Giro Women al via, dove si deciderà? Rispondono i diesse

06.07.2024
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Con i 15,7 chilometri contro il tempo, scatta domani da Brescia il Giro d’Italia Women targato Rcs Sport. Dalla Lombardia all’Abruzzo, si snoderà un percorso, a detta di atleti e tecnici, dalla durezza crescente dalla prima all’ottava ed ultima tappa. A parte la crono iniziale ed un paio di occasioni per velociste, il terreno per attaccare o cercare gloria personale non mancherà.

Ma dove si deciderà il Giro Women? Chi punta alla maglia rosa finale de L’Aquila dovrà fare i conti con tanti metri di dislivello e noi abbiamo fatto un rapido sondaggio tra diversi diesse per capire il loro pensiero. Le risposte sembrano univoche indicando nel Blockhaus il giudice supremo della corsa, però per qualcuno ci possono essere dei punti di svolta alternativi da non sottovalutare. Ecco cosa ci hanno detto.

L’istantanea di Zini

Il primo a dare il proprio parere è Walter Zini, team manager della Bepink-Bongioanni, formazione sempre pronta ad animare le tappe e che cercherà di mettere in mostra i migliori talenti. Per il tecnico milanese non sarà solo la settima frazione l’ago della bilancia.

«Sicuramente la tappa del Blockhaus – analizza – sarà importante perché ha 3.600 metri di dislivello, ma credo che, un pezzetto oggi e un pezzetto domani, è facile che si possano già vedere delle differenze tra le donne di classifica nei giorni precedenti. Da lì si capirà chi non vincerà il Giro, così come penso che l’ultimo giorno potrebbero esserci delle “cotte”. In ogni caso bisognerà vedere chi sarà al via e di conseguenza capire che tattiche adotteranno le squadre più attrezzate.»

Per Zini le differenze dei valori in campo si vedranno anche nelle tappe intermedie prima delle ultime due tappe di alta montagna
Per Zini le differenze dei valori in campo si vedranno anche nelle tappe intermedie prima delle ultime due tappe di alta montagna

Visto da Lacquaniti

Anche Fortunato Lacquaniti, diesse della Ceratizit-WNT che quest’anno è sbarcata nel WorldTour, è dello stesso avviso, seppur con un spunto di discussione ulteriore. Per stessa ammissione del tecnico veneto, il team tedesco, che finora ha conquistato undici vittorie (le ultime tre al Thuringen Tour con Martina Fidanza e Alonso), al Giro vorrà incrementare il bottino puntando più ai successi parziali che alla generale.

«La doppia scalata Passo Lanciano-Blockhaus – spiega – sarà l’ultimo scontro qualora ci fossero ancora i giochi in sospeso, però per me ci arriveranno con posizioni già ben delineate. Le tappe intermedie, come ad esempio il primo arrivo in salita a Toano alla terza tappa e il giorno successivo a Urbino con un finale intenso, potrebbero già creare distacchi importanti. Dalla crono di Brescia avremo subito una indicazione dei valori in gara. E’ un Giro Women ben disegnato, che tuttavia potrebbe essere difficile da interpretare per diversi motivi. Oltre a vedere gli organici delle formazioni più forti, bisognerà vedere quali saranno gli obiettivi reali. Ci saranno atlete che correranno in funzione delle Olimpiadi e quindi queste strategie di preparazione potrebbero condizionare l’andamento della corsa

Per Lacquaniti il Giro Women è ben disegnato, ma difficile da interpretare per diversi motivi ed alcune strategie
Per Lacquaniti il Giro Women è ben disegnato, ma difficile da interpretare per diversi motivi ed alcune strategie

L’opinione di Fidanza

Sulla rilevanza del totem abruzzese nell’economia della gara si sbilancia Giovanni Fidanza. Per il team manager della Isolmant-Premac-Vittoria – che ha lanciato verso il WorldTour proprio l’abruzzese Gaia Realini, una delle favorite alla vittoria finale – tutto si giocherà alla penultima giornata.

«La crono di Brescia – commenta l’ex pro’ della Chateau d’Ax con cui vinse una tappa al Tour e al Giro – è molto tecnica e lo strappo del Castello può essere indigesto a qualche atleta. Così come la salita di Toano al terzo giorno potrebbe creare distacchi. Tuttavia le cosiddette tappe intermedie, come quella mossa di Chieti, secondo me saranno molto controllate. E’ per questo che penso che si deciderà tutto sul Blockhaus. Per tutte sarà lo sforzo massimo, tant’è che per me l’ultima tappa de L’Aquila, che è comunque molto dura, servirà solo per limare secondi o posizioni di rincalzo nella generale. Comunque tutte dovranno correre con molta attenzione sul piano tattico.»

Giovanni Fidanza prevede molto controllo nelle tappe intermedie, Blockhaus decisivo e nessun stravolgimento nell’ultima tappa
Giovanni Fidanza prevede molto controllo nelle tappe intermedie, Blockhaus decisivo e nessun stravolgimento nell’ultima tappa

La previsione di Bronzini

Ancora più sicura appare Giorgia Bronzini, diesse di una Human Powered Health che si presenta al Giro Women col morale alto per merito della vittoria nella generale di Edwards al Thuringen Tour e con l’obiettivo di curare la classifica con Malcotti.

«Vi rispondo velocemente – dice la piacentina col suo solito spirito intriso di grande conoscenza tattica – e senza troppe esitazioni. Il Blockhaus deciderà tutto. La salita è molto dura e le atlete avranno le visioni già al primo passaggio. Gli ultimi tre giorni sono impegnativi, ma tutto ruota attorno a quella tappa. Il Blockhaus penso che possa essere determinante per chi vorrà riscattare una brutta prova il giorno precedente. O viceversa possa essere la salita nella quale puoi prendere una sonora crisi che non puoi più rimediare il giorno dopo. Di certo le ragazze che puntano alla generale dovranno essere molto brave a gestire le energie, tenendo conto anche delle temperature alte che potrebbero esserci.»

Per Bronzini sarà fondamentale la gestione delle energie, ma il Giro Women sarà deciso dal Blockhaus
Per Bronzini sarà fondamentale la gestione delle energie, ma il Giro Women sarà deciso dal Blockhaus

Le impressioni di Busato

Sull’ammiraglia della Top Girls Fassa Bortolo restringono le contendenti ad un numero ridotto di corridori che si giocheranno tutto alla settima tappa. Se lo storico team manager Lucio Rigato è onorato di partecipare al suo ennesimo Giro femminile in trentadue anni di attività, sperando che la vincitrice sia la sua ex atleta Longo Borghini, il diesse Matteo Busato entra più nello specifico.

«Penso che la crono iniziale – afferma l’ex pro’ di Castelfranco Veneto – potrà dire chi sta bene e chi meno, ma non farà grandi distacchi. Il livello delle atlete più forti è molto alto e sanno preparare molto bene gare del genere. Il Giro è comunque duro anche nelle tappe che non tutti considerano. Ad esempio, la quarta che arriva ad Urbino ha un dislivello alto concentrato negli ultimi cinquanta chilometri. Queste tappe serviranno per fare selezione e per me alla tappa del Blockhaus ci si arriverà con la generale già definita o racchiusa a tre atlete, non di più

Secondo Busato la generale sarà già ristretta a tre atlete nei giorni precedenti all’arrivo del Blockhaus (foto Top Girls)
Secondo Busato la generale sarà già ristretta a tre atlete nei giorni precedenti all’arrivo del Blockhaus (foto Top Girls)

Il parere in casa UAE

La nostra rapida inchiesta termina bussando alla porta della UAE Team ADQ, dove ci risponde la general manager Cherie Pridham. La squadra degli Emirati Arabi Uniti si dividerà tra la generale con Magnaldi e i successi di tappa con Persico e Consonni, ma anche per la dirigente britannica esiste solo un punto chiave.

«Credo – sintetizza – che tutto si deciderà nella Lanciano-Blockhaus, la tappa regina della corsa con le salite più impegnative e con le quote più alte. Sarà una sfida fondamentale per i corridori dal punto di vista fisico, ma anche strategico poiché la salita avrà un impatto significativo sulla classifica generale. Arrivando al penultimo giorno di gara, ci sono poche possibilità di recupero o errori tattici. I distacchi che si apriranno su queste cime saranno decisivi.»

Fra una settimana conosceremo il verdetto emesso dal Blockhaus, però anche le altre tappe di questo Giro d’Italia Women promettono battaglia e spettacolo.

Pedivelle corte: con Colò a lezione dal consulente di Pogacar

06.07.2024
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Nei giorni che hanno preceduto la partenza del Tour de France da Firenze, c’è stato un susseguirsi di conferenze e di incontri tra varie figure tecniche. Dei veri e propri confronti tra professionisti del settore a riguardo di diversi temi. Uno di quelli affrontati nel caldo di Firenze è stato sull’utilizzo delle pedivelle corte. Conferenza tenuta da Borut Fonda, consulente biomeccanico esterno di Tadej Pogacar (il UAE Team Emirates ha confermato). A questa lezione ha partecipato Alessandro Colò, biomeccanico e uno degli organizzatori del Giro della Lunigiana. 

