Il giorno di Mohoric è un assaggio di mondiale

21.07.2023
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Mohoric non la finisce di piangere, in questo giorno francese che ha visto in prima fila gli uomini del mondiale. L’hanno detto tutti e in tutte le salse. Davanti alla corsa c’erano i migliori cacciatori del mondo. E forse non è un caso che si siano trovati davanti dopo tre settimane di Tour e a due dal mondiale. Vuol dire che la condizione top è in arrivo.

«Essere un ciclista professionista – dice Mohoric – è difficile e crudele. Soffri molto nei preparativi, sacrifichi la tua vita, la tua famiglia e fai di tutto per arrivare qui pronto. E poi dopo un paio di giorni ti rendi conto che tutti sono così incredibilmente forti. A volte è difficile seguire le ruote. L’altro giorno sul Col de la Loze ero completamente stanco e vuoto. Però vedi il personale che si sveglia alle 6 e finisce il lavoro a mezzanotte. E certi giorni ti senti di non appartenere a questo posto, perché tutti sono così incredibilmente forti che fai fatica a tenere le ruote. Sapete a cosa ho pensato oggi per tutto il giorno? Speriamo che quel ragazzo là davanti che sta tirando soffra almeno quanto me...».

Una tappa vinta e un mondiale vinto: Pedersen esce dal Tour in grandissima condizione
Una tappa vinta e un mondiale vinto: Pedersen esce dal Tour in grandissima condizione

Dal Tour a Glasgow

Bennati l’ha seguita da casa. Il tecnico della nazionale sa che il tempo stringe. La squadra sarà fatta dopo il Tour de Wallonie, ma sarà resa nota il primo agosto nella conferenza stampa nell’Autodromo del Mugello. Ai corridori lo dirà prima, ma solo perché i prescelti per la sfida di Glasgow a quel punto saranno già in ritiro. Sarà un mondiale strano. Serve gente che attacca, come oggi Trentin e Bettiol, Pedersen e Van der Poel, oppure Alaphilippe, Asgreen e Mohoric. Ma serve anche un velocista da tenere nel taschino casomai si arrivasse in volata. E noi il velocista ancora non l’abbiamo. Nizzolo correrà il Wallonie, ma sinora ha fatto vedere poco. Viviani si è praticamente chiamato fuori. Gli altri sono spariti.

Bettiol ha superato qualche problema di allergia e nella tappa di Poligny è parso brillante
Bettiol ha superato qualche problema di allergia e nella tappa di Poligny è parso brillante
Da osservatore interessato, come hai visto la tappa di oggi?

Ho visto molto bene Matteo e poi anche Alberto. Trentin era già nella fuga di 7-8 quando a Politt si è rotta la catena. Alberto è stato il primo a rompere gli indugi e cercare di rientrare. Insomma, da lì si è rotto definitivamente il gruppo. Inizialmente c’era anche Oss, che però in finale è saltato. Vuol dire che stanno finendo il Tour in crescendo. Bettiol ha avuto problemi di allergia e sta recuperando. Trentin è caduto la seconda tappa e aveva problemi al ginocchio, che però sembrano alle spalle…

Oggi si sono visti uomini da mondiale?

E’ stato comunque un bel test, dopo quasi tre settimane di un Tour corso a livelli stratosferici. Hanno fatto anche oggi quasi 50 di media e c’era davanti gran parte di quelli che si giocano le classiche più importanti. E’ una giornata che deve dare morale a loro. Il Tour è la vetrina più importante. Finisce solamente a due settimane dal mondiale, quindi sappiamo benissimo che i protagonisti probabilmente usciranno da qui.

Tappa vinta ieri a Bourg en Bresse, secondo oggi: Asgreen sta tornando ai suoi livelli
Tappa vinta ieri a Bourg en Bresse, secondo oggi: Asgreen sta tornando ai suoi livelli
E il tuo morale invece?

Il mondiale dello scorso anno mi ha dato la consapevolezza che se anche ci sono tre o quattro elementi sulla carta molto più forti di noi, nella corsa di un giorno ce la dobbiamo giocare ad armi pari. Correndo in una certa maniera, da intelligenti, senza farci mai sorprendere. Bisogna cercare di essere sempre in vantaggio, di non rincorrere.

Quando darai i nomi?

Ai ragazzi la darò prima, perché dal 30 luglio saremo già in ritiro. Nel frattempo aspetterò il Wallonie, perché ci sono diversi corridori che non hanno fatto il Tour. Ci sono Rota e Baroncini, ci sono Ballerini, Bagioli, Nizzolo, Oldani, Sbaragli. Il Wallonie sarà l’ultimo test importante. 

Trentin è stato il capitano dell’Italia lo scorso anno a Wollongong. A Glasgow ha vinto gli europei nel 2018
Trentin è stato il capitano dell’Italia lo scorso anno a Wollongong. A Glasgow ha vinto gli europei nel 2018
Oggi ha vinto Mohoric.

Uno di quei corridori che comunque vanno forte dappertutto. Sa guidare bene la bici, è molto intelligente, perché oltre che con le gambe, ha vinto anche soprattutto con la testa. In caso di brutto tempo, sa districarsi bene. Anche Van der Poel sta crescendo, ma lui è un caso a parte. Secondo me le tre settimane gli danno un po’ fastidio o comunque non rende come dovrebbe. Infatti anche oggi era lì, ma non brillantissimo. Però dopo il Tour, mi aspetto che voli. Lo stesso per Van Aert, che però quest’anno ha corso più pensando alla squadra.

Ce l’abbiamo il velocista da tenere lì in caso di arrivo allo sprint?

Il miglior Nizzolo e il miglior Viviani sarebbero andati da Dio, però non si vedono da un po’ a quel livello. Per giustificare la convocazione servono anche i risultati e il coraggio di prendersi la responsabilità di un certo ruolo. E comunque se non hai il velocista, puoi sempre fare affidamento su Trentin, che dopo 270 chilometri un risultato lo può fare. E poi c’è da dire un’altra cosa…

Magari nella Soudal-Quick Step il clima per lui non è dei migliori, ma Alaphilippe sta crescendo
Magari nella Soudal-Quick Step il clima per lui non è dei migliori, ma Alaphilippe sta crescendo
Quale?

Quando facevo il velocista, sapevo che venivo giudicato per le volate. Ogni tanto bisogna anche farle al vento. Magari parti e poi ti rimontano e va bene, però se le fai sempre a ruota, non migliori mai. Io non ero nessuno, ma le volate a volte le vincevo, a volte le perdevo, a volte mi passava solo uno, a volte mi passavano due o tre. Un velocista ogni tanto deve provare a fare la volata. Noi purtroppo abbiamo velocisti che sono fermi o non fanno le volate e così è difficile considerarli.

Milan ci sarebbe stato bene?

