Tanta attenzione non se l’aspettava, non ne ha mai avuta intorno. Simone Petilli, dopo il nono posto (primo degli italiani) alla Strade Bianche è tornato nella sua Colico per ricaricare le batterie, ma in questi giorni il telefono ha continuato a squillare. D’altronde la classica toscana sullo sterrato non è mai stata prodiga di soddisfazioni per i colori italiani e anche un’entrata nella Top 10 ha un valore, considerando anche i campioni che ogni anno la compongono.
Questo piazzamento non è stato però un caso e questo Simone ci tiene a sottolinearlo: «Certamente non me l’aspettavo, ma intanto abbiamo interpretato la gara tutti noi della Intermarché Wanty Gobert nella maniera che ci è più congeniale, attaccando sempre. Poi sono stato anche fortunato, ad esempio evitando la grande caduta, ma è grazie alle mie gambe che mi sono ritrovato davanti, questo è sicuro»
Simone Petilli è professionista dal 2014. Alla Strade Bianche era stato 44° nel 2019 e 91° lo scorso annoSimone Petilli è professionista dal 2014. Alla Strade Bianche era stato 44° nel 2019 e 91° lo scorso anno
Quante volte avevi già corso la Strade Bianche?
Questa era la terza, ma devo dire che mi ci sono sempre trovato bene. Lo scorso anno sono anche andato in fuga. E’ una corsa diversa da tutte le altre, una delle più difficili ma anche delle più intense, nella quale tutto deve girare dritto per ottenere il risultato.
C’è un segreto per riuscire a centrare l’obiettivo?
Non devi mai mollare, perché è tutta un inseguimento, è come se fosse una gara a eliminazione. Bisogna sempre essere vigili e controllare come si evolve la corsa, per questo qui un piazzamento è così importante.
Parlando di una gara con un percorso così particolare, verrebbe da pensare che ci siano i prodromi per far bene anche alla Parigi-Roubaix…
Io non l’ho mai fatta, ma da quel che so ci sono molte differenze. Alla Strade Bianche ci sono comunque 3.500 metri di dislivello, emerge chi è molto leggero e ha un buon passo da scalatore. Alla Roubaix si pedala in pianura ma su terreno sconnesso come il pavé, per questo emergono sempre corridori di potenza. Per me la gara toscana è più vicina a quelle delle Ardenne o al Lombardia.
Il corridore di Bellano (LC) era stato protagonista alla Vuelta 2021, con tutta la sua squadraIl corridore di Bellano (LC) era stato protagonista alla Vuelta 2021, con tutta la sua squadra
Non è un caso quindi se Pogacar sia emerso in queste classiche…
Non è scontato che possa far bene anche sulle pietre. Un giorno correrà anche quella e magari ci stupirà tutti, ma da osservatore posso dire che mi incuriosisce molto la sua presenza al Fiandre, quella è una gara più vicina come caratteristiche alla Strade Bianche.
Veniamo a te: che cosa farai ora?
Volta a Catalunya e Giro di Sicilia sono nei miei programmi, poi preparerò il Giro d’Italia dove tutta la squadra conta di far bene, soprattutto ora che è arrivato Pozzovivo.
Parliamo proprio di Domenico: vi conoscevate?
Avevamo parlato qualche volta, ma quando ho saputo che aveva firmato sono stato contentissimo e l’ho subito contattato tramite social. Era entusiasta, e io con lui. Abbiamo già corso insieme al Laigueglia e alla Strade Bianche e ci siamo subito trovati in sintonia.
Considerate le vostre caratteristiche, tu avrai molto da fare la suo fianco al Giro.
Sì e non vedo l’ora. All’ultima Vuelta ho visto che posso davvero fare bene in appoggio al capitano di turno nelle tappe di salita e con Domenico sarà un piacere fargli da spalla. Io credo che anche tecnicamente possiamo lavorare bene insieme.
Il suo arrivo secondo te quanto influisce sulle caratteristiche del team?
Non più di tanto. La filosofia di base resta, è quella che Valerio Piva ha introdotto lo scorso anno, noi non abbiamo il grande campione che deve vincere la classifica o la classica, dobbiamo correre alla garibaldina e inventarci sempre qualcosa per sovvertire i pronostici. Guardate ad esempio quel che è successo all’ultimo Trofeo Laigueglia: la fuga da lontano che ha deciso la corsa l’abbiamo lanciata noi…
Pozzovivo alla Tirreno-Adriatico, tappa per preparare un grande Giro d’ItaliaPozzovivo alla Tirreno-Adriatico, tappa per preparare un grande Giro d’Italia
Con Pozzovivo la Intermarché diventa sempre più italiana…
E questo mi fa molto piacere, non perché mi trovi male con gli altri, anzi, ma con Rota, Pasqualon, ora Domenico c’è un bel gruppo, c’è feeling, poi Piva ha impostato la squadra con una struttura molto tradizionale e i risultati si vedono. Certamente ora con Pozzovivo guarderemo alla classifica, ma senza farci assillare.
Tu per tuo conto che cosa ti aspetti?
Non ho traguardi particolari ai quali ambisco, anche se nel profondo del cuore un successo di tappa al Giro d’Italia dopo una fuga sarebbe il compimento di un’intera carriera. Quel che voglio comunque è semplicemente continuare a emergere, a fare bene come nello scorso anno e in questo avvio di stagione, essere utile alla squadra sapendo che ogni volta può essere la mia giornata. E’ questo il bello della Intermarché: tutti hanno spazio, l’occasione può capitare per ognuno e dobbiamo essere pronti e bravi a coglierla.
Dì la verità: come stavi domenica dopo la gara?
Sfinito… Ma è proprio questo il bello della Strade Bianche, infatti avevo già voglia di rifarla. Ci vediamo nel 2023…
“Pozzo” è un corridore importante e non ha nascosto la sua voglia di fare classifica nella corsa rosa. Dove potrà arrivare dunque? Cosa può dargli la squadra? Per adesso sta correndo alla Tirreno-Adriatico.E lo scorso giorno lo abbiamo visto alla Strade Bianche, con la bici da crono già pronta in caso di ritiro. Cosa più che plausibile su un percorso del genere per uno scalatore super puro come lui. Il lucano non voleva perdere neanche un secondo di allenamento.
Valerio Piva (classe 1958) è alla Intermarché Wanty Gobert dal 2021Valerio Piva (classe 1958) è alla Intermarché Wanty Gobert dal 2021
Valerio, come cambiano i vostri piani con l’arrivo di Pozzovivo?
Cambiano in meglio! Abbiamo un corridore che è un leader e lo sarà anche al Giro. Lui e Lorenzo Rota proveranno a fare classifica. Quello di Domenico è un inserimento importante. E’ un tipo di corridore che non avevamo e va a completare il nostro organico. Ci può dare una grossa mano, può fare risultato e, cosa molto importante, ha grande esperienza.
E quale potrebbe essere un obiettivo concreto al Giro?
Una top 10 nella generale credo possa essere alla portata e un buon obiettivo per noi.
Cambierà il vostro modo di correre?
Credo proprio di no! Le caratteristiche della nostra squadra sono quelle di cercare una vittoria di tappa. Di certo non posso sacrificare tutti i giorni, tutti gli uomini per ottenere un decimo posto. E questo Domenico lo sa bene. Con lui, come ho detto, ma anche con Rota e Girmay possiamo fare bene, cercare qualche tappa. Certamente Pozzovivo sarà sostenuto dal team, ma bisogna anche essere realisti: non abbiamo Pogacar che vince quasi certamente il Giro e gli si mette a disposizione l’intero team. E poi dipenderà anche dagli avversari, da come si muoveranno, dalla corsa…
Come sta andando il suo inserimento?
