Michael Rogers, le regole, le corse e i pensieri su Ganna

26.09.2022
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Michael Rogers ha 42 anni ed è originario di Canberra, anche se fa ormai base da una vita in Svizzera, vicino al confine con l’Italia. Quando era ancora un corridore, fu il primo a vincere tre mondiali consecutivi della crono e ad approcciarsi con la specialità applicando in modo forse pionieristico le tecnologie e le teorie con cui oggi i corridori convivono. Per questa sua vivacità intellettuale, a fine carriera l’UCI lo ha coinvolto inizialmente con il ruolo di Innovation Manager e più di recente lo hanno nominato Road Manager. In poche parole, non si muove niente a livello tecnico, senza che lui lo sappia e abbia dato il suo parere.

Per questo lo abbiamo invitato a sedersi con noi su un divano della sala stampa, per fargli raccontare i mondiali australiani e il suo mondo di oggi, dopo aver vissuto le vittorie di ieri: quelle crono, ma anche tappe al Giro e al Tour e varie classifiche, dallo Svizzera al Delfinato, il Catalunya e il Deutschland Tour.

A Wollongong ha corso suo nipote Cameron: 14° nella crono, 22° su strada (foto The Canberra Times)
A Wollongong ha corso suo nipote Cameron: 14° nella crono, 22° su strada (foto The Canberra Times)
Che effetto fa un mondiale in casa, essendo però un uomo UCI?

E’ bellissimo mostrare la mia Australia al mondo del ciclismo. Però, nello stesso tempo, avendo il cappello dell’UCI, vuoi che sia tutto perfetto. Ed essendo io coinvolto a livello organizzativo, cerco e vedo le cose che si potrebbero migliorare. In ogni caso per me è stata un grande emozione. Diverso rispetto a quando il mondiale lo correvo, perché vedevo tutto dalla prospettiva del corridore. Ero molto concentrato nella mia bolla. Adesso scopri che ci sono migliaia di altre cose di cui i corridori ignorano l’esistenza, con cui invece bisogna fare i conti. 

Innovation Manager: cosa fai?

E’ un ruolo che svolgevo già dal 2020. L’UCI ha vari protocolli che riguardano ad esempio i telai. Perciò lavoriamo con i costruttori per essere sicuri che, ad esempio, rispettino i termini di sicurezza. Oppure ci occupiamo delle ruote, per verificare che superino tutte le prove. Questo è un periodo molto interessante nel ciclismo. Già da qualche anno si sta passando dai metodi di costruzione tradizionale, sui quali è stato sviluppato il vecchio regolamento, a prodotti in scocca e altri stampati in 3D. Prendiamo ad esempio il manubrio, che nel regolamento è ancora composto da attacco e curva. Adesso sono pezzi unici e spesso i giudici di gara nelle crono fanno fatica a verificarne le misure.

Ormai i manubri sono sempre più spesso integrati o stampati 3D, come quello di Ganna
Ormai i manubri sono sempre più spesso integrati o stampati 3D, come quello di Ganna
E come si fa?

Per ora si cerca di essere elastici, per stare nelle norme con le nuove tecnologie. Adoriamo l’innovazione, però ci rendiamo conto che il commissario che deve prendere le misure, in pista o piuttosto prima della partenza di una crono, si trovi in difficoltà a capire dove cominci un pezzo e dove l’altro. Per questo abbiamo elaborato il nuovo regolamento che entrerà in vigore il primo gennaio. Lo abbiamo scritto dando un po’ più di flessibilità alle aziende.

Da atleta hai mai subìto le nuove misure imposte?

Per fortuna non ho mai avuto problemi quando regolamentarono l’avanzamento della sella, perché ero sempre dietro i 5 centimetri dal movimento centrale. Ero sempre a 6-7, ma adesso sono tutti a 5, perché c’è molta più attenzione alla posizione. Sono stato uno dei primi a studiare l’aerodinamica. Il primo ad andare in galleria del vento a Milano con Luca Guercilena. Abbiamo aiutato noi a disegnare e realizzare il supporto per tenere ferma la bicicletta. Quindi c’è sempre stata grande attenzione per materiale e performance, ma adesso l’aerodinamica è preponderante. E questo porta anche conseguenze soprattutto in pista, dove ormai nell’inseguimento girano quasi a 70 all’ora. Ormai una semplice cucitura del body, in base a dove è messa, può fare la differenza.

Questo cosa c’entra col regolamento?

Non tutti hanno accesso a un body che costa 8.000 euro. Non è facile fare questo tipo di ragionamento, ma se facciamo una previsione a lungo termine, soprattutto per la  pista, dobbiamo stare attenti che l’investimento per stare in gara non comporti conseguenze pesanti. Se per essere competitivi si alza a dismisura il budget necessario, magari ci ritroviamo nel 2032 con tre sole squadre, tre Paesi.

Un’opera nel segno dell’uguaglianza?

Sarebbe triste da vedere secondo me. Triste se una nazionale fosse tagliata fuori dallo sport perché non ha gli stessi soldi di chi può investire. Diciamo che lo spirito di base è questo. Evitare le tante velocità diverse in base al budget. Tutelare o quantomeno ridurre le differenze.

Guardando nel maxischermo l’azione di Evenepoel a Wollongong
Guardando nel maxischermo l’azione di Evenepoel a Wollongong
Cosa fa invece il Road Manager?

Il Road Manager fa un po’ tutto per quanto riguarda l’organizzazione. Si occupa del calendario, per il quale collabora con le varie associazioni. Poi con il mio team seguo la registrazione di tutte le squadre, verificando che tutti i contratti siano in ordine, che ci siano le garanzie bancarie con le quali i corridori siano tutelati. E poi seguiamo le gare a livello di regolamento. Adesso non mi ricordo esattamente, ma più di 850 gare ogni anno seguono il nostro regolamento, quindi è un lavoro di 24 ore al giorno. C’è almeno un’emergenza al giorno da qualche parte del mondo….

Hai avuto un ruolo nel caso Gazprom?

In realtà non tantissimo. Quello è stato un discorso legato al management più alto. Il Comitato olimpico ha dato la sua disposizione e l’UCI l’ha recepita.

L’avviso del ricorso ai raggi X nella tenda preposta la controllo delle bici
L’avviso del ricorso ai raggi X nella tenda preposta la controllo delle bici
Vicino alla zona di arrivo c’è stato per tutto il tempo il gazebo contro le frodi tecnologiche…

Ormai vediamo tutto ricorrendo a varie tecnologie. Prima era complesso, perché c’era un apparecchio molto grande. Adesso abbiamo un sistema molto più leggero e davvero vediamo tutto, dagli spessori del telaio ai fili della trasmissione. Prima che arrivassi io, c’erano delle voci. Poi hanno trovato la ragazza del ciclocross. Dobbiamo stare attenti, per evitare che semmai qualcosa c’è stato, possa tornare. Come per l’antidoping. Ma ad ora, dai dati che raccogliamo, negli ultimi anni non abbiamo trovato niente di strano.

Tu hai vinto tre mondiali di seguito, cosa succede poi nella testa del corridore? 

