A un anno circa dalle prossime elezioni federali, tutto tace. Cordiano Dagnoni va avanti per la sua strada e lo si vede a tutti gli eventi cui un presidente federale è chiamato a partecipare e magari (e anche giustamente) se ne serve per rafforzare la sua candidatura. Sul fronte delle opposizioni c’è solo un gran silenzio. L’unico che ha continuato a parlare, moderno grillo parlante del web, s’è beccato 20 anni di squalifica per non aver pagato una multa di 1.500 euro, che equivalgono all’ergastolo sportivo (*). Altri per un motivo o per l’altro (a volte anche legittimo) sono stati disinnescati.
La Aspiratori Otelli Alchem CWC farà correre esordienti, allievi e juniores: è fra i team più attiviLa Aspiratori Otelli Alchem CWC farà correre esordienti, allievi e juniores: è fra i team più attivi
La tassa di iscrizione
Sui social qualche segno di malumore serpeggia, soprattutto per l’introduzione di regole senza il coinvolgimento delle parti interessate. C’è da un lato il cambiamento relativo alle visite di idoneità dei corridori stranieri. Tuttavia quella di cui si discute di più è relativa alla tassa di iscrizione per le corse regionali.
Cinque euro per corridore, come sostegno per gli organizzatori. In una gara regionale con 180 partenti, si tratterebbe di circa 900 euro per l’organizzatore della corsa: serviranno a cambiare il bilancio della sua gestione? E serviranno per sanare il movimento giovanile in Italia?
Vedendola infatti dal punto di vista delle grandi società giovanili che hanno le categorie dagli esordienti agli juniores, l’esborso potrebbe essere critico. La decisione è stata presa nelle ultime settimane e comunicata a metà febbraio, quindi a poche settimane dall’inizio della stagione: l’unico sistema probabilmente è adeguarsi. A quanto risulta, parecchi comitati regionali l’avrebbero rigettata, ma la regola rimane.
La sensazione, del tutto ipotetica, è che si stia cercando di portare sulla strada le abitudini tipiche della mountain bike (settore sempre più importante in ambito federale), dove l’iscrizione effettivamente si paga.
Al Sud poche gare e ancor meno soldi: i 5 euro saranno un vantaggio per qualcuno? (foto Team Nial Nizzoli Almo)Al Sud poche gare e ancor meno soldi: i 5 euro saranno un vantaggio per qualcuno? (foto Team Nial Nizzoli Almo)
Lo sport gratuito
Imporla oppure no è facoltativo, discutere con le parti prima di varare una riforma dovrebbe essere la base. Anche l’UCI ha sempre avuto il vizietto di riscrivere il regolamento tecnico senza sentire aziende e corridori. Ora però ha capito la necessità del confronto e adesso prima di deliberare fa i suoi passaggi. L’anno prima per l’anno dopo: basta leggere quello che ci ha spiegato nei giorni scorsi Claudio Marra.
Per i cinque euro non è successo o almeno pare. Se infatti le parti sono state invitate e non si sono presentate, allora il discorso decade. Quelli che abbiamo sentito, dicono di averlo scoperto dalle varie delibere e di non averne saputo nulla in precedenza. Il discorso alla fine verte più sul modo che sul merito.
Intendiamoci: chiunque abbia figli che praticano sport anche a livello agonistico è ben consapevole dei costi che deve sostenere. Per l’attrezzatura, le trasferte e le quote mensili. Il ciclismo è l’unico sport in cui ancora non si paga, salvo in certi casi per essere professionisti, ma quella è una deviazione su cui nessuno ha mai voluto vederci chiaro. Non si commette peccato se si vuole che il ciclismo si allinei al resto dello sport, ma trattandosi di una rivoluzione copernicana, indire un tavolo di lavoro fra tutte le parti sarebbe davvero il minimo.
La Coppa d’Oro ha dichiarato di non voler far pagare tasse di iscrizione (foto Mosna)La Coppa d’Oro ha dichiarato di non voler far pagare tasse di iscrizione (foto Mosna)
I costi fissi
Una società di juniores che debba pagare 5 euro per corridore in ogni gara regionale, si ritrova a spendere non meno di 2.000 euro all’anno. Considerando che alle corse non ci sono quasi più rimborsi per vitto e alloggio, salvo qualche gara particolarmente importante, alla fine dell’anno i soldi da spendere per trasferte e attività si aggirano attorno ai 7-8.00 euro. Poi ci sono i 40 euro per la tessera federale. Quindi le biciclette, che ormai quasi tutti comprano e sono botte da 40-60.000 euro. Gli integratori, gli pneumatici di scorta, l’abbigliamento aggiuntivo per altri 5.000 euro. La differenza si fa spesso con le conoscenze che ti permettono di risparmiare su qualche voce, tipo il casco e gli occhiali che di solito si trovano in amicizia. Aggiungiamo al mazzo anche i costi di un’assicurazione integrativa, dato che quella federale non è fra le più brillanti (probabilmente anche in rapporto ai costi).
Insomma, le spese crescono e i budget si riducono. A volte ci sembra di infierire quando invochiamo le squadre perché vadano all’estero per fare attività internazionale. Sono attività che costano e la FCI lo sa bene, dato che i costi di gestione delle nazionali e la preparazione olimpica sono una bella gatta da pelare. Se ad essi si aggiunge il consistente esborso per la produzione televisiva del Giro d’Italia Donne, si ha la conferma che far quadrare i conti sia impegnativo in ogni ambito e che il segno meno sia una presenza possibile. Se è così lassù in cima, è facile comprendere la preoccupazione di chi in questi anni lavora per far quadrare i conti delle società di base.
(*) Andrea Fin aveva ricevuto un’inibizione di 3 mesi e la sanzione pecuniaria: non avendola pagata, è scattata la sospensione più lunga, che si interromperà nel momento in cui regolarizzerà la sua posizione amministrativa.
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Nella sua lista dei desideri ci sono quello di affermarsi come atleta e di diventare una campionessa olimpica. Leggendo i risultati di inizio 2024, possiamo dire serenamente che Ally Wollaston è sulla strada giusta per realizzare i propri sogni.
In questo scorcio di stagione la 23enne neozelandese – già terza all’ultima tappa del Giro Donne dell’anno scorso – ha centrato al Tour Down Under la settima vittoria in carriera ed una serie incredibile di successi in pista. Le premesse ci sono tutte per vedere Wollaston come una sicura protagonista a Parigi. Una cliente molto scomoda per tutte, secondo anche l’opinione di Gaia Masetti, sua compagna di squadra alla AG Insurance-Soudal Team, cui abbiamo chiesto di presentarcela. Sfruttando il loro profondo rapporto di amicizia, la modenese della formazione belga è stata al gioco e ci ha raccontato qualche aneddoto.
Lo sprint vincente alla prima tappa del Tour Down Under. Wollaston ha aperto il suo 2024 in questo modoLo sprint vincente alla prima tappa del Tour Down Under. Wollaston ha aperto il suo 2024 in questo modo
Scorpacciata di medaglie
Ally Wollaston è in netta ascesa e rispetto alla scorsa stagione appare quasi un’altra atleta. Quello con la pista è un vero un colpo di fulmine quando quattordicenne inizia a gareggiare nel velodromo Manukau di Auckland. Avverte e gradisce subito il brivido dell’alta velocità tanto da farla diventare quasi la prima attività.
Nel 2019 da junior la neozelandese vince la maglia iridata nell’inseguimento individuale, aggiungendo l’argento in quello a squadre. Dodici mesi dopo, da elite, conquista altri titoli nazionali e l’anno successivo il primo continentale nell’omnium. La scuola della Nuova Zelanda è riconosciuta e rispettata da tutti – quante volte lo abbiamo sentito dire a ragion veduta dal cittì azzurro Villa – ed Ally inizia ad essere una pedina fondamentale e versatile nelle discipline endurance.
Diventare campionessa olimpica dell’omnium è il sogno nel cassetto di Wollaston fin da quando ha iniziato la pista nel 2015Nella prova di Nations Cup ad Adelaide, Wollaston (qui con Valente e Archibald) si è scontrata con le rivali che troverà a ParigiDiventare campionessa olimpica dell’omnium è il sogno nel cassetto di Wollaston fin da quando ha iniziato la pista nel 2015Nella prova di Nations Cup ad Adelaide, Wollaston (qui con Valente e Archibald) si è scontrata con le rivali che troverà a Parigi
Nel 2021 un incidente in bici, in cui riporta una commozione cerebrale che la obbliga a due mesi di stop, la priva della partecipazione a Tokyo, ma stavolta Wollaston a Parigi non vuole mancare e la rincorsa è iniziata già l’anno scorso. Nella Nations Cup della scorsa stagione ha raccolto quattro vittorie totali mentre al mondiale di Glasgow ha vinto l’argento nel quartetto.
E mandando avanti il nastro fino all’avvio di 2024, la neozelandese è praticamente dominante. Nella prova di Adelaide di Nations Cup ad inizio febbraio ha conquistato tre ori nell’eliminazione, omnium e inseguimento a squadre. La settimana scorsa ha raccolto sei medaglie ai campionati continentali dell’Oceania. Oro nell’eliminazione, quartetto, omnium, scratch, corsa a punti e argento nella madison. Il suo tassametro è pronto a salire ancora ad Hong Kong e Milton tra marzo e aprile.