Ci stiamo conoscendo adesso. Sono quattro giorni in pratica che ce l’ho sottomano. Però “Pozzo” è un vero professionista. Ha passato un inverno anomalo perché si è allenato come se avesse una squadra pur senza contratto. Non ha mai mollato. Ha fatto i suoi ritiri, l’altura. E infatti si è presentato in buone condizioni.
Per Pozzovivo sarà il 16° Giro d’Italia…
Piva si aspetta molto anche da Girmay. L’eritreo sarà una delle punte al Giro
Secondo il diesse lombardo in questa stagione si vedrà il salto di qualità di Rota
Per Pozzovivo sarà il 16° Giro d’Italia…
Piva si aspetta molto anche da Girmay. L’eritreo sarà una delle punte al Giro
Secondo il diesse lombardo in questa stagione si vedrà il salto di qualità di Rota
Anche se qualcuno aveva già più giorni di corsa nelle gambe…
Sì, ma stava bene. Non era così indietro. Certo, su alcune cose ancora doveva trovare il feeling giusto. Per esempio la bici da crono l’ha usata una sola volta prima di Camaiore. E di certo non è stata la sua miglior crono della carriera. Ma è stato fatto tutto così all’ultimo minuto e di fretta che ci sarà tempo per sistemare le cose. Però è motivato e anche ieri mi ha detto di aver avuto buone sensazioni in corsa.
E con Rota in particolare come va?
E’ la prima corsa che fanno da compagni di squadra. Non credo si conoscessero molto. Ma non penso che tra loro ci saranno problemi, almeno da quello che ho visto. Domenico sa bene come ci si comporta in un team nuovo… Noi non abbiamo un solo leader. Da noi tutti hanno le possibilità. Se ci sarà da dare una mano la darà anche Pozzovivo, così come Rota,
No, no, ma noi intendevamo il contrario: quanto l’esperienza di Pozzovivo potrà essere una risorsa per Lorenzo…
Ah, di sicuro tanto. Lorenzo non ha ancora fatto tutto quello che ha fatto Domenico. Lo potrà aiutare nel suo percorso. Uno serio come lui ha molto da insegnare, a Lorenzo come a tutta la Intermarché.
A proposito di serietà, sappiamo che Domenico ama avere tutto sotto controllo. Vi ha chiesto di vedere qualche tappa?
Ah beh… non credo che Pozzovivo debba vedere ancora qualche tappa o qualche salita: a parte quelle in Ungheria ormai le conosce tutte! Se ci sarà la possibilità, e lui vorrà vedere qualcosa in particolare, cercheremo di accontentarlo. Ma vediamo. Abbiamo una riunione tecnica sul Giro proprio prima della Sanremo. Poi lui tornerà anche in altura. E’ tutto in divenire. Intanto vediamo come va questa Tirreno, è qui che ha iniziato davvero con me.
Forti critiche sulla lunga tappa piatta prevista nel prossimo Giro. Per alcuni è stata definita improponibile al giorno di oggi. Ma i corridori cosa dicono?
L’episodio di Pozzovivo che parte dall’Italia per andare a Charleroi a recuperare la nuova bici, raccontato nei giorni scorsi dal suo agente Scimone, è ancora più colorito di quanto fosse sembrato in un primo momento.
«Ero a metà ritiro sull’Etna – racconta Domenico – e grazie a Piva, che stava andando in Oman, sono riuscito a organizzare di prendere la bici. Sarei voluto partire da Catania, ma non c’erano voli. Così ho guidato fino a Palermo. Sono andato in Belgio. L’ho presa e sono tornato in Sicilia per continuare ad allenarmi. Metà ritiro con la BMC del 2021, metà sulla Cube con cui correrò quest’anno».
La squadra con Pozzovivo è arrivata a quota 32 atleti. Dopo Kristoff, l’italiano è il più rappresentativoLa squadra con Pozzovivo è arrivata a quota 32 atleti. Dopo Kristoff, l’italiano è il più rappresentativo
Due ritiri in 7 giorni
In uno scambio di messaggi alla vigilia della Ruta del Sol con la Intermarche-Wanty-Gobert, Domenico aveva scherzato dicendo di essere piuttosto indaffarato nel fare in pochi giorni quello che normalmente si fa in due training camp e che se la sarebbe cavata con l’esperienza. E da qui cominciamo. Domenico è al volante, di rientro verso Morcote in Svizzera dove vive. Un asceta della bici e una gran brava persona, misto di passione e serietà.
Il debutto con la nuova squadra è andato, con l’ottavo posto nel giorno della vittoria di Covi e una caduta l’indomani (terza tappa) nei pressi del traguardo di Otura che gli ha portato qualche abrasione.
Per Pozzovivo, prima corsa con tanto morale e un elenco ben chiaro di cose da farePer Pozzovivo, prima corsa con tanto morale e un elenco ben chiaro di cose da fare
Sei riuscito a fare quel che avresti fatto in due ritiri?
Nel mio caso (ride, ndr) ne sarebbero serviti tre. Si può capire che non ho ancora la posizione ideale. Non sono mai stato di quei corridori che vanno in giro con le chiavi in tasca facendo i vari aggiustamenti, invece questa volta l’ho fatto per mettermi a posto il più rapidamente possibile. Ho provato diversi set-up, ma ancora non ci sono arrivato. La gara è stata la verifica per capire se ho fatto tutto nel modo giusto. E poi mi sono dato una dead line nella Tirreno-Adriatico. Fino a lì ci arriverò come meglio posso, poi faremo qualche approfondimento.
Andare in Belgio è stato davvero necessario, insomma…
L’alternativa sarebbe stata avere la bici il giorno prima della corsa. Io la notte dormo sereno, ma quella è una prospettiva che non mi tranquillizzava molto.
A proposito di dormire tranquillo, ci riuscivi anche non avendo squadra ad anno ampiamente iniziato?
Ho sempre dormito. Mi ero fissato l’obiettivo di essere in condizione il primo febbraio. L’esperienza precedente più simile era stata la firma a fine 2019, dove eravamo arrivati al 27 dicembre, perciò quando abbiamo passato quella data, ho iniziato a preoccuparmi. Avrei raggiunto la condizione. Avrei fatto qualche salita a tutta. E poi avrei smesso.
Al Giro dell’Emilia 2021, Pozzovivo è arrivato 14°. Ha chiuso la stagione una settimana dopo al LombardiaAl Giro dell’Emilia 2021, Pozzovivo è arrivato 14°. Ha chiuso la stagione al Lombardia
In serenità?
Con un bel fastidio, perché sapevo che c’erano tante squadre con vuoti in organico in cui avrei potuto benissimo trovare posto. Mi avrebbero potuto prendere ai saldi di fine stagione, ma è vera la battuta sul fatto che avevo trovato squadra quando ero zoppo e stentavo a credere di non riuscirci ora. Quando nel 2019 firmai con la NTT, ancora non camminavo.
E’ vero che i giovani fortissimi oggi in gruppo ti spingono a superare i tuoi limiti?
Mi spostano i numeri. Prima raggiungevo un certo standard e valutavo che bastasse. Adesso il livello è più alto e non posso più accontentarmi. Potreste chiedermi perché non lo facessi anche prima e in effetti qualche rimpianto potrei averlo, ma è anche vero che qualche anno fa non c’erano le stesse tecnologie e le stesse metodiche di allenamento.
Arrivare in condizione al primo febbraio significa essere in anticipo?
Rispetto agli ultimi due anni, sicuramente. Rispetto a quando debuttavo in Australia, non proprio. L’incidente mi ha lasciato degli strascichi. Se lavoro bene arrivo al 100 per cento, altrimenti sono all’80. Non riesco più a stare intorno al 90 per cento. Quindi ho doppia scelta: essere al top o soffrire troppo. L’anno scorso ho sofferto troppo e non volevo ripassarci.
