Dainese, spallata alla pressione: «Mi manca solo fare primo…»

22.08.2021
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«Ho fatto quarto, terzo, secondo – dice Dainese ridendo – la prossima volta dovrò fare primo, no?».

Eravamo stati zitti per scaramanzia, ma se lo dice lui come prima cosa, la risata si fa comune. La Vuelta sta per vivere la durissima giornata all’Alto de Velefique e poi andrà al primo riposo, ma per il velocista padovano la tappa di ieri a la Manga del Mar Menor resta un buon ricordo, con poco rammarico essendosi dovuto arrendere a uno Jakobsen che ha riallacciato in modo fantastico il filo con il saper vincere.

«Vincere o non vincere – dice – quel che conta è che io riesca a correre senza pressione addosso. Guarda caso, ho cominciato ad andare meglio quando mi sono tolto di dosso il voler dimostrare. Qua il livello è altissimo, può capitare che mi stacchi e se succede, pace…».

Jakobsen ancora primo: quarta vittoria dal ritorno alle corse, la seconda alla Vuelta
Jakobsen ancora primo: quarta vittoria dal ritorno alle corse, la seconda alla Vuelta

Tappa croccante

Per Alberto il punto non sono tanto le volate, in questo primo grande Giro, quanto capire i suoi limiti nelle tappe più dure e l’attitudine a recuperare per sprintare ancora.

«L’altro ieri – ride ancora – quella al Balcon de Alicante è stata una tappa croccante. Nel gruppetto, in cui di solito viaggiano i velocisti staccati, eravamo in 120 su 164 partenti. E si andava forte. Su di noi a un certo punto è rientrato anche Valverde con i suoi compagni, poi però si è fermato ancora…».

L’anno scorso il team aveva anche le maglie bianche contro il caldo, quest’anno… all black!
L’anno scorso il team aveva anche le maglie bianche contro il caldo, quest’anno… all black!

Due ventate di troppo

La volata di ieri contro Jakobsen, anche lui uscito come Dainese dalla Seg Academy Racing, non ha avuto poi molta storia.

«Lui è forte – dice – e più vince e più guadagna rispetto, per cui gli viene anche meglio arrivare a fare i suoi sprint. Io qualche errorino l’ho fatto, ho preso un paio di ventate che a quelle velocità sono un bello spreco, ma Fabio è forte ed è meglio perdere da uno così che da un altro che magari non sai nemmeno chi sia».

Ritorno al 53

Tra le voci su cui continuare a ragionare per i prossimi sprint c’è anche la scelta dei rapporti, dato che tutti gli sprinter del gruppo hanno ormai scelto di correre con il 54.

«Ieri il 53 – dice – mi è sembrato piccolino. Ho smesso di usare il 54 perché nelle tappe di pianura mi ritrovavo per tutto il giorno sempre a spingere troppo duro. E anche in volata… A me piace fare gli sprint a 130 pedalate, con il 54 non riuscivo. Ma è indubbio che con certe velocità fa la differenza. Se sopravvivo alle montagne, abbiamo qualche altra occasione di provarci, ma certo dopo quello che ho visto nella tappa di ieri, sono abbastanza inquieto (lo dice ridendo, ndr)».

Qualche fuga per Matteo Trentin e gran lavoro per i compagni: europei nel mirino
Qualche fuga per Matteo Trentin e gran lavoro per i compagni: europei nel mirino

La maglia nera

E poi c’è il capitolo caldo, già affrontato andando incontro alla Vuelta e di grande attualità viste le temperature che finora stanno… accogliendo i corridori soprattutto nelle tappe di montagna.

«In certi giorni – dice – è davvero estremo. Ieri si stava bene, si andava veloci. Il giorno prima si boccheggiava. E poi aggiungete che abbiamo le maglie nere e la frittata è fatta. L’anno scorso almeno avevamo anche quelle bianche…».

Vuelta amara, nel giorno di Storer la resa di Valverde in lacrime

20.08.2021
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Una caduta che più sciocca non si poteva a 42 chilometri dall’arrivo. Curva a destra, la fanno tutti. Valverde è nella scia e probabilmente non ha la miglior presa sul manubrio. L’asfalto è perfetto, ma in quel punto c’è una buchetta, un piccolo avvallamento. Gli va giù la mano, accade tutto così in fretta che non riesce neanche a capire e di conseguenza a reagire. Scivola. Prende la via del dirupo, con la bici che si ferma sul guard rail e lui che vola di sotto. Storer davanti viaggia con la vittoria addosso.

La tappa va a Storer, vecchia conoscenza in Italia quando era U23, che batte Verona
La tappa va a Storer, vecchia conoscenza in Italia quando era U23, che batte Verona

Morire combattendo

Il pendio è scosceso e pieno di pietre, qualche albero. Ma l’inquadratura per fortuna mostra Alejandro in piedi che cerca di capire e tornare sopra. Non si capisce quale delle due cose voglia fare per primo, ma arrivano Rojas e un addetto del percorso e lo aiutano a risalire sulla strada. Arriva anche l’ammiraglia con la bici di scorta pronta, ma Valverde cammina intorno e si tocca la spalla.

Possibile che sia finito tutto così, che l’ultima Vuelta (se sarà davvero l’ultima) debba finire in questo modo?

A vent’anni, cadi e te ne fai una ragione. Ci saranno altre occasioni. A 40 anni cadi, le paure esplodono e alla fine senti che quel divertimento tanto sbandierato di colpo non c’è più. Come Nibali, caduto prima del Giro in un modo ugualmente e apparentemente insignificante.

Ma Valverde non capisce. Sembra solo. Sembra sul punto di mollare, poi i compagni lo convincono. Morire combattendo, pensa. E Alejandro riparte, ma non è convinto.

