Team Israel Start-Up nation e caschi HJC

HJC, da Oldani le dritte per Froome e Van Avermaet

07.01.2021
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Con lo scoccare del 2021 e la stagione pronta a partire si svelano finalmente le nuove dotazioni tecniche delle varie squadre. Tra i tanti cambiamenti abbiamo notato i caschi HJC che verranno indossati dai corridori della Israel Start-Up Nation e dell’Ag2r Citroen. Per farci raccontare questi caschi abbiamo parlato con Stefano Oldani della Lotto Soudal che li ha utilizzati nella stagione appena finita, e con Andrea Nicolosi, Area Sales Specialist per HJC in Italia.

Israel Start-Up Nation e Ag2r

Grandi cambiamenti per il Team Ag2r Citroen e per la Israel Start-Up Nation. Tra questi, c’è anche il casco che utilizzeranno Chris Froome, arrivato alla Israel Start-Up Nation, e Greg Van Avermaet sbarcato all’Ag2r Citroen. I caschi che verranno dati in dotazione alle due squadre sono l’Ibex e il Furion.

Per conoscerli meglio abbiamo chiesto a chi li ha usati nella stagione scorsa.
«Devo dire che mi sono trovato bene con i caschi HJC – esordisce così Stefano Oldani – ne avevamo in dotazione due modelli, quello più aperto che è l’Ibex e quello più aerodinamico che si chiama Furion. Li ho alternati molto durante la stagione. Mettevo il Furion nelle gare più veloci, mentre l’Ibex lo utilizzavo nelle gare con più salita per via della sua maggiore ventilazione e perché riuscivo ad incastrarci bene gli occhiali».

Chris Froome alla Israel
Chris Froome in una delle prime uscite 2021 con il casco Ibex
Chris Froome alla Israel
Chris Froome in una delle prime uscite 2021 con il casco Ibex

Chiusura innovativa

Il corridore della Lotto Soudal ci ha spiegato che la sua soddisfazione per i caschi HJC era dovuta anche al sistema di chiusura innovativo di cui sono dotati.
«In pratica ci sono cinque fori a destra e a sinistra nella zona delle tempie – ci spiega Oldani – e bisogna sceglierne uno in base alla propria misura della testa. Dietro non c’è la rotellina, ma c’è una molla precaricata che tiene in tensione il casco e si adatta automaticamente in base agli spostamenti che si fanno con la testa mentre si pedala». Questo sistema di regolazione si chiama Selfit ed è in dotazione sia all’Ibex che al Furion. Tra le varie qualità che ci ha raccontato Oldani c’è anche l’aspetto estetico: «Anche a livello di design sono molto belli, hanno una bella forma».

Stefano Oldani Tirreno 2020
Stefano Oldani impegnato in una gara 2020 con il casco Furion
Stefano Oldani Tirreno 2020
Stefano Oldani impegnato in una gara 2020 con il casco Furion

Per HJC è un onore

L’impegno di HJC per il 2021 si è moltiplicato ed è passato da una squadra a due squadre World Tour, con corridori di primo piano che lotteranno sia per le classiche che per i grandi giri a tappe.
«Per HJC è un grande impegno e un onore avere corridori come Chris Froome – ci racconta Andrea Nicolosi – speriamo che contribuisca a far conoscere maggiormente questo marchio che è già fra i leader nel settore delle moto».

Niente imbottiture

In effetti le qualità tecniche dei caschi HJC sono molte, infatti oltre all’innovativo sistema di chiusura di cui ci ha parlato Oldani, ci sono altre caratteristiche interessanti.

«Nei caschi HJC sono state tolte le classiche imbottiture grazie alla tecnologia Coolpath, che agevola il flusso d’aria interno – ci spiega Nicolosi – inoltre, la calotta è stata disegnata in modo tale che rimanga sempre staccata dalla testa, in questo modo non si creano problemi in termini di comodità».

