Parlando con Fortunato: il lavoro, il Tour (da casa), la squadra…

30.07.2025
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Lorenzo Fortunato è stato uno dei migliori italiani al Giro d’Italia, e guardando il Tour de France è venuto spontaneo chiedersi come avrebbe potuto cavarsela anche lì, con le gambe del mese di maggio.
Ora è a Livigno, coccolato dall’Hotel Paradise Lodge, da sempre amico dei ciclisti, e in compagnia dei suoi compagni della XDS-Astana, per preparare una seconda parte di stagione intensa e stimolante, nella quale l’obiettivo principale sarà la Vuelta

Passata la sbornia del Tour de France ritornano i corridori che erano stati protagonisti a maggio. C’è una sorta di grande rotazione. E tra coloro che rientrano in pista c’è anche Lorenzo appunto. La maglia blu del Giro, uno degli attaccanti più tosti e anche uno dei corridori italiani più solidi ormai.

Lorenzo Fortunato (classe 1996) al Giro si è comportato alla grande vincendo la maglia blu di miglior scalatore
Fortunato (classe 1996) al Giro si è comportato alla grande vincendo la maglia blu di miglior scalatore
Lorenzo, dal Giro di Svizzera non hai più corso. Hai fatto un bello stacco…

Sì, sono uscito bene dal Giro d’Italia, il Giro di Svizzera un po’ meno: ero in calo e, se tornassi indietro, avrei recuperato un po’ prima. Però poi ho avuto tutto il tempo per riposare. Ora sono in altura con la squadra, a Livigno, ospiti di Riccardo nel suo Hotel Paradise, che per i ciclisti è davvero un paradiso.

Come stai lavorando al rientro?

Tra poco concludo tre settimane qui, poi correrò la Vuelta a Burgos e infine la Vuelta. Un programma classico, simile all’anno scorso.

Qui tutti dicono che ogni anno si va più forte. Tu come giudichi la tua annata?

E’ vero, si va sempre più forte. Però io ho iniziato bene la stagione, ho fatto un bel Giro d’Italia e sono fiducioso di poter ripetermi nella seconda parte. Ho sempre lavorato sodo ma con equilibrio, quindi credo di poter arrivare bene alla Vuelta e chiudere in crescendo la stagione.

Alla Vuelta con che obiettivi andrai?

Un po’ come al Giro: da battitore libero. Quest’anno puntiamo su quello. Poi diciamo che è buono anche per le tappe: si fanno più punti, c’è meno stress e si raccolgono più risultati. E ci sono delle frazioni buone per fare qualcosa. Questa è la strategia.

L’emiliano si sta allenando in quota con i suoi compagni
L’emiliano si sta allenando in quota con i suoi compagni
Al Tour ci è capitato di chiacchierare con qualche corridore in fuga: dicevano che “il Fortunato del Giro ci stava bene”. Che ne pensi?

Il Tour è un’altra corsa. Le prime dieci tappe non hanno lasciato spazio alle fughe, poi sono partite ma hanno vinto soprattutto gli scalatori. Non c’è stato tanto margine per i corridori “mezzo e mezzo”. Penso per esempio a Simone Velasco, che ha faticato tanto ma ha fatto una grande fuga con un quarto posto. Magari si sarebbe trovato meglio al Giro.

In effetti hanno vinto corridori come Arensman, Healy, Paret-Peintre… e Groves ha sfruttato una caduta che ha messo in difficoltà proprio Velasco.

Anche a Boulogne-sur-Mer “Vela” era andato bene. Secondo me Simone ha fatto tutto quello che poteva.

Ti saresti visto bene nella tappa del Mont Ventoux?

Magari sì, erano tappe in cui la fuga partiva in salita, di forza. Potevo esserci anch’io. Erano fughe da scalatori. Quelle potevano essere le mie occasioni ma certo vincere non sarebbe comunque stato facile. Quindi sì: il Fortunato con la forma del Giro al Tour ci poteva stare ma non per la classifica ovviamente. Avrei sofferto molto nei primi dieci giorni, ma nella seconda parte avrei potuto dire la mia.

Prima hai detto: “Dopo il Giro avrei recuperato un po’ prima”. Perché, come hai gestito quella fase?

Dopo il Giro ho fatto due settimane tranquille, con qualche richiamo di forza e VO2Max, e poi sono andato al Giro di Svizzera. Ma avevo anche tanti impegni che forse potevo gestire meglio. Dopo la bella tappa con Scaroni, dopo la maglia blu, la fughe… ecco appuntamenti con sponsor, eventi, inviti… Belli e giustamente andavano onorati, ma non mi hanno permesso di lavorare al meglio per essere al 100 per cento allo Svizzera.

Il memorabile arrivo in parata a San Valentino Brentonico di Fortunato e Scaroni
Il memorabile arrivo in parata a San Valentino Brentonico di Fortunato e Scaroni
Chiaro…

Aggiungo però che ero comunque un po’ in calo. Se tornassi indietro salterei lo Svizzera e staccherei subito dopo il Giro. Nelle prime quattro tappe ho tenuto duro, ero decimo in classifica, poi anche mentalmente facevo fatica. Ho provato ad andare in fuga, ma non ero più il Fortunato del Giro. Però ci sta, io ci ho provato.

E dopo?

Dopo lo Svizzera sono stato una settimana completamente fermo, senza bici. Poi ho ripreso mettendo chilometri nelle gambe, in vista del blocco in altura.

E adesso come stai lavorando?

Tanti chilometri, tanto dislivello. Gli allenamenti classici: un po’ di forza, salite lunghe. Sto tornando al peso ideale: magari nello stacco ho messo su quel chiletto. Tutto qui. Senza inventare troppo. Dopo Burgos vedrò cosa manca di preciso e nelle due settimane prima della Vuelta lavorerò su quello. Anche perché dopo la Vuelta non sarà finita. Ci sono altre corse, anche quelle italiane.

Parli in modo maturo, Lorenzo. Questo Giro ti ha dato la consapevolezza definitiva?

Credo di sì. Col tempo capisci dove puoi puntare e dove invece è meglio rialzarsi. Ti costruisci obiettivi più realistici, più raggiungibili. Dopo la vittoria sullo Zoncolan ho provato a fare classifica, ma arrivavo sempre dodicesimo, quindicesimo... Allora ho detto: forse è meglio concentrarsi su altro. Non escludo che un giorno ci riproverò, ma per ora va bene così.

Anche perché arrivare quattordicesimo, per dire, non ti cambia molto…

Esatto. Ne ho parlato con Mazzoleni e con Shefer: se punti alla top 5 e ti va male, arrivi comunque nei 10. Ma se punti ai dieci e ti va male, arrivi quindicesimo.

Fortunato ha confermato che Ulissi (alla sua ruota) è stato un innesto importante per la XDS-Astana: un esempio e un diesse in corsa
Fortunato ha confermato che Ulissi (alla sua ruota) è stato un innesto importante per la XDS-Astana: un esempio e un diesse in corsa
E poi sei bloccato, non puoi andare in fuga…

Vero, non ti giochi le tappe, sei marcato: non hai spazio. E a a quel punto è tutto inutile. Per questo quest’anno ho fatto l’opposto.

E ti è piaciuto?

Sì, anche perché avevo dietro una bella squadra. Siamo un gruppo affiatato e con tanti italiani dai preparatori come Mazzoleni, ai direttori sportivi come Zanini, ma anche Shefer che ormai è italiano d’adozione, e Cataldo. Un bel gruppo, anche tra i corridori.

A proposito di Zanini, “Zazà” ha speso belle parole per Ulissi. Tu che impressione hai avuto?

