Il gigante Lavreysen si mangia la storia dello sprint

24.10.2024
4 min
Salva

Si poteva anche pensare che dopo le tre medaglie d’oro di Parigi (foto di apertura), Harrie Lavreysen sarebbe andato ai mondiali di Ballerup demotivato o quantomeno appagato. Invece il gigante olandese è arrivato, si è guardato intorno e, come sempre sorridendo, ne ha vinte altre tre, diventando l’atleta più vincente nella storia dei mondiali su pista con 16 medaglie d’oro (da elite). Si è portato a casa la velocità olimpica, assieme a Hoogland e Van den Berg. Il chilometro da fermo, per lui una novità, battendo Hoogland. Infine la velocità, precedendo nuovamente Hoogland, che sarà pure suo ottimo amico, ma nell’epoca di Pogacar che li batte tutti, probabilmente si sentirà da tempo come Remco.

Anche a Ballerup tre vittorie: velocità a squadre, velocità e il chilometro. Lavreysen è del 1997, è alto 1,81 e pesa 92 chili
Anche a Ballerup tre vittorie: velocità a squadre, velocità e il chilometro. Lavreysen è del 1997, è alto 1,81 e pesa 92 chili

Dalla BMX alla pista

Lavreysen in pista si diverte, difficilmente lo si vede di cattivo umore. Chissà se in questo suo atteggiamento ha un ruolo la carriera precedente nella BMX. Harrie non è nato nella nobiltà del parquet, lui preferiva la terra, le ruotine scolpite, i salti, il chiasso e le acrobazie. Finché dopo il quarto intervento e l’ennesima lussazione della spalla, il medico pregò i genitori che lo convincessero a cambiare. E a quel punto la pista è diventata la sua casa. Fra parentesi: deve ancora prendersi cura della spalla e dormire in modo che durante il sonno non faccia movimenti strani.

Velocità, orgoglio e sfida: la novità del chilometro è forse la ripicca per l’eliminazione dal keirin. Il palmares è impressionante. Dal 2018 al 2024, ha vinto sei titoli mondiali della velocità, sei nella velocità a squadre, tre nel keirin e uno nel chilometro. Fra i pareri che meglio descrivono la sua capacità di essere potente, veloce e reattivo, quello di Theo Bos apre una finestra interessante.

L’altro olandesone, che in carriera ha vinto 5 titoli mondiali e adesso è il tecnico della Cina, ha usato parole chiare. «Ha un’eccellente genetica – ha detto – e una grande destrezza in bicicletta. Può sviluppare una potenza straordinaria, ma è agile come un corridore su strada».

All’indomani del ritorno dalle Olimpiadi, foto ricordo con Charles Leclerc prima del GP di Olanda (foto Instagram)
All’indomani del ritorno dalle Olimpiadi, foto ricordo con Charles Leclerc prima del GP di Olanda (foto Instagram)

Orgoglio e sfida

Il suo allenatore si chiama Edwin De Vries e rivela che ci sono tanti dettagli che compongono il mosaico di Harrie Lavreysen. La grande potenza, certo, dato che in più di un’occasione ha superato il muro dei 2.000 watt. La sua meticolosità nel tenere nota di tutto, incluso tenere aggiornato un file Excel in cui annota cosa deve fare minuto per minuto.

«La circonferenza della sua coscia misura 68 centimetri – dice De Vries – e questo gli permette di spingere oltre 800 chili sulla pressa. E’ sempre calmo, molto pragmatico, quasi insensibile alla pressione, al punto che non risente dei passaggi a vuoto».

In realtà quelli capitano sempre più raramente. A Ballerup è stato eliminato nel keirin e la vittoria è andata a Kento Yamasaki (i giapponesi hanno vinto la “loro” specialità anche fra le donne con Mina Sato). Harrie avrebbe potuto dire di essere stanco e demotivato, invece ci ha dormito sopra e il giorno dopo, al debutto in un mondiale, ha vinto il chilometro.

Un ragazzo alla buona

Sapete perché ride spesso e non lo si vede (quasi) mai incupito? Perché nonostante sia una star e in Olanda non possa camminare per strada come Pogacar in Slovenia, Lavreysen resta un ragazzo alla buona. Il villaggio in cui è cresciuto, Luyksgestel, è così piccolo da essere stato inglobato dal paese accanto.

Quando è tornato dalle Olimpiadi, Lavreysen è andato prima in visita ufficiale da Sua Maestà, il Re Willem-Alexander Claus George Ferdinand van Oranje-Nassau. Poi però è andato dritto al suo paese. Ha sfilato con i compagni di nazionale sul tetto di un pulmino arancione e poi si è buttato in una festa con migliaia di persone, che ha definito come l’esperienza più bella che abbia mai vissuto. Singolare affermazione, soprattutto fatta da uno che ha appena vinto tre medaglie olimpiche. Gambe, risultati, testa e palmares sono quelli del numero uno. Il cuore però è rimasto quello di sempre.

Il torneo olimpico della Vece, quasi un antipasto

16.08.2024
4 min
Salva

L’aveva sognata con un epilogo diverso, l’Olimpiade di Parigi. Miriam Vece è tornata a casa sentendo in bocca quel sapore amaro di un’occasione perduta, anche se a modo suo ha comunque scritto la storia non solo qualificando per la prima volta un’azzurra ai tornei di velocità, ma raccogliendo punti sufficienti per portare con sé anche una compagna di squadra, Sara Fiorin.

Miriam Vece nel keirin, dove è uscita ai ripescaggi, battuta da Clonan (AUS) e Gaxiola (MEX)
Miriam Vece nel keirin, dove è uscita ai ripescaggi, battuta da Clonan (AUS) e Gaxiola (MEX)

Un’Olimpiade corta

Miriam sperava in una presenza più corposa, in fatto di risultati, invece le sue eliminazioni precoci, peraltro unite ai fuochi d’artificio arrivati dal settore endurance tanto al maschile quanto al femminile, hanno fatto passare le sue prestazioni in secondo piano.

«E’ stata un’Olimpiade lunga per le altre e corta per me – esordisce non senza lasciar trasparire un po’ di amarezza – volevo molto di più, anche se so che sarebbe stato difficile visto il livello delle competizioni. Il fatto che i compagni si siano attirati tutte le attenzioni è normale, visti i loro risultati ma è sempre stato così, la velocità è sempre stata nell’ombra, speriamo che da Los Angeles 2028 ci sia un cambio di tendenza visto il valore dei ragazzi alla guida di Quaranta».

