Dmt e RCS rinnovano: è la scarpa ufficiale del grande ciclismo

12.03.2022
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Squadra che vince non si cambia… e fedele a questa arcinota (e verissima) affermazione, Dmt ha rinnovato anche per questa stagione la propria partnership di sponsorizzazione e collaborazione con le gare targate RCS Sport. Dalle Strade Bianche, andata in scena appena una settimana fa e stravinta da Tadej Pogacar (che di Dmt è il primo testimonial) fino al Giro di Lombardia, passando per Milano-Sanremo, Giro d’Italia e Tirreno-Adriatico, il brand produttore di calzature per ciclismo di proprietà del Gruppo Zecchetto affianca la propria immagine e i propri prodotti alle corse più storiche, iconiche e seguite del nostro paese.

Strategia e pianificazione

Ma il rapporto tra Dmt e RCS Sport non si esaurisce esclusivamente in un semplice accordo di sponsorizzazione. Va oltre, ma molto oltre. E per capirlo fino in fondo, o meglio per comprendere quanto sia strategica ed organizzata questa iniziativa Dmt, abbiamo colto lo spunto della Tirreno Adriatico per scambiare qualche battuta con Mauro Scovenna, che dello stesso brand calzaturiero è Marketing e Events Manager.

Allora Mauro, raccontaci qualcosa in più di questo vostro impegno con RCS Sport…

Siamo partiti l’anno scorso proprio con la Tirreno-Adriatico. Una partenza in corsa, come si suol dire, considerando che decidemmo di chiudere l’accordo con RCS appena qualche giorno prima del via della Corsa dei due Mari. Quest’anno abbiamo rinnovato. Convinti e sospinti dagli ottimi risultati commerciali delle nostre linee di calzature per il ciclismo. Un accordo che a tutti gli effetti ci qualifica come la scarpa ufficiale di tutte le più grandi manifestazioni ciclistiche in Italia, e non solo.

Quanto è importante questa vostra presenza itinerante?

Moltissimo. Seguiamo tutte le corse con un nostro mezzo. Siamo sempre presenti in zona arrivo. Ma soprattutto ogni giorno organizziamo esposizione e test, per chiunque lo desideri, mettendo a disposizione tutta la collezione Dmt in tutte le misure disponibili. Questo è un aspetto che merita di essere messo in evidenza. Chi ci raggiunge sul truck Dmt può provare la scarpa che desidera nel numero che vuole (abbiamo anche le cosiddette mezze misure…) per così essere certo di poter poi acquistare presso il proprio negoziante di fiducia esattamente la scarpa Dmt desiderata e soprattutto nella misura più corretta. Tutte le scarpe in prova sono naturalmente igenizzate nel pieno rispetto delle normative vigenti in materia di Codid-19, e per ciascun test regaliamo come gadget un esclusivo paio di calzini firmati Dmt.

Il vostro rapporto con i professionisti è trasferibile verso i cicli amatori?

L’impegno di Dmt con i corridori professionisti, e più in generale con il mondo delle corse professionistiche, ha origini lontane. Fa parte della nostra tradizione, è nel nostro Dna aziendale. Oggi Dmt è ai piedi di corridori del calibro di Tadej Pogacar, Elia Viviani e del giovanissimo fenomeno spagnolo Juan Ayuso. Come team forniamo la Eolo Kometa e la Intermarché Wanty Gobert. Tutta la nostra tecnologia, tutto il nostro know-how e i feedback preziosissimi dei corridori sono costantemente messi a disposizione per realizzare le scarpe migliori per la nostra clientela. E la nostra clientela sono i ciclo amatori. Iniziative come quelle che organizziamo alle corse RCS sono proprio mirate sia a fidelizzare la nostra clientela quanto a fornire un servizio concreto a quelli che decideranno di sceglierci in futuro per poter… pedalare assieme.

Mauro Scovenna, Marketing & Events Manager Dmt
Mauro Scovenna, Marketing & Events Manager Dmt
Che riscontro stanno avendo nello specifico i modelli KR0 e KRSL?

Molto, molto positivo. Viviani è il testimonial perfetto per il modello KR0, lanciato l’anno scorso  in occasione della rassegna expo Eurobike in settembre e caratterizzato dal sistema di chiusura con il doppio Boa. Elia è un grande amico di Dmt e lo sviluppo della nostra tecnologia lo ha sempre visto attivo protagonista, sia su strada quanto su pista. Le KRSL invece sono semplicemente le scarpe di Tadej… quelle con i lacci, con già due Tour de France sulle spalle ed una Strade Bianche che a ricordarla mi viene ancora la pelle d’oca!

Dmt

Il ritorno di Barguil grazie all’erroraccio dei più forti

11.03.2022
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Barguil finì quel Tour con una luce selvaggia negli occhi, dopo una stagione di sfortuna nera che veniva da un altro anno particolare. Nel 2016 c’era anche lui – vincitore di due tappe alla Vuelta del 2013 quando aveva ancora 22 anni – nel gruppo di corridori travolti a Calpe da un’auto contromano. Incidente che costò a lui lo scafoide e a Degenkolb la perdita di un dito e la carriera.

Al Tour del 2017, Barguil vinse la sua seconda tappa sull’Izoard
Al Tour del 2017, Barguil vinse la sua seconda tappa sull’Izoard

Dalla Sunweb alla Arkea

Classe 1991, un anno meno di Pinot e Bardet, disse sin da subito di non avere le gambe e la testa per giocarsi il Tour. Eppure il Tour lo chiamava e il Team Sunweb credeva in lui, perciò fu una mazzata la caduta al Giro di Romandia dell’anno successivo in cui si ruppe il bacino. Rientrò malamente al Delfinato. Soffrì al Tour, ma ne uscì con due tappe vinte e la maglia a pois. Poi sposò il progetto di una piccola squadra – la Fortuneo-Samsic – fece uscire dai gangheri il management della Sunweb e da quel momento iniziò il blackout, interrotto oggi sul traguardo di Fermo alla Tirreno-Adriatico.

«E’ una lunga storia – sorride – quella piccola squadra ha avuto bisogno di crescere. Venivo da grandi team e ho messo il mio tempo e la mia energia nel far sviluppare il team che ora si chiama Arkea-Samsic. Nel frattempo però sono arrivati corridori fortissimi, che fanno sembrare i miei 6,5 watt per chilo una piccola potenza. E io che non ho certo i loro numeri, ho capito di non poter fare corsa di testa e preferisco sfruttare la tattica di tappe in fuga».

