Taiwan Kom: sfida a 3.000 metri tra campioni (e costruttori)

27.10.2023
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In questi primi giorni senza gare ha attirato attenzione la sfida che Simon Yates della Jayco-AlUla ha lanciato indirettamente a Vincenzo Nibali. Anche se sarebbe meglio dire che Giant ha lanciato a Merida. E probabilmente a quest’ora questa sfida a distanza, Simon potrebbe anche averla vinta. L’asso inglese infatti è impegnato nella Taiwan Kom Challenge (in apertura foto Taiwan Cyclist Federation).

Si tratta di una particolarissima gara amatoriale, una granfondo diremmo noi, appunto a Taiwan, laddove vi sono molte fabbriche di bici, su tutti Giant, primo costruttore al mondo.

Simon Yates contro Nibali a distanza. Ma si tratta più di una sfida fra Giant e Merida, primo e secondo costruttore al mondo (foto Instagram)
Simon Yates contro Nibali a distanza. Ma si tratta più di una sfida fra Giant e Merida, primo e secondo costruttore al mondo (foto Instagram)

Giant vs Merida

E’ news sempre di questi giorni il rinnovo della partnership fra il colosso Giant e la squadra del team manager Brent Copeland. In pratica Yates vuole battere il record stabilito da Vincenzo Nibali nel 2017, quando lo Squalo fu invitato da Merida a prendere parte a questo singolare evento.

Si parte dal livello del mare, da Hualien, sulla costa orientale dell’isola, e si arriva ai 3.275 metri di quota del Monte Hehuan, sulla catena del Kunyang, che divide in due Taiwan stessa. Un percorso di 103,5 chilometri, 87 dei quali in salita. La pendenza media della scalata è del 3,5 per cento e quella massima del 23.

Davvero una sfida particolare che in casa Jayco-AlUla hanno già ribattezzato Fight Gravity, vale a dire combattere la forza di gravità.

In sella con Nibali

A dirci qualcosa di più della Taiwan Kom è proprio Vincenzo Nibali, reduce guarda caso da un evento in quota, ma in mtb: la Popo Bike in Messico.

«La Taiwan KOM Challenge una gara amatoriale, tipo la Maratona delle Dolomiti. Si parte tutti insieme ed è aperta anche ai pro’. E’ tutta in salita! Io partecipai perché Merida ci fece questa richiesta. Venivo dalla vittoria dal Lombardia, ma l’affrontai con tutt’altro spirito. Avevamo fatto un grande tour tra le aziende locali. In corsa c’era anche mio cugino Cosimo!  E si può dire che l’abbia vinta anche grazie a lui. 

«Gli dissi: “Dai Cosimo, ma non mi posso mica mettere a rubare la gara agli amatori”. E lui: “No, no… siamo qui e devi vincere. Devi andare forte. E poi è l’unica corsa che faccio con te”. Passammo una settimana in quella parte del mondo, tra le aziende. Andammo anche in Giappone. Fu quasi una vacanza con questa Taiwan KOM Challenge nel mezzo».

«Ora – prosegue lo Squalo – Giant sta portando i suoi corridori migliori per battere il mio tempo di scalata. Brent (Copeland, ndr) ha chiesto a Slongo, che mi seguiva all’epoca, il file di quella scalata perché vogliono battere il mio record. E ci sta. Volevano avere dei dati di riferimento. Loro la imposteranno proprio per battere il mio tempo, correndo in un certo modo. Mentre a darmi una mano io avevo solo mio fratello Antonio. Lui si mise a tirare in salita».

Finale tosto

Il record di Nibali è di 3 ore 19’54”. Se Yates e David Peña, colombiano e abituato a certe quote, correranno con accortezza ce la possono fare. Salvo qualche outsider a sorpresa…

«La Taiwan KOM Challenge – ha detto Yates – è qualcosa di diverso da quello a cui siamo abituati. Si arriva oltre i 3.000 metri partendo dal mare: non ci sono molte salite del genere. Sarà una sfida davvero interessante. In più essere a Taiwan sarà speciale per noi come squadra: è la casa di Giant e sarà bello rappresentare il marchio, incontrare le persone che lavorano dietro le quinte».

Insomma Giant vuol e riprendersi lo “scettro” in casa. E tutto sommato nell’epoca dei social potrebbe essere un colpo di teatro ben piazzato e forse anche simpatico.

«Ricordo che si partiva prestissimo al mattino – riprende Nibali – del tipo che avevamo le luci sulla bici per andare dall’hotel alla partenza. La prima parte era piatta. Si andava verso l’entroterra. Bisognava stare attenti perché, come ho detto, era buio e c’erano anche delle gallerie, ancora più buie. Non si vedeva nulla. Ed erano umide, bagnate.

«La prima parte della salita è regolare, abbastanza veloce direi. Poi la parte finale è dura. Ma proprio tanto dura, specie negli ultimi 3 chilometri. Al livello del Sormano. Poco prima c’era anche un discesetta, abbastanza pericolosa».

Sarà insomma interessante vedere come se la caverà Simon Yates oltre quota 3.000. E se abbasserà il record dello Squalo.

P.S. La gara, come avevamo accennato, si è conclusa più o meno in concomitanza con l’articolo, ed il record è stato battuto. Ma c’è stata una sorpresa. Non hanno vinto i due favoriti della Jayco ma l’australiano Benjamin Dyball, il quale sfruttando il passo che mirava al tempone ha chiuso la scalata in 3 ore 16’09”, tre minuti abbondanti meno di Nibali.

Dall’Asia torna un nuovo Dalla Valle, ma adesso cosa farà?

26.10.2023
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Anni fa c’era una pubblicità che recitava “Una telefonata può salvarti la vita”. Ciclisticamente lo stesso discorso può valere per una vittoria ed è quello che si augura Nicolas Dalla Valle, tornato dall’Asia con un bottino di punti non trascurabile e la speranza che la sua avventura su due ruote nel mondo del professionismo possa andare avanti.

La vittoria alla quarta tappa del Tour of Hainan, un successo rincorso tutto l’anno (foto Instagram)
La vittoria alla quarta tappa del Tour of Hainan, un successo rincorso tutto l’anno (foto Instagram)

E’ stato un anno sulle montagne russe, quello vissuto dal corridore della Corratec, con tante gare disputate (66), il suo primo Giro d’Italia, ma quel traguardo che non sembrava voler mai arrivare, fino al Tour of Hainan, a quello sprint vincente che ha rasserenato il suo tumultuoso animo. Dalla Valle non ha ancora un contratto per il prossimo anno, il tempo scorre e ogni giorno senza che quel “famoso” telefono squilli (magari anche solo per un messaggio WhatsApp) accresce i dubbi, ma almeno Nicolas, o meglio chi lavora per lui, ha qualcosa di tangibile in mano da mettere sul piatto delle trattative.

«Effettivamente non è stato come lo scorso anno – ammette il ventiseienne di Cittadella – la prima parte dell’anno non ha portato grandi risultati, ma non mi preoccupavo perché era tutto finalizzato verso il Giro d’Italia. La corsa rosa non era semplice per il nostro che è un team piccolo, ma credo di aver dato qualcosa nell’arco delle tre settimane, anche se avrei voluto qualcosa di più. Ero comunque soddisfatto, ma poi sono andato in calando. Al Giro di Slovenia ero cotto e ci ho messo tempo a ritrovare la condizione, arrivata proprio in extremis».

Quest’anno il veneto ha esordito al Giro d’Italia, dove è anche giunto 5° a Salerno
Quest’anno il veneto ha esordito al Giro d’Italia, dove è anche giunto 5° a Salerno
Molti, anche fra coloro che affrontano un grande Giro per la prima volta, dicono che una corsa di tre settimane ti dà una gamba migliore, ma non è stato il tuo caso…

Un effetto è indubbio che ce l’abbia. Il Giro è stato l’apice della mia stagione, ma ci sono arrivato senza una preparazione specifica, ad esempio non ho fatto periodi di altura prima di esso. Alla fine ero contento proprio perché ero stato capace di finirlo, mi ha dato quella sicurezza che prima non avevo perché non sapevo come avrei reagito. E’ una base sulla quale lavorare, oggi saprei come gestirmi perché ho dimostrato di saper reggere i grandi carichi di lavoro e le tre settimane di gara continua.

