Trek e Giorgia al lavoro per una Longo Borghini sprint

18.02.2021
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Giorgia Bronzini è in ritiro da quasi un mese in Spagna con la Trek-Segafredo, preparando il debutto all’Het Nieuwsblad in Belgio. Qui è volata anche Letizia Paternoster dopo il lunedì in pista, per cui al gruppo mancano soltanto Lucinda Brand, reduce dalla stagione del cross, e Lizzie Deignan. A ben guardare, si tratta di un ritiro riparatore, nato dopo la cancellazione della Valenciana. E dato che Lizzie non avrebbe disputato la prova spagnola e aveva già prenotato a Tenerife con la famiglia, si è pensato di non scombinarle i piani.

Sofia Bertizzolo, Giorgia Bronzini
Giorgia Bronzini dopo gli ultimi campionati italiani vinti da Elisa Longo Borghini
Sofia Bertizzolo, Giorgia Bronzini
Giorgia dopo gli ultimi tricolori vinti da Longo Borghini

E’ Giorgia oggi a gestire le atlete, mentre Ina Teutenberg è più proiettata sui contratti e la programmazione. Per cui a lei ci siamo rivolti per sapere in che modo la squadra seguirà Elisa Longo Borghini nell’anno olimpico e se davvero si sia creata la straordinaria chimica di cui ci aveva già parlato Lizzie Deignan.

«Tokyo è un obiettivo di Elisa – dice – ma ci sono anche quelli di squadra e per fortuna alcuni coincidono, come il Giro d’Italia. Punteremo alla classifica. L’esperienza dello scorso anno è stata utile per capire che è giusto supportare il leader con uno staff adeguato. Per cui a giugno con due compagne andremo in altura a Sestriere, approfittandone per fare qualche sopralluogo, dato che la corsa partirà dal Piemonte».

A Plouay 2020 vince Deignan con l’aiuto di Longo Borghini
A Plouay 2020 vince Deignan con l’aiuto di Longo Borghini
Si va al Giro per vincere?

L’idea è quella. Il fatto che la corsa sia stata declassata dal WorldTour perché non c’è il broadcast delle immagini televisive lo trovo sgarbato per tutto quello che ha fatto Rivolta l’anno scorso, organizzando il Giro con dei costi in più, nonostante intorno rinviassero corse su corse. Sono mancate le immagini anche l’anno prima? Si poteva ugualmente chiudere un occhio.

Marta Cavalli ci ha raccontato che alla Fdj stanno lavorando sulla cronosquadre, pensando proprio al Giro e soprattutto al Tour del 2022.

Ci lavoriamo anche noi, soprattutto nei ritiri. Confesso che non stiamo pensando al Tour, ma bisogna dedicarsi alla specialità, perché le prove a squadre incidono parecchio. Il guaio del Covid è che fissare ritiri e spostare atlete e mezzi non è tanto semplice.

Giorgia, è vero quello che ha raccontato Deignan sul clima in squadra?

Lizzie è la leader indiscussa, le ragazze lo hanno riconosciuto e il suo modo di correre le amalgama tutte. Ha davvero fatto un salto di qualità mentale. Prima la vedevo come la regina Elisabetta, sempre sulle sue. Ora si è inserita come qualsiasi altra donna di grande qualità, capendo che coinvolgendo le altre il livello si alza anche per lei. Ha sempre lavorato per il team, ma adesso lo fa con il cuore, non so se c’entri l’essere diventata mamma. Dover pensare a qualcuno che dipende totalmente da te di sicuro cambia le attitudini. E lei in questa fase ci tiene davvero tanto alle altre.

Il Giro Rosa sarà l’obiettivo numero uno di Elisa Longo Borghini
Il Giro Rosa sarà l’obiettivo numero uno di Elisa Longo Borghini
Come convivono le sue ambizioni con quelle di Longo Borghini?

L’istinto di Lizzie è più vincente, non foss’altro perché è veloce, quindi la fame di vittoria diventa più evidente. Per Elisa al contrario, averla accanto può essere stimolante. Alla Course by Le Tour, avrebbe potuto impuntarsi e voler fare la sua corsa. L’avremmo seguita e avremmo perso. Invece si è lavorato per Lizzie, che ha vinto. Al Giro le parti si sono invertite. Sono due persone adulte che collaborano.

La non velocità di Elisa è una condanna?

Se sei veloce, vinci di più. Ma stiamo lavorando per gestire diversamente i finali, se si trovasse assieme a un’atleta veloce. Sarà importante prevedere tattiche diverse, muoversi per anticipare la volata, non andare verso la sconfitta senza provarci. Detto questo, secondo me Elisa potrebbe essere più veloce, ma a volte gli sprint nemmeno li fa perché non ci crede. Agli europei poteva giocare più d’astuzia contro la Van Vleuten che aveva tirato tutto il giorno. Per questo ho avuto quasi piacere che nel finale dei mondiali di Imola abbia rischiato la scorrettezza per fare la volata. La abbiamo analizzata.

E cosa è venuto fuori?

Che l’abitudine a fare gli sprint va coltivata, per cui sarà un obiettivo quello di provarci. Anche nelle corse minori, anche fosse solo la volata del gruppetto inseguitore. 

A Giorgia Bronzini sarebbe piaciuto correre in questo WorldTour?

Sei matto? Ho smesso in tempo. Adesso sclererei, se fossi corridore. Oggi si vive di dati e numeri e io purtroppo non ci credo troppo. Sto facendo il corso per il 3° livello federale e a volte mi confondo. Credo che anche i corridori ormai non si conoscano più. Parlano attraverso i numeri che spesso non corrispondono alla realtà, soprattutto in corsa. In corsa il 50 per cento viene dalla testa e dall’emotività.

