Higuita cambia marcia e si gode il panorama… da leader

01.08.2022
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Quando taglia il traguardo della terza tappa del Tour de Pologne, Sergio Higuita ha una smorfia di dolore e di fatica sul volto. Tappa e maglia, la doppietta più classica del ciclismo. Lo sforzo fatto per arrivare in cima alla collina poco fuori Przemysl è stato brutale. Un chilometro e mezzo con pendenze che si fanno sempre più cattive, metro dopo metro.

Dall’alto di questa verdeggiante collina, situata nel voivodato (antico feudo) dei Precarpazi, si può ammirare tutta la pianura circostante. Le pendenze proibitive fanno emergere gli uomini esplosivi, compatti, con un elevato rapporto peso/potenza.

Breve ma intenso

Ai piedi dello strappo conclusivo arrivano pochi corridori, non più di trenta, a giocarsi la corsa. E’ la BikeExchange a prendere in mano la situazione, ma il loro ritmo dura ben poco perché un attacco velleitario di Teunissen scombina le carte in tavola. Lo scatto cattivo, ma troppo anticipato, dell’olandese crea scompiglio e la Ineos-Grenadiers prende in mano la situazione. Ma dopo qualche metro Carapaz perde le ruote dei compagni, queste non sono le sue salite. 

«Una tappa lunga – racconta Matteo Sobrero, che coglie un incoraggiante quarto posto – tosta con una serie di salite nel finale che hanno tagliato le gambe. Come lo scorso anno la selezione si è fatta sulle salite che anticipavano quella finale.

«Higuita è partito nel momento giusto e si è giocato molto bene le poche chance di portarsi davanti all’ultima curva. Io ho provato a tirare su il 53 per rilanciare l’andatura ma la catena ci ha messo un attimo di troppo a salire e non sono riuscito a fare la volata».

Pendenze familiari

Quando Sergio Huguita arriva in zona mista la smorfia di fatica ha lasciato spazio al solito sorriso. La maglia del leader della classifica generale che gli hanno dato sul podio è enorme. E’ più grande di almeno tre taglie. Le maniche gli si ripiegano su se stesse e il bordo di fine maglia al posto che essere in vita gli arriva a quasi metà cosce. 

«Un bel finale di tappa – dice Higuita – esplosivo come piace a me. In Colombia abbiamo tante salite così, più lunghe chiaramente, sempre con pendenze toste. Sono salite dove sei a tutta dall’inizio alla fine, ma la vera differenza la fai quando la strada spiana.

«In quel momento devi essere bravo a rinforzare il rapporto e a spingere ancora. Sono contento perché una vittoria così dà morale anche per gli appuntamenti successivi. Sappiamo tutti che la vera tappa decisiva sarà la cronoscalata, dove i gap saranno maggiori».

Sergio Higuita (classe 1997) con maglia di leader davvero extra large! Per fortuna è solo quella da podio
Sergio Higuita (classe 1997) con maglia di leader davvero extra large! Per fortuna è solo quella da podio

Rotta sulla Vuelta

Il percorso di Higuita è stato lineare e perfettamente calibrato per arrivare a far bene al suo primo grande Giro in maglia Bora: La Vuelta. 39 giorni di corsa fino ad ora per Higuita, tanti se si pensa che non ha fatto grandi corse a tappe nel frattempo. Un calendario concordato che concilia bene gare e recuperi, con molte corse a tappe di una settimana al massimo. 

«E’ un altro step fondamentale per arrivare con la condizione e la giusta motivazione alla Vuelta. Ho programmato questo obiettivo con la squadra dal giorno zero dell’inverno. Abbiamo deciso insieme il calendario per arrivare al meglio al mio primo grande giro con la Bora. Tanta altura e poi corse per aumentare la condizione grazie al ritmo gara. E’ la mia quarta vittoria stagionale, a cui va aggiunta la classifica generale della Volta a Catalunya e il secondo posto, sempre nella classifica generale, del Giro di Svizzera a inizio giugno».

Domani Higuita ripartirà con la maglia di leader, speriamo della sua misura. E’ vero che una rondine non fa primavera, ma quando il suo volo è aggraziato come l’ondeggiare di Higuita sui pedali non si può che sperare che questa primavera possa sbocciare, come il talento del colombiano.

Kooij: il giovane olandese che ha stregato il Tour de Pologne

01.08.2022
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Ottocento metri all’arrivo della prima tappa del Tour de Pologne, il team Jumbo Visma in testa a tirare, cosa c’è di strano? Nulla, direte voi. Ma in Polonia i “calabroni” hanno portato una squadra diversa, con tre corridori su sei che sono nati dopo il 2000. Giovani e affamati, si presentano all’ultima curva, con l’esperto Mike Teunissen che pilota Olav Kooij. L’olandese, neanche ventunenne, esce dalla ruota del compagno e lancia la volata, nessuno riesce a superarlo ed è fatta!

Kooij è nato il 17 ottobre a Numansdorp, piccolo comune nell’Olanda meridionale che prende il nome dal suo primo ambasciatore: Gerard Numan. Neanche 10 mila anime e poco da fare, solo far girare le gambe sempre più veloci. Olav ha il viso giovane, ma le sue espressioni sono decise, di chi sa ciò che vuole. Quando taglia il traguardo il suo urlo squarcia le nuvole che oscurano Lublin. Dietro di lui, in quarta posizione, arriva Teunissen e la sua gioia è anche più grande di quella del compagno.

«Sono davvero al settimo cielo per questa vittoria – esclama ai microfoni dei giornalisti in zona mista – non ci credo davvero! La Polonia era nel mio destino, nel 2020, proprio su queste strade ho vinto in Coppa delle Nazioni ed ora la prima gara WorldTour».

Ieri, nella volata di Zamosc, il giovane calabrone ha colto il quarto posto, alle spalle di Milan. La maglia di leader gli è stata soffiata da Abrahamsen grazie alla somma degli abbuoni.

L’urlo di Olav Kooij ha riecheggiato per tutto il centro di Lublino, sede di arrivo della prima tappa del Tour de Pologne
L’urlo di Kooij ha riecheggiato per il centro di Lublino, arrivo della prima tappa del Tour de Pologne
Qual è stata la parte più difficile nel vincere la prima tappa?