«Si è tratta di una vera e propria masterclass – racconta – sulla biomeccanica, con docente Boret Fonda, uno dei grandi fautori delle pedivelle corte. La cosa bella dell’incontro era la possibilità di intervenire e di confrontarsi. Uno dei temi sui quali ci siamo dilungati maggiormente è stato proprio quello legato all’utilizzo delle pedivelle corte».

A sinistra Alessandro Colò. A destra Borut Fonda consulente biomeccanico di Pogacar esterno al team
A sinistra Alessandro Colò. A destra Borut Fonda consulente biomeccanico di Pogacar esterno al team

Qualche novità

Tadej Pogacar nel corso delle ultime tre stagioni ha deciso di accorciare la misura delle pedivelle utilizzate. E’ passato dalle 172,5 millimetri alle 170, fino ad arrivare ora alle 165 millimetri. L’accorciamento delle pedivelle rappresenta, nel mondo del professionismo, una novità. Un’altra soluzione che è arrivata da poco è quella dell’avanzamento della sella. 

«Chiaramente – replica Colò – dipende da atleta ad atleta, ma è vero. Queste sono le due novità tecniche di maggior spicco. Tra l’altro, proprio legato all’avanzamento della sella, c’è stato un bel dibattito. Negli anni passati si pensava che un avanzamento della sella potesse portare dolori e problemi alle ginocchia. E’ stato però testato che non è vero, lo stesso Fonda ci ha scherzato su dicendo che siamo stati noi italiani ad inculcare questa paura infondata. Prima di partire però vorrei fare una precisazione a proposito di Pogacar».

Questa la Colnago utilizzata da Pogacar al Tour de France, spiccano le pedivelle da 165 millimetri
Questa la Colnago utilizzata da Pogacar al Tour de France, spiccano le pedivelle da 165 millimetri
Prego, dicci pure.

Stiamo parlando di un campione e di un atleta di massimo livello. Prima di effettuare delle modifiche alla sua posizione in bici vanno fatti tanti ragionamenti. Lui, come tutti i professionisti, pedala per un totale di 35.000 chilometri all’anno. Anche la più piccola modifica può portare dei problemi o ad altri aggiustamenti. 

Quindi serve tempo?

Noi abbiamo scoperto che Pogacar stesse utilizzando delle pedivelle da 165 millimetri alla Strade Bianche, suo esordio stagionale. Ma lui ha pedalato con quella misura di pedivelle per tutta la preparazione e tutto l’inverno. Come detto anche da Borda nella masterclass a Firenze, Tadej ha fatto dei test e si è trovata la quadra a 165 millimetri, complici anche dei problemi fisici che non è dato però sapere. 

Questo è lo strumento che permette di misurare la potenza di coppia
Questo è lo strumento che permette di misurare la potenza di coppia
Scendiamo nel dettaglio, come cambia la pedalata con delle pedivelle più corte?

Il movimento migliora, diventa più rotondo e controllato. Ma non tutti possono adoperare questa scelta, per farlo ci sono dei parametri da rispettare: predisposizione ad andare agile e una volontà di migliorare la performance. Come detto cambiare posizione in bici ad un corridore professionista è delicato, per farlo devono esserci delle esigenze chiare. 

A livello di movimento cosa cambia?

Le pedivelle corte portano ad avere una minore escursione della gamba, quindi si apre meno l’anca. Di conseguenza si ha uno stess articolare inferiore. 

La lunghezza delle pedivelle è regolabile, così da poter fare diversi test
La lunghezza delle pedivelle è regolabile, così da poter fare diversi test
Come si capisce se si sono avuti dei miglioramenti?

La strumentazione c’è ed è estremamente precisa. Si utilizzano degli analizzatori di coppia che calcolano come il ciclista eroga la forza sui pedali. Ne esce un grafico che dimostra come una data misura risponde rispetto ad un’altra. 

Le pedivelle corte non sono quindi una soluzione adatta a tutti, e chi ne può giovare?

Sono ideali, o meglio possono portare vantaggi importanti, agli scalatori. Questi pedalano molto a lungo con potenze elevate. Pensate a Pogacar sul Galibier: 50 minuti di salita. Con le pedivelle corte puoi cercare di coordinare meglio la pedalata, garantendo uniformità e un perdita minore di potenza. 

Il tutto si traduce in un grafico che riporta la coppia e l’angolo della pedivella
Il tutto si traduce in un grafico che riporta la coppia e l’angolo della pedivella
I velocisti non ne traggono vantaggio.

No. Loro hanno picchi di potenza assurdi e per tempi brevi, una volata dura 15 secondi e la forza impressa sui pedali è troppa per essere controllata. La pedalata di un velocista lanciato nello sprint non può essere gestita, è forza pura. 

Anche la conformazione fisica gioca un ruolo importante?

Certo. Se un atleta ha delle gambe estremamente lunghe non potrà usare pedivelle da 165 millimetri. Immaginate Froome con delle pedivelle corte, farebbe una fatica immane. Alla base di tutto c’è una proporzione fisica. Pogacar è alto 176 centimetri, ed è passato da pedivelle lunghe 172,5 millimetri a quelle da 165 millimetri. Froome, per fare un esempio, è alto 186 centimetri, in proporzione per fare lo stesso salto dovrebbe passare da pedivelle da 175 millimetri a quelle da 170.

Il fisico gioca una parte importante, un corridore con leve lunghe non riesce a sfruttare al meglio le pedivelle troppo corte
Il fisico gioca una parte importante, un corridore con leve lunghe non riesce a sfruttare al meglio le pedivelle troppo corte
Cosa vuol dire controllare meglio la pedalata?

Avere una maggiore rotondità di pedalata, questo comporta meno punti morti e una miglior distribuzione della potenza. Nella fase di risalita la forza è sempre zero, ma riducendo questa parte si pedala attivamente per maggior tempo. Il beneficio finale è anche legato ad una maggior facilità di coordinazione dello sforzo

Martina Fidanza, due vittorie per lanciare Parigi

06.07.2024
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Con due vittorie al Lotto Thuringen Ladies Tour, Martina Fidanza si è già lanciata verso il grande appuntamento olimpico di Parigi e verbo non potrebbe essere più appropriato, visto che stiamo parlando della ragazza chiamata ad avviare il trenino dell’inseguimento verso il grande sogno. La ragazza di Ponte San Pietro ha chiuso come meglio non si poteva la prima porzione di gare su strada, conquistando due sprint di seguito in un contesto molto qualificato.

Le feste del team per le sue due vittorie, che hanno restituito il sorriso dopo l’incidente di Archibald
Le feste del team per le sue due vittorie, che hanno restituito il sorriso dopo l’incidente di Archibald

La portacolori della Ceratizit WNT ha ricevuto dalla prova tedesca una grande iniezione di fiducia non solo per i successi, ma per la gara in se stessa: «Era una corsa a tappe di sei giorni, quindi una di quelle lunghe, inferiore solo a Giro e Tour in quanto a durata. Oltretutto si è rivelata molto impegnativa perché c’era pochissima pianura. Una gara che in questo periodo della stagione è stata ideale per me che avevo già deciso a inizio anno di non prendere parte al Giro Donne per concentrarmi per un mese sul lavoro per la pista».

Al di là delle due vittorie che indicazioni hai avuto per la tua prova?

Ottime, anche perché se guardo a come sono arrivata alla corsa tedesca c’era poco di che essere allegri. Arrivavo da tre settimane di allenamento molto impegnative e sentivo le gambe molto pesanti, non avevo buone sensazioni. Non gareggiando da un mese, con il solo anticipo del campionato italiano peraltro neanche concluso, quindi sapevo che mi sarebbe mancato il ritmo gara. Non ero preoccupata, piuttosto consapevole della difficoltà che faceva parte di un cammino.

Prima della corsa tedesca, la Fidanza aveva preso parte alla prova tricolore correndo per le FF.OO.
Prima della corsa tedesca, la Fidanza aveva preso parte alla prova tricolore correndo per le FF.OO.
E poi?

La prima tappa diciamo che è servita per sbloccarmi, anche mentalmente, successivamente c’erano due frazioni, quelle di Gera e di Erfurt, destinate a una volata generale e lì mi sono trovata bene, la squadra ha lavorato per me e queste due vittorie sono state un’ottima attestazione del lavoro svolto. Poi sono arrivate le frazioni più dure e alla fine ero stanca. Appena tornata ho subito iniziato con 3 giorni di lavoro su pista e ora si va avanti su quella direzione.

Tu sei parte integrante del quartetto, a meno di un mese dal vostro torneo qual è la situazione generale?

Noi abbiamo iniziato a concentrarci su Parigi sin dal rientro dalla tappa di Nations Cup in Canada, sull’onda della grande performance sostenuta lì. Con Villa abbiamo lavorato bene, compatibilmente con gli impegni che aveva ognuna di noi con il suo team siamo sempre riuscite a essere almeno in 4 in ogni sessione, svolgendo tutti i lavori previsti nonostante le difficoltà. Ora nell’ultimo mese sarà molto importante riuscire a ritrovare le sensazioni giuste, quelle da mettere in campo in gara anche se fino al turno qualificativo non avremo naturalmente test agonistici.

