FOSSANO – La squadra del vincitore uscente, orfana dell’infortunato Van Aert, sta pedalando lungo i primi giorni del Giro con la maglia bianca di Cian Uijtdebroeks sulle spalle. Il belga, che quando hai imparato a scriverlo sei un passo avanti e durante l’inverno ha fatto carte false per passare dalla Bora alla Visma, viaggia in quinta posizione a 56 secondi da Pogacar. Come lui c’è anche Einer Rubio.
Se ieri a Fossano la sua prestazione è stata nella norma, il settimo posto sul traguardo di Oropa a 30” dallo sloveno volante dice che il livello di questo 21 enne vallone è già decisamente interessante. Non potrebbe essere diversamente, del resto, per un corridore che a 19 anni ha portato a casa il Tour de l’Avenir.
«E’ fantastico – ha detto felicissimo domenica – per me è stata una salita un po’ troppo breve e questo in alcuni casi mi si addice meno. Non sapevo come avrei reagito a questa cosa. Però mi sentivo davvero bene. Ho semplicemente spinto più forte che potevo fino al traguardo. Non l’ho fatto pensando alla maglia bianca. Ma quando ho saputo che l’avrei presa, è stato semplicemente fantastico!».
Settimo a Oropa a 30″, Uijtdebroeks si è difeso molto beneSettimo a Oropa a 30″, Uijtdebroeks si è difeso molto bene
La sorpresa di Oropa
Anche se al Giro fosse venuto Van Aert, era palese che il leader per la generale sarebbe stato il giovane belga. Nessuna pressione addosso, tuttavia, più di quella che Uijtdebroeks mette già da sé. Il posizionamento in classifica, pur buono, non lo distrae da quella che sarà una lenta scalata, gradino dopo gradino.
«Resta comunque una gara molto lunga – dice Cian – e ho tante tappe da superare. L’alta montagna deve ancora arrivare e in questo Giro sono previste anche due cronometro. Anch’io posso sempre avere una brutta giornata, ecco perché dobbiamo affrontarlo giorno per giorno. Ma so anche che portare in giro la maglia bianca sarà divertente».
Giorno di Oropa, partenza dal Velodromo Francone di San Francesco al CampoGiorno di Oropa, partenza dal Velodromo Francone di San Francesco al Campo
I tifosi italiani
Eppure per la squadra olandese le cose non vanno troppo bene. Il ritiro di Gesink, ad esempio, per Uijtdebroeks è un danno con cui è difficile fare pace. Il magrissimo olandese avrebbe dovuto scortarlo lungo i percorsi della corsa italiana che di certo conosce meglio di lui.
«Il ritiro di Robert – dice il giovane belga – è un peccato, come pure le cadute di Attila Valter e Kooij nella tappa di Oropa. La fortuna non è dalla nostra parte. Eppure nonostante tutta la sfortuna, i ragazzi della squadra hanno fatto un ottimo lavoro e nella tappa di Oropa sono rimasti al mio fianco per tutto il giorno. E fantastico essere tutelati in questo modo. Sapevo che all’arrivo non sarei stato il più veloce del nostro gruppetto, ma nei tratti ripidi sono riuscito a tenere un buon ritmo. I tifosi italiani lungo la strada mi hanno fatto dimenticare per un po’ il dolore alle gambe. Volevo solo raggiungere la vetta il più velocemente possibile e sono contento. La bianca è la mia prima maglia in un grande Giro».
La maglia del belga e la rosa dello sloveno: Pogacar gioca su un altro tavoloLa maglia del belga e la rosa dello sloveno: Pogacar gioca su un altro tavolo
Pogacar e gli altri
Alla Visma-Lease a Bike, che oltre a Van Aert (che si sta allenando in Spagna) deve ancora recuperare l’infortunio di Vingegaard, le buone prove di Uijtdebroeks vengono finora vissute come una sorta di miracolo.
«Nella prima tappa – dice il diesse Maarten Wynants – il posizionamento è stato un po’ difficile, mentre a Oropa è andata molto meglio. Cian era sempre dove aveva bisogno di essere. Avevamo calcolato che avrebbe potuto perdere tempo nel weekend di apertura, invece col senno di poi possiamo dire che ha fatto un ottimo lavoro. Siamo già in una posizione migliore di quanto pensassimo alla vigilia, ma il Giro è ancora lungo. Ci sono parecchi corridori vicini tra loro, se escludiamo Pogacar. Ogni tappa sarà importante».
FOSSANO – Trovare una tappa più strana di quella di oggi al Giro d’Italia è un bel grattacapo. Lo ha detto anche il vincitore Tim Merlier.«Dopo che noi velocisti siamo andati in fuga forse abbiamo fatto arrabbiare gli uomini di classifica nel finale!».
A Fossano ci si attendeva la prima volata e prima volata è stata. Ma per arrivare a questo epilogo non bisogna pensare ad una frazione dallo svolgimento classico.
Da questo caos emergono tre personaggi: Tim Merlier, il vincitore, Jonathan Milan, lo sconfitto, e ancora lui: Tadej Pogacar, padrone e mina vagante al tempo stesso.
Questa mattina Merlier era tra i pochi velocisti ad aver scelto il 56, magari ha inciso anche questo dettaglioIl belga ha fatto la volata a sinistra. Ha dedicato la vittoria a Wouter WeylandtQuesta mattina Merlier era tra i pochi velocisti ad aver scelto il 56, magari ha inciso anche questo dettaglioIl belga ha fatto la volata a sinistra. Ha dedicato la vittoria a Wouter Weylandt
Il vincitore
La Soudal-Quick Step ha avuto il merito di restare più unita di altri team. E di entrare in azione nel momento perfetto. Davide Bramati, il direttore sportivo della squadra belga è stato un compendio tattico.
«Con questo finale così tecnico e difficile – ha detto Brama – era impossibile muoversi ai 2.900 metri, cioè quando finiva lo strappo. Avevamo ipotizzato che qualcuno potesse guadagnare 3”-4” secondi, ma sapevamo che quella curva quasi a gomito ai 1.200 metri avrebbe inciso parecchio. Avrebbe abbassato la velocità e poi ripartendo quasi da fermi con la volata li avrebbero riacciuffati, anche perché c’era un filo di vento contro.
«Così ho detto ai ragazzi di entrare veramente in azione ai 1.300 metri. Anche solo ritardare la frenata gli avrebbe fatto guadagnare posizioni importanti. E così è andata».
I ragazzi di Brama, oggi anche con un bell’Alaphilippe, hanno eseguito alla lettera le sue indicazioni. E Merlier ha fatto il resto.
«Come vi avevo detto qualche giorno fa Merlier sta bene. Abbiamo portato una buona squadra e oggi questa vittoria sinceramente ci fa piacere. Tanto piacere, visto che non vincevamo da diverse settimane».
Il clan della Lidl-Trek dopo l’arrivo… Consonni è il più dispiaciutoIl colpo di reni di Milan che ha fatto la volata a centro strada, più esposto al vento secondo MerlierIl clan della Lidl-Trek dopo l’arrivo… Consonni è il più dispiaciutoIl colpo di reni di Milan che ha fatto la volata a centro strada, più esposto al vento secondo Merlier
Lo sconfitto
C’è poi Jonathan Milan. Su un arrivo non proprio ideale per il suo fisico, aver sfiorato il successo non è poi così male. Certo, Fossano ha un po’ strozzato l’urlo di gioia, ma guardando il lato positivo la gamba c’è.