Il finale è stato estremamente movimentato e frenetico, sono caduti tanti corridori dietro di noi. Era importante arrivare davanti nell’ultimo chilometro perché la strada diventava più stretta. Lo strappo agli ultimi 600 metri ha allungato il gruppo e noi siamo stati bravi a rimanere sempre davanti, e per questo devo ringraziare i miei compagni. 

La cosa che ti ha emozionato di più?

Passare il traguardo a braccia al cielo mi ha fatto venire i brividi e mi vengono tutt’ora se ci penso. Ho indossato la maglia del leader e devo ammettere che è ancora una sensazione strana. Ma oggi è un nuovo giorno e un’altra occasione per provarci, vedremo cosa possiamo fare (aveva detto ieri mattina prima della tappa, ndr).

Phil Bauhaus, in maglia Bahrain Victorious e Olav Kooij, Jumbo Visma si confrontano a fine tappa
Bauhaus, in maglia Bahrain e Kooij, Jumbo Visma si confrontano a fine tappa
Sei molto giovane, da quanto ti sei appassionato al ciclismo?

Avevo 8 anni quando ho iniziato a correre in bici, da noi in Olanda la bicicletta è il mezzo che usi tutti i giorni per muoverti e andare in giro. Direi che è facile salire sopra una bicicletta, ho iniziato a rendermi conto di essere bravo da esordiente. Ma è da junior che ho iniziato a vincere con costanza portando a casa anche qualche gara importante per la categoria.

E la Jumbo Visma quando è arrivata?

Nel 2020, dopo il mio secondo anno da junior, dove ho mantenuto il trend dell’anno precedente vincendo 10 gare, tra cui delle classiche olandesi. Al primo anno nel Development Team della Jumbo ho vinto sei corse, tra cui una tappa alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali.

Nel Development team sei stato solamente un anno, poi subito tra i professionisti…

Sì, ma non bisogna aver fretta, nonostante io sia andato spesso tra i pro’ ho corso sempre gare che mi hanno permesso di crescere e maturare. Ora, dopo due anni ho ottenuto la mia prima vittoria WorldTour ma il percorso per arrivare qui è stato lungo. Non bisogna montarsi la testa, si cresce giorno dopo giorno.

La prima vittoria da professionista Olav l’ha ottenuta alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali nel 2020 (foto Instagram)
La prima vittoria da professionista Olav l’ha ottenuta alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali nel 2020 (foto Instagram)
Quella è stata la tua prima vittoria da professionista, che ricordo hai?

Una grande emozione, quasi paragonabile a quella provata sabato. I miei successi sono arrivati tutti in maniera graduale, ad inizio stagione avevo vinto due gare in Croazia ed una in Slovenia.

In Italia hai corso molto, quest’anno hai ottenuto anche due podi alla Tirreno-Adriatico, che ne dici del nostro Paese?

Mi piace molto, ho dei bei ricordi, sulle vostre strade mi sono divertito molto. Sono stato a correre anche il Gran Piemonte, dove ho concluso terzo, mi piace correre da voi. I panorami e le città sono davvero belli e particolari.

Abbiamo letto di te che praticavi pattinaggio sul ghiaccio, raccontaci…

Anche questo sport è molto praticato in Olanda, anni fa i canali ghiacciavano e d’inverno ci si poteva pattinare sopra. E’ uno sport che ho sempre portato avanti insieme al ciclismo, i pattini in inverno e i pedali d’estate. Nel corso del tempo l’ho sempre più abbandonato, la carriera da ciclista occupa tanto tempo.

Kooij nonostante abbia perso la maglia gialla rimane leader della classifica a punti
Kooij nonostante abbia perso la maglia gialla rimane leader della classifica a punti
Gareggiavi anche lì o era una passione?

Correvo tanto, anche in quella disciplina ho disputato gare importanti a livello nazionale.

Quali vantaggi pensi ti abbia dato il pattinaggio?

Mah, è un bel modo di mantenersi in forma durante il periodo invernale. Io sono un corridore potente, il pattinaggio mi aiutava a mantenere allenata la forza. In più è uno sport con uno sforzo medio-corto, abbastanza simile alle volate.

Ultima domanda, hai qualche corridore a cui ti ispiri?

Mi è sempre piaciuto Groenewegen, un grande sprinter, però sono cresciuto anche con il mito di Sagan, ed in squadra ho Van Aert. Diciamo che ho tanti spunti (conclude con una risata, ndr).

A Zamosc sfreccia Thijssen, ma chi ride è Milan

31.07.2022
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Nel trasferimento che ci porta da Chelm a Zamosc si respira la tipica atmosfera polacca. I paesini, un agglomerato di case tra immense distese di grano, si colorano di camicie eleganti e di vestiti con i temi più variopinti. Le chiese si riempiono per la messa ed i cittadini si ritrovano dopo una settimana di lavoro. Ma in questa domenica c’è qualcosa di diverso, perché a Zamosc c’è il secondo arrivo in volata di questo Tour de Pologne. Una volata di gruppo, piena e compatta, vinta da Gerben Thijssen che precede Pascal Ackermann e un ritrovato Jonathan Milan.

Oggi la Bahrain si è trovata senza Bauhaus nel finale, così la volata l’ha fatta Milan
Oggi la Bahrain si è trovata senza Bauhaus nel finale, così la volata l’ha fatta Milan

Sprint vero

Se ieri, nella frazione inaugurale, i velocisti sono rimasti attardati oggi possiamo dire che si riprendono il loro spazio. Il nostro Jonathan Milan, che ritroviamo dopo un lungo periodo di assenza, coglie al volo l’occasione e si lancia nella mischia. 

«E’ stata una giornata un po’ così – ci racconta il ragazzone della Bahrain Victorious – bella dura, abbiamo avuto vento in faccia tutto il tempo. Nel finale dovevo tirare la volata a Bauhaus, devo ammetterlo, solo che lui negli ultimi 15 chilometri si è fermato a causa di una foratura. L’ho aspettato e siamo rientrati solamente ai meno cinque.

«Sarei dovuto essere il penultimo uomo di Phil, solo che appena arrivati dietro Haussler, che avrebbe dovuto lanciare la volata, ci siamo persi. Quando siamo arrivati all’ultimo chilometro ero lì e mi sono lanciato, sono stato un po’ indeciso perché pensavo mi arrivasse alle spalle Phil. Solo agli ultimi 100 metri ho abbassato la testa».