Subito dopo la caduta, il medico di corsa cerca di capire se sia frattura della clavicola
Subito dopo la caduta, il medico di corsa cerca di capire se sia frattura della clavicola

L’abbraccio di Chente

La discesa lo inghiotte curva dopo curva. Rientrano su un primo gruppo di corridori staccati, ma la bicicletta è un affare serio, soprattutto se di mezzo ci sono il dolore e la paura. E Alejandro questa volta ha un male cane alla spalla. Quei chilometri sono il tempo che gli serve per alzare bandiera bianca, proprio mentre in testa Lopez accelera e porta via Roglic e Yates, lasciando dietro sofferente la storia della Movistar. Il nuovo che abbandona il vecchio. E mentre la corsa come la vita va avanti, Alejandro si ferma e affonda nell’abbraccio gigantesco di Chente Garcia.

«E’ l’abbraccio di tutti i tifosi di ciclismo al Bala – dice – che duro vederti così».

Come sul Chiunzi

La tappa di oggi passerà alla storia più per la caduta di Alejandro, soprattutto se il murciano dovesse decidere che non ci sarà un altro anno. L’ha vinta Michael Stores su Carlos Verona, compagno di Valverde. Gli uomini di classifica sono arrivati tutti insieme, tirati da Adam Yates. Tredici secondi dopo arriva Vlasov, dopo trenta Ciccone e Aru.

Il pensiero va indietro al 1997, al giorno di Cava dei Tirreni, quando il velocista Mario Manzoni vinse a capo di una lunga fuga e staccando tutti i compagni di fuga. Per sua sfortuna e per quella di Storer, se ne ricordano in pochi. I suoi tifosi, la sua famiglia e chi ogni tanto ne scrive. Alle sue spalle infatti per un dannato gatto nella discesa del Chiunzi, Marco Pantani visse una tappa simile a quella di Valverde verso questo Balcon de Alicante. La differenza è che Marco tagliò il traguardo, Valverde è sparito a bordo dell’ammiraglia e del suo cuore ferito.

P.S. Le radiografie hanno evidenziato lo spostamento di una placca preesistente e una frattura della clavicola. Domattina l’intervento per ridurre la frattura stessa.

Cort imprendibile, Roglic saggio, Bagioli risorto: è Vuelta top

19.08.2021
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«Ho guardato indietro a 150 metri dalla fine – dice Magnus Cort – e l’ho visto arrivare. Ho fatto uno sprint con tutto quello che avevo e fortunatamente sono riuscito a tenermelo dietro».

Magnus Cort ha lo sguardo spiritato mentre racconta gli ultimi metri della tappa, breve e infernale, che in 158 chilometri ha portato il gruppo all’Alto de la Montaña Cullera. Lui era in fuga e dice Andrea Bagioli, terzo all’arrivo, che davanti deve essere andato davvero forte. Perché loro dietro non sono stati certo a guardare. Il corridore che lo braccava era Roglic ed è difficile capire se l’abbia lasciato stare o davvero non abbia avuto le gambe per prenderlo. E tutto sommato, a chi interessa?

«Questa vittoria è speciale per me – dice il vincitore – perché è venuta in un modo molto diverso. Le tappe che vinco sono sempre in volata e sono molto felice di dimostrare che posso farlo anche su altri terreni e concludere una fuga come questa oggi».

Roglic ha accelerato nel finale, ma non è riuscito a prendere Cort
Roglic ha accelerato nel finale, ma non è riuscito a prendere Cort

Jumbo in testa

Il vento ha giocato un ruolo importante nella breve tappa attraverso la regione di Valencia. Il Team Jumbo-Visma ha fatto un gran lavoro per tenere Roglic in testa al gruppo, così che sulla salita finale lo sloveno ha potuto controllare e, pur non riuscendo a riacciuffare Cort, ha fatto un bel passo rispetto ai rivali della classifica.

«Non ero molto preoccupato per la vittoria di tappa oggi – ha detto Roglic – Magnus è andato molto forte e meritava la vittoria. Per me e per il team si trattava principalmente di arrivare al traguardo in sicurezza. Mi sentivo bene, così ho fatto il mio sprint, ben contento di aver guadagnato un po’ di tempo».

Domani il programma prevede la prima vera tappa di montagna e Roglic guarda avanti con fiducia. «Domani – dice – mi aspetto un’altra grande battaglia. E’ una tappa difficile e difficile da controllare, ma ho fiducia in me stesso e nella squadra. Dovremo restare lucidi e concentrati».

Bagioli ha ceduto a Roglic solo nel finale: terzo a 2″
Bagioli ha ceduto a Roglic solo nel finale: terzo a 2″

Bagioli risorto

Ma la notizia del giorno è il terzo posto di Andra Bagioli. Il valtellinese, che avevamo incontrato a Livigno a luglio, se la sentiva buona già dalla partenza, avendo adocchiato la tappa da qualche giorno.

«Un po’ la puntavo – racconta – sapevo che su un arrivo coì potevo fare bene. Cort è andato fortissimo per tutto il giorno e credo che Roglic semplicemente non ce l’abbia fatta a prenderlo. La squadra ha lavorato molto per me. La salita era dura, non ha dato tregua, ma mi sono sentito bene e ho dato il massimo, nonostante fossimo arrivati lì dopo 70 chilometri a tutto gas. Certo vincere sarebbe stato meglio, ma il morale è alle stelle.

«Ho una gran gamba – sorride – e sono venuto dall’inizio per puntare alle tappe. Ce n’è una con l’arrivo sullo strappo la prossima settimana, ma se recupero bene, domani entro nella fuga. Credo che arriverà di sicuro e io ora ho le conferme che cercavo. Al Tour de l’Ain, nell’ultima tappa mi ero sentito bene, ma il livello era più basso e qualche dubbio poteva ancora esserci. Ora non ne ho più. La crono mi aveva già dato ottime risposte, ma questo podio vale di più. Ora comincia un’altra Vuelta.»

