NAMEDSPORT: Andrea Rosso esce dalla società

26.11.2021
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Una notizia importante che arriva da NAMEDSPORT. Una news rilevante perché coinvolge direttamente uno dei fondatori del brand italiano operativo nel settore dell’integrazione alimentare sportiva, vale a dire Andrea Rosso. La società ha difatti ufficializzato la vendita dell’intero pacchetto azionario delle quote detenute da Rosso – fino ad oggi Amministratore Unico – a favore della GM Farma srl e della famiglia Canova.

Fabio Canova è il nuovo Presidente, con il “closing” relativo alla cessione della piena titolarità delle partecipazioni aziendali effettivo a partire dal 25 novembre.

Andrea Rosso, co-founder di Namedsport dal 25 novembre ha lasciato l’azienda
Andrea Rosso, co-founder di Namedsport

Una crescita vertiginosa

NAMEDSPORT è sinonimo d’integrazione sportiva. Il marchio è noto in tutta Italia e negli ultimi anni ha avviato una rapida espansione commerciale all’estero, “cavalcando” importanti attività di marketing e di sponsorizzazione. Ricordiamo su tutte il legame con le corse organizzate dall’ASO, incluso Tour de France e La Vuelta, di cui Andrea Rosso è stato il regista. Con una visibilità del brand davvero molto importante, raggiunta come detto in breve tempo. L’ormai ex CEO lascia in mano alla nuova proprietà una realtà consolidata e sicura.

«Nel 2015 ho iniziato questa incredibile avventura – ha dichiarato Rosso – fondando la NAMEDSPORT insieme alla famiglia Canova. Fin dall’inizio ci siamo dati un grande ed ambizioso obiettivo, ovvero quello di creare un marchio forte e riconoscibile nel mercato della nutrizione sportiva. Se ci fosse stato detto, fin dall’inizio, dove saremmo arrivati oggi, con una brand awareness davvero incredibile e il possesso del titolo di sponsor Ufficiale di tutti i più importanti eventi ciclistici al mondo, difficilmente ci avremmo creduto!

«Naturalmente questo era il nostro proposito e parte del mio piano. Ho dato tutto il possibile per questo progetto, ma adesso è giunto per me il momento di iniziare un nuovo percorso. Sono molto orgoglioso di quanto è stato creato e auguro alla NAMEDSPORT ogni miglior successo nel portare avanti quello che ho iniziato sei anni fa. Sono convinto che l’azienda saprà vincere ogni sfida che si proporrà da oggi in avanti».

Namedsport è partner di tutti e tre i grandi Giri, qui la Bike Exchange si rifornisce prima di una tappa al Giro d’Italia
Namedsport è partner di tutti e tre i grandi Giri

Fatturato 2021: +25 per cento

Le dichiarazioni di Andrea Rosso sono confermate dai numeri NAMEDSPORT, valori che consentono di guardare al futuro con grande ottimismo. Il fatturato della società al 31 ottobre è in crescita di ben il 25 per cento rispetto allo stesso periodo 2020. Rimanendo comunque superiore anche a quello del 2019.

Passione per lo sport, cura della salute e rispetto per la natura: sono da sempre questi i valori essenziali espressi da NAMEDSPORT. Così da offrire agli sportivi di tutte le discipline un’alimentazione completa e bilanciata. Presupposto fondamentale per garantire una prestazione atletica ottimale, per promuovere lo stato di benessere con prodotti mirati e di elevata qualità.

I “supplement” NAMEDSPORT nascono da un appassionato lavoro di ricerca condotto in collaborazione con una equipe di esperti: preparatori atletici, medici sportivi, ricercatori scientifici, fisioterapisti e nutrizionisti. Formulazioni efficaci e all’avanguardia, che vantano tra gli ingredienti materie prime d’eccellenza. Tutti i prodotti NAMEDSPORT sono notificati al Ministero della Salute e sono conformi alle normative nazionali ed europee in materia di integratori. Per una completa e trasparente tutela del consumatore in cerca di soluzioni equilibrate ed efficaci nel pieno rispetto delle regolamentazioni vigenti e della salute.

namedsport.com

Tosatto, raccontaci qualcosa dei tuoi 34 Giri…

26.11.2021
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Le dichiarazioni di Alejandro Valverde, intenzionato nel 2022 a correre Giro d’Italia e Vuelta d’Espana, hanno fatto il giro del mondo. Tutti a sottolineare che, nel caso, raggiungerebbe la cifra record di 32 grandi Giri affrontati, ma non sarebbe un vero primato. Il corridore che ha disputato più corse di tre settimane è infatti veneto, Matteo Tosatto, che ha messo a frutto le sue esperienze maturate in vent’anni di militanza nel gruppo diventando una colonna portante della Ineos Grenadiers.

Tosatto non è persona che si vanti in giro, eppure questo rappresenta pur sempre un record: se ci si pensa bene, significa aver affrontato oltre 600 giorni in sella solo per affrontare Giro, Tour o Vuelta, quasi due anni senza soste: «Il bello – afferma tradendo un sorriso – è che un anno, il 1998, non disputai neanche un grande Giro, quindi le 34 prove sono ancora più concentrate…».

Tosatto 1997
Con la Mg, Tosatto fa il suo esordio nel 1997 e affronta subito il Tour portandolo a termine
Tosatto 1997
Con la Mg, Tosatto fa il suo esordio nel 1997 e affronta subito il Tour portandolo a termine
Come mai hai disputato un simile numero di grandi corse a tappe?

Una delle mie principali caratteristiche era il fondo: sono sempre andato meglio nella terza settimana che nella prima e questo ai dirigenti era un particolare che faceva molto comodo, quando si doveva lavorare per i capitani. Io andavo sempre più forte, cercavo di risparmiare qualcosa all’inizio per essere brillante quando serviva davvero.

Facciamo un po’ di conti: 13 Giri d’Italia di cui 11 portati a termine, ben 12 Tour tutti conclusi, 9 Vuelta delle quali ne hai terminate 5…

Sì, ma ognuno dei 4 ritiri è avvenuto nell’ultima settimana per precisi accordi con la squadra. Io ero sempre in predicato di correre ai mondiali e quindi chiedevo di saltare le ultime 3-4 tappe per poter staccare prima di partire per la trasferta iridata. La Vuelta finiva alla domenica e quella successiva c’è sempre stato il mondiale, se potevo risparmiare qualche energia era meglio, la maglia azzurra ha sempre avuto un valore speciale per me.