Elsy Jacobs. Nel 2023 Wollaston vince la seconda tappa davanti a Bastianelli conquistando anche la generaleGiro Donne 2023. Ad Olbia nell’ultima tappa, Wollaston chiude terza dietro Consonni e VosElsy Jacobs. Nel 2023 Wollaston vince la seconda tappa davanti a Bastianelli conquistando anche la generaleGiro Donne 2023. Ad Olbia nell’ultima tappa, Wollaston chiude terza dietro Consonni e Vos
Vista dall’amica Gaia
L’amicizia tra Masetti e Wollaston nasce nel 2022 quando l’italiana passa nell’allora NXTG by Experza, team continental olandese poi diventato quello WorldTour attuale. Ally è lì dall’agosto della stagione prima, contattata dai tecnici della squadra dopo che aveva rischiato di restare a piedi e smettere a seguito dell’incidente. Vivere e correre in Belgio è uno shock culturale per lei. La gara la vive come un caos al quale si adatta poco per volta, provando emozioni.
«Ally ed io siamo coetanee – racconta Masetti con più di un sorriso – e siamo andate subito d’accordo, anche giù dalla bici. Inizialmente non capivo il suo inglese, troppo stretto. Ricordo che le avevo detto immediatamente di parlare più lentamente. Lei si era messa a ridere perché pensava che la vedessi davvero come una di un altro mondo visto da dove arriva. Ora mi parla usando anche il suo “slang”. Caratterialmente siamo simili. Abbiamo la stessa ironia, infatti quando siamo in gruppo con le altre compagne ed io faccio una battuta sottile o sarcastica, lei ride e gliela spiega.
Wollaston e Masetti sono spesso compagne di stanza. Sul loro affiatamento punta forte la diesse Jolien D’HooreWollaston e Masetti sono spesso compagne di stanza. Sul loro affiatamento ci punta forte la diesse Jolien D’Hoore
«Sicuramente – prosegue – ha fortificato il nostro rapporto il fatto di aver trascorso un mese assieme a Brakel, un paese fiammingo posizionato però proprio sul confine della Vallonia. In quel periodo abbiamo avuto il prezioso supporto di Jolien D’Hoore, che è da sempre la nostra diesse. Tutte e tre abbiamo un bel rapporto. Lei ci ha messo spesso in camera assieme in quasi tutte le corse che abbiamo fatto.
Ally velocista da classiche
Giovedì scorso c’è stata la presentazione del team WorldTour a Bruxelles nella sede della AG Insurance, ma Wollaston non c’era perché impegnata in pista e arriverà in Europa verso fine aprile. Masetti nel frattempo farà il suo bel calendario riprendendo con Strade Bianche, Drenthe, Gand-Wevelgem, Dwars door Vlaanderen, Amstel, Freccia Vallone e forse il Fiandre. Poi a maggio se si correrà la Vuelta – potrebbe essere posticipata a settembre poiché non si conoscono ancora le tappe – Gaia lavorerà per la neozelandese nelle volate, così come è successso al Tour Down Under.
«Giù in Australia – spiega Masetti – Ally ha vinto bene la prima tappa, ma non è stato così semplice perché si era messa pressione da sola. Nonostante vada forte nelle gare di gruppo in pista, è una velocista che talvolta ti fa arrabbiare perché non segue sempre le ruote del nostro treno. Ricordo che già nel 2022 in una frazione della RideLondon si era persa nelle retrovie ed eravamo andate a prenderla per portarla davanti, dove poi chiuse nona. Da allora la nostra intesa è decisamente migliorata. Io sono una che si intrufola un po’ dappertutto, ma ho capito che lei aveva un po’ paura, così abbiamo fatto in modo di sbloccarla sul lato mentale cercando di fare come si sentisse più sicura lei.
Nelle volate, Masetti ha il compito di proteggere la ruota di Wollaston dalle avversarie, ma anche di farle da leadoutWollaston e Masetti hanno caratteristiche simili. La neozelandese è più veloce e secondo l’azzurra è adatta alle classiche del NordNelle volate, Masetti ha il compito di proteggere la ruota di Wollaston dalle avversarie, ma anche di farle da leadoutWollaston e Masetti hanno caratteristiche simili. La neozelandese è più veloce e secondo l’azzurra è adatta alle classiche del Nord
«Nello sprint al Tour Down Under – va avanti – invece di volermi come leadout, ha chiesto che mi mettessi dietro di lei per proteggerle la ruota. Dopo il cerimoniale, mi ha raggiunto in camera dicendosi divertita che era la prima volta che faceva una volata senza temere che la superassero o le sfruttassero la scia. Per forza, le ho risposto io. Ho fatto a spallate con tutte per tenerla al sicuro (sorride, ndr).
«Sono stata quasi sempre presente – continua Masetti – nelle vittorie di Ally. Abbiamo caratteristiche molto vicine, quindi per me è più facile lavorare. Lei è molto più veloce di me, io invece tengo di più su alcune salite. Ad esempio, l’arrivo di Cittiglio, che tira all’insù, è perfetto per lei, però il percorso forse è ancora un po’ troppo duro. Tuttavia quando lei è in forma, ha dei numeri e riesce a superare anche salite di 4-5 chilometri. Al Fiandre o all’Amstel specialmente non la vedrei male. Sicuramente fra qualche anno può puntare seriamente a tante classiche. Facendo le debite proporzioni, ricorda un po’ la Vos».
Col quartetto Wollaston ha vinto ori in Nations Cup, al mondiale junior e l’argento del mondiale di Glasgow nel 2023Ally Wollaston correrà in Nations Cup anche ad Hong Kong e Milton, poi arriverà in Europa per la stagione su strada Ai recenti campionati oceaniani Wollaston ha dominato nelle discipline endurance raccogliendo cinque ori e un argentoCol quartetto Wollaston ha vinto ori in Nations Cup, al mondiale junior e l’argento del mondiale di Glasgow nel 2023Ally Wollaston correrà in Nations Cup anche ad Hong Kong e Milton, poi arriverà in Europa per la stagione su strada Ai recenti campionati oceaniani Wollaston ha dominato nelle discipline endurance raccogliendo cinque ori e un argento
Coppia da seguire
Fra i tanti nomi usciti dall’intervista doppia Lazzaro-Borgato, quelli di Wollaston e Masetti sono stati tra i più citati. Non sono più U23, ma sono da considerare ancora come giovani in rampa di lancio e da seguire per le prossime stagioni.
«Mi fa molto piacere – termina Masetti – che i nostri due nomi siano saltati fuori e ci vedano come possibili sorprese per questa stagione. Personalmente mi sento completamente diversa ogni anno che passa. Mi accorgo che non sto saltando le tappe e sono riuscita a prendermi le mie soddisfazioni. Ad esempio Moolman ci dà tanti consigli. A me dice che bisogna lavorare per le compagne, ma anche sapersi giocare le proprie carte ed essere pronte quando capita. Mi alleno e faccio sacrifici ogni giorno per migliorare.
Gaia ed Ally si sono conosciute nel 2022, trascorrendo un mese assieme in una casa della squadra tra Fiandre e ValloniaGaia ed Ally si sono conosciute nel 2022, trascorrendo un mese assieme in una casa della squadra tra Fiandre e Vallonia
«Anche Ally è fatta così e vale lo stesso discorso. In Australia era contenta di poter lavorare per Sarah (Gigante, ndr) nella tappa di Willunga Hill, che poi ha vinto, conquistando anche la generale. Anche quel giorno abbiamo dato una bella dimostrazione di squadra. Sarah era rimasta dietro in un principio di ventagli. Metà di noi è rimasta davanti a spezzare i cambi, l’altra è andata a riportarla su. Ed Ally ha sfruttato la sua gran condizione in queste azioni. Ecco, spero che potremo confermare le parole di Lazzaro e Borgato».
Una volta scesi dalla bici ci si accorge che la vita e il mondo del ciclismo sono diversi da come li si è sempre visti. Anzi, assume sfumature differenti: ci si accorge di cose che magari prima erano solamente un contorno sfocato. Manuele Boaro ha terminato la sua carriera a ottobre e un mese dopo era già nei panni del diesse (foto di apertura JCL Team UKYO). La squadra è la continental giapponese JCL Team UKYO della quale vi abbiamo raccontato obiettivi e i progetti. Ma com’è cambiata la vita di Boaro?
«Dalla macchina – ci dice subito – è un’altra prospettiva, qui da noi ci sono atleti che hanno tanta voglia, chiedono e imparano in fretta. In Oman stavamo anche per vincere, peccato abbiano ripreso Earle negli ultimi 150 metri. Devo ammettere che dietro il traguardo avevo il cuore a mille, pensare di vincere alla prima corsa dove ero da solo come diesse mi ha emozionato parecchio. Se mi fermo ancora, mi sale l’adrenalina del momento».
La prima gara della stagione Volpi e Boaro, a destra dei corridori, l’hanno fatta insieme (foto team JCL UKYO)La prima gara della stagione Volpi e Boaro, a destra dei corridori, l’hanno fatta insieme (foto team JCL UKYO)
Com’è andata la prima gara?