Ma c’è anche un pizzico di dispiacere. Sarebbe un problema se non ci fosse. A chiarire tutto è Simone Consonni, il “capotreno”. E Simone era quasi più dispiaciuto di Milan dopo l’arrivo. Nell’ultima curva si sono un po’ persi i quattro vagoni della Lidl-Trek: due da una parte e due dall’altra.
«Potevamo fare meglio a livello tecnico e tattico – ci dice Consonni mentre si dirige verso i bus – però è anche vero che era il primo sprint del Giro ed è già bello non aver messo il “sedere per terra”, tanto più che era così difficile.
«L’allungo di Pogacar e Thomas ci ha rotto le scatole, ma non tanto a livello tattico quanto di gambe. E infatti Jonathan e Jasper (Stuyven, ndr) hanno preso la curva in prima e seconda posizione, mentre io ed Eddy (Edward Theuns, ndr) eravamo un po’ più dietro. Abbiamo sprecato tanto per rientrare sotto».
«Il finale non era facile e se noi del treno eravamo tutti lì, negli ultimi 500 metri, vuol dire che stiamo bene. Domani ci riproveremo».
Honorè, Pogacar e dietro Thomas: la fiammata dei big che ha acceso il finale… e le discussioniHonorè, Pogacar e dietro Thomas: la fiammata dei big che ha acceso il finale .. e le discussioni
La mina vagante
E poi c’è lui. Sempre lui: Tadej Pogacar.Il corridore della UAE Emirates continua ad incantare, ma anche a sprecare e qualcuno inizia ad imputargli questo suo modo di correre. Lo sloveno però glissa.
«Modo di correre dispendioso? Ma no è tutto pagato!», come a dire che non costa nulla fare certi scatti. Mentre si fa più serio quando gli chiedono se voglia vincere tutte le tappe. Pogacar replica con un secco: «No comment».
Tadej quando sta bene non si ferma, non c’è niente da fare. Anche Rafal Majka ce lo ha ripetuto pochi giorni fa. Pogacar si difende col dire che l’attacco non lo ha propiziato lui, ma ha solo seguito Honorè. «Ero davanti, stavo bene e l’ho seguito. Anzi, quando Thomas è rientrato è stato lui a dare il primo cambio. E anche forte. A quel punto abbiamo spinto. Peccato non essere arrivati».
Mentre ci è piaciuto, ed è indice d’immensa lucidità, il racconto del traguardo volante di Cherasco. Traguardo che arrivava dopo un ripido strappo.
«Ero davanti – ha spiegato Pogacar – ho visto che c’era anche Thomas e a quel punto ho deciso di andare. Due secondi sono sempre due secondi. Meglio a me che a lui».
La partenza del Giro d'Italia dall'Ungheria, un evento e una festa, ma anche un grande dispiegamento di uomini e mezzi. Abbiamo chiesto al Servizio di Assistenza Tecnica Neutrale di Shimano, cosa ha comportato il dislocamento della partenza della corsa rosa
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SAN FRANCESCO AL CAMPO – Vince la volata di gruppo. Spalleggia con Pogacar e va anche forte sul passo: Dorian Godon sta stupendo sempre di più. Il corridore della Decathlon-AG2R La Mondiale in questa prima parte di stagione è stato tra i migliori in assoluto.
La Freccia del Barbante dell’anno scorso e le recenti vittorie al Romandia, l’ultima in particolare, sono stati successi di peso. Se non altro per come sono arrivati. Diversi tra loro, Godon li ha agguantati con forza e astuzia, abilità e personalità.
Classe 1996, alto 190 centimetri per 73 chili, grande potenza, di questo atleta ne abbiamo parlato con il manager e direttore sportivo, Vincent Lavenu, il qualche sta invece seguendo gli altri suoi ragazzi al Giro d’Italia.
Godon vanta 10 vittorie da pro’, tra queste anche due prologhi (foto Instagram)Godon vanta 10 vittorie da pro’, tra queste anche due prologhi (foto Instagram)
Signor Lavenu, vi aspettavate un’esplosione così importante di Godon?
Per me non si tratta di una vera esplosione. Conosciamo bene Dorian, è con noi da parecchi anni e sappiamo che è un ragazzo con un potenziale fisico eccezionale. E’ un atleta in grado di produrre degli sprint di livello molto alto e soprattutto di resistere agli sprint per lungo tempo.
E allora cosa è cambiato? Perché adesso lo vediamo vincere o piazzarsi bene con maggior costanza?
Direi un buon feeling in generale. Fino ad allora non aveva trovato la chiave sul posizionamento prima degli sprint. Adesso invece è ben concentrato e ben supportato dai compagni di squadra che riescono a piazzarlo nel posto giusto. E quando è nel posto giusto, al momento giusto, Godon è in grado di battere anche i corridori più forti.
Vince le volate di gruppo, ma se la gioca anche nei drappelli con Pogacar, conquista il Giro del Veneto, che non è corsa per velocisti: chi è dunque Dorian Godon? Che tipo di sprinter è?
Come detto, è molto forte fisicamente. In più guida anche molto bene (come si è visto nella tappa finale del Romandia vinta prendendo almeno 5-6 metri a tutti nell’ultima curva sul bagnato, ndr). Che tipo di sprinter è? Per me non è un velocista puro, è un passista veloce. Passa bene gli strappi, le cotes più piccole almeno, ed è in grado di tenere quei gruppi con solo 70- 80 corridori. Mentre non lo vedo con i velocisti migliori del mondo in caso di sprint a gruppo compatto.
Il francese vince il Giro del Veneto 2023 davanti a Tobias Johannessen e Florian Vermeersch, non proprio due velocistiIl francese vince il Giro del Veneto 2023 davanti a Tobias Johannessen e Florian Vermeersch, non proprio due velocisti
Ci può fare un raffronto tra Godon e un corridore veloce o velocista del passato? Per esempio è più un Sagan o un Demare? Giusto per capire come e dove si colloca…
Se è per questo va molto bene anche nelle cronometro brevi, quelle fra 2 e 10 chilometri, quindi non so davvero con chi possiamo confrontarlo. Dovrei rivedere l’intera storia del ciclismo! Se proprio dovessi fare un paragone, direi che è più un Kaden Groves, il quale non è un velocista puro, ma è molto veloce e tiene bene.
Insomma, Godon è forte, veloce, ma non è un velocista puro nonostante le sue doti di guida e la sua statura…
Esatto, è un corridore enorme, con particolari caratteristiche fisiche. Sì, qualche volta ha fatto degli sprint di gruppo, ma devono essere comunque sprint al termine di giorni difficili. Di tappe mosse, quando tutti i corridori arrivano nel finale un po’ stanchi.