Tosatto Montebelluna 2001
Giro 2001: Tosatto vince a Montebelluna battendo Klemencic e Simoni
Tosatto Montebelluna 2001
Giro 2001: Tosatto vince a Montebelluna battendo Klemencic e Simoni
Al Giro d’Italia?

Nel 2000 mi ritirai prima della diciassettesima tappa perché avevo preso una brutta bronchite, invece nel 2003 finii fuori tempo massimo nella famosa frazione del Fauniera, con le strade piene di ghiaccio. Io ero rimasto a protezione di Petacchi, poi Alessandro mi disse di andare che con lui rimaneva Cioni, ma non potevamo rischiare in discesa. Quel giorno arrivai con un gruppo di una cinquantina di corridori, ma la giuria ci mandò tutti a casa…

Già portare a termine 12 Tour è una grande impresa: quale ti è rimasto più impresso?

Certamente il primo, nel 1997 perché era anche il primo grande Giro affrontato e concluderlo agli Champs Elyseés mi rese molto orgoglioso. Ero un neopro’, ricordo che feci tanta fatica, ma anche allora nell’ultima settimana, sulle Alpi, mi sentii meglio che sui Pirenei o sul Massiccio Centrale. Fui felice anche nel 2016, l’ultimo anno, quando riuscii a concludere sia il Giro che il Tour pur avendo ben 42 anni (nella foto di apertura è sul podio di Arezzo al Giro di quell’anno, nel giorno del suo 42° compleanno, ndr). Lavorai tanto per Sagan in Francia e le sue tre vittorie furono un po’ anche mie. La cosa che mi colpì è che in salita tenevo meglio che a inizio carriera…

Tosatto Tinkoff 2016
A fine carriera Tosatto è stato ancora capace di concludere sia il Giro che il Tour
Tosatto Tinkoff 2016
A fine carriera Tosatto stato è ancora capace di concludere sia il Giro che il Tour
In questi quasi due anni di tappe fra sole e pioggia, pianura e montagna hai avuto giornate di libertà, nelle quali era la squadra a lavorare per te?

E’ capitato, capita sempre nella carriera di un corridore. Nel ’99, alla Ballan, si correva per Simoni, ma il giorno della tappa che arrivava a Castelfranco Veneto, a casa mia, il team lavorò per la mia volata e fui battuto solo da Cipollini. Quell’anno andai bene, ebbi più piazzamenti nella top 10. Due anni dopo centrai il successo pieno a Montebelluna, in quell’edizione vestii anche la maglia rosa. Ma non posso dimenticare neanche la vittoria al Tour 2006 a Macon: la Quick Step era tutta per Boonen, ma quando il belga non si sentiva in giornata si correva in base alle sensazioni e quella fu la mia giornata.

Questo record quanta soddisfazione ti dà?

Molta, significa che della mia carriera qualcosa è rimasto. Io non mi pento di nulla, ho sempre lavorato e avuto anche le mie giornate. A proposito di soddisfazione, ricordo quando nel 2014, all’ultima Vuelta che vinse Contador, “El Pistolero” si avvicinò a me alla fine e mi disse che non aveva mai visto un corridore con la mia testa, così forte e tenace nel carattere. Per me fu un grande premio detto da lui.

Tosatto Petacchi
Davanti a Rijs, Tosatto con Petacchi, compagni e avversari, ma soprattutto amici e spesso in allenamento insieme
Tosatto Petacchi
Tosatto con Petacchi, compagni e avversari, ma soprattutto amici
Se magari decidesse di tirare avanti anche nel 2023, Valverde potrebbe eguagliarti…

Glielo auguro di cuore, ma so anche che c’è differenza: stiamo parlando di un campione che non solo li ha corsi, ma è stato protagonista. Ha vinto la Vuelta e poi è stato iridato e ha conquistato grandi classiche. Non si può fare un paragone perché abbiamo vissuto carriere diverse e a questo proposito voglio aggiungere una cosa.

Prego…

Lavorando nell’ambiente, la cosa che mi dispiace di più del ciclismo attuale è che mancano sempre più i gregari di una volta, intesi come uomini che si sacrificano. Mancano coloro che creano il gruppo e senza di esso non si va lontani. Correre 34 Giri? Dopo Valverde chissà se ci sarà ancora qualcuno che potrà farlo…

Bernal, ciao Giro: nel 2022 si punta tutto sul Tour

23.11.2021
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Egan Bernal ha dato conferma del fatto che nel 2022 punterà tutto sul Tour. Non si tratta di un annuncio banale. La scelta di quest’anno di venire al Giro gli ha permesso di sottrarsi al confronto con Pogacar e Roglic, andare dritti verso la Francia significa sfidarli dopo la vittoria del 2019 e il doloroso ritiro del 2020. Potrebbe significare anche che il dolore alla schiena sia finalmente sotto controllo oppure che i capi del team Ineos abbiano deciso di tornare protagonisti sul palcoscenico che li ha resi grandi. Giocando in un solo colpo tutte le carte a loro disposizione: scelta in controtendenza rispetto alla loro storia e alla tendenza degli ultimi anni.

A Dubai, Bernal si è ritrovato in mezzo ai campioni del Giro. C’era anche Ganna, ma ha vinto Sagan
A Dubai, Bernal si è ritrovato in mezzo ai campioni del Giro. C’era anche Ganna

Mal di schiena sconfitto?

Domenica, Egan ha preso parte a un evento patrocinato a Bogotà da Exito, diffusa catena di supermercati, sull’importanza della corretta alimentazione nei bambini e ha poi trovato il modo di parlare di sé e del momento della sua carriera.