Il quartetto azzurro gareggerà il 6 e 7 agosto. A Martina Fidanza il compito di lanciarlo
Il quartetto azzurro gareggerà il 6 e 7 agosto. A Martina Fidanza il compito di lanciarlo
Il vostro cammino è stato comunque non semplice, considerando il grave infortunio di Elisa Balsamo rientrata nel gruppo proprio in extremis…

Io ho condiviso con lei le tre settimane di lavoro a Livigno e ho potuto vedere davanti ai miei occhi la sua crescita, non solo dal punto di vista fisico e della condizione di forma, ma soprattutto della consapevolezza. Ha lavorato molto duramente, con un obiettivo chiaro. Io l’ho vista molto bene e posso scommettere che a Parigi sarà la vera Elisa Balsamo.

Tu sei compagna di squadra di Katie Archibald, messa fuori gioco da un incidente domestico. Quanto perde la Gran Bretagna secondo te?

Intanto sono particolarmente addolorata per quanto è successo a Katie perché so quanto ci teneva. E’ chiaro che la squadra perde qualcosa, ma questo secondo me non cambia granché nelle gerarchie della vigilia. Conosciamo il quartetto britannico, lo abbiamo già affrontato senza di lei e resta sempre uno dei favoriti per l’oro a Parigi. Noi non dobbiamo commettere l’errore di guardare gli avversari, entrare nel gioco di chi perde e chi guadagna con un ingresso o l’altro. Dobbiamo pensare solo a noi stesse, completare il percorso soprattutto a livello tecnico per riuscire a tirare fuori il meglio. Per intenderci, dobbiamo pensare che l’assenza di Katie non cambi nulla.

Katie Archibald, messa fuori gioco da un grave incidente domestico. Doveva gareggiare in 3 specialità
Katie Archibald, messa fuori gioco da un grave incidente domestico. Doveva gareggiare in 3 specialità
Un aspetto importante del torneo olimpico sarà anche la gestione dei tempi prima e dopo ogni impegno.

Il nostro torneo, a differenza di quello maschile, sarà articolato come le altre gare, il primo giorno per qualificazioni, il secondo per primo turno e finali. Noi di solito arriviamo al velodromo molto prima, almeno due ore e iniziamo a lavorare sui rulli per fare quel lavoro necessario per sbloccare il fisico ed entrare nel ritmo gara. Poi una breve sosta e si riprende con la seconda parte, sempre sui rulli, questa tesa al vero e proprio riscaldamento. Importantissimo sarà gestire il tempo fra una gara e l’altra: ci saranno tra le 4 e le 5 ore, questo dovrebbe consentirci, seppur in tempi stretti, di tornare in albergo, mangiare e rilassarci un po’ prima di ricominciare ed è un buon vantaggio.

Martina sta dedicando tutto l’ultimo mese alla pista, con un intervallo in altura
Martina sta dedicando tutto l’ultimo mese alla pista, con un intervallo in altura
Tu sarai chiamata a un ruolo importantissimo, il lancio…

Sì, infatti stiamo lavorando molto su questo aspetto e anche sulla seconda tirata, per capire quanto potrò dare alla squadra prima di staccarmi.

Tu non sarai al Giro come le tue compagne: che cosa farai?

Sfrutterò quella settimana per tornare a Livigno e fare un po’ di altura prima di tornare e affrontare con le compagne la parte finale della preparazione. Quella sì che sarà una volata importante…

Ad Evenepoel la crono dei quattro marziani

05.07.2024
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Centottanta metri: è stato il distacco tra il primo e il secondo, che tradotti in 25,5 chilometri fanno una differenza di appena 0,7 per cento. La crono più che mai è la disciplina dei numeri e i numeri non tradiscono. Tutto secondo pronostico. Nonostante questo, la Nuits-Saint Georges – Gevrey Chambertin,  settima tappa di questo Tour de France, è stata da mangiarsi le unghie. Da stare seduti sulla punta del divano. Ha vinto Remco Evenepoel, su Tadej Pogacar, Primoz Roglic e Jonas Vingegaard.

Ed è stata una crono da mangiarsi le unghie perché finalmente tutti i migliori sono venuti allo scontro. Viene da chiedersi se si sia corso in Francia o su Marte. I top a livelli siderali…

I quattro giganti hanno scavato un solco tra loro e il resto del mondo, guarda caso gli stessi che si giocheranno la Grande Boucle. 

Remco Evenepoel (classe 2000) conquista il suo primo successo al Tour. In apertura la sua posizione perfetta
Remco Evenepoel (classe 2000) conquista il suo primo successo al Tour. In apertura la sua posizione perfetta

Remco marziano

Partiamo dal vincitore. Remco Evenepoel ha ribadito, semmai ce ne fosse stato bisogno, perché è lui il campione del mondo di specialità. Aerodinamico come nessun altro, non solo ha vinto, ma ha fatto la differenza esattamente nei tratti in cui si attendeva potesse andare più forte, vale a dire quelli in pianura. Quelli in cui c’era “solo” da spingere sul filo de 60 all’ora.

Il belga aveva il 62×11. Nonostante un piccolo problema tecnico, nel finale quando Pogacar gli si era avvicinato, è riuscito a scavare ancora qualcosa.

«Oggi – ci ha riferito Giampaolo Mondini, che cura i rapporti di Specialized con i team – Remco di più proprio non poteva fare. Era un percorso molto tecnico, c’erano certe stradine strette incredibili. Magari dalla tv non si percepivano. Già solo per uscire dal paese di partenza in un chilometro c’erano 4-5 svolte tecniche. E anche la discesa era tutta una sequenza di destra-sinistra: se sbagliavi una curva  perdevi tutta la ritmica e dovevi frenare. Quindi bene così: su carta Remco avrebbe potuto guadagnare massimo 25”, ne ha presi 12”. Va bene».

Nel finale, Evenepoel credeva di aver forato. «In realtà ha preso un sasso, ma con la ruota lenticolare in queste situazioni il rumore è lo stesso di una foratura. La gomma era sana, ma nel finale per paura che la sua posteriore avesse perso un po’ di pressione è stato un po’ conservativo».

«Mi sono sentito molto bene durante tutta la tappa – ha detto Evenepoel – Come l’abbiamo gestita? Abbiamo pensato più alla vittoria di tappa che ai distacchi per la classifica generale quindi direi missione è compiuta. Penso penso che Tadej è intoccabile, dopodiché c’è la gara e non si sa mai cosa può succedere in grande Giro. Da parte mia più passano le tappe e meglio mi sento. Da oggi inizieremo a pensare al podio. Penso di avere le gambe per questo».

Il “pacchetto crono” di Pogacar ha fatto netti passi in avanti. Tadej ottimo anche nella guida
Il “pacchetto crono” di Pogacar ha fatto netti passi in avanti. Tadej ottimo anche nella guida

Tadej vola anche a crono

Giuseppe Martinelli lo aveva detto un paio di giorni fa: «Per me Pogacar può vincere anche la crono e se non lo farà mi aspetto distacchi molto piccoli. Lo sloveno è più forte dell’anno scorso e forse anche più del Giro d’Italia», insomma come si suol dire: passa l’angelo e dice amen.

La maglia gialla la crono non l’ha vinta, ma la cura dimagrante e aerodinamica della sua Colnago si è vista eccome. Si è vista per il risultato, per la compostezza di Tadej e anche per la sua fluidità di guida. Se si guardano gli intermedi, ha recuperato qualcosina a Remco proprio nel tratto più tecnico.

Questa dozzina di secondi persi dal campione del mondo contro il tempo, sono ripagati dalla felicità dei 25” dati a Vingegaard che ora è a 1’15”. Tour chiuso? Neanche per sogno. E Tadej lo sa…

«Sono contento di come sia andata oggi – ha detto il corridore della UAE Emirates – Ho perso contro il campione del mondo e adesso dovrò guardarlo un po’ più da vicino. Ma ho aggiunto un po’ di distacco su Jonas, Primoz e gli atri ragazzi. Davvero oggi non potevo chiedere di più. Forse ho esagerato un po’ in salita e poi ho sofferto alla fine della salita stessa. Ma è andata bene e… mi sono divertito». Mi sono divertito: solo Pogacar può dire una cosa simile dopo una crono tanto delicata!

Esperto e solido, Primoz Roglic è giunto 3° a 34″ da Remco. Ora è 4° nella generale a 1’36” da Pogacar
Esperto e solido, Primoz Roglic è giunto 3° a 34″ da Remco. Ora è 4° nella generale a 1’36” da Pogacar

Roglic silenzioso

E poi c’è lui, Roglic. Zitto, silenzioso. Non sai mai se scatterà o se si staccherà. Quando Vingegaard e Pogacar sin qui se le sono date, lui ha sempre faticato, al netto del fatto che alla fine dopo il Galibier a Valloire ci è arrivato benone.

Primoz, che aveva il 60×10, ha fatto un’ottima cronometro. Non a caso è il campione olimpico. Nel finale è andato alla pari con Remco. Scelta saggia, la sua, di non strafare all’inizio come gli era successo già altre volte. Ma la crono del Lussari 2023 evidentemente gli ha lasciato un bell’insegnamento e non solo un bel ricordo.