In avvio di tappa, attacco di Alaphilippe: il campione del mondo è in cerca della condizione
In avvio di tappa, attacco di Alaphilippe: il campione del mondo è in cerca della condizione

L’errore di Pogacar

La tappa di Fermo, quella dei cosiddetti Muri fermani, ha detto soprattutto che il UAE Team Emirates ha mal considerato la fuga. E quando nell’ammiraglia si sono resi conto che davanti Benjamin Thomas pedalava da chilometri con la maglia di leader virtualmente sulle spalle, hanno preso la squadra e l’hanno spremuta. Formolo, Majka e Soler hanno fatto egregiamente il loro dovere. La fuga è stata quasi tutta riassorbita, ma complice un incredibile errore di percorso di Pogacar, Evenepoel e Vingegaard, Barguil ha conservato il margine che gli ha permesso di vincere.

«Eravamo in discesa – ha raccontato Pogacar – la strada principale si vedeva benissimo, la curva no. C’era una piccola freccia sulla destra, era impossibile a quella velocità vederla. Penso che senza quell’errore sarebbe cambiato tutto. Evenepoel e Vingegaard stavano andando forte e io con loro. Volevamo vincere la tappa, probabilmente ci saremmo riusciti».

Formolo, poi Majka e Soler hanno fatto il lavoro duro per tenere la fuga nel mirino
Formolo, poi Majka e Soler hanno fatto il lavoro duro per tenere la fuga nel mirino

L’errore di Remco

Il rammarico ovviamente è stato superiore per Evenepoel, che ha attaccato forte e poteva finalmente giocarsi la tappa.

«Oggi mi sentivo bene – ha detto il belga – e avevo una squadra fantastica intorno a me, che ha lavorato duramente per proteggermi. Quando la UAE ha preso il controllo del ritmo, la velocità è aumentata e ho capito che era arrivato il momento giusto per attaccare. Sono stato raggiunto solo da Pogacar e Vingegaard e siamo andati a tutto gas. In quella discesa non c’era quasi niente o nessuno a indicarci che dovevamo andare a destra, quindi invece di girare abbiamo continuato dritti e il nostro attacco si è concluso lì. Per fortuna ho avuto le gambe per recuperare il gap e con l’aiuto di Ballerini sono riuscito a rientrare nel gruppo, ma è un peccato come sono andate le cose in un momento in cui sembravano così belle».

Buon terzo posto per Simone Velasco, al primo podio in maglia Astana
Buon terzo posto per Simone Velasco, al primo podio in maglia Astana

Al Giro nel 2023

Barguil ringrazia e ride senza ritegno, come quando ti scrolli di dosso una maledizione. Va bene che la squadra dovesse crescere, ma era tempo di trasformare in vittoria la lunga fila di piazzamenti degli ultimi anni.

«Non ero mai stato alla Tirreno-Adriatico – racconta – e la trovo più dura della Parigi-Nizza, ma molto meno stressante. Non ci sono ventagli tutto il giorno. Ho scoperto di trovarmi molto bene con queste strade e mi dispiace davvero molto che la squadra non farà il Giro. Vincere una tappa sarebbe stato l’obiettivo della stagione. Ma la mia carriera non finisce qui, perciò ci tornerò l’anno prossimo. Io non ho vissuto sulla mia pelle le pressioni di Pinot e Bardet, cui hanno sempre chiesto di vincere il Tour. Io ho detto subito di non averne le qualità, perché conosco le mie possibilità. Ci alleniamo sempre duramente. Facciamo i nostri training camp. Stiamo per mesi lontani dalle nostre famiglie. I risultati possono venire come no, ma non si possono fare commenti in base a questo».

Era stato in fuga anche ieri, come sentendo nelle gambe che la forza giusta fosse in arrivo. Chissà se domani sulla salita che chiamerà in prima fila gli scalatori vorrà mettersi nuovamente alla prova. Di sicuro, con Evenepoel che insegue Pogacar ad appena 9 secondi, qualcosa su e giù dal Cippo succederà.

Tadej a mani basse. Ma zitto, zitto Ciccone…

10.03.2022
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La vera notizia che arriva da Bellante, quarta tappa della Tirreno-Adriatico, non è la vittoria di Tadej Pogacar, a quella ci siamo ormai “abituati” è il crudele destino che spetta ai super numero uno. Per loro c’è solo la vittoria. E lo sloveno non ha tradito le attese, ciò che molti danno appunto per scontato, ma che scontato non è.

Prima parte di gara tra l’Appennino reatino. Si è pedalato tra il Terminillo e il Monte Gorzano
Prima parte di gara tra l’Appennino reatino. Si è pedalato tra il Terminillo e il Monte Gorzano

Destini incrociati

Ma quindi qual è la notizia di giornata? La news del giorno è Giulio Ciccone. Finalmente si è rivisto l’abruzzese. Saranno state le strade di casa, sarà che le cose stanno finalmente girando per il verso giusto, ma Cicco si è incollato alla ruota di Pogacar e l’ha tenuta finché ha potuto.

Si vedeva proprio. Lo marcava stretto. Aveva battezzato la sua ruota, come di solito si vede fare tra i velocisti. Per i suoi (tanti) tifosi questa è musica.

Destini incrociati tra i due: uno condannato a vincere, l’altro che ha una voglia di riscatto incredibile. Un quinto posto che vale tanto. per certi aspetti più della vittoria di Tadej. Bisogna pensare anche che Cicco ha fatto molta base e pochissimi lavori esplosivi. I fuorigiri li ha fatti quasi solo in gara (oggi era il 10° giorno di corsa della stagione).

La lucidità di Tadej

I tre chilometri di salita finale verso Bellante sono stati poco meno di 8′ intensi. Quasi come un Poggio a San Remo. Pogacar il re che controllava, tutti gli altri erano coloro che cercavano di spodestarlo. Lui aspettava solo il momento dell’attacco. Ed è incredibile la descrizione che fa e la lucidità con cuoi la fa.

«Ci sono stati chilometri veloci nell ‘approccio all’ultima salita – spiega il capitano del UAE Team Emirates – ma Soler ed io abbiamo sempre risposto bene. Ho sempre controllato tutto. C’erano molti corridori che nel finale mi preoccupavano. L’ultima, era un tipo di salita che non lasciava spazio a distrazioni e se io non avessi seguito chi tirava, quello sarebbe potuto andare via.