«Dopo le vacanze davvero necessarie – ha raccontato – sono già di nuovo concentrato sull’allenamento e sulla preparazione, sia fisica sia prettamente ciclistica. Spero di trovare rapidamente la giusta condizione. Penso di essermi completamente ripreso dal mal di schiena, ma nonostante ciò abbiamo monitorato l’evoluzione della situazione attraverso sessioni di fisioterapia, aumentando la frequenza del lavoro in palestra. Spero non abbia più ripercussioni sullo stare in sella. A inizio dicembre, insomma, volerò in Spagna per un ritiro con la squadra, dove definiremo programmi e dettagli per il prossimo anno».

Alla Vuelta, nella tappa dell’Altu d’El Gamoniteiru, uno dei pochi giorni di brillantezza di Bernal contro Roglic
Alla Vuelta, nella tappa dell’Altu d’El Gamoniteiru, uno dei pochi giorni di brillantezza di Bernal contro Roglic

Viaggio a Dubai

In precedenza, Bernal aveva partecipato al Giro d’Italia Criterium, che si è svolto a Dubai nel contesto dell’Esposizione Universale.

«Devo confessare – ha ammesso – che non avevo idea di cosa fosse l’Esposizione Universale, per la sua importanza e la sua grandezza. E’ stata una bella esperienza aver potuto visitare il bellissimo padiglione colombiano e quelli di altri Paesi. Sul fronte dello sport è stato molto interessante gareggiare nelle strutture dell’Expo (primo evento sportivo mai organizzato in un simile contesto, ndr) e penso che abbiamo dato un buono spettacolo con il gruppo dei campioni invitati dal Giro d’Italia, indipendentemente dal fatto che sono arrivato secondo dietro Sagan».

Dopo la Vuelta, per Egan Bernal un passaggio in pista lavorando sulla bici da crono
Dopo la Vuelta, per Egan Bernal un passaggio in pista lavorando sulla bici da crono

Ritorno al Tour

Sul Giro e sul fatto che fosse in primo luogo la risposta a un suo desiderio di maglia rosa (frustrato dal calendario 2020 rivoluzionato dal Covid) e poi un modo un po’ più soft di rientrare dopo i problemi alla schiena, il ricordo è molto bello.

«Il Giro – ha detto – è un ricordo bellissimo e fantastico. Ha avuto un enorme significato personale e sportivo per me, per la mia squadra e per il nostro Paese. Ma non è stato una passeggiata, ha avuto un costo molto alto nello sforzo fisico e mentale sia individuale che collettivo. E’ un trionfo che non dimenticheremo. L’ho pagato anche alla Vuelta, perché solo in alcune tappe ho sentito di avere le gambe. Il prossimo anno concentreremo tutta la preparazione e gli sforzi sul Tour de France. E’ tempo di tornare per riprendere il percorso iniziato nel 2019 e dal quale per un po’ mi sono allontanato».

EDITORIALE / Quanto ci costa la rincorsa al Tour?

15.11.2021
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Bernaudeau avrebbe parlato allo stesso modo se non fosse francese? Le parole del nuovo manager di Sagan sono piaciute e hanno un grande fondamento, ma hanno alle spalle la consapevolezza che, pur non essendo una squadra WorldTour, la TotalEnergies parteciperà al Tour de France. In questo ciclismo plutocratico, si tratta di un vantaggio impossibile da quantificare.

«Non chiederei mai ai miei sponsor di comprare una licenza – ha detto – va guadagnata. Non facciamo compravendite, diamo emozioni. Non mi indigno perché Pogacar guadagnerà 36 milioni di euro nei prossimi sei anni, ma mi chiedo se qualcuno pensi che il futuro del ciclismo sia negli Emirati e non piuttosto sulle strade d’Europa».

Bella forza, verrebbe da dire. Ma in piccolo è quanto accade in Italia con le squadre che a vario titolo sono sicure di partecipare al Giro e buona pace di chi deve sudarselo o investire per sperare di accedervi.

Il Tour per la Jumbo Visma è un’ossessione: correrà con Roglic, Dumoulin, Van Aert e Kruijswijk
Il Tour per la Jumbo Visma è un’ossessione: correrà con Roglic, Dumoulin, Van Aert e Kruijswijk

La profezia di Rozzi

E’ un rimescolarsi di pensieri, in cui si infilano anche le parole di Guardini sull’opportunità di inserire un tetto al budget delle squadre. Così a un certo punto vengono a galla gli scontri al Processo del Lunedì fra Costantino Rozzi, vulcanico presidente dell’Ascoli, e Adriano Galliani che a sua volta guidava il Milan delle meraviglie e dei miliardi.

«Se si continua così – disse un giorno Rozzi durante il programma di Aldo Biscardi – il calcio farà una brutta fine. Fra dieci o vent’anni, sarà impossibile mantenere le società in Serie A o B. Solo poche società potranno concedersi questo lusso, quelle più ricche. Gli stipendi di allenatori e calciatori sono troppo alti e i costi di gestione ancora di più. Dobbiamo darci tutti una regolata, a cominciare dai grandi club».

Costantino Rozzi, presidente dell’Ascoli Calcio (scomparso nel 1994), previde la crisi del sistema calcio
Costantino Rozzi, presidente dell’Ascoli Calcio (scomparso nel 1994), previde la crisi del sistema calcio

«Non è colpa nostra – gli rispose Galliani con tono quasi sprezzante – se l’Ascoli o altre società non hanno la possibilità di sostenere certe spese. Chi non ha la possibilità di giocare in Serie A, vada in B o in un’altra categoria inferiore».

«Hai ragione – reagì Rozzi con sarcasmo – così senza squadre come l’Ascoli, potrete finalmente disputare un campionato fra di voi, con sei o sette squadre».

L’Uci e il Far West

Mentre le grandi squadre di calcio affogano nei debiti e la Uefa ha imposto il Fairplay Finanziario, nel ciclismo si continua come nel Far West, senza che l’Uci pensi di metterci mano. Chi più ha, più spende. E gli altri in fondo è come se non ci fossero.

La Ineos punterà tutto sul Tour, con Thomas, Bernal e Carapaz
La Ineos punterà tutto sul Tour, con Thomas, Bernal e Carapaz

Mauro Vegni si diverte a provocare i big affinché raccolgano la sfida del Giro, ma è palese che il centro degli affari sia in Francia. Sul Tour convergeranno nuovamente i grandi campioni di Uae Team Emirates, Ineos Grenadiers e Jumbo Visma: i tre colossi dal budget esagerato che hanno fatto il pieno di grandi atleti da convertire in gregari. Gli altri faranno quello che possono.