Pozzovivo trova ad attenderlo altri tre italiani: Petilli, Rota e PasqualonPozzovivo trova ad attenderlo altri tre italiani: Petilli, Rota e Pasqualon
Come ti trovi in squadra?
Sentivo tanto parlare di clima familiare e mi pare che sia vero. C’è parecchia Italia e c’è anche competenza. Quello che mi dispiace è non aver preso parte ai ritiri e di conseguenza i programmi sono stati fatti senza prevedere me. Sarò io a dovermi adattare ai piani e al clima della squadra, ad esempio per il Giro. Se ci fossimo allenati insieme, conoscerei le caratteristiche dei miei compagni e oggi ci sarebbero altre sintonie. Anche questo fa parte del dover recuperare.
Il gruppo Giro?
La firma del contratto è stata legata agli obiettivi. E a parte Louis Meintjes, la squadra non ha altri corridori da corse a tappe, per cui il Giro sarà la mia stella polare e ho chiesto di aggiungerci la Vuelta. La motivazione ad andare avanti è stata proprio il ritiro dall’ultima edizione, dopo la tappa di San Giacomo. Mi sentivo bene, andare via e non cercare riscatto sarebbe stato come lasciare il libro a metà.
L’adrenalina del pericolo scampato ti spingerà a dare di più?
Devo dire che sul piano dell’impegno (sorride, ndr) ho pochi margini. Il fatto di aver cambiato squadra e di dover gestire questa situazione sono uno stimolo per uscire dalla routine e sicuramente daranno qualcosa in più.
Crono di Torino al Giro 2021, Pozzovivo fra gli scalatori andati meglio: 31″ da GannaCrono di Torino al Giro 2021, Pozzovivo fra gli scalatori andati meglio: 31″ da Ganna
Davvero credevi che la Qhubeka sarebbe ripartita?
Eravamo in contatto con Ryder Douglas e lui ci trasmetteva fiducia. Per cui quando a novembre è uscito l’elenco dei team WorldTour e noi non c’eravamo, è stato un fulmine a ciel sereno. Ricordo bene. Così come ricordo il momento in cui Raimondo mi ha detto che era fatta con la Intermarché. Ero sul Teide, quel posto porta bene. Ero lassù anche a fine dicembre 2019 quando arrivò la NTT.
Quindi quali sono i prossimi passi?
Sul fronte delle corse, il programma prevede Laigueglia, al 99,9 per cento la Tirreno-Adriatico, un altro periodo in altura, il Giro di Sicilia, Freccia, Liegi e Giro d’Italia. Non farò il Tour of the Alps perché la squadra è al completo, ma ho sempre detto che mi sarebbe piaciuto andare in Sicilia e ci andrò.
Quali altri fronti ci sono oltre alle corse?
Quello dei materiali. Il fitting dell’abbigliamento con Nalini, che per me non è banale, incluso il body da crono. E poi sempreper la crono dovrò prendere la bicicletta. Credo che il modello nuovo uscirà per il Tour, per cui al Giro dovremmo avere quella del 2021. Mi prenderò il tempo che serve dopo la Tirreno per trovare tutte le soluzioni più giuste. Dopo il buon livello raggiunto l’anno scorso, voglio raggiungere uno standard ugualmente soddisfacente.
Dopo aver comunicato ai primi di dicembre la partnership con il Team DSM, nei giorni scorsi Moa Sport ha ufficializzato la collaborazione con un altro team WorldTour. Si tratta della Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux al secondo anno nel massimo circuito del ciclismo mondiale che vestirà completi firmati Nalini.
Nalini, un brand di riferimento
Jean-François Boulart, general manager della formazione belga, non ha nascosto la sua soddisfazione per il nuovo partner tecnico.
«Sono lieto di questa nuova partnership – ha detto – Moa Sport, di cui il marchio Nalini è punta di diamante, è un punto di riferimento iconico nel mondo del ciclismo. Ha già vestito e continua a vestire molti grandi campioni. Condividiamo gli stessi valori non solo professionali e siamo mossi dal desiderio costante di migliorare. I loro designer – ha aggiunto – hanno disegnato per noi un outfit elegante ed essenziale, mantenendo i colori che consentono a Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux di distinguersi in gara. Aspetto solo di vederli per la prima volta in azione!».
Andrea Pasqualon è uno dei tre corridori italiani del team Intermarchè Wanty insieme a Lorenzo Rota e Simone Petilli Pasqualon è uno dei tre italiani del team insieme a Rota e Petilli
La nuova divisa
La nuova divisa conferma i colori tradizionali che hanno reso facilmente riconoscibile in gruppo i corridori del team belga. Le maniche di colore giallo fluo e blu navy si fondono perfettamente con il bianco che domina il busto. Qui troviamo gli sponsor principali che danno il nome alla squadra: Intermarché, Wanty e Gobert Matériaux. Sempre sul busto ecco apparire una novità per la stagione 2022. Si tratta della Vini Zabù, realtà italiana da quest’anno sponsor del team.
Restando alla maglia, nella parte alta ecco i loghi dei partner tecnici della stagione 2022: Cube, DMT, Force e naturalmente Nalini il cui logo è presente anche sul retro della maglia e sui pantaloncini.
Dal momento che in squadra sono presenti anche diversi campioni nazionali, le maglie del norvegese Sven Erik Bystrøm, del sudafricano Louis Meintjes, dell’ungherese Barnabás Peák e dell’estone Rein Taaramäe, richiamano i titoli nazionali conquistati in carriera. La divisa di Alexander Kristoff presenta invece un richiamo al titolo di campione europeo conquistato ad Herning nel 2017.
La foto ufficiale di presentazione della nuova divisa firmata da Nalini Presentazione della nuova divisa firmata da Nalini
Legati al territorio
La Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux è ambasciatrice della Regione Vallone il cui logo è presente sulla maglia e sui pantaloncini. Quello del legame con la propria terra è un aspetto che ha voluto rimarcare Claudio Mantovani, titolare di Moa Sport.
«Iniziamo con entusiasmo – ha detto – questa partnership con la squadra Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux. Un team che è cresciuto molto negli ultimi anni, pur mantenendo un forte legame con il territorio. E’ una realtà importantissima del ciclismo e questa fedeltà alle proprie origini, alle radici, ci trova assolutamente in linea nei principi e negli sforzi che anche la nostra azienda porta avanti in maniera concreta. Nalini produce infatti quasi totalmente ancora in Italia, rappresentando una realtà lavorativa di primaria importanza. Ci auguriamo che questo sodalizio, che ci vede così simili e vicini nei valori, sia fruttuoso per noi e per il ciclismo in generale».
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert, quella che sta per iniziare sarà la sua seconda stagionePiva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert dal 2021
Tanta Italia
Nalini andrà a vestire una formazione che presenta al suo interno una forte matrice italiana. Nella Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux ricopre con successo il ruolo di direttore sportivo Valerio Piva. Sono italiani alcuni atleti della squadra. Si tratta di Andrea Pasqualon, Lorenzo Rota e Simone Petilli. Con loro l’obiettivo è di ripetere quanto fatto di buono nel 2021 a partire dalla vittoria di tappa al Giro d’Italia ottenuta da Taco Van der Horn.
Il 2021 da poco concluso è stato segnato da un numero importante di ritiri, 34 nel WorldTour e 32 fra le professional. Fra loro anche qualche nome importante e uno non poteva passare inosservato, per quanto ha fatto ma soprattutto per quanto poteva fare: TejayVan Garderen.
Americano di Tacoma, classe 1988, Van Garderen ha navigato nel mondo professionistico per 13 anni. Nel complesso ha portato a casa 16 vittorie, qualcuna anche di un certo peso, ma la sensazione è che sia rimasto un talento inespresso, un coacervo di occasioni perdute e ora che il corridore a stelle e strisce è passato dall’altra parte della… barricata (è diesse alla EF Education First) c’è da chiedersi che cosa gli sia mancato.