«Aspettavo questo attaccato e quando ai 600 metri c’è stata un’accelerazione importante ho attaccato. In quel momento ho visto la possibilità di vincere e ho colto l’occasione». 

Pogacar che vince ovunque. Qualcuno inizia a rimproverargli di essere cannibale.

«Se la squadra ha lavorato durante il giorno – ed è vero – non posso lasciare andare la vittoria e vanificare il loro lavoro».

«E poi non tutti giorni le gambe rispondo allo stesso modo. Bisogna sempre valutare se attaccare o meno, se poter tirare il fiato».

La voglia di Giulio

E poi c’è Ciccone. Il corridore della Trek-Segafredo ha potuto beneficiare dell’attacco di Quinn Simmons. Il suo barbuto compagno è stato fuori tutto il giorno. Ed è stato anche l’ultimo a mollare nella fuga del mattino. Cicco ha corso se vogliamo un po’ come Pogacar: controllando, attendendo, ma facendo il tutto sulle ruote dello stesso sloveno.

Lo ha copiato per filo e per segno. E in questo caso il copiare non è una brutta cosa come a scuola. E’ segno hai forza, hai coraggio, hai voglia… se poi copi da uno come Tadej. Ciccone era concentratissimo.

«Speravo avesse una giornata no – dice Ciccone quasi ridendo sotto i baffi – ma in realtà sapevo già che aveva due marce in più. Siamo saliti entrambi con la moltiplica grande (si andava davvero forte e le pendenze non erano impossibili, ndr). Io forse ero un po’ più agile di lui.

«Il piano era chiaro: volevo fare il finale e la squadra ha corso al meglio con la fuga di Simmons, mentre dietro la squadra mi ha tenuto sempre in posizione perfetta».

«Sapevo però che Tadej stava bene. L’avevo capito subito, poi ha anche una grande squadra. Forse nel finale è calato un po’ anche lui, la volata praticamente è stata di 600 metri: è umano anche lui!

«Stare dietro a Pogacar e come andare in apnea per provare a resistergli. Tiene un ritmo a tratti irresistibile e dalla fatica che fai, non ti rendi quasi conto di essere alla sua ruota. Ti porta al limite e ti tiene lì, fino a quando non sei costretto a cedere».

«Domani e dopodomani saranno ancora più dure di oggi – conclude Ciccone – Spero di star bene come oggi e sicuramente mi inventerò qualcosa. Se conosco il Carpegna? Era la salita del Panta. Volevo andare, ma c’era la neve, era troppo freddo e quindi ho girato prima».

Da Van Aert a Remco, il gioco delle coppie e dei nervi tesi

10.03.2022
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Van Aert guida e la bici lo segue. Dopo la vittoria all’Het Nieuwsblad, ecco la crono della Parigi-Nizza, vinta su Roglic e Dennis, i due grandi specialisti della sua squadra. Il belga della Jumbo Visma è solido e tirato. E probabilmente – si nota a vederlo correre e sentendolo parlare – gode dell’assenza di Van der Poel: quando c’è in strada il rivale di sempre, non ha la stessa lucidità. Nessuno al mondo riesce a fargli perdere le staffe come l’olandese.

Dopo. la crono vinta Van Aert riparte verso Saint Sauveur de Montagut con la maglia di leader
Aert riparte verso Saint Sauveur de Montagut con la maglia di leader

«I miei obiettivi vengono dopo – ha detto dopo la crono – ma non tirerò certo i freni. Queste decisioni sono contro la mia natura. Si è visto che negli ultimi giorni ho cercato di cogliere ogni opportunità. Proprio per questo non corro così tanto. Quando attacco il numero, voglio vincere. Voglio mantenere questo modo di correre perché mi ha portato lontano ed è anche ciò che i fan amano di più. Ma so anche per esperienza che è importante rimanere concentrati. Ovviamente è più facile se hai in squadra un leader come Primoz Roglic, che punta alla vittoria. Ora devo semplicemente cambiare programma per la seconda metà della Parigi-Nizza».

Sorpresa Pogacar

Calcoli da capitano. E se Roglic in Francia sa o spera che sul Col du Turini Van Aert lascerà andare il gruppo, Evenepoel non è così certo che Alaphilippe si arrenderà al Carpegna e alle rampe di questi giorni che gli si addicono come la maglia iridata che indossa. E ieri a 27 chilometri dal traguardo di Terni, su un tratto piuttosto ripido, se ne è avuta la conferma. Ci si aspettava uno sprint intermedio, nessuno pensava che il UAE Team Emirates mandasse avanti Tadej Pogacar e che lo sloveno tirasse dritto portando con sé il francese.

Nella 3ª tappa della Tirreno verso Terni, attacco a sorpresa di Pogacar e Alaphilippe
Nella 3ª tappa della Tirreno verso Terni, attacco a sorpresa di Pogacar e Alaphilippe

«L’ammiraglia mi ha ordinato di non muovermi – ha detto Evenepoel – stava a Julian (Alaphilippe, ndr) farsi avanti. Lui ha eseguito gli ordini, siamo entrambi leader ed è normale che giochi le sue carte. Sono rimasto sorpreso dal fatto che Tadej abbia continuato, ma non sono andato nel panico perché sapevo che tante squadre volevano arrivare allo sprint e gli ultimi quindici chilometri erano pianeggianti con il vento contro. Sinceramente non ho capito l’attacco di Tadej».

Van Aert impara

Van Aert impara dai suoi errori. L’anno scorso aveva speso tutto in ogni santo giorno alla Tirreno-Adriatico e poi aveva pagato il conto nelle classiche.

Evenepoel sorpreso dall’attacco di Pogacar verso Terni o davvero in controllo?
Evenepoel sorpreso dall’attacco di Pogacar verso Terni o davvero in controllo?

«Mentalmente – spiega – sarà completamente diverso portare sabato Roglic ai piedi del Col du Turini, invece di dover fare la corsa, che è estenuante. Voglio arrivare affamato al via della Parigi-Roubaix e non con la speranza che la gara finisca perché sono già stanco. Questa volta voglio correre le classiche nel pieno delle forze».

Anche Remco impara

Evenepoel scherza, ma in questa estenuante ricerca del colpo ad effetto, avere davanti uno che stravince senza essere stato annunciato sin dagli juniores e scombina i piani con tanta facilità un po’ lo destabilizza.