Vestito di azzurro, eccolo spalleggiare con Pogacar nell’ultima tappa del Catalunya… quando arrivò un drappello di 23 corridori (quasi tutti scalatori)Vestito di azzurro, eccolo spalleggiare con Pogacar nell’ultima tappa del Catalunya… quando arrivò un drappello di 23 corridori (quasi tutti scalatori)
Prima lei ha accennato ad un buon feeling generale, in questo rientrano anche le bici? Vendrame qualche giorno fa ci ha detto che sono molto soddisfatti e che questo contribuisce ad abbassare le tensioni…
Direi che l’intero team funziona bene. Sicuramente le bici sono un valore aggiunto e hanno la loro influenza, ma anche gli altri materiali contano. L’aerodinamica è buona adesso. I corridori si sentono a loro agio e hanno fiducia in quel che fanno e in quel che hanno. È un insieme di cose che sono state cambiate con l’arrivo di nuovi sponsor come Decathlon, con una nuova gestione, un nuovo modo interno di confrontarsi.
Quando ha preso in squadra Godon, cosa ha guardato di lui? E soprattutto, lo seguiva anche da giovane visto che il suo gruppo è molto attento ai giovani?
Sì, lo seguivo sin da quando era giovane. Osservavo i suoi risultati anche perché Dorian vive non troppo lontano dalla nostra sede. Noi siamo a Chambéry, lui a Lione. Lo avevo già visto tra i dilettanti. È passato professionista abbastanza giovane nella Cofidis. Ma abbiamo visto che aveva quelle caratteristiche di velocità ed esplosività che vi dicevo e che ci interessavano.
Chiaro…
Quando ci sono state le possibilità, abbastanza rapidamente abbiamo raggiunto un accordo con lui. Tra l’altro noi eravamo un po’ la sua squadra del cuore, visto che siamo tutti della regione del Rodano-Alpi.
NOVARA – Dopo l’assaggio di Torino, ieri a Oropa è iniziato definitivamente il Giro d’Italia numero 107 e già qualcuno ha da ridire. Si è già letto di Giro noioso, il più noioso della storia e come farete a raccontarlo? Letture che di prima mattina, mentre già pregusti la volata di Fossano e hai gli occhi pieni di Pogacar sulla salita del Panta, fanno andare il caffè di traverso e anche scemare la voglia di fare questo mestiere, cercando spunti diversi dall’ovvio. Però una riflessione si impone e la condividiamo volentieri.
Chiunque sia in grado di arrivare sul podio del Tour – figurarsi chi è in grado di vincerlo – al Giro viene per giocare. Al contrario e restando negli ultimi 30 anni – quelli di cui chi scrive ha memoria diretta – si contano sulle dita di una mano i protagonisti del Giro che lo siano stati anche al Tour con piazzamenti nei primi cinque. Bugno. Chiappucci. Pantani. Basso. Nibali. Gli altri vincitori della maglia rosa, dal 1990 in avanti, in Francia non hanno mai ottenuto classifiche all’altezza delle attese. Da Chioccioli a Simoni, passando per Cunego, Savoldelli, Garzelli e Di Luca. Solo Gotti tirò fuori dal cilindro il quinto posto nel 1995, due anni prima di conquistare la maglia rosa. E anche Basso, che ha vinto due Giri, vi arrivò dopo aver lottato al Tour e il gap rispetto ai rivali italiani fu subito evidente.
La sensazione è che ieri a Oropa, fatto salvo lo scatto, Pogacar abbia controllato, per risparmiarsi e non infierireLa sensazione è che ieri a Oropa, fatto salvo lo scatto, Pogacar abbia controllato, per risparmiarsi e non infierire
Per amore o per denaro
Lo scorso anno il Giro fu entusiasmante perché a scontrarsi furono Roglic e Thomas. Il primo che una maglia gialla l’aveva praticamente vinta e ha comunque nel palmares tre Vuelta España e l’altro che il Tour lo ha vinto davvero. Fra loro e il resto del gruppo, fatta salva la resistenza di Almeida, c’era il baratro.
Tadej Pogacar ha vinto per due volte il Tour e altre due volte è stato secondo: chi pensate che possa infastidirlo, al di là della cattiva sorte o di tattiche che lo mettano in crisi? La sensazione, vedendolo voltarsi di continuo è che neanche abbia voluto infierire sugli inseguitori. Come ha raccontato, è scattato con violenza per piegarli e poi ha proseguito col suo passo. Per non spendere troppo in vista di ciò che lo attende e magari per non umiliare la concorrenza.
E’ stato previsto un pagamento da parte di RCS per la sua presenza? La domanda fu posta a Matxin quando a dicembre annunciò che Tadej avrebbe corso il Giro. Lo spagnolo, astuto e saggio, disse di non occuparsi di questi aspetti. Gianetti preferì sorridere e non rispondere. Chiaramente quando Pogacar annunciò che sarebbe venuto al Giro, Vingegaard non era ancora caduto. E volendo fare l’avvocato del diavolo, dopo due anni di batoste, in casa UAE qualcuno potrebbe aver pensato che davanti al rischio del terzo smacco, sarebbe stato meglio vincere la Liegi ed il Giro e arrivare in Francia con il cuore più leggero.
Lo scorso anno Evenepoel vestì la maglia rosa per quattro tappe, prima di ritirarsi per il CovidLo scorso anno Evenepoel vestì la maglia rosa per quattro tappe, prima di ritirarsi per il Covid
Remco vs Pogacar
E’ di questi giorni, esattamente di venerdì 3 maggio, un articolo di Patrick Lefevere su Het Nieuwsblad. Il quotidiano belga gli riserva una rubrica e il manager della Soudal-Quick Step se ne serve spesso per sparigliare le carte. A volte è così diretto, che ieri Alessandro Tegner, responsabile di marketing e comuncazione del team belga, ha preferito non commentare l’ultima uscita.
«Per Remco il Giro è un affare in sospeso – ha scritto – dopo che lo scorso anno dovette rinunciare a causa del Covid. Come sappiamo, l’organizzazione allora – giustamente – ci ha incolpato per non averli informati personalmente che Remco non poteva continuare. E’ stato molto emotivo e molto italiano. Secondo l’amministratore delegato di RCS Mauro Vegni la maglia rosa era partita come un ladro nella notte.
«Fino a qualche mese fa – prosegue Lefevere – c’era ancora un contenzioso finanziario con RCS a riguardo. Poiché Remco non ha terminato il Giro, non hanno voluto pagare la quota di partenza concordata. Non voglio essere troppo cinico su questo, ma nessuno può sostenere che Remco non abbia svolto il suo ruolo di testimonial del Giro, con video promozionali e interviste prima e durante».
Lefevere va avanti a spiegare che non si parla di importi enormi, ma comunque ben accetti e utili. «Per dare un ordine di grandezza – spiega – il denaro per avere Remco al Giro e in altre corse RCS ci avrebbe garantito il budget per un corridore in più. Durante lo scorso inverno, quando la doppietta Giro-Tour era ancora sul tavolo, RCS ha proposto una sorta di accordo amichevole. Se Remco avesse corso di nuovo il Giro, avrebbero corrisposto l’importo dovuto, oltre alla quota di partenza per il 2024».
L’accordo sarebbe sfumato quando l’allenatore Koen Pelgrim ha posto il veto, dato che il doppio impegno non sarebbe stato sostenibile per Evenepoel, che dopo il Tour ha nel programma le Olimpiadi e poi i mondiali.
A questo punto potrebbe essere chiara la probabile strategia di RCS Sport, che con Remco e Pogacar (anche se Tadej potrebbe essere qui per semplice interesse sportivo) avrebbe avuto nuovamente garantito un duello di prima categoria. Non tutte le ciambelle però riescono col buco.