Valerio Piva ha guidato in due riprese Van Garderen e lo conosce beneValerio Piva ha guidato in due riprese Van Garderen
Valerio Piva lo conosce bene: «Ho condiviso con lui il suo approdo al professionismo alla HTC High Road. Proveniva dalla RabobankContinental e poi ben 5 anni alla Bmc. Quando è passato professionista si è visto subito che aveva del talento. Nel 2010, al primo anno nel WorldTour, fu 2° al Giro di Turchia e soprattutto 3° al Delfinato e questo fece pensare che potesse essere un corridore ideale per dare la caccia al Tour de France. Per questo la Bmc lo ingaggiò per cifre molto importanti, volevano puntare su di lui».
Quando lo ritrovasti dopo qualche anno, era un Van Garderen diverso?
Chiaramente sì, quando l’avevo lasciato era un giovane inesperto, lo ritrovai maturo, affermato, ma alcune cose non erano cambiate. Tejay è sempre stato un ragazzo introverso, un po’ timido e credo che questo abbia influenzato per tutta la sua carriera. Magari ora come diesse riuscirà a tirar fuori alcuni lati inespressi, quando l’ho incontrato all’ultima Vuelta ho visto un uomo pronto al nuovo incarico. Tornando a quando lo ritrovai, era un corridore sul quale c’erano aspettative elevate. Praticamente la squadra poggiava su di lui…
Van Garderen si mise in luce al Delfinato 2010, finendo terzo dietro Brajkovic (al centro) e ContadorVan Garderen si mise in luce al Delfinato 2010: 3° dietro Brajkovic e Contador
Questo alla fine è pesato su di lui?
Credo di sì. Ogni anno si lavorava per portarlo al massimo della forma per il Tour nella convinzione che fosse uomo da podio. Otteneva buoni risultati, ma mancava sempre qualcosa. Io sono convinto che, se dal punto di vista tecnico era molto talentuoso, caratterialmente non reggeva l’urto, né della squadra né dei media.
Analizzando la sua carriera emerge in particolare come nei grandi Giri abbia sempre avuto un rendimento in calo, soprattutto nell’ultima settimana…
E’ vero, conferma quel che ho detto. Jim Ochowitz aveva creduto molto in lui identificandolo come l’americano che poteva risollevare il ciclismo a stelle e strisce dopo Armstrong e questa responsabilità lo ha schiacciato. Preparava il Tour con scrupolo, la squadra lo supportava al meglio, venivano studiati i percorsi, ma poi il meccanismo s’inceppava e questo avveniva ogni anno. Ho provato anche a consigliargli di non puntare sempre e solo sul Tour, di guardare al Giro o alla Vuelta, ma poi le cose hanno dimostrato che anche lì non andava.
Ottimo cronoman, al Tour 2012 l’americano si è aggiudicato la classifica dei giovaniOttimo cronoman, al Tour 2012 l’americano si è aggiudicato la classifica dei giovani
Van Garderen era un passista, ma sapeva emergere anche in salita. Il calo era solo psicologico?
In gran parte, non del tutto. Van Garderen è sempre stato molto attento all’alimentazione, sapeva che rispetto ai migliori scalatori aveva qualche chilogrammo in più ed era ossessionato dal perderli. Questo alla fine gli presentava il conto in termini di energie a disposizione. Avrebbe dovuto capire che doveva privilegiare le sue qualità. Io credo ad esempio che sul passo sia stato un grande, come cronoman era davvero uno dei migliori al mondo.
Secondo te non sarebbe stato meglio, viste le sue caratteristiche, puntare più su corse a tappe medio-brevi?
Sì, a conti fatti. Nei primi anni in BMC ad esempio faceva bene perché Cadel Evans convogliava su di sé tutte le attenzioni e lui poteva esprimersi al meglio. Era un corridore che in giornata poteva staccare in salita anche grandi scalatori, a dispetto di quella presunta “zavorra”. Io penso infatti che il Van Garderen dei primi anni non lo abbiamo visto più. Negli ultimi anni provammo a ricreare la situazione degli inizi affiancandogli Porte, ma non funzionò.
Lo sprint vincente su Mikel Landa a Ortisei nel 2017. Van Garderen finì quel Giro al 20° postoLo sprint vincente su Mikel Landa a Ortisei nel 2017. Van Garderen finì quel Giro al 20° posto
Qual è stata la giornata più bella che avete condiviso?
Per me la tappa al Giro d’Italia del 2017, con arrivo a Ortisei, dove batté Landa nello sprint a due. Era partito per far classifica, ma era saltato per aria. Era molto demoralizzato, ma noi tutti cercammo di sostenerlo, ricordo in particolare Quinziato e Ventoso che lo incitavano, gli dicevano di tirarsi su, magari anche con un bicchiere di vino a tavola alla sera, per motivarlo e lo stesso fece Sciandri come diesse.Quel giorno rinacque, si capì che il suo problema era più di testa che fisico.
Che diesse può essere?
Competente innanzitutto, molto professionale, posato e intelligente. Gli auguro tutto il meglio, magari con la sua esperienza riesce a tirare fuori dagli altri quello che non ha potuto fare per sé. Ci ritroveremo sulle strade del mondo.
La Intermarchè-Wanty Gobert è stata la “Cenerentola” del WorldTour in questa stagione 2021. Entrata quasi in punta di piedi, la squadra belga si è saputa difendere alla grande… tra le grandi. E una certa fetta di merito è sicuramente anche di Valerio Piva, diesse di lungo corso.
Piva era stato in squadre di livello mondiale come la T-Mobile e la BMC e ha saputo mettere la sua esperienza al servizio anche di questo “giovane” team.
Primo ritiro della stagione in Spagna sotto gli occhi di Valerio Piva (Petilli in primo piano)Primo ritiro della stagione in Spagna sotto gli occhi di Valerio Piva (Petilli in primo piano)
Valerio, archiviate un buon 2021…
Siamo contenti, se mi avessero detto ad inizio stagione che sarebbe andata così ci avrei messo la firma. Chiaramente non è stato facile ma ci abbiamo creduto. E dire che l’inizio non è stato buonissimo.
Perché?
Soprattutto nelle classiche delle pietre ci aspettavamo qualcosa di più. Le cose sono iniziate ad andare meglio dalle Ardenne in poi e al Giro d’Italia è definitivamente cambiata la fisionomia del gruppo e della stagione. La vittoria di Taco Van der Hoorn ha inciso molto. Da lì in poi, e soprattutto a fine stagione, siamo sempre stati presenti e protagonisti.
Cosa non ha funzionato nelle classiche delle pietre?
Non abbiamo raccolto quello che speravamo. Non che volessimo vincere il Fiandre e la Roubaix, ma volevamo far vedere di più. Essere più protagonisti, entrare in qualche fuga importante. Poi chiaramente siamo consapevoli che non avevamo le qualità umane ed atletiche per poter primeggiare. Il nostro leader era Thomas De Gendt che ha avuto qualche problema alla Tirreno. E lo stesso Danny Van Poppel ci ha messo un bel po’ a riprendersi. Potevamo avere più fortuna nella prima classica, l’Het Nieuwsblad: ne avevamo quattro in fuga e ci aspettavamo una buona volata da Pasqualon, ma una caduta ha compromesso tutto e abbiamo perso un’ottima occasione per partire con il piede giusto… Insomma, tra malattie e sfortune non abbiamo raccolto molto all’inizio.