E’ proprio la testa il problema. Per preparare un grande evento come una crono ci vuole tanta energia mentale, anche e soprattutto nella fase di allenamento, perché è molto specifico. Non è facile. L’abbiamo visto. Io sono stato il primo, poi è arrivato Fabian (Cancellara, ndr), e poi Tony Martin. Eravamo tutti intorno a quel podio e io ho fatto fatica al quarto mondiale.

«Ho visto Ganna dopo la crono – dice Rogers – era abbattuto. Pochi come me possono capire quel che pensava»
«Ho visto Ganna dopo la crono – dice Rogers – era abbattuto. Pochi come me possono capire quel che pensava»
Perché?

Non avevo più la concentrazione o la grinta per spingermi così tanto nella fase di allenamento, come quando lottavo per vincere. Preparando il quarto, mi accorsi subito che non avevo la fame per fare fatica. Quasi vomitavo dopo ogni ripetuta. Ecco, penso proprio che sia un fatto mentale. E la settimana scorsa ho visto proprio Ganna dopo la crono. Era rimasto male, era proprio giù. E mi sono detto: «Caspita, lo capisco, forse non ci sono tanti che ci riescono».

Come se ne esce?

E’ giovane, ha il tempo per ritrovarsi, poi magari ha solo avuto una giornata no. Non ci ho parlato. Però ricordo che lo stesso sono stato male per lui, perché sapevo esattamente quello che stava pensando.

Punti, Covid, Tramadol e… confini: il ciclismo di Lappartient

25.09.2022
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Mentre le ragazze della gara elite erano pronte per partire da Helensburgh, a circa 30 chilometri da Wollongong, il presidente dell’UCI Lappartient ha tenuto la rituale conferenza stampa di ogni mondiale. Avrebbe potuto farlo appena due ore dopo e in sala stampa ci sarebbero stati tutti, ma in questa edizione del mondiale sembra che gli orari siano un problema solo per chi lavora.

Seduto al tavolo dei campioni, Lappartient si è sottoposto a una serie di domande, spesso slegate fra loro, alle quali ha risposto a mano libera, omettendo di soffermarsi su quelle che avrebbero potuto creare imbarazzo. In politica si fa così.

Quintana è stato cancellato dalla classifica del Tour dopo il ritrovamento di Tramadol. Ha fatto ricorso al Tas
Quintana è stato cancellato dalla classifica del Tour dopo il ritrovamento di Tramadol. Ha fatto ricorso al Tas
Cosa pensa del ricorso di Quintana contro la squalifica per uso del Tramadol?

Noi rimaniamo convinti della nostra linea, ma è corretto che si sia appellato. Abbiamo trovato il Tramadol in due diverse tappe e dato che il prodotto degrada molto rapidamente, abbiamo pensato che lo abbia usato più volte. Non si prevede una squalifica dell’atleta, almeno per ora. Ma viene tolto dalla classifica della corsa in cui si verifica la positività. Di certo non si tratta di una sostanza che l’organismo produce da solo. Speriamo che il TAS riconosca la nostra posizione.

Oggi si sono svolte due corse in una: quella delle under 23 e quella delle elite. Quando verranno divise?

Mi sembra già una decisione importante aver creato il titolo per le più giovani. L’idea di far disputare una corsa a sé c’è e verrà messa in pratica nel 2025. Prima non è stato possibile. Prima perché non tutte le nazioni hanno ragazze giovani a sufficienza e poi perché non tutte le città, ad esempio Zurigo 2024, sono disponibili a chiudere il centro per una gara di più.

A Wollongong hanno debuttato le gare per U23 donne (Guazzini ha vinto la crono) dal 2025, dice Lappartient, ci saranno gare autonome
A Wollongong hanno debuttato le gare per U23 donne. Guazzini ha vinto la crono
Che cosa le sembra di questo mondiale così lontano dalla culla del ciclismo?

L’Europa è probabilmente il cuore del nostro sport, ma voglio spingere per una visione più internazionale. Per cui andremo in Africa, poi in Canada ed entro il 2030 in Asia. Qui ci stiamo trovando molto bene. L’organizzazione è piccola, ma il mio telefono non squilla tutti i giorni per segnalare dei problemi e questo significa che ognuno sa cosa fare. I negozi e i ristoranti sono tutti griffati con il logo della corsa, gli atleti sono contenti e di riflesso siamo contenti anche noi.

Come si spiega che qui, nella corsa dell’UCI, non ci sono protocolli Covid e si vive a contatto con gli atleti, mentre in Europa ci sono corse che tengono ancora tutto chiuso?

C’è un dibattito in corso fra i nostri medici e quelli delle squadre. Nonostante sia cambiato l’atteggiamento nei confronti del virus, per cui la positività non porta direttamente alla messa fuori corsa, sono loro i primi a volere un certo rigore. Non è un caso che la maggior parte dei corridori mandati a casa di recente sia risultata positiva a controlli interni.

Ieri il Guardian ha scritto un articolo su un giornalista di Cyclingtips – Iain Treloar – cui è stato rifiutato l’accredito per i mondiali. Lui sostiene che sia avvenuto per le sue critiche all’UCI.

Noi non limitiamo la libertà di stampa, qui ogni testata è gradita (Iain Treloar aveva scritto una serie di pezzi sulle presunte influenze di Igor Makarov nelle politiche dell’Uci e sulla vicinanza della stessa al vecchio presidente del Turkmenistan, accusato per violazione dei diritti umani, ndr). Il regolamento UCI per gli accrediti stampa ne prevede 3 per ogni media e Cyclingtips ha avuto 3 accrediti. Non vedo problemi.

Il sistema dei punti non piace, cambierete qualcosa?

Ci sono discussioni. Non so se esista il sistema perfetto, ma cercheremo di trovare un equilibrio migliore. Ha ragione Hinault: «Per fare punti bisogna vincere le corse». Faremo degli aggiustamenti, se necessario, ma non ci saranno stravolgimenti. E comunque saranno variazioni da introdurre entro il prossimo inverno. Poi inizierà un altro triennio e non si possono cambiare le regole durante il gioco.

Dopo la conferenza, Lappartient si è fermato a parlare con le tivù
Dopo la conferenza, Lappartient si è fermato a parlare con le tivù
Sorpreso delle critiche da parte delle squadre?

Sorpreso che si siano accorte di non essere d’accordo soltanto nel terzo dei tre anni, visto che il sistema è in vigore dal 2020. L’obiettivo è che ogni anno ci siano retrocessioni e promozioni. Gli organizzatori volevano che avvenisse tutto automaticamente, i gruppi sportivi no. Ma una cosa la dico: non si retrocede per un anno nero. Per questo si fa la somma dei tre precedenti. E se sei stato ultimo per tre anni, allora forse c’è un problema. Non vogliamo che il ciclismo sia chiuso come la NBA, lo sport vive di vittorie e sconfitte e noi dobbiamo accettarne le regole.

Non sarebbe il caso di considerare che fra 2020 e 2021 il Covid ha condizionato l’attività?

Se prendiamo il numero delle corse, vediamo che se ne è svolto il 90 per cento. Quindi il Covid ha sicuramente dato fastidio, ma non ha falsato la possibilità di fare punti. Se avessimo spostato di un anno l’entrata in vigore della regola, cosa avremmo potuto dire ad esempio alla Alpecin-Deceuninck che in questi anni si è guadagnata il WorldTour? Poteva fare ricorso e avrebbe vinto.