«Ha faticato – ha detto Roglic – ma ho fatto del mio meglio, quindi sono contento della prestazione. Dopo questa crono posso essere ottimista. E’ un bel segnale per me».

Anche Roglic pedala su Specialized e di nuovo Mondini ci ha detto la sua: «E’ ormai chiaro che Roglic dopo il fattaccio del 2020 abbia un approccio meno irruento con le crono: non parte fortissimo. La sua è stata un’ottima gestione. Se andiamo a vedere la stessa del Delfinato dove aveva fatto le prove».

Posizione e materiali ottimi per Vingegaard. D’ora in poi le cose dovrebbero migliorare per lui
Posizione e materiali ottimi per Vingegaard. D’ora in poi le cose dovrebbero migliorare per lui

Vingegaard cova

Infine andiamo a casa del corridore della Visma-Lease a Bike. Tra i “fab four” è quello che è andato più piano. Il che fa anche un certo effetto scriverlo, ma tant’è. 

Eppure Adriano Malori, che ha seguito la crono ai microfoni di Radio Rai 1, come al solito non è stato banale.

«Non mi aspettavo una difesa tanto brillante di Vingegaard. Oggi per me Jonas ha preso l’ultima “sberletta” da Pogacar poi invertirà la rotta». In effetti ha perso esattamente 1” a chilometro dallo sloveno. Se pensiamo a come è arrivato a questo Tour è strabiliante. L’anno scorso a Combloux fece un mega-numero anche perché si dice avesse provato quel percorso una trentina di volte. Stavolta le cose sono andate diversamente per lui».

«Sinceramente sono contento della mia prestazione – ha detto Vingegaard – ho perso 37” da Remco e 25” da Pogacar. Dite che è un successo per lui? Io non credo sia così. Mi aspettavo di perdere di più». 

Sempre il danese, quasi a dare manforte a Malori, ha aggiunto: «L’anno scorso in due tappe gli ho preso 7 minuti e mezzo, quindi vado avanti con il mio piano. E’ già tanto essere qui. Avendo perso un po’ di muscoli a causa dell’incidente il test esplosivo sul San Luca, che temevo di più, sin qui è stata la notizia più bella. Posso dire che la mia forma sta crescendo».

Avondetto lancia la sfida azzurra a Pidcock

05.07.2024
6 min
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PINEROLO – Pensi a Pinerolo e ti vengono alla mente tappe epiche del Giro d’Italia e, vista la recente zampata di Tadej Pogacar di martedì, anche del Tour de France. Ci troviamo in una terra magica per il ciclismo, quella in cui nel 1949 trionfò Fausto Coppi dopo la mitica fuga in solitaria con indosso l’indelebile maglia biancoceleste. Poco sopra San Secondo di Pinerolo, ad aspettarci troviamo, in sella alla sua inseparabile Wilier, Simone Avondetto.

La sua maglia stellata di campione europeo assoluto, casacca che mai nessun azzurro aveva indossato nella storia della mountain bike, ci rapisce lo sguardo. Un breve saluto e poi il ventiquattrenne che già tra gli under 23 aveva centrato l’accoppiata titolo continentale e iridato, ci comincia a raccontare come tutto è nato, grazie anche allo stimolo del fratello maggiore Gabriele, che ha continuato a macinare chilometri in ice trike (bici a tre ruote) anche dopo un brutto male.

Un sogno che assume contorni ancora più nitidi ora che il ventiquattrenne della Wilier Triestina–Pirelli Factory Team vestirà la casacca azzurra della nazionale all’Olimpiade di Parigi 2024. La conferma è arrivata giusto oggi nella conferenza stampa organizzata da Coni e Federciclismo alla Sala Giunta del Coni.

Simone Avondetto, 24 anni, con la maglia di campione europeo (foto UEC)
Simone Avondetto, 24 anni, con la maglia di campione europeo (foto UEC)
Simone, che effetto fa vedere il tuo nome nella lista dei convocati per i Giochi?

Le Olimpiadi sono l’evento sportivo più grande al mondo: è un onore per me poterci andare. Quando sei piccolo sogni di arrivare lì, ai Giochi, è un sogno che si avvera e sono molto emozionato di averlo tramutato in realtà. 

Quando hai iniziato a fare mountain bike?

Sin da piccolino, ho fatto tutte le categorie giovanili. Le prime gare ho cominciato a farle quando avevo 6 anni.

Perché questo sport?

I miei genitori andavano in bici e ho iniziato così. Mio papà ancora adesso ogni tanto si cimenta in qualche gara amatoriale, ma mai di alto livello. Poi mio fratello maggiore Gabriele, che ha fatto gare sino a qualche anno fa. Ci siamo sempre allenati insieme e andavamo alle gare insieme, per cui è stato bello crescere insieme in quest’ambiente. La bici non è soltanto a due ruote, ma anche a tre e sono contento di allenarmi spesso qui attorno a casa con lui, tra strada e sentieri che si possono percorrere anche col trike o con l’handbike.

Con suo fratello Gabriele, passato alla ice trike (bici a tre ruote) dopo un brutto male
Con suo fratello Gabriele, passato alla ice trike (bici a tre ruote) dopo un brutto male
La maglia di campione europeo pesa o è una spinta in più?

Per me non cambia nulla. L’europeo era un obiettivo, quello l’ho centrato, ma la stagione non è finita lì e ce ne sono altri da raggiungere. Indossare o non indossare questa maglia però non mi fa differenza, nel senso che è tutto uguale a prima e non mi ha condizionato nell’avvicinamento olimpico a Parigi.

Ci pensi però a quando sembrava soltanto un sogno lontano?

Sì, devo ammetterlo. All’europeo stavo bene, quindi puntavo a fare una bella gara, anche se non mi aspettavo di vincere. Invece, ci sono riuscito e ne sono fiero.

Che ne pensi del percorso di Parigi?

E’ un po’ diverso da quelli che siamo abituati ad affrontare in Coppa del mondo perché è tutto artificiale, con un terreno molto compatto e veloce. Anche se non è uno dei miei preferiti, so che si sono impegnati tantissimo per renderlo il più bello possibile, quindi, sono sicuro che ci divertiremo.

Il percorso di crescita Simone Avondetto prosegue: l’europeo ha seguito il mondiale U23
Il percorso di crescita Simone Avondetto prosegue: l’europeo ha seguito il mondiale U23
Hai già parlato di tattiche col ct Mirko Celestino?

Vedremo come gestire la gara. Con Mirko c’è un gran rapporto ci troviamo bene, oramai è un veterano visto che dovrebbe essere all’ottavo anno da ct. Per quanto riguarda, invece, il movimento italiano, c’è ancora tanto da fare affinché cresca e si allarghi sin dalla base. Gli altri Paesi come Francia, Danimarca e Svizzera hanno dei vivai sconfinati e te ne accorgi quando vai alle gare. Alla fine, dalla massa qualcuno forte esce sempre. 

Hai stravinto col freddo, col caldo come te la cavi?

Vedremo, non so (sorride, ndr). A Parigi per fortuna siamo abbastanza a nord, per cui speriamo che le temperature non siano troppo alte e che questo fattore non incida. 

Tante stelle della strada sono dei funamboli anche nel cross country. Dall’olimpionico Tom Pidcock al fuoriclasse Mathieu Van der Poel: che ne pensi di questa tendenza?

Fa bene al nostro mondo e loro sicuramente portano un po’ di pubblico e appassionano le folle. In più, alzano l’asticella sotto il punto di vista tecnico delle gare, per cui vedo soltanto punti favorevoli da questo. Sono tutti degli esempi, esprimono talento puro e sono convinto che ci sia sempre qualcosa da imparare da loro. Van der Poel ha detto che abbandonerà la mountain bike, dunque, penso che non lo vedremo più alle gare per un po’ dopo Parigi. Pidcock invece continua a dividersi tra strada e mountain bike

Pidcock resta un riferimento anche nel mondo della mountain bike, forse il suo preferito
Pidcock resta un riferimento anche nel mondo della mountain bike, forse il suo preferito
Che cosa ruberesti all’asso britannico?

A Pidcock probabilmente tutto, perché se è sempre lì davanti vuol dire che va molto di più di tutti gli altri. Potessi avere le sue gambe, sarebbe fantastico

Hai mai pensato di fare il percorso opposto e provare la strada?

Sinceramente no. Mi piace quello che faccio e non penso che cambierei. Mi alleno circa 20 ore a settimana e ho la fortuna che la mia passione è diventata il mio lavoro. E’ vero, ogni tanto bisogna stare tanto via da casa, ma lo faccio sempre super volentieri.

Hai qualche idolo a cui ti sei ispirato?

Su tutti Nino Schurter. Poi ancora Absalon e Kulhavy, sono cresciuto un po’ in quell’epoca. Nino non smette di correre, per cui me lo trovo sempre lì anche in Coppa del mondo. Ricordo l’emozione di vedermi al suo fianco le prime volte e fa effetto il fatto che sia ancora competitivo ad altissimo livello a 38 anni suonati e lotti sempre per la vittoria, sbagliando raramente.