La tua seconda parte di stagione è vissuta quasi tutta dall’altra parte del globo…

Ho iniziato con il Tour of Qinghai Lake a metà luglio, è una gara molto particolare: 8 giorni a oltre 2.500 metri di altitudine, una trasferta impegnativa. Non sono arrivati risultati eccezionali, ma ho ritrovato un buon feeling e mi accorgevo ogni giorno che passava che andavo sempre più forte. Due mesi dopo, al Taihu Lake era una corsa a tappe che univa vari circuiti, non è la mia formula di gara preferita perché non sono un velocista puro, ma mi adatto e alla fine è servita anche quella. Ad Hainan, dove ho ritrovato percorsi adatti alle mie caratteristiche, ho trovato la sintesi e il risultato è finalmente arrivato.

Dalla Valle con Roglic al Giro, commentato così su Instagram: «Lui Primoz, io ultimo»
Dalla Valle con Roglic al Giro, commentato così su Instagram: «Lui Primoz, io ultimo»
Che impressione hai tratto dopo un così lungo periodo in Cina, che cosa ti è rimasto impresso?

E’ un mondo completamente diverso dal nostro, dove regna una enorme fiscalità. Tutto pulito, tutto sempre nella norma, mai qualcosa fuori dalle righe. Alla lunga resti colpito, senti che manca qualcosa, che non c’è alcun tipo di flessibilità e io resto convinto che in certi casi possa aiutare. L’ordine prestabilito va bene, ma sempre con la lente del buon senso…

La trasferta asiatica è però importante per team come il vostro…

Direi fondamentale. Prima il calendario era ridotto per forza di cose, c’erano meno gare dove potersi esprimere, per portare a casa buoni risultati e soprattutto punti fondamentali anche per la stessa sussistenza del team. Ora invece ci sono blocchi di gare molto ricchi e intensi, che valgono la trasferta. Dove la trovi in Europa una gara a tappe di 8 giorni, che non sia del WorldTour?

La fila dei corridori Corratec in Cina, con un successo per Dalla Valle e Conti 5° nella generale (foto Instagram)
La fila dei corridori Corratec in Cina, con un successo per Dalla Valle e Conti 5° nella generale (foto Instagram)
Proprio le gare a tappe sembrano ormai il tuo teatro di gara principale, quest’anno le corse d’un giorno per te sono meno di una decina.

Le corse a tappe sono la mia dimensione ideale proprio per quel discorso di recupero e crescita giorno dopo giorno. Fisicamente sono corse dove ci sono più opportunità per emergere proprio per uno come me, veloce ma non specialista. In salita riesco spesso a tenere, quindi si profilano occasioni proficue quando gli sprinter puri rimangono attardati. Le gare d’un giorno mi piacciono, ma per certi versi sono più un terno al lotto.

E ora?

Ora spero che tutto il lavoro fatto porti qualche frutto. So che il mio procuratore ci sta lavorando, contatti ci sono e conto che entro un mese arrivi una risposta certa, anche perché il tempo scorre e c’è la nuova stagione da preparare. Io comunque mi farò trovare pronto per i primi ritiri, ovunque siano e con chiunque siano.

Quest’anno Dalla Valle ha corso per 66 giorni, conquistando 13 top 10 con il meglio arrivato alla fine
Quest’anno Dalla Valle ha corso per 66 giorni, conquistando 13 top 10 con il meglio arrivato alla fine
Qual è stato il momento più bello della stagione?

Non è semplice trovare una risposta, ma quando insegui a lungo una vittoria, soprattutto per chi non la raggiunge così spesso come i campionissimi attuali, se la raggiungi è qualcosa che ti resta dentro, nel profondo. A me comunque anche la chiusura del Giro ha regalato grandi sensazioni, perché era un traguardo affatto scontato alla vigilia.

Zappi, dall’alluvione alla rinascita. E adesso il futuro

26.10.2023
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RIOLO TERME – Due giorni di pioggia hanno cambiato un intero territorio. Due notti di angoscia e paura hanno lacerato l’Emilia Romagna con un alluvione senza precedenti che ha deviato la vita di molte persone. Tra queste c’è Flavio Zappi e il suo omonimo Racing Team situato sulle colline romagnole, precisamente a Riolo Terme a pochi passi dall’iconica Gallisterna dei mondiali 2020. Nove mesi fa vi avevamo raccontato della sua accademia che aveva appena messo le radici nell’hotel che di lì a poco sarebbe diventata la casa dei ciclisti U23 provenienti da tutto il mondo.

A maggio la struttura è stata sommersa da acqua e fango come la maggior parte delle case della Romagna. Siamo andati sul posto a quattro mesi di distanza dal disastro e, in punta di piedi, ci siamo fatti raccontare cosa è successo e come Flavio e i suoi ragazzi hanno saputo rimboccarsi le maniche per ripartire.

L’alluvione

Siamo stati ospiti di Flavio Zappi a gennaio quando attraverso il racconto del suo sogno ci aiutava a riempire le stanze vuote del suo hotel con progetti e un’idea che va oltre ciò che si conosce già. Quando questo sembrava prendere forma ecco che l’alluvione ha fermato tutto in due assordanti giorni di pioggia torrenziale. 

«Ci sono voluti sei giorni – racconta Zappi – per cavare tutto il fango dall’hotel. Eravamo quasi pronti per partire con il nostro progetto del caffè dei ciclisti e avevamo appena aperto la struttura per i primi ospiti. In poche ore tutto si è azzerato. L’acqua ha iniziato a circondarci e dopo poco ci siamo ritrovati con tutte le stanze del piano terra allagate e piene di fango. Io e la mia compagna Maria Arroyo, insieme ai ragazzi non abbiamo perso tempo e abbiamo salvato tutto quello che si poteva portandolo ai piani alti. Eravamo talmente stremati che ci siamo addormentati in ufficio.

«Ci siamo mossi – prosegue Flavio – come una vera e propria squadra, i ragazzi erano spaventati ma allo stesso tempo non si sono persi d’animo e si sono rimboccati le maniche. Io non volevo che questo li traumatizzasse e interferisse con il loro obiettivo. Così dopo due giorni siamo andati a correre dimenticando di quanto era successo. Allo stesso modo volevo che si allenassero per far proseguire il loro percorso qui all’Accademy».

La ripartenza

Nelle parole di Flavio però si percepisce che nel suo carattere non ci sia la propensione a piangersi addosso. C’è chi giustamente dopo un evento così tragico avrebbe detto basta, ma per lui quella fase non è mai stata presa in considerazione.

«Il mio cuore è romagnolo – dice Zappi – credo nel progetto che abbiamo iniziato e non ho mai pensato di mollare nemmeno per un secondo. Siamo ripartiti da squadra, ci siamo aiutati l’uno con l’altro e oggi eccoci di nuovo pronti». Proprio così quale stanze vuote che abbiamo visto a gennaio, poi riempitesi di fango, oggi raccontano ciclismo in ogni centimetro quadrato. Merito anche di Maria Arroyo, colombiana Doc che vive il ciclismo con passione e si occupa per l’accademia di tutto quello che Flavio non fa.

I colori del ciclismo sono su ogni parete. «Siamo come una famiglia – spiega Maria Arroyo – i ragazzi vengono qua per un sogno e scoprono che c’è tanto altro. Noi gli facciamo conoscere la cultura italiana e di questo sport, e gli insegniamo a prendersi cura anche di questa struttura dando il loro contributo come possono».

Ci sono le maglie appese sui muri con la scritta Zappi, dipinta con le tonalità delle nazioni di ogni atleta. Una libreria con libri di ciclismo e poi una parete con le foto che ripercorrono tutta la storia del team Zappi, da Ben Healy, James Knox, Marc Donovan, Charlie Quarterman e tanti altri.

Marco Groppo davanti alla foto regalatagli da Gino Bartali
Marco Groppo davanti alla foto regalatagli da Gino Bartali

Maglia bianca

Insieme a Zappi c’è un signore che ci accoglie. «Lui è Marco Groppo – dice sorridendo Zappi – vincitore della maglia bianca del Giro d’Italia 1982 davanti ad un certo Laurent Fignon. Suo figlio Riccardo ha corso con noi quest’anno e adesso ha scelto di proseguire con gli studi universitari. Io e Marco abbiamo corso insieme fin da giovani e ora fa parte di questo progetto mettendo al servizio la sua esperienza».