Diego Ulissi è il direttore sportivo in corsa: dove non arrivano i diesse dalla macchina, ci arriva lui. E’ un nostro punto di forza. Quest’anno quando ha preso la maglia rosa sono stato contentissimo, quasi più che se l’avessi presa io. Quel giorno ero secondo a pochi secondi, ma il risultato gli ha dato ancora più morale e forza per continuare ad aiutarci anche nelle tappe successive.

Insomma, quando c’è Ulissi la squadra gira bene?

Sì, ma anche con Masnada, Conci, Scaroni, Velasco… Ripeto: siamo un bel gruppo. Ci alleniamo insieme, tra chi è a San Marino e chi è in Svizzera. Siamo uniti… e non solo in corsa.

Raggi X sulla Vuelta di Del Toro, prima del mondiale U23

16.09.2024
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Tra i debuttanti della Vuelta ce n’è stato uno di lusso, se così possiamo dire: Isaac Del Toro. Più di qualcuno lo dava sul podio o come possibile sorpresa della corsa spagnola, un po’ come i suoi illustri compagni predecessori, vale a dire Tadej Pogacar e Juan Ayuso, entrambi terzi al primo grande Giro.

Invece il messicano non è andato altrettanto forte. Tuttavia la sua Vuelta non è stata negativa, anzi. Il tecnico del UAE Team Emirates, Joxean Fernandez Matxin, ci spiega come sono andate le cose e come è arrivato il 36° posto finale, con due top ten in altrettante tappe.

Matxin con Del Toro. Grande sensibilità da parte del tecnico spagnolo con i giovani (foto Instagram)
Matxin con Del Toro. Grande sensibilità da parte del tecnico spagnolo con i giovani (foto Instagram)
Maxtin, era in programma la Vuelta per del Toro? Sappiamo della tua “politica” molto graduale circa la crescita dei ragazzi e la programmazione che fate sin dall’autunno precedente.

E infatti no: non era in programma la Vuelta per Del Toro, ma essendo lui uno dei corridori stratosferici che abbiamo, vedi Ayuso e Pogacar, con questi profili si possono accelerare leggermente i tempi. Quindi abbiamo scelto la Vuelta perché non ti cambia i programmi dell’anno. Quello che dovevi fare lo hai fatto. 

E anche se non dovesse andare benissimo, il ragazzo avrebbe tempo per recuperare con l’inverno di fronte…

Sì, abbiamo un po’ rivisto il calendario estivo, ma poi da agosto parti per la Vuelta e poi hai “finito”. Tutto è nato alla partenza del Giro d’Italia. Uno di quei giorni ne abbiamo parlato insieme. Gli ho detto che pensavo che sarebbe stata una buona occasione per imparare e alla fine abbiamo deciso per il sì. Però è anche vero che i posti per la Vuelta erano assegnati. Ma Hirschi, che punta forte al mondiale di casa sua, ci aveva detto che avrebbe preferito arrivare alla corsa iridata senza fare la Vuelta e così Isaac ha preso il suo posto.

Come giudichi la sua corsa?

Direi che ha fatto una buona Vuelta. Ha corso molto bene nella prima settimana, che era davvero complicata, poi però si è ammalato. Ha avuto problemi di mal di testa, dissenteria e tante brutte sensazioni. Però ha deciso di soffrire. E’ stato male due giorni, ma poi non è riuscito a recuperare. Non era nelle normali condizioni. Però di buono c’è che proprio nel finale, nelle ultime 3-4 tappe, si è ripreso. Stava meglio.

Il messicano ha capovolto il suo numero 13 contro la scaramanzia, ma non è bastato del tutto!
Il messicano ha capovolto il suo numero 13 contro la scaramanzia, ma non è bastato del tutto!
In qualche modo l’aver tenuto duro è stata “una lezione nella lezione” all’interno della sua esperienza alla Vuelta. E’ così?

Certo. Ha imparato che ci sono momenti brutti. Profili da fenomeno come lui non sono abituati a certe situazioni. E gli resta difficile affrontarli e gestirli. Ma Isaac li ha superati e questo è il lato positivo di una storia negativa. Ovviamente non abbiamo ottenuto i risultati sperati proprio perché è stato male e non perché non fosse all’altezza. Ma ripeto, ha imparato che ci sono i momenti brutti ed è per questo che deve godersi al meglio quelli belli. Che deve approfittarne.

Lui come ha reagito?

Ha sofferto molto, sia fisicamente che mentalmente. Aveva dei dubbi se continuare o meno. “Ne vale la pena?”, si è chiesto. Però quando ha capito, grazie anche all’aiuto del medico che non avrebbe fatto del male al suo fisico, ha deciso (e abbiamo deciso) di andare avanti. E per questo a livello psicologico ne è uscito più forte di prima.

Se fosse stato bene, come sarebbe andato secondo te?

Non sono un oracolo! Di questi aspetti scherzavamo in ammiraglia con Marcato: “Chi vince oggi?”. Non so come sarebbe andato. Posso dire però che conosco perfettamente le sue qualità e ho piena fiducia in lui. Sarà certamente protagonista.

Negli ultimi giorni di Vuleta, Del Toro ha ritrovato una buona gamba e con essa la grinta
Negli ultimi giorni di Vuleta, Del Toro ha ritrovato una buona gamba e con essa la grinta
Come lo hai visto a Madrid? In fin dei conti concludere il primo grande dopo tante difficoltà è doppiamente difficile…

Era soddisfatto soprattutto perché negli ultimi giorni, come detto, si era ripreso. Questo gli ha dato fiducia. Si è visto di nuovo competitivo. E poi ha capito che tutto passa allo stesso tempo. Mi spiego: i momenti difficili scorrono lenti, quelli belli filano via veloci. In realtà il tempo scorre sempre uguale e questa è una buona lezione.

Isaac ti ha mai chiesto qualcosa su Ayuso, Pogacar.. alla loro prima Vuelta?

No, no… io poi con lui parlo molto, ma non ha chiesto nulla, né faccio paragoni. E’ chiaro che stando in questa squadra tutti i corridori più forti hanno come specchio Tadej.

Qualche aneddoto?

Nulla di che. Semplicemente quando stava male e lui stava vivendo un momento drammatico, l’ho abbracciato e gli ho detto che tutto passa.

E ora cosa fara?

Andrà al mondiale di Zurigo. Correrà sia la prova in linea che quella a cronometro con gli under 23.

Con Belli il premonitore il bilancio della Vuelta

10.09.2024
6 min
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«Ben  O’Connor finirà tra i primi cinque. Vedrete». Wladimir Belli ha azzeccato in pieno il pronostico sul conto del corridore della Decathlon-AG2R. L’ex corridore lombardo, oggi commentatore per Eurosport, ha seguito la Vuelta molto da vicino e tra il suo occhio lungo e il fatto di stare sempre sul pezzo è la persona giusta per tracciare un bilancio del grande Giro spagnolo.

Sempre Belli aveva azzeccato anche la vittoria di Roglic, questa più pronosticabile, certo. L’unico dubbio circa lo sloveno era: arriverà a Madrid? O sarà bloccato, come spesso gli succede, da qualche caduta?

Wladimir Belli (classe 1970) è stato pro’ per 16 stagioni, ora è un commentatore di Eurosport
Wladimir Belli (classe 1970) è stato pro’ per 16 stagioni, ora è un commentatore di Eurosport
Vuelta finita Wladimir, partiamo proprio dalla tua visione su O’Connor…

O’Connor è un buon corridore, magari non è un vincente, né un super campione, va bene in salita, si difende bene a crono e ha un grande livello di continuità. Ormai si sa gestire: si conosce. Conosce i suoi limiti e sa sfruttare bene le sue qualità. Non ha vinto chissà cosa, ma se andiamo a guardare il suo palmares è uno di quelli che non crolla mai. Quarto al Giro d’Italia, quarto al Tour de France.