Avondetto corre con la maglia del Wilier Triestina–Pirelli Factory Team
Avondetto corre con la maglia del Wilier Triestina–Pirelli Factory Team
Se non avessi fatto mountain bike, ti saresti cimentato in qualche altro sport?

Non saprei, perché a livello agonistico ho sempre fatto questo sin da ragazzino. Mi piacciono molto lo sci di fondo o il biathlon, quindi chissà. Quest’anno la neve è un po’ scarseggiata, ma quando potevo andavo a sciare anche lo scorso inverno, di solito a Pragelato.

E al mondiale di fine agosto in Andorra ci pensi?

E’ un bellissimo tracciato, su cui facevano anche Coppa del mondo per cui anche quello è sicuramente nella lista degli obiettivi stagionali

Roma, 5 luglio: nascono le nazionali per Parigi

05.07.2024
8 min
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ROMA – La sede è quella giusta. Nella Sala Giunta del Coni si ritrovano tutti i tecnici delle nostre nazionali, con il presidente Dagnoni e quelli del Coni e del Comitato paralimpico: Malagò e Pancalli. Il Tour de France è nel pieno, Ganna sta correndo il Tour of Austria, le Olimpiadi di Parigi appaiono come un traguardo vicino eppure nei discorsi e nei calcoli dei tecnici sembrano ancora lontanissime. Malagò fa il punto scherzosamente delle medaglie, con il ciclismo e l’atletica che se la giocano al filo di lana e la scherma che è irraggiungibile.

E’ anche l’occasione per grandi annunci, come quello dell’accordo di sei anni con Infront che si occuperà di collocare il brand FCI nel posto che merita sul fronte del reperimento delle risorse e dell’organizzazione di eventi. In attesa di avere altri dettagli – dato che l’annuncio colpisce, le intenzioni sono chiare, restano da capire bene il come e gli importi (il comunicato uscito a seguire resta nel vago) – si tratta di un potenziale passo in avanti che punta a raggiungere gli standard di altre federazioni.

Ecco il momento della firma del contratto tra FCI e Infront, rappresentato da Alessandro Giacomini
Ecco il momento della firma del contratto tra FCI e Infront, rappresentato da Alessandro Giacomini

Crono: Longo, Ganna e Bettiol

Ma questo è il giorno delle nazionali e di un primo sguardo su Parigi. E così, seguendo l’ordine del calendario delle gare, i tecnici ci guidano nelle loro scelte. Il primo è Marco Velo, il cittì delle crono.

«I tre nomi che ho scelto – dice – sono Longo Borghini per le donne, Bettiol e Ganna per gli uomini. Gli atleti hanno avuto avvicinamenti diversi, ma siamo consapevoli che andremo a Parigi al 100 per cento. Vado con aspettative alte, insomma. I ragazzi stanno bene. Ho avuto parecchie difficoltà nello scegliere le squadre femminili. Nell’ultima prova, il campionato italiano di Grosseto, avevo chiesto alle due atlete in lizza che non arrivassero a 4-5 secondi. Ma siccome le donne mi mettono sempre in difficoltà, hanno pensato di arrivare a 90 centesimi (in realtà il verdetto della strada è stato riscritto dalla Giuria a favore di Vittoria Guazzini, ndr). Alla fine però ho scelto Longo Borghini, tenendo conto anche degli impegni in pista di Guazzini»:

Ai tricolori crono delle donne, Guazzini batte Longo Borghini. A Parigi andrà la piemontese
Ai tricolori crono delle donne, Guazzini batte Longo Borghini. A Parigi andrà la piemontese

Celestino e la MTB

Mirko Celestino è il cittì della mountain bike, ma nessuno dimentica i suoi trascorsi da stradista. Il ligure si è calato ottimamente nella parte e spiega con piglio.

«Sono molto soddisfatto dei risultati dei nostri ragazzi – dice – ci presentiamo a Parigi con la quota massima, con due uomini e due donne. Questo per me è un orgoglio. I ragazzi si stanno preparando veramente bene, in questo weekend correranno in Coppa del mondo. Siamo in rifinitura, si stano comportando molto bene. Le donne convocate sono Chiara Teocchi e Martina Berta e correranno il 28 luglio. Il giorno seguente toccherà a Luca Braidot e Simone Avondetto. Alcuni giorni prima della nostra partenza, a Pergine Valsugana si svolgeranno i campionati italiani».

Roberto Amadio, il cittì della BMX Tommaso Lupi e Mirko Celestino per la MTB
Roberto Amadio, il cittì della BMX Tommaso Lupi e Mirko Celestino per la MTB

Bertagnoli per la BMX

La BMX è rientrata in extremis grazie a una carta olimpica arrivata quasi per il rotto della cuffia. Si vede che il cittì Tommaso Lupi non ci sta a parlare solo di fortuna, per cui le sue parole sono legate alla prestazione e alla qualità dell’atleta convocato.

«Confermo un avvicinamento molto intenso – spiega – dopo due anni duri, cercando di portare a casa più punti possibili. Abbiamo avuto qualche infortunio che non ci ha aiutato, ma siamo riusciti a confermare la wild card per un uomo, che correrà il 2-3 agosto. Ho scelto Pietro Bertagnoli, classe 1999, che ha fatto una grande finale a Verona. E’ giovane, ma ha già grande esperienza. L’ho scelto per le doti che ha dimostrato in pista e anche in chiave futura. Ha dimostrato grande tenacia, ha avuto qualche infortunio di troppo, ma l’ho visto sereno».

Alberto Bettiol sarà il faro della squadra, in cui sarà affiancato da Luca Mozzato ed Elia Viviani
Alberto Bettiol sarà il faro della squadra, in cui sarà affiancato da Luca Mozzato ed Elia Viviani

Bettiol, Mozzato e Viviani

Bennati è emozionato e si capisce. Per arrivare fin qui ha dovuto sfogliare la margherita e Dio solo sa quanto sia stato complicato scegliere due nomi, dato che il terzo è stato assegnato d’ufficio dalla Federazione a Viviani.

«E’ una grande emozione – conferma – perché è la mia prima Olimpiade e la tensione va crescendo. Spero di poterla finalizzare con buon risultato. I tre atleti saranno Alberto Bettiol, Luca Mozzato ed Elia Viviani. Bettiol si è laureato da poco campione italiano, mi è piaciuto soprattutto il suo atteggiamento anche nelle gare minori. Gli avevo chiesto continuità e sta dimostrando di essere uno dei nostri corridori più rappresentativi. Sarà il faro della squadra, anche se avremo solo tre atleti. Mozzato, anche lui al Tour come Alberto, si è guadagnato la convocazione a suon di risultati, facendo secondo al Fiandre dietro Van der Poel. Su quel percorso, con Bettiol, può giocarsi una medaglia.

«Viviani invece è stato una scelta condivisa con tutta la Federazione. Il suo ruolo sarà fondamentale all’interno della prova in linea, soprattutto nella prima parte di gara per cercare di tenere gli altri fuori dai pericoli e gestire i primi 200 chilometri di una gara lunga 280. Ha tutte le caratteristiche per svolgere questo ruolo da regista in corsa. Faremo un mini raduno in Val di Fassa dal 27 al 2 agosto prima della partenza».

I presidenti del CONI e del Comitato paralimpico: Giovanni Malagò e Luca Pancalli
I presidenti del CONI e del Comitato paralimpico: Giovanni Malagò e Luca Pancalli

Donne al top

Sangalli è quello più esperto e se per Bennati si tratta di un debutto, il tecnico delle donne si avvia alla quarta Olimpiade.

«Ma entrando qui dentro – dice Sangalli – il cuore batte sempre più forte. Per la gara in linea ci saranno Balsamo, Cecchini, Longo Borghini e Persico. E’ una squadra forte, di riferimento a livello mondiale, infatti andiamo con il massimo delle quote. E’ una squadra preparata per qualsiasi situazione di gara. Se sarà dura, avremo Longo Borghini e Persico. Per un’eventuale volata abbiamo Elisa Balsamo, che rientra da un incidente che ha coinvolto un’altra P.O. come Sofia Bertizzolo, ed è una delle due donne più veloci al mondo.

«Elisa ha recuperato, avrà giornate altalenanti ma dopo il Giro arriverà in piena forma per affrontare la strada e la pista. Elena Cecchini sarà la regista in corsa, ruolo che svolge abitualmente nella sua squadra, che è la più forte del mondo. Vado a Parigi con ambizioni alte. Abbiamo appena concluso un raduno in quota a Passo San Pellegrino, poi correranno il Giro d’Italia e ci troveremo ancora in Val di Fassa».

Elisa Balsamo è rientrata dall’infortunio al campionato italiano. Ora è attesa dal Giro d’Italia
Elisa Balsamo è rientrata dall’infortunio al campionato italiano. Ora è attesa dal Giro d’Italia

Torna la velocità

La pista viene per ultima, ma forse è il settore da cui a Parigi ci attendiamo qualche oro, il salto doppio e la piroetta. Abbiamo tutto quello che serve per lasciare il segno. Marco Villa si vede che è uomo di campo e preferirebbe essere a Montichari con i suoi, ma adesso tocca a lui.