Nans Peters nuovo casco HJC Ibex
Nans Peters mostra il casco Ibex con i colori dell’Ag2r Citroen
Nans Peters nuovo casco HJC Ibex
Nans Peters mostra il casco Ibex con i nuovi colori dell’Ag2r Citroen

Leggeri e sicuri

Ovviamente non poteva mancare il fattore sicurezza.
«Tutti i caschi HJC sono dotati di protezione Roll Cage – continua Nicolosi – si tratta di un’armatura interna in titanio che rimane intatta in caso di rottura del casco dovuta ad una caduta». Andrea Nicolosi ci tiene a sottolineare che: «Il Furion è il casco aerodinamico più leggero sul mercato, nella taglia M pesa solo 190 grammi». Per la precisione aggiungiamo anche il peso dell’Ibex, che si attesta a 200 grammi sempre nella taglia M.

Aerodinamici

Infine, sottolineiamo come sia l’Ibex che il Furion sono stati sviluppati in galleria del vento e sfruttano l’effetto Venturi, denominato da HJC Venturi Dynamics. Con questo sistema si massimizza l’efficienza aerodinamica sfruttando la differente pressione del flusso d’aria che entra nel casco tramite i fori della parte frontale e viene scaricata attraverso l’apertura posteriore. Questo porta anche ad un maggiore dissipamento del calore interno.

Maxxis Yalla

Maxxis e Israel Start-Up Nation insieme nel 2021

31.12.2020
2 min
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Israel Start-Up Nation e Maxxis hanno rinnovato anche per il 2021 la loro partnership per la fornitura di pneumatici di altissima qualità al team israeliano che il prossimo anno avrà in Chris Froome la propria stella di riferimento e in Davide Cimolai e Alessandro De Marchi l’impronta italiana.

Avanti insieme

Siamo di fronte ad un perfetto di incontro fra interessi comuni che danno vita ad un risultato in grado di soddisfare entrambe le parti in causa. Grazie ai feedback ricevuti dagli atleti del team, Maxxis realizza infatti pneumatici di altissima qualità.

Mountain Lyang di Maxxis ha affermato: «Israel Start-Up Nation ci ha spinto a realizzare i migliori pneumatici da strada che abbiamo mai prodotto».

Dal canto suo Jost Zevnik, Team Operations Manager della formazione israeliana, ha voluto ringraziare Maxxis con queste parole: «Cercano sempre di migliorare. Mettono in ogni cosa che fanno tutta la loro determinazione per sviluppare pneumatici adatti per ogni circostanza: condizioni climatiche calde o fredde, strade asciutte o bagnate, in discesa oppure in salita».

Team Israel con Maxxis
I pneumatici Maxxis molto apprezzati dai corridori Israel
Israel Start up Nation con Maxxis
I pneumatici Maxxis offrono prestazioni elevate molto apprezzate dai corridori della Israel

Speciale per Froome

Maxxis ha un legame così forte con la Israel Start-Up Nation, tanto che lo scorso anno ha creato un pneumatico speciale in onore del team dal nome #YallaAcademy. E’ costituito da una mescola HYPR-S che garantisce una eccezionale capacità di aderenza sul bagnato e una minore resistenza al rotolamento. Lo #YallaAcademy sarà sicuramente utilizzato anche da Chris Froome. Il vincitore di quattro Tour, due Vuelta e un Giro d’Italia sarà il capitano della formazione israeliana che, grazie a lui, punta decisa alla conquista della maglia gialla.

Maxxis e l’Italia

Maxxis è ottimamente rappresentata in Italia dalla commerciale veneta Ciclo Promo Components. Per il 2021 sono state confermate le seguenti partnership tecniche:
– Enduro e DH: Ancillotti Factory Team, Benozzi Engineering FullOut, Soul Cycles, Team Scout Nukeproof.
– XC e Marathon: Giant Polimedical, New Bike 2008 Racing Team, Soudal Lee Cougan, Team Lapierre Trentino, Trinx, Wilier 7C Force.
– Strada: U23 b & p.
– Triathlon: PPR Team.