Nello sprint l’azzurra ha ceduto alla neozelandese Fulton dopo essere stata 16esima in qualificazione
Nello sprint l’azzurra ha ceduto alla neozelandese Fulton dopo essere stata 16esima in qualificazione
Ti aspettavi i risultati che sono arrivati nel tuo settore?

Nel complesso non mi hanno sorpreso anche se il fatto che la tedesca Hinze sia uscita già ai sedicesimi ha tolto una pretendente alle medaglie molto presto. I valori comunque erano quelli, le scuole che sono emerse anche.

La doppietta della Andrews è però considerata un sovvertimento dei pronostici…

Non era una sconosciuta: è la campionessa mondiale di keirin e bronzo nello sprint, inoltre ha dominato la Champions League. Nel keirin non avevo dubbi sulla sua vittoria, magari il torneo di velocità poteva risultarle più ostico, ma così non è stato. Non dimentichiamo che è stata anche primatista mondiale juniores nell’inseguimento, significa che ha capacità di resistenza non comuni nella velocità. Poi è una ragazza che mi piace, che non se la tira. Sono stata contenta per lei.

Ellesse Andrews in trionfo. Per lei due ori e l’argento nel team sprint
Ellesse Andrews in trionfo. Per lei due ori e l’argento nel team sprint
Che cosa ti è mancato per avere una rassegna olimpica all’altezza delle tue aspettative?

Fortuna, soprattutto quella. Stavo bene, non mi aspettavo di uscire così presto – sottolinea la Vece – Un po’ gli abbinamenti, un po’ anche l’andamento di alcune gare non sono andate come speravo. Poteva andare diversamente, io comunque sono contenta di tutto il viaggio che mi ha portato a essere a Parigi, oltretutto non da sola ma in compagnia di Sara. Quel che mi è un po’ mancata è stata l’atmosfera del villaggio visto che eravamo in hotel. E’ comunque un’esperienza unica, che auguro a ogni sportivo di vivere almeno una volta nella vita.

E adesso?

Mi sto rilassando giusto qualche giorno, ma poi si ricomincia perché a ottobre ci sono i mondiali, poi già a febbraio si ricomincerà con gli europei. Nel frattempo deciderò che cosa fare, se tirare avanti verso un altro quadriennio olimpico. E’ un investimento importante sulla mia vita, sul quale devo ragionare con attenzione. Io sono intenzionata a continuare perché vedo Parigi come un antipasto: vorrei chiudere con un buon risultato olimpico e vedo che le premesse, nel nostro ambiente, lavorando con Ivan che sta progressivamente cambiando tutta la nostra filosofia mettendola al passo con le altre scuole, ci sono per far bene.

Per Sara Fiorin un’esperienza fondamentale per la sua crescita
Per Sara Fiorin un’esperienza fondamentale per la sua crescita
Quanto conta l’aiuto di Quaranta?

Moltissimo, è fondamentale per il nostro gruppo. Il problema è che ha preso un settore in corsa che era una sorta di tabula rasa, con tutto da costruire per renderlo al passo con i tempi. Quindi andiamo sempre un po’ di rincorsa. Ma io sono ottimista e per quel che mi riguarda devo solo ritrovare la mia miglior forma che a Parigi non c’era.

Velocità su pista, i ragazzi azzurri crescono ancora

17.07.2024
5 min
Salva

Anche se l’appuntamento olimpico bussa alle porte, per i tecnici azzurri della pista c’è anche tanto altro da affrontare. Nella scorsa settimana ad esempio ci sono stati i campionati europei per juniores e under 23, in quella Cottbus che nel secolo scorso era uno dei centri principali dello sport della Germania Est. L’Italia con le sue 20 medaglie complessive di cui 7 d’oro ha colto il terzo posto nel medagliere, alle spalle di britannici e padroni di casa tedeschi, confermando che dietro le punte presenti a Parigi c’è un intero movimento ricco di ricambi. E che va a pescare anche in territori da troppo tempo inesplorati come la velocità.

Ivan Quaranta ha portato a casa, nello specifico settore, titoli e medaglie, ma soprattutto tante indicazioni. Eppure si sente dalla voce che le pur grandi soddisfazioni hanno solo lenito il rammarico per non aver portato il suo giovanissimo gruppo a Parigi.

Il team della velocità con Quaranta e il presidente Fci Dagnoni. Un oro pesante il primo giorno (foto Uec)
Quaranta fra Napolitano e Minuta, nuove entrate nella squadra della velocità U23 (foto Uec)

«Quando ho intrapreso quest’avventura, dopo aver visionato i test dei ragazzi dissi che volevo qualificarli per i Giochi e mi presero per pazzo – racconta il tecnico cremasco – La realtà è che abbiamo sfiorato la qualificazione continuando sempre a crescere, dimostrando che la mia idea non era balzana. Abbiamo una nazionale fortissima, a livello Under 23 ormai non abbiamo avversari e questo l’ho sottolineato ai ragazzi dopo la vittoria nel team sprint: bravi, ma siamo sempre a livello di categoria, gli Elite vanno più forte e lo sanno, sono loro che dovranno battere. E ci riusciranno…».

Lo scorso anno erano arrivato 4 titoli, questa volta oltre a quello del team sprint c’è stato quello di Predomo nel keirin: sei soddisfatto?

Sì perché la nostra squadra di velocità è cambiata per metà. Intanto abbiamo ora Moro e Bianchi che sono Elite, poi abbiamo perso Tugnolo che ha scelto di concentrarsi sul ciclismo su strada, ma intanto sono cresciuti Napolitano e Minuta. La squadra c’è e sta migliorando. Tra l’altro abbiamo vinto su una pista ben diversa da quelle canoniche, un velodromo di 333 metri in cemento, il che significa che nel team sprint c’era un chilometro da fare per l’ultimo componente. Farlo senza riferimenti assoluti non è cosa di tutti i giorni.

Lo sprint vincente di Predomo ai danni del tedesco Hackmann: l’oro nel keirin è suo (foto Uec)
Lo sprint vincente di Predomo ai danni del tedesco Hackmann: l’oro nel keirin è suo (foto Uec)
Da parte sua Predomo continua a faticare nella velocità individuale…

Paga il suo essere un peso leggero che costa tantissimo nella prova di qualificazione, i 200 metri lanciati, dove rispetto a chi può lanciare dalla sommità della curva 90 e passa chili ha un gap non di poco conto. Poi nella batteria può giocarsela, ma chiaramente gli abbinamenti lo penalizzano. Dobbiamo lavorarci, trovare il giusto compromesso perché nella sfida a tu per tu la sua agilità è un punto a favore.

