Bahrain.

Perché ricordi così tanto quell’abbraccio?

Perché è l’abbraccio di Alejandro all’amico Giovanni. C’erano dentro e ci sono ancora le fatiche del Giro e le difficoltà superate insieme. Ne ho una foto, anche bruttina, che custodisco gelosamente. Anzi, se ne avete una migliore, mi piacerebbe averla. Al primo risultato di Alejandro in questo Giro, scrivo qualcosa su di lui.

Sul Muro d’Huy, la vendetta di Teuns su Valverde

20.04.2022
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«Sono contento – dice Valverde – sono stato bene tutto il giorno e molto vicino alla vittoria. Sono mancate un po’ di gambe. Abbiamo fatto un bel lavoro di squadra, ma nel finale Teuns è stato superiore. Si è meritato questa Freccia, la mia ultima Freccia Vallone. Ho avuto buone sensazioni, credo che per domenica sarò pronto».

Il Re del Muro

Lo spagnolo ha fatto tutto alla perfezione, ma quando si è trattato di cambiare ritmo per l’ultima volta, ha scoperto che Dylan Teuns aveva più forza di lui e si è seduto. La Freccia Vallone si è conclusa sul Muro d’Huy strapieno di gente e profumi. Il Belgio si è riappropriato delle sue corse, come i francesi domenica a Roubaix hanno presidiato le stradine del pavé. Seguendo il copione di sempre, dato che tutte le squadre lavorano per arrivare col gruppo ai piedi del Muro, i migliori si sono giocati la corsa sullo storico strappo. E quando s’è capito che la vittoria stava sorridendo a un belga, la folla è esplosa.

«Cinque anni fa – dice Teuns – ero ugualmente con Valverde, ma non riuscii a rispondere alla sua accelerazione e arrivai terzo (era il 2017, anno dell’ultima Freccia del Bala, ndr). Per questo oggi è speciale avere come secondo alle mie spalle il Re del Muro, sono super orgoglioso. Per lui ho grandissimo rispetto. Non credo che a 42 anni sarò ancora in gruppo, ma vedrò queste corse dal divano di casa. Ma soprattutto non so se a 42 sarei in grado di andare così forte».

La vittoria nata, a detta di Teuns, nel buon recupero dopo il Covid
La vittoria nata, a detta di Teuns, nel buon recupero dopo il Covid

Ricordando Ciccone

Teuns è quello che fece andare di traverso il Tour del 2019 a Ciccone. Per fortuna alla Planche des Belles Filles per l’abruzzese arrivò la maglia gialla, altrimenti l’impatto della sconfitta di giornata sarebbe stato ben più pesante…

«Ma c’è una grande differenza – spiega il corridore del Team Bahrain Victorious – fra quella tappa e la corsa di oggi. Allora vinsi in una fuga di corridori forti, oggi ho vinto lasciandomi dietro tutti i migliori. Dire perché io vada bene sulle pendenze estreme rischia di essere banale. Potrei spiegarlo col fatto che sono molto leggero, la verità è che faccio anche io fatica come gli altri. Mentre più degli altri soffro lo stress. Prima dell’inizio del Muro mi sono tormentato per arrivarci nella giusta posizione. Poi però ho cercato di non pensare più a niente. Quando è partito Valverde, ho pensato che fosse il punto giusto anche per me. L’ho visto che risaliva, ma per fortuna avevo ancora un po’ di margine per accelerare ancora».

Soggetto a stress

Michele Bartoli, che lo allena, parla di un rapporto eccezionale con il belga. E segnatamente aggiunge che Teuns ha sempre avuto capacità di grandi prestazioni, ma gli era mancato finora il risultato che desse sicurezza.

«Non credo di aver mai dubitato di me e dei miei mezzi – dice – ma diciamo che ho passato la vita a combattere le pressioni che altra gente mi metteva addosso. Sono uscito bene dal Catalunya e sono arrivato alle prime classiche con buone sensazioni. Ho sofferto più ad Harelbeke che sul pavé della Roubaix, anche se quella convocazione mi ha spiazzato. Ci voleva un po’ di fortuna. Stavo bene anche all’inizio dell’anno alla Valenciana, ma ho preso il Covid. Credo che questa vittoria sia nata lì. Non sono andato nel panico. Per un po’ ho stressato il dottore della squadra, poi dopo 10 giorni senza bici e con il tampone finalmente negativo, ho cominciato ad allenarmi bene, cambiando programma e restando calmo. No Parigi-Nizza, sì Catalunya. E con l’aiuto di Bartoli le cose hanno iniziato a girare bene soprattutto in queste ultime settimane. Il suo modo di lavorare mi trasmette fiducia. Abbiamo preparato queste corse e adesso tutto funziona».

Un russo che corre

Il baccano nella strada si è attenuato. Resta il picchiettare dei giornalisti sulle tastiere nella sala stampa, mentre con un sorriso vagamente amaro salutiamo Vlasov, venuto a raccontare il suo terzo posto. Quando gli abbiamo chiesto se si senta fortunato a poter correre, nonostante sia russo, ha risposto allargando le braccia. «Io sono un corridore – ha detto – questo è il mio lavoro, per cui certo che mi sento fortunato».