Il Giro intanto prova a raccontare il campo dei suoi partenti in modo che il divario sembri meno netto. E noi siamo con loro, perché tante volte è stato meglio un Giro con tanti attori sullo stesso livello, rispetto a edizioni schiacciate da mattatori incontrastabili.

Il Tour non ha rinunciato alla solita sontuosa presentazione
Il Tour non ha rinunciato alla solita sontuosa presentazione

Presentazione a tappe

Solo facciamo fatica a capire perché da queste parti nel nome di innovazioni di marketing a misura di social, si sia deciso di miniaturizzare quel che avremmo dovuto raccontare come una storia epica e dai contorni monumentali. Perché quella presentazione frammentata in quattro comunicati? Dite che il Tour, che quanto a marketing e condivisioni social ha poco da imparare, avrebbe rinunciato al vernissage, ai campioni e all’enfasi della sua presentazione?

Il Tour sa che ci sono momenti da celebrare con la fanfara. Forse perché anche loro si rendono conto che quanto a spettacolo, passione e tensione agonistica, il Giro è molto più forte. Peccato che noi non l’abbiamo ancora capito…

Scarpe e corridori, DMT ci svela i suoi segreti

26.10.2021
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Le scarpe per i corridori sono sempre state fondamentali essendo uno degli appoggi diretti con la bici. La tecnologia ed il progresso avanzano e i materiali utilizzati sono sempre più efficaci. Ma come si coordina il lavoro di ricerca e sviluppo con quello di rifornire i team? Ne parliamo con Glen McKibben, brand director di Diamant, azienda che produce Dmt. Il suo è un lavoro di supporto costante e per seguire le esigenze dei corridori li segue in tutta Europa, dalle gare ai training camp.

«Lavoriamo da tanti anni a contatto con i corridori – inizia Glen – quel che è cambiato maggiormente nel lavoro con gli atleti sono i materiali. Anni fa si facevano le scarpe su misura, mentre ora grazie alla tomaia più morbida i corridori usano le scarpe che si trova in commercio».

Dmt collabora anche con RCS ed in onore del Giro d’Italia 2021 hanno prodotto una scarpa celebrativa
Dmt collabora anche con RCS ed in onore del Giro d’Italia 2021 hanno prodotto una scarpa celebrativa
Quindi è un lavoro più semplice?

E’ stato un lavoro di ricerca e sviluppo molto complicato per far in modo di fornire una scarpa comoda per la maggior parte degli atleti. Dico “maggior parte” perché c’è una piccola parte di loro più sensibile ai materiali che ci da un feedback per continuare a sviluppare i nostri prodotti.

Quanto è importante per voi avere una collaborazione continua con gli atleti?

E’ la base del nostro lavoro, per far uscire un nuovo modello di scarpa spesso si lavora mesi se non anni sui prototipi. Diamo ai corridori un modello di prova da usare inizialmente in allenamento e poi se tutto procede bene si portano in gara. Per evitare di essere “spiati” le camuffiamo con colori delle scarpe già in uso.

In questi casi lavorate con i corridori con maggior sensibilità o anche altre caratteristiche?

Allora, a volte per evitare di dare nell’occhio diamo le scarpe di prova a corridori un po’ meno conosciuti, diciamo che lavoriamo sottotraccia. Ci sono molti corridori sensibili ai cambiamenti e non sono sempre i più gettonati dalla stampa.

Elia Viviani è da tanti anni nel mondo Dmt e con loro ha collaborato per la riuscita di nuovo prodotti, come la tomaia utilizzata per le Kr0
Elia Viviani ha collaborato per la realizzazione della tomaia utilizzata per le Kr0
Voi lavorate a stretto contatto con grandi campioni, uno di questi è Tadej Pogacar

Il lavoro con lui è fondamentale, sia per immagine dei prodotti che per il feedback che ci dà. Abbiamo fatto molte scarpe celebrative con lui, ma anche con Elia (Viviani ndr), con cui lavoriamo da molti anni. Con Tadej Dmt ha sviluppato anche la chiusura a laccio.

Quanto è importante avere una collaborazione così lunga con un corridore?

Immensamente, come ho detto una scarpa in Dmt la lavoriamo per anni ed avere un corridore con cui portiamo avanti lo sviluppo è fondamentale. L’ultima lanciata sul mercato ha una storia di ricerca sui materiali di 3 anni.

Parliamo un po’ anche di forniture ai corridori, come fate?

Ad inizio anno diamo 3-4 paia di scarpe ad ogni corridore, consideriamo che sia il numero giusto: un paio per allenarsi e correre e due paia per le borse del freddo. Però non è che una volta consegnate le scarpe il nostro lavoro finisce, la cosa più importante sono gli incontri che facciamo nel corso della stagione. E’ raro che un corridore usi le stesse scarpe tutto l’anno, si fanno delle piccole modifiche o addirittura si propone il nuovo modello appena fatto.

Quante volte vi vedete?

Dalle 7 alle 10 volte all’anno, seguiamo molto le corse, per esempio ad inizio stagione alla Tirreno-Adriatico abbiamo avuto i primi feedback. Sono importanti anche questi incontri in corsa perchè in breve tempo raccogli più impressioni. Andiamo anche ai training camp delle varie squadre, ma quello è un lavoro dedicato ad un team.

E per le scarpe celebrative come vi organizzate?

Nel caso più recente che è quello di Pogacar al Tour le prepariamo prima (foto apertura). Per lui abbiamo addirittura preparato sia quelle gialle che quelle a pois, ci siamo detti: «Male che vada, vince la classifica degli scalatori» (dice con una lieve risata Glen, ndr). Alla fine ha vinto tutte e due le classifiche, una doppia vittoria anche per noi di Dmt che abbiamo usato tutte e due le scarpe preparate.