«Inizierei con le specialità veloci – dice –  che sono la novità, grazie a Miriam Vece che in questi anni è riuscita con tenacia ad arrivare alla qualifica di Parigi. Abbiamo avuto una doppia carta olimpica, Miriam ha qualificato un’altra ragazza. La abbiamo data a una giovane, a Sara Fiorin, che ha partecipato alle qualifiche.

Nella velocità femminile, Miriam Vece ha ottenuto due pass olimpici per la velocità femminile. Con lei Sara Fiorin
Nella velocità femminile, Miriam Vece ha ottenuto due pass olimpici per la velocità femminile. Con lei Sara Fiorin

I due quartetti

Il momento più atteso, quello dei quartetti e del settore endurance più in generale, dato che a Parigi ci saranno cinque atleti e dovranno fare tutto. La surreale programmazione del CIO ha reso le scelte e la programmazione ben più che scomoda.

«Nel settore endurance femminile – prosegue Villa – abbiamo 5 posti, grazie anche alla carta P. Verranno a Parigi Alzini, Consonni, Paternoster, Fidanza e Guazzini. A loro, come per Viviani fra gli uomini, si aggiungerà dalla strada Elisa Balsamo, grazie alla convocazione di Sangalli.

«Nel maschile il quartetto olimpico: Milan, Consonni, Lamon e Ganna, cui si aggiunge Manlio Moro che in questi giorni sta andando molto forte. Elia Viviani ci sarà grazie alla convocazione su strada e alla collaborazione della FCI, per aver considerato quello che è Elia per il settore della pista. Un vero trascinatore».

Foto ricordo per i tecnici azzurri al CONI: Addesi Villa, Sangalli, Dagnoni, Bennati, Velo, Lupi e Celestino
Foto ricordo per i tecnici azzurri al CONI: Addesi Villa, Sangalli, Bennati, Velo, Lupi e Celestino

Un programma a incastro

Proprio la pista forse sconta in questo momento la sovrapposizione dei calendari. Villa parla e non vedeva l’ora di farlo e nella sua esposizione capisci anche che razza di puzzle gigante sia far coincidere la presenza degli atleti in pista e nei ritiri.

«Con il settore maschile – prosegue Villa – abbiamo individuato delle date per la presenza in pista. Ganna è impegnato prima con la crono. Adesso sta correndo il Giro d’Austria, mentre il quartetto si sta allenando a Montichiari. Il 9-10 ci troveremo tutti. Poi Ganna farà altura fino al 17 luglio. Dal 18 al 20 luglio ci troveremo tutti, poi Filippo partirà per la crono. Fatta quella, tornerà a Montichiari, dove dal 28 al primo agosto mattina potremo allenarci bene. Ci alleniamo fino all’ultimo in Italia, visto che il programma olimpico concede un’ora e mezza al giorno in pista e mi sembra poco. Siamo un gruppo forte, non posso nasconderlo, ma abbiamo bisogno dei sincronismi necessari. Arriviamo da favoriti, non dimentichiamo però che a Tokyo abbiamo vinto per pochissimo.

«Per quanto riguarda le donne – chiude Villa – abbiamo dovuto individuare delle date. Ci sarà il Giro, cui parteciperanno in cinque. Abbiamo lavorato molto prima, la settimana prossima non ci sarà possibilità di specializzare il quartetto. Ci troveremo il 16 luglio e avremo più tempo rispetto al quartetto maschile per preparare. Il solo punto di domanda è come Elisa Balsamo uscirà dal Giro d’Italia».

Alla conferenza di Roma è presente anche Paolo Addesi, tecnico della nazionale strada paralimpici. Assente invece Silvano Perusini per la pista. A loro dedicheremo un approfondimento a parte, il semplice elenco di nomi non sarebbe sufficiente.

Zambanini continua a crescere, così come le sue ambizioni

05.07.2024
5 min
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La voce di Edoardo Zambanini oltrepassa il microfono del telefono con un tono raggiante e simpatico. Il classe 2001 della Bahrain Victorious sta andando a Livigno per trascorrere tre giorni un po’ diversi, ma sempre con la bici al suo fianco. La prima parte di stagione è alle spalle, terminata con il Giro di Slovenia e poi con il terzo posto al campionato italiano. Ora Zambanini prepara le fatiche della seconda metà dell’anno.

«Sto andando a Livigno – racconta – perché ci sono su la mia ragazza e alcuni compagni di squadra. Niente altura, quella arriverà settimana prossima quando con il team andremo in ritiro. Avevo voglia di cambiare zone di allenamento. Ho ripreso lunedì dopo una breve pausa arrivata al termine del campionato italiano. Ho staccato per una settimana e sono andato al mare, vicino a San Marino. Ho sfruttato la vicinanza per andare a godermi il Tour in Italia, ho visto l’arrivo di Rimini e la partenza da Cesenatico».

La stagione di Zambanini è iniziata a gennaio, con l’AlUla Tour
La stagione di Zambanini è iniziata a gennaio, con l’AlUla Tour

Lenta ripresa

Le vacanze per Zambanini sono finite: brevi ma comunque rigeneranti. Una settimana al caldo con l’unico pensiero di rilassarsi e godersi il meritato riposo dopo una prima parte di stagione intensa. 

«Lunedì ho ripreso gli allenamenti – continua – con calma. Ho fatto un’uscita leggera, di un paio d’ore, con il passare dei giorni ho aumentato l’impegno in sella, ma senza esagerare. Domani (oggi per chi legge, ndr) ho in programma una mezza distanza, ma nulla di troppo intenso. 

«Il 2024 – riprende – è stato un anno più fortunato rispetto a quello passato, almeno dal punto di vista della salute. Non ho avuto intoppi e mi sono allenato parecchio bene, con grande continuità. Nei primi mesi non avevo in programma nessuna altura, anche perché non ero nella selezione per il Giro d’Italia. La squadra voleva farmi fare altre corse, l’idea era quella di andare alle Vuelta».

Al Tour of Antalya ha corso con libertà concludendo terzo nella generale
Al Tour of Antalya ha corso con libertà concludendo terzo nella generale
Cos’è cambiato?

Che sono andato forte fin dalla prima parte di stagione, al Saudi Tour ho dato una mano ai velocisti. Da lì sono andato all’Antalya dove ho avuto spazio per me e ho raccolto un buon terzo posto nella generale. Poi ho messo insieme tante esperienze importanti, con un calendario interamente WorldTour: Strade Bianche, Catalunya, Baschi, Freccia Vallone e Romandia. 

Avevi già 36 giorni di corsa nelle gambe e ancora il Giro d’Italia da affrontare.

Ho corso parecchio, ma mi ha fatto bene, praticamente mi alternavo tra corse e casa. Una settimana da una parte e una dall’altra. Poi rispetto al 2023 ho avuto un grande cambiamento: il preparatore. Da Fusaz sono passato a lavorare con Michele Bartoli

Come mai?

La squadra ha deciso così. Da subito abbiamo avuto un bel feeling, ha un metodo di allenamento che mi piace. Gran parte del merito per questa prima parte di stagione corsa a buoni livelli va a lui.

Il risultato di maggior prestigio è stato il secondo posto di tappa dietro Hermans al Giro dei Paesi Baschi
Il risultato di maggior prestigio è stato il secondo posto di tappa dietro Hermans al Giro dei Paesi Baschi
Tanto che arrivata la convocazione per il Giro, accanto a Tiberi, che esperienza è stata?

Al Giro mi sono divertito tutti i giorni. Ho fatto la fatica giusta ma il tempo è volato, sono 21 tappe che porto tutte nel cuore. Mi sono messo a disposizione di Tiberi, vero, ma anche di Bauhaus finché c’è stato. Ogni giorno avevo qualcosa da fare e sono felice di com’è andato. Il mio compito era di rimanere accanto a Tiberi fino all’ultima salita, da lì andavo su con il mio passo.

Cosa hai imparato in quelle tre settimane?

Che lo spirito di squadra fa tanto. Noi avevamo un team davvero unito, sia tra noi corridori che con lo staff. Eravamo tanti italiani e questo ha contribuito al divertimento. Al Giro del 2023 non mi ero divertito così tanto, forse perché arrivavo con un’altra condizione. 

Zambanini ha corso il Giro accanto a Tiberi, con il quale dal 2024 condivide il preparatore: Bartoli
Zambanini ha corso il Giro accanto a Tiberi, con il quale dal 2024 condivide il preparatore: Bartoli
Fatiche concluse con un bel terzo posto al campionato italiano.

Prima sono andato al Giro di Slovenia, dove stavo molto bene e ho lavorato per Pello Bilbao che stava preparando il Tour de France. In classifica mi sono piazzato dodicesimo, ma la gamba era buona. Infatti al campionato italiano ho avuto più spazio e ho raggiunto il terzo posto finale, mi sono giocato le mie carte.

Dimostrando che quando hai spazio sai cosa fare. 

Sì, devo dire che quando mi è stata data libertà d’azione ho sempre fatto bene, in generale. Ricordo al primo anno, nel 2022 al Giro di Ungheria ero arrivato quarto nella generale, così come al Gran Piemonte. 