Vorrebbero sentirsi così anche i corridori della Gazprom, ma ancora una volta nessuno si è degnato di dare loro una risposta.

Il sabato Movistar e due leoni che non si arrendono

27.02.2022
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Trentanove anni lei, quarantuno lui. La stessa maglia blu con la M sul petto e storie incredibili da raccontare. Ieri Annemiek Van Vleuten in Belgio e Alejandro Valverde in Spagna hanno reso indimenticabile il sabato del Movistar Team. Hanno vinto entrambi in volata. Lei, scalatrice, nella classica dei primi muri fiamminghi: la Omloop Het Nieuwsblad già conquistata nel 2020. Lui, alla 136ª vittoria, a capo di una tappa con tre salite finali e l’arrivo in cima nel Gran Camino.

Nello sprint a due, Van Vleuten anticipa e batte Vollering
Nello sprint a due, Van Vleuten anticipa e batte Vollering

Selezione sul Muur

Dopo il Muur, nella fuga di tre che animava già da qualche chilometro, Annemiek Van Vleuten ha pensato che le sarebbe convenuto arrivare da sola per non essere battuta allo sprint.

La Omloop Het Nieuwsblad delle donne andava avanti a strappi sin dall’inizio. Prima una fuga di sei, con Carbonari (Valcar) e Tomasi (UAE Team ADQ), arrivata fino a 4 minuti e ripresa ai 40 dall’attivo. Poi l’attacco di quattro dal peso specifico superiore, con Reusser, Van Djik, Henderson e il tentativo successivo di Sofia Bertizzolo. Infine il forcing di Annemiek Van Vleuten sul Muur, con la sola Vollering a tenerle le ruote, mentre Lotte Kopecky inseguiva rabbiosa e solitaria.

Sul Muur, la selezione di Van Vleuten. Ma l’atleta Movistar non fa il vuoto
Sul Muur, la selezione di Van Vleuten. Ma l’atleta Movistar non fa il vuoto

Il Bosberg non basta

Si sarebbe deciso tutto sul Bosberg e poi semmai in volata, anche se nello sprint a due l’atleta della Movistar ha ammesso di non sentirsi sicura. Eppure, nonostante il suo forcing sull’ultimo muro, Demi Vollering è rimasta lì.

«Il Bosberg era la mia ultima possibilità di andare via da sola – ha raccontato Van Vleuten nella conferenza stampa del vincitore –  ma sono rimasta sorpresa che solo una di loro potesse stare con me. Ho parlato con Vollering nel finale, ma lei non voleva dare cambi perché aveva due compagne dietro.

«E’ stato difficile per me, ma ho pensato: “Continua a pedalare”. Per tutta la mia carriera ho cercato di non lasciarmi frustrare da cose che non posso controllare, ma di accettare la situazione e trarne il meglio».

Sul podio di Ninove, oltre a Van Vleuten (Movistar) e Vollering (SD Worx), c’era Lorena Wiebes (Team DSM)
Sul podio di Ninove, oltre a Van Vleuten (Movistar) e Vollering (SD Worx), c’era Lorena Wiebes (Team DSM)

Curva kamikaze

In realtà Vollering viaggiava con un pensiero per la testa. Vincere per dedicare la vittoria ad Amy Pietrers. Dopo il podio ha raccontato quanto manchi nel team in ogni cosa facciano e sarebbe stato bello poterle regalare la vittoria. Ma Annemiek Van Vleuten non lo sapeva e anche se l’avesse saputo, le cose probabilmente non sarebbero cambiate.

«So che sulla carta Vollering è più veloce di me – prosegue il suo racconto – ma anche che divento più veloce io dopo una gara difficile. Ho pensato di sorprenderla e sono entrata come una kamikaze nella penultima curva, la mia sola occasione per arrivare in testa alla rotonda. E’ venuto fuori uno sprint di 600 metri. Lei è uscita dalla mia ruota, ma io avevo ancora un po’ da dare e ho vinto».

In salita Woods fa il ritmo, Valverde lo segue bene. Dietro di lui c’è Sosa: Movistar ben rappresentata
In salita Woods fa il ritmo, Valverde lo segue bene. Dietro di lui c’è Sosa: Movistar ben rappresentata

E adesso in Spagna…

Passiamo in Spagna, quasi al confine col Portogallo, lungo uno dei tratti più belli del Camino di Santiago, cui la corsa deve il nome. Circa 1.700 chilometri a sud ovest di Ninove, nello stesso giorno ma sulle strade della Galizia, in una paesotto di montagna che si chiama Luintra, Alejandro Valverde ha conquistato la tappa regina del Gran Camino, battendo allo sprint Michael Woods e Ivan Sosa, da quest’anno alla Movistar, con i primi inseguitori a 51 secondi.