«Non ho mai visto – dice Groppo – lavorare così tanto una persona come Flavio. Non si ferma mai. Mi ha chiesto di aiutarlo in questo suo progetto e dopo l’esperienza di mio figlio ho risposto presente. Avere ragazzi da tutto il mondo è qualcosa di speciale. Insegnare il ciclismo e conoscere tutte le culture è una fortuna. Qui a Riolo Terme, c’è il contesto ideale per loro, si può fare gravel, MTB, strada su percorsi allenanti e tranquilli».

Ci colpisce una foto, anzi la foto. Ogni appassionato, ma non solo, l’ha vista almeno una volta nella vita. Il passaggio di borraccia tra Coppi e Bartali.

«Questa me la regalò Gino in persona – racconta emozionato Groppo – durante la festa a casa mia per la maglia bianca dell’82. E’ autografata e voglio che sia d’ispirazione per i ragazzi. Una sera siamo stati qui seduti ad ammirarla con loro cercando di risolvere l’arcano mistero di quel passaggio di borraccia.

«I ragazzi di oggi conoscono poco la storia di questo sport. Sono troppo tempestati dai social e da questo mondo delle due ruote che va i tremila sotto un continuo stress. Quello che mi piace del progetto di Flavio è anche questo. Questa è una scuola di vita oltre che di ciclismo».

Il murale con le foto di che raccontano la storia delle squadre di Zappi
Il murale con le foto di che raccontano la storia delle squadre di Zappi

Il team e i giovani

I minuti scorrono e tra un discorso e l’altro Marco e Flavio si beccano come da ragazzi, forse il segreto della loro passione deriva anche da qui. Per il 2024 c’è il progetto del team juniores che si affiancherà a quello U23. Lo scopo sarà quello di dare più continuità all’accademia, insegnando il ciclismo qui in Italia. Il Racing team di Zappi è l’unione di ragazzi provenienti da ogni angolo del pianeta. 

«A livello di nazionalità – spiega Zappi – quest’anno abbiamo due americani, un messicano, un colombiano forte, un irlandese, due neozelandesi, un australiano e infine gli inglese. Anche se con la Brexit quest’ultimi sono meno tutelati degli stranieri che godono di visti sportivi migliori. Per l’anno prossimo avremo anche il team juniores che ci permetterà di crescere i ragazzi e dargli una qualche garanzia in più su una crescita costante.

«Una cosa che ci sta a cuore – conclude Flavio – è cercare di insegnare i valori di questi sport senza che l’ambizione li corroda dentro. Non tutti passano professionisti e chi non ce la fa non deve viverlo come una sconfitta. Il nostro scopo è quello di dare tutti gli strumenti per farlo nel modo più sano possibile».

E’ arrivato il momento di salutare Flavio e gli lanciamo una provocazione: «Forse l’unico modo per comunicare quanto di bello state facendo sarebbe proprio vincere…».

La risposta di Flavio non si fa attendere: «Certo, ma a chi mi dice così chiedo sempre quanti corridori può dire di avere fatto passare in World Tour (alludendo a Ben Healy, James Knox, Marc Donovan, Charlie Quarterman, ndr)».

Arrighetti, un buon 2023 e già un bel nome per il futuro

26.10.2023
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Sull’altopiano di Bossico, un balcone naturale che si affaccia sul Lago d’Iseo, ci vive Nicolò Arrighetti, uno dei migliori debuttanti tra gli U23. Il bergamasco ha disputato una buona stagione con la Biesse-Carrera senza accusare troppo il salto di categoria e i suoi due tecnici sono pronti a scommettere su di lui.

Le parole spese nelle settimane scorse da Milesi e Nicoletti rappresentano una bella investitura per il futuro di Arrighetti (in apertura foto Rodella) e lui per il 2024 non ha paura di continuare a confrontarsi nelle gare più dure, anche se non bisogna correre troppo. Ora arriva lo step della crescita graduale, quello tradizionalmente più complicato di percorsi come il suo. Il diciottenne quest’anno ha ottenuto subito una vittoria a marzo a Fubine nella Monsterrato Road, battendo De Pretto in uno sprint ristretto. Ha poi infilato due podi, quattro top 5 e otto top 10, arricchendo il suo ruolino con la maglia azzurra indossata alla Corsa della Pace. Valeva la pena approfondire la conoscenza di Nicolò.

Risultati a parte, com’è andata questa prima annata da U23?

E’ stata ottima, nonostante avessi la maturità (si è diplomato in elettrotecnica, ndr). Ho fatto tanta esperienza. Mi sono rivoluzionato e migliorato su tante competenze grazie ai miei compagni, ai miei diesse e alla squadra in generale. Qualche soddisfazione me la sono ritagliata e onestamente non mi aspettavo di vincere così presto, anche se stavo abbastanza bene.

Abbastanza?

In primavera ho sofferto per l’allergia, però ho comunque conquistato un bel quinto posto con la nazionale. Nella seconda parte di stagione sono cresciuto, per merito di un periodo in altura a Livigno assieme al mio compagno D’Amato. Mi sentivo più presente in gara.

Azzurro. Arrighetti ha vestito la maglia della nazionale alla Corsa della Pace ottenendo un quinto posto nella prima tappa
Azzurro. Arrighetti ha vestito la maglia della nazionale alla Corsa della Pace ottenendo un quinto posto nella prima tappa
Principalmente che differenze hai notato dall’anno scorso?

Tante. Considerate che da junior correvo in una formazione attrezzata ma piccola, dove ero abituato a fare il leader. Qui in Biesse-Carrera invece ho imparato a lavorare per i compagni e anche a girare l’Italia per le gare, stando tanti giorni lontano da casa. E’ stata una indicazione di com’è la vita del corridore. Poi naturalmente, la differenza maggiore è legata alle corse. Un ritmo maggiore, che diventa ancora più alto quando corri in mezzo ai pro’.

Appunto, per te in certe corse è stato un salto doppio. Come te la sei cavata?

La squadra mi ha sempre portato a gare di alto livello. Devo dire che ero abbastanza preparato a correre tra i pro’ perché i compagni erano stati bravi a spiegarmi come fare e cosa avrei trovato. Ovvio però che i valori sono davvero tanto differenti. Nelle gare pro’ per noi delle continental è molto difficile arrivare in testa al gruppo e restarci. Ci sono chiaramente anche delle gerarchie. In più si soffrono le cosiddette frustate date dalla velocità. L’ho visto proprio due settimane fa al Giro del Veneto…

Racconta pure.

Stavo bene e ho cercato di limare tutto il giorno per mantenere le prime venti-trenta posizioni, ma è stata dura. A sette chilometri dalla fine ho preso un buco perché ero ormai al gancio e stanco. Fortuna che nel mio gruppetto a chiudere il gap c’era De Marchi, altrimenti non sarei riuscito mai a rientrare davanti. Alla fine ho raccolto un buonissimo piazzamento (26° posto a 15” dal vincitore Godon, ndr) che per me vale tanto.

Quali sono le caratteristiche di Nicolò Arrighetti?

Sono alto 1,88 metri e peso circa 73 chilogrammi, quindi fisicamente mi riterrei un passista che tiene bene su strappi e alcuni tipi di salite. Al momento quelle con pendenze abbordabili riesco a superarle senza grossi problemi, però io vorrei migliorare tanto in generale e su quelle più lunghe e dure. Sono ancora molto giovane (compirà diciannove anni il prossimo 23 dicembre, ndr), pertanto credo di avere ancora ampi margini su tante cose.

Sulle strade del Giro del Veneto, Arrighetti (qui con Belleri e D’Amato) è riuscito a ben figurare tra i pro’ (foto Elisa Nicoletti)
Sulle strade del Giro del Veneto, Arrighetti (qui con Belleri e D’Amato) è riuscito a ben figurare tra i pro’ (foto Elisa Nicoletti)
Che obiettivi ti sei posto per il 2024?

