Il brand veneto Ursus è una delle poche aziende produttrici di ruote a progettare e realizzare i propri mozzi in Italia. Questo ha sempre permesso loro di sviluppare soluzioni innovative, come il nuovo sistema U-Press, una tecnologia che permette di smontare e rimontare i mozzi in pochi secondi, con semplicità e precisione. Ma senza abbassare il livello di qualità, tutt’altro.
I mozzi con sistema U-Press sono infatti stati testati per tutta la stagione dal Team Picnic-PostNL (la squadra di Rachele Barbieri ed Eleonora Ciabocco, in cui dal 2026 correrà anche Mattia Gaffuri) con ottimi risultati.
Il sistema U-Press permette di accedere all’interno del mozzo senza utilizzare attrezzi, in modo semplice e veloceIl sistema U-Press permette di accedere all’interno del mozzo senza utilizzare attrezzi, in modo semplice e veloce
Manutenzione rapida senza attrezzi
L’idea di Ursus alla base del sistema era di semplificare la meccanica del mozzo, ovviamente però senza comprometterne la precisione. La rivoluzione di U-Press sta nel fatto che è possibile smontare i mozzi con pochi gesti e senza l’uso di attrezzi particolari come estrattori o presse, come invece accade normalmente. Con questa nuova tecnologia, i tappi e il corpetto possono essere rimossi a mano grazie ad una chiusura conica a pressione calibrata, facilitando così di molto la manutenzione come l’ ingrassaggio o la sostituzione dei cuscinetti.
Questa soluzione non solo velocizza e semplifica l’accesso agli ingranaggi, ma assicura anche tolleranze micrometriche e una perfetta coassialità tra gli elementi interni. Il sistema U-Press si presenta quindi come una novità perfetta per i neofiti, eppure la sua affidabilità ha passato il test più importante a cui lo si potesse sottoporre: l’opinione dei meccanici del WorldTour.
Ursus ha testato il sistema per tutta la stagione con il Team Picnic-PostNL, con ottimi risultatiUrsus ha testato il sistema per tutta la stagione con il Team Picnic-PostNL, con ottimi risultati
Un anno di prova (superata) con i pro’
Come accennato all’inizio, Ursus ha voluto testare i mozzi U-Press direttamente con il Team Picnic-PostNL di cui è partner dallo scorso anno. Corridori e tecnici hanno provato la nuova tecnologia per tutta la stagione e nelle situazioni di stress tipiche del ciclismo ai massimi livello.
Com’è andata? L’ha spiegato direttamente Piet Rooijakkers, R&D Expert del team: «Utilizziamo il sistema U-Press quando un atleta decide all’ultimo momento di cambiare rapporti o ruote. Il sistema ci consente di intervenire in modo rapido e preciso, senza l’uso di attrezzi specifici, adattando la configurazione della bici in pochi istanti, anche durante le gare o i test».
Questo per quanto riguarda la praticità. Ma la qualità rimane la stessa? Continua Rooijakkers: «Il sistema è fluido e lineare: l’innesto e la rimozione dei componenti sono sempre precisi, senza giochi o resistenze. Il vantaggio principale è il notevole risparmio di tempo, ma anche la semplicità di manutenzione e sostituzione, che riduce il rischio di errori o danni ai componenti e rende il lavoro più scorrevole e prevedibile».
La sua vittoria più bella quest’anno l’ha conquistata giù dalla bici in una gara che ogni anno riguarda sempre più corridori. Gaia Masetti ha iniziato il 2025 con alcune aspettative e lo ha finito con altre convinzioni e soprattutto col nuovo contratto firmato con la Picnic PostNL.
Nella seconda parte di stagione abbiamo incontrato tante volte la 24enne modenese come ospite delle gare giovanili del suo comitato provinciale e il suo sguardo era lo stesso che avevamo incrociato alla team presentation del Giro d’Italia Women, l’ultima gara disputata. L’immancabile sorriso aveva assunto sfumature tristi per una serie di motivi sfortunati che avevano minato pure la volontà di continuare a correre. La mononucleosi è infida da sconfiggere e quando passi da un oro europeo con la nazionale al non avere più una squadra, tutto diventa più scuro.
Il suo percorso è stato tortuoso, Masetti si è scoperta scalatrice nelle difficoltà e alla fine è riuscita a scollinare bene con l’aiuto di persone a lei care. Dopo quattro annate con la AG Insurance Soudal (le prime due nel devo team e le altre due nella formazione WorldTour) nella quale è cresciuta molto, Gaia è pronta ad una nuova dimensione.
Gaia esce spesso col fratello Simone, che ha corso fino agli juniores. Nel 2026 lei cerca il rilancio nella Picnic PostNLGaia esce spesso col fratello Simone, che ha corso fino agli juniores. Nel 2026 lei cerca il rilancio nella Picnic PostNL
Possiamo dire che l’ufficialità del passaggio alla Picnic di due settimane fa ha chiuso un periodo cupo?
Assolutamente sì, non ho paura a riconoscerlo. Quando ho firmato tra fine settembre ed inizio ottobre ho cominciato a stare meglio, sia fisicamente che mentalmente, tanto che in bici ho iniziato a rivedere i miei valori e ad avvertire sensazioni buone. E’ stato un sospiro di sollievo, ma durante le trattative in realtà non ero serena, nonostante il mio procuratore mi dicesse di stare tranquilla che era tutto sotto controllo. Mi si erano profilate delle alternative, però la preoccupazione maggiore era capire se potevo restare ancora nel WorldTour dopo una stagione del genere.
Cos’è che ti ha fatto perdere un po’ di fiducia in te stessa?
Infortuni e problemi di salute si sono succeduti in sequenza. Ero caduta alla Strade Bianche fratturandomi alcune vertebre alte e rimediando una forte botta al gomito. Sono stata ferma per un po’ e dopo ero condizionata negli allenamenti. Ho ripreso a maggio all’Itzulia Women e mi sentivo stanca. Prima del Tour de Suisse durante un’uscita di sei ore sul mio Appennino attorno al Monte Cimone, sono stata punta da un ragno violino. Mi sono gonfiata appena rientrata a casa. Al pronto soccorso mi hanno dato del cortisone e non ho potuto più correre fino ai campionati italiani. E non era finita.
Masetti cade alla Strade Bianche ed inizia il suo calvario. Recupera dalle fratture, ma arriva la mononucleosi a frenarla ancoraMasetti cade alla Strade Bianche ed inizia il suo calvario. Recupera dalle fratture, ma arriva la mononucleosi a frenarla ancora
Cosa è successo dopo?
La crono tricolore l’ho fatta con numeri non buoni, mentre nella prova in linea mi sono sentita male e svuotata dopo la prima ora di gara. Ho cercato di gestire le forze di quel periodo perché c’era il Giro Women. Volevo correrlo perché ci tenevo ad aiutare Sarah (la compagna Gigante, ndr) a fare risultato come poi è stato. L’ho finito con grandi dolori alla milza, sono arrivata in fondo solo di testa. A quel punto abbiamo approfondito gli esami del sangue che avevo già fatto e abbiamo riscontrato una forte forma di mononucleosi. Dovendo fare almeno tre settimane di stop, il mio 2025 è finito.
Sono quindi subentrati problemi più di natura psicologica che altro?
Proprio così. Da una parte avevo trovato la cura giusta malgrado essendo asmatica alcuni farmaci inizialmente andassero in conflitto tra loro. Dall’altra parte sapevo di non potermi più far vedere in gara né dalla mia squadra, che forse aveva già fatto scelte diverse, né dalle altre. Ad agosto ho toccato il momento più brutto. Ho pianto e sono stata male. Ne sono uscita grazie a Paola Pagani, con la quale collaboro da ormai un anno e mezzo. E’ stata fondamentale per me, a parte il ruolo importante della mia famiglia.