Non un finale scontato, dato che a fare la selezione sull’Alto da Moura si è messo anche Jakob Fuglsang, lasciando poi via libera al compagno Woods. E a quel punto, nello scontro fra… vecchietti (41 anni per Valverde, 35 per Woods), ha avuto la meglio la classe del murciano. Che oggi si giocherà la corsa nella crono che per gli ultimi 7 chilometri percorrerà il Camino Francese.

Vincendo a Luintra, Valverde passa in testa alla classifica. Oggi crono finale
Vincendo a Luintra, Valverde passa in testa alla classifica. Oggi crono finale

Felicità Valverde

Valverde, che aveva iniziato la stagione ammettendo di sentirsi strano correndo con la scadenza del ritiro a fine stagione, è parso al settimo cielo.

«Sono molto contento – ha detto – è stato fantastico, abbiamo avuto la gara sempre sotto controllo. Siamo partiti per vincere la tappa, poi puoi riuscirci oppure no. Gli avversari erano forti, ma per noi ha funzionato tutto bene. Non conoscevo le ultime salite e sono state tremendamente difficili, soprattutto all’inizio. Sosa ha fatto un ottimo lavoro, poi sapevo di essere più veloce di Woods e Ivan mi ha lanciato in modo fenomenale. E domani (oggi, ndr), sarà ciò che Dio vuole. Sarà una bella crono, per niente piatta. Vedremo come riuscirò a recuperare».

Sabato prossimo i due leoni della Movistar, 80 anni in due, si ritroveranno entrambi alla Strade Bianche, entrambi con buone chance di vittoria. Valverde è arrivato per due volte terzo, nel 2014 e 2015. Van Vleuten l’ha vinta nel 2019 e 2020. Sulle strade di Siena, il Movistar Team avrà due belle carte da giocarsi.

La Passione affida a Ildos i progetti speciali

23.02.2022
4 min
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Il 2022 si conferma essere un anno estremamente importante per La Passione, Digital-Native-Vertical brand specializzato in abbigliamento da ciclismo, nato nel 2015 da un’idea di Giuliano Ragazzi e Yurika Marchetti.

Il mercato sta attualmente premiando la scelta iniziale di rivolgersi direttamente al consumatore finale offrendogli prodotti di alta qualità a prezzi accessibili. Per sostenere tale crescita il management de La Passione ha deciso di iniziare una collaborazione con Nicolò Ildos, ex responsabile marketing di Campagnolo e Fi’zi:k, chiamato ad occuparsi dei progetti speciali di branding e comunicazione.

Nicolò Ildos si occuperà di progetti di branding e comunicazione
Nicolò Ildos si occuperà di progetti di branding e comunicazione

Nuovi progetti

Giuliano Ragazzi – CEO de La Passione – ha voluto dare il suo benvenuto a Nicolò Ildos con queste parole: «Gli ultimi mesi sono stati fantastici sia dal punto di vista aziendale che sportivo. Abbiamo appena festeggiato la nostra prima vittoria da professionisti grazie alla performance di Alejandro Valverde del Movistar Team e abbiamo avviato molti progetti di marketing non convenzionali. Ora abbiamo bisogno di accrescere le nostre competenze per gestirli correttamente. Nicolò porta il suo profondo amore per il ciclismo e la sua autentica visione del marketing».

Da parte sua Nicolò Ildos ha deciso di raccogliere con entusiasmo questa nuova e stimolante sfida professionale: «Sono felice di collaborare con un team così talentuoso e motivato. E’ un’azienda incredibilmente dinamica e questi primi giorni insieme sono stati estremamente stimolanti. Ho sempre guardato a La Passione come un riferimento di stile e ora posso contribuire a dare forma alla loro proposta di marketing».

Giuliano Ragazzi e Yurika Marchetti, fondatori La Passione
Giuliano Ragazzi e Yurika Marchetti, fondatori La Passione

Ecco la Movistar

La grande novità del 2022 de La Passione è sicuramente rappresentata dalla collaborazione con il Movistar Team, una delle formazioni più importanti e riconosciute del WorldTour. La Passione vestirà la formazione maschile, capitanata da Alejandro Valverde, e quella femminile guidata da Annemiek van Vleuten. A loro si aggiungerà anche l’eTeam, la squadra che gareggerà nella Zwift Racing League oltre che in altri eventi di e-cycling.

Realizzare la nuova divisa del Team Movistar ha richiesto un lavoro meticoloso, come racconta la stessa Yurika Marchetti: «La ricerca preliminare prima di metterci al lavoro sul design e sui colori è stata quella di andare a ripercorrere i 41 anni di storia dei teams di Abarca Sports analizzando grafiche, colori, tonalità e abbinamenti cromatici utilizzati».

Uno sguardo al futuro

Il nuovo kit per le squadre è stato rivisitato in chiave moderna. Il cyan, colore istituzionale dello sponsor Movistar e della maglia delle ultime stagioni, è diventato il colore del logo a contrasto su un campo blu.