Questa foto è l’emblema di come la stessa squadra (Movistar Team) sprinti con tre uomini per accumulare punti
Questa foto è l’emblema di come la stessa squadra (Movistar Team) sprinti con tre uomini per accumulare punti
Trova normale che una squadra preferisca mettere tre corridori nei primi 10 piuttosto che provare a vincere?

Ripeto le parole di Hinault, dovrebbero provare a vincere. Non si fanno i punti negli ultimi mesi di tre anni, anche se le distanze sono davvero minime.

Non trova che ci sia squilibrio fra le gare?

Potrebbe sembrare. Ma credo sia giusto che chi non partecipa al Tour de France e vince una corsa di classe 1 abbia un punteggio importante. Perché magari correrà la successiva dopo una settimana, mentre chi è al Tour può fare punti per tre settimane consecutive.

Quando l’addetto stampa Christophe Marchadier ha dichiarato chiuse le domande, Lappartient ha ringraziato, si è alzato e ha risposto alle domande di alcune televisioni, fra cui la RAI con Stefano Rizzato. Poi si è infilato nel sottopasso dello stadio che accoglie il Centro Stampa, tornando alle relazioni e agli incontri di cui è indubbiamente pieno un campionato del mondo.

Da Vicenza a Cittadella, Pozzato e i sentieri del mondiale gravel

08.09.2022
8 min
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Una giornata con Pippo Pozzato e Angelo Furlan sul percorso del mondiale grave del prossimo 8-9 ottobre. Da Vicenza a Cittadella.

Il primo mondiale gravel della storia si correrà in Veneto l’8-9 ottobre, organizzato da Pippo Pozzato con la sua PP Sport Events. Le candidature non mancavano, dalla Toscana agli Stati Uniti, ma alla fine l’UCI ha scelto il progetto del vicentino. E il sopralluogo tecnico effettuato lunedì scorso (in bici) lungo i 194 chilometri del tracciato hanno confermato la bontà della scelta.

Appuntamento a Sandrigo, si parte col furgone e si va a prendere Furlan a Vicenza
Appuntamento a Sandrigo, si parte col furgone e si va a prendere Furlan a Vicenza

A Sandrigo per le 8

Questa è la storia di un viaggio alla scoperta del percorso e dei ragionamenti che hanno portato a tracciarlo, fatto ai primi di settembre con Pozzato e Angelo Furlan che, assieme a Marco Menin, si è occupato di tracciare la rotta. Appuntamento alle 8 nell’ufficio di Sandrigo e poi via per tutto il giorno.

«Il mondiale – racconta Pozzato – è un’opportunità importante per alzare l’asticella. Ogni anno stiamo facendo qualcosa in più, perciò insieme a tutta la squadra abbiamo deciso di buttarci in questa avventura. Ho dei ragazzi veramente bravi, la nostra forza sono l’energia e la voglia di fare. Sicuramente sarà difficile, perché comunque il primo è sempre più difficile, non c’è un precedente cui paragonarsi. Abbiamo dovuto prendere ogni cosa con le pinze. Però con il lavoro e l’entusiasmo, con l’energia della gente giovane che lavora con noi, sicuramente riusciremo a portarlo a casa come vogliamo».

Il via da Vicenza

Si parte da Vicenza, dal centro della città, dove l’Assessore allo Sport Matteo Celebron passa per un saluto su una bici del Bike Sharing della città che crede e punta sulla mobilità sostenibile. Due indicazioni per il giorno della gara e si parte. Piazza dei Signori e poi i portici di Monte Berico. Da lassù, in una viuzza sterrata poco dopo il santuario dove Gilbert vinse la tappa al Giro 2015, verrà dato il via ufficiale. I chilometri finali saranno 194.

«In Veneto abbiamo un territorio meraviglioso – racconta Furlan – e fare questo mondiale è motivo d’orgoglio. Ci siamo messi a scoprire posti che non conoscevamo, sebbene fossero dietro casa. Per disegnare il percorso, c’è voluto un mese di ricerca su software (hanno utilizzato Komoot, ndr). Però poi sono servite circa 80 ore pedalate per farlo tutto. Si parte con una cartolina su Vicenza. Poi si si passa da un ambiente urbanizzato e dalle meraviglie dell’Unesco ad altre prettamente bucoliche. E si finisce con le mura di Cittadella, costeggiando Padova».

Lungo il Bacchiglione

Monte Berico è la prima salita nel tratto di trasferimento. Quindi i primi sterrati, la discesa e la seconda salita, in asfalto e lunga circa 2 chilometri, prima di scollinare verso il lago di Fimon e lasciarsi Vicenza alle spalle.

A questo punto le difficoltà altimetriche sono finite, d’ora in avanti il percorso è un continuo dentro e fuori fra settori asfaltati, altri di sterrato e ciclabili. Anche se una delle brutte sorprese è stata che proprio alcune ciclabili sono state asfaltate e mantenere la quota dell’80% di sterrato ha richiesto qualche deviazione in più.

Gli elite correranno da Vicenza a Cittadella (140 km) + 2 giri di un circuito di 27 km: totale 194 km

Fino a Padova si costeggia il Bacchiglione, un po’ sull’argine e un po’ sulla ciclabile. Ed è proprio la stradina sotto e sopra i ponti di Padova a immettere il mondiale in uno dei settori gravel più caratteristici.

«Dal punto di vista del viaggio – dice Furlan – la parte che più piacerà al ciclista è proprio quella centrale. Lasci Vicenza e poi ti involi in questi lunghi tratti all’interno, nei campi che sembrano non finire mai. Ecco quella secondo me è la parte più bella».

Ritorno a Piazzola

La parte pianeggiante finisce a Piazzola sul Brenta, arrivo della Serenissima Gravel, dove il mondiale passerà costeggiando Villa Contarini e prendendo la via del circuito finale che si snoderà attorno Cittadella. L’occasione di qualcosa da bere e l’incontro con un vecchio amico permettono di approfondire il discorso.

«Con il presidente Zaia e la Regione Veneto – dice Pozzato – l’idea è quella di valorizzare il territorio. Abbiamo la fortuna di avere delle cittadine e delle città come Vicenza, Cittadella e Padova che credono molto nel progetto ciclismo. Siamo partiti l’anno scorso con le nostre gare e la cosa che vogliamo fare è piantare la bandierina e mantenerla negli anni, per poi crescere anche in altre parti d’Italia. Sicuramente però noi veneti abbiamo a cuore il nostro territorio, ci teniamo molto e la politica ci aiuta».

Il passaggio da Piazzola, sede di arrivo della Serenissima Gravel
Il passaggio da Piazzola, sede di arrivo della Serenissima Gravel

Il Carrefour de l’Arbre

A Cittadella ci aspetta Diego Galli, l’Assessore allo Sport. Un rapido saluto, la promessa di chiudere in centro con un aperitivo e si parte alla scoperta del circuito. E qui il gravel diventa impegnativo.