Uno stremato Jonathan Milan si gode il breve momento di pausa prima della cerimonia delle premiazioni
Uno stremato Jonathan Milan si gode il breve momento di pausa prima della cerimonia delle premiazioni

Un lungo stop

Milan parla a ruota libera, mentre dietro le nostre spalle continuano le premiazioni. Abrahamsen, norvegese della Uno-X ha strappato la maglia a Olav Kooij grazie agli abbuoni. Il fisico di Jonathan è imponente, per guardarlo in faccia serve alzare di molto lo sguardo. Ma quando si incontra il suo ci si rende conto della bontà dei suoi occhi e della gioia di essersi messo un periodo difficile alle spalle.

«L’ultima gara che ho fatto – riprende Milan – è stata la Saxo Bank Classic, che non ho nemmeno finito. Da marzo ad oggi c’è stato di mezzo un problema fisico che mi ha tenuto fermo e mi ha dato molte preoccupazioni. Ho avuto un’infiammazione nella zona tra l’intestino ed il colon, non sapevamo cosa fosse, ho fatto tanti esami ma senza mai una risposta.

«Il problema era che non riuscivo ad andare in bici, appena mi alzavo sui pedali mi partiva questa fitta. Così ho fatto un mese e mezzo senza bici, nel tempo è andato via da solo. Io stavo bene, solo che avevo questa cosa qua che mi frenava».

Oggi il meteo non ha risparmiato i corridori, vento e pioggia hanno segnato il loro cammino verso Zamosc
Oggi il meteo non ha risparmiato i corridori, vento e pioggia hanno segnato il loro cammino verso Zamosc

Il lento rientro

Con il fisico e la salute non si scherza, soprattutto quando si è giovani e la carriera è lunga. Le occasioni per dimostrare il proprio potenziale ed affermare al mondo la propria forza a Milan non mancheranno

«Ho ripreso a correre in pista a Cali due settimane fa, l’appuntamento successivo era questo ed ho cercato di prepararmi al meglio, non è andata male (dice ridendo, ndr). Caspita, non dico che è stato pesante ma di certo non bello, ho saltato tante gare e classiche che mi piacerebbe fare in futuro. Abbiamo dovuto ridisegnare il calendario e incominciare da zero.

«Tra pochi giorni ci saranno gli europei su pista ma non ci sarò, mi preparerò per le prossime gare su strada, prima Amburgo e poi Giro di Germania. Per la pista sono abbastanza tranquillo perché la squadra mi lascerà lo spazio per preparare al meglio tutti gli impegni che arriveranno.

Milan con il terzo posto di oggi ha ritrovato il sorriso che gli era mancato negli ultimi mesi
Milan con il terzo posto di oggi ha ritrovato il sorriso che gli era mancato negli ultimi mesi

La corsa continua

La sala stampa di Zamosc è all’interno del museo della guerra, un edificio di due piani che si trova nella zona periferica della città. Dalle finestre del primo piano si può vedere il rettilineo di arrivo dove si sono affrontati a viso aperto i corridori. Il Tour de Pologne sgombera le strade e si rimette rumorosamente in viaggio, dall’alto gli operatori sembrano tante formiche operaie indaffarate. 

Domani ci sarà l’arrivo di Przemysl, uno strappo di due chilometri con pendenze tra il 15 ed il 16 per cento negli ultimi duecento metri.

Si arriverà molto vicino al confine ucraino, meno di 15 chilometri. Il pensiero non potrà che andare a quello che succede al di là di quella linea, dove le strade non sono solcate da ruote veloci di biciclette ma da cingolati lenti di carri armati che distruggono tutto quello che incontrano.

Guarnieri e Demare in Polonia. Intanto Kooij scappa

30.07.2022
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Il Tour de Pologne rappresenta la prima corsa dove si ricompone il duo, ormai indissolubile, della Groupama FDJ: Jacopo Guarnieri e Arnaud Demare. Rispettivamente ultimo uomo e velocista del team francese. I due guardano ai prossimi impegni con curiosità ma rivolgono anche uno sguardo a quanto successo al Tour de France. Per Jacopo si tratta della prima gara dopo le fatiche del Giro d’Italia, Demare, invece ha corso la Route d’Occitanie e il campionato nazionale francese. Cosa hanno fatto i due in queste settimane di pausa dalle corse?

«Arnaud è andato al mare – dice ridendo Jacopo – è andato ad allenarsi a Nizza, ha fatto un viaggetto con la moglie. Io, invece, sono andato a Livigno, non sono un grande amante del caldo e sono scappato in montagna. Sono sfuggito all’afa di questo periodo, perché obiettivamente con 40 gradi era difficile allenarsi a lungo».

Olaf Kooij coglie la sua prima vittoria nel WordlTour. Ecco un altro gioiello nato e cresciuto in casa Jumbo Visma
Olaf Kooij coglie la sua prima vittoria nel WordlTour. Ecco un altro gioiello nato e cresciuto in casa Jumbo Visma

Il ritorno in gara

Alla prima corsa dopo tanti mesi i punti di domanda sono molti, i primi chilometri servono per capire a che livello di condizione si è arrivati. Il Tour de Pologne rappresenta una bella occasione, tante volate e sette tappe, senza dislivelli troppo impegnativi.

Oggi, per esempio, c’è stata la prima da Kielce a Lublino, vinta dal giovane olandese, classe 2001, Olav Kooij del team Jumbo Visma che ha trovato così il primo successo in una corsa WorldTour ed il sesto stagionale. Alle sue spalle sono finiti Bauhaus e Meeus. L’arrivo di Lublino aveva uno strappo di 400 metri con punte al 7 per cento, forse un po’ troppo per Demare, che con il grande carico di lavoro fatto è ancora alla ricerca dello spunto che solo la gara ti può dare.

«Chiaramente la gamba è un’incognita – ci aveva detto questa mattina Guarnieri – so di aver lavorato bene, diciamo che abbiamo più di mille chilometri per capire a che livello di preparazione siamo arrivati. Non ci nascondiamo, nonostante non si corra da un po’ siamo venuti qui per vincere. Ci sono tanti velocisti, a parte quei 4-5 che erano al Tour ci sono tutti».