La Cervélo P5 dorata di Roglic, come Excalibur nella roccia

14.08.2021
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Anche se di tecnologicamente nuovo in questa Cervélo P5 non c’è nulla rispetto all’inizio di stagione, ci piace pensare ad essa come a Excalibur nella roccia. E a Primoz Roglic come all’unico che sia stato in grado di estrarla e guidarla al trionfo olimpico. Abbiamo infatti di fronte la bici che ha vinto l’oro di Tokyo nella cronometro individuale e che questa sera, ugualmente fra le mani del suo re, prenderà il via della Vuelta Espana, lungo i 7,1 chilometri nelle strade di Burgos. Per arrivare a simili conquiste qualcosa di magico deve esserci per forza.

Olimpiadi Tokyo 2020, cronometro indivduale: Primoz Roglic lanciato verso il successo sulla sua Cervélo P5
Olimpiadi Tokyo 2020, cronometro indivduale: Primoz Roglic lanciato verso il successo sulla sua Cervélo P5

Oro e cerchi

Lo sguardo ravvicinato crea stupore, perché sotto quella livrea dorata c’è una teoria di cerchi che riecheggia quelli olimpici. Una veste che rende più speciale il telaio e la forcella Cervélo P5 completati da un cockpit Vision realizzato su misura per il corridore sloveno, dal gruppo Shimano Dura Ace, così come Shimano dovrebbe essere la ruota anteriore C60 abbinata alla lenticolare posteriore, entrambe montate con pneumatici Vittoria Corse.

Perché il condizionale? Perché a Tokyo, Roglic ha corso con una ruota posteriore con adesivo Shimano e l’anteriore era priva di scritte. Una scelta che prosegue la tendenza della Jumbo Visma già vista al Tour. In Francia infatti la squadra ha utilizzato ruote Vision non brandizzate nelle tappe in linea e ruote AeroCoach nelle crono. Questa libertà nell’utilizzo di materiali alternativi a Shimano si sposa probabilmente con la carenza di fornitura da parte del brand giapponese, mai tradizionalmente troppo elastico nel concedere simili deroghe. Ricordate la storia del viaggio incredibile delle ruote per la crono di Van der Poel al Tour?

La bici non è nuova, ma come a Tokyo aveva una livrea speciale, eccola d’oro per il campione olimpico
La bici non è nuova, ma come a Tokyo aveva una livrea speciale, eccol d’oro per il campione olimpico

Rivincita Roglic

Da stasera Roglic tenterà il colpaccio di rifarsi dalla sconfitta del Tour. E se lo scorso anno essa derivò dal suo crollo e dalla crono monstre di Pogacar il penultimo giorno a La Planche de Belles Filles, questa volta la causa di tutto è stata la dannata caduta che lo ha costretto al ritiro. L’oro olimpico è stato un bel modo di mettersi in pari con la sorte. Ma conoscendo la voracità dello sloveno, non si accontenterà di essere un semplice protagonista.

Rigidità top

La P5 è il ben noto concentrato di tecnologia. Combinazione di materiali, forme e differenti laminazioni del carbonio per ottenere rigidità nelle differenti parti del telaio. Dopo anni di esperienza è stato reso più rigido il tubo orizzontale (aumento del 22 per cento rispetto alle versioni precedenti), per rendere la bici più compatta e maneggevole. Così per la scatola del movimento centrale, che consente la più efficace trasmissione della potenza (più rigida del 26 per cento).

La sensazione di resa aerodinamica viene anche confermata dai numeri. Come abbiamo illustrato parlando della crono di Tokyo con Simone Omarini di Hardskin, la resistenza aerodinamica è il 90 per cento della torta. Il disegno del telaio e la forma dei tubi riduce la superficie frontale e migliora la penetrazione aerodinamica della bici. E pure restando nei parametri Uci, il miglioramento aerodinamico è di 37 grammi.

Come Excalibur

La Cervélo P5 “olimpica” avrà questa livrea per Roglic, ma è la stessa bici che a Tokyo ha conquistato il bronzo con Dumoulin e nella crono finale del Tour ha vinto con Wout Van Aert. Non proprio l’ultima arrivata, insomma. Anche se a Tokyo serviva un re come Roglic per estrarla dalla roccia.

«Primoz Roglic – ha detto Javier Guillen, direttore della Vuelta – è il re della suspense nelle corse a tappe. Siamo particolarmente felici di rivederlo per la sua lealtà verso La Vuelta. Dal suo atteggiamento si capisce che ama la nostra corsa e il nostro Paese. Il percorso che offriamo gli si addice e ciò che è notevole in lui è la sua motivazione nell’ultima parte della stagione, ogni anno. Forse gli piace il suo lavoro anche più degli altri perché è arrivato al ciclismo in ritardo. Dopo le Olimpiadi sembra ancora più in forma rispetto ai due anni precedenti, ma questa volta è in corsa per un record di tre vittorie consecutive che entusiasmerà gli appassionati e promette grandi battaglie con gli scalatori puri che dovranno vedersela per tutta la gara con il talento di Roglic. Pensando alla cronometro di 33,8 chilometri dell’ultimo giorno».

Oggi Roglic partirà alle 20,47, un minuto prima di lui scatterà Bernal. Che lo prenda o lo avvicini, già stasera il rumore delle catene si confonderà con quello delle spade.

L’ultima “grande” di Vlasov in maglia Astana, poi sarà Bora

14.08.2021
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«Fa un grande caldo anche qui – dice Vlasov, fresco di firma con la Bora-Hansgrohe – io invece sono abbastanza fresco. Dopo il Giro ho riposato parecchio. Poi sono andato a Livigno. Le Olimpiadi sono state la prima corsa dopo i campionati nazionali, quindi sapevo che sarebbe stato un giorno duro. Peccato solo essere caduto nella prima tappa della Vuelta a Burgos, perché ancora mi fa un po’ male. La Vuelta è molto dura, per questo la vivrò tappa per tappa».