Sarebbe stato l’uomo su cui puntare in caso di volata. E’ giovane e ha dimostrato che se si arriva in gruppo è forte. Lo tieni lì e, se non succede niente e arrivano 50 corridori, lui c’è e avrebbe anche gli uomini per aiutarlo. Ma il mondiale è fatto così, pista e strada sono praticamente insieme, per cui dovremo fare senza di lui.

Colpaccio Asgreen, ma al Tour si parla dei controlli sul bus

20.07.2023
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Da manuale del ciclismo. Chi apprezza le finezze tecnico/tattiche di questo sport, non può non essere rimasto ammaliato dalla tappa di oggi. A Bourg en Bresse ha vinto Kasper Asgreen. Il danese della Soudal-Quick Step insieme ai compagni di fuga Victor Campenearts, Pascal Eenkhoorn e Jonas Abrahamsen è stato autore di una lunga azione da mangiarsi le unghie. Quattro passisti che hanno venduto cara la pelle. E il gruppo lo sapeva, tanto è vero che non ha mai lasciato loro troppo spazio. 

Le squadre hanno consumato tanti uomini per rincorrerli e nel frattempo Alaphilippe, compagno di Asgreen, rompeva i cambi in gruppo. I due Lotto-Dstiny hanno puntato su un uomo, Eenkhoorn, e Campenaert ha tirato la volata. Okay hanno perso, ma la fuga è arrivata. Tecnicamente è a nostro avviso il gesto più bello di questo Tour dopo la stoccata di Lafay a San Sebastian.

Questione controlli

Ma se a Bourg e Bresse si gioiva per Asgreen, a tenere banco al Tour de France quest’oggi è stata la notizia che riguardava i controlli a sorpresa fatti alla Jumbo-Visma e alla UAE Emirates al via ieri da Saint Gervais. A dare questa notizia è stato il media olandese WielerFlits.

Questo controllo, eseguito letteralmente dietro il palco del foglio firma, sui bus dei rispettivi team, ha creato stupore, perché probabilmente e fortunatamente a certe notizie non eravamo più abituati.

Perché dunque questi controlli antidoping? Subito è stato puntato il dito sulle prestazioni di Tadej Pogacar e soprattutto di Jonas Vingegaard. Sono stati controllati i due capitani e tutti i loro compagni.

I team hanno detto che questi controlli sono ben accetti, se servono ad allontanare i sospetti. Li hanno recepiti di buon grado, respingendo giustamente al mittente ogni tipo d’insinuazione più o meno velata che fosse. Lo stesso Vingegaard è stato preso d’assalto durante le conferenze stampa.

Il dottore dell’Astana-Qazaqstan, Emilio Magni
Il dottore dell’Astana-Qazaqstan, Emilio Magni

Parola all’esperto

Quello su cui ci preme fare chiarezza però è capire tecnicamente cosa sia successo. E perché si sia verificata una situazione simile. E per farlo ci siamo rivolti al medico di un team WorldTour, il dottor Emilio Magni, in forza all’Astana-Qazaqstan .

Ci si è chiesto se i team in questo Tour abbiano dovuto firmare un accordo particolare, a prescindere dal fatto che appartengano o meno al MPCC (Movimento per un Ciclismo Credibile).

«E’ possibile – spiega il dottor Magni – che ci siano questo tipo di controlli. Non so chi li abbia effettuati, se la Nado, la Wada, ma il regolamento prevede che i corridori possano essere controllati. Sono in ambito di una competizione ed è pertanto legittimo effettuarli. L’appartenere o meno all’MPCC non centra nulla».

Questo ente ha più un valore divulgativo, di letteratura scientifica. Vuol mettere a disposizione dell’UCI i dati dei controlli fatti, le variazioni del passaporto biologico nell’arco dell’anno e rifiutano ogni forma di cortisone, anche quello a scopo terapeutico. 

Pogacar esce dal bus, la sua squadra si è detta contenta per il controllo (foto Instagram – UAE Emirates)
Pogacar esce dal bus, la sua squadra si è detta contenta per il controllo (foto Instagram – UAE Emirates)

Due ore

Jumbo-Visma e UAE Emirates non hanno aderito all’MPCC, come tanti altri team WorldTour del resto (lo hanno fatto soltanto in nove). Ma questo non vuol dire assolutamente nulla sulla loro lealtà, sia chiaro. Quello che stupisce è che questi controlli siano stati effettuati a distanza di un paio d’ore da altri controlli effettuati agli stessi team in albergo prima di venire alla partenza.

«Questa situazione – prosegue Magni – si era già verificata qualche anno fa. Addirittura in due mattine consecutive: controlli al risveglio e poi sul bus un paio di ore dopo. Questo per scongiurare che qualcuno, sentendosi “libero” dai controlli mattutini, potesse assumere qualcosa prima della partenza.

«In effetti era un po’ di tempo che non si verificava una situazione così, ma meglio un controllo in più che uno in meno. In questo modo chi viene testato può dimostrare di essere nel giusto e fugare ogni dubbio. E chi segue questi atleti (i tifosi, ndr) ha fiducia nei loro confronti».

In realtà un caso simile, di controlli sul bus a ridosso del via, era accaduto anche lo scorso anno al Giro d’Italia. Questi controlli avevano coinvolto un altro team WorldTour, ma la motivazione era prettamente logistica, se così possiamo dire. In pratica i controllori si erano presentati tardi in hotel e quindi avevano eseguito il prelievo sul bus.

La Jumbo-Visma ha respinto ogni accusa di doping, parlando del grande lavoro svolto (da mesi) per questo Tour preparato in ogni minimo dettaglio
La Jumbo-Visma ha respinto ogni accusa di doping, parlando del grande lavoro svolto (da mesi) per questo Tour preparato in ogni minimo dettaglio

Due tipi di test

Un altro aspetto che fa riflettere riguarda la maglia gialla. In 48 ore Vingegaard ha subito quattro controlli sangue-urine. Non poco.

«Ci sono due tipi di controlli – spiega Magni – quello per il passaporto biologico e quello antidoping. Il primo va a cercare il numero dei globuli rossi, dei reticolociti e altri parametri che indicano il “consumo” di sangue. L’altro le sostanze illecite. Sono metodologie differenti che possono persino avvenire nello stesso momento. Non troppo tempo fa mi è capitato di avere quattro controlli: due ragazzi per il passaporto biologico e due per l’antidoping.

«Per fortuna che i prelievi di sangue, che possono arrivare anche a 15 cc, non influiscono sulla salute e sulle prestazione dell’atleta. Il corpo umano ha 5 litri di sangue, quindi parliamo dello “zero virgola”… Vingegaard non è stato danneggiato insomma».

Svolta Vasseur, la vittoria più bella deve ancora arrivare

20.07.2023
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SAINT GERVAIS MONT BLANC – Due tappe vinte al Tour sarebbero un capitale enorme di soddisfazione, morale e marketing per chiunque, figurarsi per la Cofidis che non vinceva nella corsa di casa dal 2008. Prima Lafay a San Sebastian, poi Ion Izagirre a Belleville en Beaujolais hanno riportato il sorriso nel gruppo francese, con il team manager Cedric Vasseur, vincitore a sua volta di due tappe al Tour, che finalmente inizia a vedere il frutto di tanti anni di ristrutturazione. Per la squadra che due anni fa lottava per i punti della salvezza, si tratta di un innegabile cambio di direzione.