Ha guadagnato un gruzzoletto di minuti nella sesta tappa, quella che ha vinto, ma davvero ti aspettavi un risultato simile?

Io sì, alla fine dopo quel giorno quanto ha perso nei confronti degli altri? Faccio un esempio. Prendiamo il Pozzovivo di qualche anno fa. Se gli lasciavi 10′ non so se il Roglic della situazione lo riprendeva. Semmai solo lui. Ma gli altri no. Pozzo si sarebbe staccato tutti i giorni, ma non avrebbe mollato mai. Sarebbe andato su al massimo delle sue possibilità e non avrebbe avuto un giorno di enorme crisi. E quindi sarebbe andato sul podio. 

E poi c’è Primoz Roglic: quarta Vuelta. Cosa ne pensi?

Sono gli altri che hanno perso una buona occasione, quella che lui, ancora una volta ha sfruttato bene. Ad un certo punto credo si sia anche spaventato un po’ con il vantaggio che aveva O’Connor e tutto sommato questo distacco ha tenuto viva la Vuelta stessa. Io avevo ipotizzato che Roglic avrebbe ripreso la maglia rossa ai Lagos de Covadonga: non ce l’ha fatta per 5”, ma ricordiamoci anche della sua penalizzazione di 20”.

O’Connor stoico: in montagna ha ceduto poco terreno agli altri (Roglic escluso) e ha fatto un’ottima crono finale. Risultato: 2° a Madrid
O’Connor stoico: in montagna ha ceduto poco terreno agli altri (Roglic escluso) e ha fatto un’ottima crono finale. Risultato: 2° a Madrid
La sensazione, al netto dei nomi che erano anche buoni, è che sia stata una Vuelta un po’ in caduta in quanto a livello di forma. Tu come la vedi?

Roglic secondo me non è andato forte come i suoi standard. Non era il solito Roglic, ecco. Come ho detto prima gli altri hanno perso una buona occasione. Carapaz ha lottato, ha detto che voleva vincere la Vuelta, ma alla fine ha fatto il suo. O’Connor con quella fuga ha fatto molto e ha messo pepe all’intera corsa. La Vuelta è spesso un esame di riparazione, a parte per gli spagnoli che la sentono e la vivono in modo diverso. 

A tal proposito Enric Mas è andato forte….

Sì, molto. Però va anche ricordato che il livello era quello che era. Ho l’impressione che Mas non sia al pari di quei 3-4 corridori che difficilmente sbagliano. Magari un giorno potrebbe provare a vincere la Vuelta sfruttando quell’occasione di cui dicevo, ma è anche vero che il tempo passa e dietro c’è gente che spinge.

In generale chi ti è piaciuto?

Beh, questo Pablo Castrillo ha fatto dei bei numeri. E’ stato un corridore inaspettato. Un gran bel lottatore. Mi è piaciuto molto anche Kaden Groves. E’ vero che i velocisti veri non c’erano, però oltre che a fare bene in volata ha tenuto su percorsi mossi e difficili nonostante la sua stazza. Alla fine si è portato a casa tre tappe e la maglia verde. E bene anche Richard Carapaz, mi è piaciuta la sua solita tenacia. Alla fine non è andato lontano dal podio.

Wladimir Belli ha messo Kaden Groves tra i promossi di questa Vuelta
Wladimir Belli ha messo Kaden Groves tra i promossi di questa Vuelta
E degli italiani cosa ci dici?

Non si sono visti moltissimo a dire il vero. Ma mi sono piaciuti Aleotti, Baroncini e Cattaneo. Baroncini ha delle qualità… quando non cade e si frattura, quindi è sfortunato. Anche quando Velasco vinse l’italiano ricordiamoci che forò nel finale e lui era nettamente il più veloce. Battè Girmay al mondiale under 23, e questo vuol dire molto, va forte a crono. Insomma è un bel corridore. Aleotti mi è piaciuto per quel che ha fatto. Ha svolto un ottimo lavoro, è stato sempre presente e secondo me ha trovato il suo posto in gruppo. Per fare classifica non ha ancora la forza necessaria a crono, in salita e nel recupero, ma ha il suo spazio ed è un corridore molto utile alla causa.

Non abbiamo ancora parlato di Van Aert. Fin quando è stato in corsa, sembrava in netta crescita…

Sì, ma per le sue caratteristiche vince poco. Era in lotta per gli sprint, per le tappe, per la maglia verde e tutto ciò a cosa lo ha portato? A precludergli il finale di stagione. Pensate a Van der Poel: quante volte lo abbiamo visto davvero attivo al Tour? Poche. E magari quando si vedeva provava a vincere. E’ vero che Wout è più duttile va forte su più terreni e si mette più in gioco, ma così no.

Dici che deve selezionare insomma?

Sì, e poi c’è un’altra cosa che penso al suo riguardo: uno come Van Aert non dovrebbe fare mai il gregario. Si fa in quattro per aiutare questo o quello. Lo portano al Tour per Vingegaard. Lo fanno andare in fuga, lo fermano per attenderlo, per farlo tirare, ci si aspetta che poi vinca lui stesso. Okay la sfortuna, ma quest’anno ha vinto cinque corse: poco per uno forte come lui. Vi faccio un esempio…

Per Van Aert una Vuelta a doppio volto: bene all’inizio, ma poi un ritiro che gli è costato molto
Per Van Aert una Vuelta a doppio volto: bene all’inizio, ma poi un ritiro che gli è costato molto
Vai…

Ripenso, e mi arrabbio, alla prima tappa del Tour di quest’anno, quella che ha vinto Bardet. Una tappa ideale per Van Aert. Bastava che su una di quelle salite finali, quando il gruppo era tornato ad aver la fuga a vista, Vingegaard facesse una tirata delle sue di 250 metri e Van Aert avrebbe chiuso o si sarebbero eliminati del tutto i velocisti. Cosa sarebbe costato a Vingegaard? Quanto avrebbero inciso 250 metri di tirata sul Tour del danese? Non è facile per Wout stare in quel team.

Torniamo alla Vuelta: c’è qualcuno che invece ti ha deluso?

Vlasov. Alex lo conosco bene, so delle sue doti. Lo allenavo io quando vinse il Giro Under 23. Ma dopo tanti grandi Giri quante tappe ha vinto? Nessuna. E ha sempre avuto una o più giornate no. E poi in generale non mi è parsa brillante la UAE Emirates. E’ vero che hanno perso Almeida (il leader, ndr) per covid ma poi Adam Yates non ha reso come ci si poteva attendere, evidentemente le fatiche del Tour si sono fatte sentire. Non è facile essere competitivi tanto a lungo. E poi avevano avuto già prima quel problema con Ayuso. Se fosse stato bene sarebbe di certo entrato nei primi cinque, perché lui è un corridore vero.

Gravel sulle Dolomiti prima della Vuelta. Che storia il Dema…

19.08.2024
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Il gravel prima della Vuelta: è quel che ha fatto Alessandro De Marchi. Il Rosso di Buja riesce sempre a stupire in qualche modo. Mai banale nelle dichiarazioni e nei fatti e anche stavolta ci ha colpito. Fino a pochi giorni prima di partire per la Spagna era nel cuore delle Dolomiti in compagnia del cugino ad allenarsi in quota… e offroad.

