Il legame con la propria terra, quella bergamasca, per Santini è sempre stato un richiamo forte di appartenenza. Un binomio che passa attraverso lo sport ed ora, grazie alla collaborazione con l’Atalanta, arriva anche al calcio. Santini ha infatti presentato la sua collezione di capi dedicata alla Dea. Entrambi gli sport sono legati profondamente al popolo bergamasco, che vede nel ciclismo e nel calcio parte del proprio DNA.
Sulla schiena della seconda maglia è presente la Dea, simbolo dell’AtalantaIn abbinamento Santini ha pensato a dei pantaloncini che richiamano i colori della squadraSulla schiena della seconda maglia è presente la Dea, simbolo dell’AtalantaIn abbinamento Santini ha pensato a dei pantaloncini che richiamano i colori della squadra
Stesse passioni
Due sport così diversi ma allo stesso tempo vicini, per passione e attaccamento al territorio ed alla città di Bergamo. Una sottile linea che unisce Santini e l’Atalanta e che cucita crea questa particolare collezione, dedicata a chi vuole pedalare con i colori della propria squadra del cuore addosso.
Santini realizza abbigliamento ciclistico dal 1965 e nel corso degli anni è arrivata ad altissimi livelli. L’ultimo, in ordine di tempo, vestire la maglia gialla del Tour de France. La stessa capacità ed abilità tecnica del marchio bergamasco vengono trasportate su questa collezione, che diventerà un motivo di orgoglio per i tanti tifosi dell’Atalanta che vogliono mostrare la propria fede calcistica anche quando pedalano.
La collezione viene completata con gli accessori: questo il cappellinoSono presenti anche i guantini, sempre con la Dea stampata sopraA completare il tutto ecco i calziniLa collezione viene completata con gli accessori: questo il cappellinoSono presenti anche i guantini, sempre con la Dea stampata sopraA completare il tutto ecco i calzini
La collezione
Una serie di capi d’abbigliamento ricca: due maglie, un pantaloncino e tanti accessori abbinati. I colori sono quelli dell’Atalanta, ovvero nero e azzurro, con tanto di logo della squadra. La prima delle due maglie: la Sleek, è dedicata ai ciclisti più esigenti, che ricercano un fit aerodinamico. Un capo realizzato con tessuti made in Italy e 100% riciclati da PET e filati di scarto (foto di apertura). L’azzurro domina sulla maglia, mentre le maniche sono nere, il forte richiamo all’Atalanta è sulle tasche e nello stemma sul petto.
La seconda maglia della collezione è pensata per chi ama un taglio classico ed una vestibilità morbida. Santini ha combinato tessuti in microrete: leggeri e traspiranti, con la grafica del vero tifoso atalantino sulla schiena.
Completano la collezione i pantaloncini con tessuto compressivo Thunderbike Power e fondello GITevo, i guantini, le calze ed il cappellino.
«E’ uno dei modi con cui otteniamo i famosi marginal gain – spiega Formolo, in procinto di rientrare al Tour de Pologne – in questo caso con corone e freni di Carbon-Ti. Parlo per esperienza, ma ogni volta che capito in un negozio di bici, mi chiedono proprio dei freni. Gli è bastato vedere le foto. Vanno bene, vanno veramente bene. E sono anche belli…».
La superficie del disco è tale da favorire il raffreddamento della pista frenanteLa superficie del disco è tale da favorire il raffreddamento della pista frenante
Vero debutto al Giro
Abbiamo passato parecchio tempo a osservare i freni a disco X-Rotor SteelCarbon 3 di Carbon-Ti montati sulle Colnago del UAE Team Emirates, prima al Giro d’Italia e negli ultimi giorni al Tour ed è vero quel che dice Formolo: il colpo d’occhio seduce. Si parla del disco, composto dal corpo centrale in carbonio e la pista frenante in acciaio. Sono belli, ma funzionano? E quali vantaggi danno?
«Il fattore peso è importante per i grandi Giri – spiega Marco Monticone, product manager dell’azienda bresciana – tanto che l’utilizzo diffuso fra gli atleti di punta, Almeida per primo, è iniziato al Giro d’Italia. Lì ci siamo trovati in condizioni estreme, con temporali, piogge, discese molto lunghe fatte in condizioni estremamente critiche.
«Il vantaggio di peso è di circa 27 grammi, che per loro è un numero importante. Ci arriviamo grazie alla parte centrale in fibra di carbonio che nessun altro fa e ci consente di risparmiare peso, mantenendo le stesse caratteristiche di rigidezza necessarie per competizioni WorldTour».
Almeida al Giro ha usato i freni in carbonio e acciaio di Carbon-TiAlmeida al Giro ha usato i freni in carbonio e acciaio di Carbon-Ti
Segreto industriale
Dei materiali utilizzati e dei numeri relativi si riesce a sapere ben poco: il segreto industriale viene opposto alla domanda e c’è da capirlo. I test che hanno portato al prodotto finito sono andati avanti per anni: fra diversi tipi di carbonio con lo stesso spessore possono esserci delle grandi differenze, quindi la messa a punto del miglior composito si è rivelata un passaggio chiave. Si parla infatti di terza generazione di un prodotto nato quasi 15 anni fa.
L’osservazione di Formolo va avanti. Il veronese ha utilizzato i freni X-Rotor Steel Carbon 3 al Giro d’Italia, facendo parte della… guardia scelta di Almeida.
«Della leggerezza – dice – magari ti accorgi indirettamente. Quello che si nota è che frenano allo stesso modo anche dopo le discese più lunghe. Bagnato o asciutto. Anzi, a volte mi è capitato di arrivare in fondo e di chiedermi se con i freni tradizionali, me la sarei cavata altrettanto bene».
Il freno a disco Carbon-Ti ha il corpo in carbonio e la pista frenante in acciaio, uniti da rivetti in titanioI dischi dei freni Carbon-Ti pesano 27 grammi meno rispetto agli altri in dotazione al teamIl freno a disco Carbon-Ti ha il corpo in carbonio e la pista frenante in acciaio, uniti da rivetti in titanioI dischi dei freni Carbon-Ti pesano 27 grammi meno rispetto agli altri in dotazione al team
Pista frenante in acciaio
La confutazione da parte di Marco Monticone arriva puntuale ed entra nel dettaglio della costruzione stessa dei dischi.
«Risparmiando così tanto peso nel corpo centrale grazie al carbonio – dice – abbiamo potuto dedicare più materiale alla parte più importante per le performance del disco, quindi la pista frenante. Quella non l’abbiamo alleggerita. Ci sono dei dischi più leggeri dei nostri, ma il nostro prodotto ha una pista frenante studiata per avere delle performance elevate e un raffreddamento migliore su discese estremamente lunghe».