«La M stilizzata in cyan, logo dello sponsor Movistar – racconta Giuliano Ragazzi – rappresenta la continuità con il passato recente della squadra. Abbiamo inserito nella grafica anche delle linee orizzontali asimmetriche sempre dello stesso colore che hanno il compito di dare dinamismo e modernità alla maglia senza appesantire il design, per creare quel tocco di eleganza minimalista che è anche nelle corde di tutti i prodotti La Passione».

L’inizio della collaborazione tecnica con il Movistar Team sarà l’occasione per presentare il nuovo simbolo “P.”, sintesi di un concetto che verrà introdotto su tutti i capi a partire dal 2022.

La Passione

Valverde, i numeri di una vera leggenda

30.01.2022
4 min
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Durante il ritiro del Movistar Team ad Almeria, Alejandro Valverde ha confermato che il 2022 sarà davvero il suo ultimo anno in gruppo.

«Il mio ciclo sta per chiudersi – ha detto – non voglio sentirmi di troppo. Tutti questi anni trascorsi in bicicletta rimarranno per sempre scolpiti nella mia memoria».

Chissà se dopo la vittoria di ieri nel Trofeo d’Andratx (foto di apertura), dentro di sé abbia iniziato a ridiscutere la scelta. O se proseguirà con l’idea di godersi ogni giorno con la leggerezza che gli è tipica. Di sicuro, visto il successo e il suo essere ben competitivo, l’ultima stagione potrebbe permettergli di centrare qualche record

La sua popolarità in Spagna è ai massimi livelli
La sua popolarità in Spagna è ai massimi livelli

Valverde compirà 42 anni il 25 aprile ed è il corridore più anziano del gruppo WorldTour, dopo Jens Voigt che nel 2014 disputò il Tour de France a 42 anni. Professionista dal 2002, ha appena iniziato la 21ª stagione da pro’ (fra il 2010 e il 2011 è rimasto fermo per squalifica).

Corse e vittorie

Valverde ha partecipato a 33 classiche Monumento (ma non ha mai corso la Roubaix). Ha preso parte a 30 grandi Giri: 15 Vuelta España, 14 Tour de France, un Giro d’Italia.

Il totale parla di 1.335 giorni di corsa: come dire tre anni e mezzo in competizione. Ha partecipato 15 volte alla Liegi-Bastogne-Liegi, alla Freccia Vallone, alla Vuelta, al Gp Miguel Indurain.

Secondo i dati raccolti da L’Equipe, il Bala ha ottenuto il 73 per cento delle sue vittorie in Spagna, è il secondo fra i corridori in attività per numero di vittorie ed è fra i primi 20 atleti di tutti i tempi per palmares:

Mark Cavendish: 156 vittorie

Alejando Valverde: 132 vittorie

Peter Sagan: 119 vittorie

Elia Viviani: 85 vittorie

Arnaud Demare: 84 vittorie

Nel 2016 vinse la tappa di Andalo al Giro battendo Kruijswijk
Nel 2016 vinse la tappa di Andalo al Giro battendo Kruijswijk

Un po’ di numeri

Le sue vittorie sono state ottenute per il 57% in corse a tappe, il 25% in corse di un giorno, il 18% in classifiche generali.

Quanto al tipo di vittorie, il 22% le ha ottenute in sprint numerosi, il 20% in solitaria, il 18% in classifiche generali, il 12% nelle volate a due, il 6% a cronometro, il 22% in altri modi.

Valverde ha ottenuto il 14% delle sue vittorie nei grandi Giri. Ha vinto la Vuelta Espana del 2009 per un totale di 17 tappe: una al Giro d’Italia, 4 al Tour de France, 12 alla Vuelta.

Ha vinto un solo Monumento: la Liegi, per 4 volte.

Nel 2017 è arrivata la quarta Liegi. La dedicò a Scarponi, scomparso da poco
Nel 2017 è arrivata la quarta Liegi. La dedicò a Scarponi, scomparso da poco

I suoi record

E’ il detentore del record di vittorie alla Freccia Vallone: 5.

Ha sempre portato a termine la corsa sul Muro d’Huy, nel 67% delle partecipazioni è finito nei primi 10.

Nel 2006-2015-2017 ha centrato la doppietta Freccia-Liegi.

E’ anche il detentore del record dei podi al mondiale su strada: 7. Una vittoria, nel 2018. Due volte secondo: 2003-2005. Quattro volte terzo: 2006-2012-2013-2014.

Quella del 2017 è stata la sua quinta Freccia Vallone, record imbattuto. Nel 2021 è stato terzo
Quella del 2017 è stata la sua quinta Freccia Vallone, record imbattuto. Nel 2021 è stato terzo

Primati nel mirino

In questa ultima stagione da professionista, Valverde potrebbe raggiungere Rebellin, Albasini e Zoetemelk a quota 16 partecipazioni alla Freccia Vallone e diventare, eventualmente, il vincitore più anziano. Il record appartiene ancora a Pino Cerami, che la vinse a 38 anni.