Giornate fantastiche, dure e divertenti tra Marmolada, Gruppo del Sella, Lagazuoi… ma anche tanto allenamento vero. Oltre 1.500 chilometri e 70 ore di sella nei giorni dolomitici di Alessandro e suo cugino Mattia De Marchi.

Alessandro, cosa avete combinato con tuo cugino?

E’ stata una bella esperienza. In realtà tutto è nato da un’idea di Mattia che doveva fare certi lavori e io ne ho approfittato per la mia preparazione, visto che anche io avevo bisogno di fare ore di sella e di stare in quota. La sua proposta è capitata a fagiolo. Posso dire che siamo davvero andati alla scoperta.

Come è andata dal punto di vista della preparazione?

Io avevo già deciso di fare altura lassù, di base al Pordoi: mi trovo bene ed è un posto ideale anche per ritrovare la concentrazione. In più il periodo era perfetto in vista di un’eventuale Vuelta. Quando sono partito infatti non avevo ancora la certezza che sarei andato in Spagna. Sapevo però che avrei dovuto e potuto lavorare bene e in pace, cosa fondamentale, perché a casa tra famiglia e il resto non è poi così facile. E così abbiamo deciso di passare 15 giorni lassù.

Con Mattia…

Esatto. Lui è uno che comunque, lo sappiamo, pedala forte. Era già stato con me a Gran Canaria e insieme abbiamo fatto molti lavori. A lui serviva qualcuno per la strada e a me per il gravel (di cui Mattia De Marchi è un esperto, ndr)

Come avete lavorato?

Dopo i primi giorni di adattamento dovevamo fare dei blocchi di carico di tre giorni ciascuno, intervallati da uno di scarico. In accordo anche con i preparatori abbiamo deciso che uno di questi blocchi sarebbe stato in gravel. Bisognava fare infatti endurance pura, ore di sella. E in queste uscite ho aggiunto anche un lavoro di nutrizione, delle sessioni low carb.

Come mai? E come le hai inserite nell’allenamento?

Primo perché le due cose (gravel e low carb) si combinavano bene, secondo perché dovevo perdere qualcosina in termini di peso. Parliamo di uscite di 6-7 ore. Così ho sbilanciato la nutrizione sulla parte proteica e dei grassi, riducendo quella dei carboidrati. Era qualcosa che già avevo fatto in passato e di cui avevo buoni feedback.

Come sono andate queste uscite? Abbiamo visto anche alcuni passaggi davvero tecnici…

Vero, sassi, pietre, ghiaia, sterrati più semplice… ma in ogni caso in salita il terreno più mosso ti costringe ad avere una pedalata “piena ma dosata”. Devi spingere, ma non strappare altrimenti la ruota posteriore slitta, perde trazione e sei costretto a fermarti. E’ stato quasi un lavoro di forza a bassa cadenza e a bassa intensità. Anche questa perfetta per fare volume.

Avete toccato punti sublimi.

Davvero… Dal Pordoi siamo andati verso Porta Vescovo e poi siamo scesi. Oppure all’Alpe di Siusi, passando dalla Val Duron (sopra la Val di Fassa e alle spalle del Sassolungo, ndr) e poi abbiamo risalito la Val Gardena, facendo la salita di Dantercepies, in pratica il Passo Gardena in sterrato.

In pratica avete percorso molte delle strade della Hero, un’importante gara di mtb. Qual è stato il momento più duro?

La parte dura? La sfida quotidiana, vale a dire non mettere il piede a terra. E ho sempre perso! Sia sul Gardena che un giorno lungo una salita verso Cortina è stato difficile non crollare a terra.

Quali pedali avevi?

Quelli da strada. Anche mio cugino… Ma ormai è così. Avete visto come vanno nel gravel ormai? Per quanto si spinge servono pedali che ti danno sicurezza, stabilità, spinta.

Le scarpe le avrete distrutte…

Un po’ sì. Ne avevo un paio sacrificabili al gravel.

Avevate gomme particolarmente tassellate?

No, semmai giocavamo più sulle pressioni. Il vero trucco è lì: capire la pressione giusta. Io partivo sempre con una pressione un po’ troppo alta, cosa tipica degli stradisti. Poi quando capivo che la bici non era guidabile, mi fermavo e sgonfiavo un po’.

Paesaggi unici che hanno fatto bene alle gambe e anche alla mente
Paesaggi unici che hanno fatto bene alle gambe e anche alla mente
Prima, Alessandro, hai parlato di un certo modo di pedalare in salita. E’ stato anche un lavoro neuromuscolare?

Assolutamente sì. Il volume totale alla fine non è cambiato di molto, mentre quello che succede nel gravel è la distribuzione dello sforzo che è sproporzionato tra salita e discesa. Su strada si spinge anche un po’ in discesa e di conseguenza un po’ di potenza la sviluppi. Nel gravel, soprattutto se la discesa è tecnica, quasi non pedali. Devi stare attento alla guida, al bilanciamento, al controllo della bici. E’ un impegno mentale, di colpo d’occhio.

Invece il ritorno sulla bici da strada si sentiva?

Sì, parecchio. La guida gravel, come ho detto, è più precisa, sensibile e anche più faticosa specialmente per me che non sono così efficiente. Al contrario Mattia quando saliva sulla bici da strada avvertiva questo beneficio di semplicità e aveva sensazioni più agevoli. Io insomma risentivo un po’ dell’utilizzo di altri muscoli, altri nervi.

Alessandro, tu sei un appassionato di gravel e hai già preso parte ad un mondiale. Questo blocco dolomitico è stato fatto anche in ottica iridata?

Sì, sicuramente sarà servito. Tuttavia non l’ho fatto pensando al mondiale, ma di certo non ci stava male e sono stato contento di aver passato delle ore sulla bici gravel. Poi anche pensando alle gare gravel, il resto dell’allenamento lo fai con il ritmo della strada e in tal senso la Vuelta potrebbe essere un aiuto proprio in vista del mondiale gravel ad inizio ottobre. E del successivo campionato europeo.

Come affronti questa Vuelta?

E’ una Vuelta classica per me. Quest’anno ci sono una miriade di occasioni e dal team ho avuto abbastanza carta bianca, visto che non abbiamo un leader assoluto per la classifica generale. Possiamo interpretarla liberamente e proveremo ad approfittarne. Magari cercherò di essere un po’ più conservativo nella prima settimana, per risistemarmi e magari salvando qualche energia, per poi provare a fare di più dalla seconda settimana in poi. E’ soprattutto questo aspetto della prima settimana che m’interessa, visto che negli ultimi due grandi Giri che ho disputato ho fatto fatica a trovare dei momenti per salvare la gamba e poter crescere.

Garzelli sulla Vuelta. Almeida favorito e intanto McNulty…

17.08.2024
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Con la cronometro di Lisbona si è aperta oggi la Vuelta Espana. Il terzo grande Giro dell’anno vede al via un buon lotto di partenti. Un lotto che analizzeremo con Stefano Garzelli, spagnolo d’adozione.

Intanto Brandon McNulty della UAE Emirates gioisce per la prima maglia roja. Ma in classifica generale i big sono tutti molto vicini: il primo è Roglic e a 2″ Almeida, poi man mano tutti gli altri fino a Landa che ha incassato ben più del previsto, ma conosciamo bene lo scalatore spagnolo.

McNulty (classe 1998) ha vinto la crono di apertura, precedendo di 2″ sia Mathias Vacek che Wout Van Aert. Ovviamente è anche maglia rossa
McNulty (classe 1998) ha vinto la crono di apertura, precedendo di 2″ sia Mathias Vacek che Wout Van Aert. Ovviamente è anche maglia rossa
Stefano, a te la parola…

Un buon parterre, non eccezionale, ma di un livello medio alto. Come spesso capita alla Vuelta, per molti è un appello di recupero. Non vedo un favorito su tutti, Primoz Roglic forse, ma c’è un grande punto di domanda sulle conseguenze della sua caduta al Tour, come starà?