Covi ha riscontrato che la frenata è migliore quando si arriva al riscaldamentoCovi ha riscontrato che la frenata è migliore quando si arriva al riscaldamento
Frenata a freddo
A questo punto gli facciamo notare un’osservazione fatta da Alessandro Covi, il piemontese che proprio in questi giorni si è spostato in Spagna per correre a Villafrance de Ordiza e poi San Sebastian e che i nuovi freni li ha usati anche lui al Giro.
«Frenano sempre bene – dice – magari c’è da pompare di più all’inizio della discesa, ma poi l’efficienza è sempre identica e di alto livello».
Il disegno della pista frenante, con spigoli arrotondati, è stato realizzato per consentire potenza e modularitàIl disegno della pista frenante, con spigoli arrotondati, è stato realizzato per consentire potenza e modularità
Sensazioni e abitudini
Monticone annota, fa una breve pausa e riferisce quanto ricevuto anche da parte di altri corridori della squadra emiratina.
«Quella è stata la segnalazione di qualche atleta – dice – secondo cui più i freni vengono sollecitati e più funzionano bene, che per loro è estremamente importante. Sull’efficienza inferiore a freddo, ho sempre avuto qualche dubbio. Però prendiamo sul serio tutte le loro indicazioni, ma non c’è alcun motivo per cui questo debba succedere, perché il disco si scalda in meno di un secondo. Forse è un fatto di sensazioni. Mi rendo conto che quando dai del materiale nuovo a un atleta che fa 30-40.000 chilometri all’anno, sicuramente troverà qualcosa di differente da quello che era abituato a utilizzare».
Al Tour il freno anteriore Carbon-Ti è stato usato anche all’anteriore della bici da cronoAl Tour il freno anteriore Carbon-Ti è stato usato anche all’anteriore della bici da crono
Disco semi-flottante
Rispetto a qualche disco che ha la costruzione a strati, quella che viene definita a wafer, i freni Carbon-Ti hanno la pista frenante ricavata da un pezzo unico, vincolato al corpo in carbonio da speciali rivetti in titanio. E questo crea un vantaggio.
«Questa costruzione – dice Monticone – fa sì che possiamo definire i freni semi-flottanti. Non si discostano di un millimetro come succede per quelli flottanti delle moto. In questo caso, la pista frenante è solidale col carbonio e non si avvertono movimenti. Però nel momento in cui subisce un surriscaldamento in frenata, il disco è libero di dilatarsi, con i rivetti che sono in grado di assorbire la dilatazione. Ecco perché è decisivo raggiungere il perfetto abbinamento fra rivetti, carbonio e acciaio».
Il team di Carbon-Ti ha raggiunto il Tour nel secondo riposo di Megeve per avere riscontri (foto Facebook)Il team di Carbon-Ti ha raggiunto il Tour nel secondo riposo di Megeve per avere riscontri (foto Facebook)
La verifica al Tour
Il Tour de France è stato un momento di verifica. Lo staff di Carbon-Ti ha raggiunto il UAE Team Emirates nel secondo giorno di riposo a Megeve, dedicandosi all’approfondimento tecnico richiesto dalla squadra e per loro necessario e scoprendo che per la prima volta i propri dischi sono stati utilizzati anche all’anteriore sulla bici da cronometro.
«Lunedì scorso – racconta Monticone – siamo stati tutto il giorno con la squadra e abbiamo raccolto informazioni dagli atleti, dai meccanici e dal performance manager. Abbiamo indicato futuri nuovi prodotti che potrebbero interessare e concordato alcune cose. Abbiamo ricevuto i prodotti utilizzati al Giro, ad esempio i dischi di Almeida, in modo da fare le nostre verifiche».
A margine dell’attività del team di Pogacar, c’è un servizio che Carbon-Ti riserva ai clienti europei: la sostituzione della pista frenante usurata. Si parla di un vero e proprio “rebuild” del disco, che torna nuovo alla metà di quanto costerebbe comprarlo nuovo. Nulla di particolarmente interessante per corridori che sono abituati alle sostituzioni di parti usurate, un bel valore aggiunto per chi la bici è costretto a pagarla.
Il prossimo anno, l'ultimo di contratto con la Israel, Chris Froome compirà 40 anni. Sa che non avrà mai più il livello di prima, ma sogna un ultimo Tour
Mohoric non la finisce di piangere, in questo giorno francese che ha visto in prima fila gli uomini del mondiale. L’hanno detto tutti e in tutte le salse. Davanti alla corsa c’erano i migliori cacciatori del mondo. E forse non è un caso che si siano trovati davanti dopo tre settimane di Tour e a due dal mondiale. Vuol dire che la condizione top è in arrivo.
«Essere un ciclista professionista – dice Mohoric – è difficile e crudele. Soffri molto nei preparativi, sacrifichi la tua vita, la tua famiglia e fai di tutto per arrivare qui pronto. E poi dopo un paio di giorni ti rendi conto che tutti sono così incredibilmente forti. A volte è difficile seguire le ruote. L’altro giorno sul Col de la Loze ero completamente stanco e vuoto. Però vedi il personale che si sveglia alle 6 e finisce il lavoro a mezzanotte. E certi giorni ti senti di non appartenere a questo posto, perché tutti sono così incredibilmente forti che fai fatica a tenere le ruote. Sapete a cosa ho pensato oggi per tutto il giorno? Speriamo che quel ragazzo là davanti che sta tirando soffra almeno quanto me...».
Una tappa vinta e un mondiale vinto: Pedersen esce dal Tour in grandissima condizioneUna tappa vinta e un mondiale vinto: Pedersen esce dal Tour in grandissima condizione
Dal Tour a Glasgow
Bennati l’ha seguita da casa. Il tecnico della nazionale sa che il tempo stringe. La squadra sarà fatta dopo il Tour de Wallonie, ma sarà resa nota il primo agosto nella conferenza stampa nell’Autodromo del Mugello. Ai corridori lo dirà prima, ma solo perché i prescelti per la sfida di Glasgow a quel punto saranno già in ritiro. Sarà un mondiale strano. Serve gente che attacca, come oggi Trentin e Bettiol, Pedersen e Van der Poel, oppure Alaphilippe, Asgreen e Mohoric. Ma serve anche un velocista da tenere nel taschino casomai si arrivasse in volata. E noi il velocista ancora non l’abbiamo. Nizzolo correrà il Wallonie, ma sinora ha fatto vedere poco. Viviani si è praticamente chiamato fuori. Gli altri sono spariti.
Bettiol ha superato qualche problema di allergia e nella tappa di Poligny è parso brillanteBettiol ha superato qualche problema di allergia e nella tappa di Poligny è parso brillante
Da osservatore interessato, come hai visto la tappa di oggi?