E tu gestivi bene l’emotività…

Se le selezioni per le corse le facessero sui numeri, rimarrei a casa. Se le facessero sulle sensazioni, vincerei ancora tanto. Glielo dico sempre di abbinare le sensazioni ai numeri e poi di raccontarmele a voce, non con un messaggio. Voglio sentire la loro voce, le emozioni. Per il resto, è bello essere equiparate agli uomini, ma non prenderei solo l’estremizzazione. Il ciclismo femminile era un piccolo mondo, salire di livello così velocemente non è banale.

Dopo il breve passaggio in pista di lunedì, ora Paternoster è in ritiro con la Trek Segafredo (foto Instagram)
Dopo il passaggio in pista, Paternoster è in ritiro (foto Instagram)
Come l’hai trovata la Paternoster?

Sono rimasta colpita che sia dovuta andare in pista, quando il nostro ritiro era fissato già da un pezzo. Lei è un talento importante, ma ha troppa gente attorno e non riesce a dire di no. Poteva andare in pista un’altra volta, credo. Anche il personaggio che si è costruito forse non sempre la aiuta ad esprimere il suo talento, che è grande. A volte mi dispiace per quello che potrebbe fare. Ma non mi perdo in certi bicchieri d’acqua, c’è già chi la consiglia, la protegge e la coccola.

Invece a Giorgia come vanno le cose?

Bene, sono in Spagna da un mese. Dopo un anno e mezzo, mi sento più pronta. Inizialmente ero un po’ spaventata, non sapevo cosa si potesse e non si potesse dire, visto che venivo da squadre in cui il direttore sportivo spesso neanche c’era. Adesso entro meglio nelle dinamiche del ruolo e ai ritiri riesco a imparare tanto. Qua mi sono trovata spesso a parlare con De Jongh e per me è un’ottima scuola. Per cui fra poco torno a casa, cambio la valigia e poi finalmente si comincia.

La Pater è tornata e marcia a tappe forzate

16.02.2021
4 min
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Il fruscio del quartetto che scorre elegante e composto fa da sottofondo al saluto di Dino Salvoldi: «Ci sono tutte – dice – anche la Pater». Parole discrete, il tono di scampato pericolo. Il rientro di Letizia Paternoster significa che si può guardare alle prossime sfide con tutte le frecce giuste al nostro arco. Non è semplice individuarla nello sfilare rigoroso del trenino. In due hanno la treccia bionda, Fidanza e la trentina, ma giro dopo giro e nonostante le maschere specchiate, iniziamo a riconoscerle tutte. Adesso a tirare la fila dietro la moto è Elisa Balsamo, arrivata in pista in leggero ritardo per un esame in cui ha portato a casa un 29.

«Sono molto contenta di essere qui – sorride la Pater, scendendo di bici – ho tanta voglia di riprendermi tutto ciò che ho lasciato indietro in questo anno».

Prima di ripartire in pista, ha ricostruito la base in Sicilia (foto Instagram)
Ha ricostruito la base in Sicilia (foto Instagram)

In Sicilia

Le foto su Instagram l’hanno ritratta in allenamento sulle strade siciliane, a metà fra i riti del corridore e le pose in favore di camera. Anche se la sensazione delle ultime settimane è che l’atleta abbia preso il sopravvento e ne sia contenta. Non si rinuncia all’immagine, ma questo è il momento di menare. Ha conosciuto le strade dell’isola con i ritiri della Trek-Segafredo e nel caldo di laggiù, Letizia ha cominciato a ricostruirsi.

La routine

Le giornate in pista hanno tutte lo stesso ritmo. Si gira agli ordini di Salvoldi, svolgendo lavori sempre diversi. Poi, quando la sessione finisce, le ragazze continuano a girare blandamente in pista, a volte con la bici da strada per trovare una posizione più confortevole, e alla fine vanno a sedersi sui divanetti della loro parte di velodromo. Il parterre è diviso a metà: di qua le donne, di là gli uomini e in fondo la palestra. Per tutti gli stessi divanetti, un paio di tavoli, il punto officina e qualche sedia.

Clima disteso

Le pause fra una sessione e l’altra sono scherzose, passate fra racconti, battute e qualche giro su internet. Si ride con la Barbieri perché la sua Mini è sporchissima e prima o poi lo sponsor se la riprenderà e lei risponde che è stata a fare un cross, ma dovrà lavarla. Si fa notare a Chiara Consonni che ha le borse sotto gli occhi e la settimana è appena all’inizio, ma lei risponde che è normale se nel weekend si è un po’ vissuto. Le ragazze della Valcar più tardi rientreranno sul lago dove sono in ritiro, prima di partire per la strasferta all’Het Nieuwsblad. Ma Letizia dov’è?

Balzi sul cubo coordinando forza ed equilibrio
Balzi sul cubo coordinando forza ed equilibrio

Pater al lavoro

Basta cercarla in giro per accorgersi che là in fondo, nella palestra, c’è una ragazza minuta e bionda al lavoro. Sta facendo balzi sul cubo di legno. Poi si sposta verso le macchine per altri esercizi. Ci avviciniamo in silenzio, con un sorriso e la macchina fotografica.

«Sicuramente – mormora – a un certo punto ho pensato che il treno se ne stesse andando, ma per fortuna ho avuto accanto le persone giuste. Ho dovuto ricominciare da capo, dopo sei mesi ferma per l’infortunio al ginocchio. Ero lì che scherzavo dicendo che mi mancava soltanto il Covid e ho preso pure quello. E’ stata lunga, proprio a Capodanno, ma anche quello è alle spalle».

Si rimette a lavorare, quasi scusandosi ed è bello osservarla nella sua concentrazione e con la grinta di chi sa di avere un posto da riconquistare. Bene le parole sollevate di Salvoldi, ma il livello è alto e nulla è già scritto.

«Sto tornando»

Quando la giornata volge al termine e quando anche Letizia ha provato con i tecnici di Pinarello la sua posizione sulla bici da inseguimento, la vedi tutta indaffarata a recuperare le sue cose, mentre Paolo Sangalli la aspetta. «Devo accompagnarla a Linate», dice. Giornate fitte di partenze e arrivi, che testimoniano della grande voglia di esserci e della dedizione di queste ragazze.