Vasseur ha vinto a sua volta due tappe al Tour: la prima nel 1997 a La Chatre, la seconda (qui sopra) nel 2007 a Marsiglia
Vasseur ha vinto a sua volta due tappe al Tour: la prima nel 1997 a La Chatre, la seconda (qui sopra) nel 2007 a Marsiglia
Che cosa ha significato per voi vincere quelle due tappe?

E’ fantastico. La prima era già stata una liberazione, dopo un’attesa così lunga. Puoi fare buone stagioni e vincere molte gare, ma se non vinci al Tour de France, sei considerato una squadra di seconda fascia. Credo che questa volta abbiamo dimostrato che tutto il lavoro fatto, il reclutamento dei corridori e la scelta del personale ci hanno permesso di vincere. E quando vinci al Tour, hai anche il livello per vincere una classica WorldTour, puoi diventare campione del mondo, puoi vincere molte altre gare. Il Tour de France è come correre una classica ogni giorno, questo significa che la qualità sportiva è cresciuta. Siamo molto felici.

Come si possono descrivere le fasi di questo cambiamento?

Il 2020 è stato complicato, abbiamo avuto Viviani e Martin con il Covid e c’è stato poco da fare. Nel 2021 ho cominciato a vedere qualche progresso. L’anno scorso, abbiamo chiuso al 10° posto e abbiano cominciato a lavorare in modo diverso. Abbiamo creato dei gruppi di lavoro. Siamo andati in altura, quest’anno i corridori sono stati a Tignes per tre settimane prima di volare a Bilbao. E soprattutto avevamo forte il desiderio di vincere.

Più che in passato?

Siamo arrivati al Tour de France con 11 vittorie, non sono poche. Facciamo parte delle migliori squadre e sapevamo che la qualità sportiva della squadra è cresciuta. Dovevamo solo dimostrarlo vincendo e loro l’hanno fatto. Allegria!

Ion Izagirre ha vinto e poi ha detto che il Tour della Cofidis non era finito quel giorno.

Ha ragione. Non è finita perché quando vinci una tappa, vuoi la seconda. Quando ne vinci due, ti convinci di poter vincere la terza. Rimane quasi una settimana e penso che ci siano ancora opportunità. Sono sicuro che il team Cofidis farà ancora qualcosa di molto buono da qui a Parigi.

All’appello fra i gioielli di casa Cofidis manca Guillaume Martin, sempre nel vivo sulle saite
All’appello fra i gioielli di casa Cofidis manca Guillaume Martin, sempre nel vivo sulle saite
Si può dire che ormai sia la squadra dei sogni di Vasseur?

Se parliamo di sogni, dobbiamo sempre alzare l’asticella. Ma penso che il lavoro che è stato fatto, sia stato premiato. Da un lato mi appaga, dall’altro mi dà l’ambizione di puntare più in alto, perché puoi sempre puntare più in alto. Penso che questa squadra oggi abbia la convinzione di poter vincere ovunque: al Giro, al Tour e alla Vuelta. Penso che il nostro obiettivo sia dimostrare che ci meritiamo il nostro posto tra le 10 migliori squadre del mondo.

Uno dei vostri tecnici, l’italiano Damiani, ha un modo di dire, che mette da sempre davanti ai suoi corridori: ne ha parlato anche con te?

«Toujours pour gagner», sempre per vincere. E’ diventato il nostro hashtag ufficiale. Chiaramente Roberto lo ha detto a tutti e significa che qualunque sia la situazione, anche se abbiamo già vinto delle gare, bisogna sempre cercare di vincerne di più. Questo è importante: la vittoria più bella è quella che ancora ci attende.

Bravo Cicco, francesi innamorati di te e della maglia a pois

19.07.2023
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COURCHEVEL – «J’adore Giulio Cicconè». Pierre Rolland questa mattina era al villaggio di partenza del Tour de France. Intervistato, sul palco aveva espresso giudizio positivi sull’abruzzese e lo aveva dato come favorito per la maglia a pois. E anche Jalabert, commentatore tecnico per la Tv francese, lo aveva esaltato dicendo che gli piaceva il suo modo di correre: sempre all’attacco, sempre aggressivo. Jaja aveva ricordato il suo affondo nell’ultima tappa del Delfinato.

Che poi è un po’ il metodo francese di corsa per eccellenza, quello che si vede nella gare di Coupe de France. Quello che anche Roberto Damiani, diesse della Cofidis, squadra francese, ci aveva raccontato parlando di Champion, guarda caso vincitore del premio della fuga al Giro d’Italia.

Pierre Rolland (classe 1986) ha smesso di correre al termine della passata stagione
Pierre Rolland (classe 1986) ha smesso di correre al termine della passata stagione

Ciccone coraggioso

E Rolland lo abbiamo “braccato” una volta sceso da quel palco. Lui la maglia a pois del Tour ha cercato di conquistarla più volte. Ci è andato vicino ma non ci è riuscito. 

«Mi piace Ciccone – ha detto Rolland – poiché è un attaccante, è coraggioso. Lui aveva l’obiettivo di vincere la maglia a pois già prima di partire e questo è importante. E’ importante avere un obiettivo in generale, ma poi non è facile raggiungerlo.

«Non è un corridore che può lottare per la generale e fa bene a cercare altro, a cercare la maglia a pois. Questa maglia è simbolica, ha un grande valore».

Ed è vero: i francesi stravedono per questa maglia. Un simbolo che per certi aspetti è più riconoscibile di quella gialla. I gadget che distribuiscono al via, all’arrivo e lungo le strade sono i più numerosi. E chi la porta è lui stesso il simbolo della fatica.

Ieri dopo la crono, mentre Giulio sgambettava avanti e indietro e poi pedalava sui rulli, in tantissimi lo applaudivano e urlavano il suo nome: «Cicconè, Cicconè…».

La squadra serve

Rolland passa poi ai consigli per conquistare questo obiettivo. Lui ci ha provato, e come detto, non ci è riuscito. L’ha conquistata però in altre gare, come al Delfinato, dove in tanti hanno già il coltello fra i denti.

«Ciccone deve correre davanti, soprattutto oggi con questa partenza. Deve stare davanti sul Saisies e poi sul Roselend: questi due per forza. Lo attaccheranno. E magari provare a vincere il Col de la Loze, anche se sarà difficile: dipenderà molto da cosa farà Pogacar.

«Deve mettere nel sacco più punti possibile. E ogni volta che prende i punti di un Gpm poi si deve mettere in coda».

«La squadra in tutto questo – va avanti Pierre – è molto importante. Devono aiutarlo ogni volta che possono. Oggi mi aspetto che Skjelmose e almeno un altro compagno gli stiano vicino. Che il danese lo tiri e magari vada in fuga con lui».