Ho visto molto bene Matteo e poi anche Alberto. Trentin era già nella fuga di 7-8 quando a Politt si è rotta la catena. Alberto è stato il primo a rompere gli indugi e cercare di rientrare. Insomma, da lì si è rotto definitivamente il gruppo. Inizialmente c’era anche Oss, che però in finale è saltato. Vuol dire che stanno finendo il Tour in crescendo. Bettiol ha avuto problemi di allergia e sta recuperando. Trentin è caduto la seconda tappa e aveva problemi al ginocchio, che però sembrano alle spalle…
Oggi si sono visti uomini da mondiale?
E’ stato comunque un bel test, dopo quasi tre settimane di un Tour corso a livelli stratosferici. Hanno fatto anche oggi quasi 50 di media e c’era davanti gran parte di quelli che si giocano le classiche più importanti. E’ una giornata che deve dare morale a loro. Il Tour è la vetrina più importante. Finisce solamente a due settimane dal mondiale, quindi sappiamo benissimo che i protagonisti probabilmente usciranno da qui.
Tappa vinta ieri a Bourg en Bresse, secondo oggi: Asgreen sta tornando ai suoi livelliTappa vinta ieri a Bourg en Bresse, secondo oggi: Asgreen sta tornando ai suoi livelli
E il tuo morale invece?
Il mondiale dello scorso anno mi ha dato la consapevolezza che se anche ci sono tre o quattro elementi sulla carta molto più forti di noi, nella corsa di un giorno ce la dobbiamo giocare ad armi pari. Correndo in una certa maniera, da intelligenti, senza farci mai sorprendere. Bisogna cercare di essere sempre in vantaggio, di non rincorrere.
Quando darai i nomi?
Ai ragazzi la darò prima, perché dal 30 luglio saremo già in ritiro. Nel frattempo aspetterò il Wallonie, perché ci sono diversi corridori che non hanno fatto il Tour. Ci sono Rota e Baroncini, ci sono Ballerini, Bagioli, Nizzolo, Oldani, Sbaragli. Il Wallonie sarà l’ultimo test importante.
Trentin è stato il capitano dell’Italia lo scorso anno a Wollongong. A Glasgow ha vinto gli europei nel 2018Trentin è stato il capitano dell’Italia lo scorso anno a Wollongong. A Glasgow ha vinto gli europei nel 2018
Oggi ha vinto Mohoric.
Uno di quei corridori che comunque vanno forte dappertutto. Sa guidare bene la bici, è molto intelligente, perché oltre che con le gambe, ha vinto anche soprattutto con la testa. In caso di brutto tempo, sa districarsi bene. Anche Van der Poel sta crescendo, ma lui è un caso a parte. Secondo me le tre settimane gli danno un po’ fastidio o comunque non rende come dovrebbe. Infatti anche oggi era lì, ma non brillantissimo. Però dopo il Tour, mi aspetto che voli. Lo stesso per Van Aert, che però quest’anno ha corso più pensando alla squadra.
Ce l’abbiamo il velocista da tenere lì in caso di arrivo allo sprint?
Il miglior Nizzolo e il miglior Viviani sarebbero andati da Dio, però non si vedono da un po’ a quel livello. Per giustificare la convocazione servono anche i risultati e il coraggio di prendersi la responsabilità di un certo ruolo. E comunque se non hai il velocista, puoi sempre fare affidamento su Trentin, che dopo 270 chilometri un risultato lo può fare. E poi c’è da dire un’altra cosa…
Magari nella Soudal-Quick Step il clima per lui non è dei migliori, ma Alaphilippe sta crescendoMagari nella Soudal-Quick Step il clima per lui non è dei migliori, ma Alaphilippe sta crescendo
Quale?
Quando facevo il velocista, sapevo che venivo giudicato per le volate. Ogni tanto bisogna anche farle al vento. Magari parti e poi ti rimontano e va bene, però se le fai sempre a ruota, non migliori mai. Io non ero nessuno, ma le volate a volte le vincevo, a volte le perdevo, a volte mi passava solo uno, a volte mi passavano due o tre. Un velocista ogni tanto deve provare a fare la volata. Noi purtroppo abbiamo velocisti che sono fermi o non fanno le volate e così è difficile considerarli.
Milan ci sarebbe stato bene?
Sarebbe stato l’uomo su cui puntare in caso di volata. E’ giovane e ha dimostrato che se si arriva in gruppo è forte. Lo tieni lì e, se non succede niente e arrivano 50 corridori, lui c’è e avrebbe anche gli uomini per aiutarlo. Ma il mondiale è fatto così, pista e strada sono praticamente insieme, per cui dovremo fare senza di lui.
Analisi a tutto tondo del Tour di Pogacar con il "tecnico dei tecnici" della UAE Emirates, Matxin. Con una squadra in salute... le cose sarebbero potute andare diversamente
Da manuale del ciclismo. Chi apprezza le finezze tecnico/tattiche di questo sport, non può non essere rimasto ammaliato dalla tappa di oggi. A Bourg en Bresse ha vinto Kasper Asgreen. Il danese della Soudal-Quick Step insieme ai compagni di fuga Victor Campenearts, Pascal Eenkhoorn e Jonas Abrahamsen è stato autore di una lunga azione da mangiarsi le unghie. Quattro passisti che hanno venduto cara la pelle. E il gruppo lo sapeva, tanto è vero che non ha mai lasciato loro troppo spazio.
Le squadre hanno consumato tanti uomini per rincorrerli e nel frattempo Alaphilippe, compagno di Asgreen, rompeva i cambi in gruppo. I due Lotto-Dstiny hanno puntato su un uomo, Eenkhoorn, e Campenaert ha tirato la volata. Okay hanno perso, ma la fuga è arrivata. Tecnicamente è a nostro avviso il gesto più bello di questo Tour dopo la stoccata di Lafay a San Sebastian.
Asgreen vince la volata a quattro a Bourg en BresseLa fuga è stata spinta da passisti come Campenaerts e lo stesso AsgreenDopo l’arrivo Asgreen ed Eenkhoorn si danno la mano: la sensazione è che la tappa l’abbiano vinta tutti e quattroAsgreen vince la volata a quattro a Bourg en BresseLa fuga è stata spinta da passisti come Campenaerts e lo stesso AsgreenDopo l’arrivo Asgreen ed Eenkhoorn si danno la mano: la sensazione è che la tappa l’abbiano vinta tutti e quattro
Questione controlli
Ma se a Bourg e Bresse si gioiva per Asgreen, a tenere banco al Tour de France quest’oggi è stata la notizia che riguardava i controlli a sorpresa fatti alla Jumbo-Visma e alla UAE Emirates al via ieri da Saint Gervais. A dare questa notizia è stato il media olandese WielerFlits.