«Da stasera – dice la Pater – sono in ritiro con la Trek e il 2 marzo comincerò a correre a Le Samyn, in Francia. La stagione finalmente riparte normalmente. Deve, ripeto: deve tornare tutto alla normalità. Sono emozionata, mi mancava tutto questo. Strada e pista, continuerò a venire qui ad ogni ritiro. Adesso ne sono certa: sto tornando».

Elisa Longo Borghini e Conci

Trek presenta i nuovi kit per i propri Team

24.01.2021
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Nei giorni scorsi Trek ha presentato le nuove linee di abbigliamento che verranno utilizzate nel corso della stagione dai Team Trek-Segafredo, Trek Factory Racing XC e Trek Factory Racing CX. Si tratta di una collezione completa composta da capi di abbigliamento specifici per l’allenamento e naturalmente per le gare. Fattore comune di tutte le linee la comodità e l’eleganza, fattori tipici di tutti i capi realizzati da Santini che anche nel 2021 vestirà tutte le formazioni marchiate Trek.

Come i professionisti

Da oggi ogni singola collezione sarà disponibile presso l’ampia rete di rivenditori dell’azienda di Madison. Per ogni appassionato sarà quindi possibile indossare nelle proprie uscite gli stessi capi utilizzati da campioni del calibro di Vincenzo Nibali e Jolanda Neff. Ogni elemento della collezione è stato infatti prodotto con gli stessi materiali di alta qualità utilizzati per realizzare le divise degli atleti che gareggiano su strada, ciclocross, mountain bike.

Divisa Trek Factory Racing XC
La nuova livrea della divisa del team impegnato nella mountain bike
Divisa Trek Factory Racing XC
La nuova livrea della divisa del team impegnato nella mountain bike

Vestiti da Santini

Come avevamo avuto modo di vedere in occasione di una nostra recente visita in Santini, la linea della formazione maschile della Trek-Segafredo è rimasta praticamente identica a quella dello scorso anno. Pur essendo molto piaciuta, la divisa del team ha avuto poche occasioni per essere ammirata a causa del Covid. Il kit da gara è composto da una maglia con maniche in tinta blu, un blocco centrale bianco con una linea orizzontale rossa dove spiccano i loghi dei due main sponsor Trek e Segafredo. La salopette riprende il colore blu delle maniche dando armonia al tutto.
La vera novità a livello cromatico riguarda la divisa della formazione femminile. Elisa Longo Borghini (nella foto di apertura insieme a Conci) e compagne da quest’anno indosseranno una divisa che prevede maniche color navy su sfondo azzurro, con loghi bianchi e motivi grafici blu più chiari.

Divisa Trek Factory Racing CX
La nuova divisa del Trek Factory Racing CX
Divisa Trek Factory Racing CX
La nuova divisa del Trek Factory Racing CX

Sicuri anche in allenamento

La nuova collezione di abbigliamento Trek-Segafredo prevede inoltre una linea di maglie da uomo e da donna in tinta Radioactive Yellow, progettate per aiutare gli atleti a farsi notare dagli automobilisti durante le sessioni di allenamento. Anche questa linea è già disponibile presso tutti i rivenditori autorizzati.

Accanto alle divise delle formazioni professionistiche strada, il marchio americano ha naturalmente presentato i nuovi kit dei team Trek Factory Racing XC e Trek Factory Racing CX. I kit mountain bike prendono sempre spunto dalle colorazioni della livrea del team Trek-Segafredo, con base e maniche blu navy e azzurro e loghi bianchi su sfondo rosso. La nuova maglia del team CX è invece blu scuro con loghi bianchi ed elementi grafici abbinati ai colori delle bici da ciclocross della squadra.

trekbikes.com

Un altro ostacolo sulla strada di Letizia

22.01.2021
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Non è ancora un allarme, ma certo il cammino di Letizia Paternoster a sei mesi dalle Olimpiadi ha subito un altro stop, che ha impedito ai suoi allenatori di vederla all’opera. La trentina non è andata al raduno della Trek-Segafredo in Spagna e non ha raggiunto poi, come da programma, la nazionale della pista in Sicilia. La causa è stata una febbriciattola fastidiosa (Letizia stessa ha parlato di una lieve forma di Covid) che l’ha tormentata per qualche settimana e che di fatto ha interrotto nuovamente la sua preparazione.

«Non sono preoccupato – ha spiegato il cittì azzurro Salvoldi, che l’ha preparata e guidata alle vittorie più importanti – ma sto già pensando al momento in cui riprenderà, perché tutta questa energia che ha nell’allenarsi va incanalata nel modo giusto. Lei ha voglia di ripartire, di essere competitiva ad aprile in Belgio e poi alle Olimpiadi, mentre secondo me ci sarebbe da pensare a una sola data: quella di Tokyo».

La sua prima apparizione post lockdown ai campionati italiani
La sua prima apparizione post lockdown ai campionati italiani

Un anno nero

L’ultimo anno di Paternoster è stato flagellato da una tendinite al ginocchio, che di fatto le ha impedito di riprendere dopo il lockdown e l’ha vista rientrare in gara a fine ottobre ai campionati italiani, che non ha concluso, poi alla Ceratizit Challenge by La Vuelta di tre tappe, in cui ha disputato soltanto le prime due.

«Però ha continuato a lavorare – dice ancora Salvoldi – è venuta in pista a Montichiari anche quando la nazionale dopo gli europei ha mollato un po’. Condivido il suo stato d’animo, ha pagato tanto questa situazione e capisce anche lei di essere molto lontana dalle altre. Da quello che sappiamo, avrà i risultati degli ultimi esami alla fine di gennaio, che non è esattamente un tempo breve».

Tigre in gabbia

Fra le insidie, al di là della scelta o meno di trattare l’infiammazione prima di averne individuata la causa (scelta che compete ai medici), quel che andrà gestito alla ripresa sarà proprio lo straordinario temperamento di Letizia Paternoster.