Distributore esclusivo in Italia: Ciclo Promo Components SPA / ciclopromo.com

Alessandro De Marchi, Andrea, Anna, Artegna, dicembre 2020

A casa del Rosso, padre, marito e ciclista

25.12.2020
6 min
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La dimora del Rosso non è più a Buja, ma dal giardino ne vedi il campanile. La famiglia De Marchi si è trasferita da pochi giorni nella casa nuova ad Artegna, in un campo su cui Stefania, amica e architetto di Udine, ha immaginato la struttura piena di finestre che la luce attraversa e scalda. Nel giardino in cui presto crescerà il prato, infagottato nella giacca a vento e gli stivali gialli, Andrea ha un gran da fare a spostare sassolini. Alessandro lo guarda e alza gli occhi al cielo, lasciando capire che è toccato a lui nei giorni scorsi sistemare il brecciolino lungo il perimetro. Anna spunta dietro il figlio, due anni il 2 novembre, con il sorriso più dolce e i capelli corti del colore degli occhi. Erano compagni alle elementari, poi si persero di vista. Di Alessandro ricorda che fosse un bambino davvero molto serio. Andrea ha lo stesso colore di capelli del padre, ma è una piccola furia.

Alessandro De Marchi, Artegna, dicembre 2020
Per il rosso, bici da allenamento Factor e ancora abbigliamento CCC fino al 31 dicembre
Alessandro De Marchi, Artegna, dicembre 2020
La nuova bici e la vecchia maglia, fino al 31 dicembre

Nuovi stimoli

Abbiamo bussato alla porta del Rosso in un giorno di fine dicembre. Il cielo è chiaro, la casa super luminosa. Il 2020 lo ha visto uscire di scena con un diavolo per capello per l’esclusione dal Giro. E adesso che le porte della Israel Start-Up Nation stanno per aprirsi, ripartire dalla giusta serenità sarà un utile esercizio.

«Sei anni nello stesso gruppo sono tanti – dice – un grosso pezzo della mia carriera. Già quando venne fuori che Bmc avrebbe chiuso, avevamo iniziato a pensare di cambiare aria. Poi arrivò la Ccc e decidemmo di restare. Però mi sono accorto che davo per scontate delle cose e la squadra ne dava per scontate altre. La routine può risultare utile, ma l’imprevedibilità porta nuovi stimoli. Per questo probabilmente avrò anche un diverso programma di corse».

Alessandro De Marchi, Artegna, dicembre 2020
Il numero rosso del Tour 2014, la combattività è il suo segno distintivo
Alessandro De Marchi, Artegna, dicembre 2020
Al Tour 2014 sul podio di Parigi con il numero rosso
Cosa si guarda nel cambiare squadra: solo i soldi o anche altro?

Dopo i 30 anni, l’aspetto economico diventa importante. Non mi voglio lamentare, ma in alcune occasioni ho acconsentito a fare un passo indietro. Però quello che ha fatto la differenza è che mi hanno cercato loro. Si sono rivolti a Raimondo Scimone, con cui lavoro dopo gli anni con Lombardi, mi pare a maggio, quando era già chiaro che la Ccc ci avrebbe mollato.

C’è Froome, c’è una nuova prospettiva di lavoro…

Ero scettico che lo avrebbero preso, invece hanno messo insieme delle belle prospettive. Non so se per me cambierà qualcosa, ma di fatto posso essere spalmato su più ruoli. Sarò di supporto, ma avrò il mio spazio. E anche questa è una sfida, subordinata a come starà Chris. Finora con il team ci sono stati pochi contatti. Telefonate con Karlstrom e Cozzi, che mi pare davvero una persona seria. Per ora le cose sono andate aventi in modo un po’ macchinoso, ma su questo sono abituato troppo bene dagli anni in Bmc.

Verità per Regeni

Il Rosso si è fatto una reputazione di sinistra, quasi che il colore dei capelli coincida con quello del cuore. Lui lo sa e dopo un po’ si scalda. E così, nonostante ci sia qualcuno come Roberto Bressan, tecnico ai tempi del Ct Friuli, che gli dice di non occuparsi di certi argomenti finché correrà, lui tira su la manica e mostra il braccialetto con cui si chiede la verità per Giulio Regeni.