Dietro questa squadra, ora che i migliori juniores dello scorso anno sono passati, che cosa c’è dietro?

Tanto lavoro da fare, soprattutto cercando nelle categorie più piccole, gli esordienti e gli allievi. Il problema è che tanti ragazzini poi si lasciano abbagliare dalle vittorie su strada e decidono di non provarci più. E’ un prezzo che paghiamo alla nostra cultura, difficile da sradicare. Avevo commissionato al centro studi un lavoro statistico sui migliori giovani velocisti degli ultimi 12 anni, quasi tutti si sono ritirati, non hanno proseguito neanche su strada, vittime delle prime delusioni. La generazione dei Predomo, Bianchi, Minuta è la prima che vuole insistere e spero che dietro ne arrivino tanti altri seguendo un po’ quel che sta succedendo fra le donne.

Siria Trevisan, terza nei 500 metri da fermo, un nuovo talento sul quale lavorare (foto Fci)
Siria Trevisan, terza nei 500 metri da fermo, un nuovo talento sul quale lavorare (foto Fci)
Qui infatti si sono registrate delle novità…

Abbiamo vinto il bronzo nel team sprint juniores con Trevisan, Bianchi e Centi e la stessa Trevisan ha chiuso terza nei 500 metri da fermo. La cosa particolare è che sono ragazze al primo anno di categoria che vogliono investire su questa disciplina e che anzi mi hanno contattato loro per entrare nel gruppo. E’ chiaro che sono solo agli inizi, ma il fatto che siano le ragazze stesse a volerci provare, a chiedermi di farlo è un segno positivo e devo dire che lavorare insieme a Miriam Vece, sapendo che andrà alle Olimpiadi è un forte richiamo, perché sanno che potranno farlo anche loro un giorno, se ci credono e lavorano. Si sta innestando un circolo virtuoso, fra le donne come in campo maschile.

Appena tornato dalla Germania hai subito ripreso il lavoro a Montichiari con lo staff di Villa: che atmosfera hai trovato?

Delle migliori, l’approccio ideale verso i Giochi, con i ragazzi concentrati ma allo stesso tempo allegri, scherzosi. Sanno che non sarà per nulla facile rifare quanto avvenuto a Tokyo, ma le possibilità ci sono e questa volta anche per le donne. Io sono convinto che le medaglie sono alla portata, poi è la gara che decide tutto. Le ragazze soprattutto ci stupiranno: sappiamo tutti quel che hanno passato, in particolare la Balsamo, ma posso assicurare che in questi ultimi giorni sta lavorando a livelli superiori a quelli che ci aspettavamo. Villa intanto ha dato a tutti i propri ruoli in base alle caratteristiche, anche per le altre gare e tutte hanno accettato di buon grado le scelte.

Il velodromo di Cottbus è stato invaso di gente nei 6 giorni di gara (foto Uec)
Il velodromo di Cottbus è stato invaso di gente nei 6 giorni di gara (foto Uec)
E per la Vece?

Molto dipenderà dal tempo che farà nei 200 metri lanciati, ma io credo che nella velocità potrà entrare nelle prime 10, poi bisognerà vedere che abbinamenti troverà. Per il keirin sono molto ottimista, nelle sue corde c’è la possibilità di entrare in finale, lo ha già fatto due volte in Coppa del Mondo. Io sono fiducioso, anche perché quando sei in finale tutto è possibile, la storia delle Olimpiadi è piena di esiti contro ogni previsione…

Corsa PRO Speed, pura velocità per sfidare il tempo

09.02.2024
3 min
Salva

Pura velocità al servizio dell’atleta che ha come unico avversario il cronometro. Vittoria presenta Corsa PRO Speed, lo pneumatico progettato specificamente per le prove a cronometro e triathlon. Il risultato di ricerca e sviluppo avvenuto in tre stagioni di analisi in gara ora è disponibile per tutti. Una garanzia di velocità, aderenza e controllo in curva che già ha dimostrato la sua eccellenza con le vittoria di Jonas Vingegaard nella cronometro della tappa numero 16 del Tour de France 2023.

Già vincente

La realizzazione di questo modello deriva da studi approfonditi sul campo. I progettisti Vittoria hanno infatti collaborato con atleti e squadre per creare il miglior prodotto possibile in queste specialità. Tra i tester su Corsa PRO Speed che hanno raccolto fin da subito successi ci sono stati, come detto in apertura, Jonas Vingegaard, Wout van Aert con la vittoria del campionato nazionale a cronometro e Jos van Emden vincitore del campionato nazionale olandese sempre a crono.

«Lo pneumatico Corsa PRO Speed – ha affermato Vanessa ten Hoff, Chief Marketing & Innovation Officer di Vittoria – rappresenta una svolta nel mondo delle gare a cronometro. Comprendiamo le esigenze e le sfide affrontate dagli atleti in questo campo e abbiamo creato uno pneumatico che può davvero migliorare le loro prestazioni. Siamo orgogliosi di lanciare questo prodotto e crediamo che supererà le aspettative dei nostri clienti».

Carcassa in cotone Corespun 320 TPI, leggera e flessibile
Carcassa in cotone Corespun 320 TPI, leggera e flessibile

Ancora più veloce

L’aspetto esterno di questo Corsa PRO Speed nasconde agli occhi tutta la complessità e l’accuratezza ingegneristica che c’è dietro la sua costruzione. Come si può vedere nella sezione della foto precedente, lo pneumatico si presenta come un componente unico che combina la mescola Graphene + Silica, la carcassa in cotone ultra flessibile e un nuovo disegno del battistrada. Il tutto viene vulcanizzato elettricamente per ridurre al minimo la resistenza al rotolamento. Parlando infatti con i numeri alla mano, i test mostrano un miglioramento delle prestazioni di rotolamento del 5%, con un risparmio di peso del 2%.

Ovviamente anche il disegno del battistrada offre soluzioni tecniche studiate per le massime efficienza e stabilità. La distribuzione delle scanalature è stata ottimizzata rispetto a Corsa Speed, con un’area slick centrale più ampia e righe più vicine che garantiscono morbidezza e appoggio sicuro in curva. La carcassa in cotone Corespun 320 TPI, è notevolmente leggera e garantisce flessibilità, velocità e una migliore presa nei cambi di direzione. Il prezzo consultabile sul sito è di 94,95 euro. 