La prima parte di stagione si è conclusa con un ottimo terzo posto al campionato italiano, segno che la gamba c’è
La prima parte di stagione si è conclusa con un ottimo terzo posto al campionato italiano, segno che la gamba c’è
E’ ora di prendersi ancora più libertà?

Ne ho parlato con la squadra e ho chiesto proprio questa cosa. Nella seconda metà di stagione mi piacerebbe avere più chance. La Bahrain mi ha fatto crescere bene, se avrò questa condizione da qui a fine anno potrò giocarmi le mie carte. 

Anche perché sei in scadenza…

Questa cosa non mi preoccupa, con la squadra parlo costantemente e lo faremo ancora da qui a fine anno. Non resta che rimboccarsi le maniche, fare questi 20 giorni d’altura e fiondarmi nel finale di stagione. Ripartirò dal Giro di Polonia, poi Gran Bretagna, Plouay, Canada, Tre Valli Varesine, Gran Piemonte e Lombardia. 

In bocca al lupo.

Crepi! A presto!

Viviani su Cavendish: «Ero certo che avrebbe vinto, ma ora?»

05.07.2024
7 min
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Viviani praticamente vive nel velodromo di Montichiari, gli altri vanno e vengono. Ganna ad esempio è al Tour of Austria e si unirà la prossima settimana. E proprio durante questo ritiro quasi monastico, che ricorda tanto quello con cui Cavendish ha preparato il Tour in Grecia, Elia ha seguito in televisione la vittoria numero 35 di Mark al Tour de France. A lui va dato atto di averlo sempre pensato, di averci creduto sin da quando il britannico annunciò che ci avrebbe riprovato. E ora che il record è caduto, parlarne con il veronese è un viaggio illuminante nel ciclismo dei velocisti e forse del ciclismo assoluto.

Cosa hai pensato vedendo quella volata?

Si vedeva che “Cav” era indemoniato, come si muoveva. Non mollava un centimetro, sin dallo scontro con Gaviria. Poi sono le classiche cose, possono andare bene o male, però aveva capito che ieri potesse essere il giorno. Se l’è costruita da solo, non si può neanche dire che l’abbiano portato là. Ovviamente l’hanno sostenuto prima, ma nell’ultimo chilometro ha fatto tutto da solo, dal passare a destra, poi a trovarsi il buco a sinistra e a uscire fuori.

Da cosa un velocista capisce che è il giorno?

Le gambe devono sostenerti, però quando rivedi la volata, magari dall’alto, capisci come si muove e vedi che gli è andato tutto bene. Se guardate, quando è partito Ackermann, lui era ancora coperto, uno a destra e uno a sinistra. Era in una bolla, quasi neanche pedalava. Invece appena gli si è aperta la porta, ha preso la testa e ho detto subito: «Vince Cav!». Philipsen è partito troppo tardi, ma forse non sarebbe nemmeno bastato. Mark aveva grandi gambe.

Dei velocisti arrivati a Valloire dopo il Galibier era quello meno brutto in faccia…

Se uno avesse dovuto giudicare come ha cominciato il Tour, probabilmente avrebbe pensato che si sarebbe fermato prima, ma gestire quei momenti è un fatto di esperienza. I punti di vantaggio di un vecchio. Il giovane probabilmente, se passa una giornata così, va in paranoia. Comincia a pensare che non ha le gambe o che non avrebbe il tempo per recuperare. Invece, uno come “Cav” di fatiche così in carriera ne ha fatte tantissime e non si è fatto prendere dalla paura. Il primo giorno vomitava in bici, quindi sicuramente è arrivato vuoto al traguardo. Però aveva una cosa in testa. La prima volata non è andata bene, ma la seconda l’ha vinta. Aveva un grande obiettivo ed è andato oltre quel giorno di difficoltà. Ho sempre detto che ce l’avrebbe fatta e va dato merito all’Astana di averci creduto al 100 per cento. Non è facile trovare una squadra che creda così tanto nel suo velocista.

La volata di Cavendish a Saint Vulbas è stata un concentrato di potenza e destrezza
La volata di Cavendish a Saint Vulbas è stata un concentrato di potenza e destrezza
E la squadra fa la differenza…

Il velocista deve avere le caratteristiche per vincere, ma il 70 per cento lo fa la squadra che crede in te e nel progetto, l’ho provato sulla mia pelle. Il primo giorno si sono presi la responsabilità di far staccare cinque corridori, da pensare che fossero pazzi. Hanno sacrificato Gazzoli, che si è fermato perché stava poco bene, ma forse è andato fuori giri per provare ad aiutarlo. E alla fine hanno avuto ragione loro, anche per il tipo di investimento che hanno fatto. Gli hanno preso Morkov, hanno preso Bol che in carriera è andato vicino a vincere tappe al Tour e l’hanno portato per tirargli le volate. Quindi secondo me il Progetto 35 è partito e l’Astana ci ha creduto fino in fondo e di questo bisogna dargli merito.

Si è sempre detto che il velocista che lascia la Quick Step non vince più, Cavendish c’è riuscito.

Secondo me alla fine è questione di crederci fino in fondo. Alla Quick Step i velocisti vincono perché la squadra che li prende ci crede fino in fondo. Il fatto di costruire e avere pazienza di lavorare su ogni minimo dettaglio. Cav è riuscito a far arrivare quello che secondo lui era importante. Morkov, Bol e Ballerini. Persino il preparatore che ha portato via da là. Di Vasilis Anatopoulos parlano tutti come di un numero uno, Cavendish lo ha capito ed è riuscito a fargli avere un ruolo importante in Astana. Hanno lavorato sui dettagli, sulla bici, sulle borracce e anche sul body.

Dopo la prima tappa, Cavendish era svuotato, ma ha saputo tenere duro
Dopo la prima tappa, Cavendish era svuotato, ma ha saputo tenere duro
Che body aveva?

Un body simile a uno da crono, ci hanno messo lo stesso tipo di precisione che vedo con Pippo (Ganna, ndr) nelle crono. E questo significa investire e credere tutti nel progetto. Probabilmente come avversario Cavendish è uno dei più grandi… figli di buona donna, però quando è tuo compagno di squadra sa farsi voler bene. Lo vedete da tutti gli abbracci e i messaggi che gli sono arrivati dopo la vittoria.

Quale qualità viene meno al velocista col passare degli anni?

Non credo l’esplosività, nonostante se ne parli. Vedo su di me che i valori di picco sono gli stessi di quando ero più giovane. Certo, bisogna allenarsi in modo diverso. La questione semmai è che da giovane ti buttavi di più, adesso invece ci pensi. Però a vedere Cav a Saint Vulbas, viene da dire che fosse sempre lo stesso. Magari da giovane ti butti in ogni gara, adesso un po’ meno. L’anno sorso è stato un anno così e così, ma ha vinto la tappa di Roma. Quest’anno non ha vinto allo Svizzera, ha vinto in gare minori. Poi però è arrivato al Tour e ha vinto la tappa, perché il gioco vale la candela. Bisogna vedere cosa succede adesso.

Tra Cavendish e Viviani duelli al colpo di reni, a favore dell’uno e dell’altro. Su strada e su pista
Tra Cavendish e Viviani duelli al colpo di reni, a favore dell’uno e dell’altro. Su strada e su pista
Che cosa potrebbe succedere?

Vedremo nelle prossime volate se vuole portare l’asticella più alto oppure se gli cala la pressione dopo aver fatto 35. Tolto questo discorso del record, potrebbe scendere la tensione, potrebbe ragionare di più e allora perderebbe l’attimo. Però in termini di potenza, l’età non crea grossi problemi. Sto vedendo su me stesso che i valori su cui lavoro sono quelli di sempre, non sono 100 watt di meno.

Forse dopo una certa età, la vera differenza la fai con la voglia di fare la vita da corridore?

Si capisce che la sua attenzione fosse tutta sul Tour. L’ho osservato. Al Turchia non ha fatto una sola volata, perché era una tappa di passaggio: si vede che con il suo preparatore e con la squadra avevano deciso di andare là e non fare le volate. Buttavano in mischia Siritsa, invece Mark è andato là per fare una settimana di lavoro. Poi è arrivato all’Ungheria e si vedeva che provavano i meccanismi del treno. Una volta non è andato bene, la seconda è stato perfetto. Morkov lo ha lasciato nel punto giusto e Mark ha vinto la tappa. E’ partito in testa con Groenewegen a ruota, ma non è stato rimontato. Vedevi come, mattone dopo mattone, costruivano questo record.

Ballerini fa parte del treno di Cavendish: l’Astana ha creduto nel progetto al 100%
Ballerini fa parte del treno di Cavendish: l’Astana ha creduto nel progetto al 100%
Nel tuo rincorrere un’altra medaglia olimpica nell’omnium, rivedi un po’ il lavoro di Cavendish per quota 35?