«Non mi dà fastidio – ha detto – che Pogacar sia più vicino di tre secondi. Questa Tirreno sarà dura, a cominciare dalla tappa di oggi a Bellante. Segretamente spero che si stanchi con tutti questi attacchi, ma temo sia una vana speranza. Tadej è il corridore più forte del mondo, non si stanca mai. Ma qualche energia l’ha consumata. Un giorno ripagherà, vero? Io non partecipo più agli sprint intermedi. L’ho fatto l’anno scorso al Giro andando a caccia di secondi e poi me ne sono pentito».

Tripletta Jumbo Visma anche nella 1ª tappa della Parigi-Nizza. Qui Van Aert tira, dietro Roglic e poi Laporte che vincerà
Tripletta Jumbo anche nella 1ª tappa della Parigi-Nizza. Qui Van Aert tira, dietro Roglic e poi Laporte che vincerà

Solidità Jumbo

Maassen, il tecnico degli olandesi, non è stato sorpreso dalla seconda tripla di Jumbo-Visma in tre giorni. Dopo la vittoria di Laporte nella prima tappa, con Roglic e Van Aert alle spalle, la crono ha premiato le scelte del team.

«Domenica – dice il diesse Maassen – c’era stata anche un po’ di fortuna, ma nella crono Roglic e Dennis sono due medagliati di Pechino 2020 e sapevamo che Van Aert può fare tutto. Negli ultimi anni abbiamo reclutato uomini con grandi motori, perché eravamo poco incisivi nelle cronometro a squadre. Ora abbiamo i corridori e con un allenatore come Mathieu Heijboer, abbiamo uno specialista in questo campo».

Per Roglic, 2° posto nella crono e ora con la salita la possibilità di alzare la voce
Per Roglic, 2° posto nella crono e ora con la salita la possibilità di alzare la voce

Giochi tattici

E se per Va Aert la Parigi-Nizza potrebbe essere finita ieri e da oggi si corre per Roglic, per Evenepoel e la Quick Step-Alpha Vinyl comincia oggi con la tappa di Bellante e una tattica da inventare, provando a sorprendere Pogacar, sempre che a sorprenderli tutti non sia nuovamente lui.

«Sarà una tappa pericolosa dice Remco – su strade strette che invitano sempre ad attaccare. Potrebbe rimanere tutto bloccato fino ai piedi dell’ultima salita, ma potrebbe esplodere subito. Per Alaphilippe e per me, forse un attacco da lontano sarebbe meglio. Queste salite non mi spaventano. Tre volte per quattro chilometri ogni volta. Si andrà forte e si può fare qualcosa per la classifica».

Evenepoel contro Pogacar: per Bennati serve l’impresa

08.03.2022
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Sarà la suggestione o la voglia di tenere alta l’attenzione, dopo la sfida iniziale della Tirreno-Adriatico e visto l’esito della crono, nei commenti in tivù si è cominciato a proiettare i primi nomi sulla classifica finale. Saranno Pogacar ed Evenepoel i soli sfidanti per la vittoria? Qualcun altro riuscirà a inserirsi?

Avere davanti un Pogacar così non stimola la fantasia, almeno non quella dei suoi sfidanti, diverso certamente per i suoi tifosi. In ogni caso gli uomini di classifica propriamente detti hanno già un bel passivo sulle spalle e l’ambizione di Remco è tale che certamente ci proverà. Noi ne abbiamo parlato con il cittì azzurro Daniele Bennati, che fino a stamattina sarà ancora in carovana per poi farvi ritorno a San Benedetto del Tronto domenica prossima.

«Sicuramente Pogacar è superiore – dice subito il tecnico della nazionale – ma ogni gara ha la sua storia. Il vento, una foratura, un attacco. Si potrebbe pensare che il giorno decisivo sarà quello di Carpegna, non una salita banale. Credo che a Tadej sarebbe andato bene anche con l’arrivo in cima. Ma forse, viste le sue caratteristiche di guida, anche l’arrivo in basso potrebbe rivelarsi un vantaggio».

Non è passato inosservato il punto in cui ha attaccato alla Strade Bianche, insomma…

Forse pensava di portare via un gruppetto, ma secondo me quell’attacco era studiato e preparato. Nessuno poteva aspettarselo, sapeva che avrebbe sorpreso tutti. Era un tratto brutto, una discesa pericolosa e ha pensato che a farlo davanti avrebbe rischiato di meno.

Visto il tuo amico Valverde subito dietro?

Certo che l’ho visto e sono certo che più di qualcuno abbia tifato per lui. Ho parlato a lungo con Eusebio (Unzue, ndr) l’altro giorno. E mi diceva: «Proprio quest’anno che va di nuovo forte, ha deciso di smettere!». Dopo la Strade Bianche, Alejandro si era messo a dire di voler fare la Tirreno, ma alla fine lo hanno convinto ad aspettare il Catalunya. E’ un fenomeno, dopo gli ultimi due anni un po’ storti, penso che avrebbe potuto fare la sua bella classifica e prendersi una tappa, con tutti quei muri che li aspettano…

Agli europei di Trento andò meglio a Evenepoel, 2°. Pogacar fu 5° dopo aver vinto il Tour e il bronzo olimpico
Agli europei di Trento andò meglio a Evenepoel, 2°. Pogacar fu 5° dopo aver vinto il Tour e il bronzo olimpico
Possono essere quelle le tappe favorevoli a Evenepoel?

La Quick Step-Alpha Vinyl è una bella squadra e qualcosa proveranno, ma anche l’altro ha intorno dei bei compagni. E credo che Pogacar sia superiore anche su quel tipo di dislivelli. Attualmente Remco lo vedo più regolarista, capace magari di mettere Pogacar in difficoltà su una salita molto lunga.

Insomma, c’è un modo per batterlo?

Se arriva secondo, può essere contento (ride, ndr). Scherzi a parte, mi ricorda quando si facevano le volate a ruota di Cipollini, che era già una vittoria essere lì. Perché se non ci riuscivi o peggio ancora facevi la volata in seconda ruota, eri spacciato. In ogni caso, la Tirreno non è mai una corsa scontata, bisogna tenere alta l’attenzione. Anche oggi ci sono zone aperte, se non ci fosse il circuito alla fine, con tutto questo vento si potrebbe studiare qualcosa.