Ce ne sono diversi, tutti con l’intento di proseguire nella crescita affidandomi sempre alle indicazioni di Marco e Dario (rispettivamente i diesse Milesi e Nicoletti, ndr). Non vorrei esagerare o sembrare presuntuoso, ma data l’esperienza maturata nel 2023 nelle gare internazionali, posso dire che il prossimo anno mi presenterò nelle stesse con la voglia di fare bene. Spero di poter correre il Giro NextGen e anche di potermi guadagnare ancora una convocazione in nazionale. Quello è sempre un grande onore. Invece al passaggio tra i pro’ ci penserò solamente più avanti, se riuscirò a cogliere dei risultati importanti.

Ranking UCI 2023: UAE regina, Astana nei guai

26.10.2023
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La classifica dei team assume sempre più valore come ha detto Mauro Gianetti patron della UAE Emirates. La sua squadra ha vinto la classifica WorldTour succedendo alla Jumbo-Visma. E assume più valore perché dopo le ultime riforme, oggi la classifica determina il WorldTour e di conseguenza il diritto-dovere di partecipare alle più importanti gare del pianeta.

La dirigenza UAE Emirates ad Abu Dhabi per festeggiare il primato nel WorldTour (foto UAE – Instagram)
La dirigenza UAE Emirates ad Abu Dhabi per festeggiare il primato nel WorldTour (foto UAE – Instagram)

La “panchina” della UAE

Non solo, ma al termine di questo triennio, il nuovo regolamento è ancora più stringente. E coinvolge anche le squadre che non fanno parte del WT. Per ottenere infatti un invito nei tre maggiori Giri, bisognerà essere tra le prime 50 squadre al termine di quest’anno. Nelle prime 40 al termine del 2024 e nelle prime 30 al termine del 2025.

Insomma ciclismo sport individuale… ma sempre più di squadra. E tutto sommato, per certi aspetti è bello così. Pensiamoci in un attimo. La Jumbo-Visma ha vinto tutti e tre i grandi Giri, ha messo nel sacco molte corse importanti di un giorno eppure non ha vinto la classifica, perché la UAE Emirates gli era subito a ruota negli stessi GT, ma ha sfruttato meglio la “panchina lunga” della sua rosa nelle corse minori. Quel migliaio di punti di differenza tra le due corazzate è infatti tutta lì. E questo a nostro avviso aumenta il senso di squadra.

SQUADRANAZIONESTATUSPUNTI
1UAE Team EmiratesEmirati Arabi UnitiWT30.958,18
2Jumbo – VismaOlandaWT29651,45
3Soudal – Quick StepBelgioWT18697,85
4Ineos GrenadiersRegno UnitoWT17794,26
5Lidl – TrekStati UnitiWT16054,45
6Bahrain – VictoriousBahrainWT15787,81
7Groupama – FdjFranciaWT14834,51
8Alpecin – DeceuninckBelgioWT14517,25
9Lotto – DstnyBelgioPRO14112.83
10Bora – HansgroheGermaniaWT13325,13
11EF Education – EasypostStati UnitiWT11818,69
12Movistar TeamSpagnaWT10984,53
13Team Jayco – AlUlaAustraliaWT10704,31
14Intermarché – CircusBelgioWT10492,28
15CofidisFranciaWT10437,41
16Israel – Premier TechIsraelePRO10022
17Ag2R – CitroenFranciaWT9109
18Team Dsm – FirmenichOlandaWT9102,2
Le prime 18 squadre del 2023, quelle che sarebbero nel WT al termine del triennio 2023-2025 (fonte UCI)

La Dsm chiude il WT

Ma facciamo la foto della classifica UCI. Come detto guida la UAE Emirates. La squadra araba conta 30.958,18 punti. Alle spalle c’è la Jumbo-Visma con 29.651,45 punti. Chiude il podio la Soudal-Quick Step con 18.697,85 punti… a seguire tutte le altre. Chiude la top 18, vale a dire il limite per restare nel WT la Dsm-Firmenich con 9.102,2 punti.

Quel che si nota è l’enorme divario, ben oltre 10.000 tra le prime due e le altre. A portare i punti sono i primi 20 atleti. E non si può dire che i grandi team non abbiano delle rotazioni. Tanto per dare un dato, Fisher-Black con 296,62 punti è  il 21° della UAE Emirates. Sarebbe tra i primi 18 già nella Soudal-Quick Step e addirittura il decimo nella Ag2R-Citroen.

Nel borsino di chi sale e chi scende, fanno un bel balzo in avanti la EF EasyPost e Lidl-Trek che passano rispettivamente dal 18° all’11° posto e dal 12° al 5°. Mentre la parte del gambero spetta alla Bora-Hansgrohe (lo scorso anno quarta e quest’anno decima) e alla Intermarché-Wanty Circus che addirittura perde nove posizioni: dal quinto al 14° posto.

Tra Giochi asiatici, Langkawi e Turchia (in foto) l’Astana è andata a caccia di “punti facili”. Qui Lutsenko, l’atleta che ne ha portati di più
Tra Giochi asiatici, Langkawi e Turchia (in foto) l’Astana è andata a caccia di “punti facili”. Qui Lutsenko, l’atleta che ne ha portati di più

Astana nella tempesta 

Passiamo poi alle note dolenti. C’è una frase di Alexandre Vinokourov che ci torna in mente, tanto più dopo aver letto la classifica della sua Astana-Qazaqstan: «Non stare nel WorldTour sarebbe una tragedia per noi». E il campione olimpico di Londra 2012 non aveva torto. L’Astana infatti è attualmente fuori dalla top 18, quindi dal WT. Il team kazako è 20°, ultimo delle WorldTour con 7.044,44 punti. E’ alle spalle dell’Arkea-Samsic che si è accaparrata i 658 punti di Demare, altrimenti sarebbe stata ultima.

Da questi dati si capisce – ma si sapeva – perché l’Astana abbia corso molto in Asia a fine stagione. E’ stata una vera caccia di punti, il cui bottino nonostante le vittorie non è stato così voluminoso. Il divario dalla 18ª non è piccolo da colmare: parliamo di oltre 2.000 punti, vale a dire quelli che porta da solo un corridore di livello quale Pidcock per dare un’idea.

SQUADRANAZIONESTATUSPUNTI
19Arkea -SamsicFranciaWT7.229
20Astana – QazaqstanKazakistanWT7.044,44
21Uno-X Pro CyclingNorvegiaPRO6.569
22Team Total EnergiesFranciaPRO5.765
23Q36.5 Pro Cycling TeamSvizzeraPRO3.397,67
24Green Project – BardianiItaliaPRO3.388,75
25Tudor Pro Cycling TeamSvizzeraPRO2.606
… 27Eolo – KometaItaliaPRO2.397
… 35Corratec – Selle ItaliaItaliaPRO1.506
Le altre squadre in lotta per un posto nel WT più le italiane (fonte UCI)

Strategie mirate

E quei 2.000 punti non sono pochi, anche perché le corse che contano e che danno più punti vanno sempre più o meno alle stesse squadre e quindi le occasioni per recuperare non sono tantissime. Quante “corsette” – che rendono poco – dovrebbero vincere in Astana o Arkea? Se poi mandi gli atleti buoni in quelle gare a caccia di punti, con chi ti presenti in quelle maggiori?

No, non è semplice. Anche perché gli altri team nella “zona retrocessione-promozione”, vedi Ag2R, Dsm lottano col coltello tra i denti e si faranno i loro conti e di conseguenza attueranno le loro strategie. La Total Energies per esempio è lì. E lo stesso la Uno-X.

A proposito, la squadra norvegese, essendo stata la miglior professional fuori dalla top 18, si è guadagnata l’invito per le classiche monumento per il 2024. Sempre in termini d’invito le retrocesse dell’anno scorso, Israel-Premier Tech e Lotto-Dstny essendo rimaste nella top 18, ma non essendo WT, hanno il diritto di prendere parte ai grandi Giri. La Lotto, ottima nona e prima professional, quest’anno ha rinunciato al Giro.

La Green Project-Bardiani è stata la prima italiana del 2023: un buon mix tra gli elite e il gruppo giovani U23
La Green Project-Bardiani è stata la prima italiana del 2023: un buon mix tra gli elite e il gruppo giovani U23

Italiane (quasi) bene

E questa rinuncia al Giro d’Italia da parte della squadra belga introduce al discorso delle italiane. E sì perché pensando alla corsa rosa, che è l’appuntamento più importante – se non vitale – per le nostre squadre, la questione si fa delicata.