«E’ agonista più di tutte le altre – prosegue Salvoldi – non credo che tutto questo possa scoraggiarla, semmai mi preoccupo del contrario. E’ così agonista che ha sempre somatizzato le tensioni della gara. La sera prima delle finali che poi ha vinto, le è capitato spesso di avere un po’ di febbre. E di sicuro adesso è lì a caricarsi nell’attesa di ripartire. Lei si infuria se perde la volata in allenamento e diventa di ottimo umore se la vince. Vive ancora della legge del “tutto o niente”. Negli ultimi tempi è molto migliorata, ma deve ancora raggiungere la maturità necessaria per dare la giusta proporzione ai problemi. Pazienza, dal mio punto di vista, se ad aprile non sarà in Belgio a giocarsi la Gand. Con Guercilena e lo staff della Trek siamo sempre andati d’accordo e ora la priorità è che lei riprenda bene».

Assieme a Elisa Balsamo, nella madison bronzo ai mondiali di Berlino 2020
Assieme a Balsamo, nella madison bronzo a Berlino 2020

Elisa e Letizia

Uno dei fattori di cui tenere conto nel gestire il suo rientro, che speriamo sia pronto, c’è anche il fatto che nel frattempo le quotazioni di Elisa Balsamo e del resto del gruppo delle inseguitrici sono salite a dismisura.

«Ma non credo – dice Salvoldi – che questo creerà problemi, pur ammettendo che al defilarsi di Letizia è coincisa la vera esplosione di Elisa. In tutti questi anni, all’interno del gruppo sanno quanto vale la Balsamo e quanto vale la Paternoster. Nessuna pensa che la sua assenza significhi avere un posto libero. Sanno che per guadagnarsi il posto dovranno andare forte e che una Letizia al top è un valore aggiunto per il quartetto. In questo credo di essere la loro figura di riferimento per la credibilità e l’obiettività con cui sono sempre state fatte le scelte. Sanno che si viene scelte e sanno che si resta fuori. Hanno tutte la voglia di fare il bene del quartetto. Per cui sarà importante riavere Letizia in squadra, il resto sapremo gestirlo nel modo giusto».

“Lizzie” sogna la Roubaix e un Tour di 3 settimane

18.01.2021
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Se cercate in un archivio fotografico le immagini di Lizzie Deignan, ricordate che fino al 17 settembre del 2016 si chiamava Armitstead e a quel punto davanti ai vostri occhi si apriranno pagine e pagine di foto bellissime. Oltre ad essere fortissima, la ragazza britannica, che in quel giorno di 4 anni fa sposò il professionista irlandese Philip Deignan, alla Trek-Segafredo ha portato la capacità di essere una leader che aggrega e non una che divide. L’esempio più eloquente viene dall’aver accolto Elisa Longo Borghini a Monaco dal 1° gennaio e fino all’inizio del ritiro spagnolo, nonostante la compagna piemontese potrebbe essere vista come una rivale interna.

Ha vinto il mondiale del 2015 a Richmond, battendo Anna Van der Breggen
Ha vinto il mondiale del 2015 a Richmond, battendo Anna Van der Breggen

«L’idea del team – ha detto Deignan, spigliata su Zoom come dal vivo – è quella di consolidare la nostra forza e restare ad alto livello. La cosa più difficile da fare sarà mantenere il più alto livello di prestazioni. Ma penso che siamo tutte sulla stessa barca e che siamo determinate a farlo. Io ed Elisa ci completiamo a vicenda per il nostro diverso stile di corsa. Davvero spero di poterla ripagare nel 2021 per tutte le volte che mi ha aiutato l’anno scorso. Penso che la maggior parte delle mie vittorie siano derivate direttamente dal suo lavoro in gara».

Cambio di rotta

Nel 2020 del Covid, la britannica s’è portata a casa Plouay, La Course by Le Tour, la crono inaugurale del Giro e la Liegi. Ma siccome dà l’idea di non voler tornare nei posti in cui ha già vinto, la sua idea di 2021 ha presto cambiato forma. La squadra ha ingaggiato due velociste come Chloe Hosking e Amalie Dideriksen, che garantiranno il numero di vittorie, e le altre potranno selezionare gli obiettivi. Lizzie ha così deciso di spostare lo sguardo sulle classiche del pavé. Farà il Fiandre, poi la Roubaix, prima edizione per le donne, quindi le Olimpiadi e i mondiali, che si correranno ancora nelle Fiandre.

Lizzie Deignan, da ragazza Armitstead, è nata nel 1988 nel Regno Unito
Lizzie Deignan è nata nel 1988 nel Regno Unito
Basta Ardenne?

Sarebbe bello essere la prima a vincere la Roubaix, anche perché con il mondiale nelle Fiandre, vorrei spostare la mia attenzione sule classiche del pavé, piuttosto che sulla settimana delle Ardenne. In un primo momento si poteva pensare di fare il Fiandre e poi Freccia e Liegi, ma ora c’è la Roubaix di mezzo e dovrò lavorare per specializzarmi su quei terreni.

Per vincere?

La Parigi-Roubaix è un’ambizione molto alta, perché non ho mai nemmeno pedalato su quelle pietre. Quindi sembra un po’ audace dire che voglio vincerla. Mi piacerebbe sicuramente essere nella mia forma migliore.

E’ vero che non credevi si sarebbe corso nel 2020?

Durante il lockdown della scorsa primavera ho deciso di concentrarmi su qualcosa di tangibile. E siccome non sapevamo se ci sarebbe stato un 2020, ho cominciato a fare progetti a lungo termine, guardando ai campionati del mondo di quest’anno. Sono stati il motivo per lavorare duro e ora sono il mio grande obiettivo.

L’anno scorso sul podio de La Course dicesti che ti sarebbe piaciuto un Tour de France femminile.