Come ti ha aiutata?
Un anno fa di questi giorni, dicevamo che il 2025 sarebbe stata una stagione magnifica. Invece ad ogni incontro con lei, le dicevo che era sempre peggio. Di natura sono pessimista ed autocritica, ma Paola ha lavorato a fondo con me per farmi vedere il bicchiere mezzo pieno. Assieme a lei ho trovato lati positivi che mi hanno spinta a resistere.
Lo scorso settembre Masetti (con Justine Mattera) è stata ospite di una gara femminile giovanile. La firma con la Picnic era nell’ariaQuando può Masetti (qua assieme alla collega Eleonora La Bella) partecipa sempre alle gare organizzate dal suo comitato provincialeLo scorso settembre Masetti (con Justine Mattera) è stata ospite di una gara femminile giovanile. La firma con la Picnic era nell’ariaQuando può Masetti (qua assieme alla collega Eleonora La Bella) partecipa sempre alle gare organizzate dal suo comitato provinciale
Cosa ti ha consigliato?
Già da prima di agosto ho dovuto distrarmi dal ciclismo e non è stato facile perché non ero disposta a fare passi indietro. Ho seguito le sue parole e alla fine ho ottenuto una vittoria umana e personale che mi ha fatto fare un salto di qualità mentale. Paola l’ho ringraziata pubblicamente e non lo farò mai abbastanza perché immagino che non sia stato semplice per lei spiegare certi concetti ad una ragazza che sta vedendo tutto buio.
La luce in fondo al tunnel, è il caso di dirlo, è stata quella della Picnic. Com’è nato il contatto con loro?
Sapevo che mi stavano tenendo sotto osservazione da un po’ e sono stati i primi a farsi vivi e poi concretizzare tutto. Per la verità dovevano sistemare le posizioni di alcune loro atlete e quindi i tempi non sono stati immediati. Tuttavia ho apprezzato molto questo atteggiamento e le loro parole. Quando hanno risolto quelle questioni, abbiamo fatto una video-call, poi sono andata a Manchester per parlare coi diesse Rudi Kemna e Callum Ferguson. Successivamente ho fatto un salto in Olanda per le misure della bici e dell’abbigliamento. Lassù ho conosciuto anche il mio futuro preparatore che mi ha già stimolata tantissimo per i lavori da svolgere.
Quale sarà il ruolo di Gaia Masetti alla Picnic PostNL?
Innanzitutto visto da fuori mi è sempre piaciuto il loro modo di correre, molto unite. Più che ruolo, abbiamo discusso della mia crescita. Loro ritengono che io abbia buoni numeri per ottenere risultati migliori di quelli avuti finora. So che atleta sono, ma non conosco i miei limiti e so anche che posso migliorare ancora in tanti punti, come intensità o esplosività. Io cercherò di meritarmi il mio spazio in alcune gare.
Nonostante un’estate difficile, grazie alle parole di Paola Pagani, Gaia non ha mai perso il sorriso e la consapevolezza di se stessaNonostante un’estate difficile, grazie alle parole di Paola Pagani, Gaia non ha mai perso il sorriso e la consapevolezza di se stessa
Troverai tante connazionali tra cui Rachele Barbieri, modenese come te. Avevi parlato con lei?
Ad inizio contatto con la Picnic avevo sentito Rachele. Lei per me è un riferimento, ma non so se farò parte del suo treno. Di sicuro, come vi ha detto anche lei, anche io sono felice di essere nella sua stessa squadra. Anzi, finalmente ritrovo compagne italiane dopo quattro stagioni e non è male ogni tanto poter parlare la propria lingua in un team straniero.
Sai già qualcosa del tuo programma del 2026?
Dal 10 al 18 dicembre saremo in ritiro a Calpe. So che dovrei iniziare col Tour Down Under e poi proseguire col blocco delle classiche. Non vedo l’ora di iniziare. Arrivo in una squadra molto strutturata con comparti precisi ed un metodo di lavoro ben rodato che mi piace. Per come sono fatta io e dopo l’annata appena trascorsa, questa squadra è proprio quella che mi serviva per ritrovare me stessa.
Quella di Mattia Gaffuri, nel ciclismo moderno, è una favola fuori dal tempo. Quella di un corridore che corona il suo inseguimento al professionismo a 26 anni, dopo essere passato per varie strade, credendoci sempre e realizzando il suo sogno a un’età che viene ritenuta estremamente tardiva per il ciclismo che realmente conta.
Gaffuri si prepara al suo esordio alla Picnic PostNL, unico italiano del team, con due anni di contrattoGaffuri si prepara al suo esordio alla Picnic PostNL, unico italiano del team, con due anni di contratto
Tante strade per realizzare un sogno
Gaffuri ha seguito ogni strada per realizzare il suo sogno. Per due volte ha sfiorato il contratto professionistico alla Zwift Academy, ha corso in varie squadre, fra gli under 23, era stato anche il più prolifico in quanto a risultati. Non ha avuto paura nell’accettare le proposte di un club facendo anche attività amatoriale. Nel frattempo si è specializzato come preparatore, guadagnandosi anche una certa fama. Finché finalmente non è arrivato l’agognato contratto alla Picnic PostNL. Cogliendo tutti di sorpresa.
Gaffuri sarà l’unico italiano nel team olandese e la scelta lo ha anche sorpreso: «Non so precisamente come sia nato questo contatto: loro hanno un processo di scouting molto dettagliato, che è uno dei loro punti di forza negli anni e credo che fossero già interessati sulla base dei valori che avevano visto nelle varie gare o anche attraverso app come Strava. Dopo il campionato italiano e le performance che avevo fatto a maggio si sono interessati e hanno contattato il mio procuratore».
Per il corridore di Erba, 43 giorni di gara nel 2025 con ben 17 top 10Per il corridore di Erba, 43 giorni di gara nel 2025 con ben 17 top 10
Potrebbero essere state anche le tue prestazioni alla Zwift Academy a influire, visto che anche altre squadre guardano quello che succede nel concorso?
Può essere, ma credo che in realtà sia stato più il mio rendimento di quest’anno a convincerli, quello che è stato fatto durante i mesi estivi. Partendo da una semplice squadra di club, ma con la quale sono riuscito a mettermi in luce.
La tua doppia valenza, il fatto che sei molto apprezzato come preparatore può avere pesato, pensare a un Gaffuri che un domani potrebbe entrare anche nello staff con un’altra veste?
Al momento non abbiamo parlato di questo, si è discusso solamente del mio sviluppo come atleta e penso che loro abbiano le caratteristiche giuste come squadra per cercare di farmi fare il massimo come ciclista, perché comunque hanno un ottimo programma di sviluppo, sono molto meticolosi ed è esattamente quello di cui penso di aver bisogno.
Gaffuri ha corso gli ultimi tre mesi del 2025 nella Polti VisitMalta emergendo nelle classiche di fine stagioneGaffuri ha corso gli ultimi tre mesi del 2025 nella Polti VisitMalta emergendo nelle classiche di fine stagione
Questo contratto professionistico l’hai inseguito per anni seguendo varie strade…
Il segreto è stato alla fine cercare sempre di migliorarmi senza seguire necessariamente l’obiettivo di passare professionista, perché altrimenti avrei già mollato tempo fa. L’ho fatto soprattutto perché mi piace molto pedalare, mi piace allenarmi e quindi cercare di migliorarmi nel tempo. Poi quest’anno ho visto che ero in una posizione dove potevo ancora avere delle chance e volevo provare a giocarmi di nuovo il tutto per tutto nelle gare UCI e quindi ho detto: «Proviamo a fare un ultimo anno, vediamo come va». Ma la parte fondamentale è stata prima, quando ho comunque continuato a allenarmi senza mai mollare il colpo.