Potrebbe eguagliare il record di 5 vittorie alla Liegi, appartenente a Eddy Merckx.

Potrebbe diventare il 7° corridore della storia a vincere Amstel, Freccia e Liegi, dopo Merckx, Hinault, Gilbert, Rebellin, Bartoli e Di Luca.

Potrebbe partecipare alla 16ª Vuelta Espana, fermandosi a un’edizione da Inigo Cuesta che detiene il record.

L’inverno di Valverde: riposo, ambiente e… la solita fame

29.11.2021
5 min
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Meno di dieci parole per chiuderla definitivamente: «2022 va a ser mi último año, sí o sí». Il 2022 sarà il mio ultimo anno, accada quel che accada. C’è poco da fare però, quando Valverde parla di ritiro, c’è sempre chi dà di gomito. Un po’ come quando si parla di Rebellin, ma con dieci anni in meno. La Movistar ha chiuso il primo ritiro a Pamplona e questa volta il murciano ha tagliato corto con una serenità mai vista prima.

«Intendiamoci – ha detto Alejandro allo spagnolo Marca – il Lombardia è finito a quel modo perché Pogacar ha avuto l’intuizione di anticipare, ma io non mi sentivo inferiore a nessuno. Non smetto perché credo di non farcela più, ma perché ho 42 anni e ho vinto tutto. Fare il professionista è molto esigente, richiede tanti sacrifici. E probabilmente è arrivato il momento di prendermi cura di me stesso e del mio corpo».

Il 16 novembre, al progetto di piantumazione nell’area di Sanguesa. Qui Mas, Valverde, Martin e Oyarbide (foto Movistar Team)
Con Sara Martin al progetto di piantumazione di Sanguesa (foto Movistar Team)

Prima l’ambiente

I suoi tifosi hanno sorriso vedendolo con la zappa in mano, mentre piantava un leccio (foto di apertura). Nei primi giorni di novembre, infatti, la Movistar ha partecipato alla piantumazione di mille alberi nell’area spoglia di Sanguesa, coinvolgendo Unzué e alcuni dei corridori più rappresentativi: Valverde in testa, Mas, Lourdes Oyarbide e Sara Martin.

L’operazione si è svolta anche con il patrocinio di Volvo, che fornisce le ammiraglie al team. Le mille piante dovrebbero neutralizzare circa 200 tonnellate di anidride carbonica per i prossimi 40 anni. E questo consentirebbe a Movistar di compensare le 176 tonnellate di emissioni di carbonio prodotte nel 2019, grazie al calcolo effettuato proprio da Volvo e riconosciuto dal Ministero per la Transizione Ecologica.

Al Lombardia si è sentito al livello dei primi: «Pogacar ha vinto grazie a una grande mossa tattica»
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Dal Belgio al Giro

Il programma già stilato è di tutto rispetto. Giro, Vuelta e niente Tour. Anche se con la consueta generosità dice che se la squadra lo chiedesse, potrebbe valutarlo: «Ma solo per aiutare. Normalmente non mi interessa farlo. Il Giro invece mi ha affascinato nel 2016, per l’affetto dei tifosi e per gli scenari. E la Vuelta… è la Vuelta. Ci sarà una tappa nei dintorni di Murcia e dicono che sarà disegnata come piace a me. Sarebbe un bel modo di salutare».

Passerà da queste parti già a marzo, per la Strade Bianche, dopo il debutto a Maiorca, poi Valencia, Murcia e Andalucia.

«Dopo questo primo blocco – spiega – riprenderò fiato e deciderò se fare Catalunya o Paesi Baschi preparando la Freccia Vallone e la Liegi. L’Amstel è da vedere. Sono corse difficili, dure e imprevedibili. Alla Liegi (vinta 4 volte, ndr), ad esempio, devi essere sempre concentrato perché da un certo punto in poi ogni azione può essere quella giusta. Alla Freccia Vallone (vinta 5 volte, ndr) non puoi sbagliarti di un solo metro, perché il Muro d’Huy non perdona…».

Cercasi erede

La Movistar intanto studia. Dopo la rivoluzione tecnica che ha visto l’allontanamento di Arrieta e la separazione da Miguel Angel Lopez, la squadra spagnola è in cerca di nuovi riferimenti. Il presente parla di Enric Mas e Ivan Sosa. Il primo arriva del secondo posto della Vuelta e il sesto del Tour. Il secondo arriva dal team Ineos Grenadiers dopo tre stagioni di su e giù. In attesa di capire se dalla nidiata dei giovani potrà farsi avanti qualcuno in grado di non far rimpiangere il vecchio murciano, saranno loro gli uomini su cui puntare.

«Enric Mas – dice Valverde, parlando quasi come un dirigente – sembra molto più esperto e fiducioso. Penso che stia facendo passi importanti a poco a poco. Farà sicuramente bene. Per quanto riguarda Sosa, abbiamo grandi aspettative su di lui. Ha molte qualità. Ha vinto due volte a Burgos e nel 2019 mi ha quasi impedito di vincere in Occitania. Farà bene. Sosa è pronto per guidare la squadra».