«Su queste cose – dice – non arretro. Si identifica la giustizia per Regeni con un’appartenenza partitica, quando in realtà si tratta di una famiglia che chiede giustizia per il figlio. Io sono marito, padre e poi ciclista. E’ politica andare in bicicletta ed esporre un’opinione sull’ambiente, oppure partecipare al Consiglio comunale. I partiti sono un’altra cosa, in cui non mi trovo».

Alessandro De Marchi, Artegna, dicembre 2020
Zero traffico, strade in ottimo stato, pianura e montagne: c’è tutto per fare il corridore
Alessandro De Marchi, Artegna, dicembre 2020
Poco traffico e varietà di percorsi: il Rosso ha tutto
Certo però viene facile adesso punzecchiarti, vista la squadra in cui vai e quello che immaginiamo potresti pensare sulla condizione della Palestina…

Su questo argomento abbiamo scherzato con Trentin per tutto il Tour. Lui prendeva in giro me e io gli rispondevo che andrà con gli arabi e non potrà bere alcolici. Però sono ragionamenti troppo facili, non si può fare di tutta l’erba un fascio. Non vedo niente di oltraggioso nel fatto che una squadra voglia promuovere un Paese, che è ricchissimo di storia e cultura. Questo deve essere, a prescindere dalle mie convinzioni che mi tengo strette.

E’ vero che hai litigato con Matteo Fabbro per motivi politici?

Ci sono stati momenti in cui con Fabbro ho alzato la voce, richiamandolo al mestiere. Capita che esca con i ragazzi del Ct Friuli e capita che lo faccia anche lui. Una volta l’ho ripreso per l’uso del cellulare in bici, dicendogli che dobbiamo dare l’esempio e non va bene farsi i selfie mentre si pedala. Lui da quella volta ha chiuso i rapporti e mi dispiace. Ma mi viene da ridere che qualcuno vada in giro a dire che abbiamo discusso perché lui è di destra e io di sinistra.

Cambio della guardia

Ogni anno ha le sue sfide, ma nessuno avrebbe potuto immaginare che nel 2020 un’orda di ragazzini – animati dalla stessa furia con cui Andrea continua a lanciare la pallina contro la lampada – spazzasse ogni gerarchia dal ciclismo. Dove trovi la forza per controbattere sei hai già tante stagioni nelle gambe?

«Nel riaccendere ogni volta l’interruttore della testa – dice piano il Rosso – per rimettere in moto ogni cosa. Con gli anni devi esercitarti a selezionare gli obiettivi, imparando a capire cosa ti serve e su cosa devi concentrarti. Il fatto di avere un’età ti obbliga a scegliere».

Alessandro De Marchi, Anna, Andrea, cane Tennents, Artegna, dicembre 2020
E poi l’incontro con Anna, Andrea e la piccola Tennent’s, tributo alla birra preferita
Alessandro De Marchi, Andrea, cane Tennents, Artegna, dicembre 2020
Il figlio Andrea, la cagnetta Tennent’s, tributo alla birra
C’è da sentirsi vecchi a 30 anni?

Per la mentalità con cui siamo cresciuti noi, c’è stata una grossa accelerata. Difficilmente vedremo più atleti longevi come quelli di adesso. I tempi si accorciano. I corridori della mia generazione e quelli nati fino al 1990 potranno arrivare a una certa età, gli altri forse avranno una carriera distribuita diversamente.

Si anticipa tutto di 5 anni e il gioco è fatto?

Essere spremuti nelle categorie giovanili è ormai la regola del gioco. Lo vedo con i ragazzi del Ct Friuli, che pure è di quelli la lavora bene. Se non si adattano alla categoria, diventano elite e spariscono. Io sono passato a 25 anni, Ballan stessa storia. Non so quale sia la strada giusta.

Sei a tuo agio in questo frullatore?

Sta diventando difficile anche per me trovare un posto da occupare. E’ il nuovo stimolo, perché non si può pensare di cambiare il ciclismo. E la soddisfazione è ripartire per l’ennesima volta, avendo digerito tutti questi passaggi. La vita va avanti.