Destinazione Bora

La corsa spagnola che inizia oggi con la crono di Burgos sarà l’ultimo grande Giro di Alksandr Vlasov con la maglia dell’Astana. Sulla partenza del russo si erano addensate voci già nel 2020, quando aveva cambiato inaspettatamente procuratore e sembrava lanciatissimo verso il Team Ineos Grenadiers. Ma il mercato cambia ed essendosi liberata dell’ingaggio di Sagan, la Bora-Hansgrohe ha trovato gli argomenti giusti per convincerlo.

Futuro al Tour

«Aleksandr è sicuramente uno dei più grandi talenti per quanto riguarda le corse a tappe – ha detto Ralf Denk, manager del team tedesco – e siamo molto contenti che abbia deciso di unirsi a noi, nonostante ci fosse l’interessamento di altre squadre. Con lui punteremo sicuramente sui Grandi Giri. A medio termine l’obiettivo è il Tour de France, ma deve ancora imparare e crescere, così che potrebbe essere più facile al Giro o alla Vuelta».

Nessuna paura

Facile è un aggettivo che si fa fatica a declinare accanto ai grandi Giri, ma comprendiamo il senso dell’affermazione del manager tedesco, nella cui… casa stanno crescendo Fabbro e Aleotti che immancabilmente saranno coinvolti al fianco del russo in arrivo.

«Avevo avuto qualche proposta – dice Vlasov – e visto che si parla di lavoro, ho trovato interessante fare nuove esperienze. Il fatto che sia andato via il gruppo di Sagan fa sì che la squadra voglia spostarsi sui Giri e questo per me è importante. Prima di firmare, abbiamo anche parlato con l’Astana, poi si è presa la decisione. Non mi fa paura, anzi è uno stimolo grande. Ho parlato con lo staff dei preparatori, anche se non so ancora chi mi seguirà direttamente».

Aleksandr Vlasov è nato a Vyborg, la stessa città di Eugeni Berzin, il 23 aprile del 1996. E’ pro’ dal 2018
Aleksandr Vlasov è nato a Vyborg, la stessa città di Eugeni Berzin, il 23 aprile del 1996. E’ pro’ dal 2018

Mostro alla 18ª tappa

Ora basta, però, parliamo della Vuelta. Anche perché è Vlasov il primo a non voler parlare troppo del 2022, avendo ancora in basso sfide così grandi nel presente.

«La Vuelta – dice – è molto dura, con una serie di tappe impegnative, fra cui metto l’arrivo in salita del terzo giorno che può far male proprio a causa della caduta di Burgos. Poi di sicuro la 18ª tappa, con questo Atu d’el Gamoniteiru di cui parlano tutti con terrore. E poi la crono dell’ultimo giorno di quasi 34 chilometri, non proprio piatti e secondo me decisivi. Credo di avere un grande gruppo, con quasi tutti spagnoli, tranne Natarov e me. Per la salita ci sono gli Izagirre e Oscar Rodriguez. Per la pianura “Luisle” Sanchez e Fraile, credo che ce la possiamo giocare».

Fino al Lombardia

E proprio mentre si dice che una bella fetta del blocco spagnolo del team kazako starebbe per spostarsi verso la Movistar, le suggestioni nel calendario di Vlasov non si fermano alla Vuelta.

«Preferisco fare un passo per volta – ammette – la federazione mi ha chiesto di partecipare ai mondiali, anche se non hanno un percorso troppo adatto a me. E poi arriverò sino al Lombardia, passando prima per la Tre Valli Varesine e altre classiche come il Giro dell’Emilia (conquistato nel 2020, ndr). Per il resto almeno per quest’anno, farò la solita vita e credo che per ora terrò la residenza ad Andorra. Poi per il futuro vedremo».

Al Lombardia di agosto nel 2020, Vlasov decisivo per la vittoria di Fuglsang
Al Lombardia di agosto nel 2020, Vlasov decisivo per la vittoria di Fuglsang

Primi della classe

Alla Vuelta per migliorare il piazzamento del Giro? A Milano chiuse al quarto posto, dopo essere stato secondo fino al giorno dello Zoncolan. Le salite di grande pendenza sono bocconi da addentare con attenzione. Lo scorso anno arrivò secondo sull’Angliru, preceduto da Hugh Carthy per appena 16 secondi. Sullo Zoncolan, facendo corsa di testa, ha perso 1’01” da Simon Yates che gli ha soffiato il secondo posto nella generale. Due diversi approcci con la montagna, con l’auspicio suo e del team che anche questa volta possa e debba correre accanto o nei dintorni dei primi della classe.

Landa cauto al via della Vuelta: «Vengo da dove vengo»

13.08.2021
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Mikel Landa alla partenza della Vuelta è abbottonato come uno che non vuole dire una parola più del necessario. C’è da capirlo. L’ultima volta che si sentiva fortissimo e un minimo si è sbilanciato è stato al Giro d’Italia. E dopo aver fatto vedere grandi gambe a Sestola, è rimasto coinvolto nella caduta di Cattolica, tornando a casa con qualche costola e la clavicola rotta.

«E’ servita pazienza – dice con un filo di rassegnazione – ciclismo non è solo vincere, ma anche passare momenti difficili, gestirli e riprendere i sogni e i propri obiettivi».

La Vuelta che parte domani gli si addice per strade e spirito di corsa, ma la condizione non è ancora al top. Anche se alla Vuelta Burgos ha tenuto testa a tutti i rivali, compreso Bernal che era certo lì per fare la punta alle armi, ma a farsi staccare non ci sta mai troppo volentieri.