Liegi: Rota (a destra) transita in testa alla Redoute con Huys
Paqualon (a sinistra) e Rota sono due dei corridori più importanti e attesi anche per la prossima stagione
Liegi: Rota (a destra) transita in testa alla Redoute con Huys
Paqualon (a sinistra) e Rota sono due dei corridori più importanti e attesi anche per la prossima stagione
Però nelle Ardenne già è andata meglio…
Abbiamo fatto un’ottima Freccia con Quinten Hermans. E siamo stati protagonisti alla Liegi con Vliegen e Rota. Noi sappiamo che per essere nel vivo dobbiamo anticipare, anche se penso che il prossimo anno con Rota possiamo iniziare a giocarcela diversamente. Lorenzo ha dimostrato di esserci. A San Sebastian sarebbe arrivato coi primi se non gli fosse caduto davanti Honorè. E anche alla Tre Valli Varesine è andato molto bene. Io mi aspetto tanto da lui nella prossima stagione.
Hai detto che al Giro è cambiato il vento. Come mai? Avete aggiustato il tiro voi direttori o è stato un qualcosa che è venuto da solo?
No, ci abbiamo lavorato. Sin dall’inizio della stagione abbiamo posto degli obiettivi ed abbiamo parlato con i corridori. Per esempio alla vigilia della Freccia del Brabante, mentre era in ritiro in altura, mi ha chiamato proprio Taco. Mi chiese cosa ne pensassi di lui al Giro. Io gli dissi che non avevamo un leader per la classifica generale. E che una volta aiutati Pasqualon e Minali per le volate avremmo dovuto anticipare, attaccare. E in questo lui è stato molto serio. In passato già avevo corso così con altri team. Avevamo visto bene le tappe dove poter fare qualcosa. Vincere alla terza frazione ti salva e ti rende tranquillo per il resto della corsa. Infatti poi tutti hanno provato e i ragazzi hanno corso con lo spirito giusto.
E si è visto, avete corso con cognizione di causa, non siete venuti in Italia a “portare a spasso” la bici…
Sono occasioni che noi non possiamo lasciarci sfuggire. Non abbiamo l’uomo di classifica e neanche il velocista che poteva vincere. Magari quest’anno con Thijssen e qualche altro giovane cambierà qualcosa e potremmo correre per vincere le volate. Così come con Kristoff avremo qualche opportunità in più nelle classiche. Le correremo in un altro modo o quanto meno con altre gerarchie.
Van der Hoorn in fuga resiste al ritorno del gruppo e trionfa a Canale
Il belga non ci crede: ha vinto una tappa il Giro d’Italia
Van der Hoorn in fuga resiste al ritorno del gruppo e trionfa a Canale
Il belga non ci crede: ha vinto una tappa il Giro d’Italia
Valerio, portaci nel metodo Wanty. Avete dei preparatori vostri o lasciate fare ai corridori? Come vi organizzate?
Abbiamo un gruppo di allenatori già buono, che è stato anche potenziato. Il nostro capo performance è AikeVisbeek, l’ex diesse di Dumoulin quando l’olandese vinse il Giro d’Italia. È lui che fa i programmi dei ragazzi. Chiaramente ci riuniamo tutti quanti. Già per questa stagione ci siamo incontrati tre volte. E a breve riprenderemo il tutto nel ritiro di gennaio. C’è Frederik Veuchelen, ex corridore della Wanty. C’è Ioannis Tamouridis, un greco che lavorava alla Seg. In più ci appoggiamo ad un gruppo tra Belgio e Olanda che si chiama Cycling Lab. Poi qualche ragazzo ha l’allenatore personale ma noi chiediamo a tutti i nostri atleti di utilizzare Training Peaks, così che possano essere sempre controllati dai nostri preparatori. Per il resto ogni direttore sportivo ha i suoi 6-7 corridori di riferimento. Abbiamo una nutrizionista che fa parte dell’università di Gand. Siamo andati in galleria del vento e in pista per migliorare posizioni e materiali.
Tutto questo lo facevate anche in passato o da questa stagione?
Da questa stagione, da quando siamo diventati una WorldTour. Chiaro che essendo arrivato tutto di colpo non si poteva fare tutto insieme. Abbiamo iniziato con le cose indispensabili e man mano stiamo facendo sempre qualcosa di più. Per esempio lo scorso anno abbiamo fatto dei ritiri solo in alcuni momenti chiave della stagione, quest’anno cercheremo di farne qualcuno in più. Dobbiamo utilizzare al meglio il budget che abbiamo a disposizione che non è certo lo stesso di Ineos, UAE o Jumbo.
Cosa ti aspetti dal 2022? Sarai contento se…
Ah, ah – ride Piva – Sarò contento se faremo meglio di quest’anno! L’obiettivo, con 18-20 squadre, è quello di restare nel WorldTour. Noi la licenza l’abbiamo acquistata dalla CCC, ma vogliamo mantenerla. E dal prossimo anno per mantenerla bisognerà fare i punti per restare in classifica. Quest’anno siamo stati quattordicesimi, ma per restare nel WorldTour contano i punteggi degli ultimi tre anni, pertanto bisognerà fare ancora meglio.
Wanty protagonista anche alla Vuelta. Per Taaramae una tappa e due giorni di maglia rojaWanty protagonista anche alla Vuelta. Per Taaramae una tappa e due giorni di maglia roja
Una sfida non facile…
No, non è facile ma con Kristoff qualche ambizione in più ce l’abbiamo. Come ripeto, da Rota mi aspetto molto. E c’è Ghirmay. Lui può essere la sorpresa del prossimo anno, è già arrivato secondo al mondiale, ha vinto e ci crediamo molto. Per me è un talento.
La Wanty ha riscosso molta simpatia in Italia per il modo con cui ha interpretato il Giro. E per voi in squadra è stata una sorpresa la corsa rosa?
Vi dico questo, il Belgio è forse la nazione numero uno al mondo per il ciclismo. Lo è per i team, ha tre WorldTour, ma anche per i tifosi. Qui ogni giorno c’è il ciclismo alla TV. Per esempio mentre sto parlando con voi stanno dando un cross. Quindi su una squadra come la nostra c’è molta attesa. Il Giro è molto seguito in Belgio, non dico come il Tour, che te lo danno dalla sera alla mattina, ma neanche è il “brutto anatroccolo”. Non potevamo non essere pronti. Per quel che riguarda l’Italia c’è sempre molto interesse. Pensiamo al cibo, ai vini, alla moda… e poi al Giro ha vinto Merckx in passato. Tra Italia e Belgio c’è un legame stretto.
«Io – aggiunge Piva – Al prossimo Giro ci sarò. Da italiano ci metto del mio per far sì che la squadra possa andare forte».
La stagione della squadra belga potrebbe essere descritta con due colori, il rosa e il rosso, quelli della maglia di leader di Giro d’Italia e Vuelta Espana. Sì, perché se ci sono due corse in cui tutti ricordiamo l’Intermarché sono proprio queste due, la splendida vittoria di Taco Van Der Hoorn al Giro e di Rein Taaramae alla Vuelta. Quest’ultima ha messo in luce il team di Piva, che sta ancora indossando l’ambitissima maglia rossa, quella del leader della classifica generale.
Ci facciamo raccontare da Valerio Piva, direttore sportivo italiano voluto dal team al momento di salire nel WorldTour, i sogni e le ambizioni di questi ragazzi che si sono ritrovati catapultati nel mondo dei grandi e non hanno intenzione di svegliarsi. Lo intercettiamo durante la Vuelta, tirando le somme di tappe vissute a cento all’ora.
Come sta andando questa 76ª Vuelta, al netto della sfortunata caduta di Taaramae che gli ha portato via la maglia rossa?