Bene, per fortuna all’AlUla Tour c’era Volpi che con la sua enorme esperienza mi ha aiutato tanto. Poi io ho fatto del mio meglio, cercando di assimilare il più possibile, ma è un modo completamente nuovo.
Cosa ti ha insegnato Volpi?
Nelle prime gare mi ha aiutato a capire l’ordine delle ammiraglie, come comportarsi con la giuria, le regole… Ci sono da imparare tante cose e molte sono dei dettagli. Alberto è bravo a spiegare sia prima che dopo la corsa. Ho tanta esperienza in gara, ma la mia più grande fortuna è quella di aver avuto diesse e manager che mi hanno passato qualcosa. Questo l’ho notato anche in Volpi.
Al Tour of Oman Boaro si è ritrovato da solo a gestire le dinamiche di corsa: test superato (foto team JCL UKYO)Al Tour of Oman Boaro si è ritrovato da solo a gestire le dinamiche di corsa: test superato (foto team JCL UKYO)
In che senso?
Alberto ha la sua impronta, come tutti, però ha molte cose che gli sono state passate da Ferretti.
Tu hai qualche diesse che ti ha trasmesso più di altri?
Bjarne Riis, lui come diesse aveva una marcia in più che mi ha lasciato. Ha trasmesso tanto: il modo di lavorare, di fare squadra e altro ancora. I ragazzi devi cercare di conoscerli anche al di fuori della bici, così diventa facile fare gruppo e costruire qualcosa.
Hai qualche ricordo particolare di Bjarne Riis?
Aveva la passione, se così possiamo dire (fa una risatina, ndr) di fare dei ritiri particolari e stravaganti. Una scelta che poi tornava utile, perché con certe esperienze la squadra si unisce, si fortifica. Io non sono ancora riuscito a proporre dei ritiri diversi, ma ci penseremo, bisogna chiedere a Volpi (ride, ndr).
Creare un gruppo coeso si sta rivelando semplice, grazie alla curiosità dei nuovi (foto team JCL UKYO)Creare un gruppo coeso si sta rivelando semplice, grazie alla curiosità dei nuovi (foto team JCL UKYO)
La prima gara da solo è stata in Oman, com’è andata?
Bene, ero un po’ teso ma ho cercato di rimanere sereno e trasmettere tranquillità alla squadra. Ho seguito i consigli di Volpi, ma ho messo anche del mio, soprattutto nelle piccole cose, nei dettagli.
Ad esempio?
Cercavo di non stressare troppo i corridori via radio, oppure nelle riunioni la sera dicevo le cose essenziali, così da tenerli concentrati. Poi ho commesso i miei errori, ma è giusto così, fa parte della crescita come diesse.
Gli insegnamenti passano da tutte le fasi di gara: dallo scegliere la fuga giusta al rifornimento Gli insegnamenti passano da tutte le fasi di gara: dallo scegliere la fuga giusta al rifornimento
Quali errori hai commesso?
Magari nel passare qualche borraccia o nel dare indicazioni via radio. Ad una tappa ho sbagliato a dare un’indicazione per una curva. Oppure a una delle prime frazioni sono partito con i fogli sul cruscotto, la radio appoggiata e alla prima curva è volato tutto in giro. Cose piccole, ma che si imparano con l’esperienza.
Com’è approcciarsi alle corse da diesse?
Diverso. Devi preparare tutto a casa: piani, slide e tutto il resto. Così una volta che si è alle corse devi pensare solo alle cose piccole, ai dettagli. Volpi dice sempre che prevenire è meglio che curare. Alle corse devi pensare a tutti: massaggiatori, meccanici, corridori.
Il gruppo dei giapponesi si dimostra curioso e ha tanta voglia di imparareIl gruppo dei giapponesi si dimostra curioso e ha tanta voglia di imparare
E’ stato facile creare il gruppo squadra?
In realtà sì. La parte di corridori giapponesi è davvero molto curiosa. Averli insieme e parlarci è un piacere, hanno tanta voglia di fare e imparare. A volte avevano anche troppa fretta di andare in fuga, ho spiegato loro che dovevano avere pazienza. Ci sono tappe dove non ha senso spingere per uscire dal gruppo, meglio risparmiare e provare a quella successiva, che magari è più favorevole.
Cosa hai capito da corridore che ti porti in ammiraglia?
Che gli atleti sbagliano, è giusto rimproverarli e far vedere dove si può migliorare, ma non si deve creare l’assillo. I miei 13 anni di carriera sono volati, bisogna fare in modo di preservarli e viverli con serenità.
Dalla pianura di Pordenone alle coste agrigentine di Licata, il Gottardo Giochi Caneva ha attraversato tutto lo Stivale italiano per svolgere il proprio ritiro. Una trasferta in Sicilia per la formazione juniores che non è servita solo per incamerare centinaia di chilometri nelle gambe in vista dell’imminente inizio di stagione, ma anche per far vivere ai propri ragazzi una esperienza di vita.
La scelta della destinazione, il viaggio fatto in due gruppi ed in due modi differenti, la giornata tra bici, studio ed escursioni. Il Caneva ha sfruttato appieno la settimana di Carnevale per scoprire qualcosa in più del proprio gruppo ed anche farsi conoscere. Ne abbiamo parlato con Michele Biz, presidente del team giallonero e figlio dello storico patron Gianni, ed Ivan Ravaioli, nuovo diesse ed ex pro’ di Mercatone Uno, Barloworld e Saunier Duval.
Il Caneva è stato ricevuto dall’amministrazione comunale di Licata. Qui l’assessore allo sport Maria Sitibondo e il diesse Ivan Ravaioli alla sua sinistraIl Caneva è stato ricevuto dall’amministrazione comunale di Licata. Qui l’assessore allo sport Maria Sitibondo e il diesse Ivan Ravaioli alla sua sinistra
“Gemellaggio” siciliano
Dopo la morte del padre nel 2012, Michele ha assunto la guida della società mantenendo la stessa filosofia che aveva accompagnato i trionfi del Caneva negli anni Novanta e Duemila. L’anno scorso hanno celebrato i sessant’anni di attività e quest’anno si sono concessi un ritiro “stellato” in Sicilia (e capirete perché), quasi fosse un gemellaggio tra il loro Comune e quello che li ha ospitati.
«Avevamo già messo in programma di fare un ritiro durante il periodo di Carnevale – racconta Michele Biz – visto che le scuole osservavano diversi giorni di chiusura. Siamo stati via da venerdì 9 a mercoledì 14 febbraio, quindi i nostri ragazzi alla fine hanno fatto solo due giorni di assenza. E’ stato un ritiro a metà tra il turistico e l’agonistico, se così possiamo dire. Abbiamo trovato un’ospitalità che solo in Sicilia si può trovare, venendo ricevuti addirittura dall’Amministrazione locale. Per noi è stato un motivo di orgoglio e chissà che non sia nato qualcosa per il futuro».
I tredici juniores del Caneva ogni giorno facevano tra le tre e le cinque ore di allenamentoI tredici juniores del Caneva ogni giorno facevano tra le tre e le cinque ore di allenamento
«La scelta di andare a Licata – prosegue – è stata quasi un caso. Il nostro vicepresidente ha un collega di lavoro di quella zona che gli aveva suggerito che una struttura alberghiera con prezzi davvero vantaggiosi, dato anche il periodo di bassa stagione. Ci abbiamo riflettuto e così abbiamo prenotato quasi tutti gli appartamenti che avevano a disposizione.
«Una volta laggiù – continua – abbiamo poi voluto godere della loro cultura al di fuori degli allenamenti. Non siamo solo andati alla scoperta della zona, ma abbiamo voluto anche assaggiare la loro cucina. E chi meglio di Pino Cuttaia, chef stellato, poteva farcela provare? Lui ci ha preparato la tipica colazione siciliana, raccontandocene la tradizione. E pensate che Pino è un grande appassionato di ciclismo. Ci raccontava che quando lavorava negli hotel in Piemonte negli anni Novanta, durante i Giri d’Italia aveva avuto come clienti Bugno, Indurain ed altri corridori di quel periodo. Infatti le domande che ha fatto ai ragazzi o sulle nostre bici erano molto mirate. E’ stato davvero un piacere conoscerlo e i ragazzi si sono divertiti».
Il Caneva è stato ospite per colazione all’Uovo di Seppia, il locale gestito dallo chef stellato Pino Cuttaia, appassionato di ciclismoIl Caneva è stato ospite per colazione all’Uovo di Seppia, il locale gestito dallo chef stellato Pino Cuttaia, appassionato di ciclismo
Caneva-Licata andata e ritorno
Uno degli aspetti più belli e curiosi di una trasferta è il viaggio. Per abbattere la distanza tra Friuli e Sicilia c’è l’aereo, però non è l’unico modo per farlo. La squadra giallonera si è attrezzata con dovizia di particolari.