Non tanto perché bisogna essere tra le prime 50 per il prossimo anno e tutte e tre le nostre professional ci sono, quanto perché il GT di riferimento deve invitare una squadra della stessa Nazione (per esempio è scontato che il Tour inviti la francese Total Energies). Ma vedendo le sponsorizzazioni della Tudor con Rcs, appare scontata una sua presenza al prossimo Giro.

Facendo i “conti della serva”, le due wild card del prossimo Giro potrebbero essere appunto la svizzera Tudor e la Green Project-Bardiani, prima italiana. Tra l’altro la Tudor segue a ruota proprio la Green Project in classifica. Se poi Israel o Lotto rinunciassero si avrebbe uno slot in più.

E veniamo alla classifica delle italiane. La prima è, come detto, la squadra dei Reverberi: 24ª con 3.388,75 punti. Seguono la Eolo-Kometa, 27ª con 2.397 punti, e la Corratec-Selle Italia 35ª con 1.506 punti. Se fossimo al termine del triennio 2023-2025 quest’ultima non potrebbe ricevere l’invito per il Giro in quanto fuori dalle top 30. C’è tempo per migliorare e crescere.

La forchetta tra le primissime e le altre sembra aprirsi sempre di più, ma poiché contano le posizioni e non i punteggi, è lecito essere ottimisti. E’ vero che ci sono le briciole, ma sono briciole per tutti e magari anche con “pochi” punti si può restare nel limite delle trenta. E sperare… 

Dietro il ritorno di Ewan c’è lo zampino di Copeland

26.10.2023
6 min
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C’è un ciclismo che a ottobre va in vacanza ed è quello dei corridori. Dall’altra parte c’è un ciclismo che ora raddoppia i suoi impegni: è quello dei diesse, dei team manager e degli staff. Brent Copeland non è da meno e in questo autunno che in un batter d’occhio ha invaso la nostra penisola lui lavora già per il 2024. Copeland vive a Como da qualche anno, parla un italiano fluente e non si nasconde dietro risposte scontate.

Fra i colpi di mercato più interessanti della Jayco-AlUla per il 2024 c’è sicuramente il ritorno di Caleb Ewan
Fra i colpi di mercato più interessanti della Jayco-AlUla per il 2024 c’è sicuramente il ritorno di Caleb Ewan

(Ri)ecco Ewan 

La sua squadra, la Jayco-AlUla, ha da poco ufficializzato il ritorno di Caleb Ewan, il velocista tasmaniano ha lasciato la Lotto Dstny per tornare all’ovile, da dove la sua carriera ha avuto inizio.

«Per noi – dice con una risata Copeland – questi sono i mesi con più stress, niente vacanze. Ci sono da preparare le registrazioni dei corridori, maglie, loghi, mezzi e disegni per il 2024. Questa settimana sono a Taiwan, nella sede di Giant, per qualche giorno. Sarò con Yates che prenderà parte alla Taiwan Kom Challenge. Una gara di 105 chilometri che prevede la scalata di una salita lunga 90 chilometri, con 3.200 metri di dislivello. Nell’albo d’oro spunta anche il nome di Nibali nel 2017».

Passiamo dalla salita alla pianura, dal 2024 riaccogliete Caleb Ewan…

Vero, un corridore che a noi è sempre piaciuto, ha il giusto atteggiamento ed il carattere adatto. E’ passato professionista con noi e, quando si è trattato di cambiare strada, lo abbiamo fatto nella maniera giusta. Per lui era arrivato il momento di provare qualcosa di diverso. Ora invece è tornato indietro, per far vedere quanto vale. Ha ancora tanti anni da professionista davanti. 

Quando siete entrati in contatto per riportarlo da voi?

Dopo l’estate, ha avuto dei problemi al Tour de France con la sua vecchia squadra, non andavano più d’accordo e Caleb si è guardato in giro. E’ un velocista di primo piano, tante squadre lo volevano: un corridore come lui può portare una decina di vittorie in una stagione. Questo comporta guadagnare punti, visibilità per la maglia, gli sponsor.

Per Copeland, qui in foto con Groenewegen, due velocisti di punta in squadra possono convivere bene
Per Copeland, qui in foto con Groenewegen, due velocisti di punta in squadra possono convivere bene
Cosa importante visto che le licenze si giocano ai punti in una classifica triennale. 

Noi nel 2022 ci siamo presi un bello spavento visto che siamo finiti in fondo alla classifica del triennio 2019-2022. Non creeremo un calendario incentrato su Ewan, ma avere un velocista come lui aiuta a mantenere il livello alto. Considerando che abbiamo anche Groenewegen.

I due si trovano bene insieme?

Sono molto amici, Ewan è stato accanto a Dylan dopo l’incidente al Tour de Pologne con Jakobsen. Non avranno problemi di “convivenza” ci sono talmente tante corse che avere due velocisti forti è quasi necessario. C’è un altro punto di forza.

Dicci…

Il treno: Ewan è un velocista che sa cavarsela anche da solo, a differenza di Groenewegen, che necessita di un treno tutto suo. A Caleb per fare una volata non servono molti uomini, solo un paio che lo aiutino a posizionarsi nell’ultimo chilometro, poi lui fa da solo. Dal punto di vista di un grande Giro un corridore del genere ti permette di dividere la squadra in due: classifica generale e tappe. 

Quindi non ha avanzato nessuna richiesta di uomini che potrebbero servirgli?

No no, si fida di noi. Abbiamo una bella squadra, che può aiutare sia Ewan che Groenewegen. 

Rispetto alla sua avventura precedente cambia bici, passando da Scott a Giant, avete già preso le misure?

Insieme ai corridori extra europei abbiamo già fatto delle visite mediche e dei controlli. Il mio viaggio a Taiwan serve anche per questo, andrò a vedere due o tre nuovi prototipi di bici, sono molto curioso di vedere cosa hanno pensato. In primis io sono appassionato di tecnica e materiali, in secondo luogo Giant è il primo marchio al mondo per produzione. Sono molto specifici e precisi nel loro lavoro. 

E’ ancora presto per ipotizzare il calendario di Ewan?

Sì, lunedì abbiamo stilato il calendario di corse, ma per capire chi gareggerà e dove è ancora presto, anche perché il Tour è stato presentato solamente ieri. Il percorso del Giro d’Italia, però è molto interessante, a mio modo di vedere ci sono sette tappe aperte ad arrivi in volata. 

Una certezza c’è, Ewan di solito parte presto a correre, a gennaio dalle corse di casa in Australia. Avete già qualche ritiro programmato per arrivare pronti ai primi appuntamenti?

Il 10 dicembre in Spagna partiremo con un ritiro “ridotto” ci saranno solamente una decina di corridori del team maschile e qualche ragazza di quello femminile. Poi il 15 gennaio lavoreranno gli altri, mentre i primi saranno a correre in Australia

L’esordio del tasmaniano (a destra in foto) è avvenuto però nel 2014, da stagista, qui al Tour of Beijing
L’esordio del tasmaniano (a destra in foto) è avvenuto però nel 2014, da stagista
Ewan ritrova anche Jayco, sponsor del team dove militava prima di passare professionista…

Jayco, come Bike Exchange e Mitchelton, è di proprietà di Gerry Ryan, capo del nostro team. Gli è sempre piaciuto Caleb ed è stato il primo a volere il suo ritorno da noi.

L’ultima domanda: cosa ti aspetti dal ritorno di Ewan?

Mi aspetto che porti un ambiente vincente. Ha questa mentalità che porta a creare una forte connessione con i compagni ed è in grado di tirare fuori il meglio da loro.

Bagioli alla scoperta dell’America, della Lidl-Trek, di se stesso

25.10.2023
6 min
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Due giorni fa il ritorno dagli Stati Uniti, dopo la visita al quartier generale di Trek e un giro per Chicago, guardando partite di hockey e di basket NBA. Oggi la partenza per la Tanzania con la sua ragazza. E poco prima, la scelta di cambiare squadra e il secondo posto del Lombardia, forse non celebrato a dovere. Il fine stagione di Andrea Bagioli non è passato via in modo banale e proprio la decisione di lasciare la Soudal-Quick Step per approdare alla Lidl-Trek è il punto che abbiamo voluto approfondire con lui.