E oggi la Lidl-Trek e Ciccone hanno corso esattamente come ha detto Rolland. Hanno fiaccato Powless, il diretto rivale, anche psicologicamente. Hanno corso compatti. Prima dei Gpm aumentavano per scongiurare gli attacchi.

I francesi amano la maglia a pois, per certi aspetti visto il loro modo di correre e d’intendere il ciclismo, anche più della maglia gialla
I francesi amano la maglia a pois, per certi aspetti visto il loro modo di correre e d’intendere il ciclismo, anche più della maglia gialla

Carota… e bastone

Ma se Rolland esalta Ciccone, da un’altra parte gli tira le orecchie. Magari questa maglia poteva indossarla già da un po’ secondo lui e non essere costretto a sfinirsi sulla Cote de Domancy – come visto ieri – per prendere quei 5 punti. E magari, perché no, aver vinto anche una tappa.

«Qualche errore – spiega Rolland – Ciccone lo ha commesso in questo Tour: è stato troppo generoso. Spesso si sforza molto. Dovrebbe stare più tranquillo e avere più sangue freddo. Insomma in qualche modo dovrebbe economizzare la sua corsa».

Ciccone dopo l’arrivo. La classifica dei Gpm ora recita: 1° Ciccone con 88 punti, 2° Gall con 82, 3° Vingegaard con 81
Ciccone dopo l’arrivo. La classifica dei Gpm ora recita: 1° Ciccone con 88 punti, 2° Gall con 82, 3° Vingegaard con 81

Parola a Giulio

E Ciccone cosa dice? «Oggi la corsa è andata come ci aspettavamo e come speravamo. Ma non è stata facile come può sembrare. Ero già in fuga prima del primo Gpm e ho speso tanto».

«Perché non ho tenuto sul Col de Loze? Avevo due strade oggi: fare come ho fatto, quindi attaccare prima e prendere i primi due Gpm – e ne ho presi tre – oppure provare a tenere duro sulla Loze. Ho scelto la prima strada. Poi chiaramente ero stanco».

Giulio è stato bravo. Determinato. Con la tripletta dei Gpm nei due giorni: Demancy, Saisies e Roselend, ha anche demoralizzato i suoi avversari, tanto è vero che già sul Roselend nessuno è più andato a fargli la volata per i punti. Merito della grinta e di una buona capacità di recupero nell’arco delle tre settimane. Cosa che a Powless, non è riuscita.

Ma se l’americano non fa più paura, ora il rivale più grande si chiama Felix Gall (e in teoria anche Jonas Vingegaard). Il re della tappa di oggi gli passa vicino durante le interviste. I due si salutano. 

«Eh – sospira Ciccone – adesso lui mi è vicinissimo. E mi è così vicino a causa di un regolamento che non trovo proprio giusto. Io è tanto che lotto. Ho vinto non so quanti Gpm di prima categoria. Lui ne ha vinto uno. Ma è così.

«Mi trovo a metà della terza settimana con questa maglia sulle spalle ed è un bel momento. Qui in Francia è davvero sentita. E’ un simbolo. Chiaro, ora dovrò stare sempre davanti e anticipare i Gpm (il pensiero e il rischio va soprattutto a sabato quando verso Le Markstein ce ne sono ben sei, ndr).

«Continuerò a lottare, anzi continueremo a lottare perché ormai è un obiettivo di squadra».

Senza Valverde e Van Vleuten, dove va la Movistar?

19.07.2023
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PASSY – Eusebio Unzue continua a portare avanti il Movistar Team che, seppure con nomi diversi, ha attraversato decenni di ciclismo. Da quando si chiamava Reynolds e vinse il Tour con Delgado a quando divenne Banesto e ne vinse cinque con Indurain. Quindi la Caisse d’Epargne del primo Valverde e del Tour di Pereiro, finché nel 2011 iniziò la storia con Movistar. Nel frattempo è nato il team femminile della prodigiosa Annemiek Van Vleuten. Ma allo stesso modo in cui a 42 anni Valverde ha deciso di uscire di scena, l’olandese appenderà la bici al chiodo alla fine di questa stagione, al momento di compierne 41.

In casa Unzue il ciclismo è un derby, dato che suo figlio Sebastian è il riferimento della squadra femminile e proprio in questi giorni, vinto il Giro d’Italia, si sta preparando il Tour Femmes.

Unzue guida il Movistar Team degli uomini, con uno sguardo sulle ragazze, gestite da suo figlio
Unzue guida il Movistar Team degli uomini, con uno sguardo sulle ragazze, gestite da suo figlio
Ma partiamo da qui, Eusebio. Da questo Carlos Rodriguez, ora quarto della generale, che il prossimo anno potrebbe approdare da voi…

Il corridore è bravo, perché è il più regolare di questo Tour così strano, in cui si stanno facendo vedere dei veterani venuti fuori da lunghe pause. Per essere alla prima partecipazione, Carlos sta davvero facendo una grande impresa.

Già alla Vuelta dello scorso anno aveva fatto vedere belle cose…

Esatto, lo avevamo visto anche l’anno scorso. Però questo è il Tour e manca ancora una settimana impegnativa, anche se per ora ha mantenuto il suo livello. Sapevamo che è forte, ma ora sta dando una grande prova di regolarità. Se continua a consolidarsi, potrebbe diventare un futuro uomo per i grandi Giri. E’ ancora a 5 secondi dal podio.

Vestirà l’azzurro di Movistar l’anno prossimo?

Questo è il desiderio, lavoriamo per realizzarlo, ma altro adesso non posso dire.

Rodriguez è uno degli obiettivi per Movistar Team: il suo contratto con Ineos è in scadenza
Rodriguez è uno degli obiettivi per Movistar Team: il suo contratto con Ineos è in scadenza
Quanto ha pesato la caduta di Mas sul vostro Tour?

Tantissimo, soprattutto perché ha rotto completamente tutti i nostri piani. E’ stato un po’ difficile digerire la sua assenza, ma alla fine siamo riusciti a far capire ai corridori che ogni giorno sarebbe stato un’opportunità, che c’erano opzioni per andare in fuga. E così abbiamo reimpostato il Tour. Magari non sempre è stato possibile entrare nelle fughe, ma quando ci siamo riusciti, ci siamo comportati molto bene.

Peccato per il ritiro di Jorgenson…

Un’altra vittima della grande caduta di domenica ed è un peccato, perché stava andando forte (4° sul Puy de Dome, foto di apertura, poi terzo a Belleville en Beaujolies, ndr). Lunedì, nel giorno di riposo, ha fatto un’ecografia che ha confermato quello che lui continuava a dirci. Il tendine del ginocchio destro ha uno strappo simile a quello avuto a sinistra dopo un’altra caduta alla Parigi-Nizza dell’anno scorso. Se fosse parito ieri nella crono, avrebbe solo peggiorato la situazione.