Alberto Contador è un punto di appoggio fondamentale per lo sviluppo delle scarpe Dmt, che fornisce le scarpe alla Eolo-Kometa
Alberto Contador è un punto di appoggio fondamentale per lo sviluppo delle scarpe Dmt
Lavorate anche con la Eolo-Kometa e di conseguenza con Contador…

Alberto è fondamentale per noi per due motivi: il primo è la sua grande esperienza nel ciclismo ed il secondo che è anche un “modello” molto seguito. Spesso gli diamo delle scarpe da provare ed il suo feedback è importante anche per lavorare bene con il team. Insomma, se una scarpa te la consiglia Contador ti fidi, sia che tu sia un professionista sia che tu sia un amatore.

Le vostre chiusure sono Boa, prendono parte allo sviluppo?

Boa è partner di sviluppo a tutti gli effetti. Mandiamo loro i disegni dei modelli che vogliamo progettare così ci dicono se le loro chiusure sono applicabili su quel modello. Una volta accordato tutto e parte la produzione del modello ci forniscono tutti i materiali necessari.

Dmt

Santini veste L’Étape du Tour 2022

23.10.2021
4 min
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In Santini non si è ancora spento l’entusiasmo per l’ufficializzazione della notizia che sarà proprio il maglificio di Bergamo a realizzare il prossimo anno la maglia gialla del Tour de France. L’essere partner della corsa a tappe più importante del mondo garantisce nuove opportunità di collaborazione con ASO, l’ente che organizza il Tour.

Arriva L’Étape du Tour

Dal 2022 Santini sarà sponsor de L’Étape du Tour de France, manifestazione ciclo-sportiva organizzata sempre da ASO. Si tratta di un evento che permette a migliaia di amatori di pedalare sulle strade del Tour de France in uno degli happening sportivi più attraenti e popolari nel calendario internazionale. Ogni anno L’Étape du Tour vede ai nastri di partenza oltre 16.000 ciclisti provenienti da tutto il mondo. Si tratta di persone desiderose di vivere da protagonisti l’emozione di pedalare sulle stesse strade percorse dagli atleti del Tour, ma anche di scoprire le più belle e più iconiche salite delle montagne francesi.

Alla conquista dell’Alpe d’Huez

L’edizione 2022 de L’Étape du Tour andrà in scena domenica 10 luglio e porterà i corridori alla conquista dell’Alpe d’Huez, nel dipartimento dell’Isère. Si tratta di una delle salite più impegnative dell’arco alpino, famosa per i suoi 21 tornanti, numerati in ordine decrescente e dedicati ai grandi campioni che l’hanno saputa conquistare. Fra questi merita una citazione Fausto Coppi, primo vincitore assoluto su questa prestigiosa salita nel Tour de France del 1952.

Ecco la collezione Santini

Grazie all’accordo sottoscritto con ASO, Santini realizzerà per L’Étape du Tour de France 2022 una linea di capi da ciclismo dedicata. Si tratta di un completo per uomo e uno per donna. Il kit uomo gioca sul blu e sul nero, quello da donna sul blu nautica e sull’azzurro. Ciascun kit è completato da uno smanicato antivento, guantini, cappellino e calzini oltre ad una borraccia. Per celebrare il nuovo accordo è stata inoltre realizzata una T-shirt in cotone con la stessa grafica dei completi.

In omaggio a Coppi

La grafica, sviluppata dal gruppo di lavoro dei designer Santini coordinati da Fergus Niland, rende omaggio alla vittoria di Fausto Coppi nel 1952. Le immagini utilizzate come sfondo delle maglie sono tratte dalle pagine del quotidiano L’Équipe all’indomani della sua vittoria. Le bande bianche e rosse che campeggiano centralmente sulla maglia sono un riferimento ai colori della maglia indossata dal ciclista italiano e dalla sua squadra durante quegli anni.

L’Etape du Tour permette ai cicloamatori di pedalare sulle strade della Grande Boucle, per l’edizione del 2022 tocca all’Alpe d’Huez
L’Etape du Tuor permette ai ciclo-amatori di pedalare sulle strade della Grande Boucle

Ricordiamo che all’epoca il Tour de France era riservato alle squadre nazionali e nel 1952 Coppi era alla guida della formazione italiana. Numerosi sono gli altri elementi grafici dedicati a Fausto Coppi: la scritta “L’aigle solitaire au sommet de l’Alpe d’Huez”, il logo con le date 1952-2022 sulla manica e il riferimento ai 70 anni da quella vittoria e dalla presenza dell’Alpe d’Huez nel percorso gara della Grande Boucle. Tutti i capi saranno in vendita presso il Village dell’evento che, ricordiamo ancora una volta, è in programma il prossimo 10 luglio. Sarà inoltre possibile acquistarli sul sito ufficiale di Santini.

Santini

L’Etape du Tour

Presentato il Tour. Ghirotto: «Decisivi Granon e Alpe»

14.10.2021
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Appena poche ore fa si sono tolti i veli sul Tour de France numero 109 ed già è scattata la giostra dei commenti. E’ facile, è duro, è il solito Tour, è diverso… Ognuno dice la sua, specie sui social. Noi invece un commento lo chiediamo a Massimo Ghirotto, che di percorsi e di grandi Giri se ne intende, per averli fatti da corridore e dalla moto come commentatore Rai.

Ma prima una panoramica. Da Copenaghen (Danimarca) a Parigi. Si parte con una crono e si affrontano prima le Alpi e poi i Pirenei. Si corre quasi esclusivamente nella metà orientale della Francia. Poche volte si è visto un tale sbilanciamento geografico, ma questo poco conta ai fini tecnici.

Tappe sempre più corte. Pensate solo due frazioni toccano i 200 chilometri: la sesta tappa (Binche-Longwy di 220 chilometri, la più lunga), e la quindicesima (Rodez-Carcassone di 200 chilometri spaccati). Il totale dei chilometri è di 3.328 per una media di 158,5 chilometri a frazione, quattro in meno della passata stagione

La mappa del Tour 2022. Si parte il 1° luglio da Copenaghen e si arriva Parigi il 24 luglio
La mappa del Tour 2022. Si parte il 1° luglio da Copenaghen e si arriva Parigi il 24 luglio

Vento e pavè 

«Ho guardato bene tappa per tappa – dice Ghirotto – e ho anche preso appunti. Per me è un Tour duro. Davvero. Più duro della sua linea normale e di quella vista negli ultimi anni. Bisogna stare sempre molto attenti, a parte la porzione centrale in cui ti puoi rilassare un po’. Anche se al Tour non ti puoi mai rilassare.