Che cosa hai pensato quando hai firmato il contratto, dopo tutto quello che era successo e i tanti cambi di squadra proprio per trovare poi la porta giusta?
Sicuramente è stata una grande soddisfazione, ma io preferisco vederla come un punto di partenza, nel senso che già mi sono reso conto anche durante lo stage con la Polti dei punti dove si può lavorare e qual è il gap da colmare e quindi diciamo che sono già focalizzato verso il cercare di migliorarmi. Mi è stato dato un pass per entrare in questo magico mondo e adesso devo cercare di giocarmelo bene.
Alla Tre Valli Varesine la soddisfazione di rimanere a contatto con i capitani WT all’inseguimento di PogacarAlla Tre Valli Varesine la soddisfazione di rimanere a contatto con i capitani WT all’inseguimento di Pogacar
Come giudichi questa stagione e quale pensi sia stato il momento più alto?
Una stagione sicuramente bellissima come risultati, ma anche come gruppo che siamo riusciti a creare con la nostra squadra, con lo Swatt Club e il momento più alto senza dubbio l’italiano su strada. Quella è stata una giornata storica per noi e per me individualmente. Ma anche lo stage in Polti con la partecipazione alla Tre Valli Varesine, dove sono riuscito comunque ad arrivare nel gruppetto dietro Pogacar. E’ stata una delle emozioni più forti, essere lì in mezzo a tante stelle, se confrontata alla prima parte della stagione dove non mi aspettavo nulla, è stato qualcosa di inaspettato.
Alla Picnic avete già parlato di quello che potrà essere il tuo ruolo e i tuoi obiettivi?
No, se ne parlerà al training di dicembre. Spero di poter essere innanzitutto un uomo importante per la squadra, magari come gregario per la salita. Il team è già attrezzato con ottimi uomini di classifica e poi pian piano cercare di imparare da loro in qualche gara provare anch’io a giocarmi le mie carte. Ma dipenderà chiaramente dal tipo di calendario che farò.
Due stagioni allo Swatt Club, gareggiando anche nelle Granfondo e fungendo da preparatoreDue stagioni allo Swatt Club, gareggiando anche nelle Granfondo e fungendo da preparatore
Il tuo è un esempio che si stacca dalla normalità del ciclismo di oggi. Che cosa diresti adesso a un corridore che sta diventando elite?
E’ importante cercare secondo me di correre da elite. Anche se magari giustamente uno inizia a studiare o trova un secondo lavoro per costruirsi una vita al di fuori del ciclismo, può però trovare un compromesso per riuscire comunque a continuare a gareggiare a livello agonistico, come ho fatto io con lo Swatt Club. Non è detto che tutti si sviluppino allo stesso momento, quindi magari uno che a 23 anni molla, in realtà magari potrebbe essere ancora a due anni di distanza dalla sua maturità fisica. Secondo me è importante che si cerchi di sdoganare questa cosa, capire che ci si può ancora provare.
Il tuo impegno come preparatore lo metti in stand-by?
Per ora sì. Magari continuerò a dare qualche consulenza ai ragazzi dello Swatt, ma sicuramente voglio dedicarmi al 100 per cento al lavoro come atleta.
Ultimi scampoli della cosiddetta “off-season”, poi dagli inizi di dicembre si ricomincia a fare veramente sul serio per impostare il 2026. Anche Rachele Barbieri non sfugge a questo canovaccio, nonostante abbia già ripreso a pedalare e lavorare in palestra dopo le vacanze alle Mauritius col fidanzato Manlio Moro.
Su e giù dal cucuzzolo di San Marino entrambi stanno seguendo i loro programmi e così mentre Rachele aspetta che rientri Manlio da un allenamento un po’ più lungo del solito per pranzare assieme, ne approfittiamo per chiedere a lei come sarà il comparto delle velociste della prossima Picnic PostNL. Il passaggio in corsa di Charlotte Kool alla Fenix-Deceuninck lo scorso agosto e la partenza di altre compagne, ridisegna in parte il ruolo della 28enne nel team olandese.
Oltre alle vacanze, nella off-season di Barbieri c’è stato spazio anche per il padel col fidanzato Manlio MoroOltre alle vacanze, nella off-season di Barbieri c’è stato spazio anche per il padel col fidanzato Manlio Moro
Eri arrivata alla Picnic col compito di essere l’ultima ruota di Kool, ma adesso cambia qualcosa per te?
Posso dire che diventa tutto nuovo per me, che poi forse è tutto vecchio perché è un piccolo ritorno alle origini. Dovrò farmi trovare pronta per tornare ad essere la velocista di riferimento della squadra. Dovrò sostituire Charlotte, che già non era più con noi nel finale della scorsa stagione, ma nel 2026 non avremo nemmeno Megan e Franziska (rispettivamente Jastrab e Koch, passate alla UAE Team ADQ e FDJ-Suez, ndr). Vanno ricostruiti alcuni vagoni del nostro treno.
Ritieni che possa essere più complicato del previsto?
C’era molta intesa con loro. Con Megan mi sono trovata talvolta a farle da leadout, mentre Franziska era una che entrava in azione appena prima. Non è mai semplice ripartire daccapo perché anche nel femminile si vedono treni più strutturati. Adesso ci sono squadre che hanno almeno 2-3 atlete che si sacrificano eventualmente per ricucire su una fuga e poi altrettante che lavorano per impostare la volata negli ultimi chilometri. Ma non dovremo limitarci solo a questo aspetto.
A Binche ad inizio ottobre Barbieri ha chiuso quinta dietro alla sua ex compagna Kool (foto Actu Cyclisme Feminin)L’ultima ruota nelle volate per Barbieri potrebbe essere Pfeiffer Georgi, che invece sarà capitana nelle classiche più ondulateA Binche ad inizio ottobre Barbieri ha chiuso quinta dietro alla sua ex compagna Kool (foto Actu Cyclisme Feminin)L’ultima ruota nelle volate per Barbieri potrebbe essere Pfeiffer Georgi, che invece sarà capitana nelle classiche più ondulate
Cosa intendi?
Il lavoro che mi sono ritrovata a fare quando sono entrata in questa squadra mi ha aperto gli occhi nella gestione degli sprint o delle gare che potevano finire in quel modo. Al netto delle difficoltà altimetriche del percorso, bisogna essere sempre brave a sapersi adattare al tipo di corsa che ci salta fuori. Quindi le compagne possono servire per ciò che dicevo prima oppure entrando in azione in un altro modo.
E’ rimasta Georgi e per Rachele Barbieri può essere una pedina fondamentale nelle volate?
Con Pfeiffer c’è molta affinità. Lei è fortissima benché sia un’atleta con altre caratteristiche. E’ meno veloce di me, ma è perfetta per il lead out perché ha la resistenza giusta e necessaria per ricoprire quel ruolo. Ho già lavorato tanto con lei e sono felice di continuare a farlo. Dovremmo avere un calendario abbastanza simile. Lei sarà la capitana per le classiche più impegnative, quelle meno adatte a me dove sarò di suo supporto.