«Tra Caneva e Licata – va avanti Michele Biz – ci sono 1.600 chilometri e quindici ore di auto. Ci siamo organizzati bene per fare tutta una tirata in giornata. Due furgoni con tre persone a bordo, che si davano il cambio alla guida, hanno raggiunto i tredici ragazzi e i tre diesse che avevano preso il volo Bologna-Catania. All’andata hanno rischiato di non partire per uno sciopero del personale di terra. Poi grazie alla nostra agente viaggi e ad una serie di telefonate per sincerarci che tutto fosse sicuro, la squadra è partita. Questo episodio fa parte della tradizione Caneva e l’ho preso da esempio per insegnare ai ragazzi che bisogna lavorare perché le cose vadano bene. Proprio come si deve fare in bici».
Il Caneva in Sicilia a parte il primo giorno di pioggia, ha sempre trovato una clima buono per allenarsiIl Caneva in Sicilia a parte il primo giorno di pioggia, ha sempre trovato una clima buono per allenarsi
«Questo viaggio – aggiunge Ivan Ravaioli – è stato davvero un’esperienza di vita per i ragazzi. Alcuni di loro non avevano mai preso l’aereo e farlo con i propri amici e compagni è stato ancora più bello. Ma non è finita lì. Una volta atterrati a Catania, abbiamo preso un mezzo pubblico per arrivare a destinazione. All’uscita dell’aeroporto c’è proprio un pullman di linea che va diretto a Licata. E’ stato un modo per immergerci già nel clima siciliano e vedere fuori dal finestrino dove saremmo stati per sei giorni».
La giornata dei gialloneri
Le gare sono all’orizzonte e il Caneva ha macinato chilometri attorno a Licata. Quest’anno a guidare la squadra è arrivato Ivan Ravaioli, che ha preso il patentino da diesse proprio negli ultimi mesi. Per sua stessa ammissione, lui vuole improntare sul dialogo il rapporto con i suoi ragazzi. Parlare con ognuno di loro sugli obiettivi da raggiungere e poi studiare la strategia per centrarlo. Certo, poi c’è il passato da pro’ che tornerà utile da trasmettere.
«Abbiamo fatto una buona settimana di bici – spiega Ravaioli – grazie al clima. Solo il primo giorno abbiamo preso la pioggia, rientrando un po’ sporchi perché avevamo scelto strade sconosciute. Nei giorni successivi invece abbiamo programmato percorsi più precisi. A seconda dei lavori, facevamo sempre dalle tre alle cinque ore di allenamento a cavallo del mezzogiorno. Questo ritiro lo abbiamo dedicato all’intensità per cercare il ritmo-gara. Quando tornavamo nei nostri appartamenti, i ragazzi avevano qualche ora libera per studiare e poi di nuovo tutti assieme per andare a visitare la città. Altri due passi dopo cena e tutti a dormire. Questa era la nostra giornata tipo».
Il ritiro siciliano è servito al Caneva per fare intensità e trovare il ritmo gara in vista dell’inizio della stagione Il ritiro siciliano è servito al Caneva per fare intensità e trovare il ritmo gara in vista dell’inizio della stagione
Gli obiettivi
Il soggiorno del Caneva in Sicilia è servito anche per mettere nel mirino qualche obiettivo, sia individuale sia come filosofia di squadra. La qualità per essere protagonisti non manca.De Longhi, azzurro ed argento ai tricolori di ciclocross, e Stella, quattro medaglie in pista tra europei e mondiali, sono i nomi più in vista.
«Abbiamo assemblato un gruppo – conclude Michele Biz – in modo eterogeneo, tra primi e secondi anni, tra velocisti, scalatori e passisti. Amalgameremo tutto contando anche sulla voglia di riscatto di alcuni ragazzi. Abbiamo il vantaggio che il gruppo, tra nuovi e confermati, si conosce comunque da tanto tempo, quindi sarà più facile far capire le nostre direttive. Il ritiro in Sicilia ha avuto sicuramente più aspetti positivi che negativi. Ho visto che ha fatto bene al gruppo e penso che lo ripeteremo l’anno prossimo».
Davide Stella, una delle punte del Caneva. Nel 2023 ha conquistato quattro medaglie in pista tra europei e mondialiUn altro nome da seguire è Lorenzo De Longhi. Secondo ai tricolori di ciclocross, ha disputato i mondiali di TaborDavide Stella, una delle punte del Caneva. Nel 2023 ha conquistato quattro medaglie in pista tra europei e mondialiUn altro nome da seguire è Lorenzo De Longhi. Secondo ai tricolori di ciclocross, ha disputato i mondiali di Tabor
«Personalmente – chiude la sua analisi Ivan Ravaioli – vorrei preparare mentalmente questi ragazzi a ciò che li attende. Metodo e programmazione dell’obiettivo sono alla base del ciclismo, specialmente quello attuale. La categoria juniores è l’anticamera del professionismo e loro devono essere pronti con la testa a fare un eventuale salto in una devo team, come succede ormai per tantissimi ragazzi.
«Naturalmente c’è anche l’aspetto tecnico da curare. Vorrei far migliorare le caratteristiche in cui sono carenti. Uno scalatore ad esempio lo porterei in pista per insegnargli come affrontare una volata ristretta. Un’altra mia idea è quella di pianificare il calendario delle gare con un mese d’anticipo tenendo conto delle prerogative fisiche dei ragazzi. Siamo tutti fiduciosi di fare bene».
Per aiutare il ciclismo siciliano, Auro Nizzoli voleva spostare la sua squadra sull'isola. Ha trovato resistenze fortissime. Il suo messaggio chiaro e forte
Un documentario di un’ora e mezza per capire la loro storia. Poi la video intervista e la sensazione di essere ancora nel film, dialogando con Bas Tietema, olandese di 29 anni. Avevamo incrociato il fondatore del TDT-Unibet Cycling Team negli anni scorsi al Tour con due amici, realizzando video dal seguito pazzesco. Nonostante fossero soltanto in olandese, i contenuti su YouTube del Tour de Tietema (TDT) superavano regolarmente quelli del Team Ineos Grenadiers che deteneva ogni record. Il passaggio alla creazione di una continental nel 2023 e quest’anno della professional che ha vinto l’ultima tappa del Tour of Antalya era stato un vago sentire.
Il Tour 2023 è stato forse l’ultimo vissuto da youtuber: da sinistra Josse, Bas e Devin (foto TDT-Unibet)Il Tour è finito, anche Vingegaard apprezza la loro pizza (foto TDT-Unibet)Josse, Devin e Bas: comprata la pizza da portare ai corridori (foto TDT-Unibet)Oss con il cartone in mano e un bicchierino di prosecco (foto TDT-Unibet)Il Tour 2023 è stato forse l’ultimo vissuto da youtuber: da sinistra Josse, Bas e Devin (foto TDT-Unibet)Il Tour è finito, anche Vingegaard apprezza la loro pizza (foto TDT-Unibet)Josse, Devin e Bas: comprata la pizza da portare ai corridori (foto TDT-Unibet)Oss con il cartone in mano e un bicchierino di prosecco (foto TDT-Unibet)
La storia di Bas
Bas Tietema è un corridore di cui si ha traccia a partire dal 2014, quando corre con il BMC Development Team, assieme a Ignazio Moser e Stefan Kung. Nel 2022, dopo altri cambi, passa alla Bingoal, in cui militano anche Tizza e Viviani, ma si limita a 14 giorni di corsa: la più prestigiosa è la Roubaix in cui finisce fuori tempo massimo.
Ama raccontare lo sport, così convince altri due olandesi (Devin van der Wiel e Josse Wester) a seguirlo nell’avventura sulle strade francesi. Comincia tutto così. Non hanno soldi, dormono in tenda o dove capita. Fanno interviste ai corridori e offrono loro la pizza. Sorridono e fanno sorridere. Entrano e vengono riconosciuti dal gruppo. Mostrano storie che gli altri trascurano. E dopo tre Tour vissuti così, creano una continental.
Ad agosto 2023 si corre la Ronde van de Achterhoek, squadra in testa (foto TDT-Unibet)Ad agosto 2023 si corre la Ronde van de Achterhoek, squadra in testa (foto TDT-Unibet)
Da youtuber a manager
Pochi soldi. Pochi sponsor. La struttura da costruire. Il magazzino. Le bici. Il reclutamento dei corridori e fra loro lo stesso Bas. Tutto quello che potete immaginare, fra le mani di tre ragazzi completamente digiuni di esperienza, che si affidano pertanto a un manager e a un vero direttore sportivo.
La stagione parte male con l’infortunio del corridore più esperto (Hartthijs De Vries), travolto da un’auto in Spagna durante il ritiro. Fra ospedale e dolore, il momento è duro, ma il ragazzo torna e lo fa vincendo in Olanda. Il 2023 si chiude con tre vittorie e una grande notizia.
I tre nel frattempo sono tornati in Francia con la formula del Tour de Tietema e questa volta l’ambiente li riconosce diversamente, anche perché proprio durante il Tour esce la notizia che dal 2024 la loro squadra sarà professional. Perciò scherzano con Prudhomme e Van der Spiegel (organizzatori del Tour e delle corse fiamminghe) sui possibili inviti per l’anno successivo e si capisce che da abili narratori stiano diventando parte del sistema.