«Dal punto di vista tecnico – Furlan annuisce e spiega – per gli elite che faranno la parte finale, sicuramente via Giovo sarà una sorta di Carrefour dell’Arbre di Cittadella. Stradina stretta. Pietre. Fango. La gobba al centro e in fondo la curva a 90 gradi. Questa va a sinistra, alla Roubaix a destra, ma siamo lì. Quella è la parte più bella per chi farà il percorso completo».

Il fondo è dissestato, l’unica soluzione sarà far girare il rapporto e sperare di… galleggiare sulle pietre. Dice Furlan che la scelta di gomme, pressioni e rapporti dipenderà dallo stato delle strade e se avrà piovuto o meno.

L’arrivo a Cittadella

Via Giovo farà la selezione finale, poi il gruppo andrà verso l’arrivo nel centro di Cittadella, nella stessa piazza da cui lo scorso anno partì il Giro del Veneto.

«Tutto quello che ho criticato da corridore – dice Pozzato davanti al prosecco che chiude la giornata – mi sono promesso di metterlo in pratica insieme al mio team, per cogliere le opportunità che magari non vengono quando si mantiene l’approccio tradizionale. Vorrei innovare per quanto possibile questo sport e farlo diventare attrattivo specialmente per i giovani, affinché non scappino verso altri verso altre discipline».

«Io penso – prosegue – che il ciclismo sia lo sport più bello del mondo. La cosa che magari abbiamo sbagliato negli anni è come l’abbiamo comunicato. Noi stiamo cercando di farlo in maniera diversa per portare a casa dei giovani che possono essere i protagonisti dei nostri eventi. Non solamente l’atleta, ma anche lo spettatore deve essere protagonista e sentirsi partecipe dell’evento».

Mancano 30 giorni al primo mondiale gravel della storia. Sabato 8 ottobre correranno le donne, il giorno dopo toccherà agli uomini, suddivisi per fasce di età. Una sorta di maratona, con gli elite davanti e dietro il resto del mondo.

La prima pietra è stata messa, gli atleti si stanno qualificando da tutto il mondo. Siamo davvero curiosi di vedere come andrà a finire. In questo spicchio di veneto fra i Colli Berici e le pendici del Grappa, si sta lavorando davvero a testa bassa.

EDITORIALE / Valverde non va ai mondiali? Schiaffo per l’UCI

05.09.2022
4 min
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I cari amici dell’UCI rischiano di prendersi il boomerang dritto in faccia. E un po’ gli starebbe anche bene! Il sistema dei punti messo a punto e approvato anche dalle squadre (sarebbe curioso scoprire quanti in realtà a suo tempo abbiano letto attentamente i termini della riforma) rischia di danneggiare seriamente i mondiali. E i mondiali, come ben noto, sono la principale fonte di guadagno per la federazione internazionale.

Le squadre impegnate nella lotta per la salvezza infatti hanno alzato le spalle e deciso di non mandare i loro corridori in nazionale. Che cosa vuoi dirgli? Così se già la collocazione agli antipodi delle gare iridate ha fatto fuori la piccola Irlanda (alle prese con problemi di budget), adesso si rischia di avere un mondiale senza alcuni grandi nomi.

La denuncia di Pascual Momparler ha descritto in modo netto la situazione spagnola (foto Marca)
La denuncia di Pascual Momparler ha descritto in modo netto la situazione spagnola (foto Marca)

Valverde a casa?

L’allarme lo ha dato Pascual Momparler, tecnico della Spagna. «Al momento – ha dichiarato a Marca – degli otto corridori che avevo in mente, possono venire solo in due: Juan Ayuso e Marc Soler».

A causa della battaglia per i punti, la Movistar ha detto che non manderà Mas, Aranburu e Valverde (in apertura Alejando con Nibali, nell’ultima Vuelta della loro carriera). La Cofidis preferisce tenersi stretto Herrada e la Ineos non manderà Rodriguez (probabilmente per motivi diversi, visto il ranking del team britannico).

La Spagna si ritrova senza un leader spendibile, al punto che durante una riunione presso la sede della RFEC, la Real Federacion Española de Ciclismo, si è persino ragionato se valesse la pena di annullare la trasferta dei professionisti.

«Poi – ha spiegato il tecnico – abbiamo pensato di fare comunque le convocazioni e di sanzionare chi non risponderà. Però a questo punto il presidente Cerron si è opposto, dicendo che in ogni caso a pagare sarebbero i corridori. La sanzione infatti prevede che non possano più partecipare ad altri eventi e questo li porterebbe a inevitabili tensioni con le loro squadre».

Herrada ha vinto la tappa di Cistierna alla Vuelta: la Cofidis non vorrebbe mandarlo ai mondiali
Herrada ha vinto la tappa di Cistierna alla Vuelta: la Cofidis non vorrebbe mandarlo ai mondiali

Riformare la riforma

Probabilmente per il futuro l’UCi dovrà rivedere il sistema nell’assegnazione dei punti e il cervellotico passaggio per cui a portarli siano soltanto i migliori 10 di ogni squadra. Questo taglia le gambe a tutti gli altri, condiziona negativamente l’approccio tattico con le corse, impedisce ai giovani di farsi vedere e soprattutto falsa i reali valori in campo.

Quello che sta accadendo in Spagna, dove si spera in un ravvedimento dell’ultima ora (lo speriamo tutti), potrebbe estendersi a macchia d’olio. La EF Education-Easy Post, ad esempio, è piuttosto bassa nel ranking e potrebbe decidere di non dare Bettiol all’Italia. E a quel punto anche per noi si creerebbe un bel problema. Anche perché nel frattempo, stando a L’Equipe, Mauro Gianetti avrebbe chiesto gentilmente a Bennati di non considerare Diego Ulissi, di cui la UAE Emirates, che già tanti corridori presta alle varie nazionali, avrebbe bisogno per il finale di stagione.

Il boomerang è in volo. Resta da capire se per schivarlo, l’UCI si farà portavoce del problema presso le società o lascerà tutto in mano alle Federazioni.

Bettiol, leader azzurro ai mondiali, milita nella Ef Education, il cui ranking UCI non è dei migliori
Bettiol, leader azzurro ai mondiali, milita nella Ef Education, il cui ranking UCI non è dei migliori

Un silenzio che parla

A proposito di Federazioni… Nel nostro cercare di scrivere sempre e comunque di ciclismo, riscontriamo purtroppo che il tanto parlare, indagare e speculare sulle vicissitudini fiscali ed economiche della nostra FCI ha raffreddato gli animi del pubblico.

Apprezziamo la sensibilità del presidente spagnolo, preoccupato di non far pagare ai corridori il prezzo dei disguidi burocratici e delle beghe. Qui s’è deciso di tenere un altro profilo. E se è vero che l’attività è proseguita regolarmente, resta il fatto che il silenzio ha alimentato le voci e portato via l’attenzione dai veri protagonisti.

Intendiamoci, anche i media (alcuni) hanno la loro parte di responsabilità, avendo scelto di raccontare soltanto il fango senza accorgersi dei fiori. Tuttavia, in questo Paese che disconosce l’equilibrio, sarebbe stato ingenuo aspettarsi qualcosa di diverso.