Nel finale del 2025, Rachele si è alternata con Jastrab come velocista leaderLa statunitense Megan Jastrab è passata alla UAE. Tutto il peso delle volate sarà sulle spalle di Barbieri Il treno della Picnic ha perso anche Franziska Koch, andata alla FDJ-Suez, ma ci sono nuovi rimpiazziNel finale del 2025, Rachele si è alternata con Jastrab come velocista leaderLa statunitense Megan Jastrab è passata alla UAE. Tutto il peso delle volate sarà sulle spalle di Barbieri Il treno della Picnic ha perso anche Franziska Koch, andata alla FDJ-Suez, ma ci sono nuovi rimpiazzi
Nel vostro treno potrebbe rientrare anche la tua conterranea Gaia Masetti?
Innanzitutto sono molto contenta di avere Gaia in squadra, una modenese come me anche se io ormai vivo da un’altra parte. Tuttavia so che quando farò qualche giorno in famiglia, potrò contare sulla sua compagnia per allenarci assieme. E non è un aspetto di poco conto. Gaia è un’atleta completa che può fare parte del nostro reparto senza problemi perché sa già quali compiti bisogna fare. Non sarà l’unica nuova.
A chi ti riferisci?
Un’altra novità sarà rappresentata da Mia Griffin (campionessa irlandese in carica su strada arrivata dalla Roland Le Devoluy, ndr). E’ una velocista che non conosco benissimo, anche se ricordo di averla incrociata in pista diverse volte. Avremo modo di affinare la nostra conoscenza in ritiro. La nostra è una squadra che forma le ragazze che arrivano e ogni compagna poi è pronta a dedicarsi al 100 per cento in gara. Sarà così anche la prossima stagione, anzi già a Calpe dal 10 al 18 dicembre capiremo meglio come sarà composto il reparto che ci riguarda.
Dal Giro al Tour e ora agli europei: l'estate di Rachele Barbieri prosegue ad alta intensità. Lungo incontro con l'emiliana, tracciando un primo bilancio
KIGALI (Rwanda) – Eleonora Ciabocco arriva nella zona mista e non toglie gli occhiali. Ha pianto e avrebbe voglia di farlo ancora. Non come si piange quando hai perso un giocattolo, ma per la rabbia di aver visto sfumare una medaglia che era alla sua portata. Da sola contro le altre. Messa in mezzo dalle due francesi. Eppure fredda al punto di aspettare e giocarsi la medaglia nel finale. La frase più bella la dirà quando avrà raggiunto Marco Velo sotto al box vuoto dell’Italia.
«Pensavo di aver vinto la volata – ha detto la marchigiana, grande protagonista al Tour de l’Avenir – un metro dopo l’altro e invece l’ho vista spuntare. Sarei una bugiarda se dicessi che non mi girano le scatole. Se non mi muovevo io, il podio era bello che andato. Invece mi sono mossa, ho rischiato ed è andata male. Cavoli se mi girano le scatole…».
Non sono le scatole, ma non sta bene scrivere sempre tutto. Soprattutto a capo di una corsa che ha visto la sola azzurra in gara scaltra e protagonista. E’ anche riuscita a rientrare dopo un passaggio a vuoto e ha fatto quello che si era detta con Marco Velo prima della partenza: «Oggi per fare bene, bisogna rischiare. Oppure ce la giochiamo in volata».
Vittoria a una francese: Celia Gery ha approfittato del lavoro di Bunel nel finale. Sul podio Blasi e KladonovaPaula Blasi invece ha approfittato dello scatto di Ciabocco e l’ha saltata, prendendo il bronzoVittoria a una francese: Celia Gery ha approfittato del lavoro di Bunel nel finale. Sul podio Blasi e KladonovaPaula Blasi invece ha approfittato dello scatto di Ciabocco e l’ha saltata, prendendo il bronzo
Bunel nel mirino
Parla Eleonora e racconta. L’avevamo intercettata al mattino, piena di ottimismo e voglia di menare le mani. Per andare a scaldarsi, era uscita dall’area recintata e un militare non voleva farla rientrare. Nonostante avesse il numero e il chip sulla bici, non aveva preso il pass. Glielo ha dovuto mandare Velo con whatsapp, altrimenti la corsa sarebbe partita e lei sarebbe ancora là cercando di spiegare il suo diritto di passare.
«Ho pianto perché mi dispiace – spiega l’atleta del Team PicNic PostNL – perché si stava mettendo nel modo giusto. All’inizio non mi sentivo benissimo, poi quando la gara è diventata più dura, ho iniziato a stare meglio. Ho visto la Ferguson saltare abbastanza presto, nonostante pensassi che fosse imbattibile. Penso che un podio me lo sarei meritato. Negli ultimi metri sono andata a tutta, sapevo che era un rischio, ma l’ho voluto prendere perché ho visto il podio vicino. Se ci avessi pensato, non avremmo ripreso la Bunel. Ci siamo riuscite solo alla fine. Mi rompe perché ogni volta sembra che la ruota giri solo per le altre e non per me. Tutti dicono che ci saranno altre occasioni, ma a me questa cosa inizia a dare sui nervi».
Lacrime di delusione e profonda rabbia per Ciabocco dopo la volataIl cittì Velo e la sua sola atleta U23 a Kigali: una medaglia ci stava tuttaLacrime di delusione e profonda rabbia per Ciabocco dopo la volataIl cittì Velo e la sua sola atleta U23 a Kigali: una medaglia ci stava tutta
Il quarto posto brucia
Uno scricciolo di nervi e muscoli, con lo stesso accento di quel Pellizzari che alla fine ha dovuto fare forfait, sostituito però da Garofoli da cui lo divide il confine provinciale: uno di Macerata, l’altro di Ancona. La presenza di una donna U23 al mondiale suona come uno sforzo economico della Federazione e insieme (forse) come una beffa. Magari nessuna sarebbe arrivata in finale con Ciabocco, ma ne siamo sicuri?
«Se sai correre – dice – riesci a muoverti anche da sola. Anzi, proprio per questo, quando c’erano degli attacchi, dicevo che non potevo tirare un metro. Ieri ho chiesto a tutte le elite quello che avrei potuto fare e come. Però mi dispiace, perché prima ho fatto un grande sforzo per rientrare quando avevo perso qualche metro sullo strappo. E poi perdere così è proprio brutto. Perché ho fatto la volata da seduta e Paula Blasi in piedi? Non è che non avessi le gambe. Lei mi è rimasta a ruota e io invece sono andata semplicemente a tutta. Lei ha fatto bene, ma nessuno ha voluto muoversi. E mi sono detta: meglio che proviamo a prendere la Bunel, piuttosto che non fare nulla. Sono andata benissimo, non posso lamentarmi, ho fatto una bella stagione. Però penso che il quarto posto sia il peggior piazzamento che uno possa fare».
Sembrerà una frase fatta, ma la sostanza è tanta e la grande occasione arriverà. Ciabocco si asciuga, infila una maglietta pulita e all’albergo ci torna in bicicletta. Avrà tutto il tempo di rivedere la volata e sbollire la rabbia e la delusione. Nonostante qualcuno dica che gli italiani perdono le corse ma non il sorriso, oggi abbiamo visto un’atleta nata per lasciare il segno. La ruota gira ed è bello che lei per prima sia stufa di sentirselo dire.
Che cosa c'è stato dietro la separazione fra Ayuso e la UAE Emirates? Lo abbiamo chiesto a Matxin, che per tutto il tempo ha parlato di decisione di squadra
L’annuncio della sua prossima squadra e la prima convocazione ai mondiali. E’ stato un mercoledì da leoni per Francesca Barale che prima è stata ufficializzata dalla Movistar con un triennale a partire dal 2026 e poi ha completato la propria valigia per il Rwanda.