Anche in pianura, Pogacar si avvicina… pericolosamente al livello di Ganna
Anche in pianura, Pogacar si avvicina… pericolosamente al livello di Ganna
Ti ha stupito ieri la crono di Pogacar?

E’ fortissimo e la cosa sbalorditiva è che in pianura va come Ganna. Ieri sera eravamo a cena qui a Sovicille, dopo il convegno sull’Italia e il Nuovo Ciclismo. E si ragionava se Pippo potrebbe mai vincere un Tour con tanta crono e nessuna salita. Sappiamo che a lui non interessa e che comunque non ha mai lavorato per la salita, ma osservandolo, si vede che può reggerne una al massimo. E soprattutto, se anche fossero tre settimane di pianura, nella terza Pogacar sarebbe più fresco, perché avrebbe da portare in giro meno chili.

Quindi Tirreno chiusa?

Ma no, ci sta che si voglia tenere vivo l’interesse. Ed è certo che se tutto va come deve e senza imprevisto, il solo modo di Remco per battere Pogacar è fare qualcosa di immenso. E di questo il ciclismo sarebbe solo grato.

La settimana inizia con la Tirreno: attesa per il Carpegna

06.03.2022
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Un giorno dopo la Parigi-Nizza, la Toscana saluta la partenza della Tirreno-Adriatico che quest’anno cambia pelle e distribuzione, con la conclusione di domenica, anziché il classico martedì. Non solo. Cronometro in partenza a Camaiore, volata finale a San Benedetto del Tronto e al sabato il doppio Carpegna. Non ci sarà l’arrivo in salita, ma la tappa farà comunque male. Non mancano neppure i muri fermani, che richiameranno il pubblico marchigiano nel venerdì che annuncia il gran finale. Eppure, nonostante tutto ciò, la sensazione è che sarà meno dura che in passato. Staremo a vedere…

Difficile dire se la nuova collocazione in calendario farà perdere alla Tirreno la palma di miglior avvicinamento alla Sanremo, che troverà un ultimo test nella Milano-Torino che si correrà di mercoledì.

Lo scorso anno Pogacar corse la crono finale in maglia di leader
Lo scorso anno Pogacar corse la crono finale in maglia di leader

Pogacar su tutti

L’elenco degli iscritti è come al solito sontuoso. E anche se la Parigi-Nizza può vantare quest’anno un parterre decisamente interessante, per caratteristiche del percorso la Tirreno richiama nuovamente gente tosta, con Pogacar a minacciare la doppietta e i soliti show.

Ci saranno uomini di classifica, capitanati appunto dallo sloveno, che arriverà a Camaiore fresco dell‘impresa alla Strade Bianche. Fra gli sfidanti il Mas rigenerato dal lavoro con Piepoli, Vingegaard, Ciccone, Richie Porte, Carapaz, Kelderman, Evenepoel, Mohoric, Caruso, Bardet, Wellens, Uran, Lopez, Fuglsang e Fortunato. Viene quasi male alle dita, scrivendoli tutti.

Poi ci sono i cacciatori di classiche, tirati da Alaphilippe, il solito Pogacar (che gioca da jolly come Van Aert in Francia), Sagan, Cosnefroy, Asgreen, Merlier, Van Avermaet e Kristoff.

E siccome la volata finale li attira di molto, ecco i velocisti: Cavendish, Merlier, Demare, Nizzolo, Viviani, Ackermann, Ewan, Bouhanni, Meus e Dainese.

Le sette tappe

Il percorso conta sette tappe, una meno della Parigi-Nizza, ma con un totale di 1.133,9: appena 62,5 chilometri meno della corsa francese. E a guardare il dettaglio giornaliero, è evidente come la media giornaliera della Tirreno sia di 161,98 mentre quella della Parigi-Nizza si attesti a quota 149,55.

TAPPAGIORNOPARTENZA-ARRIVOCHILOMETRI
1ª tappa7 marzocronometro individuale: Lido di Camaiore-Lido di Camaiore13,9
2ª tappa8 marzoCamaiore-Sovicille219
3ª tappa9 marzoMurlo-Terni170
4ª tappa10 marzoCascata delle Marmore-Bellante202
5ª tappa11 marzoSefro-Fermo155
6ª tappa12 marzoApecchio-Carpegna215
7ª tappa13 marzoSan Benedetto del Tronto-San Benedetto del Tronto159
La tappa dei muri marchigiani nel 2021 fu croce e delizia per Mathieu Van der Poel, quest’anno assente
La tappa dei muri marchigiani nel 2021 fu croce e delizia per Mathieu Van der Poel, quest’anno assente

Volate e muri

Andando nel dettaglio, la crono di apertura ricorda il percorso di quella a squadre a Camaiore, con la differenza del giro di boa collocato prima. Crono totalmente piatta e media stellare. Non a caso fra i cronman al via spiccano Ganna, Asgreen, Evenepoel, Pogacar, Affini e Vingegaard.

La seconda tappa potrebbe già essere occasione per velocisti. Ci sono saliscendi per tutto il giorno, ma è tale il livello dei velocisti al via che, se non va via una fuga, è assai probabile la prima volata della Tirreno 2022. E se così sarà, la rivincita verrà già l’indomani sul traguardo di Terni, prima che i velocisti cedano il posto ai cacciatori di tappe e agli uomini da classiche.

Il circuito finale di Bellante del giovedì, dopo la triste sfilata sulla Salaria del terremoto e della mancata ricostruzione, proporrà tre scalate della salita finale che, dopo 200 chilometri si farà rispettare: 4,7 chilometri con pendenze intorno al 7% e uno strappo all’11% nell’ultimo chilometro.

Il giorno di Fermo, un assaggio di Liegi. Monte Urano. Capodarco. Primo passaggio a Fermo. Madonna d’Ete e ancora Fermo, con quel passaggio al 21% (in tutto 800 metri al 12,6% di pendenza media) che dal fondovalle riporta il gruppo sulla strada principale verso l’arrivo.

Doppio Carpegna

La musica cambia l’indomani con la doppia scalata del Carpegna, salita che deve la sua fama agli allenamenti di Marco Pantani. Sarà affrontata per due volte negli ultimi 45 chilometri, in cui il termine pianura perde di ogni significato. La salita misura 6 chilometri, ha dislivello di 594 metri e pendenza media del 9,9%, con punte del 15% in avvio. A questo punto tutto sarà deciso, con l’ultimo chilometro in leggera ascesa a chiudere le danze.