Cimolai, il Tour de Pologne e un rimpianto azzurro

10.08.2022
5 min
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Davide Cimolai ha ripreso a correre, dopo un buon periodo di preparazione, al Tour de Pologne, una corsa che ha premiato tanti velocisti. Nella quale, il friulano della Cofidis, ha raccolto un buon settimo posto nella tappa conclusiva di Cracovia. Punti che servono anche per la classifica WorldTour del team francese. Una ripresa non semplice, condita da tante difficoltà, ma che cosa ha trovato Cimolai in Polonia? Proprio da lui ci facciamo raccontare questa corsa. 

«Nella seconda tappa sono caduto – racconta Davide-  ero messo davvero male, non mi sono ritirato perché ho fatto davvero di tutto per andare all’europeo. Purtroppo non sono stato selezionato dal cittì Bennati, mi avrebbe fatto piacere. Ho disputato 4 europei e un mondiale, avrei potuto dare una grande mano in fase di aiuto o come ultimo uomo (al suo posto come ultimo uomo è stato portato Guarnieri, ndr). Avevo dato la mia parola a Bennati, sono andato a lavorare un mese a Livigno e sono arrivato in Polonia prendendo questa gara come preparazione. La caduta non ha aiutato, ci sono stati anche altri che sono andati forte, come Milan».

Cimolai è ripartito dal Tour de Pologne per ritrovare gamba e condizione, sperando in una chiamata per gli europei
Cimolai è ripartito dal Tour de Pologne sperando in una chiamata per gli europei

Troppe cadute

Le sette tappe del Tour de Pologne hanno visto molte cadute. Subito nella prima tappa ce n’è stata una che ha coinvolto tanti corridori, ben 8 non hanno poi preso il via il giorno seguente. 

«Sembra – dice con voce seria Cimolai – che la caduta di Jakobsen di due anni fa non abbia insegnato nulla. Anche nell’ultima tappa, con arrivo a Cracovia, nel circuito finale abbiamo attraversato molte volte le rotaie del tram. La mia domanda è se l’UCI guarda i percorsi. Alla fine in sette tappe siamo caduti ogni giorno. Ne avrei per ognuna, nella prima prima tappa c’era una discesa ad un chilometro dall’arrivo, è normale sia successo il finimondo. Anche nella quinta tappa, vinta da Bauhaus, nell’ultimo chilometro, a 700 metri dall’arrivo, c’era una curva pericolosa, tanto che sono caduti i primi, e lo sprint lo hanno fatto in 10». 

Nonostante la caduta della seconda tappa Cimolai è uscito in crescendo dal Polonia, con un buon settimo posto nella tappa conclusiva
Nonostante la caduta della seconda tappa Cimolai è uscito in crescendo dal Polonia

Un bel contorno

Nella settimana del Tour de Pologne si sono girate tante città e visti molti panorami incredibili: dalle pianure fino alle montagne al confine con la Slovacchia. Tanti colori diversi e cittadine variopinte che hanno accolto la carovana.

«D’altro canto devo dire – riprende Cimolai – che abbiamo visto tanti posti belli, come le montagne che ci circondavano durante la cronometro. Nella quarta tappa si arrivava nel centro di Sanok, la piazza era davvero bella, riuscire a godersi i posti quando si è in bici è difficile, ma quel poco che ho visto mi è piaciuto. Anche gli hotel erano molto belli ed attrezzati, avevamo dei buffet perfetti per noi ciclisti. Sapete, in queste gare è difficile avere dietro lo chef o il camion cucina. Abbiamo viaggiato tanto, ci sono stati dei trasferimenti lunghi, ma questo ormai fa parte del ciclismo moderno. Nell’ultima tappa siamo arrivati alla partenza a meno di mezz’ora dallo start. C’era molto traffico, ma questi sono inconvenienti che possono capitare».

Giovani e “spensierati”

Il Tour de Pologne è sempre stata una corsa che ha premiato e messo in luce tanti giovani. Dalla vittoria di un neo professionista Moreno Moser, alle gesta di Vingegaard, fino a quelle viste in questa edizione. 

«Tanti giovani ed anche per questo ero già pronto psicologicamente alle cadute, il Polonia è sempre stato conosciuto per questo. Però, per tornare al discorso di prima: l’UCI, rompe per tutto: misura dei calzini, magliette… Ma per le cadute nulla. Io sono caduto non perché qualcuno è scivolato e mi ha travolto, che succede e non ci puoi fare nulla, ma perché un ragazzo giovane non ha frenato e mi ha preso in pieno. Io metterei una sorta di moviola, nel mio caso ci sarebbe da squalificare questo atleta. Io il giorno dopo ho preso e parlato, a me è andata bene, ma l’altro che è caduto con noi si è rotto due costole. Mentre parlavo con lui sembrava non rendersi conto di quanto successo.

«E’ normale voler parlare di ciò, la cosa sta diventando difficile da gestire, una volta si diceva di correre davanti, ma non serve nemmeno quello. Pensate alla caduta che dicevo prima della quinta tappa: sono caduti i primi, correre davanti non basta più. E fidatevi che sarà sempre peggio, con la tecnologia le bici saranno sempre più veloci».

Basso Diamante, il nuovo gioiello devoto alle pendenze

02.08.2022
5 min
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Otto evoluzioni in ventidue anni dalla sua nascita. La nuova Diamante 2023 ha nel suo Dna tutta l’essenza di Basso. Tra le sue linee sinuose e i tubi circolari scorre lo spirito della casa trevigiana. Una bici che ha subito un processo di costante e minuzioso miglioramento, lavorato su dettagli invisibili, capace di unire l’innovazione tesa al futuro e l’eredità di oltre quarantacinque anni di Basso.

Il suo design è unico ed è frutto di una progettazione complessa. La vocazione di questa bici rimane quella rivolta alle salite e alle discese. Stabile, reattiva, leggera e maneggevole, tutte caratteristiche che fanno di questa Diamante un gioiello inossidabile. 

Il manubrio piatto ha il passaggio cavi interno per conservare la linea pulita tipica della Diamante e il suo coefficiente aerodinamico
Il manubrio piatto ha il passaggio cavi interno per conservare la linea pulita tipica della Diamante e il suo coefficiente aerodinamico

Indole

Arrivata alla sua ottava generazione questa Diamante non si snatura e rimane la bici della gamma Basso ideale per le gare. Per affrontare salite e discese nelle migliori condizioni. Il suo peso ne è la dimostrazione e una solida garanzia. Gli ingegneri sono riusciti a ridurlo ulteriormente di oltre 200 grammi, permettendo di montare la bici completa restando a ridosso del limite di peso UCI (6,8 kg). 

Una bici che trova il suo habitat naturale quando la strada tende a salire o scendere qualunque sia la pendenza. Ogni pedalata viene massimizzata per essere efficace e fare risaltare le caratteristiche tecniche di questa Diamante. 

I foderi della forcella anteriore hanno un alloggio che può ospitare coperture da 32mm
I foderi della forcella anteriore hanno un alloggio che può ospitare coperture da 32mm

Feeling immediato

Diamante è una bicicletta versatile, progettata per esaltarsi quando la strada si fa più impegnativa La geometria rispecchia tutti gli studi e l’esperienza che Basso dispone dai suoi quarantacinque anni di storia. La lavorazione manuale del carbonio, capace di raggiungere prestazioni assolute attraverso soluzioni tecnologiche all’avanguardia è la dimostrazione della sua forza dinamica. 