Al Giro del 1993, Indurain vinse su Ugrumov (che lo staccò proprio a Oropa) e ChiappucciAl Giro del 1993, Indurain vinse su Ugrumov (che lo staccò proprio a Oropa) e Chiappucci
Per battere Tadej
Si è sempre sentito dire che a suo tempo anche Indurain e la Banesto abbiano percepito una gratifica per venire al Giro. Nel 1992 e 1993, Miguel lo vinse e poi fece doppietta col Tour, sfidando Bugno e Chiappucci, ben più forti degli attuali corridori italiani. Nel 1994 fu terzo e poi vinse nuovamente la maglia gialla, avendo però trovato sulla sua strada Berzin e un certo Pantani.
Nessuno quando c’era Indurain ha mai parlato di Giro noioso, forse semplicemente perché non c’erano ancora i social e perché le sfide c’erano eccome. La gente seguiva la corsa in televisione e sulla strada, ma siamo pronti a scommettere che anche le migliaia di tifosi assiepati ieri sulle rampe di Oropa siano tornate a casa col sorriso e non certo deluse. Perché il ciclismo è fatto così: uno vince, tutti gli altri perdono. E non può essere la bandiera del vincitore a rendere la sfida noiosa oppure esaltante. Indurain era il più forte eppure si ricordano azioni di disturbo emozionanti che lo costrinsero a rimboccarsi le maniche e sputare dallo sforzo.
Siamo certi che Pogacar sia imbattibile? E siamo certi che il solo modo per sfidarlo sia il testa e testa e non provare a far fuori la sua squadra? Cari direttori sportivi, siete capaci di inventare qualcosa in questa direzione?
Ripartiamo da Novara con questa domanda e la promessa che continueremo a fare la nostra parte. Lasciando a certi commenti il minimo spazio che meritano, cercando spunti e sprazzi di talento italiano e godendoci il Giro. Che è splendido per la sua gente, i corridori che meritano sempre rispetto, le strade e i panorami. Chi lo ritiene noioso forse farebbe meglio a cercare nella poesia di una curva di calcio quello di cui ha effettivo bisogno.
Dopo la presentazione del Giro Women, ecco il Giro 2025 degli uomini. Partenza dall'Albania e tappe durissime in Val d'Aosta prima del gran finale di Roma
Per la VF Group Bardiani CSF Faizané, il Giro di Turchia rappresentava per alcuni la prova generale per il Giro d’Italia, per altri la strada per arrivarci. Difficile dire se Manuele Tarozzi prima della partenza fosse da una parte o dall’altra e in fin dei conti non è più così importante, perché ora il faentino è nella carovana della corsa rosa.
Per il team la corsa in Turchia è stata una prova generale per il Giro d’ItaliaPer il team la corsa in Turchia è stata una prova generale per il Giro d’Italia
L’esperienza turca resta però nella memoria e per molti versi nel cuore, considerando che proprio su quelle strade ha colto un 12° posto finale che ha un suo peso, in un contesto importante considerando che erano al via 4 squadre WorldTour. Tarozzi, ripensando alle premesse della trasferta, sorride.
«A dir la verità quando siamo partiti la principale raccomandazione non era di tenere a bada questo o quel corridore, di attuare questa o quella strategia. Sì, c’erano anche questi aspetti, ma la cosa più importante era evitare ogni caduta, visto quel che ci sarebbe stato in ballo di lì a poco. Non nascondo che raramente ho avuto tanto timore e quando ci hanno detto che l’ultima tappa sarebbe stata annullata ho tirato un sospiro di sollievo, anche se potevo ancora entrare nella Top 10».
La corsa turca ha visto il successo dell’olandese Van den Broek su Kudus (ERI) e Double (GBR)La corsa turca ha visto il successo dell’olandese Van den Broek su Kudus (ERI) e Double (GBR)
Come definiresti la corsa turca?
Su 8 tappe (anche se una è stata come detto cancellata) solamente una contava davvero per la classifica e infatti si è costruita lì, nella sesta frazione. Per il resto la soluzione più probabile era sempre la volata di gruppo. Io da parte mia ho provato a far saltare il banco nella quarta tappa.
Sei stato in fuga per ben 114 chilometri…
Era la mia ambizione trovare una fuga buona, sperando che arrivasse al traguardo e anche per testarmi in vista del Giro d’Italia. La quarta frazione avevo visto che era abbastanza mossa, sapevo che poteva essere quella giusta. La maglia ce l’avevano quelli della Polti Kometa che sapevo non avevano grande interesse a tenere la corsa, quindi dovevo entrare nella fuga. Ci sono riuscito e a quel punto ho giocato le mie carte. Ho sognato di vincere fin quasi alla fine…
Per il faentino 114 chilometri di fuga nella quarta tappa con vittoria sfumata nel finalePer il faentino 114 chilometri di fuga nella quarta tappa con vittoria sfumata nel finale
Ti hanno ripreso a 500 metri dalla conclusione…
Sì, purtroppo il finale era su un leggero strappo e da dietro il gruppo è rinvenuto fortissimo proprio perché si sono messe a lavorare le squadre WorldTour. Se l’arrivo fosse stato in pianura forse ce l’avrei fatta, ma il ciclismo non è fatto di “se”.
Com’è correre in Turchia?
Per certi versi è molto utile, soprattutto se una corsa simile è posta prima di un grande evento come il Giro. Le strade sono larghe, piatte e senza curve il che significa che se ti metti nella pancia del gruppo fai velocità senza spingere, senza prendere vento. A ruota si sta bene… Il problema semmai può essere il vento che spesso spira forte da quelle parti, se hai ambizioni devi stare sempre all’erta perché la possibilità di ventagli è dietro l’angolo.
Il passaggio sullo stretto del Bosforo nell’ultima tappa, alla fine neutralizzata per il maltempoIl passaggio sullo stretto del Bosforo nell’ultima tappa, alla fine neutralizzata per il maltempo
E’ una corsa che ha seguito da parte della gente?
Di gente nelle città ne abbiamo vista, ma lungo i percorsi eravamo davvero in mezzo al nulla. Non è certo come in Belgio, in Turchia c’è praticamente solo quest’evento e la gente lo vive con attenzione, ma il ciclismo non è certamente lo sport nazionale. I posti però sono magnifici, soprattutto quando siamo passati nella zona dei laghi. Poi da quel che ho visto, il mare è davvero bellissimo, infatti conto di tornarci in vacanza.
Ripensandoci non hai un po’ di rammarico per come si era messa la corsa?
Se avessimo fatto l’ultima tappa, il proposito era di andare a caccia di abbuoni, ne sarebbe bastato uno per entrare tra i primi 7-8.
Grande festa nelle città per il passaggio della carovana, ma fuori era il deserto…Grande festa nelle città per il passaggio della carovana, ma fuori era il deserto…
Come arrivi al Giro?
Credo di avere la gamba giusta e proprio per come sono andate le cose in Turchia credo di poter far bene. Certamente non sarò io l’uomo per la generale, gli stessi Pozzovivo e Pellizzari partono come capitani per guardare innanzitutto alle tappe, poi vedremo come si metterà la corsa. Io lavorerò per loro, ma tutti quanti guardiamo con interesse a centrare le fughe di giornata sperando che qualcuna arrivi al traguardo, che sia lasciata libera dai team che puntano alla maglia. Io voglio entrare in una di queste e giocarmi le mie carte, una vittoria è un sogno che voglio trasformare in realtà.