E subito dopo il presidente dell’Uci Lappartient ne ha parlato, ha tirato in ballo Aso per il 2022, ma non si è saputo altro. A me non piacerebbe un Tour più corto. Perché sia davvero il Tour de France, dovrebbe replicare in tutto l’edizione maschile. Sarebbe pieno di tappe diverse dalle solite. Penso che sarebbe bello se includesse grandi passi di montagna, montagne iconiche dove di solito non possiamo correre mai.

Così ha vinto con grande autorità a Plouay, battendo Banks
Così ha vinto con autorità a Plouay, battendo Banks
Non sarebbe troppo duro?

Dal punto di vista del corridore, vorrei avere l’opportunità di correre per tre settimane in quella che potrebbe essere la nostra gara più impegnativa.

Squadre WorldTour, Ardenne, Roubaix, forse il Tour… il mondo sta cambiando in fretta!

Tempo fa ci siamo ritrovate a tavola con ragazze della mia età (Lizzie ha 32 anni, ndr). E ci siamo dette che è un dolore essere diventate vecchie e vedere tanti progressi. Però è eccitante per le più giovani, anche se sono un po’ gelosa. Però ci tengo a dire che la generazione cui appartengo può essere orgogliosa di ciò che ha fatto per contribuire a tutto questo. E’ fantastico che il ciclismo femminile stia crescendo così. Sono conquiste che non riusciranno a portarci via

Brambilla, ginocchio a posto: «A Cicco e Nibali ci penso io»

18.01.2021
5 min
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«Sabato abbiamo fatto quasi sei ore – dice Brambilla – la scorsa settimana ne sono saltate fuori 26. Per fortuna ieri c’è stato riposo».

Il ritiro della Trek-Segafredo procede con l’intensità giusta, nella bolla anti-Covid che rende tutto ovattato, ma nulla può contro la fatica. Il vicentino di stanza a Monaco ha ripreso di buona lena dopo il 2020 che era ripartito bene dopo il lockdown, ma si è infranto contro l’asfalto della tappa di Vieste, nella caduta che ha compromesso il ginocchio e a Piancavallo l’ha costretto al ritiro.

Nel 2016, Brambilla vince la tappa di Arezzo al Giro e conquista la maglia rosa, che dedica a Cristina e ad Asia
Nel 2016, tappa di Arezzo al Giro, maglia rosa e dedica alle sue donne

«Ma adesso sto bene – dice – è rimasta solo una brutta cicatrice. Ho fatto la risonanza e non c’erano lesioni, solo liquido. Per cui me la sono cavata con un periodo di riposo. Peccato, perché il 2020 fino a quel punto non era stato da buttare. E’ stato una stagione stranissima. Alla Tirreno avevo una buona condizione. E quando si è visto che Nibali non stava tanto bene, ho fatto io classifica e alla fine c’è scappato un nono posto. Il ritiro dal Giro scoccia, perché sentivo che avrei potuto fare davvero qualcosa di buono per Vincenzo».

Ormai hai la dimensione del gregario oppure ci sarà spazio anche per te?

Tutte le corse, se starò bene, saranno buone. Logico che se ci sono Vincenzo e Giulio (Ciccone, ndr), io corra per loro, ma non saremo sempre insieme. Nel mio calendario “libero” ci sarebbero Murcia e Almeria, se si faranno. Altrimenti Haut Var, Drome-Ardeche, Laigueglia, Strade Bianche, Catalunya e niente Tirreno. Poi altura sul Teide, quindi Trentino e Giro insieme a loro.

Al Giro del 2019 attacca con Capecchi verso Pinerolo, ma non trova collaborazione
Al Giro 2019 poca collaborazione di Capecchi verso Pinerolo
Pensi di aver lasciato delle occasioni lungo la strada?

Non rimpiango niente. Qualche volta, soprattutto negli ultimi anni, sono andato forte, ma non sono riuscito a concretizzare. All’Emilia del 2018 ho bucato all’ultimo chilometro, quando stavo per riprendere De Marchi che ha vinto. Nella tappa di Pinerolo al Giro del 2019 si poteva arrivare, ma Capecchi ha corso per perdere. Se ci penso altri 5 minuti trovo un altro mazzetto di occasioni perdute. La fortuna sarà cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo. Eppure la sensazione di poter andare ancora forte mi dà la motivazione per migliorare ogni anno.

Nel 2020 sei sembrato molto in palla.

E’ stato l’anno in cui mi avete visto più tirato, anche se poi al Giro è successo il patatrac. A volte mi rendo conto solo io che vado forte, perché non faccio risultato. Quest’anno compio 34 anni, il tempo passa, vado verso al maturità.

Nel 2020 corre il Giro dell’Appennino con Nibali in maglia azzurra. C’è anche Moscon
Nel 2020 corre l’Appennino con Nibali. C’è anche Moscon
Giusto ieri abbiamo pubblicato un’intervista con Rebellin, lui cosa dovrebbe dire?

Mi sono allenato qualche volta con lui a Monaco e va forte. Nel 2019 l’ho trovato subito dopo il Giro, avevo una bella gamba e preparavamo entrambi il campionato italiano che ha vinto Formolo. Abbiamo fatto la salita di Seborga e andavamo forte, tanto che in cima abbiamo fatto la volata. Non c’è stato verso di staccarlo. E’ un personaggio umile, molto serio sul lavoro e come persona. Fa ciclismo in modo totale, addirittura porta con sé barrette che prepara da sé.

Rebellin dice di aver cambiato molte cose, dalla preparazione all’alimentazione.

Essere curioso fa parte anche del mio carattere, c’è sempre da imparare. Questo mi dà voglia di fare fatica e rende accettabile la lontananza da casa durante i ritiri. Per contro devo dire che il ciclismo ormai è il mio ambiente, sarebbe difficile fare senza. Non correrò fino a 50 anni, ma mi piacerebbe fare qualcosa nell’ambiente. Già adesso provo a fare la mia parte, parlando con i più giovani, ma sanno già tutto. Alcuni ascoltano, però certe volte sembra davvero di gettare parole al vento.