La struttura è determinata dal triangolo posteriore a 400 millimetri, che consente di alloggiare coperture fino a 32 millimetri. Il passo anteriore è stato allungato rispetto alle versioni precedenti così da permettere reattività alle basse velocità e stabilità alle alte.

Il feeling e la maneggevolezza sono garantiti dalla struttura solida e robusta in combinazione alla leggerezza che contraddistingue questa Diamante. 

Il carro posteriore si appoggia leggermente più in basso in modo da conferire rigidità e reattività immediata
Il carro posteriore si appoggia leggermente più in basso in modo da conferire rigidità e reattività immediata

Tubi circolari

Un’estetica senza tempo, capace di interpretare il contemporaneo proiettandolo nel futuro. La ricerca dell’equilibrio tra leggerezza e stabilità, sfrutta al massimo le caratteristiche del carbonio lavorato a mano con cura. Lo spessore dei tubi è stato studiato minuziosamente per conferire leggerezza e reattività in salita e stabilità in discesa, anche a velocità elevate.

Nelle zone dove si genera e scarica l’energia, specialmente in quella del movimento centrale e dello sterzo, la forma circolare, oltre a ridurre lo spessore e il peso dei tubi, conferisce maggiore rigidità torsionale. In questo modo tutta l’energia della pedalata si traduce in avanzamento e precisione di guida. Questa soluzione permette di ottenere maggior leggerezza, rigidità e controllo, col risultato di non disperdere mai potenza.

Il manubrio è l’Integrato Levita e vanta un peso piuma di 330 grammi
Il manubrio è l’Integrato Levita e vanta un peso piuma di 330 grammi

Caratteristiche tecniche

La nuova Diamante è un concentrato di pregi inconfondibili e caratteristiche uniche. Il peso del telaio si ferma a soli 760 grammi nella taglia 53. Il Carbonio modellato è il Toray 40t e 30t con Faw 50. Il reggisella vanta due diverse opzioni di arretramento e il sistema di serraggio è il 3B Gen 2.

La serie sterzo è la Integrated Cables che permette di coprire il passaggio cavi e conferisce un movimento di sterzata preciso e fluido anche su taglie più piccole. Il manubrio è Integrato Levita da 330 gr nella misura 110×420, con compatibilità con Basso Accessories Ecosystem. Il passaggio per gli pneumatici è predisposto fino a 32 millimetri di larghezza per poter montare una vasta gamma di coperture. 

Versioni e prezzo

Un’altra forza di Basso che si trasferisce direttamente anche sulla Diamante è la totale possibilità di configurazione. Sul sito è infatti disponibile in tre colorazioni: Opal White, Stealth, Candy Red.

I prezzi partono da 7.801 euro per la versione con gruppo Ultegra Di2 8170 e ruote Microtech RE38 Disc.

Basso

Rapporti liberi per gli juniores, un passaggio da gestire

09.07.2022
6 min
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Il mondo degli juniores si fa domande, da quando l’UCI ha abolito la limitazione dei rapporti. In realtà la novità, in vigore dal prossimo primo gennaio, è stata fatta passare fra le righe ed elimina il vincolo ai 7,93 metri per pedalata (52×14) con cui si era inteso tutelare la prima categoria internazionale del ciclismo. Certe cose non accadono mai per caso. E se già i francesi avevano eliminato il vincolo, essendo francese anche il presidente dell’UCI, evidentemente l’idea era allo studio da tempo.

Di fronte a scelte di questo tipo si possono avere due atteggiamenti. Attaccarsi alla memoria e sparare a chiunque si avvicini, come il giapponese sull’isola convinto che la guerra non sia mai finita. Oppure cercare il modo più intelligente per convivere con la novità, alla quale bisognava opporsi evidentemente prima e in altre sedi.

Lorenzo Giordani al Giro della Lunigiana 2021, gara juniores, alla verifica dei rapporti
Lorenzo Giordani al Giro della Lunigiana 2021, gara juniores, alla verifica dei rapporti

Martinez e i pro’

E’ chiaro, come ha dimostrato l’esperienza di Lenny Martinez al Tour of the Alps, che se un under 23 di primo anno viene portato tra i pro’ e fino a 4 mesi prima ha pedalato con il 52×14, l’impatto sarà devastante. Il francesino però, come tutti i suoi connazionali, si è sempre allenato e corso le prove nazionali senza alcun limite, per cui si è adattato alla svelta. E dato che l’accesso alle corse dei professionisti avviene ormai stabilmente a 18 anni nelle continental, si è pensato probabilmente di metterci una pezza togliendo il limite.

Questa potrebbe essere una spiegazione. Un’altra ipotesi l’ha fornita Christian Schrot, tecnico della Auto Eder (team U19 della Bora-Hansgrohe), secondo cui dietro potrebbe esserci anche il fastidio per le case produttrici nel dover realizzare pacchi pignoni con il 14 come ingranaggio minimo. Considerato che anche il passaggio di massa al freno a disco è avvenuto probabilmente per le esigenze di aziende sponsor dell’UCI che su questo fronte avevano investito prima di altre, non ci stupiremmo neppure di questa seconda lettura.

Tour of the Alps 2022, Lenny Martinez a suo agio tra i pro’, ha ottenuto anche qualche bel piazzamento
Tour of the Alps 2022, Lenny Martinez a suo agio tra i pro’, ha ottenuto anche qualche bel piazzamento

Trovare una soluzione

Sta di fatto che da gennaio gli juniores correranno con i rapporti dei pro’, mentre parrebbe intatta la norma per cui gli allievi dovranno continuare con il loro 52×16 (6,94 metri per pedalata). Volendo capire il punto di vista di un preparatore, abbiamo fatto tappa da Adriano Malori, che allena i ragazzi del Cycling Team Nial Nizzoli di Fosdondo (Reggio Emilia), ma siamo pronti per allargare il discorso a quanto vorranno offrire il loro contributo. Dopo una prima fase in cui ha accolto la modifica con parole assai poco gentili, l’emiliano ha cominciato a ragionarci.

«Secondo me resta una boiata – dice sorridendo – ma d’altra parte non è sbagliato dare ai ragazzi la possibilità di adattarsi a quello che troveranno nelle continental, dove di fatto corrono tra i pro’. Avrei scelto la via di mezzo. Avrei concesso il 53 e lasciato il 14. Oppure avrei salvaguardato i primi anni. Di certo non è pensabile confidare nel buon senso di chi li gestisce. Parliamo di fisici spesso molto acerbi, con il rischio di danni alla muscolatura, alle articolazioni e ai tendini. Mi aspetto che facciano le crono con il 58×11…».

Controllo dei rapporti per le azzurre al via dei mondiali di Leuven. Dal 2023 un passaggio in meno
Controllo dei rapporti per le azzurre al via dei mondiali di Leuven. Dal 2023 un passaggio in meno
E’ così evidente che alcuni siano ancora immaturi fisicamente?