Questo controllo, eseguito letteralmente dietro il palco del foglio firma, sui bus dei rispettivi team, ha creato stupore, perché probabilmente e fortunatamente a certe notizie non eravamo più abituati.
Perché dunque questi controlli antidoping? Subito è stato puntato il dito sulle prestazioni di Tadej Pogacar e soprattutto di Jonas Vingegaard. Sono stati controllati i due capitani e tutti i loro compagni.
I team hanno detto che questi controlli sono ben accetti, se servono ad allontanare i sospetti. Li hanno recepiti di buon grado, respingendo giustamente al mittente ogni tipo d’insinuazione più o meno velata che fosse. Lo stesso Vingegaard è stato preso d’assalto durante le conferenze stampa.
Il dottore dell’Astana-Qazaqstan, Emilio MagniIl dottore dell’Astana-Qazaqstan, Emilio Magni
Parola all’esperto
Quello su cui ci preme fare chiarezza però è capire tecnicamente cosa sia successo. E perché si sia verificata una situazione simile. E per farlo ci siamo rivolti al medico di un team WorldTour, il dottor Emilio Magni, in forza all’Astana-Qazaqstan .
Ci si è chiesto se i team in questo Tour abbiano dovuto firmare un accordo particolare, a prescindere dal fatto che appartengano o meno al MPCC (Movimento per un Ciclismo Credibile).
«E’ possibile – spiega il dottor Magni – che ci siano questo tipo di controlli. Non so chi li abbia effettuati, se la Nado, la Wada, ma il regolamento prevede che i corridori possano essere controllati. Sono in ambito di una competizione ed è pertanto legittimo effettuarli. L’appartenere o meno all’MPCC non centra nulla».
Questo ente ha più un valore divulgativo, di letteratura scientifica. Vuol mettere a disposizione dell’UCI i dati dei controlli fatti, le variazioni del passaporto biologico nell’arco dell’anno e rifiutano ogni forma di cortisone, anche quello a scopo terapeutico.
Pogacar esce dal bus, la sua squadra si è detta contenta per il controllo (foto Instagram – UAE Emirates)Pogacar esce dal bus, la sua squadra si è detta contenta per il controllo (foto Instagram – UAE Emirates)
Due ore
Jumbo-Visma e UAE Emirates non hanno aderito all’MPCC, come tanti altri team WorldTour del resto (lo hanno fatto soltanto in nove). Ma questo non vuol dire assolutamente nulla sulla loro lealtà, sia chiaro. Quello che stupisce è che questi controlli siano stati effettuati a distanza di un paio d’ore da altri controlli effettuati agli stessi team in albergo prima di venire alla partenza.
«Questa situazione – prosegue Magni – si era già verificata qualche anno fa. Addirittura in due mattine consecutive: controlli al risveglio e poi sul bus un paio di ore dopo. Questo per scongiurare che qualcuno, sentendosi “libero” dai controlli mattutini, potesse assumere qualcosa prima della partenza.
«In effetti era un po’ di tempo che non si verificava una situazione così, ma meglio un controllo in più che uno in meno. In questo modo chi viene testato può dimostrare di essere nel giusto e fugare ogni dubbio. E chi segue questi atleti (i tifosi, ndr) ha fiducia nei loro confronti».
In realtà un caso simile, di controlli sul bus a ridosso del via, era accaduto anche lo scorso anno al Giro d’Italia. Questi controlli avevano coinvolto un altro team WorldTour, ma la motivazione era prettamente logistica, se così possiamo dire. In pratica i controllori si erano presentati tardi in hotel e quindi avevano eseguito il prelievo sul bus.
La Jumbo-Visma ha respinto ogni accusa di doping, parlando del grande lavoro svolto (da mesi) per questo Tour preparato in ogni minimo dettaglioLa Jumbo-Visma ha respinto ogni accusa di doping, parlando del grande lavoro svolto (da mesi) per questo Tour preparato in ogni minimo dettaglio
Due tipi di test
Un altro aspetto che fa riflettere riguarda la maglia gialla. In 48 ore Vingegaard ha subito quattro controlli sangue-urine. Non poco.
«Ci sono due tipi di controlli – spiega Magni – quello per il passaporto biologico e quello antidoping. Il primo va a cercare il numero dei globuli rossi, dei reticolociti e altri parametri che indicano il “consumo” di sangue. L’altro le sostanze illecite. Sono metodologie differenti che possono persino avvenire nello stesso momento. Non troppo tempo fa mi è capitato di avere quattro controlli: due ragazzi per il passaporto biologico e due per l’antidoping.
«Per fortuna che i prelievi di sangue, che possono arrivare anche a 15 cc, non influiscono sulla salute e sulle prestazione dell’atleta. Il corpo umano ha 5 litri di sangue, quindi parliamo dello “zero virgola”… Vingegaard non è stato danneggiato insomma».
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SAINT GERVAIS MONT BLANC – Due tappe vinte al Tour sarebbero un capitale enorme di soddisfazione, morale e marketing per chiunque, figurarsi per la Cofidis che non vinceva nella corsa di casa dal 2008. Prima Lafay a San Sebastian, poi Ion Izagirre a Belleville en Beaujolais hanno riportato il sorriso nel gruppo francese, con il team manager Cedric Vasseur, vincitore a sua volta di due tappe al Tour, che finalmente inizia a vedere il frutto di tanti anni di ristrutturazione. Per la squadra che due anni fa lottava per i punti della salvezza, si tratta di un innegabile cambio di direzione.
Vasseur ha vinto a sua volta due tappe al Tour: la prima nel 1997 a La Chatre, la seconda (qui sopra) nel 2007 a MarsigliaVasseur ha vinto a sua volta due tappe al Tour: la prima nel 1997 a La Chatre, la seconda (qui sopra) nel 2007 a Marsiglia
Che cosa ha significato per voi vincere quelle due tappe?
E’ fantastico. La prima era già stata una liberazione, dopo un’attesa così lunga. Puoi fare buone stagioni e vincere molte gare, ma se non vinci al Tour de France, sei considerato una squadra di seconda fascia. Credo che questa volta abbiamo dimostrato che tutto il lavoro fatto, il reclutamento dei corridori e la scelta del personale ci hanno permesso di vincere. E quando vinci al Tour, hai anche il livello per vincere una classica WorldTour, puoi diventare campione del mondo, puoi vincere molte altre gare. Il Tour de France è come correre una classica ogni giorno, questo significa che la qualità sportiva è cresciuta. Siamo molto felici.
Come si possono descrivere le fasi di questo cambiamento?