Il Giro 2020 di Brambilla prende una brutta piega con la caduta di Vieste e il colpo al ginocchio
Il Giro 2020 compromesso dalla caduta di Vieste
Poco fa hai parlato di famiglia, ricordiamo la dedica dopo la tappa di Arezzo alle tue “due bambine…”.

Asia ha ormai 4 anni e mezzo e sono felicissimo. Il post allenamento è più impegnativo dell’allenamento, perché rientri e hai da giocare per altre due ore. La fatica inizia lì, ma non me la perderei per nulla al mondo. Con lei c’è sempre Cristina, la mia ragazza, ma quando ci sono cerco di essere un padre presente. Per fortuna il lockdown l’abbiamo passato in Italia, altrimenti in appartamento saremmo impazziti.

A proposito di lockdown, nonostante tu abbia 33 anni, sei fra i pochi usciti bene da quel periodo…

Ho fatto il giusto, non troppo. Sui rulli al massimo un’ora al mattino e una il pomeriggio. Non avevamo neppure un obiettivo, non serviva fare di più. Non è stato un bel periodo. Ne ho approfittato per togliere una ciste che mi ha fatto perdere 10 giorni prima di andare al primo ritiro a San Pellegrino. Ho ripreso a correre un po’ indietro, ma dalla Tirreno ero a posto. Non so come abbiano fatto gli altri ad avere la testa per stare tutto quel tempo sui rulli…

Popovych ds con più carota che bastone

17.01.2021
4 min
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Yaroslav Popovych è stato uno dei dilettanti più forti di sempre. Ha vinto tanto, ha conquistato corse importanti e in quella categoria ha acquisito un carattere tosto che gli ha consentito di fare una lunga carriera anche tra i pro’. Una carriera nella quale è salito anche sul podio del Giro d’Italia, terzo nel 2003.

Popovych in ritiro in Spagna (foto Barbieri)
Popovych in ritiro in Spagna (foto Barbieri)

Uomo dell’Est, ucraino, in tanti anni ha mescolato la sua esperienza con il suo carattere duro ed oggi è un dei direttori sportivi nella Trek-Segafredo più apprezzati dai giovani… e non solo.

Popovych ha gareggiato fino alla primavera del 2016, proprio nella Trek. All’epoca non era più già da un po’ un capitano, ma su di lui si poteva sempre contare. E lo aveva capito bene Fabian Cancellara.

Quando è nata l’idea di fare il direttore sportivo?

L’idea di fare il ds è nata nel 2015 – racconta Popovych – ma già dopo aver superato i 30 anni ho iniziato a pensare a cosa avrei fatto quando avrei smesso. I soldi che avevo guadagnato non mi sarebbero bastati per tutta la vita. Però avevo solo corso e non sapevo fare altro. Il mio obiettivo era di gareggiare fino a 40 anni, ma diventava sempre più difficile. A 35-36 anni dovevi fare sempre più sacrifici per restare al passo e i giovani andavano sempre più forte. Io avrei corso un po’ di più, ma non era possibile.

Yaroslav Popovych e a ruota Fabian Cancellara
Yaroslav Popovych e a ruota Fabian Cancellara
E poi cosa è successo?

Nel 2015 uno dei ds della Trek mi disse: Yaro, perché non pensi di restare con noi come direttore sportivo? Io ci pensai su. Parlai con Guercilena e mi disse che questa possibilità era reale. A quel punto ho pensato che avrei dovuto prendere al volo quel treno. Anche perché una cosa è quando vai a chiedere tu e una cosa è quando te lo chiedono gli altri.

E così sei salito in ammiraglia nel 2016?

Dovevo smettere prima di quella stagione. Ma all’epoca ero ormai sempre con Cancellara, condividevamo spesso la camera e lui mi disse di aiutarlo almeno fino alla Roubaix. E così andò. Ma non fu facile smettere. Sì, la vita del corridore è dura, ma anche bella: giri il mondo, frequenti begli alberghi, conosci tante persone, ho imparato tante lingue. Comunque già durante quell’inverno, quindi fine 2015, presi la licenza Uci e un mese dopo la Roubaix ero in ammiraglia al Giro.

Popovych riprende i suoi ragazzi
Popovych riprende uno dei suoi ragazzi
Scommettiamo che in quei mesi prima della Roubaix eri motivatissimo…

Me li sono goduti, è vero. E mi sembrava di andare anche più forte. Ricordo che in quelle corse prima della Roubaix dopo aver finito il mio lavoro per Fabian mi staccavo. Ma poi pensavo: cavolo, Fabian è solo, devo dargli una mano. E così risalivo il gruppo. Magari riuscivo a tirare solo per un chilometro e poi mi ristaccavo. In una corsa avrò fatto così 5-6 volte. Erano le ultime gare e volevo esserci.

Ormai è un po’ che sei dall’altra parte. Qual è un dogma del Popovych direttore sportivo?

La puntualità. La pretendo da tutti. Io sono sempre in anticipo. Non sono una persona difficile, mi piace confrontarmi con lo staff e con i corridori. Soprattutto all’inizio, il mio lavoro consisteva molto nell’organizzazione del team, nella logistica: chi va su questa o quella macchina, dove disporre le feed zone e per questo spesso chiedevo ai meccanici e ai massaggiatori, che sono coloro che lavorano più di tutti e che hanno una grande esperienza. Mi affidavano i giovani, per esempio ho avuto sin da subito Ciccone, che adesso è un capitano.

Hai parlato di confronto con lo staff: è incluso anche il preparatore?