Se le voci di un suo probabile trasferimento dalla Picnic PostNL erano in evoluzione, la sua partecipazione al campionato del mondo sembrava piuttosto in dubbio. Invece due giorni fa è giunta la chiamata per Kigali che può dare l’inizio ad una nuova Barale. Avviarsi verso la chiusura della stagione indossando maglia azzurra in un mondiale, indipendentemente dal risultato e dalla prestazione, è uno stimolo che porterà frutti e consapevolezze anche durante il periodo di letargo dal ciclismo. Per però Francesca non è finita qua, perché ad inizio ottobre verosimilmente ci sarà ancora da correre un europeo U23 con la voglia di fare bene.
La convocazione per i mondiali elite per Barale rappresenta il riconoscimento al lavoro svolto per le compagne durante la stagioneBarale (prima da sinistra) non si aspettava la chiamata, ma farà di tutto per ripagare la fiducia (foto Federciclismo)La convocazione per i mondiali elite per Barale rappresenta il riconoscimento al lavoro svolto per le compagne durante la stagioneBarale (prima da sinistra) non si aspettava la chiamata, ma farà di tutto per ripagare la fiducia (foto Federciclismo)
Futuro e crescita in Spagna
A suo modo la ventiduenne Barale è già stata una pioniera. Nel 2022 fu infatti la prima junior italiana ad essere ingaggiata da un team WorldTour. Dalla piacentina BFT Burzoni alla multinazionale olandese DSM, l’attuale Picnic PostNL. Un salto triplo difficile che poi nel corso degli anni successivi fu emulato da altre atlete. Ora il contratto di tre anni firmato con Movistar, che si sta ridisegnando dopo il ritiro di Van Vleuten e l’arrivo di Reusser o nuovi talenti come Ferguson, rappresenta una bella investitura per l’ossolana.
«Sono molto contenta della mia scelta di andare alla Movistar – ci dice Barale al telefono – dopo quattro anni avevo bisogno di cambiare. Rifarei tutto quello che ho fatto, sia chiaro, ma ora ho bisogno di uno step in più. Credo che Movistar sia una realtà che mi aiuterà in questo. Sia nel mio ruolo di supporto alle capitane, sia nel ritagliarmi il mio spazio e magari scoprire quello che posso fare siccome non mi sono ancora specializzata. Ho da sempre questa incognita di capire ancora che tipo di atleta diventerò o posso diventare.
«La trattativa è iniziata abbastanza presto – finisce di raccontare la notizia di mercato – perché già questa primavera la Movistar si era interessata a me. Avevo ricevuto altre proposte, ma mi sono piaciuti fin da subito. Erano tra le mie prime scelte ed è andata così».
Barale nella Movistar cercherà di capire meglio che tipo di corridore può diventare Barale nella Movistar cercherà di capire meglio che tipo di corridore può diventare
L’azzurro inaspettato
Tecnicamente l’ultima maglia azzurra indossata da Barale è di qualche settimana fa durante il Tour de l’Avenir Femmes. E considerando le rassegne europee ed iridate tra U23 e juniores a cui aveva partecipato, per lei non è quindi un colore nuovo. Questo azzurro adesso diventa però più importante, come ci spiega Francesca.
«Sono molto contenta – afferma sempre al telefono mentre sta svolgendo le prassi aeroportuali – perché è il mio primo mondiale elite, essendo poi speciale visto che si corre per la prima volta in Africa. Sarà un’esperienza bellissima. Avevo smesso di sperarci quando avevano annunciato che le U23 non ci sarebbero andate. L’avevo messo come obiettivo, soprattutto perché ero al mio ultimo anno da U23. Invece alla fine la convocazione è arrivata per la gara delle “grandi” e mi fa molto piacere.
«Il mio lavoro – chiude prima di imbarcarsi – di aiuto alle compagne durante la stagione è stato riconosciuto e può portare a questo tipo di soddisfazioni. Anche al mondiale il mio compito sarà quello. Abbiamo una capitana come Elisa (Longo Borghini, ndr) che è fortissima e lo ha dimostrato una volta di più anche quest’anno. Ci conosciamo bene, ci alleniamo sempre insieme ed è sempre stata il mio punto di riferimento. Poter essere lì ad aiutarla significa tanto. Non potrebbe esserci una situazione migliore per me. E poi sono molto felice della fiducia che il cittì Velo mi ha dato. Spero di fare bene e ripagarlo».
E' in onda su Netflix la seconda serie sul Movistar Team. Un'immersione senza filtri nei momenti più intensi del 2020. Ne abbiamo parlato con Dario Cataldo
MISANO ADRIATICO – Alle 12 ci aspetta Marta Cavalli allo stand di Prologo, con cui ha collaborato a lungo. L’atleta cremonese è a un passo dall’ultima corsa di stagione, il Tour de l’Ardeche. Il 2025 è stato l’anno del ritorno in gruppo, quando neppure lei credeva di meritarsi un posto. La giornata è calda, ma all’ombra si sta ancora bene e il momento va bene per fare quattro chiacchiere in libertà, spaziando dalla sua storia a quello che si sta muovendo sotto il cielo del ciclismo femminile. In tanti anni di incontri e interviste, raramente si è raggiunta la profondità di quando davanti c’è lei.
«E’ stata una stagione particolare – dice – che ha avuto il suo lato positivo, perché non mi aspettavo niente. L’avrei presa come fosse arrivata. E’ iniziata bene, meglio delle mie aspettative. Ripartivo da zero, dall’infortunio dell’anno scorso, e la costruzione della forma fisica è stata graduale. A differenza di tutti gli inverni, dove a un certo punto mi ammalavo perché facevo troppo, non ho avuto delle interruzioni quindi sono arrivata alle classiche bene e senza chiedere troppo al mio corpo. E’ stato un crescendo, con gli occhi puntati sul ritiro in altura che mi avrebbe aiutato a migliorare la condizione, ma qualcosa non è andato secondo il piano».
Abbiamo incontrato Marta Cavalli allo stand Prologo dell’Italian Bike FestivalAbbiamo incontrato Marta Cavalli allo stand Prologo dell’Italian Bike Festival
Che cosa?
Subito dopo l’altura sono andata in Svizzera e sono tornata un po’ malata e da lì non ho più recuperato, infatti ai campionati italiani non stavo benissimo. Al Giro ho fatto fatica sin dalle prime tappe e mi è spiaciuto veramente tanto doverlo abbandonare. Di conseguenza le cose non sono andate bene per il Tour, che sembrava una corsa troppo ambiziosa per la quale non ero pronta. Non mi sentivo di prendere la responsabilità di un posto in squadra e non essere al livello che avrei voluto. Quindi mi sono concentrata di più sulla preparazione. E adesso mi trovo con l’ultima gara della stagione, l’Ardeche. Ho dei bei ricordi dagli anni scorsi, quindi vediamo di fare qualcosa di buono e poi ci sarà tempo per pensare. Devo fare dei ragionamenti. Pensare un po’ e vedere cosa chiedermi e cosa aspettarmi per il prossimo anno. Adesso come adesso non lo so, vorrei solo concludere la stagione e prendere del tempo per estraniarmi e valutare quello che è stato.
Ti piace ancora il mondo delle corse, l’allenamento, l’adrenalina?
Diciamo che dopo un po’ di anni inizia ad essere la stessa cosa, la stessa routine, c’è sicuramente meno entusiasmo. La sensazione degli ultimi anni di non riuscire, di dover spingere di più ma non riuscirci mi sta mettendo alla prova. Il ciclismo è cambiato, è diventato tutto migliore e io sento di essere rimasta indietro. Mi sembra di essere sempre in rincorsa. Rincorro la mia miglior condizione, ma so che in questo momento la mia miglior condizione non è più sufficiente, quindi vedremo.