Vittoria

«Il mio amico Sante»: con Vigna, ricordando Gaiardoni

17.12.2023
6 min
Salva

Nel 1959 Milano era piena di prati. «Si poteva andare in bicicletta – ricorda Marino Vigna – io addirittura andavo a fare le volate in Viale Certosa, che adesso non ci passano neppure più i pedoni». In questa città, che aveva nella Torre Brera il grattacielo in cemento armato più alto al mondo e con i suoi 116,5 metri era diventato il simbolo della rinascita dopo la Guerra, in un giorno del 1959 arrivò Sante Gaiardoni, ciclista veneto di vent’anni (foto Repubblica in apertura).

Vigna, a sinistra, con Testa e Arienti: tre del quartetto di Roma. Il quarto, Vallotto, se ne andò nel 1966 per una leucemia
Vigna, a sinistra, con Testa e Arienti: tre del quartetto di Roma. Il quarto, Vallotto, se ne andò nel 1966 per una leucemia

Un veneto a Milano

Il Vigorelli era il centro del mondo, in una città che respirava ciclismo. L’anno precedente proprio nella pista milanese, Ercole Baldini aveva vinto il Giro d’Italia, coprendo con la maglia rosa quella (ideale) di campione olimpico conquistata a Melbourne 1956. Mancava appena un anno ai Giochi di Roma.

«Di Sante Gaiardoni sono stato più che amico – racconta Vigna – iniziai a seguirlo quando arrivò a Milano e corremmo insieme alla Azzini. Aveva vent’anni e anche io, quando vinsi le Olimpiadi, ne avevo 21. Fra noi ci creò subito un bel feeling, mi incaricai di fargli da guida in una città in cui non conosceva nessuno, ma grazie al suo carattere fece presto a riempirsi di amici».

Gaiardoni arrivava da Villafranca di Verona. Era figlio di contadini e straripava di forza fisica. Ai Giochi del Mediterraneo di Beirut vinse l’oro nella velocità e nel chilometro, mettendo in discussione la supremazia di Gasparella.

Campionati del mondo 1963 a Rocourt, Sante Gaiardoni conquista il secondo oro (foto Anefo)
Campionati del mondo 1963 a Rocourt, Sante Gaiardoni conquista il secondo oro (foto Anefo)

Il rione dei ciclisti

Vigna ha da poco compiuto 85 anni, Gaiardoni se ne è andato il 30 novembre a 84. Il ciclismo lo aveva un po’ messo ai margini e di questo era rimasto male. Ma in quei giorni così lontani, alla vecchiaia non si pensava:f il mondo era una torta da mangiare con gioia e avidità.

«Ci ritrovammo a vivere tutti nello stesso rione – ricorda Vigna – c’erano più corridori in quell’angolo di Milano che nel resto della Lombardia. Io abitavo in via Piero della Francesca, a 500 metri c’era Maspes e, allargando il cerchio, anche altri. Eravamo nati e cresciuti in quelle strade, alcuni erano figli di negozianti, altri avevano l’azienda e anche Sante venne ad abitare in zona. Non l’ho mai sentito lamentarsi per la lontananza dal Veneto. Un po’ perché dopo un anno vennero a vivere a Milano anche i genitori e le sorelle. Un po’ perché aveva un carattere gioviale, era sempre allegro. Si fece presto tanti amici, come Manari, che lavorava alla Polizia Stradale…».

Gaiardoni vinse due mondiali della velocità. Qui al secondo posto il grande Antonio Maspes (foto Anefo)

La lunga lista dei P.O.

La Federazione del presidente Rodoni aveva divulgato l’ampia lista dei Probabili Olimpici e dentro c’erano finiti anche Vigna e Gaiardoni. La Azzini era una grande squadra e la curiosità di Marino, mai più risolta, verteva sul perché mai Gaiardoni non avesse scelto di correre con la Padovani, in cui avrebbe trovato Bianchetto e Beghetto: altri due eroi di Roma 1960.

«Eravamo andati a fare la visita a Padova – ricorda ancora Vigna – ma io non avrei mai pensato di poter partecipare alle Olimpiadi. Sante invece era già più forte di me e qualche sicurezza l’aveva, ma neanche tanto a ripensarci, perché Gasparella lo faceva penare. Invece fra il 1959 e l’inizio del 1960 feci davvero un bel salto di qualità e così nel mese di aprile, anche io iniziai a pensarci seriamente. Anche perché la prima volta che al Vigorelli misero contro i quartetti del Veneto e della Lombardia, vinsero loro con il record del mondo. E quando poi facemmo lo spareggio a Roma, vincemmo noi e facemmo ugualmente il record. Per Sante, il fatto di andare alle Olimpiadi nella velocità venne fuori quell’anno. Andammo a Parigi a fare il Grand Prix e lo vinse. Al Vigorelli si faceva il mercoledì dei dilettanti e corremmo un’americana così forte che vincemmo dando un giro a tutti».

Nel 1963, Gaiardoni sposò la celebre cantante Elsa Quarta, che per stare con lui interruppe l’attività (foto FCI)
Nel 1963, Gaiardoni sposò la celebre cantante Elsa Quarta, che per stare con lui interruppe l’attività (foto FCI)

L’oro di Roma

Roma nel 1960 si mostrò bella come mai più in seguito. Il velodromo era un monumento alla velocità e alla bellezza, circondato da pini e realizzato sul progetto di Ligini, che nell’assegnazione aveva preceduto Antonio Nervi, figlio di Pier Luigi.

Il 29 agosto era di lunedì e Vigna corse l’inseguimento a squadre con Arienti, Testa e Vallotto, con il tempo di 4’30”900 che gli valse l’oro. Alle spalle degli azzurri si piazzarono i tedeschi, staccati di 4”380, poi l’Unione Sovietica e la Francia.

Nello stesso giorno, Gaiardoni vinse l’oro della velocità, lasciandosi dietro l’indiano Rimple e l’australiano Baensch. Tre giorni prima aveva già vinto il chilometro da fermo, battendo il tedesco Gieseler e il sovietico Vargashkin.

«Quel lunedì sera – ricorda Vigna – festeggiammo, ma neanche tutti insieme. Erano arrivate le varie società e ci ritrovammo in un bar dell’Eur, lungo lo stradone che porta a Roma. Il giorno dopo invece ci accompagnarono al Villaggio Olimpico e ripartimmo quasi tutti. Sante invece rimase ancora e riuscì a viversi l’atmosfera delle Olimpiadi».

Il velodromo olimpico di Roma è stato demolito nel 2008: era inutilizzato dal 1968 (foto Artribune)
Roma, il velodromo è stato demolito nel 2008. Era inutilizzato dal 1968 (foto Artribune)

Il velodromo demolito

Di quei giorni restano le foto in bianco e nero di ragazzi pieni di sogni. Gli eroi sono tutti giovani e belli, recita la canzone, e anche se gli anni hanno increspato la pelle, nello sguardo di chi resta c’è ancora il lampeggiare di allora.