«Si parte da Copenaghen e più che la cronometro di 13 chilometri che è un po’ più lunga di un prologo, starei attento al fatto che si è vicini al mare e il vento può fare danni, ma tanti danni. E poi è la partenza: c’è la lotta per stare davanti, la paura di perdere terreno, il nervosismo. Tutto questo ti porta ad essere ancora più attento. E vale anche per la prima tappa in terra francese, la Dunkquerque-Calais».

Nel 2014 Nibali costruì gran parte del suo successo sul pavè
Nel 2014 Nibali costruì gran parte del suo successo sul pavè

Sulle tracce di Nibali

«Nella quinta tappa c’è il pavé. E questa può sconvolgere la classifica. Lo abbiamo visto con Nibali nel 2014. E vedendo la mappa sono quasi tutti settori nuovi, il che peggiora le cose. Non c’è nessuno che te li spiega. E se è brutto tempo? Siamo sempre al Nord. Senza contare che c’è anche la Foresta di Arenberg: una bestia. Lì sai che entri ma non sai se esci! Mi ricordo quando facevamo la riunione prima della Roubaix. Il direttore sportivo ci diceva: state davanti, te Massimo stai vicino a Bontempi… Sì, si ma poi devi anche uscirci bene e devi farle certe cose, perché tutti vogliono stare davanti! Questa per me è una delle tappe da cinque stelle.

«Per il resto poi inizia una parte centrale che invece è più da Tour classico. Frazioni nelle quali va via la fuga e le squadre dei velocisti aspettano gli ultimi chilometri per andarli a prendere. O magari arriva la fuga. Ma gli sprinter non se le lasciano scappare certe occasioni. Almeno non a questo punto di un grande Giro, perché poi con le salite in vista ogni tappa potrebbe essere ultima».

«Attenzione però in questa fase a non dimenticare la Planche de Belle Filles, se non altro perché ci ricorda i nostri successi italiani. Per me infatti, questo muro non segnerà grosse differenze».

Il pavè, la Planche e più avanti Hautacam… sembra di essere al Tour di Nibali e chissà che non sia di buon auspicio per qualche nostro corridore.

Alpi decisive

La prossima estate si affronteranno prima le Alpi e poi i Pirenei. Sono entrambi molto impegnativi, ma forse le Alpi lo sono di più. Si scalano arrivi impegnativi e giganti come il Galibier. E infatti Ghirotto non lesina giudizi netti.

«Per me il vincitore del Tour uscirà dalla doppietta alpina delle tappe 11 e 12. Si scalano salite lunghe e dure tra cui Telegraphe, Galibier ad oltre 2.600 metri, Granon, durissimo. Poi di nuovo Galibier e Croix de Fer, che se fa caldo è micidiale. Infine c’è l’Alpe d’Huez. Questa salita è forse la più impegnativa del Tour, ma in assoluto. Non dà respiro, a parte una brevissima spianata. Il finale è appena più dolce, ma a quel punto i giochi sono fatti. Queste due tappe sono di quelle che quando ti svegli sai che dovrai fare tanta, ma proprio tanta, fatica. Le vere differenze si faranno qui».

Pirenei e cronometro

Secondo l’ex pro’ veneto dunque, gran parte della torta ce la si gioca sulle Alpi. I Pirenei sono sì impegnativi, ma potrebbero incidere meno. E Ghirotto fa un discorso molto interessante. Una volta le differenze maggiori si facevano nel finale, adesso invece sembra avvengano prima.

«La 18ª tappa, quella di Hautacam è durissima – spiega Ghirotto – ma a quel punto ognuno ha il “suo posto”. Ci saranno fatica e stanchezza che livelleranno i valori in campo. Se guardiamo bene, l’anno scorso Pogacar il Tour lo  ha vinto nella prima parte. E’ lì che ha fatto i distacchi grandi. Poi sì, era forte, ma non ha più fatto le stesse differenze. E lo stesso discorso vale per Bernal al Giro. Per me dopo quelle tappe alpine non vedremo più grandi distacchi. Anche perché Hautacam me la ricordo. La presi davanti con un gruppetto e vinse LeBlanc, sì può fare la selezione, ma non per i primissimi, quanto piuttosto per coloro che lottano dal quinto al terzo posto».

«E lo stesso discoro vale per la crono. Questa penultima frazione prima di Parigi inciderà molto meno per chi dovrà guadagnarsi la vittoria. Anche perché oggi poi questi uomini di classifica vanno tutti forte a crono. Si potrebbe dire: okay ma due anni fa Pogacar ci ha ribaltato il Tour. Ma quella è stata un’eccezione (anche per il percorso con arrivo sulla Planche, ndr). Tadej quel giorno ha fatto un qualcosa di straordinario, una prestazione fuori dal comune. E se poi andiamo a vedere gli altri che ha battuto erano gente come DumoulinVan Aert, dei super specialisti»

Infine un occhio, rapidissimo, ai favoriti. Salvo novità, i tre migliori uomini per i grandi Giri attuali, Roglic, Bernal e Pogacar, faranno rotta sulla Grande Boucle.

«Beh – conclude Ghirotto – Pogacar è fortissimo, ma se io fossi il diesse della Ineos porterei Bernal a questo Tour. Dopo la vittoria al Giro credo che Egan non abbia altri sbocchi che ripartire dalla corsa francese».

ESCLUSIVO / Nell’atelier Santini dove nasce la maglia gialla

14.10.2021
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E’ primavera. Dopo una serie di incontri di team building in cui ai dipendenti del Maglificio Santini sono state spiegate varie tecniche per aumentare la coesione e l’interazione, la convocazione nel salone dei meeting non è parsa strana a nessuno. Pare che si tratti dell’evento finale, quindi arrivano alla spicciolata e vanno tutti a sedersi sulle sedie, aspettando l’intervento del mental coach di turno. Nessuno può immaginare quello che sta per accadere.