E la vita ora è anche una famiglia…

Un figlio aggiunge un elemento nella bussola che continua a girare. Ti condiziona tanto. Un cambiamento grosso, ma al netto di tutto, hai un sacco di soddisfazioni. Io fisicamente ero uguale a lui, ma forse ero più tranquillo. Ci sono foto mie alla sua età in cui fai fatica a riconoscerci.

Riesci a trovare il tempo per fare tutto?

Mi sveglio molto presto e faccio le mie cose, prima che lui cominci. Adesso sono in piena ripresa, sto attento a tavola perché sono sui 5 chili sopra. E’ difficile invertire la tendenza. Sto solo aspettando di sentire quel clic per cui il metabolismo si sbloccherà di colpo. Per adesso sto facendo ore in bici, ma piano. E invece della palestra ho spalato la ghiaia, portato scatoloni e bancali. Le prime due bottiglie che sono entrate nel frigo sono state due Leffe, ma sono ancora lì…

Moreno Di Biase, Lorenzo Di Camillo

Ricordate Di Biase? Era veloce, ora è grande

22.11.2020
6 min
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Di Biase andava veloce e adesso lo insegna ai suoi bambini. Dieci vittorie in sette anni da pro’. Cinque Giri e un Tour, quando al Tour andavano le professional. E lui in quel 1999 correva con la Cantina Tollo di Mondini, che poi vinse a Futuroscope.

Dopo aver smesso nel 2005 rimase per dieci anni fuori dal gruppo. Finché nel 2015 ha aperto la Asd Moreno Di Biase, che in cinque anni è diventata una delle scuole di ciclismo più belle d’Abruzzo. Moreno è sposato con Moira, nominata Presidente della società, e ha un figlio di 8 anni che si chiama Mattia. Nella foto di apertura invece è con Lorenzo Camilli, che ancora oggi continua ad allenare.

«La settimana scorsa – dice Di Biase – abbiamo finito il corso per bambini di 5-12 anni prima di chiudere la stagione. Anzi, abbiamo anche accelerato i tempi per scongiurare eventuali chiusure regionale e abbiamo dato i brevetti di primo livello».

Moreno Di Biase, scuola di ciclismo
Conclusi da poco i corsi per il primo livello. Poi l’Abruzzo in zona rossa…
Moreno Di Biase, scuola di ciclismo
Dopo i corsi di 1° livello, la zona rossa

Non sono tanti gli ex corridori che si dedicano con questa generosità al loro sport e a ben guardare nelle dichiarazioni dei candidati alla presidenza federale, in quelle di Daniela Isetti e soprattutto in quelle di Martinello, il coinvolgimento degli ex atleti nella promozione dovrebbe essere un punto cruciale.

Come è nata l’idea?

Volevo fare una scuola di ciclismo, ma nel promozionale. Non pensavo alle categorie agonistiche. Poi col passare del tempo i bambini sono cresciuti. Alcuni hanno avuto la voglia di correre e li ho portati fra gli esordienti e gli allievi. E così il prossimo anno ne avrò 20 fino alla categoria juniores. Però tutti arrivati attraverso la mia scuola, dopo aver fatto ogni anno 15 lezioni con me a Fossacesia o Lanciano.

Grande! E riesci a seguirli?

Organizzandomi bene, ma ci riesco. Fino al 2019 avevo solo esordienti e non era un problema. Quest’anno sarei stato nei guai, perché esordienti e allievi spesso corrono in località diverse. Invece dopo il lockdown sono ricominciate solo le gare in fuoristrada e sulla mountain bike partivano insieme ed è stato tutto più semplice.

Moreno, va bene che sei veloce, ma come fai?

Ho lasciato un lavoro per fare questo. Mantengo assieme a mia moglie l’ingrosso di abbigliamento per bambini, ma siccome siamo chiusi al pubblico e riceviamo solo per appuntamenti, riesco a scavarmi parecchio tempo libero. Detto questo, la scuola mi impegna durante la settimana. Due giorni a Lanciano, due a Fossacesia. Poi nei weekend si va alle gare. E quando non si corre, organizzo dei piccoli raduni per far allenare i ragazzi da fuori regione.