Il resto ve lo racconteremo con le parole di Bas Tietema, che nel frattempo ha smesso di correre. Aggiungiamo soltanto che il vincitore dell’ultima tappa del Tour of Antalya è proprio il De Vries finito all’ospedale l’anno prima. Letta da questo punto di vista, la tappa che lo ha visto precedere Van den Bossche e Fancellu, prende immediatamente un altro sapore.
Hartthijs De Vries vince così l’ultima tappa al Tour of AntalyaBas Tietema lo accoglie dopo l’arrivo (foto TDT-Unibet)Il corridore è sul podio, la vittoria per la squadra è un momento molto emotivo (foto TDT-Unibet)De Vries dal podio ricambia così il calore del teamLa squadra era andata ad Antalya senza avere grandi riscontri sulla propria condizione (foto TDT-Unibet)Hartthijs De Vries vince così l’ultima tappa al Tour of AntalyaBas Tietema lo accoglie dopo l’arrivo (foto TDT-Unibet)Il corridore è sul podio, la vittoria per la squadra è un momento molto emotivo (foto TDT-Unibet)De Vries dal podio ricambia così il calore del teamLa squadra era andata ad Antalya senza avere grandi riscontri sulla propria condizione (foto TDT-Unibet)
Sembra davvero di essere ancora in quel film…
Sono contento che il documentario ti sia piaciuto e che abbia trasmesso emozioni. Ognuno nel gruppo ha la sua storia, ma non tutte vengono mostrate. Con i nostri media saremo in grado di farlo e penso che sia qualcosa di unico. La gente parla molto di ciclismo, ma si tratta sempre di strategia, tattica o analisi di gara. Difficilmente si va a conoscere la persona o si parla dei problemi che sta attraversando.
Come sei passato da youtuber a ciclista e poi a team manager di una squadra?
Se mi guardo indietro, smettere di correre è una delle scelte migliori che ho fatto l’anno scorso. Ovviamente mi è piaciuto molto essere un corridore, ma mi piaceva molto soprattutto la parte tattica dietro alle corse. Non sono mai stato uno avventuroso da vento in faccia, non mi piaceva allenarmi per 30 ore a settimana. Perciò ho deciso di smettere, ma mi sto divertendo ugualmente tanto.
Un progetto creato da zero, quasi un colpo di genio a sentire i tuoi amici…
Provo ancora l’eccitazione di prima della gara, perché è il nostro progetto e lo stiamo realizzando in modo abbastanza diverso. Perciò, rispondendo alla domanda precedente, posso fare di più ora per il ciclismo, rispetto a quando ero un corridore. In più l’anno scorso ho seguito il corso UCI, quindi farò anche alcune gare come direttore sportivo. Mi piace molto il ruolo che ho in questo momento e mi sento molto valorizzato.
Sta diventando una cosa seria?
Abbiamo cominciato realizzando video sul mondo del ciclismo con l’atteggiamento scanzonato di sempre. Abbiamo creato contenuti divertenti e lo stiamo facendo ancora. Anche nei primi Tour de France siamo stati molto professionali, come anche oggi, ma ugualmente non siamo mai riusciti a prenderci troppo sul serio.
Bas Tietema ha smesso di correre e ha superato l’esame UCi per direttore sportivo (foto TDT-Unibet)Bas Tietema ha smesso di correre e ha superato l’esame UCi per direttore sportivo (foto TDT-Unibet)
Dal documentario emerge che con Devin e Joss non vi conoscevate davvero.
Li ho incontrati per la prima volta a maggio del 2019 e a fine giugno partimmo per la Francia. Avevo sempre visto YouTube come una piattaforma in cui convivevano cose interessanti e più in generale l’intrattenimento. Così ho pensato che se avessi combinato il Tour de France con quel tipo di contenuti, avrei potuto creare qualcosa di eccezionale. Ma io non avevo mai fatto video in tutta la mia vita, perciò avevo bisogno di persone che fossero capaci. Devin era perfetto.
Nel documentario si racconta il modo divertente con cui lo hai contattato…
Avevo letto di lui su Wielerfits, la piattaforma che si occupa di ciclismo. Avevo sentito che era come uno stagista e stava facendo dei bei video e così ho cercato il suo numero e ho preso informazioni. Gli mandai lo stesso messaggio al telefono, su Facebook, su Instagram e su Linkedin (ride, ndr). Non avevo molti soldi e chiesi a due sconosciuti di trascorrere 21 giorni in Francia, sapendo che non avremmo dormito negli hotel. Serviva qualcuno con grande passione e penso che abbia funzionato perché eravamo tre ragazzi giovani che volevano cogliere un’opportunità unica nella vita. Avevamo appena finito la scuola, iniziavamo a fare qualcosa di simile a un lavoro normale e tutto il resto è arrivato lungo il percorso. Ora abbiamo un’attività nostra e alla fine una squadra di ciclismo.
Perché fare video in olandese e non in inglese?
Questa è una bella domanda. Il primo anno abbiamo iniziato in olandese, perché è la nostra lingua ed è uno dei motivi per cui siamo cresciuti così velocemente in Olanda e nelle Fiandre. E’ stata una buona decisione. Quando parli la tua lingua madre, puoi avere più umorismo o sarcasmo. E’ più interattivo e divertente, più naturale. Ora che è passato qualche anno, consolidata la base in Olanda e creata una squadra internazionale con corridori di diverse lingue, abbiamo iniziato a sottotitolare i video. Quest’anno avremo anche molti contenuti in inglese. E’ il momento giusto, una transizione graduale senza perdere la nostra base di fan e crearne una nuova.
Avete abbigliamento italiano e in Santini dicono di aver scelto voi in quanto portatori di originalità.
Penso che molti team abbiano qualcosa di originale. Per quel che riguarda noi, forse la particolarità sta nel fatto che non siamo partiti da una squadra ciclistica, ma dal punto di vista dei media. Ciò non significa che non ci preoccupiamo del lato prestazionale, ma crediamo ad esempio di aver fatto la differenza mostrando al mondo la gara di Antalya, che altrimenti nessuno avrebbe visto fuori dalla Turchia. Questo è un approccio diverso e penso che ci renda unici. A suo modo è originale anche la collaborazione con Santini…
La collaborazione fra Santini e il Tour de Tietema unisce la tradizione del marchio all’originalità del team (foto TDT-Unibet)La collaborazione fra Santini e il Tour de Tietema unisce la tradizione del marchio all’originalità del team (foto TDT-Unibet)
In che senso?
Santini è davvero un marchio che esiste da tantissimo tempo, noi siamo nuovi. Se guardi indietro alla loro storia, è qualcosa di incredibile. Insomma, loro sono quelli che hanno realizzato anche la maglia Mapei, che era piuttosto colorata e lontana dai canoni della tradizione. La stessa cosa con le bici che stiamo usando. Vogliamo avere standard di alta professionalità, ma con un’immagine non omologata. Ed è davvero bello che anche loro credano in questo e soprattutto che credano in noi.
C’è una grande differenza tra mostrare la vita agli altri e quella del proprio team?
Abbiamo iniziato mostrando tutto e mi piacerebbe che possiamo ancora guardare all’intera comunità ciclistica. E’ qualcosa che in altri sport come la Formula Uno si tende a fare, c’è molta interazione tra le squadre. Nel ciclismo invece ci si concentra principalmente su se stessi e non si guarda agli altri. Per questo penso che sarebbe grandioso riuscire a coinvolgersi con le altre squadre. A volte anche avere una piccola discussione su un argomento crea interazione. Dal nostro punto di vista, non penso che cambierà molto, ma forse le altre squadre adesso ci vedranno più come concorrenti.
E’ stato difficile convincere i corridori a venire nella tua squadra l’anno scorso?
Il primo anno sì. Conoscevo alcuni ciclisti dato che ancora correvo, ma dovevo convincerli. Okay, sapevano che c’era un canale YouTube, ma come sarebbe stata la squadra? Quelli che hanno accettato sono gli ambasciatori di ciò che stiamo facendo. Alcuni erano sul punto di smettere e ora rischiano di partecipare all’Amstel Gold Race. In quel momento è stato davvero difficile, ma sapevamo che oltre alle capacità fisiche serviva la convinzione di entrare in una squadra diversa. Oggi che siamo un po’ più conosciuti, dobbiamo filtrare le richieste, perché vogliamo anche corridori di talento.
Quali Wild Card sono arrivate?
L’Amstel Gold Race, la Freccia del Brabante e Scheldeprijs. Verremo anche in Italia, anche se lì ci sono pochi posti. Però faremo il Tour of the Alps, per cui la sera dell’Amstel partirò io stesso in macchina per andare alla partenza da Egna. Continuo a credere che siamo sulla strada giusta e che ogni anno potremo aggiungere gare davvero belle al calendario.
La proiezione del documentario sulla loro storia all’AFAS Circustheater all’Aja (foto TDT-Unibet)La proiezione del documentario sulla loro storia all’AFAS Circustheater all’Aja (foto TDT-Unibet)
Il sogno è davvero il Tour del 2026?