Il primo annuncio infatti dice che devono prepararsi per affrontare una grande sfida. Poi parte un video, che si conclude con l’immagine di una maglia gialla. E un altro annuncio: «Faremo la maglia gialla del Tour per i prossimi cinque anni».

In Santini vengono a saperlo così. Poi si aprono le porte che introducono allo showroom e sui tavoli disposti per un buffet, bottiglie di spumante e bignè rigorosamente gialli alla crema celebrano il traguardo raggiunto.

La forza delle persone

«Conquistare la maglia gialla – spiega Monica Santini, Ceo dell’azienda di Lallio – è la vittoria di una filosofia. Quella di pensare che ancora oggi si possono disegnare, sviluppare e produrre in Italia capi per ciclismo estremamente innovativi. Questo è quello che ci differenzia dagli altri brand, la nostra passione, il nostro dna 100 per cento ciclistico, che trasferiamo nei nostri prodotti. Perché la nostra forza sono le nostre persone».

Marketing a tutto gas

Gli uffici del piano alto sono in fermento. I creativi al computer, i commerciali al centro di telefonate a raffica. Chiamano dalla Gazzetta dello Sport, c’è in coda anche L’Equipe. Osserviamo il quartier generale alla vigilia della presentazione del Tour.

Stefano Devicenzi del markenting racconta. La famiglia Santini è volata a Parigi perché oltre ai percorsi sarà svelata anche la nuova maglia gialla, divenuta italiana dopo gli anni di Le Coq Sportif. Un segreto tenuto a stento, che ha resistito fino a una decina di giorni fa, quando da fonte Aso la notizia ha cominciato a girare. In azienda, agli esterni, dal giorno dei bignè è stato fatto firmare un patto di riservatezza che ha retto in modo encomiabile.

Il disegno della maglia è stato vagliato da Aso e una volta approvato passa alla produzione
Il disegno della maglia è stato vagliato da Aso e una volta approvato passa alla produzione

Un simbolo assoluto

Noi siamo venuti in esclusiva nella sede di Lallio per mostrare come nasca il trofeo più bello del ciclismo mondiale. Avete fatto caso che sul podio di Parigi al vincitore viene consegnata un piccolo trofeo, ma che il vero simbolo resta per esplicita volontà di Aso la maglia gialla?

«La maglia è il trofeo, si legge all’interno del suo dorso – è un simbolo che tenete fra le mani. Nessun’altra maglia nel mondo dello sport è portatrice di una storia così ricca come la Maglia Gialla. Questo non è solamente il simbolo della vittoria, ma ugualmente della storia e della cultura di una Nazione e di uno sport che solamente alcuni campioni eccezionali hanno meritato di indossare. E’ con grande fierezza che possiamo affermare che la maglia è stata interamente confezionata a mano nella nostra azienda di famiglia di Bergamo, in Italia, dove vestiamo la passione del ciclismo fin dal 1965. Felicitazioni. Questo trofeo è tuo».

Subito sotto, alla fine della corsa nello spazio per il nome, sarà stampato quello del vincitore del Tour de France 2022. Un oggetto esclusivo e personalizzato.

Nasce la maglia

L’iter di produzione della maglia è semplicissimo, ma non è affatto facile. Il reparto grafica ha sviluppato nel computer il disegno, inviando varie soluzioni in Francia per l’approvazione definitiva. Ci sono in ballo tutte le maglie di classifica per il Tour e il Tour Femmes, oltre a tutte quelle delle corse Aso, dalla Parigi-Nizza in poi.

Dal computer del reparto grafico, il file viene condiviso con i colleghi che lo stamperanno al plotter: una stampante enorme che trasferisce su carta colori e scritte. Il tempo per l’uscita di una maglia è valutabile circa in un paio di minuti.

Il rotolo di carta su cui la maglia viene stampata viene a questo punto portato in produzione e sul disegno vengono poggiati i pezzi di tessuto bianchi, sagomati in base alla parte di maglia cui fanno riferimento. Davanti, dorso, colletto, maniche, fianchi. Il doppio strato di carta e tessuto viene quindi infilato in una macchina termica che procede alla stampa sublimatica. La temperatura all’interno del rullo fa sì che il colore e le scritte si trasferiscano dalla carta al tessuto, che sempre grazie al colore dilata le sue fibre e assorbe tutto. In questo modo, all’uscita dalla macchina si hanno già pronti tutte le parti di cui si compone la maglia.

Le parti che compongono la maglia sono pronte. Il passo successico è la cucitura

Quegli elastici gialli

Ciascuna di esse deriva da tessuti diversi in base alle caratteristiche richieste, in termini di elasticità, vestibilità e traspirabilità. Il tessuto di base è riciclato, come nella maggioranza della produzione Santini. Ogni dettaglio è giallo, dalla lampo agli elastici in fondo alla maglia.

E proprio a proposito di elastici, quelli in fondo alle maniche hanno una forma singolare: la forma dell’Arc de Triomphe. L’unico dettaglio che non è giallo è il logo Santini sulla schiena, che di certo aumenterà la visibilità per il marchio. Da notare anche che le iniziali di Henri Desgrange, solitamente… appuntate sulla maglia come con un tratto di penna, ora sono su una sorta di ceralacca in basso a sinistra sulla maglia.

Il giallo che mancava

«Quello del Tour – dice con orgoglio ancora Monica Santini – è sempre stato un sogno che in azienda è girato fin da quando ero bambina. Mio padre ha sempre visto il Tour come LA gara che ancora mancava al nostro palmares, visto che abbiamo fatto fatto il Giro d’Italia per tanti anni e i campionati del mondo dal 1988. E’ stato un percorso cominciato quando abbiamo sottoscritto la sponsorizzazione della Vuelta, che comunque è parte delle gare organizzate dalla ASO. Abbiamo cominciato a dimostrare che potevamo essere un partner affidabile e propositivo. Dopo la Vuelta è arrivato il Deutschland Tour. E quando si è aperta la fase di negoziazione per il rinnovo del contratto ci siamo resi disponibili e siamo riusciti a chiudere».