Nel primo ritiro fra il Wisconsin e Chicago, si è raccontata ai nuovi la Lidl-Trek
Nel primo ritiro fra il Wisconsin e Chicago, si è raccontata ai nuovi la Lidl-Trek

La benedizione di “Guerci”

Le parole di Luca Guercilena sulla voglia di dargli fiducia e farne un leader sono parse una consacrazione. La sua voglia a inizio 2023 di guardarsi intorno stava a significare che il valtellinese fosse pronto a spiccare il volo, uscendo dal cono di luce di chi aveva davanti.

«L’ambiente della nuova squadra – risponde mentre parcheggia l’auto – mi è parso molto buono. Mi ha sorpreso positivamente, sono stati super disponibili. Si capisce che sia un gruppo più internazionale, quindi c’è più apertura rispetto alla Soudal-Quick Step in cui comunque si percepisce forte l’anima belga. C’eravamo quasi tutti, tranne Consonni che negli stessi giorni si è sposato, poi Cataldo e Milan che sono venuti solo alla fine, dopo la corsa in Cina». 

Prima del Lombardia, la marcatura fra Bagioli e Pogacar era iniziata ai mondiali, chiusi da Tadej sul podio
Prima del Lombardia, la marcatura fra Bagioli e Pogacar era iniziata ai mondiali, chiusi da Tadej sul podio
Perché a gennaio dicesti che avresti valutato anche un cambio di squadra?

Non posso dire che non avessi il mio spazio, però dopo quattro anni cerchi qualcosa di nuovo. Alla fine fai sempre gli stessi ritiri, gli stessi allenamenti, vedi sempre le stesse persone, quindi magari diventa un po’ troppo monotono.

Alla Soudal-Quick Step sentivi di essere considerato un corridore importante?

Devo dire che anche durante le classiche, quest’anno partivo quasi come un capitano. A parte la Liegi, nelle altre avevo ruoli abbastanza importanti. Però qui già da inizio anno abbiamo fatto il calendario assieme, ho deciso io alcune gare che volevo fare e mi hanno ascoltato. Mi trattano un po’ più come un leader.

E’ stato difficile scegliere la squadra nel momento in cui hai deciso di andar via?

Non più di tanto, perché sono venuti subito con una buona offerta triennale e anche con un bel progetto, che mi ha ispirato subito. Poi parlandone con Quinziato (il suo agente, ndr), abbiamo valutato le varie opzioni e abbiamo concluso che la Lidl-Trek fosse la migliore. Avevano l’idea di prendermi e farmi crescere, non un progetto a breve termine, ma a lunga scadenza, per arrivare a vincere gare importanti.

Questa la volata con cui Bagioli ha preceduto Roglic e Vlasov, strappando il secondo posto al Lombardia
Questa la volata con cui Bagioli ha preceduto Roglic (a sinistra fuori inquadratura) e Vlasov, arrivando 2° al Lombardia
Che cosa ti manca ancora per arrivare a vincere la classica con la C maiuscola?

Al Lombardia ho trovato un Pogacar di troppo, che mi ha impedito di vincerlo (Bagioli è arrivato secondo, ndr). Cosa mi manca? Secondo me, più che altro, la fiducia in me stesso. Anche se, già a fine stagione, qualcosa è cambiato e infatti i risultati sono arrivati. Invece a inizio anno partivo un po’ svantaggiato perché non ero molto sicuro e alla fine andava male. Se non sei sicuro e vedi gli altri che vanno forte, se hai la testa da un’altra parte, è molto più difficile che arrivi il risultato.

Che cosa è cambiato a fine stagione? Perché c’è stata questa svolta?

Non lo so neanch’io, mi sentivo in modo diverso, più rilassato e più sicuro di me stesso. A luglio avevo deciso di cambiare squadra, quindi magari anche quell’aspetto ha fatto la differenza. Se non devi pensare al contratto per il prossimo anno, sei tranquillo. Ti concentri al 100 per cento sulla bici, sugli allenamenti, l’alimentazione e tutto viene più facile.

Secondo te la fiducia in se stessi viene anche dalla squadra?

Sì, sicuro. La squadra deve essere la prima che ti dà fiducia. Se parti senza la fiducia della squadra, è difficile anche per te stesso. Se invece sai che puoi contare sull’appoggio dei tuoi compagni e dei direttori e, sai che nella determinata gara sono lì tutti per te, allora è diverso. Certo, avrai più pressione addosso, però è una pressione positiva che ti carica ancora di più.

Il finale di stagione ha visto un Bagioli più sereno e sicuro: qui vince il Gran Piemonte
Il finale di stagione ha visto un Bagioli più sereno e sicuro: qui vince il Gran Piemonte
Che cosa porti via dalla Soudal-Quick Step?

In questi quattro anni sono cresciuto tanto, al primo anno da professionista ero molto inesperto sotto tutti gli aspetti. Quello che ho imparato meglio forse è la capacità di affrontare le gare lunghe, le classiche ben oltre i 200 chilometri. Su quello sono migliorato molto. Infatti anche al Lombardia, che erano sei ore di corsa, nel finale ero lì. Si tratta di imparare ad alimentarsi per risparmiare il più possibile, perché alla fine conta ogni watt che risparmi e poi te lo trovi alla fine della corsa.

Hai parlato di pressione positiva: ti è mancata in questi anni oppure è giusto arrivarci adesso perché hai le spalle più larghe per sostenerla?

Forse è giusto che arrivi adesso. Se arrivasse appena passi professionista, non sarebbe semplice da sopportare, a meno che tu non abbia un motore alla Remco, con il quale viene tutto facile. Invece adesso che ho fatto i miei quattro anni di esperienza, sono più consapevole dei miei mezzi e fin dove posso arrivare. Quindi è un bene che la pressione arrivi adesso.

Presentazione Soudal-Quick Step, a Popsaland: sia De Clercq sia Bagioli dal 2024 saranno alla Lidl-Trek
Presentazione Soudal-Quick Step, a Popsaland: sia De Clercq sia Bagioli dal 2024 saranno alla Lidl-Trek
Sai già quale sarà il tuo nuovo preparatore? Ti intriga o ti allarma il fatto di cambiarlo?

Non so ancora con chi lavorerò, penso sarà uno spagnolo in arrivo nella squadra. Un po’ mi è dispiaciuto di lasciare il mio vecchio preparatore: Vasilis, il greco. Con lui in questi quattro anni ho lavorato veramente bene, secondo me è uno dei migliori al mondo. Ti segue, vedi che ha passione in quello che fa, quindi quel lato un po’ mi preoccupava. Però alla fine qualche cambiamento magari serviva, ci sta che magari a certe cose Vasilis non ci arrivasse, mentre saranno possibili col nuovo preparatore. Devo solo avere fiducia e andrà bene di sicuro.

Il prossimo appuntamento con la squadra sarà il ritiro a dicembre?

Sì, a Calpe. Adesso si va in vacanza in Tanzania, prima un safari e poi al mare a Zanzibar. E al rientro si ricomincia con una nuova maglia, una nuova bici e una nuova squadra.

Due Tour in un giorno: a Parigi lo show è tutto giallo

25.10.2023
7 min
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Ci sarà poi il tempo per approfondire, entrare nel vivo, spiegare e fare progetti. Per ora, la presentazione dei due Tour a Parigi ha colpito negli occhi e nell’anima i presenti e chi l’ha vissuta in collegamento da casa. Il Tour Femmes e il Tour degli uomini raccontati in un solo colpo, con grande prova di pianificazione, al punto di aver portato Marta Cavalli a provare l’ultima tappa della gare delle donne, perché un video potesse raccontarla proprio oggi.

ASO e il ciclismo

Abbiamo ascoltato parole che lasciano il segno, come quelle di Jean Etienne Amaury, presidente di ASO.

«Il Tour 2023 – racconta dal palco – ci ha consegnato la grande risposta del pubblico, con 42 milioni di persone in Francia e 150 nel resto del mondo. Grossi riscontri sono venuti grazie ai social e a Unchained, la serie Netflix. Il Tour vuole promuovere il ciclismo come mezzo di locomozione ecologico, che rispecchia la nostra filosofia di rispetto per l’ambiente. Abbiamo stretto un’intesa molto importante con Ministero dello Sport e il Ministero dell’Educazione, per fornire al più alto numero di bambini fra 6 e 11 anni il necessario per andare in bicicletta. E nell’ottica dello sviluppo del ciclismo, abbiamo rinnovato l’accordo con la Federazione francese».