Fino a quest’anno poco, non avevo tutto questo potere! Adesso invece che seguo molto Ciccone sì. Parlo spesso con Jusu Larrazabal, il preparatore di Cicco, e decidiamo per esempio se è meglio fare questa o quella corsa, se o quando fare l’altura, se modificare l’allenamento in base alle previsioni meteo…

Che rapporto hai con i corridori? Con alcuni hai anche corso e passare dal gruppo all’ammiraglia non è facile…

Vero, con alcuni di loro ho corso, ma sono sempre di meno. Ho passato quella fase in cui ero ancora l’amico. E infatti i primi anni non è stato facile e per questo mi affidavano i giovani come ho detto: loro ti vedevano direttamente come ds e non come ex compagno. Nibali o Mollema non parlano con me come se avessi 50 anni, però devo dire che da parte loro c’è rispetto. Mi ascoltano… sennò mi arrabbio facilmente!

Ti arrabbi! E sei da bastone o da carota?

Dipende dai giorni! No, dai… Cerco sempre di mettermi nei panni di chi lavora tanto e non dei campioni. Loro vanno forte e sono sempre in vista in qualche modo, gli altri invece lavorano e spesso restano dietro le quinte. Penso che la base di tutto sia il lavoro e vorrei lo pensassero anche i ragazzi. Comunque mi arrabbio poco e quando succede mi passa facilmente.

Mosca contro corrente: «Il 2020 me lo tengo…»

16.01.2021
5 min
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Per tanti il 2020 è stato un anno da dimenticare. Non per Jacopo Mosca, uno che ha sempre saputo tirare fuori il meglio nelle difficoltà e, in una stagione complicata come quella passata, ha sfoderato doti che gli sono valse la riconferma nella Trek-Segafredo: mica poco per uno che soltanto un paio d’anni fa rischiava di rimanere a piedi. Ma il ventisettenne piemontese non si è mai dato per vinto e nell’anomalo Giro d’Italia autunnale dello scorso anno è stato l’ombra dello Squalo Vincenzo Nibali, un ruolo che spera di calzare anche nei prossimi mesi. Direttamente dal ritiro di Denia, in Spagna, ha aperto la sua valigia dei sogni.

Nel 2017 conquista la classifica finale del Tour of Guanxi
Nel 2017 conquista la classifica finale del Tour of Guanxi
Com’è stata la ripresa?

Dopo il Giro d’Italia avevo bisogno di tanto riposo. Adesso siamo col gruppo della Trek-Segafredo, abbiamo iniziato il 10 e termineremo il 25. Ci stiamo allenando bene, anche se siamo divisi in tre bolle differenti

Tu con chi giri più spesso?

Sono in camera con Mollema. Bauke è un grande, un po’ particolare, ma molto simpatico. Quando vuoi chiacchierare, lui lo fa sempre volentieri, altrimenti io mi metto la musica nelle cuffie e lui si mette a leggere. 

Riavvolgiamo il nastro: ti aspettavi un 2020 così?

Non ho mai pensato di poter vincere una corsa vera e propria, mentre quest’anno mi sono trovato a scattare sulla Cipressa nella Milano-Sanremo. E’ stato strano, ma direi che è stato un anno più che positivo.

Il momento clou è stato poi il tuo secondo Giro d’Italia: ce lo racconti?

Il lavoro che ho fatto mi ha reso orgoglioso. Poi, il giorno in cui siamo passati da Osasco è stata un’emozione unica, da pelle d’oca: passare davanti a casa mi ha riacceso, dopo che la luce si era spenta per le fatiche dello Stelvio di qualche giorno prima.

Jacopo Mosca è nato nel 1993 a Savigliano, ma vive a Genova
Jacopo Mosca è nato nel 1993 a Savigliano, ma vive a Genova
Ti è piaciuto vivere nell’ombra dello Squalo?

Avere un leader come Vincenzo ti fa tirare fuori non il 110 e nemmeno il 120, ma il 150 per cento. Certe volte sei oltre il limite, ma sai che stai lavorando per lui e riesci a dare tanto di più. E’ incredibile vederlo limare in gruppo: penso che sia uno dei maestri, lo fa quasi meglio di un velocista.

Il tuo programma seguirà quello di Nibali anche nel 2021?

No, a inizio anno farò le gare in Francia: comincerò il 3 febbraio con l’Etoile de Bessèges, poi il Tour de la Provence e le due semiclassiche Drome e Ardèche. Rientrerò in Italia per il Laigueglia del 3 marzo, dopodiché farò la Parigi-Nizza. Il programma poi è di fare il Giro al fianco di Vincenzo, ma adesso siamo a gennaio e la Corsa Rosa è a maggio, per cui vedremo in che condizioni sarò.

Anche perché si parla di una partenza da Torino…

Infatti, sarebbe davvero molto bello.

Le trasferte in Oriente erano il suo pane quotidiano: qui maglia dei Gpm al Tour de Guanxi 2019
Le trasferte in Oriente erano il suo pane quotidiano
Pochi ma buoni: sei d’accordo con questa massima sui piemontesi nel mondo del professionismo?

Ma in realtà non siamo nemmeno pochissimi, perché col passare degli anni c’è sempre più scrematura e selezione a livello internazionale. Basta guardare al numero dei corridori delle categorie giovanili e di quanti smettono da allievo o da juniores prima di passare dilettanti. Certo, con la crisi che stiamo vivendo per colpa del Covid sicuramente qualche talento andrà perso.

Piemontese è anche Filippo Ganna: ti saresti aspettato un’esplosione così anche su strada?

Nel 2015 abbiamo corso insieme nella Viris. Credo che nessuno si sarebbe aspettato un’esplosione del genere: ne sono molto felice perché lui è un buono da quando lo conosciamo negli esordienti ed è rimasto sempre lo stesso. Un po’ matto, ma ora fa faville.

Tu sei uno che ha tenuto duro ed è stato ripagato: che consiglio ti senti di dare alle nuove leve in questo momento così complesso?

Di non mollare, perché la classica frase “la ruota gira” è vera. Se fai le cose nel modo giusto e dando tutto quello che hai, prima o poi le soddisfazioni arrivano. Per me è stato così con la chiamata della Trek-Segafredo: l’importante è dare il massimo e non aver rimpianti.