Ieri alla presentazione li avevamo passati in rassegna un po’ tutti: Viviani, Bennet, Ackermann, Cavendish e lo stesso Kooij, che lo scorso anno fu terzo al mondiale U23.

Un occhio al Tour

Guarnieri, in questi giorni di allenamento, non ha perso l’occasione per “studiare” la concorrenza e ha guardato con interesse al Tour, dove tanti velocisti si sono dati battaglia. Anche se la maglia verde l’ha portata a casa un certo Van Aert, che ha dominato su tutti i terreni.

«Dei velocisti direi che Philipsen – analizza insieme a noi Jacopo – è quello uscito meglio, tant’è che ha vinto lo sprint sui Campi Elisi. Ho visto tanto mal di gambe, diciamo pure che si è trattata di una delle poche volte in cui non ero invidioso di chi c’era (dice con un simpatico sorriso sul volto, ndr). Sapevamo che Van Aert avrebbe dominato, non ha fatto niente di nuovo, ce lo si aspettava, lui può fare quello che vuole».

«Per un po’ di anni i velocisti la maglia verde se la possono scordare (nel frattempo accanto a noi passa Demare e Jacopo lo guarda, ndr). Secondo me, se un velocista vince tre sprint la maglia verde passa anche in secondo piano».

Il velocista francese è stato uno dei corridori più ricercati dalla stampa alla vigilia del Tour de Pologne
Il velocista francese è stato uno dei corridori più ricercati dalla stampa alla vigilia del Tour de Pologne

Il “caso” Morkov

La Quick Step-Alpaha Vinyl, nella tappa numero 15 ha lasciato Morkov, ultimo uomo di Jakobsen, da solo. Così lui, abbandonato al suo destino, è finito fuori tempo massimo. L’impressione, vedendo le ultime due volate, era che a Jakobsen mancasse l’uomo che lo portasse agli ultimi 200 metri. Jacopo analizza con freddezza e lucidità anche questo episodio che lo riguarda da vicino, essendo anche lui ultimo uomo.

«Mah, abbandonato – ci dice – Jakobsen le occasioni di vincere le ha anche se non c’è Morkov, è giusto aspettare il leader. Gli altri uomini sono tutti importanti ma nessuno è indispensabile, nelle ultime due volate a me Jakobsen sembrava avere meno gamba. Direi che non c’è stato nulla di strano.

«Faccio l’esempio su me stesso, se dovessi rimanere indietro sarebbe giusto lasciarmi da solo. Il velocista va protetto, gli altri è un “si salvi chi può” l’ultimo uomo è fondamentale ma non vitale, riduci le possibilità di vittoria ma le mantieni. Se, al contrario fermi qualcuno ad aspettare l’ultimo uomo rischi di perderne due, non ha senso.

Caldo e salite

E’ stato un Tour de France dove il caldo ha fatto da padrone e da giudice, anche più delle salite forse. I velocisti si sono salvati, alcuni come Jakobsen sul filo dei secondi, altri con margine.

«Non mi sembrava un Tour impossibile – ci confida – ma poi la corsa va fatta, a guardare dalle mappe sembrava fattibile. A mio modo di vedere la settimana più dura era la seconda, con la tripletta sulle Alpi che ha davvero ammazzato le gambe. La terza un po’ meno, ma il caldo dei Pirenei lo si sentiva anche guardando la televisione.

«Per chiudere il discorso – dice Jacopo – Jakobsen ad una tappa è arrivato a 15 secondi dal tempo massimo e non aveva nessuno dei suoi compagni intorno. Sono scelte di squadra, mi ricordo che al Giro 2017 in quattro, tre più Arnaud siamo andati a casa e tutti ci hanno criticato, non ci si salva dal giudizio delle persone».

Intanto c’è la corsa polacca che incombe. Ua prima chance è andata per il treno della Groupama-Fdj. Se oggi i super specialisti dello sprint avevano una “mezza scusa” per non arrivare davanti, domani verso Zamosc non avranno alibi. Oltre 200 chilometri “piatti” come un biliardo o quasi. Nessuno strappo nel finale. Diciamo che oggi è stata tolta la ruggine dopo il lungo digiuno dalle corse.

Moser, l’ultimo italiano a vincere il Polonia. Che ricordi…

29.07.2022
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Sabato 30 luglio partirà da Kielce il 79° Tour de Pologne, corsa a tappe di categoria WorldTour che si concluderà a Cracovia il 5 agosto. Moreno Moser è stato l’ultimo corridore italiano ad aggiudicarsi la classifica generale di questa corsa, nel 2012, 10 anni fa (foto Facebook Tour de Pologne in apertura).

Moreno è di rientro da un giro in bici dopo il suo doppio esordio ai microfoni di Eurosport, prima al Giro d’Italia e poi al Tour de France.

«Non andavo in bici da un po’ di tempo – racconta con voce stanca – sono fuori allenamento, in questi mesi c’è stato tanto da lavorare. Tra l’altro parlando di Tour de Pologne, ho scoperto che non sarà trasmesso dai nostri canali di Eurosport».

Moreno Moser di spalle con la maglia gialla, simbolo del primato del Tour de Pologne (foto Facebook Tour de Pologne)
Moser di spalle con la maglia gialla, simbolo del primato del Tour de Pologne (foto Facebook Tour de Pologne)
Anche perché è stata la tua prima vittoria WorldTour nel tuo anno di esordio tra i professionisti…

E’ stata una gara davvero bella, tra l’altro mi sono ritrovato ad indossare la maglia fin da subito avendo vinto la prima tappa. L’arrivo era a Jelenia Gora e sono riuscito a regolare la volata di un gruppetto ristretto di una trentina di unità.

Leadership che hai perso alla terza tappa per soli tre secondi.

Questa è una storia abbastanza buffa. Il Giro di Polonia è sempre stata una corsa che si è decisa sul filo dei secondi. Infatti, fino alla terza tappa il mio vantaggio su Kwiatkowski era solamente di un secondo! 

E in quella frazione che è successo?

Il mio diesse non sapeva dell’esistenza del traguardo volante di metà percorso, così la mia squadra era davanti a tirare, visto che avevamo la maglia di leader. Ad un certo punto vedo “Kwiato” partire in tromba e fare una volata, rimango interdetto perché non me lo sarei mai aspettato. Sono venuto a scoprire dopo che mi aveva soffiato tre secondi e la maglia. Diciamo che non ero felicissimo, per usare un eufemismo.