Il 2020 è stato complicato, abbiamo avuto Viviani e Martin con il Covid e c’è stato poco da fare. Nel 2021 ho cominciato a vedere qualche progresso. L’anno scorso, abbiamo chiuso al 10° posto e abbiano cominciato a lavorare in modo diverso. Abbiamo creato dei gruppi di lavoro. Siamo andati in altura, quest’anno i corridori sono stati a Tignes per tre settimane prima di volare a Bilbao. E soprattutto avevamo forte il desiderio di vincere.
A San Sebastian la prima vittoria di Lafay con un gran colpo da finisseurIzagirre ha vinto la tappa di Belleville en Beaujolais, arrivo solitario dopo la vittoria del 2016 a MorzineA San Sebastian la prima vittoria di Lafay con un gran colpo da finisseurIzagirre ha vinto la tappa di Belleville en Beaujolais, arrivo solitario dopo la vittoria del 2016 a Morzine
Più che in passato?
Siamo arrivati al Tour de France con 11 vittorie, non sono poche. Facciamo parte delle migliori squadre e sapevamo che la qualità sportiva della squadra è cresciuta. Dovevamo solo dimostrarlo vincendo e loro l’hanno fatto. Allegria!
Ion Izagirre ha vinto e poi ha detto che il Tour della Cofidis non era finito quel giorno.
Ha ragione. Non è finita perché quando vinci una tappa, vuoi la seconda. Quando ne vinci due, ti convinci di poter vincere la terza. Rimane quasi una settimana e penso che ci siano ancora opportunità. Sono sicuro che il team Cofidis farà ancora qualcosa di molto buono da qui a Parigi.
All’appello fra i gioielli di casa Cofidis manca Guillaume Martin, sempre nel vivo sulle saiteAll’appello fra i gioielli di casa Cofidis manca Guillaume Martin, sempre nel vivo sulle saite
Si può dire che ormai sia la squadra dei sogni di Vasseur?
Se parliamo di sogni, dobbiamo sempre alzare l’asticella. Ma penso che il lavoro che è stato fatto, sia stato premiato. Da un lato mi appaga, dall’altro mi dà l’ambizione di puntare più in alto, perché puoi sempre puntare più in alto. Penso che questa squadra oggi abbia la convinzione di poter vincere ovunque: al Giro, al Tour e alla Vuelta. Penso che il nostro obiettivo sia dimostrare che ci meritiamo il nostro posto tra le 10 migliori squadre del mondo.
Uno dei vostri tecnici, l’italiano Damiani, ha un modo di dire, che mette da sempre davanti ai suoi corridori: ne ha parlato anche con te?
«Toujours pour gagner», sempre per vincere. E’ diventato il nostro hashtag ufficiale. Chiaramente Roberto lo ha detto a tutti e significa che qualunque sia la situazione, anche se abbiamo già vinto delle gare, bisogna sempre cercare di vincerne di più. Questo è importante: la vittoria più bella è quella che ancora ci attende.
COURCHEVEL – «J’adore Giulio Cicconè». Pierre Rolland questa mattina era al villaggio di partenza del Tour de France. Intervistato, sul palco aveva espresso giudizio positivi sull’abruzzese e lo aveva dato come favorito per la maglia a pois. E anche Jalabert, commentatore tecnico per la Tv francese, lo aveva esaltato dicendo che gli piaceva il suo modo di correre: sempre all’attacco, sempre aggressivo. Jaja aveva ricordato il suo affondo nell’ultima tappa del Delfinato.
Che poi è un po’ il metodo francese di corsa per eccellenza, quello che si vede nella gare di Coupe de France. Quello che anche RobertoDamiani, diesse della Cofidis, squadra francese, ci aveva raccontato parlando di Champion, guarda caso vincitore del premio della fuga al Giro d’Italia.
Pierre Rolland (classe 1986) ha smesso di correre al termine della passata stagionePierre Rolland (classe 1986) ha smesso di correre al termine della passata stagione
Ciccone coraggioso
E Rolland lo abbiamo “braccato” una volta sceso da quel palco. Lui la maglia a pois del Tour ha cercato di conquistarla più volte. Ci è andato vicino ma non ci è riuscito.
«Mi piace Ciccone – ha detto Rolland – poiché è un attaccante, è coraggioso. Lui aveva l’obiettivo di vincere la maglia a pois già prima di partire e questo è importante. E’ importante avere un obiettivo in generale, ma poi non è facile raggiungerlo.
«Non è un corridore che può lottare per la generale e fa bene a cercare altro, a cercare la maglia a pois. Questa maglia è simbolica, ha un grande valore».
Ed è vero: i francesi stravedono per questa maglia. Un simbolo che per certi aspetti è più riconoscibile di quella gialla. I gadget che distribuiscono al via, all’arrivo e lungo le strade sono i più numerosi. E chi la porta è lui stesso il simbolo della fatica.
Ieri dopo la crono, mentre Giulio sgambettava avanti e indietro e poi pedalava sui rulli, in tantissimi lo applaudivano e urlavano il suo nome: «Cicconè, Cicconè…».
Come diceva Rolland la squadra è importante per la maglia a pois. Via veloce e Pedersen ha scortato Giulio, a sua volta marcato dal diretto rivale PowlessPoi è entrato in scena Skjelmose. Ritmo alto prima dello sprint per il Gpm per sfiancare gli avversariCicco sui rulli dopo la crono. Ha riservato tutte le energie per il Gpm, tanto da vincerlo rifilando 3″ a VingegaardCome diceva Rolland la squadra è importante per la maglia a pois. Via veloce e Pedersen ha scortato Giulio, a sua volta marcato dal diretto rivale PowlessPoi è entrato in scena Skjelmose. Ritmo alto prima dello sprint per il Gpm per sfiancare gli avversariCicco sui rulli dopo la crono. Ha riservato tutte le energie per il Gpm, tanto da vincerlo rifilando 3″ a Vingegaard
La squadra serve
Rolland passa poi ai consigli per conquistare questo obiettivo. Lui ci ha provato, e come detto, non ci è riuscito. L’ha conquistata però in altre gare, come al Delfinato, dove in tanti hanno già il coltello fra i denti.
«Ciccone deve correre davanti, soprattutto oggi con questa partenza. Deve stare davanti sul Saisies e poi sul Roselend: questi due per forza. Lo attaccheranno. E magari provare a vincere il Col de la Loze, anche se sarà difficile: dipenderà molto da cosa farà Pogacar.
«Deve mettere nel sacco più punti possibile. E ogni volta che prende i punti di un Gpm poi si deve mettere in coda».
«La squadra in tutto questo – va avanti Pierre – è molto importante. Devono aiutarlo ogni volta che possono. Oggi mi aspetto che Skjelmose e almeno un altro compagno gli stiano vicino. Che il danese lo tiri e magari vada in fuga con lui».