Marta Cavalli ha riscoperto il gusto di correre grazie al Team PicNic, che le ha permesso un rientro gradualeMarta Cavalli ha riscoperto il gusto di correre grazie al Team PicNic, che le ha permesso un rientro graduale
Si è fermato tutto con l’incidente del Tour 2022?
Lì c’è stata una brusca interruzione che non mi aspettavo e mi ha dato la scossa. Quasi come se mi avesse fatto crescere, uscire dalla sfrontatezza della gioventù. Mi ha dato qualcosa su cui riflettere sul fatto che si rischia tanto. Ho riconquistato fiducia, ma da lì è stato sempre più facile perderla. Ci sono stati altri infortuni, è stato un rincarare la dose. Mi hanno cambiato come atleta, ma anche come persona.
Come è stato assistere da fuori alla vittoria di Ferrand Prevot al Tour?
Avevo un piccolo sentore, perché lo capisci quando un’atleta è tanto concentrata. Dai messaggi che cerca di far trasparire sui social, per esempio. So che lei è un atleta forte e determinata, soprattutto l’ha dimostrato quando anni fa ha vinto tutti e tre i mondiali in un anno. Non è una cosa facile. Poi penso che anche lei abbia avuto un momento difficile, poi è riuscita a rivincere e a ritrovare la serenità. Me la ricordo benissimo alla Sanremo, poi molto bene alla Roubaix. E lì ho iniziato a pensare che facesse sul serio anche su strada. Quando poi ho visto tutte le storie della preparazione in altura per il Tour, ho pensato che avrebbe potuto davvero scuotere le gerarchie del gruppo.
Il Giro è stato un momento difficile per Cavalli, ritirata alla 4ª tappaIl Giro è stato un momento difficile per Cavalli, ritirata alla 4ª tappa
Sentire quei commenti sul suo peso cosa ti ha fatto pensare? Addirittura Marlene Reusser si augurava che lei non vincesse…
Tifare che uno non vinca non mi è mai piaciuto. Ognuno nella propria vita sceglie cosa è giusto e cosa è sbagliato. C’è chi fa scelte di un tipo, chi fa scelte di un altro e vanno tutte rispettate, così come le idee e le opinioni. Non credo sia giusto giudicare quanto fatto da altri. Lo dico perché tante volte ho ricevuto giudizi su quello che facevo io, ma alla fine ognuno si prende la responsabilità per se stesso. Con l’attenzione che c’è adesso nelle squadre, credo che non sia stato fatto niente di troppo pericoloso. Sono d’accordo con l’altra sponda della corrente, perché noi atlete veicoliamo un messaggio. Però mi sembra che siano state prese le dovute precauzioni.
Quindi un limite esiste?
E’ giusto perdere peso, è giusto prepararsi. Questo definisce anche la mentalità e la determinazione di un atleta, la sua serietà. Se è sotto controllo di un medico non fa niente di sbagliato, anche perché poi ha fatto il suo periodo di riposo, di recupero e preparazione. L’importante è non finire in giri negativi, di cui risente la salute. Ci si prende cura della sicurezza per quanto riguarda caschi e attrezzature, si deve prendere molto a cuore anche la sicurezza fisica e della salute. Perché finito il ciclismo, poi c’è un’altra vita da affrontare. Ed è quello che sto facendo. Dopo anni in cui ho tirato la corda, adesso ho capito che è meglio lasciare un po’, mollare ogni tanto. E dire: «Okay, però per la Marta del futuro cosa è meglio? Continuare ad allenarsi forte o fare un passo indietro, riposare, recuperare e guadagnare di freschezza, di tranquillità e di poterlo spendere da altre parti?».
Tour de l’Ardeche 2023, l’ultima vittoria di Cavalli, che precede Erica Magnaldi e Anastasyia KolesavaTour de l’Ardeche 2023, l’ultima vittoria di Cavalli, che precede Erica Magnaldi e Anastasyia Kolesava
Si può dire, estremizzandola molto, che si smette di essere atleti a quel livello estremo quando si comincia a pensare al dopo?
Sì, certo. Quando sei fuori dal loop di essere sempre a gas aperto, inizi a dirti che forse sta arrivando un cambiamento. Ho iniziato a prendermi più cura di me. Mi rendo conto che anni fa andavo a tutta d’estate, inverno, in pista e strada. Poi inizi a capire che non puoi reggere quei ritmi e inizi a centellinare energie. Poi anche centellinarle non è più sufficiente. Cambiano le generazioni, arrivano altri più nuovi, con più forza.
Voler fare tutto accorcia le carriere?
Sicuramente. Sono anni che spingo, spingo, spingo. Invece ogni tanto ci sta prendersi un anno più tranquillo. Ora guardo un po’ fuori dalla mia bolla. Per quello mi è piaciuto quest’anno. Smettere dopo l’anno scorso sarebbe stata un’interruzione brutta e brusca, che mi avrebbe fatto lasciare con dei brutti ricordi. Non mi sarebbe piaciuto.
Che cosa ti ha convinto a riprovarci?
Tante persone, la squadra in primis. Mi hanno preso sotto braccio senza pressione e mi hanno invitata al primo ritiro, poi al secondo, poi mi hanno proposto di fare le prime gare e mi sono ritrovata con il numero sulla schiena. Non l’avrei mai detto, per questo non so che cosa avverrà nel futuro. Però ho avuto la soddisfazione di aver superato la paura. Gradualmente sono riuscita a godermi una nuova opportunità ed è stato bello. Ho vissuto sul lato umano le mie compagne, mentre prima ero più concentrata su di me. Anni di corse ne ho, quindi magari non mi sono resa utile in corsa, ma ho potuto dare dei consigli con l’esperienza che ho messo insieme. Mi ha fatto piacere condividerla.
Cavalli ha scoperto il gusto di mettersi a disposizione delle compagna: qui con CiaboccoCavalli ha scoperto il gusto di mettersi a disposizione delle compagna: qui con Ciabocco
Quindi ti è piaciuto di avere il numero sulla schiena?
Sì, ma proprio non me lo aspettavo. Per me era un no categorico e invece pian piano ci ho provato, l’ho vissuto, me la sono anche goduta. Mi è piaciuto, ha portato fuori una parte di me e spero di averla trasmessa. Spero che sia stata utile alle ragazze giovani della squadra, a cui auguro un bel futuro perché lo sport dà tante soddisfazioni. Sono convinta che se anche uno non arriva al top, è importante che abbia dato il massimo per se stesso. Di questo mi sono resa conto e ho imparato che lo sport non è solo eccellere, vincere ed essere perfetti. Esiste anche uno sport agonistico in cui hai dato il massimo. Sai quanto c’è voluto per arrivare lì. Non importa se le altre persone non lo sanno, ma è importante che tu sia convinto di aver fatto tutto quello che potevi. Mi rendo conto che negli anni ho fatto anche cose che io in prima persona magari non avrei mai fatto perché per me non erano essenziali. Però in quel momento per arrivare là serviva e sforzandomi l’ho fatto.
Hai davanti due porte. Cosa potrebbe convincerti a continuare?
A volte si va avanti per abitudine, ma a me quell’abitudine non è mai piaciuta. Per me deve esserci il vero fuoco dentro. Quando il fuoco si spegne, puoi tenerlo acceso soffiando, però sai che il grande falò non tornerà. Però il fatto di aver trovato un modo per essere di supporto e godersi ancora questo mondo potrebbe essere una spinta per continuare. Veramente, voglio vedere come va questa gara. Ho fatto delle buone settimane di allenamento, mi sono goduta paesaggi differenti. E’ una gara che mi piace, le mie compagne continuano a credere in me ed è bello. Mi piace così e poi vedremo…
Una presenza curiosa fra gli stand di Italian Bike Festival. E' Yamaha, che esce dalla dimensione di fornitore di motori e sta per lanciare le sue bici
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Il bicchiere lo vede sempre mezzo pieno e ha ragione lei. Eleonora Ciabocco ha appena concluso il Tour de l’Avenir Femmes meglio di un anno fa e può incamerare ulteriori convinzioni per i prossimi appuntamenti in maglia azzurra (in apertura foto instagram).