Bene, le cadute fanno parte nel ciclismo, dispiace perché Rein era in maglia rossa. L’avremmo magari persa i giorni successivi ma faceva un gran piacere indossarla e con la grande impresa di Odd Christian Eiking ce la siamo ripresa, ma va sottolineato anche Riccardo Minali che si sta mettendo in mostra nelle volate, per lui tre piazzamenti nei primi dieci.
Rein Taaramae in maglia roja: una Vuelta da incorniciare, annunciata dal terzo posto al Tour de SavoieRein Taaramae in maglia roja: una Vuelta da incorniciare, annunciata dal terzo posto al Tour de Savoie
Quali saranno gli obiettivi delle prossime due settimane?
Due principalmente, tenere Eiking nei primi (e magari per il norvegese anche qualcosa in più) e dare il giusto supporto a Minali per provare ad imporsi in uno sprint, la condizione di Riccardo c’è, i risultati arriveranno.
Quando è nato il nuovo progetto Intermarché-Wanty-Gobert?
L’anno scorso, il manger della Wanty ha comprato la licenza World Tour dalla CCC ed è partita questa nuova avventura, io ero libero, mi hanno contattato ed ho subito accettato la sfida.
Com’è stata composta la squadra?
Molti corridori c’erano già dalle passate stagioni, quando il team era Continental, gli altri invece sono stati presi tardi, tra ottobre e novembre. Si sa, in quel periodo non ci sono molti atleti liberi ma sono soddisfatto di quanto fatto, possiamo solo migliorare.
In che ambito?
Tutti, essendo nata “tardi”, ai limiti dell’inizio della stagione in corso; le cose sono state fatte un po’ frettolosamente e con quel che ci si aveva a disposizione nell’immediato.
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert da quest’annoValerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert da quest’anno
Allora su cosa avete puntato per fare bene subito?
Sugli allenamenti e sulla preparazione, abbiamo incontrato i corridori uno ad uno (sono 28) e abbiamo deciso insieme il programma di corsa. Causa Covid il ritiro di dicembre è saltato un po’ per tutte le squadre, quindi si è lavorato alla cieca. Sapevamo però che l’obiettivo per la stagione sarebbe stato mettersi in mostra in tutte le corse e così abbiamo fatto finora.
Direi quasi oltre ogni aspettativa…
Questo ci deve dare fiducia per il futuro, il progetto Intermarché è a lungo termine, siamo una World Tour “povera” e dobbiamo essere attenti in ogni investimento che facciamo, anche perché non c’è modo di rimediare poi.
Vi siete messi bene in mostra, Giro e Vuelta sono la punta dell’iceberg, avete impressionato anche nelle gare del Nord. E poi se Lorenzo Rota non fosse caduto….
La caduta di Rota a San Sebastian brucia ancora, avessimo vinto sarebbe stato anche il primo trionfo in una classica World Tour. La sua gara è un esempio di come stiamo andando nella giusta direzione, Lorenzo poi è tanto timido, deve imparare a credere in se stesso, le potenzialità ha dimostrato di averle.
Lorenzo Rota, quarto e sfortunatissimo alla Clasica di San Sebastian: senza la caduta poteva vincereLorenzo Rota, quarto e sfortunatissimo alla Clasica di San Sebastian: senza la caduta poteva vincere
A proposito, c’è un bel po’ di Italia in squadra…
Sì, ci sono quattro atleti azzurri, due erano già qui come Andrea Pasqualon e Simone Petilli. Gli altri due (Lorenzo Rota e Roberto Minali, ndr) sono arrivati dopo, nel parlare con loro mi sono piaciuti e abbiamo deciso di aggregarli.
Cosa si prova ad essere un Davide contro i tanti Golia?
La sfida è intrigante, il modo di lavorare e di investire il capitale messo a disposizione deve essere metodico e ponderato. Anche i nuovi corridori che arriveranno saranno valutati accuratamente, sicuramente non possiamo fare una squadra troppo giovane. Nel World Tour devi fare punti per rimanere nel giro e non puoi affidarti completamente ai ragazzini, dovremo puntare anche su ciclisti esperti, le incognite sono tante.
Avete già qualche idea su quali corridori cercare?
Abbiamo 28 atleti, il minimo per affrontare in modo competitivo il calendario WorldTour. Purtroppo ci sono 8-9 ragazzi che non sono pronti per correre a questi livelli e ciò ha costretto qualche corridore a fare gli straordinari. Uno dei focus sarà avere 28-30 corridori validi che possono essere competitivi nelle gare WorldTour anche perché c’è un limite di giorni di gara imposto dall’UCI.
Per Riccardo Minali una Vuelta positiva, manca solo la ciliegina della vittoria…Per Riccardo Minali una Vuelta positiva, manca solo la ciliegina della vittoria…
A quanto ammonta questo limite?
Il massimo per un corridore è di 85 giorni, una volta accumulati l’atleta si deve fermare. Conta che in media un ciclista accumula tra i 70 e gli 80 giorni di corsa, un giovane, invece, ne fa solamente 50 altrimenti lo bruci.
Quindi dovrete essere bravi a bilanciare la squadra tra esperti e giovani…
E’ la cosa più difficile, i giovani poi ora sono ancora più ambiti, si è abbassata molto l’età in cui si cercano nuove promesse. Si parla ormai di giovani di talento a 16 anni, questo rende ancora più complicato il nostro lavoro perché più scendi di età, più le possibilità di prendere un granchio aumentano.
In che senso?
Un corridore di 16-17 anni magari va forte perché si è già sviluppato e vince tutte le gare, poi a 19 anni anche gli altri si sviluppano e lui non vince più. Sono tutti alla ricerca dei nuovi Evenepoel, ma non tutti sono come lui.
Insomma, un progetto ambizioso che punta a crescere anno dopo anno.
Assolutamente, siamo molto fiduciosi di poter far bene, bisogna essere ambiziosi ma con i piedi ben saldi per terra, pensiamo a fare bene corsa dopo corsa.
Il 2021 va in archivio con i suoi risultati incredibili. Ma uscendo dall'ovvio, ecco 3 sorprese positive e 3 delusioni su cui ragionare prima dell'inverno
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Quando l’avete conosciuto Cavendish? Se siete arrivati al ciclismo di recente, davanti alle nuove vittorie potreste avere qualche curiosità o peggio ancora dei dubbi. Se nel ciclismo ci siete da più tempo, allora magari ricordate quel ragazzino tondetto che nel 2007 sbarcò su strada dopo grandi successi in pista, che nel 2008 iniziò il suo personale viaggio nel Tour e l’anno successivo vinse la Sanremo.
Pochi sorrisi nel 2020 con la Bahrain-Merida: non è più lui. Il viaggio è alla fine?Pochi sorrisi nel 2020 con la Bahrain-Merida: non è più lui. Il viaggio è alla fine?
Guida italiana
Lo guidava Valerio Piva, che più di altri capì il modo di seguirlo, dosando bastone e carota, facendo in modo che dai suoi occhi non se ne andasse la fiamma rabbiosa e istintiva d’ogni volta che mirava un traguardo. Il primo Tour inaugurò il grande palmares, ma soprattutto gli cambiò la pelle. Prese il velocista abituato alle mischie solitarie dei velodromi e lo trasformò nel finalizzatore del treno vincente.
«Il fatto di aver sofferto ogni giorno per arrivare a Parigi – disse Piva – lo ha asciugato ed ha evidenziato l’ottimo recupero. La sua grande forza è la rabbia di quando si mette in testa qualcosa. Al Tour ha imparato a stare a ruota e a fidarsi dei passisti della squadra. Se è motivato, sa soffrire e anche se fa una fatica bestiale, non molla di certo».