«Quando demolirono il velodromo di Roma – racconta Vigna – io piansi. Tornai a vederlo prima che lo facessero esplodere. Ricordo che il Comune era riuscito a scongiurarne la demolizione, ma ormai lo avevano minato e preferirono distruggerlo che rischiare di togliere gli esplosivi. Fu un peccato, aveva una foresteria in cui, quando divenni tecnico della pista, tenevo i corsi per direttori sportivi. Con Gaiardoni rimasi sempre in contatto. Venne ad abitare a Buccinasco e aprì il suo negozio. Continuavamo a frequentarci con le famiglie. Aveva tante cose da fare, al punto che un anno decise di candidarsi come sindaco di Milano. Ci credeva, ma vinse la Moratti e lui rimase male perché prese pochi voti. Io nemmeno votavo a Milano, altrimenti avrei potuto appoggiarlo».

Nel 2010 all’EICMA di Milano, Gaiardoni viene premiato con gli altri olimpionici di Roma
Nel 2010 all’EICMA di Milano, Gaiardoni viene premiato con gli altri olimpionici di Roma

Un eroe dimenticato

Quando Sante Gaiardoni se ne è andato, sua figlia Samantha ha chiamato Vigna, chiedendogli di chiamare i giornalisti affinché ricordassero suo padre. Marino fa una pausa. L’amico si era defilato, quando erano insieme quasi mai parlavano di ciclismo, ma di fatto il ciclismo fino a quel momento aveva fatto poco per ricordarlo. La gente quasi non si ricordava più di lui.

«Ebbi questa sensazione e ci rimasi male – racconta – quando lavorando in Bianchi, mi resi conto che nessuno sapeva chi fosse. E allora ho cercato di chiamare qualche amico e sono convinto che sui giornali il ricordo di Sante sia stato fatto bene. Alla fine lo hanno salutato in tanti con begli articoli e sono contento, perché se lo meritava. Sante Gaiardoni è stato un doppio campione olimpico, perderlo è stato un duro colpo. Beppe Conti mi ha invitato in RAI per ricordarlo a Radio Corsa e ci sono andato volentieri. Io sto bene, porto i miei anni e riesco ad essere presente a vari eventi, anche se non vado più troppo lontano. Ad esempio non sono riuscito ad andare a Forlì per ricordare Baldini, troppa strada e in poco tempo. Le cartucce sono sempre meno (sorride, ndr), bisogna usarle con attenzione».

Speedmax CFR Track: la Canyon perfetta per la pista

17.08.2023
3 min
Salva

Canyon toglie il velo dalla sua nuova bicicletta da pista: la Speedmax CFR Track. Si tratta del lavoro coordinato di diverse collaborazioni tra ingegneri, sviluppatori ed i professionisti più veloci al mondo. Il risultato è la bici più veloce prodotta dalla casa tedesca, arrivata dopo due anni ininterrotti di lavoro. In questo periodo si contano 442 prove al supercomputer e 312 analisi in galleria del vento. Per perfezionare la Speedmax CFR Track, inoltre, sono state svolte 155 ore di test in pista. 

La Speedmax CFR Track è stata testata in pista per tante ore dai migliori atleti al mondo
La Speedmax CFR Track è stata testata in pista per tante ore dai migliori atleti al mondo

Tutto conta

La Speedmax ha già portato i suoi atleti a conquistare diversi titoli mondiali: nel triathlon in particolare. Questo perché quando ogni secondo, watt e grammo hanno un peso importante tra successo e vittoria gli atleti si affidano alla Speedmax. 

«Con la Canyon Speedmax CFR Track sapevamo di avere l’opportunità di creare qualcosa di veramente eccezionale – ha dichiarato Daniel Heyder, Team Manager Product Management Road di Canyon – collaudata ai massimi livelli del triathlon, la Speedmax è servita come base perfetta di partenza. Siamo tornati al tavolo da disegno e abbiamo collaborato a lungo con il team di nostri partner per l’aerodinamica: Swiss Side. Per garantire che ogni aspetto di questa bicicletta fosse scolpito per garantire la massima efficienza aerodinamica alle altissime velocità e alle condizioni uniche del velodromo».

ll design e l’aerodinamica della bici permettono di performare al massimo in ogni disciplina
ll design e l’aerodinamica della bici permettono di performare al massimo in ogni disciplina

Al limite

Nel ciclismo su pista tutto deve essere votato alla massima prestazione. Ogni tubo e giunzione della Speedmax CFR Track sono studiati per fendere l’aria in maniera perfetta. Su pista il design delle biciclette è ampiamente maturato fino a raggiungere un livello che rasenta la perfezione, arriva il momento in cui la ricerca del prossimo livello di eccellenza richiede una completa rivisitazione delle regole.

Ai massimi livelli, gli atleti sono perfettamente in sintonia con le loro biciclette, ma le esigenze dei diversi tipi di ciclismo su pista non sono mai state soddisfatte. Grazie alla sua impareggiabile versatilità, la Canyon Speedmax CFR Track è pronta a competere all’apice di qualsiasi disciplina del ciclismo su pista, eliminando così la necessità del cambio di bici. 

Si tratta di un modello progettato in collaborazione con Swiss Side per un’aerodinamica senza pari e che vanta un’enorme rigidità, necessaria per affrontare e gestire le incredibili forze generate all’interno di un velodromo. L’esclusivo cockpit della bicicletta, frutto di un’intensa collaborazione con la rete di collaudatori professionisti di Canyon, mette il ciclista in una posizione super-aerodinamica. 

Canyon

In finale con Bianchi, poi tutti a casa: come sta la velocità?

08.08.2023
6 min
Salva

GLASGOW – «Settimo a 21 anni – dice Matteo Bianchi dopo la finale del chilometro da fermo – è un buon risultato. L’anno scorso i partecipanti erano di un livello inferiore e sono riuscito a portare a casa un secondo posto in qualifica e il quinto in finale. Quest’anno ci sono tutti i migliori: la differenza di esperienza e di maturità si è vista, però centrare la finale era un buon obiettivo e l’ho raggiunta. Siamo tutti molto giovani, io sono il più vecchio e non ho ancora 22 anni. Intorno vedo atleti di 27-28 anni al top della carriera, è normale vederli davanti. Si prende spunto. Che tipo di riscaldamento fanno o che tipo di approccio, anche se poi ci si affida ai preparatori e si seguono le loro indicazioni. Sono soddisfatto anche per aver abbattuto il muro del minuto su una pista non velocissima come Parigi l’anno scorso. Va bene, è la strada giusta».