Però la Red Bull-Bora si presenta con una grande squadra: oltre a Roglic, ci sono Vlasov, Lipowitz, Martinez…

Ma siamo sicuri che a questo punto della stagione sia positivo? Io credo che Martinez abbia preparato appositamente la Vuelta, mentre Vlasov e Roglic ci arrivano dall’infortunio al Tour. Il colombiano è arrivato secondo al Giro d’Italia, vorrà un suo spazio. Di contro, guardando al lato positivo questa squadra potrebbe giocare con 2-3 punte.

E così potranno scontrarsi con il blocco della UAE Emirates? Che ancora una volta è un team formidabile: Adam Yates, Joao Almeida, Isaac Del Toro…

Fortissimi, nulla da dire, ma in parte anche per loro vale lo stesso discorso di prima. Pensiamoci un attimo. Yates e Almeida già volano da metà giugno. Ve li ricordate al Giro di Svizzera? Primo e secondo nelle ultime quattro tappe. Hanno fatto benissimo al Tour e ora siamo a metà agosto e la Vuelta finisce l’8 settembre. Insomma, da tre mesi al top della condizione. Non vorrei potessero pagare qualcosa nella terza settimana. Però sono forti.

E Del Toro? Lui ha fatto un altro cammino…

E infatti lui potrebbe essere la sorpresa di questa Vuelta. Ragazzo fortissimo.

Ci eravamo lasciati così, con Seppe Kuss re dell’ultima Vuelta, oggi un po’ in ritardo rispetto agli altri uomini di classifica
Ci eravamo lasciati così, con Seppe Kuss re dell’ultima Vuelta, oggi un po’ in ritardo rispetto agli altri uomini di classifica
Kuss e la Visma-Lease a Bike. Cosa ne pensi?

Loro partono con un leader, che è appunto l’americano. Non ha corso né il Giro, né il Tour e da quel che ne so io è da cinque mesi che prepara questa Vuelta. E guarda caso ora che deve andare forte ha vinto Burgos e ha conquistato anche l’unica tappa in salita. Lui è il leader della Visma-Lease a Bike e in seconda battuta c’è Uijtdebroeks, con Van Aert solito battitore libero.

Guardiamo in casa nostra e veniamo ad Antonio Tiberi.

Per Antonio questa Vuelta sarà un banco di prova molto importante. L’anno scorso fece una grande Vuelta soprattutto nella terza settimana, al Giro ha confermato di avere le doti per un grande Giro e ora tutti lo aspettano ed è proprio qui che le cose cambiano.

Cioè?

Che adesso è più difficile. Adesso ha delle pressioni. E questo sarà un momento per capire se è già maturo. Io sono convinto che farà bene. Anche per come ha superato vicende complicate… Non era facile per un ragazzo della sua età e alla lunga credo che un fatto del genere lo abbia aiutato a formarsi caratterialmente. Senza contare che fisicamente c’è. A Burgos è stato terzo nella crono, significa che stava in condizione. Non era ancora al top, e va bene, perché da Burgos a fine Vuelta c’era quasi un mese, ma vuol dire che ha lavorato nel modo giusto.

L’obiettivo per lui può essere il podio?

Sì, anche se non sarà facile, perché come dicevo prima non c’è un faro, come Pogacar al Giro che indirizzava la corsa e dietro di lui una manciata di atleti sulla stessa linea. Qui in Spagna ci sono almeno una decina di atleti quasi tutti sullo stesso piano.

Mikel Landa di nuovo leader: saprà tenere la pressione? Per ora non è partito bene: 92° a 1’05” da McNulty
Mikel Landa di nuovo leader: saprà tenere la pressione? Per ora non è partito bene: 92° a 1’05” da McNulty
E poi, Stefano, c’è lui. L’oggetto più misterioso del ciclismo moderno: Mikel Landa…

In teoria, per come è andato al Tour, è il favorito! In Francia è andato fortissimo, ma lì era gregario, bisognerà vedere come renderà nel ruolo di capitano. E qui sta la grande differenza tra un ottimo corridore e un campione. Bisognerà vedere come avrà gestito tutti i fattori tra Tour e Vuelta, se non si è rilassato troppo, e ci sta dopo un Tour. Lui è davvero un’incognita ed è difficile da giudicare, lo ammetto.

Un altro oggetto misterioso, ma per altre ragioni, è Tao Geoghegan Hart. Cosa ci dici dell’inglese?

Bisogna vedere come sta dopo l’ennesima caduta a Burgos. Su Tao pende un bel punto di domanda per se stesso e per la squadra. Vicino a Skjelmose e Ciccone, che puntano alle tappe, vedremo lui cosa farà.

Marco Frigo è uno dei 16 italiani al via. Il più atteso di loro è Antonio Tiberi, che può ambire al podio
Marco Frigo è uno dei 16 italiani al via. Il più atteso di loro è Antonio Tiberi, che può ambire al podio
Vamos in Espana: Carlos Rodriguez, prima, e il blocco Movistar poi…

Carlos lo conosco bene: ragazzo d’oro, professionista esemplare, mi piace tantissimo. Mi aspettavo qualcosa di più dal suo Tour, ma in una top cinque ci può rientrare. Altri suoi compagni come Arensman, De Plus… magari potrebbero rientrare nei primi dieci, ma torniamo ai discorsi di prima. E cioè che il livello è molto simile per tanti atleti e che siamo all’ultimo grande Giro dell’anno, bisogna vedere come si ci arriva non solo fisicamente, ma anche mentalmente.

Movistar?

Una squadra più per fare “casino” che per la classifica vera e propria. Mas esce da un Tour anonimo, forse non sa più neanche lui che corridore è. Almeno prima emergeva “da dietro”, nel senso che quando i big acceleravano lui poi resisteva, questa volta niente. Magari qui proverà a tenere ma non sono così convinto su di lui. Per il resto la Movistar ha diversi attaccanti, tra cui Quintana che può puntare ad una tappa. 

Quindi quale potrebbe essere il podio finale di Stefano Garzelli?

Nell’ordine: Almeida, Kuss, Roglic. Joao mi piace tanto. E’ un “duraccio”, non molla mai, va bene in salita e va forte a crono e se si guarda magari al lato romantico della questione con la Vuelta che parte dal Portogallo, la vittoria di un portoghese ci starebbe bene.

Fortunato in Spagna con una promessa: non solo le tappe

10.08.2024
4 min
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«Come sto? Alla Vuelta Burgos ho trovato le risposte che cercavo». Lorenzo Fortunato ha da poco chiuso la sua corsa di antipasto alla Vuelta e da Madrid stava per tornare in Italia. Spesso gli aeroporti sono il luogo migliore per raccontare. L’attesa fa scorrere bene le parole. «Almeno – riprende Lorenzo – io torno a casa quattro giorni, c’è gente che da Burgos va a San Sebastian e poi diretta alla Vuelta».

Il corridore dell’Astana-Qazaqstan è soddisfatto: un secondo posto nell’unica tappa di salita, tra l’altro alle spalle del redivivo Sepp Kuss, e una gamba che risponde presente dopo un immenso lavoro fatto in estate.