Maledetta sfortuna per Enric Mas caduto in avvio e subito fuori dal Tour (foto Instagram)
Maledetta sfortuna per Enric Mas caduto in avvio e subito fuori dal Tour (foto Instagram)
Come vivete in famiglia la rivalità fra la squadra maschile e la femminile?

Sono felicissimo di come sta andando la nostra esperienza con le ragazze. E’ vero che quando abbiamo iniziato, abbiamo dovuto scoprire un altro mondo. Tuttavia, l’approccio professionale con il lavoro le sta aiutando sempre più ad essere più vicine ai ragazzi. Logicamente ci saranno sempre grosse differenze nella parte fisica, ma sono davvero molto sorpreso dall’evoluzione del movimento.

In che termini?

Stanno professionalizzando tutte le loro abitudini e si stanno adattando alle esigenze di questo sport, per quanto sia duro e straziante. Inoltre, poter vivere da vicino negli ultimi sei anni l’esperienza di una grande come Annemiek Van Vleuten per noi è stato un master quotidiano di professionalità portata all’estremo più incredibile.

Un altro Giro per la Movistar di Sebastian Unzue (al centro, in basso): festa rosa sul podio di Olbia
Un altro Giro per la Movistar di Sebastian Unzue (al centro, in basso): festa rosa sul podio di Olbia
Lo scorso anno si è fermato Valverde, ora tocca a Van Vleuten, come si fa a ripartire?

Penso che le grandi persone debbano essere ricordate e le loro assenze sono troppo importanti per sostituirle. D’altro canto, è positivo che le ragazze e i ragazzi sfruttino l’esperienza che hanno acquisito con Annemiek e Alejandro, che per loro sarà sicuramente un vantaggio.

Quindi si continua sulla stessa strada?

Sì, quella di rinforzare la squadra maschile puntando su qualche nome importante e quella di consolidare un po’ il ciclismo femminile. Con mio figlio vado d’accordo, però è un fatto che al momento vince lui più di me.

Tadej accusa il colpo, ma non si arrende

18.07.2023
6 min
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COMBLOUX – «Non è andato piano Tadej, è andato forte Vingegaard», è questa la sintesi di quanto raccolto nel clan della UAE Emirates pochi minuti dopo la cronometro individuale Passy-Combloux. Lo sloveno subisce forse la più importante sconfitta della sua carriera. Le altre (poche) volte in cui era stato battuto era stato lui a non essere al top, ma stavolta no.

Jonas Vingegaard gli rifila 1’38” e Tadej Pogacar a sua volta ne dà 1’14” a Wout Van Aert. Nessuno ipotizzava distacchi simili. Ieri Malori ci aveva parlato di circa 1” al chilometro, semmai il danese avesse guadagnato. E di una ventina di secondi ci aveva detto anche Contador questa mattina. Ma questo è davvero uno shock.

Ore 10:13, Tadej Pogacar arriva in zona bus per la ricognizione. Un breve salto sul bus e poi parte
Ore 10:13, Tadej Pogacar arriva in zona bus per la ricognizione. Un breve salto sul bus e poi parte

Preoccupazione caldo 

Tadej ormai lo abbiamo imparato a conoscere: se cade il mondo lui fa un passo di lato. Supera tutto con facilità, ma è sempre più probabile che c’è una cosa che turba la sua proverbiale serenità. E questa cosa si chiama caldo.

Questa mattina quando è arrivato in partenza per la ricognizione aveva detto ai suoi che nel pomeriggio non si sarebbe voluto scaldare sotto la tenda del bus. Aveva tirato su gli occhi, aveva visto dove avrebbe girato il sole e chiesto di fare i rulli da un’altra parte.

Il meccanico, Claudio Bosio tra i più saggi, aveva proposto il motorhome dei meccanici stessi. «Il nostro camion è tranquillo, c’è l’aria condizionata e lo abbiamo già liberato». A quel punto Andrej Hauptman, qui il primo diesse, aveva dato l’okay.

E in effetti il caldo c’è, ma non tanto per le temperature alte, quanto piuttosto per l’umidità.

Tadej parte. E va forte. «Ha siglato una delle sue prestazioni migliori di sempre», ci confida Matxin dopo l’arrivo. E forse questo è ancora più grave in ottica futura. Cosa può pensare il corridore? Fosse stato in giornata no, okay… ma così è difficile trovare appigli.

Hauptman ha parlato con noi. Ha allargato le braccia, ma senza nulla da rimproverare al suo atleta
Hauptman ha parlato con noi. Ha allargato le braccia, ma senza nulla da rimproverare al suo atleta

Onore a Vingegaard

«Incredibile – ha detto Hauptman – Jonas oggi ha fatto qualcosa di fantastico, ha anche guidato benissimo. Non possiamo non congratularci con lui. Il cambio bici? Non credo gli sia costato troppo o che abbia perso la crono lì. E comunque prima di fare certe scelte noi facciamo i nostri calcoli e avevamo visto che sulla bici da strada in salita Tadej riusciva ad esprimere più watt. Credo anche che abbiamo cambiato nel punto giusto, un punto ripido così da perdere meno tempo perché lì si va più piano».

«Cosa dire: domani è un altro giorno, ci aspetta una tappa molto dura. E lo stesso nella tappa venti. Da parte nostra continueremo a lottare per la maglia gialla. Intanto pensiamo a vincere la tappa».

Sentire un esponente del clan UAE Emirates che parla di tappa fa capire tante cose. E’ vero che sono parole raccolte a caldissimo, ma forse hanno visto che su certi valori proprio non ci sono, almeno se questo è il vero Vingegaard. Meglio dunque raccogliere quel che si può. Anche perché quando dicono di voler vincere la tappa bisogna considerare che Adam Yates è salito in terza posizione.

Pogacar ha già reagito una volta in questo Tour de France. E la speranza è che non si arrenda. La differenza però è che l’altra volta sui Pirenei era stato lui ad andare più piano. «Può starci che si demoralizzi, ma è un campione e saprà reagire», aggiunge Hauptman.

All’arrivo Tadej era stanco, ma non stremato. Forse era frastornato dalla prestazione di Vingegaard
All’arrivo Tadej era stanco, ma non stremato. Forse era frastornato dalla prestazione di Vingegaard

Ma quale resa…

«Un po’ sono deluso – ha detto Pogacar – se devo essere onesto non mi sono sentito al meglio nella seconda parte della crono, anche se comunque sono andato abbastanza bene. Ora però c’è un grande divario, speravo in un gap minore. Anzi, speravo di essere in giallo oggi. Spero oggi sia stata una tappa come quella del Marie Blanque e che domani possa avere gambe buone».

Tadej ha affrontato una crono difficile anche dal punto di vista del morale. Era prima felice per il vantaggio su Van Aert e poi ha saputo di perdere nei confronti di Vingegaard.

«E’ stato un piccolo shock – dice lo sloveno – ho cercato di limitare i danni e dare tutto».