Sicuramente sì. Andando avanti in questo ciclismo moderno, devi avere dei grandi obiettivi in testa e lavorare al 200 per cento per quelli. Questo ti aiuta in tutto e per tutto a fare sacrifici, per cui un po’ riesco a immedesimarmi nel lavoro fatto da Mark per arrivare a vincere al Tour. Sono mesi che sto lavorando in direzione del mio omnium e non è facile, perché devi andare alle corse pensando che ti serva qualcos’altro. Quindi non raccogliendo risultati, cosa non facile. Però se hai bene e chiaro in testa quello che va fatto, allora riesci a fare quello che serve.

Cavendish ha 4 anni più di te, dopo le Olimpiadi ti vedi fare due anni a rimboccarti le maniche su strada per ottenere ancora qualche grande risultato?

Sì, perché Mark ha dimostrato che si può fare, come l’ha fatto Valverde, come l’ha fatto Nibali negli ultimi anni. E’ ovvio che per farlo serve un progetto, perché andare e buttarsi nella mischia non funziona. Per fare due anni su strada e tornare a raccogliere, servono degli obiettivi. Alla fine mi piacerebbe tornare al Giro per vincere una tappa e avere un obiettivo da raggiungere. Ma a tutto questo inizieremo a pensare la sera dopo l’ultima gara di Parigi, per adesso ho anche io il mio progetto e si farà su pista.

Pogacar-Evenepoel: domani sarà un braccio di ferro

04.07.2024
6 min
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«Se Pogacar è Pogacar – dice Ganna dal Tour of Austria – cioè quello del Giro, è duro batterlo a crono. Cioè, non riesci. Prendergli la maglia è dura. Poi si sa, Remco è un fenomeno, quindi… La mia sensazione? Sarà una bella lotta tra titani. Anzi, titani poco, perché non sono così grossi. Però vanno entrambi forte. E anche Vingegaard mi sembra che si sia lamentato tanto che non stava bene, però mi pare che anche lui vada abbastanza forte».

Iniziamo da qui, dall’ultima battuta della sera in uno scambio di messaggi, per entrare nel clima del Tour, fra la tappa vinta da Groenewegen e la crono di domani. A Dijon vince il velocista del Team Jayco-AlUla contro un Philipsen un po’ spuntato che fa secondo, ma viene declassato per aver chiuso la porta in faccia a Van Aert. Invece Pogacar, tagliato il traguardo, sale subito sulla sua nuova bicicletta da cronometro.

Anche oggi Pogacar ha pedalato con la bici da crono sui rulli (foto Fizza/UAE Emirates)
Anche oggi Pogacar ha pedalato con la bici da crono sui rulli (foto Fizza/UAE Emirates)

Non solo aerodinamica

La tappa lo ha visto sudare freddo solo una volta, quando la Visma-Lease Bike ha aperto un ventaglio e Tadej si è ritrovato in testa da solo, senza neppure un compagno. Parleranno anche di questo, c’è da scommetterci. Ma domani è il grande giorno e, come ormai da qualche tappa, mantenere la confidenza con la sua Colnago è il modo migliore per arrivare come si deve alla partenza da Nuits Saint Georges. La crono che ci concluderà a Gevrey-Chambertin misura 25,3 chilometri con 300 metri di dislivello. Per perdere la maglia per mano di Evenepoel, Pogacar dovrebbe concedergli 2 secondi a chilometro. In gruppo non si parla di altro.

«Oggi è stata la conferma – dice – che non puoi mai rilassarti nelle tappe del Tour de France, qualunque sia l’altimetria. Quando c’è un po’ di vento di traverso, anche se non è abbastanza per fare danni, ci sono dei problemi. E’ stata una giornata piuttosto stressante, ma alla fine sono felice che la tappa non sia stata troppo lunga e che l’abbiamo portata a termine rapidamente. Ogni giorno è un test e domani ci sarà la cronometro. Sono andato a vederla già molto tempo fa e il percorso mi piace.

«E’ abbastanza veloce, ma devi anche essere molto potente: l’aerodinamica non è tutto. Sarà interessante vedere come andrà domani, anche se penso che il favorito sarà Remco. E’ campione del mondo e ha dimostrato più di una volta di poter battere tutti. Per cui lui vincerà, ma io farò una crono molto solida. Devo guardarmi da lui. Ha l’obiettivo del Tour da dicembre e credo che sia pronto per lottare sino alla fine».

Gli occhiali di Batman

Dylan Groenewegen non vinceva una tappa al Tour dal 2022 e allora parve una resurrezione dopo il dramma del Polonia 2020 con la caduta di Jakobsen e tutto quello che ne era derivato. Il campione olandese però ha saputo ricostruirsi la necessaria calma interiore e nel raccontare la vittoria, sfodera anche una sottile ironia nel riferimento alla mascherina aerodinamica, su cui in questi giorni si è tanto ironizzato.

«Visto che il nasello dei miei occhiali ha funzionato? Gli sponsor cercano le soluzioni più veloci – sorride – come si è visto nel caso del casco aerodinamico Visma-Lease a Bike. Noi abbiamo scelto di lavorare sugli occhiali da sole e forse questo oggi mi ha aiutato a vincere. Immagino che sarebbe stata anche una bella foto con questa maglia rossa, bianca e blu, ma alla fine eravamo così vicini che non ho potuto esultare. So di avere gambe davvero buone. So di avere una squadra davvero forte, ma ci sono velocisti più forti.

«Ieri Cavendish è stato superiore e oggi Philipsen è stato davvero difficile da battere, ma alla fine ci siamo riusciti e questo è davvero importante. Il livello si è alzato così tanto che vincere una sola tappa è diventato difficilissimo. I treni sono davvero forti e ora finalmente ce l’abbiamo anche noi. Nel WorldTour è così per quasi tutti i team, per questo è difficile fare bene».

Si parla poco di Roglic, campione olimpico della crono: domani recupererà terreno?
Si parla poco di Roglic, campione olimpico della crono: domani recupererà terreno?

L’occhio del cittì

Fino a Valloire nella carovana c’era anche Marco Velo, il commissario tecnico delle crono, in Francia come direttore di corsa con Allocchio per la parte italiana del Tour. Approfittando di questo punto di osservazione, il bresciano ha potuto osservare i favoriti della corsa. E mentre domattina alle 11, assieme agli altri tecnici azzurri, annuncerà al CONI gli azzurri di Parigi, adesso torna con noi sulle strade francesi.

«Secondo me Pogacar tiene la maglia – dice netto – anche perché sta provando a mettere più fieno in cascina. Vingegaard non è lontano e se è capace di gestirsi bene, rischia di diventare pericoloso, anche se non ha la squadra dello scorso anno. Non so se Pogacar possa andare più forte di così e tutti sospettano invece che Jonas possa crescere. Dubito invece che Remco possa dargli 2 secondi a chilometro, anche perché la crono non è piattissima con i suoi 300 metri di dislivello. E non dimentichiamo che a Desenzano, nella seconda crono del Giro che era lunga 31 chilometri, fino a 10 chilometri dall’arrivo Tadej aveva lo stesso tempo di Ganna. Secondo me arrivano vicini e Pogacar potrebbe addirittura provare a vincere la tappa.

«Non parliamo ovviamente del valore del Remco specialista – aggiunge – quella è un’altra cosa. Difficilmente faccio riferimento alle crono in un Grande Giro, anche se questa comunque si corre quasi all’inizio. Nei Grandi Giri conto quanto sei fresco, quanto hai speso nei giorni prima, per cui secondo me non sarà una prova così veritiera. Però, come dico sempre io, fa curriculum lo stesso. Invece credo che Vingegaard un po’ perderà terreno. Ero davanti con la macchina, l’ho visto scollinare dal Galibier con poco meno di 10 secondi e finché c’erano i tornanti, non ha perso molto. Quando però la discesa verso Valloire è diventata da spingere, allora ha pagato. Lo vedo ancora un attimino in sofferenza, però siamo ci sono ancora due settimane abbondanti e 15 giorni e nell’economia di un Grande Giro sono tanti».

E se la crono la vincesse Van Aert, oggi danneggiato allo sprint? Il belga migliora, al pari di capitan Vingegaard
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La crono di Bettiol

E allora, visto che c’è lui, gli facciamo una battuta prima su Bettiol, possibile secondo cronoman azzurro a Parigi (anche se le convocazioni avverranno appunto domattina). E poi su quello che è successo proprio sul Galibier davanti ai suoi occhi. Con Ayuso che magari domani farà anche una grande crono, avendo vinto quella della Tirreno e rinunciando a stento alle sue chance di classifica. C’eravamo al Giro d’Italia quando Velo, campione italiano di specialità ma gregario di Pantani, fece una grande crono e Pantani a tavola gli fece i complimenti, augurandogli che dal giorno dopo avesse ancora le gambe per tirare.

«Vabbè – sorride – dopo però mi sono rifatto e alla fine c’ero per fare il mio lavoro. Ero giovane ed è giovane anche Ayuso. Invece con Bettiol ho parlato, ma senza mettergli pressione. Da una parte spero che faccia la crono con la testa e con la convinzione di provare uno sforzo che poi gli servirà in caso di convocazione su Parigi. Ma c’è davanti un Tour e magari la farà tranquillo, puntando ad altri traguardi. E lo capirei ugualmente».