NOVARA – Oropa alle spalle, la vittoria di Pogacar conferma che il Giro ha trovato il padrone che tutti ci aspettavamo e ora starà agli attaccanti e ai cronoman cercare di metterlo in difficoltà. Nell’attesa delle tappe che più si prestano allo scopo, oggi sul traguardo di Fossano andrà in scena il primo confronto/scontro tra i velocisti. E quest’anno in corsa, tolto Philipsen, ci sono proprio tutti.
Jonathan Milan e Simone Consonni sono arrivati al Santuario di Biella rispettivamente con 24’34” e 25’09” di ritardo da Pogacar, al pari di tutti gli altri velocisti. In certi casi si salva la gamba, pensando alla sfida che li attende. Il solo problema per i due della Lidl-Trek è non aver avuto tante occasioni per fare volate insieme. Per cui la prima sarà un grande test, in attese delle successive. Consonni è tranquillo, ha fatto quel che doveva e adesso non resta che scoprire le carte degli avversari. Da Novara a Fossano ci sono 166 chilometri, con un paio di strappetti e il finale che tende a salire.
Consonni e Milan hanno vinto due volate alla Tirreno-Adriatico: la loro intesa dà buoni fruttiConsonni e Milan hanno vinto due volate alla Tirreno-Adriatico: la loro intesa dà buoni frutti
Quante volte hai fatto un treno con Jonathan?
Diciamo cinque, più o meno. Però l’ho portato a ruota parecchio anche in pista. In realtà quando sei nel velodromo non puoi provare i meccanismi della volata, perché le variabili sono troppe. La strada, le rotonde, le mosse degli avversari. I meccanismi veri e propri si trovano con il feeling e col tempo. Però sicuramente il fatto che negli ultimi quartetti mi è sempre stato a ruota, può dargli una fiducia in più. Visivamente potrebbe sentire, passatemi il termine, di sentirsi a casa, in un posto più “familiare”. Se poi parliamo del livello di gestione degli arrivi, è tutto un fatto di feeling. Si fa una tattica prima di ogni sprint, però poi penso che solo il 5 per cento delle volte va come si pianifica.
Impossibile dimenticare il tuo urlo di fine Tirreno, quando Johnny stava per partire troppo presto. Si parla mai delle volate fatte?
Lo ricordo anche io. Sicuramente si guardano gli sbagli e anche le cose che si è fatto bene. E’ tanto importante la comunicazione durante la corsa, poche cose. Dirsi okay se il velocista c’è, ad esempio. Ogni treno trova il suo meccanismo, le sue parole chiave, però è molto questione di fiducia l’uno dell’altro.
Ieri verso Oropa, Consonni ha mollato finendo a 25’09”, Trentin ha tenuto arrivando a 12’45”Ieri verso Oropa, Consonni ha mollato finendo a 25’09”, Trentin ha tenuto arrivando a 12’45”
Il velocista farà la volata su altri velocisti, l’ultimo uomo quali riferimenti sceglie?
Personalmente, mi fido più di me stesso senza guardare troppo gli altri. Cerco di prendere alcuni riferimenti a livello visivo, mandando a memoria la curva ai 500 metri e il rettilineo ai 3 chilometri, come sarà oggi.
Già ieri nel giorno di Oropa, sapendo di doverlo passare indenni, si pensava a Fossano?
Sì, sicuramente ci pensiamo da un po’. Siamo anche andati a fare una ricognizione. Non è semplice, perché è la prima volata di un grande Giro, perché ci sono tanti lead-out e tanti velocisti e il finale sarà impegnativo.
Quanta tensione c’è alla vigilia della prima volata?
Si cerca di vivere il Giro giorno per giorno, l’adrenalina è una cosa che verrà poi di conseguenza. Resta il fatto che il solo finale che abbiamo visto è quello di Fossano. Alla fine ormai, con tutta questa tecnologia, puoi sederti davanti a un computer e pensare di essere sul posto. Puoi farti un’idea e alla fine scopri che le cose sono andate come avevi pensato. Sul momento non mi ricordo mai nulla di quanto succede ai 3-4 chilometri dall’arrivo. Poi, rivedendo la volata, mi torna tutto in mente.
Da Novara a Fossano ci sono 166 chilometri. Ultimi 1.300 metri diritti con strada larga 9 metriDa Novara a Fossano ci sono 166 chilometri. Ultimi 1.300 metri diritti con strada larga 9 metri
Perché lo sprint di Fossano è complicato?
Perché vincere è sempre complicato. Dai meno 4,5 ai meno 3, la strada tira. Prima c’è una discesina che sicuramente metterà il gruppo in fila. E siccome siamo al Giro, tutti vorranno stare davanti, quelli di classifica e i velocisti, per cui la discesa sarà dura come la salita.
A Oropa era indispensabile salvarsi?
Prima della salita finale, abbiamo lavorato per dare una mano a “Juanpe” Lopez, poi abbiamo cercato di limitare i danni. Basta aspettare poche ore per capire se sarà bastato.
OROPA – Marco c’era. C’è stato anche un grande Pogacar, sia chiaro, ma quando hai vissuto certe storie, quelle emozioni diventano la lente attraverso cui leggi le altre. E Marco da Oropa non se ne è mai andato, solo che oggi, a 25 anni da quella volta, la sensazione è che ci fosse più gente e che nessuno di loro voglia ancora dimenticarlo.
Detto questo, Tadej Pogacar ha fatto quello che tutti si aspettavano facesse: lui per primo. Voleva vincere anche ieri e lo vedi che gli scoccia ammettere di aver commesso qualche errore. L’idea forse era davvero portarsi a casa un Giro rosa dalla prima all’ultima tappa, ma di certo la svista di Torino ha dato allo sloveno la cattiveria giusta per non commettere la minima sbavatura. Anche quando è finito per terra a causa di un cambio bici mal orchestrato.
«Ho preso una buca in quel tratto sulle pietre – spiega – non era certo una buona strada. Stavo arrivando la curva e io avevo pensato di fermarmi prima. Invece dalla macchina mi hanno detto di farlo dopo la curva. Normalmente sarebbe stato meglio, ma stavo già pedalando sulla ruota anteriore con zero pressione, ero sul carbonio. Così sono arrivato alla curva e sono caduto. Ma niente di pazzesco, solo un po’ più di adrenalina. Ero abbastanza fiducioso. C’era tutto il tempo per rientrare con la squadra e lo abbiamo fatto. I ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro. Siamo tornati davanti, abbiamo impostato il ritmo che ci stava meglio ed è stato perfetto».
La forza del ciclismo: migliaia di persone su tutto il percorso: a Oropa il massimoIl tubeless fuori dal cerchio e il liquido fuoriuscito che ha provocato la scivolata di PogacarLa forza del ciclismo: migliaia di persone su tutto il percorso: a Oropa il massimoIl tubeless fuori dal cerchio e il liquido fuoriuscito che ha provocato la scivolata di Pogacar
Attacco ai meno 4,3
Marco c’era, anche in quella curva con il muraglione e gli archi da cui la bandiera gigantesca calava sulla terra come un mantello incantato. E poco prima di quel punto, in un tratto dove la strada era più severa, approfittando dell’ultima tirata di Majka, Pogacar ha aperto il gas e ha preso il largo. I tifosi del Pirata lo hanno incoraggiato e lui è sparito dietro la curva con cui il cammino di Oropa si infila nel bosco. Luogo mistico questo Santuario, meta di pellegrinaggi a piedi e ora anche in bicicletta. Un luogo davvero magico.