Al Giro dello scorso maggio era in gran forma. A Sestola è arrivato con Bernal e Ciccone
Al Giro dello scorso maggio era in gran forma. A Sestola è arrivato con Bernal e Ciccone

Landa bandiera

Landa è a detta di tutti i giornalisti spagnoli, l’unico corridore di casa che abbia ancora la capacità di infiammare il pubblico. Senza dover per forza definirlo l’erede di Contador e con Valverde in calando, il pubblico e gli addetti ai lavori si sono resi conto che Marc Soler ed Enric Mas non sono all’altezza dei desideri. Così, in attesa che arrivi Juan Ayuso (sulle cui spalle il carico delle attese è già smodato), Landa è la bandiera di quel correre all’attacco che tanto piace al pubblico. In più Mikel è basco, il carattere non gli manca.

Come stai?

Sto bene, sono motivato. Non ho la forma migliore, però verrà durante la corsa.

Si parte da Burgos, praticamente vicino casa…

Mi porta fortuna. Ho vinto la Vuelta la scorsa settimana e avrò i miei tifosi. Vedremo se sarò già in grado di lottare dalle prime tappe e se sarò in grado di farlo sino alla fine. L’obiettivo resta sempre quello: salire sul podio. Ma per vari motivi, tra cui soprattutto la sfortuna, quest’anno non ci sono riuscito.

La sfortuna era in agguato: a Cattolica, caduta, 4 costole rotte e anche la clavicola
La sfortuna era in agguato: a Cattolica, caduta, 4 costole rotte e anche la clavicola
Per questo sembri così… cauto?

Vengo da dove vengo, con quattro costole rotte e la clavicola. A forza di prendere simili botte, la fiducia va un po’ giù. Perciò mi limito a dire che vorrei salire sul podio e lottare per qualche tappa. E poi vedremo.

La Bahrain Victorious è una delle squadre rivelazione dell’anno.

E’ un gruppo tutto nuovo. L’anno scorso era cominciato un primo rinnovamento, ma poi a causa del Covid non si è potuto raccogliere troppo. Abbiamo sempre lavorato bene, seguendo criteri rigorosi e vincenti. E adesso che il periodo sfortunato è finito e abbiamo potuto allenarci in modo completo, i risultati sono iniziati a venire.

Ti aspettavi che Aru, secondo alla Vuelta Burgos, avrebbe annunciato il ritiro dopo la Vuelta?

Onestamente no e penso che sia una pena per i suoi tifosi. Lo vedevo tranquillo, peccato. E’ stato un compagno di squadra e di strada, un amico. La sua vita ha preso un cammino diverso.

Ti senti tra i favoriti della Vuelta?

Direi che quello è un ruolo che compete a Roglic e Bernal, per quello che hanno conseguito finora. Io spero di potermi infilare fra loro e giocarmela. Loro possono metterci le gambe e una grande stagione.

E tu?

Io ci metto una grande voglia di fare e di colmare la lacuna di forma. Spero di trovare l’energia per fare tutto questo ed essere nel vivo della corsa.

In percentuale, a che punto sei?

Non saprei dire, bisognerebbe chiederlo al mio preparatore, ma non so se un numero possa descrivere come sto. Spero di arrivare al 100 per cento durante la corsa, per potermela finalmente godere.

Il Team Bahrain Victorious ha vissuto un cambiamento radicale che al secondo anno sta dando i suoi frutti
Il Team Bahrain Victorious ha vissuto un cambiamento radicale che al secondo anno sta dando i suoi frutti

Maglia speciale

Fra le annotazioni, come si può vedere nella foto di apertura, c’è che il Team Bahrain Victorious ha messo da parte il rosso della maglia per rispetto verso il colore della Vuelta e indosserà un kit speciale di Alé, continuazione della maglia Cripto Art NFT, che mira ad aumentare la consapevolezza sull’obesità e i vantaggi dell’attività fisica nel ridurne  i rischi. Per cui sulla maglia compaiono messaggi in tal senso e iniziative legate alla pratica sportiva, i cui dettagli sono ben spiegati nel sito dedicato. Perciò, non resta che partire.

Sagan in Francia: la parola d’ordine sarà divertirsi

13.08.2021
6 min
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Prendi Sagan e arriva il mondo. Jean René Bernaudeau deve averlo pensato quando, ottenuta la firma dello slovacco, si è trovato davanti alla porta di casa anche Daniel Oss e Maciej Bodnar, il direttore sportivo Jan Valach, l’addetto stampa Gabriele Uboldi, le bici Specialized (non solo quelle di Peter, ma la dotazione per tutta la squadra) e l’abbigliamento Sportful. Neanche Amazon avrebbe garantito una consegna così. E poco importa che il Team TotalEnergies non sia una squadra WorldTour. I francesi sono stati fra i primi a mettersi sulle tracce di Peter e il loro progetto è quello che più lo ha convinto. A cominciare dalla richiesta esplicita di divertirsi.

«La cosa più importante – dice Sagan – non è lo stato attuale della squadra, ma cosa ne faremo. Bernaudeau vuole salire di livello e io mi assicurerò di aiutarlo. Anche la Bora quando arrivai era una piccola squadra…».

Bernaudeau ha colto appieno le potenzialità di Sagan e gli ha raccomandato di continuare a divertirsi (foto DirectEnergie)
Bernaudeau ha colto appieno le potenzialità di Sagan e gli ha raccomandato di continuare a divertirsi (foto DirectEnergie)

Una micro azienda

Si capisce subito dalle parole di Bernaudeau che il mondo Sagan sia qualcosa fuori dall’ordinario. I due, ha raccontato Peter, si conobbero casualmente al Tour di tre anni fa, a una festa organizzata dal team francese, con ostriche, barbecue e un buon clima.