Dopo le 4 vittorie al Tour del 2008, arrivano le 6 del 2009: il treno Htc è inarrestabile. Il viaggio è iniziatoDopo le 4 vittorie al Tour del 2008, arrivano le 6 del 2009: il treno Htc è inarrestabile. Il viaggio è iniziato
La sua storia
Quello che vi proponiamo è un viaggio per sunto in alcuni momenti del Cavendish-cammino attraverso il ciclismo, attraverso il momenti e le sue frasi. Affinché si capisca che l’atleta abulico e demotivato degli ultimi anni non fosse lui e abbia pagato piuttosto il fatto di non essere al centro di un progetto. Un po’ come accadde nei giorni del Team Sky, quando gli venne anteposto Wiggins e non gli restò che andarsene.
Sono 5 le vittorie del 2010 al Tour. Seguono anche 4 alla VueltaSono 5 le vittorie del 2010 al Tour. Seguono anche 4 alla Vuelta
Volate da dietro
Quando nel 2008 parlava di cosa sia una volata, Mark aveva 23 anni e viveva in Italia, portato e supportato da Max Sciandi, in quel fantastico progetto che fu la base italiana della nazionale britannica.
«La volata – diceva – è un fatto di centesimi, un battito di ciglia. Quando mi alleno, faccio degli sprint molto più lunghi. Ma quando mi trovo a fronteggiare uomini potenti come Bennati, uscire all’ultimo è una necessità e uno spasso. Non potrei farlo prima, perché non ho la loro potenza. Esco alla fine perché sfrutto la scia. La pista mi ha dato il colpo d’occhio e l’agilità che servono. In quei momenti non si pensa. Però ricordo ogni sprint al rallentatore. Vedo il punto in cui parto, il momento in cui vengo chiuso, il perché non vinco».
Pista docet
«Sono sempre molto motivato e non sento stress, anche se può essere pericoloso. Vorrei dire a chi mi accusa di essere incosciente, che noi pistard sappiamo calcolare tutto in modo molto più veloce. Ci sta anche che venga una caduta, ma il più delle volte non è colpa nostra. L’anno scorso ero nessuno, poi ho cominciato ad allenarmi sul serio ed ho avuto una squadra tutta dedicata a me. Puoi essere il velocista più forte del mondo, ma se non hai dei compagni che ti tengono al coperto sino al finale, non vai da nessuna parte. Se ho un treno, io non perdo».
Sulla via per i Giochi di Rio 2016, vince con Wiggins a Londra il mondiale madisonSulla via per i Giochi di Rio 2016, vince con Wiggins a Londra il mondiale madison
Lampo a Sanremo
Nel 2009 vinse dunque la Sanremo, di cui aveva sentito parlare senza averne mai potuto annusare il profumo. Fu Piva a decidere che fosse pronto per debuttare. E lui vinse e fece la storia. Sul traguardo, dettaglio già visto in questi giorni al Tour, scoppiò a piangere.
«Perché piango? Perché ho conquistato un monumento. Altre due volte in vita mia mi era capitato di piangere per una vittoria. Nel 2005, a Los Angeles, quando ho vinto il primo mondiale dell’americana a diciannove anni. L’anno scorso al Tour, a Chateauroux, quando ho vinto la mia prima tappa: ma mi trattenni e piansi in camera da solo. Nessuno pensava che potessi tenere su questa salite. Ma il punto alla Sanremo non è chi sia il miglior scalatore, ma chi sia il più veloce dopo averle lasciate indietro. Alla fine io avevo le gambe per sprintare. Zabel (che in quella Htc Highroad era una figura di riferimento per i velocisti ed è con lui nella foto di apertura, ndr) mi ha regalato il braccialetto che aveva al polso quando vinse la prima Sanremo e credo che non me lo toglierò finché campo…».
Lo stress del velocista
«La gente pensa che il velocista stia lì seduto tutto il giorno ad aspettare la volata, nessuno si rende conto di quanto stress ci sia nel finalizzare in duecento metri un giorno di lavoro di tutta la squadra. Mi sono allenato su dislivelli da scalatore, ma non volevo perdere la velocità di gambe che mi viene dalla pista. Non è solo un fatto di soldi e fama, è utile alla mia carriera. Forse senza la pista non avrei potuto vincere la Sanremo e questi sono dettagli che non si possono trascurare. Mi piace vincere in pista, mi piacciono le tappe e mi piacciono le classiche. La differenza è che se vinci solo tappe, sei un grande sprinter. Se invece vinci una classica sei un grande corridore. Ho vinto la Sanremo, sono un grande corridore».
Sul traguardo della Classicissima 2009 batte così Thor Hushovd. Ha 23 anni ed è già nella storia del ciclismoSul traguardo della Classicissima 2009 batte così Thor Hushovd. Ha 23 anni ed è già nella storia del ciclismo
Troppi rischi?
Poi forse da un lato cominciò a pensare di poter fare in volata quel che voleva. Mentre gli altri, stufi di essere infilati, cominciarono a dire che alcune vittorie derivassero da condotte non sempre corrette. In qualche caso avevano ragione, in altri fu soltanto il pretesto per minarne la sicurezza.
«Sono consapevole che se non sono al massimo – ammise all’inizio del 2011 – divento nervoso, impreciso, rischio troppo. Il 2010 è stato il miglior momento di apprendimento della mia vita professionale. Ed è valsa la pena mangiare tanto fango, se questo impedirà che le stesse cose accadano ancora. La mia personalità la criticheranno sempre, ma l’anno scorso hanno messo in dubbio anche la mia capacità di andare in bici e questo mi ha fatto infuriare. Voglio un altro 2009, quando la gente non criticava il mio modo di correre e nessuno si sognava di dire che fossi un pericolo. Perciò adesso butto giù qualche chilo e poi vediamo. Se sto bene e sono sicuro di me, in volata sono il solito Mark. Corretto, ma bravo a guidare la bici. Me l’ha insegnato la pista. Fare quel che può giovarti senza danneggiare gli altri, purché gli altri non prendano paura. Se vedo un varco, io entro. Se vedo uno che rimonta, non sto a guardarlo. Il velocista vero è così. Basterebbe solo che nelle volate si buttassero solo quelli capaci di farle».
Al Tour del 2012, l’amico Wiggo gli tira tre volate, ma la storia d’amore con Sky si interrompeAl Tour del 2012, l’amico Wiggo gli tira tre volate, ma la storia d’amore con Sky si interrompe
La maglia iridata
Il chiodo del peso. Piva lo ricorda bene e a riguardare le foto di fine 2020, quando si infilò per la prima volta in una maglia della Deceuninck-Quick Step proprio il peso parve il primo grosso ostacolo da superare. Ma se in passato l’assenza di stimoli lo rese impossibile, il cambio di passo con il team di Lefevere ha eliminato anche l’ultimo scoglio. E il team resta centrale nelle sue vittorie. Come quando nel 2011 vinse il campionato del mondo.
«Siamo stati perfetti – disse dopo il traguardo – perfetti e cattivi. Avevamo otto dei più forti corridori al mondo ed era la prima volta che correvamo assieme. Sono stati incredibili. Avevamo solo paura di non bastare per fare tutto il lavoro. E io non potevo fare altro che stare lì seduto e sperare che i ragazzi riuscissero a correre più in fretta della loro ombra. Ed è quello che hanno fatto. Hanno preso in mano la corsa dalla partenza all’arrivo e mi hanno permesso di vincerla. Avevo chiesto di avere tre uomini davanti nell’ultima curva, ma erano così sfiniti che me ne sono bastati due: Stannard e Thomas. Non potevo accampare scuse e quando ai 150 metri ho visto un varco, mi sono buttato dentro. Io non potrò mai vincere la maglia gialla, quindi in termini ciclistici, questa maglia iridata è la più grande vittoria che potessi sperare di ottenere».