Se c’è la salute…

Alejandro, della cui squadra giovanile abbiamo raccontato da poco, chiude strizzando l’occhio a se stesso. Ammettendo di smettere per scelta e non perché non si senta più in grado di reggere il confronto.

«Non sto peggio delle altre stagioni – dice – sicuro meglio del 2020. Per tutto quello che è successo al mondo, quello è stato un anno strano e per me in modo particolare. Abbiamo finito con la Vuelta l’8 novembre e abbiamo ricominciato subito ad allenarci per il 2021. Anche l’ultima stagione di conseguenza è stata particolare, con segnali di un buon Valverde (per lui tre vittorie e sette podi, ndr), ma lontano dal migliore. Quest’inverno mi sono preso un mese di riposo e adesso ho ripreso regolare e senza voler forzare i tempi. Sono contento del modo in cui arrivo al debutto. Con allegria, ambizione e tranquillità. Se la salute mi assiste, sarà di sicuro un buon anno».

Tosatto, raccontaci qualcosa dei tuoi 34 Giri…

26.11.2021
5 min
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Le dichiarazioni di Alejandro Valverde, intenzionato nel 2022 a correre Giro d’Italia e Vuelta d’Espana, hanno fatto il giro del mondo. Tutti a sottolineare che, nel caso, raggiungerebbe la cifra record di 32 grandi Giri affrontati, ma non sarebbe un vero primato. Il corridore che ha disputato più corse di tre settimane è infatti veneto, Matteo Tosatto, che ha messo a frutto le sue esperienze maturate in vent’anni di militanza nel gruppo diventando una colonna portante della Ineos Grenadiers.

Tosatto non è persona che si vanti in giro, eppure questo rappresenta pur sempre un record: se ci si pensa bene, significa aver affrontato oltre 600 giorni in sella solo per affrontare Giro, Tour o Vuelta, quasi due anni senza soste: «Il bello – afferma tradendo un sorriso – è che un anno, il 1998, non disputai neanche un grande Giro, quindi le 34 prove sono ancora più concentrate…».

Tosatto 1997
Con la Mg, Tosatto fa il suo esordio nel 1997 e affronta subito il Tour portandolo a termine
Tosatto 1997
Con la Mg, Tosatto fa il suo esordio nel 1997 e affronta subito il Tour portandolo a termine
Come mai hai disputato un simile numero di grandi corse a tappe?

Una delle mie principali caratteristiche era il fondo: sono sempre andato meglio nella terza settimana che nella prima e questo ai dirigenti era un particolare che faceva molto comodo, quando si doveva lavorare per i capitani. Io andavo sempre più forte, cercavo di risparmiare qualcosa all’inizio per essere brillante quando serviva davvero.

Facciamo un po’ di conti: 13 Giri d’Italia di cui 11 portati a termine, ben 12 Tour tutti conclusi, 9 Vuelta delle quali ne hai terminate 5…

Sì, ma ognuno dei 4 ritiri è avvenuto nell’ultima settimana per precisi accordi con la squadra. Io ero sempre in predicato di correre ai mondiali e quindi chiedevo di saltare le ultime 3-4 tappe per poter staccare prima di partire per la trasferta iridata. La Vuelta finiva alla domenica e quella successiva c’è sempre stato il mondiale, se potevo risparmiare qualche energia era meglio, la maglia azzurra ha sempre avuto un valore speciale per me.

Tosatto Montebelluna 2001
Giro 2001: Tosatto vince a Montebelluna battendo Klemencic e Simoni
Tosatto Montebelluna 2001
Giro 2001: Tosatto vince a Montebelluna battendo Klemencic e Simoni
Al Giro d’Italia?

Nel 2000 mi ritirai prima della diciassettesima tappa perché avevo preso una brutta bronchite, invece nel 2003 finii fuori tempo massimo nella famosa frazione del Fauniera, con le strade piene di ghiaccio. Io ero rimasto a protezione di Petacchi, poi Alessandro mi disse di andare che con lui rimaneva Cioni, ma non potevamo rischiare in discesa. Quel giorno arrivai con un gruppo di una cinquantina di corridori, ma la giuria ci mandò tutti a casa…

Già portare a termine 12 Tour è una grande impresa: quale ti è rimasto più impresso?

Certamente il primo, nel 1997 perché era anche il primo grande Giro affrontato e concluderlo agli Champs Elyseés mi rese molto orgoglioso. Ero un neopro’, ricordo che feci tanta fatica, ma anche allora nell’ultima settimana, sulle Alpi, mi sentii meglio che sui Pirenei o sul Massiccio Centrale. Fui felice anche nel 2016, l’ultimo anno, quando riuscii a concludere sia il Giro che il Tour pur avendo ben 42 anni (nella foto di apertura è sul podio di Arezzo al Giro di quell’anno, nel giorno del suo 42° compleanno, ndr). Lavorai tanto per Sagan in Francia e le sue tre vittorie furono un po’ anche mie. La cosa che mi colpì è che in salita tenevo meglio che a inizio carriera…

Tosatto Tinkoff 2016
A fine carriera Tosatto è stato ancora capace di concludere sia il Giro che il Tour
Tosatto Tinkoff 2016
A fine carriera Tosatto stato è ancora capace di concludere sia il Giro che il Tour
In questi quasi due anni di tappe fra sole e pioggia, pianura e montagna hai avuto giornate di libertà, nelle quali era la squadra a lavorare per te?