Il 2012 era il primo anno tra i pro’ anche per Kwiatkowski che si è giocato il Tour de Pologne sul filo dei secondi (foto Andrzej Rudiak)
Il 2012 era il primo anno tra i pro’ anche per Kwiatkowski che si è giocato il Polonia con Moser (foto Andrzej Rudiak)
Nella tappa regina di Bukowina sei riuscito però a riprenderti la maglia e conquistare la seconda vittoria di tappa…

Ero partito con il pensiero che per me quella tappa fosse molto dura, non ero molto fiducioso. Si trattava di un percorso costantemente mosso e discretamente lungo, 191 chilometri. La tappa si concludeva su uno strappo tosto, ma che alla fine spianava leggermente. 

E com’è andata?

Sullo strappo che portava all’arrivo, misurava 2-3 chilometri, mi sono venuti i crampi a 500 metri dalla fine. Pensavo di piantarmi, invece sono riuscito a rimanere agile, respirare un attimo e lanciare la volata, battendo Henao e ancora Kwiatkowski (foto di apertura). 

Insomma, una sfida al secondo tra te e Kwiatkowski, hai battuto un polacco a casa sua.

Sì! Non so quanto siano stati felici lui ed i tifosi. Tra l’altro io e lui siamo dello stesso anno, 1990, e si trattava della nostra stagione di esordio tra i professionisti. Fino ad allora ci eravamo scontrati tra i dilettanti, era strano farlo tra i grandi.

Il primo successo tra i professionisti Moser lo ha ottenuto nel mese di febbraio al Trofeo Laigueglia, a pochi mesi dal debutto
Il primo successo tra i professionisti Moser lo ha ottenuto nel mese di febbraio al Trofeo Laigueglia, a pochi mesi dal debutto
Che impatto ha avuto questa vittoria nella tua carriera?

Alto, la ritengo la vittoria più importante della mia carriera da corridore. Nonostante fossi al primo anno tra i pro’ avevo già vinto due gare: il Laigueglia ed il GP di Francoforte. Però quella è stata la prima corsa a tappe, la prima gara WorldTour. Insomma, ha tutto un altro sapore.

E’ cambiata anche la percezione nei tuoi confronti?

Molto direi, a livello di consapevolezze e di responsabilità principalmente. Quando vinci una gara del genere aumentano le attenzioni in gruppo e dei media, ma anche dei tifosi che poi si aspettano di più da te. Ho cercato di rimanere con i piedi per terra, umile perché poi è facile farsi trasportare dall’entusiasmo.

Nel mese di maggio è arrivato il secondo successo in una gara di un giorno, questa volta al GP Francoforte
Nel mese di maggio è arrivato il secondo successo in una gara di un giorno, questa volta al GP Francoforte
Sei poi tornato a correre il Tour de Pologne?

Tre volte a distanza di qualche anno, ma non sono mai riuscito a ripetere quel che ho fatto nel 2012. La sensazione che avevo durante quella stagione era che tutto mi riuscisse piuttosto facile. Infatti, quando siamo tornati sul traguardo di Bukowina mi sono chiesto: “Ma davvero io ho vinto su questo percorso”?

E della gente che ricordo hai?

Piacevole, è una gara davvero molto seguita, poi con il fatto che sia classificata WorldTour richiama sempre un bel parterre di atleti. Di conseguenza il pubblico è invogliato a partecipare e riempie le strade.

Tour de Pologne, si corre per la pace a un passo dall’Ucraina

26.07.2022
7 min
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«Al Tour de Pologne vogliamo parlare di pace». A dirlo al telefono, col loro ottimo italiano e la consueta cordialità, sono Czeslaw e Agata Lang, rispettivamente direttore generale e vice della gara a tappe polacca WorldTour. Padre e figlia stanno rientrando in auto da qualche giorno di relax prima di immergersi nella 79ª edizione della loro corsa (in programma dal 30 luglio al 5 agosto).

Sette frazioni nel sud del paese per un totale di 1.209,4 chilometri che si svolgeranno con uno spirito particolare. Il tremendo conflitto in Ucraina è più di una preoccupazione e gli organizzatori hanno pensato a qualcosa per il popolo confinante. Con i Lang abbiamo parlato sia di questi argomenti sia di quelli agonistici.

Czeslaw “Cesare” Lang ha sempre provato personalmente ogni tappa del Tour de Pologne
Czeslaw “Cesare” Lang ha sempre provato personalmente ogni tappa del Tour de Pologne

L’aspetto sociale

«Per sensibilizzare la pace in Ucraina – spiega Agata, membro del Consiglio Direttivo dell’UCI e della Commissione Strada dell’UEC – regaleremo un braccialetto a tutta la carovana del Tour de Pologne, dagli atleti agli addetti ai lavori. Chiediamo che possano indossarlo tutti mandando messaggi dedicati ogni giorno, anche dopo la nostra corsa. Inoltre parte dell’incasso delle iscrizioni al Tour de Pologne amatori (una gara che si svolgerà il 31 luglio ad Armalow a pochi chilometri dall’Ucraina, ndr) sarà devoluto in beneficenza ad una organizzazione umanitaria che accoglie i profughi. Partecipano a questa raccolta anche la Fondazione Orlen e il Lang Team (rispettivamente lo sponsor principale e la società organizzatrice del Giro di Polonia, ndr).

A fine febbraio, tre mesi dopo la presentazione della gara, ci fu lo scoppio della guerra. Przemysl, borgo di circa settantamila abitanti, fu la prima città polacca che accolse i rifugiati ucraini.

«Abbiamo temuto di dover cambiare parte del percorso – prosegue – per paura dei voli delle riprese televisive. Avremmo compreso giustamente le ragioni, invece le autorità governative e locali hanno sostenuto anche noi, lasciando l’arrivo della terza tappa. Gli siamo molto grati».

Il braccialetto con i colori dell’Ucraina che verrà indossato da ogni persona al Tour de Pologne
Czeslaw Lang mostra il braccialetto con i colori dell’Ucraina che verrà indossato da ogni persona al Tour de Pologne

«Pensate che lì c’è un centro di accoglienza – conclude Agata – che ha ospitato cinquantamila persone al giorno. L’Ucraina dista circa dieci chilometri. Finora da lì sono transitati cinque milioni di profughi di cui quasi tre sono ancora nella zona. Potete immaginare le difficoltà visto che la ricettività alberghiera non è delle più ampie. Noi come Lang Team ad esempio stiamo ospitando sedici famiglie».