Campione del mondo a Copenhagen 2011: «Ho trovato un varco e mi sono infilato»Campione del mondo a Copenhagen 2011: «Ho trovato un varco e mi sono infilato»
Il metodo belga
Eppure il presunto idillio con Sky si infranse contro le mire del team sul Tour. Quello del 2012 gli portò sì tre tappe, ma fu vissuto a margine della grande organizzazione necessaria per portare Wiggins alla maglia gialla. E fu così che Cav intraprese un’altra tappa del viaggio e approdò alla Omega Pharma-Quick Step.
«Chi vuole vincere la maglia gialla – disse all’inizio del 2013 – ha l’obbligo di puntare tutto su quello. Chi invece vuole vincere tante tappe con un velocista ha l’obbligo di mettergli attorno un gruppo di uomini che possa aiutarlo. In questa squadra ho riscoperto il concetto di allenamento di una squadra belga, che è: “Vai, duro, non fermarti”. Poi avrò un treno per il Tour. Infine è evidente che Sky è un modello di efficienza, dove ogni cosa è al suo posto, ma dove in compenso è tutto un po’ freddo. All’Omega Pharma invece c’è ugualmente grande professionalità, ma al contempo si vive più rilassati. Di là l’ordine è una mania, qui una necessità con cui convivere. Sono due filosofie diverse e ci sono corridori che fanno fatica ad adeguarsi all’una o all’altra, per me invece non fa differenze.
«Sono molto motivato e durante l’inverno non mi sono allenato come al solito, mi sono concesso il lusso di stare più tranquillo e questo paradossalmente mi ha dato una condizione migliore. In passato capitava che ingrassassi e poi mi restavano venti giorni per dimagrire e trovare la gamba. Diventava tutto uno stress, iniziavo la stagione arrabbiato e non era bello».
Nel 2013 ha lasciato Sky e con la Omega Pharma vince 2 tappe al TourNel 2013 passa alla Omega Pharma e vince 2 tappe al Tour
Il buio del 2020
Chissà che cosa ha pensato quando lo scorso anno al Team Bahrain-Merida approdò quello stesso Rod Ellingworth che aveva costruito il grande ordine di Sky. Si dichiararono amore in partenza, ma Cavendish non riuscì mai a farsi trovare pronto per correre. E quando i giorni del Tour si avvicinarono, si rese conto che il progetto di portarlo per attaccare il record di Merckx si era dissolto o forse non aveva mai preso forma.
Il resto è storia dei nostri giorni. Chi lo ha vissuto da vicino lo scorso anno parla di miracolo e forse lo è. Resta da chiedersi se nel gestirlo tutti abbiano voluto conoscerlo a fondo, capendo che forse non era di una tabella che avesse bisogno, ma di semplice e spesso sottovalutata fiducia.
La Intermarché-Wanty-Gobert, ultima entrata nel gruppo World Tour, si presenta al massimo consesso con una formazione senza grandi punte, ma ricca di “guastatori”: l’obiettivo è far parlare di sé il più possibile, andando a dar fastidio ai principali team cogliendo ogni occasione che si parerà dinnanzi, attraverso corridori giovani e meno giovani, ma tutti desiderosi di mettere la propria casella fra i vincitori dell’anno. Un esempio in tal senso sono i due italiani Riccardo Minali e Andrea Pasqualon, spesso in evidenza soprattutto all’estero, spremendo ogni goccia di energia per vincere.
Giro d’Italia 2021, nella tappa di Canale vince Taco Van der HoornGiro d’Italia 2021, nella tappa di Canale vince Taco Van der Hoorn
Scoperta di Taco
Uno dei nomi più noti è forse quello del sudafricano Louis Meintjes, prelevato dalla NTT e da tenere in considerazione soprattutto per le brevi corse a tappe. Mnetrne al Giro si è fatto conoscere, vincendo, Taco Van der Hoorn (foto di apertura). Molto conosciuto anche Aimé De Gendt, una delle vecchie colonne della squadra, che spesso agisce come gestore della corsa grazie alle sue capacità di passista.
Tra i nuovi acquisti, si dice un gran bene del giovane tedesco Georg Zimmermann, che lo scorso anno, al suo esordio fra i professionisti, è finito 21° alla Vuelta ed è considerato uno dei più promettenti scalatori della nuova generazione. Un profilo ideale per una squadra come quella belga, dove avrà tutto lo spazio necessario per mettersi in mostra e osare.
Per Pasqualon, dopo le classiche il primo Giro d’ItaliaPer Pasqualon, dopo le classiche il primo Giro d’Italia
Facce da fuga
A corridori come Bakelands, Hirt, Taaramae è affidato il compito di smuovere le acque, pronti a sfruttare ogni occasione nelle fughe a lunga gittata, mentre dai figli d’arte Van Poppel soprattutto da Danny – ci si attende qualche buono spunto in volata, se buon sangue non mente…
L’ORGANICO
Nome Cognome
Nato a
Naz.
Nato il
Pro’
Jan Bakelants
Oudenaarde
Bel
14.02.1986
2009
Jeremy Bellicaud
Jonzac
Fra
08.06.1998
2020
Aimé De Gendt
Aalst
Bel
17.06.1994
2016
Jasper De Plus
Aalst
Bel
11.06.1997
2020
Ludwig De Winter
La Louviere
Bel
31.12.1992
2015
Théo Delacroix
Arbois
Fra
21.02.1999
2020
Tom Devriendt
Veurne
Bel
29.10.1991
2015
Christian Odd Eiking
Stord
Nor
28.12.1994
2016
Alexander Evans
Bendigo
Aus
28.01.1997
2018
Quinten Hermans
Namur
Bel
29.07.1995
2014
Jan Hirt
Trebic
Cze
21.01.1991
2015
Jonas Koch
Schwabisch Hall
Ger
25.06.1993
2016
Wesley Kreder
Leida
Ned
04.11.1990
2013
Maurits Lammertink
Wierden
Ned
31.08.1990
2012
Louis Meintjes
Pretoria
Rsa
21.02.1992
2013
Riccardo Minali
Isola della Scala
Ita
19.04.1995
2017
Andrea Pasqualon
Bassano d.Grappa
Ita
02.01.1988
2010
Simone Petilli
Bellano
Ita
04.05.1993
2016
Baptiste Planckaert
Courtrai
Bel
28.09.1988
2010
Lorenzo Rota
Bergamo
Ita
23.05.1995
2016
Rein Taaramae
Tartu
Est
24.04.1987
2008
Taco Van Der Hoorn
Rotterdam
Ned
04.12.1993
2015
Corne Van Kessel
Veldhoven
Ned
07.08.1991
2009
Kevin Van Melsen
Verviers
Bel
01.04.1987
2009
Boy Van Poppel
Utrecht
Ned
18.01.1988
2011
Danny Van Poppel
Utrecht
Ned
26.07.1993
2013
Pieter Vanspeybrouck
Tielt
Bel
10.02.1987
2008
Loic Vliegen
Liegi
Bel
20.12.1993
2015
Georg Zimmermann
Augusta
Ger
11.10.1997
2020
DIRIGENTI
Jean Francois Bourlart
Gbr
General Manager
Hilaire Van Der Schueren
Bel
Direttore Sportivo
Steven De Neef
Bel
Direttore Sportivo
Valerio Piva
Ita
Direttore Sportivo
Jean Marc Rossignon
Bel
Direttore Sportivo
Frederik Veuchelen
Bel
Direttore Sportivo
DOTAZIONI TECNICHE
Per il secondo anno consecutivo Cube fornirà le biciclette al Team Intermarché-Wanty-Gobert. La compagine belga affronta il suo primo anno da WorldTour con la Cube Litening C:68X per le gare in linea e l’Aerium C:68 TT per le cronometro.
CONTATTI
WANTY-INTERMARCHE-GOBERT (Bel)
Want you cycling ASBL, Rue des Foudriers 6, 7822 Ghislenghien (BEL)