E oggi la Lidl-Trek e Ciccone hanno corso esattamente come ha detto Rolland. Hanno fiaccato Powless, il diretto rivale, anche psicologicamente. Hanno corso compatti. Prima dei Gpm aumentavano per scongiurare gli attacchi.
I francesi amano la maglia a pois, per certi aspetti visto il loro modo di correre e d’intendere il ciclismo, anche più della maglia giallaI francesi amano la maglia a pois, per certi aspetti visto il loro modo di correre e d’intendere il ciclismo, anche più della maglia gialla
Carota… e bastone
Ma se Rolland esalta Ciccone, da un’altra parte gli tira le orecchie. Magari questa maglia poteva indossarla già da un po’ secondo lui e non essere costretto a sfinirsi sulla Cote de Domancy – come visto ieri – per prendere quei 5 punti. E magari, perché no, aver vinto anche una tappa.
«Qualche errore – spiega Rolland – Ciccone lo ha commesso in questo Tour: è stato troppo generoso. Spesso si sforza molto. Dovrebbe stare più tranquillo e avere più sangue freddo. Insomma in qualche modo dovrebbe economizzare la sua corsa».
Ciccone dopo l’arrivo. La classifica dei Gpm ora recita: 1° Ciccone con 88 punti, 2° Gall con 82, 3° Vingegaard con 81Ciccone dopo l’arrivo. La classifica dei Gpm ora recita: 1° Ciccone con 88 punti, 2° Gall con 82, 3° Vingegaard con 81
Parola a Giulio
E Ciccone cosa dice? «Oggi la corsa è andata come ci aspettavamo e come speravamo. Ma non è stata facile come può sembrare. Ero già in fuga prima del primo Gpm e ho speso tanto».
«Perché non ho tenuto sul Col de Loze? Avevo due strade oggi: fare come ho fatto, quindi attaccare prima e prendere i primi due Gpm – e ne ho presi tre – oppure provare a tenere duro sulla Loze. Ho scelto la prima strada. Poi chiaramente ero stanco».
Giulio è stato bravo. Determinato. Con la tripletta dei Gpm nei due giorni: Demancy, Saisies e Roselend, ha anche demoralizzato i suoi avversari, tanto è vero che già sul Roselend nessuno è più andato a fargli la volata per i punti. Merito della grinta e di una buona capacità di recupero nell’arco delle tre settimane. Cosa che a Powless, non è riuscita.
Ma se l’americano non fa più paura, ora il rivale più grande si chiama Felix Gall (e in teoria anche Jonas Vingegaard). Il re della tappa di oggi gli passa vicino durante le interviste. I due si salutano.
«Eh – sospira Ciccone – adesso lui mi è vicinissimo. E mi è così vicino a causa di un regolamento che non trovo proprio giusto. Io è tanto che lotto. Ho vinto non so quanti Gpm di prima categoria. Lui ne ha vinto uno. Ma è così.
«Mi trovo a metà della terza settimana con questa maglia sulle spalle ed è un bel momento. Qui in Francia è davvero sentita. E’ un simbolo. Chiaro, ora dovrò stare sempre davanti e anticipare i Gpm (il pensiero e il rischio va soprattutto a sabato quando verso Le Markstein ce ne sono ben sei, ndr).
«Continuerò a lottare,anzi continueremo a lottare perché ormai è un obiettivo di squadra».
Giada Borgato ha raccontato il Giro dalla moto cronaca della Rai. Ora fará le recon del Tour. Il suo stupore. Le difficoltà. La pioggia. Gli sconfitti. I vincitori
PASSY – Eusebio Unzue continua a portare avanti il Movistar Team che, seppure con nomi diversi, ha attraversato decenni di ciclismo. Da quando si chiamava Reynolds e vinse il Tour con Delgado a quando divenne Banesto e ne vinse cinque con Indurain. Quindi la Caisse d’Epargne del primo Valverde e del Tour di Pereiro, finché nel 2011 iniziò la storia con Movistar. Nel frattempo è nato il team femminile della prodigiosa Annemiek Van Vleuten. Ma allo stesso modo in cui a 42 anni Valverde ha deciso di uscire di scena, l’olandese appenderà la bici al chiodo alla fine di questa stagione, al momento di compierne 41.
In casa Unzue il ciclismo è un derby, dato che suo figlio Sebastian è il riferimento della squadra femminile e proprio in questi giorni, vinto il Giro d’Italia, si sta preparando il Tour Femmes.
Unzue guida il Movistar Team degli uomini, con uno sguardo sulle ragazze, gestite da suo figlioUnzue guida il Movistar Team degli uomini, con uno sguardo sulle ragazze, gestite da suo figlio
Ma partiamo da qui, Eusebio. Da questo Carlos Rodriguez, ora quarto della generale, che il prossimo anno potrebbe approdare da voi…
Il corridore è bravo, perché è il più regolare di questo Tour così strano, in cui si stanno facendo vedere dei veterani venuti fuori da lunghe pause. Per essere alla prima partecipazione, Carlos sta davvero facendo una grande impresa.
Già alla Vuelta dello scorso anno aveva fatto vedere belle cose…
Esatto, lo avevamo visto anche l’anno scorso. Però questo è il Tour e manca ancora una settimana impegnativa, anche se per ora ha mantenuto il suo livello. Sapevamo che è forte, ma ora sta dando una grande prova di regolarità. Se continua a consolidarsi, potrebbe diventare un futuro uomo per i grandi Giri. E’ ancora a 5 secondi dal podio.
Vestirà l’azzurro di Movistar l’anno prossimo?
Questo è il desiderio, lavoriamo per realizzarlo, ma altro adesso non posso dire.
Rodriguez è uno degli obiettivi per Movistar Team: il suo contratto con Ineos è in scadenzaRodriguez è uno degli obiettivi per Movistar Team: il suo contratto con Ineos è in scadenza
Quanto ha pesato la caduta di Mas sul vostro Tour?
Tantissimo, soprattutto perché ha rotto completamente tutti i nostri piani. E’ stato un po’ difficile digerire la sua assenza, ma alla fine siamo riusciti a far capire ai corridori che ogni giorno sarebbe stato un’opportunità, che c’erano opzioni per andare in fuga. E così abbiamo reimpostato il Tour. Magari non sempre è stato possibile entrare nelle fughe, ma quando ci siamo riusciti, ci siamo comportati molto bene.
Peccato per il ritiro di Jorgenson…
Un’altra vittima della grande caduta di domenica ed è un peccato, perché stava andando forte (4° sul Puy de Dome, foto di apertura, poi terzo a Belleville en Beaujolies, ndr). Lunedì, nel giorno di riposo, ha fatto un’ecografia che ha confermato quello che lui continuava a dirci. Il tendine del ginocchio destro ha uno strappo simile a quello avuto a sinistra dopo un’altra caduta alla Parigi-Nizza dell’anno scorso. Se fosse parito ieri nella crono, avrebbe solo peggiorato la situazione.