«Già ieri – spiega Pogacar – il piano era vincere, però nell’ultima parte c’è mancato qualcosa. Oggi per noi era una tappa più adatta e la squadra è stata fantastica. Sono davvero felice di aver vinto, significa molto, come qualsiasi altra vittoria di tappa in cui prendi la maglia di leader. Durante la salita, l’atmosfera era incredibile, quindi è stato davvero un piacere percorrere gli ultimi due chilometri da solo. Il supporto dei fan è stato incredibile».
La curva Pantani ha accolto e incitato Pogacar all’attaccoLa curva Pantani ha accolto e incitato Pogacar all’attacco
Attacco programmato
Sull’arrivo, sorridendo, Majka diceva di aver pagato un po’ i 20 chilometri di ieri a tirare su un tratto di strada a lui poco adatto, quindi che questa volta ha potuto fare meno del solito. Però era contento. Si è infilato il fischietto al collo ed è sceso verso Biella, dove a 14 chilometri dall’arrivo hanno fermato i pullman. Anche il quartier tappa è giù a valle e forse per questo attorno allo sloveno siamo stranamente in pochi.
«Non dite che ho fatto la salita senza spendere – va avanti a raccontare – posso confermare che ero abbastanza al massimo. Semplicemente ho tenuto il mio ritmo e quando Rafal ha iniziato a prepararsi per l’attacco, ero già abbastanza al limite. C’era un piano, l’ho detto, ma nel ciclismo non puoi dire che quello fosse il punto prestabilito, non è matematica. Bisogna sempre improvvisare e avere feeling. Con Majka passo molto tempo in allenamento e in corsa, ci conosciamo. Sa come fare.
«E io sapevo che dovevo attaccare con violenza per creare il gap sugli avversari e poi continuare con un ritmo normale verso la vetta. E’ stato un grande sforzo oggi. Vincere era uno dei sogni, il mio obiettivo. Ora ho anche la maglia rosa, che è il mio sogno da tanto tempo. E sono super orgoglioso e super felice. Non molti corridori hanno raggiunto questo obiettivo nella loro carriera, sono contento».
Per Tiberi una foratura e all’arrivo il passivo di 2’24”: non ci volevaEnnesima caduta per Pozzovivo, travolto dalle spalle e cambio rotto. Ma l’ammiraglia era lontanaPer Tiberi una foratura e all’arrivo il passivo di 2’24”: non ci volevaEnnesima caduta per Pozzovivo, travolto dalle spalle e cambio rotto. Ma l’ammiraglia era lontana
Nulla da festeggiare
Pantani quel Giro non lo finì, lo fermarono prima. E in gruppo nei giorni che portarono a quel momento, erano tutti pronti a lamentarsi per il suo dominio schiacciante. A quel tempo chi vinceva troppo era antipatico, fortunatamente i tempi cambiano. Marco quella sera qui ad Oropa era scuro in viso, stranamente nervoso, Pogacar invece sorride, pur consapevole di avere davanti 19 tappe.
«Se anche perdessi la maglia rosa per qualche giorno – dice – non ne farei un dramma. Quando vinci una classica, penso alla Strade Bianche o la Liegi, sai che dopo l’arrivo è tutto finito. Qui invece siamo ancora agli inizi. Sto ancora pensando alle prossime 19 tappe, non è finito niente e il grande obiettivo è vincere il Giro. Non possiamo andare a festeggiare adesso, liberarci e andare fuori di testa. Domani ci sarà un’altra gara, quindi è ancora tempo di fare sul serio».
Primo Giro e prima maglia rosa della carriera: Pogacar fa un altro passo nella storiaLa UAE Emirates dopo l’arrivo si è goduta il podio di Tadej, poi i corridori sono scesi a BiellaIl ciuffo e il sorriso: Pogacar durante le interviste è parso molto rilassatoPrimo Giro e prima maglia rosa della carriera: Pogacar fa un altro passo nella storiaLa UAE Emirates dopo l’arrivo si è goduta il podio di Tadej, poi i corridori sono scesi a BiellaIl ciuffo e il sorriso: Pogacar durante le interviste è parso molto rilassato
«Penso che la tappa di Rapolano con gli sterrati – dice analizzando la settimana che inizia – più che un momento in cui fare la differenza, dovrebbe essere una tappa in cui non perdere tempo. Il giorno dopo ci sarà la prima cronometro e lì davvero vedremo quali sono i valori in campo. Geraint Thomas è uno specialista e sarà interessante vedere come si muoverà. Nella mia carriera non ho fatto cronometro così lunghe, di solito nei grandi Giri ne facciamo un paio, ma più corte (la crono di Perugia è lunga 40,6 chilometri, quella di Desenzano ne misura 31,2, ndr). Quindi troverò altri avversari con cui confrontarmi. Ma preferisco concentrarmi su me stesso, provando a ottenere il masssimo giorno per giorno. Quella di Perugia sarà una bella crono. Ho fatto la recon e non vedo l’ora che arrivi quel giorno. Tutto qui. Cosa dite se vado a riposarmi un po’? Per oggi ho già fatto abbastanza interviste…».
Entriamo nel dettaglio della bici da crono del Team UAE-Emirates, ovvero della nuova Colnago TT1. Purtroppo non la vedremo sfrecciare con Almeida, i motivi ormai li conosciamo, ma vale la pena entrare nel dettaglio della bicicletta
OROPA – Mentre tutti scappano verso il basso, Enrico Gasparotto cammina verso l’alto. Il tecnico della Bora-Hansgrohe risale il traffico di ammiraglie e ciclisti. Non appena il suo Florian Lipowitz lo ferma, gli mette le mani attorno le guance quasi come un papà. Qualche pacca sulla spalla e inizia a parlarci.
Inizia a parlarci ma qualche secondo dopo si ferma. Quasi di corsa, si volta e va in ammiraglia. Il corridore trema. Forse gli dice che ha ancora freddo. Lo fa spogliare, gli passa una maglia asciutta ancora più pesante di quella che in precedenza gli aveva dato il massaggiatore. I due riprendono a confabulare. Poi Lipowitz, sorridente, parte in bici per scendere a Biella.
Gasparotto ascolta e consiglia Lipowitz che col 5° posto di oggi riscatta la non bella prestazione di ieriGasparotto ascolta e consiglia Lipowitz che col 5° posto di oggi riscatta la non bella prestazione di ieri
Sorriso ritrovato
«Ho provato a seguirlo – replica il tedesco a chi gli aveva chiesto della sua scalata – ma Pogacar era nettamente più veloce. Da parte mia sono felice, mi sono sentito bene lungo la scalata. Avanti così».
«Sono venuto incontro a Florian – spiega Gasparotto – perché ieri ha avuto una giornata no, ma noi sappiamo che sta bene visto quello che ha fatto al Romandia. E anche oggi ha fatto un gran lavoro. E’ un ragazzo giovane, alla prima esperienza al Giro d’Italia e ci è rimasto male per ieri. Lui sperava di rimanere davanti con i migliori. Pertanto era un po’ giù, non dico demoralizzato, però iniziava ad avere dubbi sulla condizione, che magari era già sparita rispetto al Romandia. Vediamo come va giorno per giorno. Sia lui che noi dobbiamo scoprire il suo potenziale».