Ce ne sono alcuni che devono formarsi e altri più fisicati che a questo punto faranno quel che vogliono. Ci sono ragazzini con le spalline basse, che ancora devono farsi. Penso allo stesso Mattia Cattaneo, con cui ho avuto l’onore di correre. Negli under 23 era filiforme, non era ancora formato. Ha iniziato a costruirsi muscolarmente alla Androni e adesso fa parte dell’elite mondiale. Quando sei così esile, il fisico non è pronto e te ne accorgi perché ad esempio hanno problemi alle ginocchia.

Secondo il tecnico della Auto Eder questo passaggio aumenterà le differenze tra forti e deboli.

Sicuro. Uno che fisicamente è già formato mette il 53×11 e stacca in pianura il ragazzino di 50 chili che ha bisogno di crescere. Utilizzare un rapporto non adatto alla tua età però è come andare in palestra e pretendere di sollevare i carichi dei professionisti. Il risultato è che tanti ragazzini rischiano di smettere prima di essersi formati.

Cambierà di riflesso anche la preparazione degli allievi? Foto alla partenza della Coppa d’Oro
Cambierà di riflesso anche la preparazione degli allievi? Foto alla partenza della Coppa d’Oro
Dici che non ci hanno pensato?

Non so se l’UCI abbia in mente di riscrivere le categorie, portando il ciclismo nella scia del calcio e di tutti gli altri sport professionistici, in cui a 17 anni sei lì a giocare contro i grandi campioni. Vedo la scomparsa della categoria U23 in quanto tale, che magari rimarrà riservata alle gare titolate, come europei, mondiali e Coppa delle Nazioni. Di sicuro togliere l’agilità “forzata” agli juniores rischia di produrre dei nuovi Gontchar (il pro’ ucraino rinomato per l’abuso di lunghi rapporti, ndr) o dei nuovi Malori. Anche io da piccolino ero abituato ad andare duro, pensate se avessi avuto il 53×11 da junior…

Ma la regola per ora non la cambi. E allora come si fa a conviverci?

L’unica cosa è farli allenare da allievi un paio di volte a settimana con il 52×12. La palestra va bene fino a un certo punto, perché i veri watt li fai in bici. E comunque non puoi costringerli a sollevare dei pesi eccessivi, perché sarebbe contro natura. Se invece da metà anno alleni quelli che devono passare juniores con il 52×12, forse iniziano ad abituarsi.

E così però metti mano anche negli allievi.

Sarà inevitabile. Si crea un problema piramidale al contrario, è una cosa bestiale. Si va verso carriere per forza più brevi, se iniziano con certi carichi a 17 anni. Quello che non condivido è che si lamentano tanto delle precocità e poi fanno norme del genere. A meno che non si voglia creare una generazione di corridori subito spettacolari, avendo visto questa infornata di ragazzini fortissimi. Così si elimina la categoria degli U23 e si gareggia subito al top.

Il primo Malori abusava dei rapportoni: buoni per vincere da U23, limitanti fra i pro’
Il primo Malori abusava dei rapportoni: buoni per vincere da U23, limitanti fra i pro’
E’ anche vero che all’estero è sempre stato così…

L’anomalia italiana è evidente. Come è evidente una cosa che ha detto Moreno Moser in telecronaca, mi piace come commenta. Ha detto che giovani come Evenepoel e Pogacar hanno avuto la fortuna di non doversi confrontare con i campioni che c’erano prima di loro, perché il Covid li ha danneggiati più di quanto abbia fatto con i giovani. E’ mancato lo scontro generazionale. Il miglior Ganna non si è mai scontrato con il miglior Dennis, perché il 2020 ha riscritto la storia.

Quindi si costruisce il futuro sulla base di un’anomalia?

Questa è la sensazione, staremo a vedere. Intanto però c’è da ragionare su come allinearsi a questa nuova regola.

Santini, tutto pronto per il debutto al Tour

01.07.2022
4 min
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Mancano ormai poche ore alla partenza di una nuova edizione del Tour de France che si annuncia davvero speciale per Santini. Per la prima volta nella sua storia, l’azienda bergamasca avrà infatti l‘onore di vestire il vincitore della maglia gialla. Si tratta del coronamento di un lungo viaggio iniziato nel lontano 1965 con la nascita di Santini Maglificio Sportivo. Un viaggio caratterizzato da tanti momenti importanti.

Dal 1965 ad oggi l’azienda bergamasca ha realizzato le divise per diverse migliaia di team professionistici e amatoriali. Alcune di queste divise sono diventate iconiche tanto da essere ricordate ancora oggi. Basti pensare a La Vie Claire di Bernard Hinault e Greg Lemond ispirata ai quadri del pittore olandese Piet Mondrian. 

Dal 1988 Santini è fornitore ufficiale dell’UCI per il Campionato del mondo. Per tanti anni ha inoltre vestito di rosa i vincitori del Giro d’Italia e da sei anni a questa parte è partner tecnico de La Vuelta.

Santini per questa edizione del Tour de France ha realizzato 2.400 capi (foto paolociaberta)
Santini per questa edizione del Tour de France ha realizzato 2.400 capi (foto paolociaberta)

Numeri da capogiro

Come anticipato, a partire dalla cronometro di oggi di Copenaghen, il leader del Tour de France indosserà tutti i giorni una maglia gialla firmata Santini. Per farci raccontare l’impegno, anche a livello di capi prodotti, che comporta una corsa come il Tour per chi realizza le maglie ufficiali abbiamo sentito Stefano Devicenzi dell’ufficio marketing di Santini.

«Per il Tour de France sono stati realizzati circa 2.400 capi – racconta Devicenzi – fra questi quasi 1.000 sono esclusivamente maglie. Non dobbiamo dimenticare che, oltre alla maglia gialla, vestiremo anche i leader della classifica a punti, dei gran premi della montagna e di quella dedicata al miglior giovane. Non sapendo poi chi vestirà giorno per giorno la maglia di ogni singola classifica, abbiamo dovuto prevedere per ogni maglia un range di taglie che va dalla XS alla L. Naturalmente trattandosi di atleti professionisti che curano con particolare attenzione il loro peso la prevalenza è per le taglie XS e S».

La spedizione in Francia di tutto il materiale destinato ad ASO è avvenuta nel mese di giugno. Nella settimana che ha preceduto il Gran Depart da Copenaghen sono stati invece spediti i body per le cronometro e quelli da strada. Con quest’ultima spedizione la fornitura è stata definitivamente completata. In ogni caso, per qualsiasi emergenza, in Santini sono sempre pronti a intervenire inviando in Francia quanto necessario. 

Ricordiamo che nella fornitura destinata ad ASO rientra tutto il materiale di merchandising la cui vendita sarà gestita direttamente dalla stessa ASO nelle località di partenza e arrivo di ogni singola tappa.

Lo studio e la progettazione per la maglia gialla sono partiti molti mesi fa (foto paolociaberta)
Lo studio e la progettazione per la maglia gialla sono partiti molti mesi fa (foto paolociaberta)

Al seguito del Tour

Santini sarà presente in Francia per tutta la durata del Tour con un proprio team coordinato proprio da Stefano Devicenzi. Con lui ci saranno l’ex professionista Alessandro Vanotti, che da tempo collabora con l’azienda bergamasca, e Charly-Evan Hary, sponsor manager di Santini in Francia.