Bianchi è entrato nella finale del chilometro, abbattendo il muro del minuto in qualifica
Bianchi è entrato nella finale del chilometro, abbattendo il muro del minuto in qualifica

Il bilancio azzurro

Il settimo tempo di Matteo Bianchi nel chilometro da fermo è l’emblema della situazione della velocità azzurra ai mondiali di Glasgow. E anche se da casa qualcuno potrà storcere il naso davanti a risultati non certo da prima pagina, chiederne ragione al responsabile di settore Ivan Quaranta è un modo onesto di inquadrare la scena.

«Questa – dice – è una categoria superiore alla nostra. Siamo partiti da un gruppo di giovani che hanno ben figurato ai campionati europei, vincendo tutto quello che si poteva vincere. Il kerin e il chilometro con Bianchi, abbiamo vinto il team sprint che è l’equivalente dell’inseguimento a squadre e quindi era la specialità più importante perché ci permette di qualificare un atleta per le Olimpiadi. Ogni gara che facciamo, miglioriamo. Qui abbiamo fatto il record italiano proprio nel team sprint e ci siamo classificati all’undicesimo posto a meno di un decimo dall’ottava e arrivare ottavi significava essere qualificati per le Olimpiadi, dato che vanno i primi 8 terzetti. Insomma, il nostro atleta più vecchio è Bianchi che ha 21 anni…».

Quaranta con Miriam Vece: poteva prendere il bronzo nei 500 metri, ma ha avuto un’esitazione in partenza
Quaranta con Miriam Vece: poteva prendere il bronzo nei 500 metri, ma ha avuto un’esitazione in partenza
Ti aspettavi di più o siamo in linea con le attese?

Forse Miriam Vece poteva fare qualcosa di più nei 500 metri, ma ha avuto un attimo di deconcentrazione alla partenza e ha perso 3 decimi sul blocco di partenza. Altrimenti avrebbe fatto più o meno il suo tempo e poteva ambire a una medaglia di bronzo. E poi ha fatto il Keirin, che però non è la disciplina più adatta a lei, perché ha un po’ paura nelle volate e ha fatto un tempo che secondo me non è nelle sue corde, perché a Montichiari in allenamento fa di meglio.

Nel maschile?

Bianchi settimo può essere un buon punto di partenza. Predomo si è già qualificato per la velocità e calcolate che qua si qualificavano 30 corridori in tutto il mondo. Quindi già essere nei top 30 mondiali a 19 anni è una bella cosa. Questo mondiale serviva per fargli fare un po’ di esperienza. Sicuramente sarà di buon auspicio per i prossimi anni. E comunque, non siamo tanto lontani. I tempi dei migliori in questo mondiale pre-olimpico sono gli stessi che fanno da 3-4 anni. Quindi loro sono fermi sugli stessi tempi di eccellenza, mentre noi pian piano ci stiamo avvicinando. Anche questa è una valutazione da fare.

Predomo non è riuscito a superare le qualificazioni dei 200 metri, ma ha solo 19 anni
Predomo non è riuscito a superare le qualificazioni dei 200 metri, ma ha solo 19 anni
La sintesi è che bisogna avere pazienza?

Esattamente. Dopo questa ondata, a livello mondiale dietro ci siamo noi. Siamo noi i campioni europei e del mondo juniores in tutte le discipline. Quindi se la storia dello sport è fatta di cicli, presto verrà il nostro momento.

Cosa si può dire a chi vorrebbe bruciare le tappe?

Si sa che ormai la velocità è diventata una specialità in cui progredisci di pari passo con i pesi che sollevi in palestra. I ragazzi fanno palestra e pista, poi palestra e ancora pista. Qualche volta si allenano anche su strada, ma soprattutto in palestra. Per arrivare ad alzare certi carichi, anche nel sollevamento pesi stesso, servono gli anni. Così pure per arrivare a spingere certi rapporti e andare a certe velocità. Servono gli anni di lavoro, che purtroppo se ne hai 18-19 non puoi aver messo insieme. Serve accumulare tanto volume di lavoro e il tempo in cui riesci a farlo è soggettivo, ma va previsto.

Predomo è passato in un anno da 100 a 190 chili di squat: ha 19 anni, siamo solo agli inizi
Predomo è passato in un anno da 100 a 190 chili di squat: ha 19 anni, siamo solo agli inizi
Ognuno quindi ha i suoi tempi e non vale la pena spingere per arrivarci prima?

Forse possono anche arrivare prima a certi carichi, ma li danneggi. Per esempio, Predomo l’ho conosciuto che sollevava 100 chili di squat, adesso ne solleva 190. Okay che Lavreysen a 26 anni ne solleva 250, ma da 100 a 190 già è un bel salto. Rischi che si fanno male, perché sono giovani e spingono. Più carichi e più spingono, però c’è da fare dei lavori progressivi per tutelare l’atleta.

Stasera Francesco Ceci è in gara nella finale per l’oro nel tandem paralimpico, perché è stato escluso dal giro della nazionale? Non farebbe comodo un atleta di esperienza vicino ai nostri atleti così giovani?

Non so cosa sia successo prima di me. Quando sono arrivato, lui purtroppo non c’era già più. Non so cosa ci sia stato con le Fiamme Azzurre, prima di essere inserito all’interno della Federazione, seguivo anche poco il settore. Ero direttore sportivo della Colpack, seguivo come un appassionato, però non ero dentro e non conoscevo le dinamiche del gruppo. Sicuramente uno che ha fatto tanti anni a livello mondiale, quantomeno avrebbe da trasmettere esperienza e tattica, però non sta a me giudicare quello che è stato fatto prima.

Per Napolitano, Bianchi e Predomo, nuovo record italiano del team sprint: 43″749, 2 decimi meglio del precedente
Per Napolitano, Bianchi e Predomo, nuovo record italiano del team sprint: 43″749, 2 decimi meglio del precedente
Fosse per te lo convocheresti?

Credo che ormai Francesco sia fuori da questo giro. Il regolamento impone di scegliere fra paralimpico o normodotato. Però mai dire mai. Quest’anno si è presentato vincendo l’italiano del chilometro, non è fermo e ha fatto dei tempi che difficilmente faceva prima quando era in attività. Si è presentato in forma, di questo bisogna dargli atto. Adesso ha fatto questa scelta, vedo che si sta anche divertendo. Ho visto che dà consigli a tutti, sono contento per lui.