Il profilo tecnico

Forse la maniera migliore per diffondere i messaggi di pace è correre. Il Tour de Pologne, che gode dello status WT dal 2011, è disegnato o approvato in gran parte da Czeslaw Lang, ribattezzato Cesare per i suoi tanti anni trascorsi in Italia da corridore.

«Avete visto – esordisce con orgoglio l’ex medaglia d’argento olimpica a Mosca ’80 – chi ha dominato il Tour de France? Jonas Vingegaard. Lui da noi aveva vinto la penultima frazione nel 2019 indossando la maglia di leader della generale. Il giorno dopo però, nel tappone conclusivo a Bukowina, pagò una grossa crisi di quasi un quarto d’ora e quel Pologne lo vinse Sivakov per 2” su Hindley, che quest’anno ha vinto il Giro d’Italia.

«La nostra corsa scopre sempre nuove stelle. Penso a Contador – continua – che ha vinto la sua prima gara da pro’ nel 2003 a Karpacz, una cronoscalata valida come ultima tappa di quella edizione. Poi ci sono stati Sagan, Moreno Moser, un giovane Ackermann, infine Almeida l’anno scorso che si è consacrato qui con le sue prime vittorie nel WorldTour. Ma ce ne sono stati tanti altri».

Che tipo di gara è il Tour de Pologne?

E’ aperto a tanti corridori, per la generale e per le tappe. In molti vogliono mettersi in mostra. Un po’ chi vuole raddrizzare una stagione così così. Un po’ chi invece è in scadenza di contratto e vuole guadagnarsi un nuovo ingaggio o il rinnovo.

Quest’anno che corsa sarà?

Prime due tappe per velocisti. Terza con arrivo ancora a Przemysl dopo quella del 2021. Sarà la più lunga con un finale da classica con strappi al 16%. La quarta e la quinta saranno le più dure, con dislivelli importanti e probabilmente decisive per la generale. Saranno belle da vedere ma anche da correre perché i contesti sono suggestivi. Erano quelli in cui mi allenavo per l’Olimpiade del 1980, mentre stava per nascere Agata e quindi ci sono affezionato. La sesta è una cronoscalata non lunga ma impegnativa, specie negli ultimi tre chilometri, adatta a passisti scalatori potenti. L’ultima tappa sarà ancora per velocisti, a meno che non scappi e arrivi al traguardo una fuga.

Favoriti?

Difficile da dire, credo si scopriranno da metà in avanti. Però abbiamo una bella starting list. Kwiatkowski, Carapaz, De Gendt, Wellens, Arensman, Ackermann, Cavendish e Demare solo per citarne alcuni.

Eravate famosi per arrivare sempre al tramonto. Quest’anno invece no. Perché?

Abbiamo cambiato gli orari di partenza per andare incontro alle esigenze di corridori e team. Tra massaggi e trasferimenti, arrivavano in hotel tardi e così abbiamo voluto favorirli. In questa modifica abbiamo avuto il supporto delle nostre due reti nazionali, TVP Sport, che è come la vostra Rai, e Polsat Sport, che ci hanno garantito ugualmente cinque ore di diretta televisiva andando in oltre cento Paesi del mondo.

Altre novità?

Sì, la maglia gialla del leader della generale avrà un nuovo sponsor. Sarà Energa, marchio del gruppo Orlen. Per il resto avremo sempre le barriere Boplan, la premiazione in memoria di Bjorg Lambrecht per il miglior giovane e il Tour de Pologne junior. Un’altra novità, per il futuro però, sarà riproporre il Tour de Pologne Women. Nel 2016 abbiamo fatto l’ultima edizione e forse eravamo troppo in anticipo sui tempi ma stiamo vedendo che il movimento femminile ora è in grande crescita. Ci stiamo pensando e vogliamo dare un nostro contributo.

Astoria rinnova la propria collaborazione con il Tour de Pologne

07.07.2022
3 min
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Il prossimo Tour de Pologne brinderà ancora italiano. La corsa organizzata dall’ex professionista Czeslaw Lang ha difatti rinnovato la partnership di sponsorizzazione con l’azienda veneta – un brand davvero “amico” e molto vicino al mondo del ciclismo professionistico – coerentemente nel rispetto del motto che caratterizza tutte le attività di comunicazione di Astoria, ovvero “celebrating life”. 

«Per noi di Astoria, celebrare una vittoria – ha dichiarato l’AD di Astoria Filippo Polegato – ha un significato molto importante. Non è solo l’atto di alzare la bottiglia al cielo e di festeggiare il vincitore di una corsa, ma un inno alle gioie della vita. Che si tratti di un traguardo professionale, oppure una serata con gli amici, il nostro Prosecco è perfetto per accompagnare ciascuno di questi singoli momenti. E una vittoria sportiva, tanto più in uno sport così faticoso come il ciclismo, amplifica queste emozioni e questa gioia».

Il Prosecco di Astoria è il giusto compagno per celebrare i successi, soprattutto quelli legati al ciclismo
Il Prosecco di Astoria è il giusto compagno per celebrare i successi, soprattutto quelli legati al ciclismo

«E’ sempre un successo quando le collaborazioni si rinnovano – ha felicemente ribattuto Czeslaw Lang, il direttore generale del Tour de Pologne – e consolidare una partnership come quella in essere con Astoria è frutto di un lavoro di squadra e di una perfetta comunione di intenti. A vederla bene, non è diverso da quanto succede in un team di ciclismo. Ci sono degli attori e degli obiettivi, il cui raggiungimento non può che risultare foriero di nuove ed entusiasmanti avventure assieme».

Sinonimo di Prosecco

Fondata nel 1987, e guidata ancora oggi da Paolo e da Filippo Polegato, Astoria è da sempre sinonimo di Prosecco. Col passare del tempo, inoltre, il proprio logo è divenuto anche una sorta di icona riconoscibilissima sui podi di moltissime gare del grande ciclismo, una disciplina con la quale Astoria condivide non solo le vittorie, ma i valori di uno sport di fatica che richiede molto impegno e sa insegnare il rispetto nei confronti degli avversari. 