Incontri all’aeroporto di Madrid! Fortunato è rientrato in compagnia di Davide Piganzoli. Entrambi erano a Burgos
Incontri all’aeroporto di Madrid! Fortunato è rientrato in compagnia di Davide Piganzoli. Entrambi erano a Burgos
Lorenzo, dicevi di buone risposte…

Sì, sono stato un mese in altura a Livigno: dal primo luglio al primo agosto. I primi 15 giorni proprio a Livigno con altri undici ragazzi della squadra. Poi ho fatto tre giorni in basso a casa e successivamente sono risalito ancora più su, a Trepalle, con i soli compagni della Vuelta.

Caspita un mese: però i risultati si sono visti…

Alla fine a Burgos c’era un solo arrivo in salita e stavo bene. Poi a crono ho sofferto un po’, mi sono difeso. Ma già al secondo giorno avevo perso del tempo in seguito ad un caduta e addio classifica. Ma l’importante comunque era correre. Non mettevo il numero dal Delfinato e bisognava tornare in gruppo.

Fortunato (classe 1996) si è difeso a cronometro, anche se ha pagato un bel po’
Fortunato (classe 1996) si è difeso a cronometro, anche se ha pagato un bel po’
Come hai lavorato in quel mese a Livigno?

Dopo il Delfinato sono stato otto gironi senza toccare la bici. Quindi riposo assoluto. Ho fatto comunque il campionato italiano, ma in appoggio ai compagni e quindi sono salito in quota. Nei primi 15 giorni ho fatto soprattutto ore e bassa intensità. Cercavo di andare verso Saint Moritz, per fare meno salita possibile, cosa non facile da quelle parti, ma restando in quota, sempre sopra i 1.500 metri. Nelle altre due settimane invece è aumentata la parte d’intensità. Facevo due giorni di carico e uno di scarico. E quando facevo scarico non uscivo.

E cosa facevi in quei giorni di recupero?

Per la precisione era un riposo attivo: un giorno alternavo la palestra e nell’altro una piccola passeggiata in quota, ma roba di 40′-45′ giusto per far passare il tempo. In palestra facevo la pressa per la forza resistente e lo squat per quella esplosiva. Maurizio Mazzoleni, il mio preparatore, ci tiene molto a portare avanti la palestra anche durante la stagione.

Lorenzo, ti appresti a fare per la prima volta il secondo grande Giro nella stessa stagione. Cosa ti aspetti?

Avevo voglia finalmente di provare fare il secondo grande Giro in un anno e testarmi. E poi sarà anche la mia prima Vuelta. E’ da tanto ormai che corro in Spagna, mi piace e mi piacciono le salite. Magari sono un po’ più corte rispetto al Giro, all’Italia, ma sono belle dure.

Verso Lagunas de Neila il bolognese ha attaccato e solo Kuss (in giallo sullo sfondo) lo ha battuto (foto Instagram – @gettyimage)
Verso Lagunas de Neila il bolognese ha attaccato e solo Kuss (in giallo sullo sfondo) lo ha battuto (foto Instagram – @gettyimage)
Con che obiettivi parti?

Non starò a stressarmi per la classifica, ma punterò alle tappe. O meglio, la vivrò giorno per giorno. La priorità comunque sono le tappe. Anche al Giro d’Italia ero partito così, solo che poi dopo la seconda frazione mi sono ritrovato quarto e da quel momento ho curato la classifica. Però credo che alla Vuelta senza Pogacar, Remco o Vingegaard ci saranno più possibilità. Più spazio.

Cosa intendi di preciso?

Senza un faro, un dominatore, ci sarà più spazio in generale: per le fughe, per la classifica, per attaccare. Tutto potrebbe essere un po’ più alla portata, senza uno o due dominatori che controllano la corsa costantemente. E un po’ si è visto al Delfinato come sono andate le cose senza di loro.

E’ la tua prima Vuelta, cosa ti hanno detto in merito a questa corsa compagni e colleghi?

C’è chi mi dice che sia più bella del Giro e del Tour. Che si vive con meno stress. Sicuramente si andrà forte e il percorso è più duro sia del Giro che del Tour. Già nella prima settimana c’è un arrivo in salita e altre due tappe toste. E dalla seconda in poi sono praticamente tutte frazioni dure.

Però ci arrivi bene dai. Come dicevamo a Burgos ci è voluto Kuss per toglierti il successo…

E questo mi dice che ho lavorato bene e che sono pronto per la Vuelta. In salita sto bene. A Burgos ho sofferto un po’ i cambi di ritmi, ma era normale dopo tanta altura. Anche se ho lavorato sull’intensità non puoi replicare certi ritmi. E poi erano mesi che non correvo. Quindi risposte buone. Ora ho quattro giorni di vero recupero. Oggi il viaggio, domani ancora niente, poi un paio di uscite tranquille e quindi si va diretti a Lisbona. Ne approfitterò per stare un po’ in famiglia e con Veronica, che a fine Vuelta diventerà mia moglie!

Tra sfortuna e voglia di Vuelta. Guercilena ci parla di Tao

09.08.2024
4 min
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Come si dice la fortuna è cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo e quest’anno sembra proprio che abbia preso di mira Tao Geoghegan Hart. Anzi, forse lo ha preso di mira già da un bel po’ prima. Era quel maledetto 17 maggio quando l’inglese cadde al Giro d’Italia in quella che doveva essere una scivolata banale e che invece significò per lui diverse fratture, su tutte quella del femore.

Tao, nel frattempo è passato alla Lidl-Trek, aveva messo il Tour de France nel mirino, ma tra qualche inceppo prevedibile sul rientro ad inizio stagione ed una nuova caduta al Delfinato ha dovuto dire addio al Tour. Ecco dunque la Vuelta, passando da Burgos, ma ancora uno scivolone e ancora un ritiro.

Con Luca Guercilena, team manager, che lo ha voluto nella sua scuderia, parliamo proprio della situazione di Geoghegan Hart. Il milanese sa valutare bene i corridori e sa che questo atleta può dare tanto. E anche per questo ha sempre speso belle parole nei suoi confronti.

Luca Guercilena (classe 1973) è team manager della Lidl-Trek
Luca Guercilena (classe 1973) è team manager della Lidl-Trek
Luca, partiamo dai fatti più recenti: come sta Tao dopo la caduta a Burgos?

Stiamo aspettando le valutazioni dello staff medico perché ha picchiato di nuovo le costole che si era rotto al Delfinato. Un peccato perché stava davvero bene. Aveva fatto un lavoro perfetto tra l’altura ad Andorra, con i compagni e il resto.

Come aveva reagito al fatto di non andare al Tour?

Chiaramente era dispiaciuto. Aveva lavorato tanto e lui era il nostro leader per i grandi Giri. Ancora una caduta lo aveva messo kappao, ma è così: fa parte del gioco e ha dovuto accettarlo.

Ma secondo te adesso ha anche un po’ di paura visto tutto quel che gli è capitato negli ultimi 15-16 mesi?

Io non credo. A Burgos è caduto quando era davanti. Era nelle prime dieci posizioni. Quintana gli ha preso la ruota davanti e non poteva proprio farci niente. E lo stesso vale al Delfinato. Era davanti in discesa. Poi è chiaro che quando sbatti in terra, tanto più in un punto dove sei già caduto, non è piacevole. Ma in generale non credo si sia spaventato più del dovuto.

Tu sei stato anche un grande preparatore: come avete riprogrammato la preparazione dopo che il Tour era svanito?

Prima di tutto abbiamo dovuto osservare un periodo di stacco, che di fatto era il recupero dall’incidente, il riposo. E solo di riposo si trattava perché Tao aveva tre costole fratturate. Non è che potesse fare delle operazioni, delle riduzioni chirurgiche, avesse un gesso… no, doveva solo stare fermo per riprendersi. Finita quella parte ha ripreso con l’endurance, quindi si è spostato in altura, dove ha lavorato molto sulla salita e anche sull’intensità. E ora con Burgos e San Sebastian doveva rifinire la preparazione per arrivare al massimo della condizione alla Vuelta.