L’indomani a San benedetto del Tronto, cinque passaggi sul traguardo e poi lo sprint, per un circuito che ricalca il classico e piattissimo percorso della crono. E a quel punto non resterà che sollevare il classico forcone di Nettuno e incoronare il nuovo Re dei Due Mari.

Troppa crono e “poca” salita, la Tirreno non convince Bartoli

20.01.2022
6 min
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Questa mattina si sono alzati i veli sulla Tirreno-Adriatico numero 57. Una videoconferenza stampa ha lanciato la Corsa dei Due Mari. Una corsa che mantiene il suo DNA pur cambiando alcune cose.

Ci eravamo lasciati con il solito Pogacar che aveva messo le mani sul tridente di Nettuno (il premio del re della Tirreno). Avevamo ancora negli occhi l’impresa di Van der Poel sui muri, gli scatti di Alaphilippe e le bordate di Van Aert. E da questi protagonisti, anche se Van Aert dovrebbe essere alla Parigi-Nizza, si dovrebbe ripartire da Camaiore il prossimo 7 marzo.

Il podio 2021 (da sinistra): Wout Van Aert, Tadej Pogacar e Mikel Landa
Il podio 2021 (da sinistra): Wout Van Aert, Tadej Pogacar e Mikel Landa

Tracciato più “facile”

Il tracciato della Tirreno di quest’anno però è un po’ diverso. Probabilmente vedremo ancora tutto ciò, ma sotto un’altra veste. E per capire appunto cosa vedremo ne parliamo con Michele Bartoli, che la Tirreno-Adriatico l’ha vinta nel 1999.

Si parte con una cronometro individuale. Si prosegue con delle tappe ondulate più o meno veloci, al penultimo giorno c’è la tappa di montagna, ma senza arrivo in salita, e gran finale a San Benedetto del Tronto per quella che è la volata già annunciata. Su carta sembra più facile, ma in sette giorni si superano i 14.000 metri di dislivello e i 1.100 chilometri di strada: non è comunque una passeggiata.

Michele Bartoli vinse la Tirreno nel 1999, al primo anno in Mapei. Precedette Rebellin e Garzelli
Michele Bartoli vinse la Tirreno nel 1999, al primo anno in Mapei. Precedette Rebellin e Garzelli
Michele, si parte con una cronometro. Cosa ne pensi?

A me non piace, così come non piace il fatto che non ci sia un arrivo in salita. Soprattutto nei piccoli giri, una cronometro così lunga è troppo decisiva. Tanto più che è stata inserita al primo giorno. Per me toglie il grosso dell’attesa. In questo modo chi vince la crono vince il piccolo giro. Per me è una tendenza che andrebbe limitata.

Cioè?

Dico che una cronometro individuale di 5 chilometri poteva bastare. Gli scalatori in questo modo sono penalizzati… anche qui. Nei grandi Giri vince chi comunque va forte a cronometro, se adesso anche nei piccoli Giri vince il cronoman lo scalatore cosa fa? E per di più mi togli l’arrivo in quota.

In effetti una cronometro di questa lunghezza al primo giorno, taglia le gambe a molti anche per la conquista della maglia di leader…

Esatto, scema un po’ la lotta per la maglia. L’anno scorso la crono c’era l’ultimo giorno e un Van Aert della situazione ti prende la maglia subito, anche la tappa dei muri della situazione perde di aspettative, perché in questo modo la squadra del cronoman leader, tende a chiudere la corsa, a controllarla.

Però le tipiche tappe ondulate non mancano. In conferenza stampa si è parlato di muri, ma meno estremi. Anziché 20 e passa per cento, 10-12 per cento. Per Alaphilippe saranno sufficienti questi arrivi per recuperare il possibile gap che accumulerà a crono?

Lui è una mina vagante e non sai mai quello che fa. Quando si presenta ad una corsa può sempre inventarsi qualcosa, non viene mai tanto per… Potrebbe racimolare qua e là qualche secondo, tra abbuoni e buchi, a crono poi è meno penalizzato di quel che si pensa. Tutto sommato regge il colpo.

Però Michele, ammettiamolo, una Tirreno-Adriatico al Bartoli corridore sarebbe piaciuta…

Sì, sì… Mi sarebbe piaciuta, ma i tempi cambiano. Tutto sommato somiglia anche alla Tirreno che vinsi. Alla fine a crono mi difendevo. E anche quell’anno poi non c’era l’arrivo in salita, anche se a me un arrivo solo andava bene perché ero disposto a fare fatica. Era nei grandi Giri che mi passava la voglia di fare fatica! A parte nella prima Vuelta che feci da giovincello: ero sempre lì a tenere duro.

C’è qualche tappa che somiglia a qualche frazione di quell’edizione?

La tappa dei muri di Fermo, mi fa pensare a quella di Torricella Sicura. Io ero in fuga con Jalabert.

Esattamente una settimana dopo l’ultima tappa, quella di San Benedetto, ci sarà la Milano-Sanremo. Secondo te i corridori faranno ancora la distanza per la Classicissima allungando al termine di una frazione? Ed eventualmente quale?

Di solito si sfrutta la tappa più lunga. E secondo me sì: lo faranno. E’ un qualcosa che serve anche alla testa. L’atleta si crea degli stimoli, acquisisce convinzioni se ha del feeling con il chilometraggio della Sanremo.

Il Giro d’Italia del 2014 transitò sul Carpegna. In vetta il cippo dedicato a Pantani
Il Giro del 2014 transitò sul Carpegna. In vetta il cippo dedicato a Pantani
Quindi potrebbe essere la seconda frazione, quella di Sovicille di 219 chilometri. Però anche quella di Carpegna è di 213…

E allora quella ideale è quella di Carpegna. E’ quella più indicata perché non è neanche più vincolante per la corsa, visto che il giorno dopo c’è solo il circuito di San Benedetto del Tronto. In teoria anche gli uomini di classifica potrebbero approfittarne. Penso ad uomini che mirano appunto alla classifica della Tirreno e anche a far bene alla Sanremo.

Chi vede favorito Michele Bartoli?