Gaspa ha consolato il suo atleta insomma. Un direttore sportivo è, e deve essere, anche psicologo.
In questo primo arrivo in salita del Giro d’Italia ha dominato, come ci si attendeva, Tadej Pogacar, ma ad oggi è chiaro che la seconda forza della corsa rosa è la Bora-Hansgrohe. Gaspa ne ha due lì davanti. Lipowitz, appunto, e Daniel Martinez.
Lipowitz (a sinistra) e Martinez (al centro) allo sprint al Santuario di OropaEcco lo sprint di Oropa che ha visto protagonisti Lipowitz…E Martinez. Thomas è stato 3° e Fortunato 4°
Martinez c’è
Gasparotto va di nuovo controcorrente. Stavolta la sua meta è Daniel Martinez. Lo trova mentre fa i rulli per il defaticamento. E’ nell’area dell’antidoping. Il colombiano è stato chiamato per il controllo. Stavolta lo sguardo è meno “da padre”, anche Martinez è più maturo e sa il fatto suo. Ma Gaspa ascolta e parla con la stessa attenzione.
«Con Daniel – riprende Gasparotto – ad un tratto c’è stato del nervosismo, perché proprio nel punto più duro della salita, tra i meno 5 e i meno 4, ha avuto un problema con la bici. Voleva sostituirla, ma noi eravamo dietro con l’ammiraglia e la giuria non ci ha fatto passare. Non abbiamo potuto fare niente, se non lasciargli vicino Lipowitz».
«Io credo che riuscire a stare là davanti e a sprintare per il secondo posto vuol dire che le gambe ci sono. Con Dani poi dovevamo essere un po’ conservativi perché è tanto tempo che non correva, dalla Tirreno. Pertanto in queste situazioni si cerca sempre di non esagerare all’inizio. E se in una giornata nella quale dovevamo essere conservativi Dani fa secondopenso che vada bene».
Dopo il 2° posto di Oropa Martinez è secondo nella generale (con Thomas) a 45″ da PogacarDopo il 2° posto di Oropa Martinez è secondo nella generale (con Thomas) a 45″ da Pogacar
Sorprese possibili
Il diesse svizzero-friulano recrimina un po’ sul fatto che il suo atleta non si sia potuto esprimere al massimo, ma sottolinea anche come sprintare per un secondo posto vuol dire molto. Martinez, e lo scrivemmo in tempi non sospetti, punta forte sul Giro. E’ l’obiettivo della stagione.
Così obiettivo che lui e Gaspa avevano visionato diverse tappe di questa corsa rosa. Il direttore sportivo della Bora-Hansgrohe non è nuovo a colpi di teatro e averne due davanti è stuzzicante. Qualcosa ci si può inventare?
«Eh domani è una tappa per velocisti – glissa e sorride Gasparotto – e ci punteremo con Van Poppel. Perché no: si può provare a fare qualcosa. La strada è ancora lunga, lunghissima. Ci sono tappe critiche e anche tappe interessanti, movimentate. L’importante però è che i ragazzi stiano bene… come hanno dimostrato oggi».
Il Giro d’Italiaè anche quello della tecnica, dei dettagli e ovviamente delle biciclette in tutti i loro colori e particolarità.
Vogliamo lasciare spazio (senza entrare eccessivamente nel dettaglio) alle immagini che rappresentano le biciclette delle 22 squadre al via del Giro 2024.
Van Rysel RCR Team, bici molto osservateManubrio Deda su specifiche Van RyselVan Rysel RCR Team, bici molto osservateManubrio Deda su specifiche Van Rysel
La Van Rysel della Decathlon-AG2R
Sicuramente una delle bici più osservate è la Van Rysel RCR Team, già molto vincente in questi primi 5 mesi dell’anno. La trasmissione è Shimano Dura Ace nella sua completezza, selle Fizik e manubrio full carbon integrato Deda (ma su specifiche Van Rysel), tubeless Continental e pedali Look. L’unica bici ad avere le ruote SwissSide.
Le Aurum Magma del team Polti-KometaOgni bici ha un livrea diversaLe Aurum Magma del team Polti-KometaOgni bici ha un livrea diversa
Una nuova Aurum per il Team Polti?
Di sicuro colpisce la colorazione diversa e differenziata per ogni bici di ogni corridore. Il reggisella aero e specifico ci porta a pensare che sia la nuova versione della Magma. Trasmissione Sram Red nella sua completezza e pedali Look. Selle Prologo e componentisitica Enve, con le ruote gommate Vittoria.
La Specialissima di BianchiMa ci sono anche le Oltre RCLa Specialissima di BianchiMa ci sono anche le Oltre RC
Arkea-B&B con le Bianchi
Specialissima e Oltre RC. Le prime hanno un comparto manubrio integrato, ma che tende al tradizionale, le Oltre RC hanno l’integrato con il caratteristiche stem sdoppiato. La trasmissione è Shimano Dura Ace senza variazioni, mentre le ruote sono Vision gommate Vittoria. Le selle sono di Selle Italia. I pedali sono Shimano.
BMC solo con le Teammachine R e spunta il nuovo RedTrentin non usa il manubrio integratoBMC solo con le Teammachine R e spunta il nuovo RedTrentin non usa il manubrio integrato
Le BMC del Team Tudor
Tutti i corridori hanno in dotazione la Teammachine R, nessuno (e non si è vista neppure sulle ammiraglie) si è presentato con la Teammachine SLR. Selle Italia, tubeless Schwalbe su ruote DT Swiss ARC1100 Dicut. La trasmissione Sram Red e si è visto anche il nuovo Red AXS (sulla bici di Trentin). Per i pedali le preferenze vanno tra i Time e Wahoo.
Le Cannondale LAB71 di EFTutti con il nuovo integrato VisionLe Cannondale LAB71 di EFTutti con il nuovo integrato Vision
SuperSix Evo Lab71 per la EF-Easy Post
La versione è la top di gamma Lab71, con selle Prologo e manubrio full carbon integrato Vision. Quest’ultima firma anche le ruote, l’ultima versione delle SL (45 e 60), gommate Vittoria tubeless. La trasmissione è Shimano Dura Ace, ma con la guarnitura FSA che integra il power meter PowerBox. I pedali sono Wahoo.
Bici sempre apprezzatissima da velocisti e scalatoriLe Aeroad CFR degli Alpecin-DeceuninckBici sempre apprezzatissima da velocisti e scalatoriLe Aeroad CFR degli Alpecin-Deceuninck
Le Canyon di Movistar e Alpecin
Tutti i corridori di entrambi i team si sono presentati al via con le Aeroad CFR (qualche Ultimate CFR posizionata sulle ammiraglie). Per la compagine iberica l’allestimento si basa sul portfolio Sram, con ruote Zipp e pedali Time (che hanno sostituito Look), selle Fizik e gomme Continental. Per le Canyon del team belga il pacchetto Shimano è completo (trasmissioni, ruote e pedali), con le selle di Selle Italia ed i tubeless Vittoria.