Il Tour è l’obiettivo più grande, ma non vogliamo che il tempo passi troppo in fretta. Se facessimo già quest’anno la Sanremo, il Fiandre, la Roubaix e un grande Giro, cosa ci resterebbe l’anno prossimo? Vogliamo procedere passo dopo passo. Per il prossimo anno vogliamo i soldi giusti, correre una Monumento e magari la prima grande corsa a tappe, che potrebbe essere il Giro. In modo che nel 2026 si possa puntare a un invito per il Tour. Non lo so se accadrà, ma questo è il modo in cui lo immaginiamo e proviamo a realizzarlo.
E’ vero che il tuo motore è la passione per il ciclismo?
Non solo quella. C’è la passione per il ciclismo, quella di sviluppare un progetto e anche la passione per i media. Lo stiamo facendo con il ciclismo, ma penso che si tratti di una passione in generale per lo sport, per la narrazione e mostrare alla gente le storie che più possono toccare i cuori.
Jonathan Milan ci ha abituati bene, nelle ultime due stagioni lo abbiamo visto vincere e piazzarsi spesso. Il canovaccio, anche in questo primo assaggio di 2024, non è cambiato, nonostante il gigante friulano abbia cambiato la maglia. Le prime volate con la Lidl-Trek si sono trasformate in una vittoria e in un secondo posto, tutte raccolte alla Volta a Valenciana. L’antipasto è stato servito, ora Milan si appresta a partire di nuovo, ma questa volta il volo non punta al caldo della Spagna, ma al freddo del Belgio.
«Per il momento sono a casa – ci dice un contento Milan da dietro il telefono – parto il 21 febbraio per l’opening weekend. Sono gare che mi piacciono molto, l’anno scorso ero in buona condizione, quest’anno stiamo cercando di fare le cose nel modo giusto per arrivare pronti. Mi sento bene, anche la Valenciana ha confermato queste mie sensazioni».
La vittoria a Orihuela, con alle spalle di Milan un Consonni sorridenteLa vittoria a Orihuela, con alle spalle di Milan un Consonni sorridente
Subito in testa
Vincere aiuta a vincere. Non perdere il feeling con il successo è importante, per il morale, per le gambe e per iniziare bene la stagione. Muovere i primi passi nella giusta direzione aiuta a lanciarsi verso gli obiettivi che contano con il giusto entusiasmo.
«In Spagna – prosegue Milan – mi sentivo bene, ma era normale, ecco forse non mi sentivo pronto per vincere. Avevo qualche punto di domanda, come giusto che sia a inizio stagione. Le tappe erano impegnative e le altimetrie lo hanno dimostrato, ma gli allenamenti in inverno sono stati buoni. L’ho visto proprio sulle salite, sulle quali ho tenuto molto bene per essere un velocista.
«Le prime volate le ho fatte insieme a Simone (Consonni, ndr), ci conosciamo da tanti anni e abbiamo lavorato molto in pista. Su strada è un’altra cosa, anche in questo campo avevo dei dubbi, ma sono stati spazzati via al primo successo. La volata che mi hanno tirato quando ho vinto è stata perfetta, anche in gara è andato tutto per il verso giusto. Ora faremo altre gare e affineremo la tecnica ancora di più».
In salita Milan ha avuto ottime sensazioni, segno che il lavoro invernale è andato nel verso giustoIn salita Milan ha avuto ottime sensazioni, segno che il lavoro invernale è andato nel verso giusto
In Belgio il weekend del 25 e 26 lancerai la stagione delle Classiche?
Sì, è un punto di partenza per le gare che arriveranno. Sono corse importanti, impegnative e che mi piacciono molto. La squadra è forte, da questo punto di vista sono molto fiducioso. Oltre a me ci sono tanti corridori che possono fare bene: Pedersen e Stuyven ad esempio.
Più frecce allo stesso arco…
Ognuno ha i propri obiettivi, siamo più capitani. Di conseguenza ci sono diverse persone che potranno fare bene quando arriverà il momento di giocarsela. I ragazzi sono pronti e lo sono anche io, ammetto di essere molto carico.
L’ultimo appuntamento della prima parte di stagione sarà il Giro, dove dovrà difendere la maglia ciclamino conquistata nel 2023Dopo la Roubaix arriverà il Giro, dove Milan dovrà difendere la maglia ciclamino conquistata nel 2023
Uno dei tuoi obiettivi, a proposito di Classiche, sarà la Roubaix?
Quest’anno farò due Classiche Monumento: Milano-Sanremo e Roubaix. Pedersen ed io, un mesetto fa, siamo stati a fare delle prove dei materiali per la Roubaix.
Tanto dipenderà dalle gare prima, come la Tirreno-Adriatico.
Sarà una bella prova in preparazione alla Milano-Sanremo, con tante tappe importanti. Tra l’altro la Corsa dei due Mari sarà la prossima che correrò insieme a Consonni. La Sanremo è una gara bella, veloce e che mi piace. E’ difficile da interpretare, ma con il tempo spero di prenderci sempre più dimestichezza.
Agli europei di Apeldoorn, a gennaio, prime prove di quartetto: l’appuntamento di Parigi si avvicinaAgli europei di Apeldoorn, a gennaio, prime prove di quartetto: l’appuntamento di Parigi si avvicina
Ci saranno tanti impegni importanti nel 2024, come li avete programmati?
La stagione è piena e va pianificata bene, ci sono diversi obiettivi: su strada con la squadra e in pista con la nazionale. Su strada i miei impegni maggiori saranno le Classiche e il Giro. Per quanto riguarda la pista il focus sarà sulle Olimpiadi. Sono due grandi obiettivi e tutto va organizzato per il meglio.
Immaginiamo che il cammino sia già praticamente delineato, no?
Direi di sì, mancano dei piccoli dettagli che vedremo dopo la prima parte di stagione. Intanto sono contento dell’equilibrio che hanno trovato la squadra e la nazionale. Alternare bene gli allenamenti tra pista e strada è fondamentale. Dopo il Giro dovrei fermarmi, riposare e preparare l’Olimpiade. In quest’ottica probabilmente farò un ritiro in altura prima di agosto.
Insomma, la stagione è lanciata, in bocca al lupo!
Dopo Pinot dovremmo salutare anche un altro grande del pedale, Rigoberto Uran. Due dei corridori tra i più amati appendono la bici al chiodo nel giro di dodici mesi. Corridori che sono riusciti a fare breccia nel cuore della gente. Che sono un po’ figli del ciclismo degli anni 2000 e allo stesso tempo padri di quello attuale.
Il colombiano, per tutti Rigo, ha annunciato l’addio tra i campionati nazionali e il Tour Colombia, una manciata di giorni fa. La vetrina era quella giusta. E altrettanto giustamente si è preso l’abbraccio della folla. Congedandosi al meglio davanti alla sua gente.
L’annuncio dell’addio in uno dei suoi super negozi di bici in Colombia (foto Instagram)L’annuncio dell’addio in uno dei suoi super negozi di bici in Colombia (foto Instagram)
Nuova veste
Ma attenzione. Questi mesi che restano all’Uran corridore saranno mesi da atleta vero. Rigo ha infatti un chiaro obiettivo: prendere parte alle Olimpiadi. Quelle Olimpiadi che già nel 2012 lo videro sul podio, medaglia d’argento alle spalle di Vinokourov.
E partiamo proprio da qui, dal palmares. E quello di Uran è importante.Rigoberto è stato il primo colombiano moderno di altissimo livello. Eravamo rimasti ai corridori come Josè Nelson “Cacaito” Rodriguez. Prima di Uran i colombiani erano gli scalatori che spuntavano fuori nei grandi Giri, ma nulla o poco più. Con lui avviene il salto. Con Uran i colombiani e il ciclismo di quella Nazione cambiano veste.
Rigoberto finisce negli squadroni e si distingue anche come gregario nelle classiche. Magari non quelle del pavé, ma non sfigura affatto. Dalla Caisse d’Epargne, al fianco di assi come Valverde, finisce nella file dell’allora Sky e poi dell’Omega Pharma di Lefevere, antesignana della Quick Step. Pensate che in quel gruppo ancora lo ricordano.
Un esperto del mondo del ciclismo, quale Alessandro Tegner a sua volta punto fisso del gruppo di Lefevere, lo ha definito come uno degli atleti più simpatici e intelligenti che abbia incontrato.
Un giovane Uran in Colombia, per lui una vittoria bella quanto triste: la prima dopo la scomparsa del papà (foto Instagram)E’ il 2006 e approdando alla Tenax, Uran diventa pro’…Da allora ha messo nel sacco 18 stagioni al verticeUn giovane Uran in Colombia, per lui una vittoria bella quanto triste: la prima dopo la scomparsa del papà (foto Instagram)E’ il 2006 e approdando alla Tenax, Uran diventa pro’…Da allora ha messo nel sacco 18 stagioni al vertice
Tra bici e marketing
Uran è attivissimo sui social. E’ in assoluto il corridore più seguito. Ha delle attività legate al ciclismo. Con il suo marchio, “gorigogo”, si è consolidato nel mercato dell’abbigliamento per il ciclismo, delle bici, ha dei ristoranti e persino un marchio di caffè.
E sempre lui ha un evento, El Giro de Rigo, che raduna ogni anno migliaia di appassionati da tutto il mondo. E ogni anno invita illustri colleghi che non rifiutano l’offerta.