Maledetta sfortuna per Enric Mas caduto in avvio e subito fuori dal Tour (foto Instagram)Maledetta sfortuna per Enric Mas caduto in avvio e subito fuori dal Tour (foto Instagram)
Come vivete in famiglia la rivalità fra la squadra maschile e la femminile?
Sono felicissimo di come sta andando la nostra esperienza con le ragazze. E’ vero che quando abbiamo iniziato, abbiamo dovuto scoprire un altro mondo. Tuttavia, l’approccio professionale con il lavoro le sta aiutando sempre più ad essere più vicine ai ragazzi. Logicamente ci saranno sempre grosse differenze nella parte fisica, ma sono davvero molto sorpreso dall’evoluzione del movimento.
In che termini?
Stanno professionalizzando tutte le loro abitudini e si stanno adattando alle esigenze di questo sport, per quanto sia duro e straziante. Inoltre, poter vivere da vicino negli ultimi sei anni l’esperienza di una grande come Annemiek Van Vleuten per noi è stato un master quotidiano di professionalità portata all’estremo più incredibile.
Un altro Giro per la Movistar di Sebastian Unzue (al centro, in basso): festa rosa sul podio di OlbiaUn altro Giro per la Movistar di Sebastian Unzue (al centro, in basso): festa rosa sul podio di Olbia
Lo scorso anno si è fermato Valverde, ora tocca a Van Vleuten, come si fa a ripartire?
Penso che le grandi persone debbano essere ricordate e le loro assenze sono troppo importanti per sostituirle. D’altro canto, è positivo che le ragazze e i ragazzi sfruttino l’esperienza che hanno acquisito con Annemiek e Alejandro, che per loro sarà sicuramente un vantaggio.
Quindi si continua sulla stessa strada?
Sì, quella di rinforzare la squadra maschile puntando su qualche nome importante e quella di consolidare un po’ il ciclismo femminile. Con mio figlio vado d’accordo, però è un fatto che al momento vince lui più di me.
COMBLOUX – «Non è andato piano Tadej, è andato forte Vingegaard», è questa la sintesi di quanto raccolto nel clan della UAE Emirates pochi minuti dopo la cronometro individuale Passy-Combloux. Lo sloveno subisce forse la più importante sconfitta della sua carriera. Le altre (poche) volte in cui era stato battuto era stato lui a non essere al top, ma stavolta no.
Jonas Vingegaard gli rifila 1’38” e Tadej Pogacar a sua volta ne dà 1’14” a Wout Van Aert. Nessuno ipotizzava distacchi simili. Ieri Malori ci aveva parlato di circa 1” al chilometro, semmai il danese avesse guadagnato. E di una ventina di secondi ci aveva detto anche Contador questa mattina. Ma questo è davvero uno shock.
Ore 10:13, Tadej Pogacar arriva in zona bus per la ricognizione. Un breve salto sul bus e poi parte Ore 10:13, Tadej Pogacar arriva in zona bus per la ricognizione. Un breve salto sul bus e poi parte
Preoccupazione caldo
Tadej ormai lo abbiamo imparato a conoscere: se cade il mondo lui fa un passo di lato. Supera tutto con facilità, ma è sempre più probabile che c’è una cosa che turba la sua proverbiale serenità. E questa cosa si chiama caldo.
Questa mattina quando è arrivato in partenza per la ricognizione aveva detto ai suoi che nel pomeriggio non si sarebbe voluto scaldare sotto la tenda del bus. Aveva tirato su gli occhi, aveva visto dove avrebbe girato il sole e chiesto di fare i rulli da un’altra parte.
Il meccanico, Claudio Bosio tra i più saggi, aveva proposto il motorhome dei meccanici stessi. «Il nostro camion è tranquillo, c’è l’aria condizionata e lo abbiamo già liberato». A quel punto Andrej Hauptman, qui il primo diesse, aveva dato l’okay.
E in effetti il caldo c’è, ma non tanto per le temperature alte, quanto piuttosto per l’umidità.
Tadej parte. E va forte. «Ha siglato una delle sue prestazioni migliori di sempre», ci confida Matxin dopo l’arrivo. E forse questo è ancora più grave in ottica futura. Cosa può pensare il corridore? Fosse stato in giornata no, okay… ma così è difficile trovare appigli.
Hauptman ha parlato con noi. Ha allargato le braccia, ma senza nulla da rimproverare al suo atletaHauptman ha parlato con noi. Ha allargato le braccia, ma senza nulla da rimproverare al suo atleta
Onore a Vingegaard
«Incredibile – ha detto Hauptman – Jonas oggi ha fatto qualcosa di fantastico, ha anche guidato benissimo. Non possiamo non congratularci con lui. Il cambio bici? Non credo gli sia costato troppo o che abbia perso la crono lì. E comunque prima di fare certe scelte noi facciamo i nostri calcoli e avevamo visto che sulla bici da strada in salita Tadej riusciva ad esprimere più watt. Credo anche che abbiamo cambiato nel punto giusto, un punto ripido così da perdere meno tempo perché lì si va più piano».
«Cosa dire: domani è un altro giorno, ci aspetta una tappa molto dura. E lo stesso nella tappa venti. Da parte nostra continueremo a lottare per la maglia gialla. Intanto pensiamo a vincere la tappa».
Sentire un esponente del clan UAE Emirates che parla di tappa fa capire tante cose. E’ vero che sono parole raccolte a caldissimo, ma forse hanno visto che su certi valori proprio non ci sono, almeno se questo è il vero Vingegaard. Meglio dunque raccogliere quel che si può. Anche perché quando dicono di voler vincere la tappa bisogna considerare che Adam Yates è salito in terza posizione.
Pogacar ha già reagito una volta in questo Tour de France. E la speranza è che non si arrenda. La differenza però è che l’altra volta sui Pirenei era stato lui ad andare più piano. «Può starci che si demoralizzi, ma è un campione e saprà reagire», aggiunge Hauptman.
All’arrivo Tadej era stanco, ma non stremato. Forse era frastornato dalla prestazione di VingegaardAll’arrivo Tadej era stanco, ma non stremato. Forse era frastornato dalla prestazione di Vingegaard
Ma quale resa…
«Un po’ sono deluso – ha detto Pogacar – se devo essere onesto non mi sono sentito al meglio nella seconda parte della crono, anche se comunque sono andato abbastanza bene. Ora però c’è un grande divario, speravo in un gap minore. Anzi, speravo di essere in giallo oggi. Spero oggi sia stata una tappa come quella del Marie Blanque e che domani possa avere gambe buone».