Il Tour de France Femmes by Zwift inizia il 12 agosto da Rotterdam e si chiude sull’Alpe d’Huez

Donne da Rotterdam

Il Tour de France Femme by Zwift inizierà il 12 agosto da Rotterdam. Il momento dell’annuncio è introdotto dalle immagini della scorsa edizione, fino all’arrivo sul palco di Christianm Prudhomme e Marion Rousse. E subito dalle parole della bionda ex atleta si capisce che ci sarà la sorpresa.

«La prima edizione – dice – ci ha dimostrato che si tratta di un evento eccezionale, per cui disegnare la seconda è stato più facile, perché conoscevamo la direzione da prendere. Dal primo all’ultimo giorno abbiamo avuto e di certo avremo una grande audience. Il Tourmalet è stato un momento epico e suggestivo, ma il prossimo anno non saremo da meno».

Le tappe saranno 8, i chilometri in totale 946,3 con distanze importati per la categoria. Il duro inizia subito, con l’arrivo di Liegi che propone le strade della Doyenne, e nel finale con il doppio arrivo in salita. Le Grand Bornand e gran finale all’Alpe d’Huez. E mano a mano che la grafica disegnava tornanti sul profilo della montagna, il pubblico del Palais des Congres, avendo capito, ha salutato il traguardo decisivo del Tour.

La presentazione del Tour si è svolta come da tradizione nel Palais des Congres di Parigi
La presentazione del Tour si è svolta come da tradizione nel Palais des Congres di Parigi

Tour uomini, i ricordi

Il Tour degli uomini lo annuncia invece da solo Prudhomme, non prima di aver rivissuto l’edizione 2023, che si apre con le parole di resa di Pogacar: «Sono morto».

Poi, in un lungo flashback, lo schermo propone i primi scontri fra Vingegaard e lo sloveno. Lo sguardo sperso di Cavendish costretto al ritiro. La commozione di Pello Bilbao che vince per Gino Mader. Gli scatti a raffica di Pogacar, che adesso sembrano quasi beffardi. La crono, prima mazzata di Vingegaard, che dichiara: «Probabilmente, la corsa della mia vita». Poi il naufragio di Pogacar a Courchevel. Le lacrime di Mohoric e l’esultanza di Ciccone sulla salita decisiva, prima del bagno di folla per Thibaut Pinot.

Il via da Firenze

La Grande Partenza sarà data, come ben sappiamo, dall’Italia. L’arrivo per la prima volta sarà invece lontano da Parigi, a Nizza, viso che la Capitale sarà presa dall’organizzazione delle Olimpiadi.

Sul palco sale Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, introdotto con splendide parole da Prudhomme.

«Era strano che un Paese come l’Italia – dice Prudhomme – con i grandi campioni che hanno legato la loro fortuna al Tour, non avesse mai accolto una partenza del Tour. E’ raro che il Tour de France inizi con più di 3.600 metri di dislivello, in effetti non è mai successo prima! Ed è anche la prima volta che la corsa tocca la città natale di Gino Bartali. Il susseguirsi delle colline tra Toscana ed Emilia-Romagna sarà probabilmente lo scenario per un confronto immediato e impegnativo, in particolare la salita verso San Marino, dove la corsa aggiungerà un 13° nome al suo catalogo di visite all’estero».

E Bonaccini, prima parte in francese e poi passa all’italiano. «Come diceva Gianni Mura – racconta – il Tour è un’avventura umana. Lo sport che diventa linguaggio universale, parlato e compreso in tutto il mondo. La Grande Depart è un sogno che si avvera, un evento storico per il nostro Paese. Siamo pronti ad accogliere il Tour de France, con un eccezionale lavoro di squadra iniziato da tre anni. Tutti insieme abbiamo fatto l’impresa».

Chiusura a Nizza

Poi è il turno di Nizza, sede di arrivo, con le parole del sindaco che si commuove ricordando le sue origini italiane. E quando anche Nizza augura a tutti un grande Tour, viene finalmente alzato il velo sull’edizione 2024 del Tour de France che scatterà il 29 giugno da Firenze.

Il percorso è subito severo. Basti pensare che la prima tappa ha 3.600 metri di dislivello e che la seconda proporrà per due volte la scalata del Colle di San Luca a Bologna. E’ italiana anche la tappa più lunga del Tour, quella da Piacenza a Torino con 229 chilometri. E parte dall’Italia la tappa con la salita Souvenir Desgrange: la quarta, da Pinerolo a Valloire, che scalerà il Galibier dal Lautaret, prima della discesa finale.

Si parte il 29 giugno

Il Tour 2024 è composto da 21 tappe, più due giorni di riposo. Sono due anche le cronometro: l’ultima il sabato prina del gran finale, molto dura. Si parte da Firenze e si finisce a Nizza, con le Alpi prima dei Pirenei.

1ª tappa29 giugnoFirenze-Rimini206
2ª tappa30 giugnoCesenatico-Bologna200
3ª tappa1 luglioPiacenza-Torino229
4ª tappa2 luglioPinerolo-Valloire138
5ª tappa3 luglioSt Jeanne de Maurienne-Saint Vulbas177
6ª tappa4 luglioMacon-Dijon163
7ª tappa5 lugliocronometro individuale, Nuits Saint Georges-Gevrey Chambertin25
8ª tappa6 luglioSemur en Auxois-Colombey les Deux Eglises176
9ª tappa7 luglioTroyes-Troeys199
Riposo8 luglioOrleans
10ª tappa9 luglioOrleans-Saint Amand Montrond187
11ª tappa10 luglioEvaux les Bains-Le Lioran211
12ª tappa11 luglioAurillac-Villeneuve sur Lot204
13ª tappa12 luglioAgen-Pau171
14ª tappa13 luglioPau-Saint Lary Soulan (Pla d’Adet)152
15ª tappa14 luglioLoudenvielle-Plateau de Beille198
Riposo15 luglioGruissan
16ª tappa16 luglioGruissan-Nimes187
17ª tappa17 luglioSaint Paul Trois Chateaux-Superdevoluy178
18ª tappa18 luglioGap-Barcelonnette179
19ª tappa19 luglioEmbrun-Isola 2000145
20ª tappa20 luglioNice-Col de la Couillole133
21ª tappa21 lugliocronometro individuale, Monaco-Nice34
Totale Chilometri3.492

Pirenei e poi le Alpi

Il Tour è un riccio che si infila fra colline e città. Scala i Pirenei prima delle Alpi, con gli arrivi di Plateau de Beille e Pla d’Adet alla 14ª e 15ª tappa, ma già nella 9ª propone un continuo saliscendi su strade bianche che rischierà di fare molto male.

Le tappe dalla 17ª alla 20ª proporranno una quantità importante di salite, con gli arrivi a Superdevoluy, Barcellonette, Isola 2000 e il Col de la Couillole in Costa Azzurra. Sarà anche il Tour delle alte quote, dato che 25 chilometri di montagna saranno percorsi oltre i 2.000 metri.

E se la salita non bastasse, le prove a cronometro saranno due. Per specialisti quella alla 7ª tappa di Gevrey Saint Martin di 25,3 chilometri. Per corridori resistenti cui sia rimasto qualcosa da dare la 21ª da Monaco a Nizza, lunga 34 chilometri, con le salite del Col d’Eze e la Turbie nel percorso. Paradossalmente potrebbe essere ancora tutto in palio fino all’ultimo chilometro.

La sensazione è quella di un Tour duro ma non durissimo, anche per strizzare l’occhio alle Olimpiadi che già busseranno alla porta. Le squadre ora hanno quel che serve per redigere i programmi dei loro atleti. Le donne aspettano il percorso del Giro d’Italia Donne. Nelle prossime settimane approfondiremo i discorsi. Quando si spegne la luce nel Palazzo dei Congressi di Parigi, ancora una volta la sensazione è quella di aver assistito a qualcosa di grande e di ben fatto.