«In questo ciclismo moderno ed estenuante, che porta i corridori all’esaurimento – racconta Bernaudeau a L’Equipe – Peter cerca di preservare se stesso. Ha creato intorno a sé una sorta di micro impresa, con persone molto vicine, che gli permette di essere felice. Anche la sua visione del ciclismo è particolare. Quando l’ho incontrato nella sua casa di Monaco, mi ha chiesto quasi intimorito, se potesse partecipare a eventi gravel. “Ma certo!”, gli ho risposto, divertirsi è la chiave per continuare. E’ un nuovo mercato legato all’ecologia, alla mobilità urbana, al piacere che io e lui stiamo cercando. Questo aprirà nuove porte. Certo che sarà autorizzato, a partire dal 2022, a variare il suo calendario e inserire nel suo programma alcuni eventi gravel e mountain bike».

Sagan ha corso le Olimpiadi di Rio 2016: non ci sono solo Van der Poel e Pidcock
Sagan ha corso le Olimpiadi di Rio 2016: non ci sono solo Van der Poel e Pidcock

Bici e divertimento

Più dei soldi, che ovunque fosse andato sarebbero stati garantiti anche dagli sponsor, l’apertura mentale di Bernaudeau ha convinto “Peterone” di aver fatto la scelta giusta.

«Quando Jean René è venuto a trovarmi a Monaco qualche mese fa – racconta – ho capito subito che saremmo andati d’accordo. E’ serio e divertente allo stesso tempo. Mi ha detto: so che i corridori hanno bisogno di divertirsi, devi saperti divertire nel ciclismo oggi, è una delle chiavi del successo. C’è molto lavoro dietro, certo, non mi spaventa. So mettermi in gioco ed essere serio quando necessario, ma questo discorso mi è piaciuto molto. Questa è la prima volta che un manager mi chiede di divertirmi…».

Oss e Sagan, un’amicizia nata dai primi tempi alla Liquigas
Oss e Sagan, un’amicizia nata dai primi tempi alla Liquigas

Pressione crescente

Sono le stesse parole tirate in ballo da Bernal e da Valverde, da Viviani e Aru, Dumoulin e Cavendish. Divertirsi, la sola chiave per sopravvivere allo stress. Lo sport professionistico non si ferma davanti a niente e schiaccia i suoi attori principali senza interrogarsi se in realtà non sarebbe più lungimirante preservarli meglio.

«Il ciclismo – spiega Peter – è cambiato molto negli ultimi anni. La pressione è diventata enorme all’interno delle squadre. E’ uno sport sempre più esigente con un approccio quasi scientifico. Ma soprattutto si è evoluto l’aspetto extra sportivo, non potete immaginare tutto quello che si deve fare oltre ad andare in bici, i piccoli dettagli da affrontare. E poi ci sono gli affari. Fare il corridore è un lavoro a tempo pieno e a volte può essere pesante. Sono stato in questo business abbastanza a lungo da sapere come affrontare tutto questo, ma per i giovani può essere molto difficile psicologicamente. Poi so da me che la la pressione continuerò a mettermela da solo. Ho sopportato molte aspettative da quando sono diventato professionista e continuare a fare al meglio il mio lavoro è parte della mia responsabilità. Raggiungere risultati, premiare l’investimento degli sponsor e la fiducia della squadra…».

Sagan si rialza dalla caduta nella 3ª tappa del Tour: sembra non aver riportato danni, ma si ritira nella 12ª per dolore a un ginocchio
Terza tappa del Tour, Ewan lo tira giù: si ritirerà nella 12ª tappa per dolore a un ginocchio

Classiche e Giri

Nonostante l’apertura per un ciclismo… alternativo, ancora tutto da pianificare, Sagan fa capire chiaramente che la priorità sarà per le corse su strada

«Le classiche, le tappe, le classifiche a punti dei grandi Giri – dice – devo occuparmi di recuperare dal mio infortunio e finire la stagione con la Bora perché ci sono i mondiali e la Parigi-Roubaix in arrivo. Poi continuerò a puntare a ciò per cui sono stato creato. Quando mi sono ritirato dal Tour, il caso ha voluto che la Bora alloggiasse nello stesso hotel della TotalEnergies e così ne ho approfittato per conoscere meglio alcuni dei futuri compagni e tutto il personale.

«Avevo già parlato con Edvald Boasson Hagen di Anthony Turgis, che avevo visto andare forte al Nord. E’ un grande corridore, saremo in grado di fare grandi cose insieme. Sarà tutto una grande scoperta. Ho iniziato in squadre italiane, poi sono passato alla Tinkoff e alla Bora. Nella TotalEnergies ci sono pochi stranieri e soprattutto una forte identità francese. Sarà bello partecipare al Tour in una squadra nazionale. Ne approfitterò anche per imparare finalmente il francese».

Turgis è una delle punte per il Nord, qui contro Van der Poel Alla Dwars Door Vlaanderen del 2019
Turgis è una delle punte per il Nord, qui contro Van der Poel Alla Dwars Door Vlaanderen del 2019

Il Team Peter

Infine un cenno per il Team Peter, la micro impresa di cui parla Bernaudeau, che permette allo slovacco di non perdere i suoi riferimenti e che ben conosciamo da anni.

«Ho iniziato la mia carriera con questi ragazzi, nel 2010 alla Liquigas – dice Peter – e il destino ci ha fatto incontrare alla Bora. Oss e Bodnar sanno come posizionarmi mentre mi avvicino agli sprint. Mi fanno stare meglio. Probabilmente anche alcuni giovani sarebbero in grado di farlo, ma la mia fiducia in Daniel e Maciej è totale e solo il tempo può costruire un rapporto del genere. Alla TotalEnergies arriverà anche Jan Valach, un direttore sportivo che conosco da quando avevo quindici anni. E’ il mio uomo di fiducia, quello con cui parlo prima e dopo ogni gara. Mi ha permesso di vincere tre titoli mondiali, ma è anche uno che mi ha aiutato molto nella mia vita privata, cose che non c’entrano niente con la bici. E’ un amico indispensabile».