E’ capitato, capita sempre nella carriera di un corridore. Nel ’99, alla Ballan, si correva per Simoni, ma il giorno della tappa che arrivava a Castelfranco Veneto, a casa mia, il team lavorò per la mia volata e fui battuto solo da Cipollini. Quell’anno andai bene, ebbi più piazzamenti nella top 10. Due anni dopo centrai il successo pieno a Montebelluna, in quell’edizione vestii anche la maglia rosa. Ma non posso dimenticare neanche la vittoria al Tour 2006 a Macon: la Quick Step era tutta per Boonen, ma quando il belga non si sentiva in giornata si correva in base alle sensazioni e quella fu la mia giornata.

Questo record quanta soddisfazione ti dà?

Molta, significa che della mia carriera qualcosa è rimasto. Io non mi pento di nulla, ho sempre lavorato e avuto anche le mie giornate. A proposito di soddisfazione, ricordo quando nel 2014, all’ultima Vuelta che vinse Contador, “El Pistolero” si avvicinò a me alla fine e mi disse che non aveva mai visto un corridore con la mia testa, così forte e tenace nel carattere. Per me fu un grande premio detto da lui.

Tosatto Petacchi
Davanti a Rijs, Tosatto con Petacchi, compagni e avversari, ma soprattutto amici e spesso in allenamento insieme
Tosatto Petacchi
Tosatto con Petacchi, compagni e avversari, ma soprattutto amici
Se magari decidesse di tirare avanti anche nel 2023, Valverde potrebbe eguagliarti…

Glielo auguro di cuore, ma so anche che c’è differenza: stiamo parlando di un campione che non solo li ha corsi, ma è stato protagonista. Ha vinto la Vuelta e poi è stato iridato e ha conquistato grandi classiche. Non si può fare un paragone perché abbiamo vissuto carriere diverse e a questo proposito voglio aggiungere una cosa.

Prego…

Lavorando nell’ambiente, la cosa che mi dispiace di più del ciclismo attuale è che mancano sempre più i gregari di una volta, intesi come uomini che si sacrificano. Mancano coloro che creano il gruppo e senza di esso non si va lontani. Correre 34 Giri? Dopo Valverde chissà se ci sarà ancora qualcuno che potrà farlo…

Dopo Sanchez, tocca a Valverde. Ecco il suo team

07.11.2021
6 min
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Dopo Samuel Sanchez e sempre seguendo il discorso di Stefano Garzelli, questa volta il telefono che squilla è quello di Alejandro Valverde, che si trova a Murcia alla vigilia della sua ultima stagione da professionista. Il tempo non è molto, par di capire, perché a breve El Embatido deve andare a riprendere i figli all’uscita di scuola, ma si comincia con un sorriso e si va avanti lo stesso. A dire il vero la prima domanda la fa lui e riguarda un compagno di squadra.

«Contenti in Italia – chiede – per Bennati tecnico della nazionale? Io lo sono molto. Daniele è un tipo che mi piace molto e soprattutto se lo merita…».

Gli ricordiamo quel giorno passato insieme sulle colline senesi alla vigilia della Strade Bianche e in due battute arriva la conferma dell’amicizia fra i due. Fu proprio Alejandro a volere il “Benna” alla Movistar e se non fosse stato per quella dannata caduta, chissà quante belle corse avrebbero messo su strada. Ma adesso si parla del suo Valverde Team-Terra Fecundis, secondo nome dedicato a un’agenzia interinale di Murcia.

Il team copre tutte le categoria, dai giovanissimi agli under 23
Il team copre tutte le categoria, dai giovanissimi agli under 23

Un debito da saldare

Anche Valverde parte dai bambini, ma a differenza di Sanchez arriva fino agli under 23 e da due stagioni ha iniziato anche con le ragazze, in un progetto che di fatto viene portato avanti da suo fratello Juan Francisco e dal suo manager Antonio Sanchez.

«Il ciclismo mi ha dato così tanto – dice Valverde – che a un certo punto ho pensato potesse essere una buona idea restituire qualcosa, offrendo ai ragazzi le stesse opportunità che ho avuto io. Quando posso, sto con loro anche io. La sede della squadra è vicino casa, perciò anche in questo periodo che si fa poco, cerco di partecipare alle loro attività».