Tadej ha affrontato una crono difficile anche dal punto di vista del morale. Era prima felice per il vantaggio su Van Aert e poi ha saputo di perdere nei confronti di Vingegaard.
«E’ stato un piccolo shock – dice lo sloveno – ho cercato di limitare i danni e dare tutto».
Ma poi ecco le parole più belle: «Se domani piove posso promettervi che sarà una giornata interessante. Ci sono altre due tappe davvero difficili da affrontare. Può accadere qualsiasi cosa e chiunque può avere un passaggio a vuoto. Guadagnare due minuti non è facile, ma noi ci proviamo».
Sul podio per la maglia bianca il sorriso di Tadej non era il solito…Sul podio per la maglia bianca il sorriso di Tadej non era il solito…
Questione di materiali?
Stasera riordineranno le idee, questo è certo. E tra coloro che avranno un bel da fare c’è Marco Marcato. Il direttore sportivo non era certo il volto della felicità, ma la sua disanima è stata più che mai lucida.
«Questo sicuramente era un test importante. Vingegaard è stato un gradino sopra agli altri oggi, ma ci sono ancora le tappe di domani e di sabato. Il ciclismo non è matematica. Nulla è scontato. Anche Vingegaard potrebbe pagare gli sforzi. Oggi tutti sono andati a tutta».
Con Marcato si parla anche di materiali. Sappiamo quanto ci lavorino in Jumbo-Visma. «Magari – spiega Marcato – delle differenze possono anche esserci, ma semmai ci fossero sarebbero nell’ordine dei secondi. Qui parliamo di quasi 1’40” in 22 chilometri e Pogacar stesso è andato più forte di molti di loro».
Lo sloveno ha siglato un’ottima prova, è il danese che è letteralmente volato. Ora in classifica ha un ritardo di 1’48”Lo sloveno ha siglato un’ottima prova, è il danese che è letteralmente volato. Ora in classifica ha un ritardo di 1’48”
Non finisce qui
Marcato è stato un corridore e lo è stato fino a pochi anni fa. Certe sensazioni le ha ancora fresche e conosce questo ciclismo. Con lui si parla anche dell’aspetto psicologico.
Nelle tappe precedenti avevamo visto che ad un certo punto Tadej scattava e Jonas, seppur di poco, si staccava. L’ultima volta invece il danese non ha perso un centimetro e anzi ha rilanciato. Visto che sono sul filo certi dettagli possono fare la differenza? Possono insinuare qualche tarlo nella testa del corridore? Di Pogacar in questo caso…
«Probabilmente qualcosina avrà anche influito tutto ciò e un tarlo glielo avrà messo, però Tadej si è sempre rialzato. E’ un campione e secondo me ha ancora qualcosa da dare e da dire in questo Tour de France. Ne sono sicuro».
MEGEVE – Vigilia della crono, hotel della Intermarché-Circus. I meccanici sono al lavoro sulle bici, fra ruote lenticolari e appendici manubrio. Intorno un bel verde, la piscina sullo sfondo e un campo da calcio in erba morbida. E’ lì che portiamo la Cube di Biniam Girmay per fotografare la vera novità: la nuova ruota lenticolare prodotta da Deda Elementi, una fra le ruote tubeless più leggere e dal prezzo più accessibile sulla scena mondiale.
La ruota Deda Hero sulla bici da crono di GirmayLa ruota Deda Hero sulla bici da crono di Girmay
I segreti della struttura
Poi però, visto che le foto non rivelano quello che c’è dentro, ci mettiamo in contatto con Fausto Parodi, l’ingegnere che ha realizzato il progetto. Lui al Tour non c’è, ma ascoltandolo sembra quasi di averlo accanto, tanta è la puntualità con cui racconta la sua creazione.
«Quello che vedete – dice – è ben poca cosa. Il bello è la struttura interna, che è molto particolare. Ci sono sei razze, mentre i dischi esterni in carbonio sono soltanto una copertura. Avere le razze la rende leggera e rigida lateralmente, ma sulle razze c’è qualcosa da dire…».
Il vano che ospita la valvola viene chiuso con uno sportellino a viteLa protezione aerodinamica del cambio di Girmay rimanda alle sue origini eritreeLe Deda Hero nascono per tubolare oppure copertoncino con camera d’ariaIl vano che ospita la valvola viene chiuso con uno sportellino a viteLa protezione aerodinamica del cambio di Girmay rimanda alle sue origini eritreeLe Deda Hero nascono per tubolare oppure copertoncino con camera d’aria
Di cosa si tratta?
Non sono completamente in carbonio. All’interno hanno un foam, una schiuma che poi viene ricoperta dalla struttura in carbonio. Carbonio che è soprattutto alle estremità e nella parte centrale, mentre la stessa schiuma è strutturale. Questo ci ha permesso di tenere il peso più basso. E gli stessi dischi esterni hanno una struttura a sandwich, con carbonio all’esterno e all’interno uno strato della stessa schiuma.
Quanto è più leggera della ruota precedente?
Questa pesa 1.070 grammi, la precedente arrivava a 1.200: quindi il risparmio è di 130 grammi, in cambio della stessa rigidità. Qualche differenza c’è rispetto alla versione da pista.
In cosa sono diverse?
La abbiamo fatta usare a Silvia Zanardi nelle trasferte di Nations Cup. La struttura di base è la stessa per entrambe le ruote, ma quella da strada ha un lato piatto dalla parte della cassetta, mentre il lato opposto è bombato. La ruota da pista invece è bombata su entrambi i lati.
Le Deda Hero hanno debuttato al Giro d’Italia 2022: qui con BystromLe Deda Hero hanno debuttato al Giro d’Italia 2022: qui con Bystrom
Abbiamo notato che il vano che contiene la valvola è chiuso con un coperchietto avvitato.
Altra differenza fra strada e pista, giusto. La ruota da pista deve essere più leggera per rendere al meglio nei rilanci, per cui il vano della valvola è chiuso da un adesivo. Nella ruota per le crono su strada invece la leggerezza è importante, ma di certo si fanno meno rilanci, per cui abbiamo oprato per un coperchietto avvitato.
La ruota nasce per un tipo specifico di coperture?
Per tubeless e copertoncino con la camera d’aria. Con il tubeless è più leggera, anche se il pneumatico pesa qualcosa di più. Il cerchio ha il canale da 19, quindi la cosa migliore è partire da pneumatici da 25 fino ai 28. Però volendo si può arrivare fino a 32.
Fra i prossimi step non ancora annunciati c’è la rivisitazione del mozzo, puntando su un sistema differente dall’attuale, ma per parlarne ci sarà tempo. La ruota è in vendita a 2.300 euro, una quotazione non troppo elevata che la rende accessibile a un pubblico piuttosto ampio. Intanto però seguiamo i ragazzi del team belga nella crono che sta per iniziare.