Che cosa ci insegna l’annuncio del ritiro di Aru?

12.08.2021
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Forse ha atteso troppo. Oppure forse ha convissuto troppo a lungo con il malessere e si è spezzato. Il Fabio Aru che oggi ha annunciato a mezzo social l’imminente ritiro dalle corse è un uomo più sereno e solido di quello che sgomitava contro se stesso per venire a capo del disagio e un atleta più consapevole e performante di quando sia stato negli ultimi tre anni. E curiosamente ha detto basta al termine della rincorsa, come se abbia voluto dimostrare a se stesso di poter di nuovo lasciare il segno. Poi, di fronte allo stress e alla fatica che ciò comporta, abbia scelto di concentrarsi sulla famiglia.

Dumoulin, prima il ritiro, poi la riflessione e il ritorno. Qui vince i campionati nazionali della crono, sulla via per Tokyo
Dumoulin, prima il ritiro, poi la riflessione e il ritorno. Qui vince i campionati nazionali della crono

Prima Dumoulin

A un certo punto, durante la Vuelta dello scorso anno, anche Tom Dumoulin disse basta. Aveva corso un bel Tour, chiudendo al settimo posto nonostante il lavoro per Roglic. Non era più il corridore che nel 2017 aveva conquistato il Giro d’Italia, ma era pur sempre un riferimento per il gruppo.

«Sento come se mi fossi liberato di una zavorra di cento chili dalle spalle – disse – volevo fare il bene di molte persone. Volevo che la squadra fosse felice di me. Volevo gli sponsor fossero soddisfatti. Volevo che mia moglie e la mia famiglia fossero felici. Quindi volevo fare bene per tutti, ma a causa di questo nell’ultimo anno ho messo da parte me stesso. Ma cosa voglio io? Cosa vuole l’uomo Tom Dumoulin? Cosa voglio fare della mia vita?».

Probabilmente Tom si è fermato in tempo. E al di là che abbia fatto tutto per preparare la crono di Tokyo senza stress, è riuscito a fare ordine nei pensieri. E ora tutti sappiamo come sia finita la storia. L’olandese è tornato al Giro di Svizzera. E schiantando lo scetticismo generale ha conquistato il podio delle Olimpiadi a cronometro, per poi annunciare che tornerà ad essere un ciclista professionista.

Nel 2012 Fabio vince il Val d’Aosta (qui a Tavagnasco) poi passa all’Astana
Nel 2012 Fabio vince il Val d’Aosta (qui a Tavagnasco) poi passa all’Astana

L’analisi di Elisa

Qualche giorno fa Elisa Longo Borghini ha usato parole di una lucidità perfetta: «A volte i giornalisti non si rendono conto, ma te la fanno pesare. Io cerco sempre di guardare a quello che faccio e a non lasciarmi condizionare troppo da quello che viene scritto, ma resta il fatto che se un corridore non va, sente tutto amplificato. Certi giorni ti colpisce anche il commento negativo a bordo strada. Passi un po’ staccata davanti a una casa e senti dire: “Ma quella è la Longo Borghini?”. Ci resti male. Abbiamo una maglia, ma siamo persone».

Quante volte a partire dal 2018 Aru si è sentito fare le stesse domande? E in che modo esse gli hanno scavato nell’anima, come hanno fatto le domande sempre uguali con Viviani nei mesi scorsi e prima ancora con Marco Pantani?

Tour del 2017, Aru parte da Saint Girons in maglia gialla: l’Astana è la sua casa, ma piovono offerte
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La profezia di Vinokourov

Dire oggi che non fosse pronto per lasciare l’ambiente protetto dell’Astana è sin troppo facile, ma le parole di Vinokourov in quel luglio trionfale del 2017 risuonano profetiche ancora oggi.

«Sono convinto di una cosa – disse il kazako – se corrono dietro ai soldi, allora se ne vanno. Ma se Aru vuole vincere, allora deve restare con noi».

Aru ha smesso di essere Fabio al Giro d’Italia del 2018, giusto l’anno dopo, quando qualche goccia di troppo fece traboccare il vaso. Costantemente sotto pressione sin dagli under 23 perché fosse magrissimo (nessuna forzatura, lo ha raccontato lui). In perenne contrapposizione, per volere della stampa, con quella roccia di Nibali, cui apparentemente ogni cosa scivola addosso. Sotto accusa per ogni piazzamento diverso dal podio. Rallentato da guai fisici. La somma di tutto questo e di altro di cui probabilmente non ci siamo neppure accorti ha prodotto il guasto che Dumoulin ha subito individuato e affrontato.

Il Giro del 2018, il primo in UAE, non andò per niente bene
Il Giro del 2018, il primo in UAE, non andò per niente bene

“Testone” sardo

Avrebbe potuto mollare a fine giugno, quando dopo il campionato italiano si è reso conto di non avere il livello per correre il Tour. Invece Fabio è cocciuto, lo è sempre stato. Ha onorato l’impegno con il Team Qhubeka. Ha portato avanti il piacere ritrovato nel cross. Si è rimboccato le maniche. Ha risalito la china. Ha lottato per vincere al Sibiu Cycling Tour ed è arrivato secondo per 36” nella Vuelta a Burgos vinta da Landa (foto di apertura). Ha dimostrato di non essere finito. Poi ha annunciato il ritiro.

«Ho riflettuto a lungo su quale fosse la decisone giusta da prendere, notti insonni, pianti e quant’altro. Ma se devo essere sincero ho imparato ancora di più ad amare il mezzo e lo sport che mi ha portato a raggiungere traguardi che mai avrei immaginato. E oggi nonostante sia qui a comunicarvi questa scelta importante della mia vita, posso gridare a gran voce che amo il ciclismo, amo ancor di più andare in bici, amo allenarmi e non ho nessuna intenzione di lasciarla in garage. Ma come tutti gli inizi c’è sempre una fine. Ora è giunto il momento di godermi un nuovo capitolo della mia vita, accanto alla mia famiglia».