Se un Wout Van Aert nel pieno della carriera e dopo stagioni estenuanti in autunno si mette su un areo, sorvola l’Atlantico per andare da lui, un motivo ci sarà. E come Wout anche altri. Nibali, Sagan, Contador… la lista sarebbe lunghissima.
Londra 2012, alle Olimpiadi Uran deve chinare la testa. Per lui un prezioso argento alle spalle di VinokourovIl primo podio in un grande Giro. Siamo al Giro 2013 e Uran è secondo dietro a Nibali e davanti ad EvansNelle sue 14 vittorie individuali ci sono anche due classiche italiane: la Milano-Torino (2017) e il Gran Piemonte (2012, in foto)Londra 2012, alle Olimpiadi Uran deve chinare la testa. Per lui un prezioso argento alle spalle di VinokourovIl primo podio in un grande Giro. Siamo al Giro 2013 e Uran è secondo dietro a Nibali e davanti ad EvansNelle sue 14 vittorie ci sono anche due classiche italiane: la Milano-Torino (2017) e il Gran Piemonte (2012, in foto)
Infanzia interrotta
Ma ripercorriamo la carriera. Uran nasce ad Urrao cittadina nel Nord Est della Colombia. E’ il 1987 e questo ragazzino che ama lo sport parte da una corsia differente rispetto a molti suoi connazionali. La sua famiglia infatti non era povera, erano dei piccoli imprenditori. Avevano negozi di alimentari, mense. Il papà vendeva biglietti della lotteria per strada. Forse il Dna imprenditoriale di Rigoberto viene proprio da qui.
A scuola Uran era molto irrequieto. Più di qualche volta sua mamma era stata chiamata per il comportamento sin troppo vivace del figlio.
Suo papà, che tra l’altro si chiamava come lui, cosa non rara in Sud America, pedalava e Rigo lo seguiva. Da qui la passione per la bici.
Un giorno, mentre Rigoberto padre era in strada a vendere i biglietti, rimase coinvolto in una sparatoria dei narcos. Lo colpirono e morì.
Rigo figlio era scuola. Era un sabato, si trovava in classe poiché doveva recuperare qualche lacuna. Furono alcuni suoi compagni a dirgli del fattaccio.
Rigoberto divenne grande all’improvviso. Si fece carico delle attività di famiglia. Si riavvicinò moltissimo a sua mamma, visto che nel frattempo i genitori si erano separati e Rigoberto era andato col padre.
Il ragazzo si barcamenava tra il lavoro e la bici. Questa non l’aveva mollata. Correva con la squadra locale, la Sistecredito. Il suo allenatore, vedendo la vita che faceva e i buoni risultati, ne capì la forza fisica e la determinazione mentale. Così lo portò al Centro di Sviluppo Sportivo. Lì, Uran trovò altri ragazzi che poi divennero ottimi corridori: Arrredondo, Betancur… Ormai aveva 17-18 anni e il ciclismo era cosa sempre più importante per Rigo.
Uran iniziava a guadagnare qualcosa, che puntualmente inviava a casa. Nel 2005 vinse la Vuelta del Porvenir (il Giro di Colombia dei dilettanti) e questo convinse Fabio Bordonali a portarlo in Europa con la sua squadra, la Tenax, per l’anno successivo. Bordonali si prese cura di lui anche negli anni successivi, quando lasciò il suo team. Come quando nel 2007 si ruppe due braccia al Giro di Germania in una caduta (e nonostante tutto finì la tappa), Bordonali e il vecchio entourage lo supportarono nel recupero.
Uran è nel club dei vincitori di tappa dei tre grandi Giri. In Italia vanta due vittorie: la crono di Barolo (2014, in foto) e il tappone di Montasio (2013)Nel 2017 al colpo di reni vince la frazione numero 9 del Tour de France…E nel 2022 completa l’opera vincendo sul Monasterio de Tentudía alla Vuelta, tra l’altro il suo ultimo successoUran è nel club dei vincitori di tappa dei tre grandi Giri. In Italia vanta due vittorie: la crono di Barolo (2014, in foto) e il tappone di Montasio (2013)Nel 2017 al colpo di reni vince la frazione numero 9 del Tour de France…E nel 2022 completa l’opera vincendo sul Monasterio de Tentudía alla Vuelta, tra l’altro il suo ultimo successo
Tappe nei tre Giri
La carriera di Rigoberto Uran è cresciuta di anno in anno. Ha acquisito credito come leader e come uomo squadra. In gruppo si è guadagnato il rispetto di tutti. Rispetto che ancora oggi gli è riconosciuto. Non c’è un solo corridore che ne parla male. E il colombiano è apprezzato come atleta e come uomo.
E’ salito sul podio del Giro d’Italia (secondo nel 2013 e nel 2014) e del Tour (secondo nel 2017). Ma è stato proprio il podio alle spalle di Nibali a farlo diventare un Dio nella sua terra, nonostante l’argento olimpico dell’anno prima. Per i colombiani infatti il ciclismo è quello dei grandi Giri.
Uran ha vinto tappe in tutti e tre i grandi Giri. Ha messo in bacheca una Milano – Torino, un GP del Quebec e soprattutto dice lui: «Quando vado in bici continuo a divertirmi».
ZIPAQUIRA (Colombia) – La vita entra in un’altra dimensione quando ci si siede a parlare con Egan Bernal. «Non so davvero come faccio a essere ancora qui. Potrei essere morto». Uno lo sa che cosa conti davvero. «Mia madre ha dovuto cambiarmi i pannolini nonostante avessi 24 anni e mio fratello mi ha dato da mangiare». Tutto questo accadeva solo due anni fa e ora eccolo qui. Vivo per raccontarlo.
Ecco perché adesso guarda alla vita da un’altra angolazione, «perché la vita va oltre una corsa ciclistica». Essere in punto di morte ti fa vedere le cose in modo diverso. Dai importanza a ciò che conta davvero. Questo è l’Egan Bernal di adesso, con tutta l’ambizione di essere nuovamente quello di prima. Perché vuole ciò che gli manca: una Vuelta a España, ma festeggiando ogni giorno la sua più grande vittoria: continuare ad essere vivo.
«Ora apprezzo di più i piccoli momenti della vita. Prima andava bene, ma non me ne rendevo conto. Ora cerco di ricordare: “Ehi, sto bene, non ho dolore, posso lavarmi la bocca”. Sono dettagli, ma non te ne rendi conto finché non ti succede qualcosa. E’ valorizzare le piccole cose. Sono sempre stato molto vicino alla mia famiglia, ma dopo l’incidente ancora di più. Il fatto di essere qui, a casa mia, con gli animali, con i cani, con il toro, la capra, le anatre, le galline, ho una fattoria e questo lo apprezzo molto. Quando mi sveglio, mi sento una persona fortunata perché sono vivo e ho la possibilità di lottare. E’ quello che ho sempre chiesto a Dio. Non dicevo: “Rendimi di nuovo il migliore al mondo”, ma “dammi la forza di provarci”. Per favore, “porta via questo dolore e al resto penserò io”. E questo mi fa sentire una persona molto fortunata».
Nell’ultima tappa del Tour Colombia, Bernal ha attaccato arrivando a vestire la maglia di leader virtualeNell’ultima tappa del Tour Colombia, Bernal ha attaccato arrivando a vestire la maglia di leader virtuale
Piccoli segnali
Tutto il resto, dice Egan, lo deve a una madre che è «la mia eroina», che ha avuto un cancro. Senza di lei «non sarei stato in grado di gestire le cose a quel modo». Non sarei riuscito ad essere un ciclista e tutto il resto. «Ho ereditato da lei la forza di lottare e andare avanti. Non di vincere o essere il migliore. Il fatto di lottare».
Con i colori della nazionale, Egan ha corso il Giro della Colombia, ha gareggiato nelle strade su cui si allena, anche quelle su cui si è quasi ammazzato. Ed è arrivato nella sua Zipaquira in un bagno di folle appassionate. Nell’ultima tappa ha messo sotto scacco l’intero gruppo con un attacco grazie al quale è diventato il leader virtuale della corsa. Piccoli scorci che invitano all’ottimismo. «Anche se non devo più dimostrare niente a nessuno», dice dopo i primi colpi di pedale della stagione.
Bernal era fra le stelle del Tour Colombia: qui nella conferenza stampa con gli altri campioniBernal era fra le stelle del Tour Colombia: qui nella conferenza stampa con gli altri campioni
Un super programma
E’ il punto di partenza di una stagione in cui Bernal vuole ritrovare le sue sensazioni. «Ora qui in Colombia mi sono sentito di nuovo bene con me stesso. Sento che, poco a poco, l’Egan Bernal di prima dell’incidente sta tornando e questo mi emoziona molto. Sono passati più di due anni, un periodo molto, molto duro, in cui ho fatto tanti sacrifici. Si può dire che molti altri corridori sicuramente si sarebbero ritirati o avrebbero iniziato a fare altro, mentre nella mia testa c’è sempre stata la voglia di non mollare».