Nel 2024 la ventunenne marchigiana chiuse il “piccolo Tour” per U23 al sesto posto a più di sette minuti da Marion Bunel. Quest’anno invece ha iniziato con due secondi posti nelle prime due frazioni. Ha concluso quindi la generale in quinta piazza dopo essere stata seconda ad una manciata di secondi dalla maglia gialla fino alla vigilia delle due semitappe di ieri. Stavolta Ciabocco se l’è giocata molto di più contro due atlete più inclini di lei alla salita come Holmgren e Bunel (rispettivamente prima e seconda, a parti invertite rispetto a dodici mesi fa). Ora arriva un periodo da vivere quasi senza respiro tra Picnic PostNL e nazionale.
Holmgren (in maglia gialla) brucia Bunel al fotofinish ai 1980 metri di La Rosière. Chiuderanno così anche la generale (foto Tour Avenir Femmes)Holmgren (in maglia gialla) brucia Bunel al fotofinish ai 1980 metri di La Rosière. Chiuderanno così anche la generale (foto Tour Avenir Femmes)
Tutto alla fine
E’ stato un venerdì intenso quello vissuta sulle strade dell’Avenir Femmes. Dopo il riposo del giovedì, l’ultima giornata si è divisa in due a La Rosière dove era partita la corsa un anno fa. Al mattino la semitappa di 40 chilometri a cavallo delle Alpi con sconfinamento in Val d’Aosta (trasferimento di 36 chilometri per la partenza ufficiale da Morgex scalando il Piccolo San Bernardo prima di rifarlo in gara al ritorno), poi nel pomeriggio l’altra semitappa con una cronoscalata di 10 chilometri. Tra tutto le gambe di Ciabocco e le altre atlete hanno avvertito un dislivello di 3.000 metri.
«Siamo partite forte – attacca Eleonora mentre sta rientrando col gruppo azzurro dalla Francia – e mi aspettavo che qualcuno attaccasse presto. Infatti Bunel ha forzato i tempi sul Colle San Carlo, scollinando da sola e guadagnando in discesa. Dietro eravamo tutte assieme, ma scendendo verso La Thuile abbiamo iniziato a perdere contatto fra di noi. Da lì in avanti io ho praticamente fatto tutta la gara da sola e come me via via molte altre, a parte Holmgren che era già tornata su Bunel, arrivando in due fino al traguardo.
«E’ stato in quel frangente – prosegue Ciabocco – che ho perso tanto tempo ad inseguire quelle davanti a me che hanno sfruttato la superiorità numerica prima di restare sole. Ovvio che poi siano cresciuti i minuti tornando a La Rosière. La crono in salita non è andata male, però devi fare i conti con ciò che ti è rimasto. Posso dire di uscire con maggiori consapevolezze e più esperienza in generale e rispetto all’anno scorso. Quest’anno ero più preparata a fare la capitana perché anche con la mia squadra mi era capitato di essere leader in qualche gara».
Dopo il secondo posto nel prologo, Ciabocco conquista la stessa posizione nella prima tappa alle spalle di Gery (foto Lewis Catel)Dopo il secondo posto nel prologo, Ciabocco conquista la stessa posizione nella prima tappa alle spalle di Gery (foto Lewis Catel)
Assaggio mondiale
E’ mancato solo l’acuto. Ciabocco meritava di tornare dalla Francia con un risultato importante anche se non bisogna disprezzare il secondo posto nel prologo in salita a Tignes e quello nella prima tappa in linea a Saint-Galmier, così come le altre quattro top 10. Questa settimana di Avenir Femmes può considerarsi un antipasto del mondiale U23 in Rwanda.
«Il livello è stato alto – analizza – tanto che nelle frazioni iniziali, o le prime quattro in linea se preferite, non c’è stato spazio e terreno per fare gara dura o un po’ di differenza sulle scalatrici pure. Siamo sempre arrivate tutte assieme. All’Avenir le salite lunghe hanno deciso la generale, al mondiale invece ci saranno strappi più corti e più gestibili, seppur ne uscirà una corsa dura.
«So che dovremmo essere al via in poche – spiega Ciabocco – e potrebbero esserci le stesse avversarie con l’aggiunta di qualche ragazza che non c’era in Francia. Penso a Cat Ferguson. Sulla carta può sembrare un percorso troppo duro per lei, ma sappiamo che è forte e che quando sta bene è capace di tutto. Penso però anche a Celia Gery, che all’Avenir ha conquistato tre tappe e mi ha fatto una grande impressione. Non è un caso che Francia e Gran Bretagna al mondiale U23 andranno con formazioni al completo o quasi».
Ciabocco torna dalla Francia con ulteriori consapevolezze avendo disputato una gara sempre con le migliori (foto Tour Avenir Femmes)In Francia Ciabocco (in maglia tricolore) ha visto da vicino le avversarie di mondiale ed europeo (foto Tour Avenir Femmes)Ciabocco torna dalla Francia con ulteriori consapevolezze avendo disputato una gara sempre con le migliori (foto Tour Avenir Femmes)In Francia Ciabocco (in maglia tricolore) ha visto da vicino le avversarie di mondiale ed europeo (foto Tour Avenir Femmes)
Ardeche, Rwanda e… Ardeche
Il contingente della nazionale per i mondiali africani prevede il numero massimo consentito sia per uomini che donne. Nel gruppo femminile non è ancora esplicitato se ci sarà un posto riservato ad una Under 23 (che ricordiamo correranno una gara tutta per loro per la prima volta nella storia), però interpretando le parole del cittì Velo dopo il Giro Women parrebbe che quel posto potrebbe essere assegnato proprio a Ciabocco.
Se occorrevano risposte dall’Avenir, allora si può dire che siano arrivate. E forse vale davvero la pena portare la marchigiana in Rwanda. E’ vero che correrà senza compagne, ma è altrettanto vero che non sarà l’unica in quelle condizioni e non è peregrina l’idea di portare a casa una medaglia. Ora manca solo l’ufficialità, ma intanto Eleonora sa già che il programma che l’attende potrebbe essere un cerchio.
«Farò qualche giorno a casa – ci dice – poi correrò il Tour de l’Ardeche con la Picnic PostNL (dal 9 al 14 settembre, ndr). A quel punto se dovessi correre il campionato del mondo, so che partirei col gruppo crono il 17 o 18 settembre. Quindi farei una settimana in Rwanda prima di correre (le U23 corrono il 25 settembre, ndr).
«In teoria – conclude Ciabocco – dovrei correre anche l’europeo in Ardeche (il 3 ottobre, ndr) e la gara con la squadra potrebbe servire proprio anche in quella funzione. Tuttavia ci sono ancora un po’ di cose che vanno confermate e considerate. Una di queste sarebbe la capacità di recupero tra il rientro dal Rwanda e la rassegna continentale. Andiamo un passo alla volta però. Alla base di tutto bisogna aspettare la definitiva convocazione in nazionale. Naturalmente spero che arrivi, io sono pronta».