Un selfie del Bala con Francisco Chipolini, argentino, nel 2022 al secondo anno da U23
Un selfie del Bala con Francisco Chipolini, argentino, nel 2022 al secondo anno da U23

Il progetto cresce

La struttura è imponente, i numeri sono alti e a sentirli snocciolare da Antonio Sanchez e pensando all’impegno del campione, ti assale un po’ di sana invidia. Sia pure in Spagna, per fortuna c’è la scuola di Garzelli...

«Era nata come una scuola per bambini – spiega Sanchez – ma il progetto non ha mai smesso di crescere. Così mano a mano che diventavano grandi, abbiamo fatto la squadra per gli anni successivi. E adesso c’è sempre la scuola, poi ci sono gli allievi, gli juniores, gli under 23 e le donne. In tutto abbiamo intorno a 110 ragazzi. L’idea è offrire gli strumenti a quelli che vogliano praticare ciclismo. Ovviamente sarebbe motivo di orgoglio se qualcuno di loro passasse professionista, ma per noi prima di tutto viene il tipo di educazione che possono ricevere attraverso la bicicletta».

Un progetto per Murcia

Il campione è traino e stella polare. E la sua permanenza ai vertici del ciclismo è talmente prolungata, da aver fatto innamorare generazioni di corridori, in un passa parola praticamente infallibile.

«La sua fama è sempre maggiore – continua Sanchez – riceviamo in continuazione mail e messaggi di ragazzi e dei loro genitori che vorrebbero farli venire nelle nostre squadre. Abbiamo addirittura un ragazzo argentino, arrivato tramite la Movistar. Ma quando questo progetto è nato, ci siamo detti che sarebbe servito soprattutto per i ragazzi della regione di Murcia e così vogliamo che resti. Abbiamo allargato un po’ la forbice per le ragazze, per averne un numero tale da fare attività. Sono le ragazzine uscite dalla scuola che crescendo hanno voluto continuare. Anche la loro squadra è iniziata a piccoli passi e ogni anno fa un salto di qualità».

Sulle alture di Murcia, iniziando la preparazione invernale come una volta
Sulle alture di Murcia, iniziando la preparazione invernale come una volta

Prima uomini, poi atleti

Alejandro ha le idee chiare, forse perché ha vissuto varie fasi del ciclismo e in quello più recente fa fatica a raccapezzarsi, pur trovandolo sempre molto divertente.

«E’ cambiato tutto – sorride con una punta di rassegnazione – ormai anche agli juniores devi spiegare bene le regole dell’alimentazione e dell’allenamento. Però quello che voglio è che non crescano in modo troppo diverso da come crebbi io. Voglio che i più giovani si divertano, che assimilino valori dello sport come il lavoro e la capacità di accettare la sconfitta. Voglio che sappiano concentrarsi sull’impegno che si sono presi, che studino e che poi un giorno, se ne avranno la capacità arrivino al professionismo. Quando ci sono, parliamo spesso. Mi chiedono consiglio. E io ripeto fino alla noia che prima di sognare di essere campioni, devono accertarsi di essere degli uomini e delle donne con dei valori e con un’istruzione».

A fine stagione anche le ammiraglie Honda sono state riconsegnate: le nuove sono in arrivo
A fine stagione anche le ammiraglie Honda sono state riconsegnate: le nuove sono in arrivo

Obiettivo continental

Se te lo dice Valverde ci credi, però intanto gli under 23 si stanno facendo grandi e la tentazione, neanche troppo nascosta, sarebbe quella di accompagnarli un po’ più su.

«Ci sono parecchie imprese coinvolte – spiega Sanchez – ognuno contribuisce con quello che può. Si tratta di un progetto di Murcia, con imprese di Murcia e il patrocinio della Municipalità di Murcia. Il passo successivo potrebbe essere creare una continental. Non è un discorso semplice. Ci sono spese. Ci sono i materiali. Ci sono i viaggi. Ad ora abbiamo un budget intorno ai 500 mila euro. Fra coloro che ci aiutano c’è anche Abarca Sport, la società di Eusebio Unzue. Loro sono contenti che il nome Valverde e di riflesso il loro sia così popolare e sia sinonimo di educazione fra i ragazzi, vedremo cosa ci porterà il futuro».

Va avanti da anni il rapporto con Terra Fecundis: qui Alejandro con il direttore generale Ana Lopez
Va avanti da anni il rapporto con Terra Fecundis: qui Alejandro con il direttore generale Ana Lopez

L’ultima recita

Dodici ragazze. Quattordici allievi. Undici juniores. Quindici under 23. Gli organici sono quasi tutti definiti, ma il Valverde che ci saluta prima di uscire di casa ammette di non avere troppo chiara la composizione dei team.

«Sono in una fase abbastanza tranquilla – sorride – mi sto godendo la famiglia. Quello che dovevo fare nel ciclismo, ormai l’ho fatto. Mi sono goduto l’anno da campione del mondo, mi è piaciuto andare alle Olimpiadi. Mi aspetta l’ultimo anno. Farò il mio calendario con la solita motivazione e la stessa passione di sempre. E poi… E poi ci penseremo poi!».