Non so di preciso chi ancora ci sarà, ma siccome sembra saranno confermati molti dei nomi dell’anno scorso, io credo che Pogacar sia il favorito. Va forte a cronometro, va forte in salita. Non credo in un corridore più pesante. Penso che il Carpegna nell’ultimo tratto forse sia un po’ troppo complicato, specie se si fa due volte. No, per me il favorito è Pogacar. Pogacar e voglio vedere il ragazzino, Evenepoel, perché se va davvero forte a crono…

Luca Spada, il signor Eolo, innamorato della bici

19.03.2021
6 min
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La mattina di Castelraimondo, con la Tirreno in partenza verso Lido di Fermo all’indomani della… tappaccia di Castelfidardo, Luca Spada in jeans e giubbino celeste parlava con Basso e i suoi atleti della Eolo-Kometa. Un po’ come Paolo Zani, che alle corse si confondeva fra il personale della Liquigas, il signor Eolo è stato per qualche giorno in gruppo e ha vissuto la corsa e la squadra, approfondendo i meccanismi del ciclismo in cui si è immerso ormai totalmente. Ma questa volta la voglia di conoscerlo è venuta a noi, dopo averne sentito parlare da Basso, con una sua frase che da tempo risuonava nella testa: «Un imprenditore non sei tu a convincerlo, deve convincersi da solo. Tu puoi fargli vedere che cosa il ciclismo può fare per la sua azienda, ma se ti metti a tirarlo per la manica, è certo che ti mostra la porta». Che cosa ha convinto Luca Spada a imbarcarsi per questo viaggio così affascinante?

«Siamo ancora a inizio stagione – sorride – sto ancora facendo conoscenza. E’ da un anno che seguo il ciclismo in modo intenso. Mi piace salire in ammiraglia per scoprire le strategie che ci sono dietro. Io vengo dal mondo della corsa a piedi ed è tutto più semplice, mentre nel ciclismo può succedere di tutto. Come al nostro povero Gavazzi, che a Laigueglia poteva fare bene, invece è caduto e s’è fatto pure male a un gomito. E’ un mondo molto avvincente, voglio apprendere il massimo. In più mi piace anche andare in bici. Devo buttare giù due chiletti, perché ho visto che in bici anche solo un chilo in salita fa la differenza».

Come mai il ciclismo?

Già da un po’ pensavo a nuovi canali di comunicazione. Più per passione che per investire, mi ero messo a sponsorizzare delle gare di podismo. Piccoli numeri, eppure un discreto ritorno. Poi successe che il mio medico mi suggerì di inserire un paio di allenamenti di bici a settimana, perché correndo sei giorni su sette, le ginocchia avrebbero presentato il conto. E a quel punto ho cominciato a conoscere il ciclismo e mi sono appassionato. Ma la Eolo-Kometa è nata da una serie di coincidenze che si sono messe in fila.

Quali?

La conoscenza con Ivan Basso alla Gran Fondo Tre Valli Varesine. Il fatto che a causa del Covid alcuni suoi sponsor importanti fossero usciti. E poi il fatto di aver sponsorizzato le classiche di Rcs e in particolare la Strade Bianche. Era la prima corsa dopo il lockdown, c’era un campo partenti stellare e il ritorno di immagine che ne abbiamo tratto fu incredibile. A quel punto decisi di impegnarmi in un progetto a lungo termine, con un contratto di tre anni e convincendo gli altri sponsor importanti a fare altrettanto. Se si vuole fare un progetto che duri, serve una costruzione lenta. E noi vogliamo guardare nel lungo termine, non a caso la squadra è molto giovane.

Qualcuno ha discusso il valore degli atleti.

Quando eravamo in pieno ciclomercato, ho detto a Ivan di cercare certamente ragazzi che fossero dei talenti, ma di privilegiare l’aspetto del carattere. Mi piace, come in azienda, creare un clima ideale. Il libero battitore, pur talentuoso, se non si integra non lo voglio. Alla base del successo c’è la felicità aziendale, che raggiungi se i tuoi collaboratori stanno bene, fanno sport, lavorano in un ambiente luminoso, sono rilassati e per questo rendono al 150 per cento.

Qui Luca Spada è con Rivi, facendo domande per capire il mondo del ciclismo
Qui con Rivi, facendo domande per capire il mondo del ciclismo
Che idea si è fatto del ciclista professionista?

E’ un sognatore che ama la fatica e in questo li comprendo bene. Nelle gare che faccio, come il Tour de Geants (350 chilometri e 30.000 metri di dislivello) la fatica la assaggi in tutte le sfaccettature. Sto imparando a conoscere questi ragazzi andando in bici con loro. Sono felici di quello che fanno, hanno fatto della loro passione un mestiere. Glielo leggi negli occhi che gli piace e sono super coinvolti nel progetto. E come loro, lo staff è composto da persone entusiaste.

Sport e affari

L’amore per lo sport è decisivo, ma i ragionamenti di Spada sono anche e soprattutto quelli del manager, che nel ciclismo ha individuato anche un ottimo investimento. E così nel discorso affiorano a tratti i ragionamenti dell’imprenditore che ha giustamente colto nello sport un ottimo veicolo per raccontare al mondo la sua impresa: quel che è giusto e che Basso ha saputo ben raccontare.

In che modo il ciclismo è funzionale per Eolo azienda?

Noi portiamo internet dove internet non arriva. Eolo è nata nel 2006 con lo sguardo ai 7.000 Comuni italiani con meno di 10.000 abitanti. Il digital divide ancora oggi crea una profonda differenza fra chi vive in città e ha la fibra e chi vive fuori e va ancora avanti con una Adsl spompata. Con la nostra tecnologia, noi gli portiamo i 100 megabit. Il ciclismo fa come noi: porta i corridori nei piccoli paesi più che nelle grandi città e questo messaggio ci piace molto. Quando abbiamo intrapreso questa avventura, non è stato soltanto per avere il nome Eolo scritto sulla maglia, ma per gestire il team come un pezzo della nostra azienda. Li coinvolgeremo nello spot televisivo che stiamo per girare e in altre attività promozionali. Per lo stesso motivo abbiamo inaugurato Casa Eolo, una sede di 600 metri quadri in cui possano sentirsi a casa. Voglio che percepiscano di essere parte di un progetto di lungo periodo. Siamo entrati in questo mondo e vogliamo rimanerci per molto tempo.

A Castelraimondo, Spada con Basso dopo lo spettacolare weekend della Tirreno
A Castelraimondo, Spada dopo il weekend della Tirreno
C’è un’ambizione non detta?