L’Italia della velocità se ne va da Glasgow con Bianchi entrato nella finale del chilometro da fermo e il settimo posto finale. Predomo uscito subito dai 200 metri. Con Miriam Vece al di sotto delle sue possibilità nei 500 e il record italiano nella velocità olimpica. La strada per Parigi è ancora lunga, ma abbiamo ripreso da poco. Hoogland e Lavreysen sono due divinità gigantesche, noi li abbiamo sfidati con degli under 23. Come andare al Tour contro Vingegaard e Pogacar con gli azzurrini di Amadori. Tutto sommato, pensiamo che sia andata anche bene.

La velocità azzurra vola, ora Quaranta pensa a Glasgow

28.07.2023
5 min
Salva

Nello straricco bilancio degli europei juniores e under 23 di Anadia il settore velocità ha dato un contributo davvero di prim’ordine, basti pensare che nella categoria più grande i ragazzi di Ivan Quaranta hanno fatto bottino pieno, con l’aggiunta dell’oro di Davide Stella nel chilometro da fermo junior e, ciliegina sulla torta, un oro e un bronzo con le pari età.

La partenza del keirin: Beatrice Bertolini andrà a cogliere un oro storico
La partenza del keirin: Beatrice Bertolini andrà a cogliere un oro storico

E’ proprio da questo dato che l’analisi di Quaranta, proiettata anche sui prossimi mondiali, parte perché è qualcosa che solo un anno fa era impensabile.

«In campo femminile il problema del reclutamento è atavico e ben lungi dall’essere risolto – dice – ma proprio per questo risultati del genere non potevano neanche essere sognati quando ho preso in mano il settore. Ho notato però che i risultati conseguiti dai ragazzi lo scorso anno hanno favorito una sorta di passaparola, un po’ di ragazze si sono interessate, si sono avvicinate e cominciamo ad avere un pochino di quantità e anche, come si è visto di qualità».

Come si possono accrescere questi numeri?

E’ difficile, sappiamo bene ad esempio che, se in campo maschile la bmx può essere uno strumento di affiancamento, questa possibilità fra le ragazze non c’è: i numeri in quella specialità sono troppo esigui. Continuiamo a coinvolgere giovanissime stradiste, ma non è semplice perché la rapidissima evoluzione del WorldTour sta portando le ragazze a guardare con interesse alla strada sapendo che può garantire stipendi importanti. Una volta il ciclismo femminile era quasi amatoriale, l’unico modo per guadagnarci era entrare in un corpo militare e la pista era la via per riuscirci. Ora ci sono altre sirene…

Per il team sprint junior donne un bronzo significativo, ma c’è ancora molto da fare
Per il team sprint junior donne un bronzo significativo, ma c’è ancora molto da fare
I risultati di Anadia sono davvero sorprendenti…

C’è uno spirito di emulazione e quei podi serviranno. Abbiamo ad esempio Carola Ratti che ha sposato il progetto, allo stesso modo la Bertolini che ha vinto il keirin e non ricordo sinceramente un’italiana vincere una prova simile da junior, poi la Grassi che ancora è combattuta fra la pista e la strada, ma intanto ci siamo e già a buon livello.

A tal proposito, verrebbe da pensare che tanti risultati così importanti siano frutto anche della concorrenza.

Non è così. Qualitativamente sono stati europei superiori a quelli dello scorso anno e lo dicono i tempi: nella velocità a squadra il tempo dei ragazzi (43”990, nuovo primato italiano assoluto, ndr) è ben 3 decimi inferiore a quello valso l’oro nel 2022. Nella velocità femminile dove siamo arrivate terze, c’erano 5 squadre, lo scorso anno erano 4. Poi ogni anno dipende da chi si presenta, ma il livello era molto buono.

Matteo Bianchi ha dominato sulla pista di Anadia, con 3 titoli fra gli Under 23
Matteo Bianchi ha dominato sulla pista di Anadia, con 3 titoli fra gli Under 23
Venendo ai maschi, la sensazione è che si stia sviluppando anche una certa rivalità fra i nostri ragazzi.

Sì e questo non può fare che bene al movimento. Io ho un gruppo di 6 titolari fra i quali devo scegliere ogni volta 3 o 4 convocati, quindi anche gli allenamenti diventano un terreno di confronto. E da questo derivano i progressi: Minuta ad esempio che pur non era nel terzetto di Anadia ha fatto passi da gigante, ha tolto 3 decimi in un anno che è tantissimo. Predomo nei 200 lanciati viaggia ormai a 9”8, Bianchi ha portato a casa ben 3 medaglie d’oro. Ma più che le medaglie, sono i tempi a dirmi che il nostro gruppo è progredito tantissimo. I ragazzi non erano mai scesi sotto i 44 secondi e lo hanno fatto su una pista che non è di per sé velocissima.

Ora vi aspettano i mondiali…

E’ come andare con una squadra di under 23 a fare il Tour de France dei grandi… Noi partiamo con due obiettivi di base: il primo è far fare ai ragazzi un’esperienza fondamentale, contro i migliori del mondo che hanno anche dieci anni in più. Il secondo è migliorare i nostri tempi, puntare ad esempio nello sprint a squadra a fare il record italiano che potrebbe anche portarci nella top 10 e considerando che a Parigi andranno 8 squadre, significherebbe che non siamo poi così lontani.

Continua imperiosa la crescita di Predomo: nella velocità battuto il forte olandese Van Loon
Continua imperiosa la crescita di Predomo: nella velocità battuto il forte olandese Van Loon
Hai toccato un argomento delicato: le Olimpiadi…

Abbiamo sempre detto che il progetto deve essere orientato verso Los Angeles 2028, queste sono tutte tappe di passaggio, ma ad esempio a Glasgow avremo Predomo nel torneo della velocità ed era dai tempi di Chiappa che non partecipavamo. Ai mondiali saranno in 30, a Parigi in 32, se tanto mi dà tanto… Poi c’è Miriam Vece che al 90% sarà qualificata per i Giochi e da lei mi aspetto anche risultati di qualità. Noi andiamo in Scozia per imparare e dimostrare che ora ci siamo anche noi…

Miriam Vece, da Glasgow a Parigi per entrare nella storia

26.07.2023
6 min
Salva

FIORENZUOLA – «Negli ultimi anni Miriam Vece è stata la portabandiera della velocità. Facciamo pure tutti gli scongiuri possibili ma, ranking alla mano, al 99 per cento è qualificata per Parigi sia nella velocità che nel keirin. E sarebbe un evento storico perché mai nessuna italiana aveva partecipato alle olimpiadi nelle discipline veloci». Così Ivan Quaranta ci introduce la sua conterranea cremasca durante gli appuntamenti pre-mondiale. La rassegna iridata di Glasgow produrrà anche gli ultimi posti a cinque cerchi per la pista.