Ma poi ecco le parole più belle: «Se domani piove posso promettervi che sarà una giornata interessante. Ci sono altre due tappe davvero difficili da affrontare. Può accadere qualsiasi cosa e chiunque può avere un passaggio a vuoto. Guadagnare due minuti non è facile, ma noi ci proviamo».

Sul podio per la maglia bianca il sorriso di Tadej non era il solito…
Sul podio per la maglia bianca il sorriso di Tadej non era il solito…

Questione di materiali?

Stasera riordineranno le idee, questo è certo. E tra coloro che avranno un bel da fare c’è Marco Marcato. Il direttore sportivo non era certo il volto della felicità, ma la sua disanima è stata più che mai lucida.

«Questo sicuramente era un test importante. Vingegaard è stato un gradino sopra agli altri oggi, ma ci sono ancora le tappe di domani e di sabato. Il ciclismo non è matematica. Nulla è scontato. Anche Vingegaard potrebbe pagare gli sforzi. Oggi tutti sono andati a tutta».

Con Marcato si parla anche di materiali. Sappiamo quanto ci lavorino in Jumbo-Visma. «Magari – spiega Marcato – delle differenze possono anche esserci, ma semmai ci fossero sarebbero nell’ordine dei secondi. Qui parliamo di quasi 1’40” in 22 chilometri e Pogacar stesso è andato più forte di molti di loro».

Lo sloveno ha siglato un’ottima prova, è il danese che è letteralmente volato. Ora in classifica ha un ritardo di 1’48”
Lo sloveno ha siglato un’ottima prova, è il danese che è letteralmente volato. Ora in classifica ha un ritardo di 1’48”

Non finisce qui

Marcato è stato un corridore e lo è stato fino a pochi anni fa. Certe sensazioni le ha ancora fresche e conosce questo ciclismo. Con lui si parla anche dell’aspetto psicologico.

Nelle tappe precedenti avevamo visto che ad un certo punto Tadej scattava e Jonas, seppur di poco, si staccava. L’ultima volta invece il danese non ha perso un centimetro e anzi ha rilanciato. Visto che sono sul filo certi dettagli possono fare la differenza? Possono insinuare qualche tarlo nella testa del corridore? Di Pogacar in questo caso…

«Probabilmente qualcosina avrà anche influito tutto ciò e un tarlo glielo avrà messo, però Tadej si è sempre rialzato. E’ un campione e secondo me ha ancora qualcosa da dare e da dire in questo Tour de France. Ne sono sicuro».

Lenticolari, le nuove Deda “Hero” della Intermarché

18.07.2023
4 min
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MEGEVE – Vigilia della crono, hotel della Intermarché-Circus. I meccanici sono al lavoro sulle bici, fra ruote lenticolari e appendici manubrio. Intorno un bel verde, la piscina sullo sfondo e un campo da calcio in erba morbida. E’ lì che portiamo la Cube di Biniam Girmay per fotografare la vera novità: la nuova ruota lenticolare prodotta da Deda Elementi, una fra le ruote tubeless più leggere e dal prezzo più accessibile sulla scena mondiale.

La ruota Deda Hero sulla bici da crono di Girmay
La ruota Deda Hero sulla bici da crono di Girmay

I segreti della struttura

Poi però, visto che le foto non rivelano quello che c’è dentro, ci mettiamo in contatto con Fausto Parodi, l’ingegnere che ha realizzato il progetto. Lui al Tour non c’è, ma ascoltandolo sembra quasi di averlo accanto, tanta è la puntualità con cui racconta la sua creazione.

«Quello che vedete – dice – è ben poca cosa. Il bello è la struttura interna, che è molto particolare. Ci sono sei razze, mentre i dischi esterni in carbonio sono soltanto una copertura. Avere le razze la rende leggera e rigida lateralmente, ma sulle razze c’è qualcosa da dire…».

Di cosa si tratta?

Non sono completamente in carbonio. All’interno hanno un foam, una schiuma che poi viene ricoperta dalla struttura in carbonio. Carbonio che è soprattutto alle estremità e nella parte centrale, mentre la stessa schiuma è strutturale. Questo ci ha permesso di tenere il peso più basso. E gli stessi dischi esterni hanno una struttura a sandwich, con carbonio all’esterno e all’interno uno strato della stessa schiuma.

Quanto è più leggera della ruota precedente?

Questa pesa 1.070 grammi, la precedente arrivava a 1.200: quindi il risparmio è di 130 grammi, in cambio della stessa rigidità. Qualche differenza c’è rispetto alla versione da pista.

In cosa sono diverse?

La abbiamo fatta usare a Silvia Zanardi nelle trasferte di Nations Cup. La struttura di base è la stessa per entrambe le ruote, ma quella da strada ha un lato piatto dalla parte della cassetta, mentre il lato opposto è bombato. La ruota da pista invece è bombata su entrambi i lati.

Le Deda Hero hanno debuttato al Giro d’Italia 2022: qui con Bystrom
Le Deda Hero hanno debuttato al Giro d’Italia 2022: qui con Bystrom
Abbiamo notato che il vano che contiene la valvola è chiuso con un coperchietto avvitato.

Altra differenza fra strada e pista, giusto. La ruota da pista deve essere più leggera per rendere al meglio nei rilanci, per cui il vano della valvola è chiuso da un adesivo. Nella ruota per le crono su strada invece la leggerezza è importante, ma di certo si fanno meno rilanci, per cui abbiamo oprato per un coperchietto avvitato.

La ruota nasce per un tipo specifico di coperture?

Per tubeless e copertoncino con la camera d’aria. Con il tubeless è più leggera, anche se il pneumatico pesa qualcosa di più. Il cerchio ha il canale da 19, quindi la cosa migliore è partire da pneumatici da 25 fino ai 28. Però volendo si può arrivare fino a 32.

Fra i prossimi step non ancora annunciati c’è la rivisitazione del mozzo, puntando su un sistema differente dall’attuale, ma per parlarne ci sarà tempo. La ruota è in vendita a 2.300 euro, una quotazione non troppo elevata che la rende accessibile a un pubblico piuttosto ampio. Intanto però seguiamo i ragazzi del team belga nella crono che sta per iniziare.

Il signor Kuss, guardia del corpo della maglia gialla

18.07.2023
7 min
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SAINT GERVAIS LES BAINS – Non capita troppo spesso di avere a disposizione per mezz’ora l’uomo più importante per la maglia gialla. Perciò quando Sepp Kuss viene a sedersi prima di pranzo del secondo giorno di riposo nell’hotel della Jumbo-Visma, l’elenco delle cose da chiedergli è lungo come la strada che da Bilbao ci ha portato all’ombra del Monte Bianco. Lui è tranquillo e bendisposto. Ci rassicura che la botta presa al braccio è a posto e si lascia andare a un’interessante riflessione su coloro che guardano il Tour attraverso lo schermo del telefono e provocano cadute.