Czeslaw Lang, l’organizzatore del Giro di Polonia
Czeslaw Lang, l’organizzatore del Giro di Polonia

«Da sempre ci identifichiamo nei valori che il ciclismo sa trasmettere – ha aggiunto Polegato – uno sport individuale certo, perché il traguardo va conquistato pedalata dopo pedalata, con le proprie gambe, ma al tempo stesso disciplina di squadra, perché i gregari lavorano per il capitano o per chi quel giorno si giocherà tutte le carte per la vittoria. Per questi motivi, oltre al fatto che si svolge sulle strade di mezzo mondo, il ciclismo è uno sport particolarmente amato dal pubblico, in Italia, in Polonia e in moltissimi altri paesi. Ciò che ci colpisce ogni volta della Polonia è il generale clima di accoglienza del pubblico e la gioia che accompagna la stessa corsa a tappe. L’incredibile disponibilità degli organizzatori poi completa la meravigliosa esperienza positiva che anno dopo anno ci convince a proseguire con la nostra collaborazione».

Astoria

Tre campioni con Vittoria sul cambio ruote del Polonia

18.08.2021
5 min
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In ogni gara c’è sempre una squadra in più di quelle regolarmente iscritte: è quella del cambio ruote. L’assistenza neutra al Tour de Pologne era affidata a Vittoria, presente con un team di nove persone distribuito su tre auto e due moto: al volante ci sono gli ex professionisti Francesco Chicchi, Danilo Napolitano e Mario Manzoni assieme agli altri meccanici Fabio Alberti, Massimo Cisotto, Edoardo Fedre, Davide Tombini, Marino Vallarino e la ventitreenne Gloria Manzoni (più volte medagliata su pista da junior), responsabile della logistica.

La loro missione è quella di essere pronti alla necessità che richiede la corsa, anzi a quella del corridore in caso di emergenza. Foratura, guasto meccanico, caduta: loro devono esserci quando l’ammiraglia non può raggiungere un proprio atleta.

Le carriere di Chicchi, Napolitano e Manzoni – che assieme vantano più di 80 vittorie totali tra i professionisti – le conosciamo bene, però come se la cavano con l’assistenza ai loro ex colleghi? Abbiamo provato ad approfondire l’argomento con tutta la squadra, già schierata sul viale dello stadio del Gornik Zabrze per la partenza della settima ed ultima tappa del Polonia.

Ecco la squadra (quasi) completa di Vittoria al Tour de Pologne
Ecco la squadra (quasi) completa di Vittoria al Tour de Pologne
Da quanto tempo siete al cambio-ruote?

Chicchi: «Per me questa è la quarta stagione».

Napolitano: «Io ho iniziato nel 2018, l’anno dopo che ho smesso di correre. Anch’io quindi sono al quarto anno».

Manzoni: «Per me invece è il primo».

Voi che siete stati professionisti per tanti anni pensate di avere un colpo d’occhio migliore rispetto al meccanico tradizionale nel svolgere le mansioni in gara?

Napolitano: «Un po’ di intuito ce l’hai perché ci sei stato dentro e penso che il colpo d’occhio di dove metterti al momento giusto sicuramente ci sia».

Chicchi: «Sono d’accordo con Danilo, indubbiamente essere stati in gruppo fino a poco tempo fa aiuta. Riesci a prevedere se uno si sfila, alza la mano perché ha bisogno e quindi dici al tuo meccanico di stare in campana perché magari c’è bisogno di intervenire».

Manzoni: «Va detto poi che essendo con più mezzi ci dividiamo i compiti. Seguiamo alcuni settori di corsa e può capitare a volte che fai numero, altre che diventi essenziale».  

Fate riunioni pre e post gara fra di voi?

Manzoni: «Sì, lo decidiamo sempre la sera prima chi segue la corsa davanti con la prima e seconda ammiraglia, insieme alle moto, mentre la terza sta dietro a coprire il gruppo. Sappiamo quali sono i nostri ruoli».

Durante questi briefing vi date dei consigli?

Manzoni: «In gara via radio lo facciamo costantemente e ci sistemiamo. Naturalmente servono sempre i confronti costruttivi».

Chicchi: «In realtà no, perché ognuno di noi sa cosa deve fare. Ma è chiaro che se dovesse esserci un problema, la sera ci confrontiamo».

E’ capitato che qualcuno, tra corridori, direttori sportivi o organizzatori, si lamentasse per qualcosa?

Napolitano: «Fortunatamente no in questi miei quattro anni. Quando ti trovi con delle persone che lo fanno o l’hanno fatto di mestiere e sei in giro per settimane, penso che le lamentele vengano meno di quello che uno può pensare».

Chicchi: «Anch’io non ho mai ricevuto lamentele».

Manzoni: «Per evitare queste situazioni è importante avere un meccanico veloce ed un autista altrettanto svelto che sappia già dove mettersi».

Ora siete dall’altra parte della barricata, come cambia il vostro punto di vista sul cambio ruote rispetto a quando eravate corridori?

Napolitano: «A me tante volte capitava che mi desse una mano. Essendo velocista in certe gare, soprattutto quelle di un giorno, avevamo solo una ammiraglia della squadra e quindi l’assistenza mi aiutava con le borracce. Inveito contro un cambio ruote lento quando correvo? No, sono sempre stato buono, sono gli altri che mi vedono cattivo (ride, ndr)».

Chicchi: «Quando correvo non avevo particolare velocità per ripartire, anche se ci metteva 30 secondi in più non era un problema (ride anche lui, ndr). Battute a parte, per quello che mi riguarda ora vedo da vicino anche gli scalatori, che da pro’ non mi era mai successo. Poi ci può stare ogni tanto che quando il meccanico scende, visto che abbiamo set di ruote differenti, possa metterci quei dieci secondi in più del normale».

Manzoni: «Diciamo che fa parte anche del carattere di ognuno, ma se c’è da chiarirsi, si fa il giorno dopo, non durante la corsa. Mi sento di aggiungere, riprendendo quello che diceva Francesco, che una volta si cambiava la ruota e si andava, mentre adesso invece tra freni a disco e tradizionali le modalità sono totalmente diverse».

In effetti avete tanti tipi di bici sopra la vostra ammiraglia. Diversi i freni, diverse le pedivelle, diverse misure, diversi gruppi. Vi fate una lista di tutti i corridori che montano i vari materiali?