E Miriam Vece come vive tutto questo momento? Staccare un biglietto per Parigi 2024 è un traguardo importante sia per lei che per tutto il movimento. Ogni volta che incontriamo Quaranta non si può fare a meno di constatare quanto la velocità italiana sia cresciuta rispetto all’ultima volta. La 26enne di Romanengo è nel pieno della maturazione psicofisica. E’ nella fase ideale in cui contemporaneamente può crescere ancora per raggiungere risultati di rilievo ed essere un riferimento per le più giovani. Ne abbiamo parlato con lei.

Miriam quanto è cambiata la velocità da quando eri junior?

Tanto, tra materiale e voglia di fare. Otto anni fa avevo anche la scuola e la maturità a cui pensare quindi non riuscivo a dedicarmi totalmente alla bici. Ora con tecnologia e attrezzature nuove ci sono tanti secondi che ballano nelle discipline veloci. Poi bisogna considerare un aspetto mentale. Era un’altra epoca per noi velocisti. Non avevamo tanti appoggi, eravamo quasi isolati, ti allenavi da solo. Ora c’è Ivan che ci aiuta, è un mondo completamente diverso. Siamo un gruppo di ragazzi giovani che ha tante motivazioni.

Come ti trovi con loro?

Molto bene. Sono la più anziana, se così possiamo dire, visto che il più vecchio di loro ha 21 anni (ride, ndr). Vanno più veloce di me e per me sono un grande stimolo in allenamento, visto che sono spesso l’unica ragazza del gruppo. In pista cerco di seguirli e fare molte cose con loro. Rispetto a prima, penso che avere questo tipo di gruppo sia la differenza principale, poi a mio avviso ci va a ruota tutto il resto. Essere più serena di testa fa bene alla mia attività. Io sto bene con loro e ci tengo. I miei compagni hanno fiducia in me così come Marco e Ivan (rispettivamente il cittì Villa e Quaranta, ndr) che mi hanno supportata nei momenti più difficili come il mondiale dell’anno scorso dove è stato tutto in salita.

A certificare la tua considerazione internazionale ci sono state le partecipazioni anche alla UCI Track Champions League. Che effetto fa rappresentare l’Italia nella velocità?

Quello è un evento certamente spettacolare e di grande visibilità però faccio un discorso un po’ più ampio. Sono convinta che, se non nei prossimi due anni, per Los Angeles 2028 il nostro gruppo di giovani crescerà e riuscirà a far vedere che c’è anche l’Italia. Ora i ragazzi si scontrano con atleti forti ed esperti come Lavreysen o Hoogland. Però se continuiamo a lavorare così sono sicura che anche alla Champions League ci saranno più italiani nella velocità.

Miriam Vece correrà i mondiali di Glasgow per ottenere la certezza definitiva di essere a Parigi 2024
Miriam Vece correrà i mondiali di Glasgow per ottenere la certezza definitiva di essere a Parigi 2024
A proposito di grandi eventi, alle prossime olimpiadi ci sarai anche tu e non sarà una partecipazione qualunque per i nostri colori…

Se dovessimo chiudere oggi il ranking sarei dentro a Parigi ma come vedi sto toccando ferro (ride mentre con una mano è attaccata ad una transenna sciogliendo le gambe sui rulli, ndr). Battute a parte, sarò la prima donna italiana a partecipare nelle discipline veloci e sono orgogliosa. Riflettevo che è strano come una nazione come la nostra non abbia avuto nessuna atleta prima di me in una competizione così importante. Manca ancora un anno, incrocio le dita ma sto lavorando sodo per quell’obiettivo. Prima però c’è ancora Glasgow in cui voglio fare molto bene, uno step in più e in funzione di Parigi.

A che punto è la velocità italiana?

Sta crescendo e lo vedete anche voi. Per me è una questione di orgoglio sapere di avere compagne giovani come Beatrice e Carola (rispettivamente Bertolini e Ratti, ndr) che ambiscono a fare ciò che ho fatto io. Mi chiedono consigli, si ispirano a me, addirittura mi hanno chiesto di fare il team sprint con loro agli italiani. Vi dirò che spero che possa essere il primo di tanti da fare con le junior. Piuttosto, un problema potrebbe essere un altro…

Quale?

Parto dal mio caso personale ma vale per tutti. Nel mio piccolo ho raccolto risultati importanti ma in Italia, come sempre, si sa poco (sorride, ndr). Prima anche le discipline endurance erano poco seguite poi è arrivato l’oro di Elia a Rio 2016 e quello del quartetto a Tokyo. Anche a noi della velocità manca la medaglia del colore più bello per far capire a tutti il nostro valore. Già al mondiale ne basterebbe comunque una. Quello che facciamo non è da meno di quello che fanno gli altri. E’ vero che partire quasi da zero non ha aiutato a far parlare di noi, in termini di risultati. Con una medaglia qualcosa potrebbe cambiare ed utilizzo il condizionale apposta. L’anno scorso i ragazzi sono stati protagonisti agli europei U23. Bianchi ha vinto l’oro nel keirin davanti a Napolitano e nel chilometro. Hanno vinto il bronzo nel team sprint. Eppure siamo sempre lì, nessuno ne parla come dovrebbe o se lo ricorda.

Europei 2022, Miriam conquista il bronzo nei 500 metri
Europei 2022, Miriam conquista il bronzo nei 500 metri
Per la velocista Miriam Vece possono coesistere pista e strada?

Da junior penso che si possa fare velocità in pista e strada, dove magari non sei un fenomeno. Quando poi passi di categoria bisogna prendere una decisione. La scelta giusta forse non esiste. Devi fare quello che ti piace e devi essere realista con te stessa. Non bisogna impuntarsi come vedo in alcune ragazze che faticano su strada e la velocità non gli piace. Su strada si prendono più soldi ma il mondo della pista sta cambiando. La visibilità internazionale sta cambiando. La Champions League di cui parlavamo prima dà trentamila euro al vincitore, ad esempio. Di sicuro i corpi militari possono aiutare questo sviluppo con l’apertura di nuovi concorsi. Siamo partiti da poco ma loro stessi stanno vedendo che anche per noi ci sono già speranze per andare a Parigi e ancora di più per le prossime olimpiadi. E questo farà molto bene al nostro movimento.