La sua Vuelta Burgos è durata appena 207 km
La sua Vuelta Burgos è durata appena 207 km
Ma quindi la Vuelta ora è a rischio?

Difficile da dire. Io credo di no, che alla fine ci andrà. Ma certo è una situazione da valutare giorno per giorno.

Come andrete, in Spagna?

Con l’idea di schierare una squadra forte in salita. Per questo ci sono Geoghegan Hart, Skjelmose e Ciccone… per andare a caccia di tappe. Il percorso della Vuelta è bello impegnativo, quindi serve gente adatta alla montagna.

Ma Tao avrebbe fatto (farà) classifica?

Sì, sì… lui si. Lui è il nostro leader. Credo anche che stando ad Andorra abbiano visionato qualche tappa.

Da un punto di vista mentale come lo hai trovato, Luca?

Pronto e con tanta voglia. Voglia di dimostrare di essere un leader, di mettersi in gioco e di tornare ai livelli di quando ha vinto il Giro.

L’inglese ha sempre lavorato sodo durante l’anno. Nonostante i tanti problemi ha messo nel sacco 32 giorni di gara sin qui
L’inglese ha sempre lavorato sodo durante l’anno. Nonostante i tanti problemi ha messo nel sacco 32 giorni di gara sin qui
O forse anche quelli che aveva prima della caduta l’anno scorso…

Esatto. Lì era ad alto livello. Peccato che la fortuna non sia stata dalla sua.

Quanto è importante questa Vuelta per Tao? Okay, i risultati che oggi contano più che mai, ma è anche un punto per guardare al futuro questo “Giro di Spagna”. Immaginiamo ci si aspettino determinate risposte.

Molto importante. Lui si rimette in gioco in qualità di leader. Ha fatto una grande fatica per recuperare dall’incidente  dell’anno scorso. E’ una Vuelta importante per confrontarsi, ma è chiaro che però ci deve arrivare in salute. Con Tao abbiamo un progetto a lungo termine e ogni possibilità di crescita va sfruttata.

E tu, che idea ti sei fatto? Che sensazioni hai avuto in questi mesi che ce l’hai avuto sottomano?

Che ha l’attitudine ad essere leader e questo aspetto lo trasmette bene ai compagni. Si è integrato molto bene nel nostro gruppo e tutto ciò è stata una bella sorpresa. E’ un ragazzo che sa prendersi le sue responsabilità e con il quale è piacevole lavorare.

Verre prepara il finale di stagione: Vuelta no, calendario italiano sì

05.08.2024
4 min
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Alessandro Verre è ritornato in Basilicata. Si sta allenando sulle sue montagne e magari lì riesce anche a dribblare un po’ di caldo. Il corridore dell’Arkea-B&B Hotels si sta infatti preparando al lungo finale di stagione che lo aspetta.

Un finale di cui vogliamo sapere di più, soprattutto dopo aver portato a termine il suo primo grande Giro, la corsa rosa, che come è noto in un giovane non passa mai inosservata. Nel bene e nel male…

Verre (classe 2001) in allenamento sulle strade di casa
Verre (classe 2001) in allenamento sulle strade di casa
Alessandro come stai?

Bene dai, come detto sono tornato a casa dopo l’altura e dopo un paio di corse in Spagna. Ma fa molto caldo lo stesso, anche se da me un po’ me la cavo perché riesco ad andare fino a 1.500 metri di quota. Tuttavia anche lì ci sono 30 gradi. Però in generale sto meglio rispetto all’anno scorso di questo periodo.

Come mai?

Perché sono uscito bene dal Giro d’Italia. Sì, mi aspettavo qualche risultato in più, ma il buono del Giro me lo sto portando dietro anche adesso. Lo sento dalle sensazioni in bici, sento di avere fondo e forza. Quando vi dicevo che per i giovani è meglio la Vuelta è proprio perché non sai come reagirai al tuo primo grande Giro. Se è la Vuelta e finisci sfinito, poco male perché poi ti fermi e riparti l’anno successivo, ma se esci male dal Giro poi hai ancora parecchia parte di stagione da affrontare. Per fortuna mi è andata bene.

Chiarissimo. E come ti stai allenando dunque?

Non troppo a fondo, anche perché tra una settimana correrò al Giro di Polonia e poi con questo caldo meglio non fare troppe ore. Magari faccio un’ora, anche un’ora e mezza in meno, ma con più lavori. E poi comunque ero stato sullo Stelvio a 2.700 metri di quota e da lì ero sceso per fare il Giro dell’Appennino e anche quello ha contribuito a fare intensità. Dopo la corsa ligure ci sono tornato. E comunque il solo fatto di stare lassù aiuta.

Verre ha preso parte anche alla crono tricolore. Nonostante sia uno scalatore, si adatta bene a questa specialità
Verre ha preso parte anche alla crono tricolore. Nonostante sia uno scalatore, si adatta bene a questa specialità
Quando parli di lavori cosa intendi, Alessandro?

Faccio esercizi di cambi di ritmo visto che si avvicina una gara come il Polonia. Ma in generale cerco di lavorare molto su questa caratteristica. E come detto ho sfruttato molto il blocco Stelvio, Appennino, poi ancora Stelvio e le due gare in Spagna a seguire: Castilla y Leon e Villafranca.

Adesso quale sarà il tuo programma? Hai detto del Polonia, ma farai anche la Vuelta?

No, in teoria dopo il Polonia dovrei fare soprattutto le gare del calendario italiano.

E ti dispiace non farla? 

Certamente mi sarebbe piaciuto farla, però non ero neanche così convinto che andare in Spagna sarebbe stata la mossa giusta. A quel punto sarebbero stati tantissimi giorni di gara a fine stagione. E poi tutto sommato il calendario italiano mi piace, così come in generale mi piace correre in Italia. Tra le tante corse che dovrò fare c’è anche il Giro di Toscana col Monte Serra che mi stuzzica. Conosco quella salita e quelle strade.

Fare la Vuelta sarebbe stato anche fare il secondo grande Giro in stagione, un buon test non credi? Ti stimolava questa cosa?

In realtà non ci ho pensato, forse perché già sapevo di non andare e che il mio grande obiettivo di stagione era il Giro. E poi in un team numeroso come il nostro è anche giusto far ruotare i corridori.

Sin qui Verre ha disputato 52 giorni di corsa (foto Instagram)
Sin qui Verre ha disputato 52 giorni di corsa (foto Instagram)
A proposito di corridori, ti aspettavi che il tuo compagno Kevin Vauquelin andasse così bene?

Sì, perché è un po’ che Kevin va forte e sta migliorando costantemente. Il discorso è sempre lo stesso, la differenza di crescita tra Italia ed estero. Ho sempre detto che a noi serve più tempo.

Perché? Spiegaci meglio…

Parte dalla gestione delle categorie giovanili, anche se proprio adesso mi sembra che stia cambiando la mentalità. Faccio un esempio con gli juniores del CPS Professional Team di Clemente Cavaliere con cui sono ancora in contatto (Verre correva in questa squadra, ndr) ed ho ottimi rapporti. Li vedi che molti di loro non sanno ancora bene cosa devono fare, cosa vogliono fare da grandi. I coetanei stranieri invece vi assicuro che sanno già tutto: alimentazione, allenamenti, cura dei dettagli e quando ci parli ti rendi conto di avere di fronte gente che davvero va in bici, che è già mentalizzata.