Pavanello ci apre le porte della Borgo Molino delle meraviglie

25.10.2023
6 min
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Un bottino di 32 vittorie ed oltre 70 podi… la stagione della Borgo Molino-Vigna Fiorita è stata di nuovo stellare. Il team veneto ha vinto la classifica a squadre della categoria juniores. Oltre a questi numeri spiccano le top cinque, più di cento, e il fatto che la squadra diretta da Cristian Pavanello abbia dato anche delle perle azzurre. Vedi: Bessega, Montagner, Favero…

Con Pavanello è dunque il momento ideale per tracciare un bilancio di questo super 2023. Ma anche per conoscere il loro metodo di lavoro e analizzare alcuni aspetti che vanno oltre il seminato della Borgo Molino-Vigna Fiorita, ma si allargano alla categoria juniores in generale.

Cristian Pavanello, ex dilettante, ora è tecnico e dirigente della Borgo Molino-Vigna Fiorita (photors.it)
Pavanello, ex dilettante, ora è tecnico e dirigente della Borgo Molino-Vigna Fiorita (photors.it)
Cristian, ancora un grande numero di vittorie…

Sì, tante vittorie, forse qualcuna in meno rispetto ad altre volte, ma alcune sono di prestigio maggiore. Ci sono poi alcune ciliegine sulla torta come l’Europeo di Favero, la medaglia nel mondiale in pista… Nel complesso devo dire che è stata anche una stagione un po’ inaspettata a questi livelli, perché avevamo ben dieci ragazzi di primo anno.

E come ci siete riusciti?

Studiando bene gli impegni e programmando con attenzione la stagione. Abbiamo gestito gli atleti anche in considerazione della nazionale. Penso a Favero per esempio, avrebbe potuto fare di più su strada, ma per ottenere i risultati che ha raggiunto in pista serviva tempo. Abbiamo cercato di assecondare le richieste del cittì, Dino Salvoldi. Mi è piaciuta poi anche la prestazione nella cronosquadre di Soligo. Lì abbiamo tenuto testa e battuto team come l’Ag2R e l’Autoeder e per me è stato un risultato di valore. Abbiamo dimostrato di essere una squadra di livello europeo e mondiale.

Il quartetto degli azzurrini ai mondiali su pista di Cali, in Colombia. Ne faceva parte anche Favero
Il quartetto degli azzurrini ai mondiali su pista di Cali, in Colombia. Ne faceva parte anche Favero
Come lavorate dunque? Allenamenti tutti insieme o seguite i ragazzi “da remoto” come fanno i pro’?

Non è facile fare allenamenti tutti insieme. I nostri ragazzi vanno da Udine a Vicenza, fino a Padova. Ci siamo dunque organizzati con più persone per seguirli dal vivo, almeno due, se non tre, volte a settimana. In pratica quando devono fare dei lavori specifici o degli allenamenti più intensi noi li seguiamo fisicamente raggiungendoli dove abitano.

E quando devono fare scarico li lasciate liberi…

Esatto. Abbiamo capito che metterli tutti insieme nel mezzo della settimana non era più fattibile, però ci tenevamo a seguirli lo stesso. Il numero di atleti in generale è in calo e quelli di valore sono anche meno… quindi ti devi muovere se vuoi ottenere qualcosa. Devi muovere mezzi e persone. Fortunatamente riusciamo ancora a farlo. Poi chiaramente di tanto in tanto facciamo dei ritiri. Quando hai a che fare con gente come Cettolin, Favero o Bessega devi gestirli e programmare bene i loro impegni.

Quando dici: “Ci sono delle persone che li seguono” a chi ti riferisci, ai direttori sportivi?

A persone di fiducia. Ci sono io, c’è Luciano Rui e altri accompagnatori come Stefano Zaninin che appunto seguono i ragazzi in allenamento. Per noi questo è un dogma. Ma attenzione, seguirli non significa che gli facciamo fare il doppio. Significa che li facciamo lavorare bene. Anche perché questi sono ragazzi che vanno a scuola. Molti di loro si svegliano alle 5,30-6 del mattino, tornano a casa alle 14, mangiano e poi saltano in sella. Capite anche voi che dopo 7-8 ore che sei in giro, anche per il più appassionato dei ragazzi non è semplice. Riteniamo quindi che abbiano bisogno di un certo sostegno da parte nostra.

La Borgo Molino impegnata nella cronosquadre di Soligo al Giro del Friuli, risultato importantissimo
La Borgo Molino impegnata nella cronosquadre di Soligo al Giro del Friuli, risultato importantissimo
Un’impostazione importante dunque. Ma poi i ragazzi non sono troppo impegnati? Voi ne avete fatti passare molti, ma poi sono davvero pronti?

Capisco il discorso, ma ribatto con una provocazione: se ho in squadra degli atleti che non vincono e poi passano under 23? E’ un dato di fatto che le squadre cerchino gli atleti più forti. Quest’anno per esempio ne abbiamo fatti passare sei e non è stato facile, non tutti e sei avevano vinto 7-8 corse in stagione. Poi è anche vero che noi stessi dobbiamo essere consapevoli che dobbiamo cercare di vincere, però non allenandoci come pro’, bensì come juniores. Sfido io a trovare una squadra juniores che ha visto diventare professionisti tanti atleti come la nostra. Solo per citarne alcuni recenti: Bruttomesso è alla Bahrain-Victorious, De Pretto è alla Jayco-AlUla, Bessega alla Lidl-Trek, Moro alla Movistar e presto firmeranno anche Cettolin e Montagner.

Oggi molti juniores vogliono subito la development della WorldTour. Le stesse squadre U23 ci hanno detto che fanno fatica a trovare i ragazzi di primo anno…

Per me è una moda, sostenuta anche dai procuratori che chiaramente fanno i loro interessi e quelli dei ragazzi. Ma dico anche che questa situazione è figlia di una cattiva gestione delle stesse squadre under 23. Io per esempio propongo dei ragazzi ad alcuni team, ma in prima battuta non mi rispondono o mi dicono di no. Poi arrivano altre squadre che li prendono e a quel punto vengono a chiedermeli. Le nostre squadre under 23 dovrebbero fidarsi al momento opportuno. Di contro, aggiungo che andare nelle development non è sempre la soluzione migliore.

Spiegaci meglio…

Non tutti sono dotati da madre natura. C’è anche chi impiega un po’ di più per maturare, anche da un punto di vista mentale, e se un ragazzo non è pronto si rischia di perderlo. Oggi a 22 anni, se non sei pronto sei spacciato. Poi solo il tempo ci dirà se è questa la strada giusta, come sempre saranno i numeri a parlare. Il tutto in un livello medio che è sempre più alto. Pensiamo ai quartetti: oggi gli juniores girano sui tempi degli under 23. Prima in questa categoria si vinceva una crono a 48-49 di media, oggi si deve andare oltre i 50 e forse non basta. Quanto a noi tecnici, se non portiamo un ragazzo ad alto livello ci criticano e ci dicono che all’estero sono più bravi e noi non stiamo al passo. Se vincono, ci dicono che li abbiamo fatti lavorare troppo. Chiedo io una risposta…

Un arrivo in parata per i neroverdi. Più di qualche volta hanno dominato così
Un arrivo in parata per i neroverdi. Più di qualche volta hanno dominato così
Cristian, cosa lascia secondo te la Borgo Molino ai suoi ragazzi?

Sin dai tempi in cui eravamo Rinascita Ormelle o anche prima, noi cerchiamo buoni atleti, giovani corridori di un certo livello… Quasi tutti hanno piacere di venire da noi, anche se qualcuno ci ha detto di no. Per noi è un piacere lavorare con certa gente, se vogliamo è anche più facile lavorare con quelli più forti. Alle spalle abbiamo una società che ci mette in condizione di lavorare bene, di stare al passo coi tempi. Noi per esempio abbiamo corso fino all’ultima gara in programma quest’anno, mentre molti team già avevano terminato la stagione. Il tutto – apro parentesi – quando da anni ci dicono che dovevamo allungare la stagione… 

Quindi possiamo dire che gli lasciate la serietà, l’importanza di prendersi un impegno?

Questo di certo si riflette sui ragazzi. Se da anni le cose vanno bene, forse è anche merito nostro. Cosa gli lasciamo? Io dico anche basi tecniche. Saper fare un treno, per esempio. Altrimenti diventano pro’ con un bagaglio tecnico che gli manca. O saper aprire un ventaglio. Quando il ragazzo si gira e vede che sono rimasti in venti, prende fiducia, si allena anche meglio e si diverte.