«La gente spesso non pensa alle conseguenze dei suoi gesti – dice Kuss – invece in quella caduta di ieri, al posto di Kuss poteva finirci anche uno tra i primi tre e sarebbero stati vanificati mesi di investimenti di grandi squadre. Questo non mi fa arrabbiare, semplicemente non lo capisco. Va oltre l’essere uno spettatore del ciclismo. Nell’età di Instagram e Tiktok, tutti vogliono il selfie. Invece dovresti andare al Tour per goderti l’atmosfera e guardare la gara con i tuoi occhi, non nello schermo del telefono».

Solo una caduta lo ha frenato: la stessa in cui sono finiti fra gi altri Bernal e Girmay e Kuss ne porta i segni sul braccio
Solo una caduta lo ha frenato: la stessa in cui sono finiti fra gi altri Bernal e Girmay e Kuss ne porta i segni sul braccio
Cosa ti pare di questo Tour?

Probabilmente è il Tour con il distacco più basso da parecchio tempo a questa parte. Ci sono state tappe molto diverse con diversi risultati e ora eccoci al secondo giorno di riposo con 10 secondi fra i primi due. La cosa più importante è che Jonas si sente bene, è fiducioso e si fida di noi. E’ davvero bello quando sai che il tuo leader è forte e può motivarti.

Pensavi di arrivare al Tour con un livello così alto dopo aver fatto il Giro?

Dopo il Giro mi sentivo davvero bene, anche meglio di prima quando lo stavo preparando. Quando faccio Tour e Vuelta, vado sempre meglio alla Vuelta, quindi poteva starci che qui in Francia stessi meglio che in Italia. Ma il livello del Tour è così alto, che non puoi confrontarlo con nessun’altra gara.

Come hai passato il tempo tra Giro e Tour?

Sono stato a casa ad Andorra, non c’era bisogno di fare altura o altro. Avevo bisogno di riprendere la mia routine, perché le corse e i ritiri sono pesanti mentalmente. Mi piace l’allenamento preparando una grande corsa, ma a volte è più bello farlo da soli, alle proprie condizioni e nel proprio spazio. Perciò ho fatto dei giorni di riposo, ma comunque pedalando tranquillamente per una settimana. E poi ho iniziato un allenamento più o meno normale.

Dopo il Giro, Kuss è tornato ad Andorra per riprendere la sua routine di lavoro (foto Instagram)
Dopo il Giro, Kuss è tornato ad Andorra per riprendere la sua routine di lavoro (foto Instagram)
E’ vero che andrai alla Vuelta per aiutare nuovamente Roglic?

Se il Tour è duro come lo è stato finora, allora vedremo se mi è rimasto qualcosa per la Vuelta. Ma il piano è di andare fino in fondo. Anche dopo il Giro non ero sicuro se sarei andato al Tour, perché dovevo ancora prendermi qualche settimana per capire se mi sentivo abbastanza bene. Non voglio andare a una grande gara se mi sento meno del 100 per cento. E’ difficile da pianificare.

Pensi mai che potresti essere a tua volta leader in una grande corsa?

E’ difficile da dire, perché sono un corridore migliore quando non penso a cosa devo fare o dovrei fare. In quel caso, il risultato potrebbe essere diverso. E’ davvero difficile da dire. Mi piacerebbe l’opportunità, ma in questa squadra ci sono così tanti buoni corridori che non ci sono tante occasioni. Loro sono fra i migliori al mondo e io non ho problemi ad aiutarli.

Non pensi mai che meriteresti una chanche?

Sì, di sicuro. Penso che il team lo sappia, ma è anche abbastanza chiaro che se sei l’ultimo uomo in montagna, non puoi entrare nelle fughe per una vittoria di tappa. Insomma, mi piacerebbe provare per una sola gara, ma mi piace anche avere la libertà di non dover essere leader. Non è facile gestire la tensione delle situazioni più nervose e non credo che a un leader sarebbe permesso mettersi in coda al gruppo nelle tappe di pianura. Nel mio ruolo invece sono stressato per loro, non per me. Il nervosismo che hai prima di una tappa di montagna lo conosco e lo gestisco, ma è diverso da una tappa con vento trasversale o un arrivo in volata.

Al Giro ha scortato Roglic alla vittoria nella sfida contro Thomas, dimostrando notevole solidità
Al Giro ha scortato Roglic alla vittoria nella sfida contro Thomas, dimostrando notevole solidità
Qual è il tuo contributo a questa squadra?

Penso di portare solo il supporto in montagna, essendo lì nei momenti chiave. A volte ho delle giornate fantastiche, a volte un po’ meno. Ma più sono costante e più loro possono fare affidamento su di me. Ci sono molte situazioni in cui posso fare di più, quando riesco a restare il più a lungo possibile con il leader, accelerando o seguendo determinati attacchi. E questa è una qualità necessaria. Se sei in grado di mettere sotto pressione gli altri in un momento davvero critico, allora questo può fare la differenza. Molto più che andare a ritmo costante davanti al gruppo.

Però è proprio il tuo ritmo che li sta mettendo in difficoltà.

E’ motivante sapere che i corridori più forti non possono seguire il mio ritmo, ma insieme cerco anche di non eccitarmi troppo, perché basta poco per scoppiare. A volte è più facile seguire il proprio ritmo piuttosto che quello di un altro.

Che cosa significa che è motivante?

Sono più un corridore emotivo che un corridore freddo che deve solo andare al suo ritmo. Se mi stacco, allora perdo motivazione. Ma se sono in testa alla gara, allora posso nutrirmi di quelle emozioni.

Con Roglic sul Col du Granon al Tour 2022: c’era anche Kuss nell’imboscata che ha fatto saltare Pogacar
Con Roglic sul Col du Granon al Tour 2022: c’era anche Kuss nell’imboscata che ha fatto saltare Pogacar
Che differenze ci sono fra Roglic e Vingegaard come leader?

Sono entrambi molto calmi e rilassati. Jonas ha chiaro come vuole la tappa o come si sente. A Primoz invece piace vedere tutto nel quadro generale, vedere come sono i rivali e poi decidere come vuole impostare la tappa.

Hai sempre un’espressione imperscrutabile da giocatore di poker, sempre a bocca chiusa…

Normalmente non respiro così forte da aprire la bocca, però sento dolore alle gambe e questo non è divertente. Ci sono diversi livelli di dolore, ma alcuni corridori possono andare così in profondità da risultare irraggiungibili. Io non mi tiro indietro, ma c’è un limite, soprattutto per il mio ruolo. Ha senso andare al 110 per cento se poi domani non ce la faccio più, oppure è meglio andare al 90 per cento? Il dolore peggiore comunque lo sento sulle strade pianeggianti (ride, ndr).

Usiamo parole come combattere e sofferenza. Quando inizi a spingere sulle salite vuoi far soffrire Pogacar? Qual è l’obiettivo?