Torniamo a te, Alessandro. A fine stagione scadrà anche il tuo contratto con l’Arkea: come sei messo in tal senso?

Non ne so ancora nulla, tutto è in divenire. Vediamo se si resta qui o quel che accadrà…

Dal Pordoi, Tiberi in marcia verso la Vuelta col podio nel mirino

02.08.2024
5 min
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E’ già, quasi, tempo di Vuelta (17 agosto – 8 settembre). La corsa spagnola è il secondo grande obiettivo di stagione per molti atleti, tra cui Antonio Tiberi. Lo avevamo lasciato sotto l’Arco di Costantino con la sua lucente maglia bianca al tramonto romano, arrivo del Giro d’Italia.

Dopo un passaggio “a vuoto” e rapido al Delfinato e dopo il dovuto riposo, il laziale ha ripreso ad allenarsi. E bene. Della sua Vuelta che verrà parliamo con Franco Pellizotti, direttore sportivo della Bahrain-Victorious, team di Antonio appunto.

Pellizotti, diesse della Bahrain-Victorious, sarà alla Vuelta al fianco di Tiberi
Pellizotti, diesse della Bahrain-Victorious, sarà alla Vuelta al fianco di Tiberi
Franco, si riparte. O meglio: Tiberi riparte…

Siamo già ripartiti in previsione Vuelta. Come si sa, la preparazione per un grande Giro bisogna prenderla larga. Dopo il Giro, Antonio ha avuto il passaggio al Delfinato, ma è stato giusto un tocca e scappa, e poi si è riposato. Adesso farà Burgos e Vuelta.

Ora è in altura?

Sì è al Pordoi da metà luglio con altri ragazzi della squadra che saranno impegnati in Spagna. Hanno quasi finito, in quanto andranno appunto alla Vuelta Burgos. Il Pordoi lo avevo proposto io.

Come mai?

A me fare l’altura piaceva molto e mi piaceva cambiare anche, provare posti nuovi. Sono giunto alla conclusione che il Teide in primavera e il Pordoi in estate siano il top. Dipende sempre dal programma che si fa. Ad esempio se esci dal Tour e devi fare la Vuelta, o comunque devi fare l’altura per recuperare, forse è meglio Livigno. Lì si riesce a staccare di più mentalmente, ci sono più distrazioni (c’è anche più possibilità di fare pianura, ndr). Mentre luoghi come Pordoi e Teide ti fanno concentrare. E’ un po’ come quando il prete va in clausura! Per allenarsi secondo me il Pordoi non ha eguali.

Festa Tiberi. Eccolo in maglia a bianca a Roma a fine Giro
Festa Tiberi. Eccolo in maglia a bianca a Roma a fine Giro
Perché?

Hai tutti i passi a disposizione, puoi fare 2, 6, 7 ore con i dislivelli che vuoi. Il pomeriggio quando devi rilassarti un po’, basta una sdraio al sole e guardi la bellezza che c’è intorno. Un giorno per esempio si sale sul Sasso Pordoi a 3.000 metri , nel giorno di riposo puoi andare a Canazei. E poi c’è un aspetto tecnico importante.

Quale?

A Livigno prendi tutte le salite da 1.800 metri in su, mentre sulle Dolomiti puoi scendere parecchio e arrivare anche in alto. Ma scendere significa che puoi fare meglio i lavori specifici.

Dicevamo, che Tiberi riparte da Burgos. Come ci arriverà?

Sarà una tappa di avvicinamento alla Vuelta. Non credo che a Burgos sarà super performante. Ma anche se dovesse essere all’80 per cento potrà fare bene: lui è forte. In più prima di salire sul Pordoi ha avuto qualche problemino fisico che gli ha fatto saltare 3-4 giorni di allenamento. E quindi abbiamo rivisto qualcosina, nulla che vada a precludere una buona Vuelta, anzi… la squadra sarà incentrata su di lui. Adesso deve crederci anche Antonio e sono convinto che mentalmente ci sia.

Tiberi (dietro al centro) in altura con i compagni in un selfie di Zambanini (foto Instagram)
Tiberi (dietro al centro) in altura con i compagni in un selfie di Zambanini (foto Instagram)
E’ la prima volta che Tiberi fa due grandi Giri: lo vedi più curioso o preoccupato?

Preoccupato no, poi lui è un ragazzo talmente tranquillo che è difficile vederlo turbato. Semmai curioso… Anche nella testa Antonio è motivato, dopo l’ottimo quinto posto del Giro, resta un po’ con il rammarico per il problema tecnico di Oropa. Questo è un aspetto in più, gli dà fiducia e morale. Antonio quando sale in bici comunque ha fame di farsi vedere. 

Dunque si va alla Vuelta per…

Con un obiettivo preciso: quello di poter agguantare un podio. Ripeto, la squadra sarà incentrata su di lui. E’ una formazione con dei passisti, per poterlo scortare nelle tappe di, tra virgolette, pianura perché alla Vuelta a pianura ce ne sarà poca. Ma ci potrebbero essere un paio di tappe con rischio vento e quindi abbiamo cercato di portare ragazzi che possano aiutarlo anche su questo terreno. Poi ci sono degli scalatori e infine c’è Damiano (Caruso, ndr) che sarà il nostro capitano in corsa e lo seguirà e guiderà in questa Vuelta.

Tiberi leader dunque. Al Giro se l’è cavata bene in tal senso…

Esatto, anche alla Vuelta partirà con i gradi di capitano, in più come si è visto in passato la corsa spagnola è più alla portata per un giovane che vuol fare classifica. Però questa sarà un po’ una stagione test per lui. Mi spiego. Per la prima volta farà un secondo grande Giro in stagione. Lo abbiamo preso a metà stagione lo scorso anno, lo abbiamo seguito. Abbiamo imparato a capire i suoi pregi, i suoi difetti e quest’anno stiamo cercando di costruire con lui il suo e il nostro futuro. Quindi vediamo anche come andrà…

Tiberi ha corso il Giro con grande personalità. Un leader naturale
Tiberi ha corso il Giro con grande personalità. Un leader naturale
Con le giuste pressioni insomma. Cambiando discorso: avete fatto qualche ricognizione delle tappe della Vuelta?

Con Antonio no, però abbiamo due direttori che hanno fatto due terzi della Vuelta. Quindi siamo ben preparati.

Cosa dice invece Tiberi? Ti ha un po’ parlato del sogno del podio?

Vi racconto questa. Il nostro manager ha avuto una bella idea: quella di assegnare ad ogni corridore che faceva parte della long list della Vuelta, un paio di tappe adatte a loro da studiare. Così poi da riproporle in conference call tutti insieme. Come una riunione tattica al mattino sul bus, quando mostriamo la gara. Dovevano mettere giù questa presentazione in un Powerpoint. Antonio ci ha sorpreso perché le sue frazioni le ha preparate molto bene. Parlava proprio da leader. Spiegava dove dovevano tenerlo coperto, dove i suoi compagni in certe tappe avrebbero dovuto recuperare un le energie per le tappe successive… L’ho visto molto, molto concentrato.

Motivazione consapevolezza non mancano insomma…

Sì, sì… è una bella scommessa per lui. Ha già dimostrato al Giro d’Italia di essere un ottimo corridore. Ha dimostrato le doti che ha, ma come si dice tra il dire e il fare c’è sempre il mare. E per questo dopo il buon Giro io credo che adesso sia più convinto e al tempo stesso più tranquillo. Adesso ha la certezza di dove può arrivare. In più di Vuelta ne ha già fatte due, conosce certe dinamiche di corsa, sa cosa aspettarsi e anche questo è un fattore che conta.