Con un po’ di pudore, mi piacerebbe nel mio piccolo fare come il Commendator Borghi, il Cumenda, il fondatore della Ignis, che con il basket e il calcio a Varese fece grandi cose. Sono molto attaccato al nostro territorio e forse Eolo è nata proprio perché sono cresciuto in un piccolo paese, Malgesso, e dovevo prendere la bicicletta e fare dei chilometri anche solo per comprarmi una rivista di informatica.

Immagine o risultati?

Abbiamo curato molto l’immagine. La divisa. La grafica. C’è una coerenza stilistica che ci portiamo dietro, perché penso che alla base delle buone prestazioni ci siano anche il senso di pulizia e il rigore. Poi c’è il resto. I buoni allenatori, i buoni ritiri e la giusta alimentazione. Su questo con Ivan sono stato quasi paranoico.

Parlando della bici, di cui Spada si è appassionato ormai irrimediabilmente
Parlando della bici, di cui Spada si è appassionato ormai irrimediabilmente
Perché?

Il cibo è la nostra medicina principale, quindi ho chiesto che la squadra venga seguita da un nutrizionista che spieghi loro come mangiare in corsa, ma soprattutto nella vita di tutti i giorni. Non serve stare attenti durante la stagione e poi mangiare le patatine e bere Coca Cola a litri. Bisogna avere un regime alimentare sano perché diventi un vero e proprio stile di vita.

Dica la verità: ha mai rimpianto di non aver scoperto prima la bici per diventare un corridore?

Ma no, dai… (ride, ndr) Qualcosa di buono nella vita l’ho fatta anche io. Però mi piace andare con loro in bici e parlarci mentre si pedala perché si creano rapporti più veri. Magari resisto finché si scaldano, perché quando poi cominciano, non li vedo più, dato che hanno il doppio dei miei watt. Mi va bene così però, lo giuro…

Viaggio curioso negli errori del campione del mondo

17.03.2021
4 min
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Una frase, parlando giorni fa con Ballan degli errori di Alaphilippe, ci era rimasta nella testa. Proprio a proposito del francese e delle sue possibilità di battere i due giganti del cross, il campione del mondo di Varese 2008 aveva detto delle parole sibilline: «Julian può inventarsi l’attacco a sorpresa che li possa sorprendere, come la volata di Chiusdino. Anche lui è uno che sbaglia parecchio, però è forte e riuscirà a dargli filo da torcere».

Quali sono gli errori di Alaphilippe di cui parla Ballan? Bisogna chiederglielo. E così approfittando dell’ultima tappa della Tirreno-Adriatico e dei… buchi concessi dalla crono, lo abbiamo incontrato.

A Gualdo Tadino si congratula con VdP, ma avrebbe potuto giocarsela meglio?
A Gualdo Tadino si congratula con VdP, ma avrebbe potuto giocarsela meglio?
Forza Ale, vuota il sacco, parliamo di questi errori…

E’ il suo modo di correre (sorride lo spilungone veneto, ndr), avete visto che non sta mai fermo sulla bici? Toglie in continuazione le mani dal manubrio, si distrae, si gira, sembra perennemente agitato. Non voglio dire che sia stata colpa sua, ma anche quando è caduto al Fiandre, non stava guardando avanti. Chiaro che in quella situazione sarebbe caduto chiunque, ma resta il fatto che non è capace di restare fermo.

Un disordine che è anche tattico?

Qualche attacco a vuoto lo fa anche lui, ma il più delle volte gli va bene. Mi piace molto Julian. Però ad esempio l’altro giorno hanno voluto giocarsi la tappa facendo il buco con Stybar e secondo me hanno sbagliato. Quell’azione è vincente se la fai appena Stybar passa avanti, non lo lasci così tanto a tirare. Se il buco lo avesse fatto Ballerini e Alaphilippe si fosse messo a ruota di Van Aert, Wout avrebbe tirato e potevano giocarsi la tappa con Julian.

Pensa che di questa azione di parla come di una grande intuizione tattica…

Era intelligente, ma non aveva senso in quel momento e in quel modo.

Vout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Julian Alaphilippe, caduta moto, Giro delle Fiandre 2020
Fiandre 2020, Van Aert fa scattare la trappola, schiva la moto in extremis e Alaphilippe cade
Vout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Julian Alaphilippe, caduta moto, Giro delle Fiandre 2020
Fiandre 2020, Van Aert schiva la moto in extremis e Alaphilippe cade
Altri errori: il finale della Liegi. Deviazione in volata e poi le braccia alzate troppo presto.

E’ stata l’espressione del suo modo di fare troppo impulsivo. In certi frangenti, bisognerebbe avere la freddezza di pensare.

Forse nelle classiche questo suo muoversi incide meno, in un Giro sarebbe un bel dispendio di energie nervose, no?

Incide comunque, soprattutto perché deve confrontarsi con due che gli sono leggermente superiori. Nei Giri certo sarebbe uno degli aspetti da migliorare, anche perché ha fatto vedere di poter tenere la maglia gialla quasi fino in fondo. Nei grandi Giri devi limare ogni possibile dispersione, viste le medie a cui si corre. In proporzione, Van der Poel è uno che ultimamente usa molto di più la testa

Anche lui è parecchio istintivo.

Diciamo che a Castelfidardo ha rischiato grosso, partendo da lontano perché sentiva freddo. Ha corso gli ultimi chilometri in piena crisi di fame: se mangi una barretta ai meno 8, vuol dire che non c’è rimasto più niente. Però è migliorato rispetto ai mondiali di Harrogate. Lì evidentemente non aveva mangiato, qui ha pagato solo in finale. Bastava ci fossero altri 30 metri di dislivello e non arrivava al traguardo.

Dopo 52 chilometri di fuga, Van der Poel arriva in piena crisi di fame
Dopo 52 chilometri di fuga, Van der Poel in piena crisi di fame
Addirittura?

La crisi di fame è così. Lui è abituato all’ora di massimo sforzo del cross e ha gestito così il circuito di Castelfidardo. Mi ricordo quando correvo con Franzoi, anche lui crossista. Forti fisicamente, ma senza una grande visione tattica. Però sta migliorando, è un ragazzo intelligente. Peccato che non abbia in squadra un corridore più esperto che possa essergli d’aiuto. Di fatto, nei momenti caldi della corsa, si ritrova sempre da solo. Per questo di certo Alaphilippe ha le spalle più coperte…