Abbiamo incontrato Marta Cavalli nello stand Prologo a IBF. Manca una corsa per finire la stagione della ripartenza. Solo dopo si potrà pensare al futuro
BERGAMO – Il quarto posto di ieri sul traguardo dell’Aprica non è un caso, anche se lei viaggia a fari spenti tra le big del Giro Women. Arriva da un bel periodo Eleonora Ciabocco, che in poco più di una settimana, ha ottenuto i suoi migliori risultati da quando è pro’. Il terzo posto al campionato italiano le è valso anche la maglia tricolore tra le U23, confermando un ulteriore gradino di crescita.
«La seconda tappa – ci racconta la 21 enne della Picnic PostNL al suo terzo Giro femminile – è stata molto veloce. All’inizio bisognava stare attente e cercare di stare davanti, poi c’è stata una grande bagarre per l’inizio della salita finale, specie nei primi chilometri dove c’erano le pendenze più ripide e severe. Io ero venuta a provare la tappa dell’Aprica con Francesca (Barale, ndr) quindi sapevamo cosa ci aspettava. Ultimamente ho una buona condizione, sento che sto crescendo. Ero fiduciosa, però non mi aspettavo di andare così forte. E’ sempre un punto di domanda quando si corrono tappe così difficili e intense».
«Inizialmente – continua Ciabocco facendo un bell’accenno alle colleghe – mi attendevo che restassimo in un gruppo più numeroso, ma la velocità è stata davvero elevata ad inizio salita. Ho provato anche a seguire anche un paio di attacchi, cercando di fare qualcosa, ma ero sola. Persico poi ha imposto un gran ritmo nel finale e a quel punto ho pensato solo alla mia volata. Sono felice del mio risultato, ma anche che Soraya (Paladin, ndr) abbia ottenuto un bel terzo posto, seppur davanti a me, perché mi piace molto come atleta. Abbiamo ancora tante tappe davanti a noi, speriamo di continuare così».
Nella 2ª tappa ad Aprica, Ciabocco chiude quarta dietro Paladin e davanti alla maglia rosa Reusser (poi ceduta ad Henderson)Nella 2a tappa ad Aprica, Ciabocco chiude quarta dietro Paladin e davanti alla maglia rosa Reusser (poi ceduta ad Henderson)
Navigando a vista
Sondando il terreno con le italiane del team olandese, durante la team presentation di sabato, l’impressione è stata quella di voler curare più le tappe della generale.
«Noi della Picnic – spiega Eleonora – vivremo alla giornata. A questo Giro Women non sono partita con l’obiettivo della maglia bianca come in tanti mi hanno chiesto. Se poi viene, tanto meglio, ma il livello è altissimo in generale e tra le giovani. In squadra ci siamo soffermate per ora ai successi parziali, cercando di fare il meglio possibile restando nella mischia. Finora sono soddisfatta della mia stagione. Al campionato italiano sono andata bene e spero di continuare ad avere buone gambe nei prossimi giorni, poi vedremo».
La 7a e penultima tappa prevede 150 km e 3850 mt di dislivello. Per tutti sarà cruciale per la vittoria finale del Giro WomenCiabocco ha fatto la “recon” all’ascesa conclusiva di Monte Nerone. Difficile, ma attenzione anche alle salite precedenti La 7a e penultima tappa prevede 150 km e 3850 mt di dislivello. Per tutti sarà cruciale per la vittoria finale del Giro WomenCiabocco ha fatto la “recon” all’ascesa conclusiva di Monte Nerone. Difficile, ma attenzione anche alle salite precedenti
Vi presento il Monte Nerone
Dal giorno della presentazione del percorso ad oggi, addetti ai lavori e soprattutto atlete hanno individuato nella settima e penultima tappa che si conclude in vetta al Monte Nerone il punto cruciale del Giro Women. Questa montagna delle Marche (in provincia di Pesaro-Urbino e al confine con l’Umbria) in passato è stata affrontata soltanto una volta durante la 16a tappa del Giro d’Italia del 2009. Si saliva da Pianello, mentre quest’anno si scala il versante da Pian di Molino e Serravalle di Carda, ma non cambia lo sforzo che attenderà le ragazze in gara.
«E’ vero che sono marchigiana – apre la descrizione Ciabocco – ma sono della provincia di Macerata e non sono le mie strade abituali di allenamento. Ho fatto la ricognizione da sola col mio fidanzato Marco una settimana prima del campionato italiano, in un momento in cui con la squadra era difficile trovarsi tra una corsa e l’altra. La salita si divide in due. La prima parte non è troppo dura, poi è tutta al sole. Quando l’ho provata io il meteo non era dei migliori, però credo che il caldo possa diventare un fattore e fare la differenza».
Il Monte Nerone era stato affrontato al Giro 2009 dal versante di Pianello. Salita dura, esposta al sole negli ultimi 8 chilometriIl primo a transitare sul “gpm” fu il laziale De Bonis della Androni in fuga col compagno Scarponi e altri atletiIl Monte Nerone era stato affrontato al Giro 2009 dal versante di Pianello. Salita dura, esposta al sole negli ultimi 8 chilometriIl primo a transitare sul “gpm” fu il laziale De Bonis della Androni in fuga col compagno Scarponi e altri atleti
Senza respiro
«Gli ultimi 8 chilometri – prosegue Eleonora nell’analisi – sono davvero molto impegnativi. Si sale sempre attorno all’8/9% con punte in doppia cifra. La seconda parte non ha un vero momento in cui si può rifiatare. Il vento l’avevo trovato di più nella parte centrale della tappa, però potrebbe essere un altro aspetto da tenere in considerazione. Lo controlleremo qualche giorno prima.
Per Ciabocco sarà la tappa decisiva perché è dura fin dall’inizio. «Il gruppo può esplodere già dopo 20 chilometri e poi credo che la stanchezza accumulata potrebbe fare una ulteriore differenza. Se il clima sarà caldissimo come l’anno scorso, arriveremo in fondo davvero stanche, quindi conteranno solo le gambe. Tuttavia credo che anche la tappa di Pianezze (in programma domani, ndr) potrà fare selezione. Questa salita e Monte Nerone saranno importanti per la classifica generale».
Ciabocco e Niedermaier, attuale maglia bianca. La marchigiana curerà la classifica delle giovani anche se non è un obiettivo dichiaratoCiabocco e Niedermaier, attuale maglia bianca. La marchigiana curerà la classifica delle giovani anche se non è un obiettivo dichiarato
Orizzonte azzurro
All’Avenir Femmes del 2024, Ciabocco era stata insignita dei gradi di capitana della giovane Italia, dimostrandosi all’altezza della situazione e chiudendo sesta in classifica. Quest’anno le rassegne iridate e continentali presentano percorsi adatti a lei, ma se l’europeo in Ardeche non presenta alcun problema, la trasferta per il mondiale in Rwanda sembra averne di più. Il contingente azzurro andrà in Africa in formato ridotto e per le ragazze U23 (che correrebbero il primo loro mondiale a parte) pareva non esserci posto, anche se non c’è nulla di definitivo ancora.
«Forse – dice Eleonora – per le convocazioni azzurre al mondiale U23 potrebbero esserci delle novità. Così ho sentito, anche se a me non hanno detto nulla. Sentivo che anche altre nazionali U23, che inizialmente avevano detto che non avrebbero fatto la trasferta, stanno cercando di organizzarsi per portare almeno un paio di U23. Posso immaginare un numero ridotto per molte nazioni, però se anche l’Italia potesse portare qualche atleta sarebbe bello. Spero possa essere così.
«Detto questo – conclude Ciabocco sorridendo – negli ultimi due anni non sono mai andata né al mondiale né all’europeo, quindi non dico nulla per scaramanzia. Se dovesse arrivare una convocazione sarei sicuramente molto felice, sapendo che molto può passare da questo Giro Women. Ora penso solo a fare buone prestazioni e se ne riparlerà eventualmente più avanti».