E’ ancora Devicenzi a raccontarci come si caratterizzerà la loro presenza al Tour.

Dei capi realizzati più di mille sono esclusivamente maglie (foto paolociaberta)
Dei capi realizzati più di mille sono esclusivamente maglie (foto paolociaberta)

«Ci muoveremo con tre mezzi brandizzati Santini – racconta Devicenzi – un auto e due van. Questi ultimi serviranno per accompagnare i nostri ospiti alla partenza e all’arrivo di ogni tappa e per organizzare delle soste lungo il percorso per vedere il passaggio della gara. Per noi la sponsorizzazione tecnica del Tour de France è una grande opportunità per stringere ancora di più i rapporti con i nostri distributori e i loro clienti».

«Ad una settimana dalla partenza da Copenaghen – continua – avevamo già confermati oltre 160 ospiti distribuiti lungo le 21 tappe della corsa. La macchina servirà a me per anticipare ogni giorno all’arrivo i due van con i loro ospiti e assicurarmi che tutto sia a posto. Avrò anche l’occasione e il compito di gestire in prima persona ogni eventuale emergenza che si dovesse mai presentare in sede di arrivo».

Fra poche ore scatterà l’edizione 109 del Tour de France. Santini porterà con orgoglio anche un po’ di tricolore in Francia.

Santini

EDITORIALE / Caso Gazprom, sarebbe servito vero coraggio

13.06.2022
5 min
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Siamo tutti commissari tecnici, quindi siamo anche tutti sindacalisti. Pertanto, in questo giocare a saper fare tutto, può capitare di scambiare telefonate con dei team manager sul tema dei corridori della Gazprom, rendendosi conto di quanto la vicenda non interessi a nessuno. O di quanto non ci sia in giro nessuno che sia stato finora capace di metterci mano.

Il caso Conci

Avremmo dovuto capirlo in realtà seguendo la vicenda di Nicola Conci. Dopo tanto bel lavorare d’inverno e aver finalmente risolto con intervento il problema dell’arteria femorale, Nicola avrebbe voluto fare un grande Giro d’Italia. E per questo, fermata la squadra russa, Fondriest era riuscito a piazzarlo con la Alpecin-Fenix, che lo avrebbe portato in Italia proprio per questo. L’UCI ha ricevuto la richiesta ai primi di aprile, in tempi ragionevoli. Ma come per ogni cosa riferita a questa spiacevole vicenda, s’è presa il suo tempo per decidere, infischiandosene dell’esigenza dell’atleta. Così Conci non ha corso il Giro e adesso finirà la stagione con la Alpecin Development Team, debuttando mercoledì prossimo al Giro di Slovenia, in attesa del 2023 in prima squadra.

Conci sarebbe stato uno dei punti di forza della Gazprom. E’ appena approdato alla Alpecin-Fenix Development
Conci sarebbe stato uno dei punti di forza della Gazprom. E’ appena approdato alla Alpecin-Fenix Development

Aiuti di Stato

I procuratori sono tutti al lavoro per sistemare questi ragazzi, che hanno tirato fuori una grinta mai mostrata prima, dimostrando come la rabbia sia più potente di ogni test e ogni legge dell’allenamento. Ma cosa succede?

Succede che le squadre sono a posto e hanno il budget tutto assegnato. Sarebbero ben liete di far correre ragazzi rimasti a piedi e per giunta vincenti, ma come succede quando c’è da gestire il fallimento di un’azienda, avrebbero bisogno di un intervento che coinvolga l’Istituzione e la componente sindacale. E visto che l’UCI fa orecchie da mercante, avrebbero bisogno di un sindacato veramente capace, che vada oltre la consegna di un braccialetto azzurro.

Il presidente Lappartient resta con la bocca rigorosamente chiusa: di Gazprom non parla
Il presidente Lappartient resta con la bocca rigorosamente chiusa: di Gazprom non parla

Casi disperati

Siamo tutti commissari tecnici, quindi siamo anche tutti sindacalisti. E ci chiediamo in che modo il mondo del ciclismo potrebbe venire incontro alle squadre che intendessero investire su questi corridori. Ci sarebbe la fideiussione della Gazprom: si è fatta pressione sull’UCI perché renda quei soldi disponibili al pagamento degli ingaggi dei corridori, lasciando le spese vive alle nuove squadre? I soldi dei premi che vengono gestiti dal sindacato non potrebbero costituire copertura finanziaria per simili operazioni?

L’indice della disperazione sta nelle proposte che in questi giorni stanno arrivando ai cellulari dei team manager, con corridori disposti a correre gratis, quindi a restituire i soldi percepiti alla firma dell’eventuale contratto. Qualcuno ha già rifiutato, ma in tutta onestà verrebbe da sperare che qualcuno accetti per vederli nuovamente in gruppo.

Sono 4 i corridori italiani ancora in cerca di squadra: Malucelli (nella foto), Scaroni, Carboni e Canola
Sono 4 i corridori italiani ancora in cerca di squadra: Malucelli (nella foto), Scaroni, Carboni e Canola

Una situazione inedita

Perché alla fine gli unici a rimetterci sono loro, i corridori. Non l’UCI. Non le squadre. Non i rappresentanti del CPA e dell’ACCPI. Che sono stati anche sfortunati, perché finora si era trattato di gestire uno sciopero per troppa pioggia e stabilire quando sia troppo caldo o troppo freddo per correre. Ma adesso che ci sono in ballo i destini di uomini e delle loro famiglie, la voglia di andare d’accordo con tutti senza arrivare a rottura suona davvero stonata. Il rispetto si guadagna anche alzando la voce e combattendo quando è necessario. Il fatto che l’UCI non si senta in dovere di accoglierli, dimostra che il rispetto non c’è o che non è stato guadagnato.

In che misura il braccialetto azzurro con scritto “WHY?” è stato un elemento di pressione?
In che misura il braccialetto azzurro con scritto “WHY?” è stato un elemento di pressione?

Una partita da giocare

I braccialetti, la voglia di ribadire che non si cerchi lo scontro, il non essersi incatenati ai cancelli del centro UCI di Aigle, il non aver voluto incidere minimamente sull’andamento di una gara sono un atteggiamento da opposizione di facciata che lascia il tempo che trova. Forse eredità di quel passato, in cui i corridori avevano paura di metterci la faccia perché esposti al rischio di varie forme di ricatto. Chissà se davvero a Pantani fecero pagare le sue posizioni contro il sistema dei controlli selvaggi, prima al Tour del 1998 (foto Reuters di apertura) e poi al Giro 1999, quando si espose anche a vantaggio di altri corridori e di colpo una mano oscura intervenne per fermarlo.

Ma se nessuno ha cose da nascondere, perché non giocarsi la partita e accettare la lotta, cercando di vincerla? Verrebbe quasi da pensare che ci siano altri interessi da difendere o competenze inadeguate e che nel nome di questi si sia scelto di non scegliere. Il tempo passerà, qualcuno come Zakarin sceglierà il ritiro, altri si sistemeranno. E dal prossimo anno potremo ricominciare facendo finta che non sia successo niente.

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