Manzoni: «Esatto, poi il meccanico in moto via radio trasmette i gruppi dei corridori in fuga».

Chicchi: «E a quel punto organizziamo le macchine che sono lì davanti, in modo che sappiano già in caso di necessità il materiale che serve».

La moto segnala alle auto la composizione della fuga e le dotazioni dei corridori
La moto segnala alle auto la composizione della fuga e le dotazioni dei corridori
Bisogna essere anche un po’ psicologi o motivatori quando un ragazzo fora, cade o ha un guasto e dovete farlo ripartire?

Napolitano: «Direi di no, tante volte il corridore stesso se cade cerca di rialzarsi e ripartire velocemente senza troppe storie, a meno che non si sia fatto male veramente».

Manzoni: «Non saprei, l’importante è non abbandonarlo perché in quei casi non è molto piacevole quando un corridore sente che dietro di sé non c’è l’ammiraglia o il cambio ruote».

C’è stato in questi anni un aneddoto particolare col cambio ruote?

Manzoni: «Ho iniziato da troppo poco tempo, per fortuna finora solo cose belle».

Napolitano: «Anch’io nulla di strano».

Chicchi: «Per quello che mi riguarda ho avuto una bruttissima esperienza agli europei di Glasgow nel 2018. Il meccanico che avevo allora andò nel panico e non riuscì a cambiare la ruota posteriore. C’era già il freno a disco, ma non c’era ancora l’avvitatore elettrico per il perno passante. Quindi non riusciva a trovare la chiave a brugola giusta e restammo fermi quasi 40 secondi. E’ stato l’episodio più brutto».

Prima di chiudere il cassetto, rivediamo il Polonia con Lang

17.08.2021
4 min
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E’ stato un Tour de Pologne delle prime volte. Dopo aver detto di Joao Almeida – trionfatore (in apertura con l’organizzatore Lang) che ha fatto bottino pieno con due tappe e la classifica generale davanti a Mohoric e Kwiatkowski – a Cracovia, nella settima ed ultima tappa che strizzava l’occhio ai velocisti, è stato il turno di Julius Van den Berg della EF Education-Nippo. E che vittoria, la prima in carriera dopo averla sfiorata nell’agosto 2018 da stagista (sempre con la EF) chiudendo secondo alla quinta tappa del BinckBank Tour. Il 24enne olandese ha regolato i suoi tre compagni della lunga fuga (nell’ordine Renard della Israel Start Up, Jorgenson della Movistar e il nostro Moscon della Ineos Grenadiers) col gruppo che, facendo male i conti durante i tre giri del circuito cittadino, ha chiuso ad una manciata di metri da loro.

Al termine del cerimoniale delle premiazioni abbiamo avvicinato proprio Czeslaw “Cesare” Lang, direttore della corsa, per sentire le sue impressioni.

Cesare ti chiediamo un bilancio di questo 78° Tour de Pologne.

E’ senz’altro positivo, abbiamo visto tutti che abbiamo preparato una bella corsa. Sono stati sette giorni di belle tappe con nuovi percorsi e soprattutto molto sicuri negli arrivi grazie a queste nuove transenne Boplan. E poi il nuovo traguardo, più tecnologico e multimediale rispetto agli altri anni. Tutto quello che hanno le altre gare nel mondo ce lo abbiamo anche noi in Polonia.

Poi ci avete messo un vostro tocco in più.

Quello che abbiamo fatto un po’ più è stato metterci il cuore per preparare tutto, per la sicurezza dei corridori, per tutta la gente distribuita lungo il percorso a presidiare gli incroci. C’è un altro aspetto che mi è piaciuto molto.

Dicci pure.

Che tutti i corridori sono arrivati motivati. Tutte le squadre sono venute preparate e hanno lottato in ogni tappa. E abbiamo visto anche l’ultimo giorno a Cracovia come sia stato combattuto, con la fuga che è riuscita ad arrivare appena in tempo col gruppo che ha chiuso a ridosso.

Qualcuno aveva detto che il percorso di questo Tour de Pologne era facile. Alla fine però è stato piuttosto serrato e si è deciso nella crono per pochi secondi con un bel vincitore. E anche l’ultima frazione ha avuto un epilogo avvincente che è stata la ciliegina sulla torta per il pubblico.

Sì, è stata così bella questa fine, emozionante. Per la verità in ogni tappa c’era una lotta, ogni giorno era difficile con begli arrivi. Penso che siamo riusciti a fare davvero una buona corsa ed anche corridori e team sono rimasti soddisfatti. Poi abbiamo avuto un ottimo clima. Ed infine, mi ripeto, siamo stati attenti per la sicurezza, ci siamo migliorati.

Ultima tappa a Julius Van den Berg, quarto Moscon
Ultima tappa a Julius Van den Berg, quarto Moscon
Tu che ogni mattina pedalavi sulle strade della gara e che provi personalmente ogni tappa, per l’anno prossimo hai già in mente qualcosa di inedito?

Ti dirò che ho già il 90 per cento del percorso fatto, le ho già provate tutte in bici. Posso anticiparvi che torneremo a Bukovina ma con un arrivo molto differente, con un muro molto bello e duro. Il resto è top secret.

Tu hai vinto il Tour de Pologne nel 1980. Cesare Lang avrebbe vinto questa edizione con facilità o faticando?

E’ molto difficile da dire. Quando l’ho vinto io c’erano 12 tappe e non era stato facile. A quei tempi la gara era per dilettanti e le squadre come Russia o Germania andavano molto forte e per vincere una gara dovevi essere al top. Io ero in grande forma e dieci giorni dopo aver vinto il Polonia sono andato alle Olimpiadi conquistando l’argento (dietro al mitico sovietico Sergej Suchorucenkov e davanti al bulgaro Juri Barinov, ndr) su un percorso durissimo.

A Cracovia, Almeida festeggia la prima vittoria (a tappe) WorldTour. L’abbraccio è con Garrison
A Cracovia, Almeida festeggia la prima vittoria (a tappe) WorldTour. L’abbraccio è con Garrison
Quindi possiamo dire che chi è andato forte in questo Tour de Pologne può copiarti e puntare a qualche maglia importante da qui a fine stagione?

Sì, giusto (dice Lang sorridendo, ndr). Possono assolutamente vincerle.