Alla partenza del Giro solo con le S5Quella di Laporte con la livrea di Campione EuropeoAlla partenza del Giro solo con le S5Quella di Laporte con la livrea di Campione Europeo
Le Cervélo del Team Visma
Tutti gli atleti del team olandese hanno preso il via con le Cervélo S5 (le R5 erano posizionate sulle ammiraglie) e nessuno ha montato la corona singola anteriore. Trasmissione Sram Red AXS e ruote Reverse (molti corridori hanno optato per i profili differenziati tra anteriore e posteriore). Tubeless Vittoria e selle Fizik, mentre i pedali sono Wahoo.
Modello unico per gli UAE, la Colnago V4Rs e c’è in nuovo disco freno Carbon-TiTutti con l’integrato EnveModello unico per gli UAE, la Colnago V4Rs e c’è in nuovo disco freno Carbon-TiTutti con l’integrato Enve
La V4Rs di Colnago per Pogacar
Il modello è unico per tutte le competizioni e per tutti i corridori. Le veriabili sono rappresentate dai profili delle ruote Enve e dal fatto che i corridori possono scegliere se montare le corone Shimano o Carbon-Ti (sulle trasmissioni Dura-Ace). I manubri sono Enve e le selle Prologo, mentre i tubeless sono Continental. I dischi dei freni sono Carbon-Ti.
Le Cube del Team Intermarché-WantyTra versioni Aero e AirLe Cube del Team Intermarché-WantyTra versioni Aero e Air
Cube in due versioni per l’Intermarché
Sono le Litening Aero, usata ad esempio da Girmay (già vittorioso al Giro) e la più leggera e sfinata Litening Air, usata da Colleoni. Tutte hanno il manubrio integrato e specifico, selle Prologo e le trasmissioni Dura-Ace complete (non c’è più la guarnitura con power meter Rotor). Le ruote sono NewMen con i raggi in carbonio e i tubeless Continental. I pedali sono Look.
De Rosa 70 per il Team VF Group Bardiani-FaizanèLa bici di Pozzovivo con il Campagnolo Wireless (foto Gabriele Reverberi)De Rosa 70 per il Team VF Group Bardiani-FaizanèLa bici di Pozzovivo con il Campagnolo Wireless (foto Gabriele Reverberi)
De Rosa per il VF Group
Tutti i corridori sono equipaggiati con le De Rosa 70 ed è l’unica formazione con il pacchetto completo Campagnolo (trasmissione e ruote). Manubrio integrato Vision e selle di Selle SMP. I pedali sono i Favero con il power meter e le gomme Vittoria.
Bici nuova e ruote nuoveBici nuova e ruote nuove
Factor Ostro VAM per Israel
Un modello nuovo che si è messo in bella mostra con diverse vittorie e piazzamenti di rilievo. Le Factorsono equipaggiate con le trasmissioni Dura Ace, ma con le guarniture/power meter FSA PowerBox. Selle Italia e ruote Black Inc. gommate Continental, mentre i pedali sono Shimano.
Giant, tra le versioni PropelE la TCR customizzata per PlappGiant, tra le versioni PropelE la TCR customizzata per Plapp
Jayco tra Propel e la nuova TCR
Due i modelli Giant in dotazione agli atleti del team Australiano, ovvero la Propel e la nuova TCR. Trasmissione e pedali Shimano a parte, tutto il pacchetto si basa su Cadex che firma ruote, manubri e selle. I tubeless sono Vittoria.
Look 795 Blade RS per CofidisLook 795 Blade RS per Cofidis
Il Team Cofidis su bici francesi
Sono le nuove Look 795 Blade RS con le ruote Corima, con il particolare della gommatura Michelin. Anche il comparto manubrio è Look. La trasmissione è Shimano con alcune variabili rappresentate dal power meter SRM. Pedali Look (ovviamente) e selle di Selle Italia.
Una nuova Merida, o più leggera per CarusoE queste ruote “no brand”? Una nuova Merida, o più leggera per CarusoE queste ruote “no brand”?
Una nuova Merida per Caruso?
Tutta nera la Merida Scultura di Damiano Caruso alla partenza di questo Giro, con delle ruote evidentemente Vision, ma senza scritte e adesivi. Selle Prologo e manubrio integrato Vision. Trasmissione Shimano (anche i pedali) e tubeless Continental. In generale tutto il Team Bahrain-Victorious si divide tra la Scultura e la aero Reacto.
La Dogma F, le sue forme parlano da soleSarebbe riconoscibile anche senza scritteLa Dogma F, le sue forme parlano da soleSarebbe riconoscibile anche senza scritte
Il Giro delle Dogma F
Una Pinarello Dogma F che rispetto alla scorsa stagione è cambiata leggermente nella livrea cromatica. C’è il manubrio integrato tutto in carbonio ed il pacchetto completo Shimano (ruote, trasmissione e pedali). I tubeless sono Continental. Ci sono le selle Prologo.
Scott Foil RC per tutti, scalatori e nonScott Foil RC per tutti, scalatori e non
Foil per il Team DSM Firmenich
Tutte bici di concezione aero per tutti i corridori, Bardet incluso ed è una delle poche formazioni ad usare le ruote da 36 millimetri. Il pacchetto Shimano è completo, con i tubeless Vittoria. Le selle invece sono Scott.
Anche qui spunta uno Sram “diverso”, le S-Works Bora-HansgroheSL8 per Soudal-Quick Stem, con Shimano e livrea nero-blu-purpleAnche qui spunta uno Sram “diverso”, le S-Works Bora-HansgroheSL8 per Soudal-Quick Stem, con Shimano e livrea nero-blu-purple
SL8 per Bora e Soudal-Quick Step
Il pacchetto telaio è l’S-Works SL8 ed è in comune ai due team. Cambia l’allestimento ad eccezione delle ruote e delle selle, sempre del portfolio Roval, S-Works (inclusi i copertoncini con camera d’aria). Da una parte abbiamo le trasmissioni Sram (per i Bora e spunta anche qualche Red nuovo), mentre per i Soudal Quick-Step c’è Shimano.
Le Trek Madone per il Team Lidl-TrekQualche novità si nota anche quiLe Trek Madone per il Team Lidl-TrekQualche novità si nota anche qui
Lidl-Trek con le Madone, tranne Lopez
Tutti con le Trek Madone, tutte con sram, ruote e selle Bontrager, pedali Time e gomme Pirelli. L’unica eccezione è rappresentata dal piccolo e leggero Lopez che è partito, (come sua abitudine) con la Emonda.
La Zero SLR di Lorenzo FortunatoTutte le Filante SLR per la squadra francese al GiroLa Zero SLR di Lorenzo FortunatoTutte le Filante SLR per la squadra francese al Giro
Due volte Wilier
FDJ-Groupama e Team Astana-Qazaqstan. La compagine francese ha in dotazione solo il modello Filante SLR con tutti i componenti Shimano. Le selle sono Prologo ed i tubeless Continental. Il team del Campione Italiano, Simone Velasco, invece si divide tra la Filante SLR e la Zero, tutte con manubrio integrato Wilier e selle Prologo, ruote Vision e tubeless Vittoria. La trasmissione ed i pedali sono Shimano.
Bouwman si sente messo da parte, lascia la Visma e approda alla Jayco-AlUla. I suoi ricordi di Roglic. L'analisi dell'anno nero. E il futuro che vorrebbe
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