Sono la Colombia e la sua gente il punto di partenza verso il ritorno del Bernal attaccante e affamato, quello dallo sguardo killer in cerca di trionfi. Non vuole privarsi di nulla di tutto ciò nel 2024, in cui ripeterà un programma simile alla scorsa stagione. Dalla Colombia a O Gran Camiño della prossima settimana, alla Strade Bianche, la Volta a Catalunya, i Paesi Baschi, il Tour de Romandie, il Tour de France e la Vuelta a España. Senza ancora sapere fino a che punto potrà arrivare. Perché «il mio ruolo dipenderà da come andrò quest’anno». Sarà la strada a dirlo.
I campioni di Colombia sono ispirazione per la loro gente: Bernal lo è per aver superato il terribile incidenteI campioni di Colombia sono ispirazione per la loro gente: Bernal lo è per aver superato il terribile incidente
La corsa della vita
Bernal ha già dimostrato che non si sentirà sminuito se dovrà fare il gregario, come l’anno scorso al Tour de France per Carlos Rodríguez. Farà quello che gli verrà chiesto. L’Egan Bernal di oggi è ancora assetato di trionfi, ma è anche molto consapevole del dono più grande di cui fa tesoro: essere vivo. «Non voglio sembri che abbia perso la motivazione, niente del genere. So cosa significa vincere un grande Giro e me ne resta solo uno, che è la Vuelta. So che è alla mia portata se continuo ad avere la mentalità di essere uno dei migliori».
Ma non è qualcosa che renderà amara la sua esistenza. Prima forse sì, non più dopo aver affrontato la morte faccia a faccia. «Smettiamo di apprezzare il fatto di stare bene a causa della fame di volere di più. Smettiamo di goderci le cose. Quello che mi è piaciuto di più dopo l’incidente è che la gente mi saluta e si congratula con me: non per il Tour, ma per la mia guarigione. C’è gente che mi ricorda che mi manca la Vuelta e io rispondo di no, che ho già vinto le tre gare più importanti: il Tour, il Giro e la corsa della vita. Potrei ritirarmi in pace. Sapere le persone si sentono ispirate da ciò che ho fatto non ha prezzo».
Con addosso quel senso di tutto nuovo che rende più belle anche le cose già viste, Filippo Baroncini si è affacciato sul 2024 con l’entusiasmo ben oltre il punto di ebollizione. Quale che ne sia stata la causa, il suo percorso nella Lidl-Trek non aveva più margini per andare avanti, mentre l’approdo al UAE Team Emirates è quello che il romagnolo cercava.
«Mi piace molto l’ambiente – spiega dalla Volta ao Algarve – molto più latino, ci sono tanti italiani. Non che prima stessi male, ma con i compagni ho un rapporto diverso. C’è un bel dialogo, è un ambiente in cui ci si aiuta. quindi è quello che cercavo».
L’Algarve, come abbiamo già sentito da Matteo Trentin è l’occasione per mettere nelle gambe chilometri e ritmo, in vista del weekend di apertura sulle strade del Nord. Il prossimo fine settimana alla Omloop Het Nieuwsblad sarà un ribollire feroce di ambizioni contrapposte e per Baroncini sarà la prima occasione di prendere le misure innanzitutto a se stesso. L’inverno è stato proficuo, ma finché non ti misuri con quelli che puntano al tuo stesso obiettivo, non puoi sapere a quale punto della catena alimentare ti trovi davvero. Se sarai preda o cacciatore.
Nel giorno del pavé, cielo sereno e solo uno scroscio d’acqua in avvio (foto UAE Team Emirates)Nel giorno del pavé, cielo sereno e solo uno scroscio d’acqua in avvio (foto UAE Team Emirates)
Nel frattempo, per prendere le misure alle strade, alla bici e all’abbigliamento, il 7-8 febbraio Filippo è volato fra Belgio e Francia con Tim Wellens e Nils Politt, svolgendo prima un sopralluogo sul percorso della Parigi-Roubaix e un altro il giorno successivo su quello del Giro delle Fiandre (foto UAE Team Emirates in apertura). Un’esperienza che secondo noi merita un racconto.
Cosa siete andati a fare?
A provare i materiali, più che altro, soprattutto per la Roubaix. Pensavo che il pavé fosse più traumatico, invece con queste ruote e con i tubeless, anche se ha lasciato il segno, sono andato molto bene. Per il Fiandre invece non c’è tanto da trovare un setting particolare. Abbiamo fatto gli ultimi 50 chilometri giusto per ricordarci i nomi delle salite e cosa ci si aspetta. Siamo stai per due giorni, toccata e fuga.
Che cosa vuol dire che ha lasciato il segno?
Il primo settore di pavé della Roubaix è stato un brusco risveglio. Per Wellens era la prima volta, ci siamo guardati in faccia e si è messo a ridere da quante vibrazioni e il dolore alle braccia dopo un solo settore. Poi però abbiamo preso un po’ di feeling e via.
Tim Wellens non aveva mai messo le ruote sul pavé della Roubaix: ride per le vibrazioni (foto UAE Team Emirates)Tim Wellens non aveva mai messo le ruote sul pavé della Roubaix: ride per le vibrazioni (foto UAE Team Emirates)
Avete lavorato più sull’assetto o sulle pressioni?
Pressioni e sezioni diverse. Ogni tot ci fermavamo, provavamo, cambiavamo ruote e coperture. E poi alla fine abbiamo tirato le somme.
Che cosa avete concluso?
Per me ci saranno sicuramente tubeless da 32, con la pressione bassa, ma neanche tanto, altrimenti sui sassi c’è rischio che scoppino, e ruote da 45 in carbonio, ovviamente. Alla fine è tutto un fatto di ruote. Una gomma dura la puoi sgonfiare quanto vuoi, ma sempre dura rimane. Noi invece abbiamo usato le Continental, che anche nelle gare normali rimangono più morbide rispetto a tante altre.
Come avete affrontato il pavé?
Abbiamo dovuto impegnarci parecchio nella prova dei vari settori. Li abbiamo tutti spinti abbastanza, anche perché se non fai così, non vai avanti. Per questo dopo due ore eravamo abbastanza finiti. Abbiamo fatto dal primo settore fino al Carrefour de l’Arbre. Da lì abbiamo fatto altri 50 chilometri in bicicletta e siamo tornati nell’hotel di Waregem, da cui il giorno dopo siamo partiti per provare il finale del Fiandre.
Il giorno dopo il sopralluogo della Roubaix, tocca al Fiandre, con 5 gradi e male a braccia e mani (foto UAE Team Emirates)Il giorno dopo il sopralluogo della Roubaix, tocca al Fiandre, con 5 gradi e male a braccia e mani (foto UAE Team Emirates)
E come è andata?
Prima cosa: non vi dico il dolore che avevamo nelle mani. In più pioveva, c’erano cinque gradi, è stato traumatico. Anche perché il giorno prima il tempo era stato quasi buono. Giusto uno scroscio d’acqua, poi era stata una giornata asciutta, ma con tanto vento. Soffiava a 30 all’ora, siamo andati in giro per tutto il tempo col phon di fianco (ride, ndr).
Ancora gomme da 32?
Le stesse, cambieranno le pressioni. Ormai l’aerodinamica è tutto, ma al Fiandre non serve neanche stare a cercare la leggerezza estrema.
A gusto tuo: meglio Roubaix, dunque, o Fiandre?
Il Fiandre, sicuramente. Secondo me è più una corsa di gambe che di fortuna. Alla Roubaix devi essere bravo o avere la fortuna di stare al centro della strada, sulla schiena d’asino. Perché se inizi ad andare di lato, la strada è molto più rovinata e fai il doppio della fatica. Alla Roubaix secondo me ci sono tanti fattori in gioco, mentre al Fiandre conta tanto la posizione e saper correre, ma anche avere tante gambe.
Baroncini con Nils Politt: il tedesco sarà uno dei ledaer della squadra all’apertura del Nord (foto UAE Team Emirates)Baroncini con Nils Politt: il tedesco sarà uno dei ledaer della squadra all’apertura del Nord (foto UAE Team Emirates)
Come è andata la trasferta con Wellens?
Sono stato bene, è un compagnone. Non è il solito belga un po’ chiuso. E’ veramente un ragazzo d’oro, che insegna tanto e aiuta. Ci parli volentieri con lui. Per questo mi sento più coccolato. Più seguito, è questa la parola giusta.
Per quanti giorni è andato avanti il mal di braccia del pavé?
E’ durato due giorni, poi finalmente le dita si sono sgonfiate. Ho provato con i guanti lunghi, perché era freschino. Però non avevamo messo doppio nastro, niente di particolare e forse è stato questo a far arrivare più vibrazioni alle braccia. Nel giorno della gara avremo gel e doppio nastro, sarà diverso.
In che condizioni arrivi all’apertura del Nord?
Secondo me bene, mi vedo in crescita. Anche alla Figueira Champions Classic abbiamo fatto un bel lavoro di squadra. Sono convinto che se tutto andrà bene, in Belgio ci divertiremo. Alla fine non puoi mai partire con qualche certezza, però se ci vai con la gamba giusta, secondo me ti diverti. Di sicuro la Omloop Het Nieuwsblad sarà un primo test. Ci saranno anche Politt e Wellens, che saranno i riferimenti. Dovrò imparare tanto da loro, per cui il fatto di averli in squadra è un vantaggio. Loro sanno dove muoversi e come farlo, osservarli sarà prezioso.
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