Gli uffici si stanno svuotando, il grande giorno sta per arrivare. La maglia gialla parlerà italiano per i prossimi cinque anni. In un modo o nell’altro, saliremo sul podio di Parigi…

Froome, il 2022 per tornare se stesso. Impresa possibile?

10.10.2021
5 min
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Vigilia del primo Lombardia di Chris Froome, venerdì, inizio pomeriggio (nella foto di apertura di Mattia Ragni, durante una sosta nell’allenamento). Persino chi ha vinto tutti e tre i grandi Giri, medaglie olimpiche e mondiali ha ancora tempo di scoprire una nuova corsa a 36 anni compiuti e sentirsi un ragazzino. A vederlo come pedalava in mezzo ai compagni del Team Israel Start-Up Nation, ridendo, scherzando e fermandosi a scattare qualche istantanea lungo il Ticino dalle parti di Sesto Calende, l’impressione è che abbia ritrovato la tranquillità dopo tanti mesi difficili. Non a caso, prima di concentrarsi sulla Classica Monumento delle foglie morte, l’asso britannico di origini keniane ci ha confidato che il quinto Tour è ancora lì, saldo nei pensieri per il 2022. Anche se poi la corsa non è andata come sognava, nella logica di un percorso di avvicinamento che Chris sembra avere ben chiaro.

Lo abbiamo incontrato nell’hotel della squadra nel corso di uno shooting fotografico di Uyn, l’azienda che al team israeliano fornisce abbigliamento intimo ad alta tecnologia oltre ad accessori fondamentali da indossare nei momenti di riposo.

Hai pedalato in tutto il mondo, ma non avevi mai fatto il Lombardia…

La mia stagione finiva sempre dopo la Vuelta, l’obiettivo che sceglievo dopo il Tour e a quel punto ero davvero morto. Non ero mai arrivato in questo periodo della stagione ancora motivato e con tanta voglia di dire la mia. Il Lombardia è una bella corsa, una classica del ciclismo e a me piace sempre correre in Italia.

Il tuo primo anno al Team Israel, anche a causa dei postumi dell’infortunio, è stato più duro del previsto: ce lo racconti?

I primi sei mesi di quest’anno ho lavorato tanto tanto giù dalla bici per recuperare il tono muscolare perduto dopo che mi sono fatto male. Ho lavorato molto in palestra perché era molto importante farlo, però questa scelta mi ha tolto tempo agli allenamenti in bici, su cui mi sono concentrato poi negli ultimi due o tre mesi, cioè dopo il Tour. Ho ancora tanta voglia di essere lì davanti anche nel 2022.

Il primo Lombardia di Froome si è chiuso con il ritiro: tornerà quello di un tempo?
Il primo Lombardia di Froome si è chiuso con il ritiro: tornerà quello di un tempo?
Il tuo grande amore è il Tour de France: pensi possa essere quello l’obiettivo principale per l’anno prossimo?

Per me, l’obiettivo numero uno è tornare al livello che avevo prima dell’incidente. Sto lavorando per quello. Per gli appuntamenti specifici, come il Tour, il Giro o la Vuelta, non ho ancora deciso.

Ti piace essere un modello per i tanti giovani della tua squadra, che si emozionano soltanto al pensiero di correre insieme a te?

In particolare, sono molto contento di lavorare con l’Israel Start-Up Academy, che aiuta i giovani a crescere. Cerco di dare qualche piccolo consiglio che ho imparato dai tanti anni vissuti nel ciclismo, penso che questo faccia parte del nostro sport: i più vecchi devono aiutare i nuovi arrivati.

Molto attento alla messa a punto della sua bici Factor: nell’azienda ha anche investito(foto Mattia Ragni)
Molto attento alla messa a punto della sua bici Factor: nell’azienda ha anche investito(foto Mattia Ragni)
A te poi piace condividere i tuoi allenamenti su Strava o le tue emozioni su Instagram e Facebook.

E’ il mio modo di fare, sono fatto così come persona. Sono contento di riuscire ad aprirmi anche sui social

Hai vinto praticamente tutto nel ciclismo, ma hai ancora qualche sogno da cullare?

Innanzitutto tornare al livello di prima, come dicevo, e poi sì, mi manca il quinto Tour. Sono a quattro e il sogno di vincere ancora il numero cinque c’è, ma so anche che non è facile.

Hai vinto su montagne epiche al Giro, al Tour e alla Vuelta, sei diventato famoso anche per la tua corsa a piedi sul Mont Ventoux, ma qual è il momento più bello che hai vissuto in sella?

Penso che il giorno più bello della mia carriera fino adesso sia stato in Italia, quando ho vinto il Giro, attaccando sul Colle delle Finestre nella 19ª tappa. Okay, ho vinto il Tour e la Vuelta, ma non avevo mai vinto uno dei tre grandi Giri con l’impresa di un solo giorno, per cui non me lo dimenticherò mai.

Alla vigilia del Lombardia, Froome ha chiesto di mettere a posto anche la bici da crono (foto Mattia Ragni)
Alla vigilia del Lombardia, Froome ha chiesto di mettere a posto anche la bici da crono (foto Mattia Ragni)
Ti piace che ora i giovani, come ad esempio Remco Evenepoel, corrano così all’arrembaggio?

E’ cambiato davvero il modo di correre nel gruppo. E’ buono per il ciclismo, mi piace che arrivino giovani che sono già molto forti e credo che alzi per tutti il livello dello sport.

Continui a essere molto rigoroso con la dieta o ti concedi qualche sfizio?

E’ difficile durante la stagione perché cerchi di tenere duro, ma soprattutto in Italia, diventa ancor più difficile perché ci sono tante cose buone a tentarti.

Allenamento di gruppo, prima di fine stagione (foto Mattia Ragni)
Allenamento di gruppo, prima di fine stagione (foto Mattia Ragni)
Quali sono le tue debolezze?

Sono troppo buone le pizze, quelle vere. Poi mi piace tantissimo il tiramisù. 

Dopo il Lombardia, ti concederai un po’ di vacanza?

Un po’ di tempo a casa è già vacanza. Stiamo fuori tanti giorni durante l’anno e sono molto contento di poter stare un po’ tranquillo in famiglia e poter concedermi una pizza o se possibile anche due.