Fabio Aru, Montodino 2020
Nel ciclocross lo scorso inverno ha ritrovato il piacere di… giocare con la bici. Il ritiro è giunto inatteso
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Nel ciclocross lo scorso inverno ha ritrovato il piacere di… giocare con la bici. Il ritiro è giunto inatteso

L’ultima Vuelta

Vivrà la Vuelta come l’ultima sfida o come l’ultimo cancello da saltare prima della libertà? E il suo esempio alla fine insegnerà qualcosa a chi continua a spingere sui corridori (stampa compresa) affinché diano sempre spettacolo, battano record, si rialzino dalle cadute, infiammino folle con numeri da fenomeni e tensioni più logoranti delle stesse salite? E’ possibile che il destino fosse già scritto e che per fare strada serva una solidità psicologica superiore. Eppure segnaliamo con una punta di rammarico come quasi tutti i ragazzi del Novanta siano andati incontro allo stesso destino. Proprio loro, i primi a passare professionisti molto giovani e capaci di grandi risultati sin dai primi anni. Oggi è tutto più veloce, facciamoci una pensata, per evitare che la stessa macchina stritoli altri talenti.

Ciccone, missione leader. Da oggi tutto sulla Vuelta

11.08.2021
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Senza un attimo di sosta dalla vigilia del Giro, passando per la Route d’Occitanie, i campionati italiani, la Sardegna, le Olimpiadi e San Sebastian, Giulio Ciccone ha riempito un’altra valigia ed è partito proprio oggi per la Vuelta España dove sarà leader della Trek-Segafredo. Per la prima volta in carriera. E’ singolare parlare delle vigilie, perché ti danno la misura del coinvolgimento nel progetto.

«Ogni volta che parto con la squadra – dice – sono sempre felice. Mi diverto, è il mio gruppo. Alla partenza per Tokyo c’erano più ansia e tensione. Un altro gruppo. A livello di sensazioni, le Olimpiadi sono state la corsa che ho sentito di più. Forse al livello della partenza del primo Tour de France dal Belgio».

Brambilla dice che avere la fiducia della squadra sarà un’arma in più.

Con Brambilla faccio coppia fissa dai primi tempi. Ha preparato la valigia anche per me? Perché la mia è vuota (ride, ndr). Comunque è davvero bravo ed è vero che è la prima volta che parto da leader, ma la vivrò come le altre esperienze. La gestione della squadra sarà sempre la stessa. Leader o non leader, non serve mettersi altro peso addosso.

Ancora Brambilla dice che è impossibile tenerti fermo, al massimo si può provare a guidarti. Ha parlato del Giro…

L’ultimo Giro è quello che mi ha insegnato di più. La prima volta che mi sono ritrovato in classifica, in cui ho commesso qualche errore e da cui poi sono tornato a casa. Da tutto a niente in un colpo solo. Però è anche vero che tanti attacchi li ho fatti perché non toccava a me fare classifica. Avevo carta bianca.

Quindi alla Vuelta sarà diverso?

Direi di sì, ma ci sarà da capire la situazione. E’ dura stare coperti alla Vuelta, per il percorso e per come corrono. Il terzo giorno ci sarà già l’arrivo in salita, per questo mi piace la Vuelta. Le tappe non sono lunghissime, quindi sarà una corsa esplosiva.

Grande emozione al primo Tour, alla partenza da Bruxelles: Tokyo è stato qualcosa di simile
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Hai studiato il percorso?

Non nei dettagli, ma lo farò. Quello che ho fatto è stato ragionare con il mio preparatore sul tipo di sforzi che andremo a fare, adattando la preparazione. Non ho mai fatto la Vuelta, non conosco le strade, ma lo stesso è bene sapere a cosa si va incontro. E di certo ci arrivo meglio che al Giro, dove la preparazione è stata un po’ rimediata per i problemi della vigilia.

Un pensiero per volta, oppure un occhio agli europei successivi lo dai?

Un pensiero per volta, tutto sulla Vuelta. La stagione è stata super tirata, non ho mai mollato. La Vuelta e poi si tira una linea. Avevo già parlato con Cassani e mi aveva fatto capire che non rientro nei piani per europei e mondiali, che hanno percorsi veloci per le mie caratteristiche. Per cui posso farmi tranquillamente da parte.

Come hai vissuto la situazione di Cassani?

Sono sorpreso per tutto quello che ho letto negli ultimi giorni, perché là sembrava che si andasse tutti d’amore e d’accordo. In corsa siamo stati uniti e Davide era sereno, non ho mai visto comportamenti strani. Nelle riunioni con lui e Amadio non ci sono mai stati punti di attrito. Anche a Tokyo con il presidente nessun problema.

Giro sfortunato, il dolore alla schiena si fa sentire: a Sega di Ala giorno durissimo
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Poi è venuto fuori il discorso del rientro in Italia.

Sapevo che ognuno avesse il suo programma, davvero non sapevo di Davide e quando dovesse tornare. L’unica volta che l’ho visto davvero giù, un paio d’ore in cui non ha parlato con nessuno, è stato dopo la corsa. Ma avevamo tutti il muso lungo. E’ stata una mazzata per tutti, ci credevamo davvero…

Invece parlando di futuro, senza Nibali sarai il leader della Trek per i Giri… Che cosa te ne pare?

Grossi colpi di mercato non ci sono nell’aria, anche se la conferma di Mollema è una bella cosa. Ma mi conoscete, si può fare tutto. Si fa un programma. Si concordano gli obiettivi e poi si lavora. Una cosa per volta, per favore. Adesso mi gioco tutto sulla Vuelta.