Mosca terzo su traguardo di Asti all’ultimo Giro, dopo Cerny e Campenaerts
Qui Mosca, 3° su traguardo di Asti all’ultimo Giro
Il tuo sogno per questa stagione?

Spero di riuscire a confermare e far vedere che posso essere un supporto prezioso per i capitani. Grandi ambizioni personali non ne ho, quindi, vedo questo come obiettivo di tutta la carriera: essere un gregario affermato e solido.

Com’è la vita del gregario?

Non è difficile. Il punto di partenza sta nel capire che c’è chi è fatto per vincere e chi ne ha meno le possibilità, non perché sia scarso e vada meno, ma per una serie di motivazioni da sommare tra di loro. Comunque, quando vedi il tuo capitano vincere o lottare fino alla fine per un buon piazzamento, sai che tu hai dato il massimo per permettergli di trovarsi lì e sei soddisfatto. Ovviamente, se poi arriva il risultato, lo sei ancora di più.

La salita che preferisci in allenamento?

Pramartino, che è stata fatta tante volte al Giro. Oppure anche Prarostino, che è un’altra collinetta vicino a casa: hanno strappi belli duri.

E la più bella che hai fatto in corsa?

Vorrei dire lo Stelvio, ma ho sofferto talmente tanto che l’ho rimosso. Sarò di parte da piemontese, ma dico il Colle delle Finestre, fatto al Giro del 2018 nel giorno dell’impresa di Froome. Ha un suo perché.

Nibali, i giovani nel mirino (e uno in camera)

14.01.2021
3 min
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Avevamo lasciato Nibali con quello scatto bellissimo al Sestriere di lui che, appena tagliato il traguardo, allunga il braccio verso Rohan Dennis per complimentarsi per quel che hanno fatto lui e Geoghegan Hart. L’inglese andava in senso opposto in direzione del podio, Vincenzo se ne tornava da solo ai bus. 

L’altro ieri, con un volto disteso e finalmente un sorriso ritrovato, Vincenzo Nibali ha annunciato al mondo i suoi programmi. Lui e la Trek-Segafredo sono in ritiro in Spagna. Nei primi giorni pochi chilometri e molti impegni: foto, rapporti con gli sponsor, conoscenza dei nuovi arrivati. Tra i questi i giovani. 

Giovani vs vecchi

E proprio sui giovani abbiamo insistito con lo Squalo. La stagione appena conclusa ha visto la ribalta dei “ragazzini” terribili. Okay, a quanto pare il covid sembra averli avvantaggiati, ma di fatto Pogacar, Evenepoel e company vanno e forte e se proprio non fanno paura sarebbe sbagliato non temerli per il prossimo anno, anche se ti chiami Nibali. E Vincenzo lo sa.

Ma questi fenomeni potranno andare così forte per tanto tempo? Avranno una carriera lunga come quella di Nibali? In fin dei conti lo Squalo crescendo lentamente è arrivato a 36 anni ancora competitivo. Punta a Giro e Olimpiadi

«Oggi la scienza è andata avanti e i ragazzi diventano più forti prima che in passato – spiega Nibali – E’ tutto controllato. Però è anche vero che spendono molto di più. Si consumano maggiormente. E non so se potranno arrivare ad avere carriere molto lunghe. Forse sì, forse no. Si dice sempre che un atleta raggiunge il suo massimo a 30 anni, adesso questo succede a 20».

Rohan Dennis, Vincenzo Nibali, Sestriere, Giro d'Italia 2020
Rohan Dennis e Vincenzo Nibali al Sestriere, Giro d’Italia 2020
Rohan Dennis, Vincenzo Nibali, Sestriere, Giro d'Italia 2020
Dennis e Nibali al Sestriere, Giro 2020

In camera con Tiberi

Ma uno dei giovanissimi rampanti Nibali ce l’ha anche in casa e si chiama Antonio Tiberi. Il laziale è in camera con lui ed è lo Squalo a raccontarlo, non senza sorridere. Questa convivenza spagnola sa tanto di vecchio e giovane!

«Con Antonio condivido la camera. Non è stata una scelta mia, ma va bene così! E’ molto giovane ha fatto solo un anno tra i dilettanti, ma è già serio. Bisogna dargli tempo e vedere come cresce. Gli darò tanti consigli. Alimentazione, allenamento… ma un po’ per volta!».

I due in realtà già si conoscono. Proprio pochi giorni fa Tiberi ci aveva detto che durante le feste di Natale era uscito con Nibali nei pressi di Fiuggi. Evidentemente il team manager Luca Guercilena, autore di questa scelta, ci aveva visto subito lungo. I due hanno anche una certa somiglianza fisica. «Anche se lui – dice Nibali – è molto più cronoman di me».

I due corridori in qualche modo possono avere un bel feeling. Se non altro per essere campioni nel Dna. Vincenzo lo è anche nel palmares. Antonio ha tutte le carte in regola per riempire la sua bacheca.

Antonio Tiberi (ancora 19 anni) è in camera con Nibali
Tiberi (ancora 19 anni) è in camera con Nibali

L’esperienza insegna

Tiberi è una delle rarità italiane, visto che molte delle nuove super leve sono straniere. Nibali ricorda di quando dovette lasciare la sua Sicilia da adolescente e di quanto tutt’ora le cose, se pur migliorate, siano difficili. All’estero si è lavorato meglio.

Covid o non covid, vittorie o non vittorie, Evenepoel, Hirschi, Pogacar, Hindley, Geoghegan Hart sono delle realtà. E questa stagione non è stata vana sotto questo punto di vista per Nibali. Lui sa che dovrà prepararsi al meglio e magari anche in modo diverso per contrastare questi ragazzini. E per far sì che in cima al Sestriere le gerarchie siano ristabilite. Che la pacca sulla spalla non sia un passaggio di consegne, ma al contrario un “congratulazioni vecchio”.