Voglio pedalare a un ritmo che avvantaggi Jonas e le sue caratteristiche e che impedisca a Pogacar di fare quel che gli riesce meglio. Sono corridori molto diversi e io devo favorire il mio leader. Penso che vincerà in montagna.

La consapevolezza che il proprio ritmo faccia soffrire i rivali gli dà un senso di benessere
La consapevolezza che il proprio ritmo faccia soffrire i rivali gli dà un senso di benessere
Che rapporti hai con Adam Yates? Svolgete lo stesso ruolo, a volte vorresti annientarlo?

In realtà abbiamo un buon rapporto, le nostre mogli stanno guardando le tappe insieme sullo stesso divano e con i nostri cani. Adam ha un cane davvero grande, io ne ho uno molto piccolo. Non ho rivalità con nessuno perché non sto combattendo con nessuno, mentre penso che Jonas e Pogacar difficilmente saranno amici.

Il resto di questo incontro ve lo racconteremo un’altra volta. Nell’epoca di internet, gli articoli troppo lunghi non vengono letti sino in fondo e allora sarà meglio dedicare spazio un’altra volta ai suoi esordi in bici sulle strade del Colorado, al suo vivere in Europa e cosa pensi la gente in America del ciclismo. Ci torneremo su, mezz’ora di intervista non si possono comprimere in questi pochi minuti…

Malori: «Crono decisiva. Vingegaard favorito»

17.07.2023
4 min
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PASSY – Siamo nell’ultima settimana di questo combattutissimo Tour de France, poche ore e probabilmente ne sapremo qualcosa di più sulla maglia gialla di Parigi. Manca poco alla crono individuale, l’unica di questa Grande Boucle, da Passy a Combloux.

E mentre risaliamo la Cote de Domancy, già affollata di ciclisti e camper, ne approfittiamo per sentire un parere tecnico sulla sfida che verrà fra Tadej Pogacar e Joans Vingegaard. Al telefono c’è Adriano Malori, il “re” delle crono italiane di qualche anno fa

La Cote de Domancy, che vide anche i mondiali del 1980, diventa più dura man mano che si sale. Una volta in cima prosegue in falsopiano
La Cote de Domancy, che vide anche i mondiali del 1980, diventa più dura man mano che si sale. Una volta in cima prosegue in falsopiano
Adriano, ci siamo. Inizia la terza settimana con questa crono: chi vedi favorito?

Domani vince Vingegaard o comunque arriva lui davanti a Pogacar. Di base è più forte di Tadej a crono. Quest’anno le prove contro il tempo che ha fatto le ha vinte quasi tutte e anche lo scorso anno nello scontro diretto era andato più forte di lui. Senza contare che nel finale aveva mollato un po’ per far vincere il compagno Van Aert (cosa che si è vista anche nella serie sulla Jumbo-Visma del Tour 2022, ndr).

Del percorso cosa ci dici? Questa cote per esempio ha dei tratti al 13-14% e una volta in cima non spiana, ma continua a tirare: 2-5 per cento la pendenza…

Il percorso è dunque relativamente simile a quello dell’anno scorso: vallonato, duretto. Sarà una crono per chi ha tante gambe.

Quali segnali hai visto dalla tappa di ieri?

Un segnale chiaro: sin qui quando Pogacar scattava l’altro seppur di poco si staccava. Ieri tutto ciò non è accaduto e addirittura Vingegaard lo ha battuto nella volata del Gpm. Anche per questo lo vedo favorito. In più c’è un fattore tanto semplice quanto fondamentale da valutare.

Quale?

E arrivato il grande caldo ed è ormai un dato di fatto che Pogacar lo soffre. L’anno scorso fino a che c’è stato il fresco e il cattivo tempo dominava, come è arrivato il caldo è andato in difficoltà, tanto da pagare dazio non solo nel giorno del Galibier, ma anche verso Hautacam.

Pogacar quest’anno ha disputato solo due crono, una delle quali il campionato nazionale (nella foto di @alenmilavec) dove la concorrenza non era di certo proibitiva
Pogacar quest’anno ha disputato solo due crono, una delle quali il campionato nazionale (nella foto di @alenmilavec) dove la concorrenza non era di certo proibitiva
Adriano, hai parlato di temperatura: inciderà parecchio?

Assolutamente sì. Okay, siamo sulle Alpi e farà un po’ più fresco, ma da quel che noto è caldo anche lì. Vedo i corridori bagnarsi spesso e bere tanto. E poi parliamo di una crono: consideriamo i rulli, il riscaldamento, il body, il casco. Ecco questo del riscaldamento è un aspetto molto importante. Il pre-crono domani potrebbe essere più importante della crono stessa. Gli atleti dovranno essere bravi spingere il giusto sui rulli e a non surriscaldarsi.

Che distacchi ci possiamo attendere?

Anche se è corta credo che resteranno entro i 30”. Presumibilmente credo che Pogacar possa perdere un secondo a chilometro, quindi 20”-25” in totale.

Sul piano dei materiali chi è avvantaggiato tra i due?

E’ vero che Cervélo è più avanti con gli studi, ma è anche vero che in casa UAE Emirates hanno fatto dei passi in avanti e ormai sono pressoché alla pari. In più vediamo che questi grandi team quando ne hanno bisogno corrono con materiali senza marchi, perché si comprano i pezzi che più ritengono performanti, quindi sotto questo aspetto siamo alla pari direi.

Per Malori avere un riferimento di primo ordine all’arrivo è importante per gestire la crono. Qui Van Aert e Vingegaard
Per Malori avere un riferimento di primo ordine all’arrivo è importante per gestire la crono. Qui Van Aert e Vingegaard
Invece per quanto riguarda i riferimenti con gli altri ragazzi forse Vingegaard è avvantaggiato visto chi ha in squadra. E poi. Sono davvero importanti?

Sì, sì… sono importanti. Un compagno specie se va forte può darti indicazioni preziose sia sulla gestione dello sforzo ma anche sulle condizioni del percorso: ti dice dove l’asfalto è più scorrevole, dove ci sono avvallamenti. E’ utile per il vento, se questo non gira. Ed è presumibile che Vingegaard possa fare la crono sui tempi di Van Aert, il quale potrebbe essere in testa quando parte lui. In più poco prima ha anche Kuss che è in classifica e a crono se deve spingere non va piano.

Insomma ci attende una sfida anche di nervi…

Sì, sono i più forti e sono lì, forse non è mai successo così alla pari. Di certo fino a pochi giorni fa Vingegaard tremava quando quell’altro scattava, anche se gli guadagnava poco. Sono talmente al limite che nessuno dei due può commettere errori nei confronti dell’altro, perché come sbagliano perdono. Guardate la giornata no di Pogacar sui Pirenei: ha perso un minuto. anche per questo dico che la crono sarà l’ago della bilancia di questo Tour.

Un pronostico per domani?

Van Aert, Vingegaard, Kung e poi ad una ventina di secondi o poco più Pogacar, salvo giornate storte o imprevisti.