Leggendo i commenti sui social, con il ciclismo sei entrato in profondità nel tessuto sociale…

Il ciclismo è entrato, non Moreno. Ci sono genitori che mi scrivono e mi ringraziano. Nell’ultimo corso, ho tolto le rotelle a tre bambini ed è stato bellissimo, più di una vittoria, perché per loro ha significato essere diventati grandi. A volte siamo in giro e mi abbracciano per strada

E qualcuno, dicevi, diventa corridore?

Alcuni hanno cominciato a correre in pista senza mai essere usciti su strada. Si parla tanto di pista e federazione, ma se non siamo noi dirigenti a portare i ragazzi, come fai? Noi andiamo a Lanciano una volta a settimana.

Quanti siete a lavorarci?

Vuoi la verità? Sono da solo.

E come fai a sostenere tanti costi?

Mi danno una mano le famiglie. Intanto hanno accettato il fatto di pagare una quota annuale, cosa che va bene in tutti gli sport, ma nel ciclismo fanno davvero in pochi. E’ impostata come una scuola, io offro un servizio. Ma pensate che cosa significa fare l’abbigliamento da gara e da riposo per 20 ragazzi? Le bici invece le comprano da soli, ognuno quella che vuole e può permettersi. Va bene anche quella usata da 300 euro, ma se nel periodo in cui viviamo, lo stesso condizionamento che c’è per i cellulari vale per le bici. Se non è in carbonio e leggerissima, non va bene. Ognuno compra quella che può permettersi, io gli ricordo che ho cominciato su un pezzo di ferro e ho fatto ugualmente la mia strada.

Tutto questo per il ciclismo abruzzese?

E’ un po’ in calo. Ci sono Ciccone e Cataldo e per il resto poche squadre. Danno la colpa alla federazione, ma la federazione non ci dava niente neanche prima, quando correvo io. Le cose devi fartele da solo. Per questo adesso che siamo in zona rossa, seguo al telefono i miei ragazzi che si allenano nei loro Comuni. Io in bici ci vado poco, solo quando non siamo in circuito, perché quando sono tanti li copro meglio con l’ammiraglia.

Perché lo fai?

Volevo creare un’area giochi per tutti i bambini che vogliono scoprire i segreti della bicicletta. II mio obiettivo è sempre stato il bene dei ragazzi. Da noi si divertono e crescono prima come uomini e donne e poi come ciclisti.

Davide Cimolai, rifornimento, Giro d'Italia 2020

Pasta di mandorle e basta caffè: “Cimo” mangia così

21.11.2020
3 min
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Davide Cimolai, “Cimo” per gli amici, è una di quelle persone fortunate che non ingrassano. E la cosa, in certi giorni di tensioni invernali con la bilancia, ad alcuni suoi colleghi può dare molto fastidio. In assoluto, tuttavia, avendo a che fare con un atleta professionista questa caratteristica è davvero un ottimo punto di partenza per farci spiegare come mangi nella settimana tipo di allenamento, dopo averci raccontato come si alleni.

Il regime alimentare di un professionista diventa agevole se l’atleta matura la convinzione che anche la disciplina a tavola rientri nella sua preparazione. Ricordate gli anni di Ullrich che d’inverno prendeva 12 chili e poi passava i primi 5 mesi dell’anno allenandosi con una sola mela in tasca?

Davide Cimolai, caffè
Basta caffè a casa, per Cimo solo a metà allenamento e alle corse
Davide Cimolai, caffè
Stop caffè a casa: solo in bici e alle corse
A che ora ti svegli?

Alle 7-7,30 al massimo. Non mi va di dormire troppo, la mattina sono più attivo e voglio approfittarne.

Subito colazione oppure stretching?

Subito colazione. Avena. Cereali. Una banana. Anche frutta secca. Tutto in una ciotola. Faccio così da quattro anni a questa parte. Ovviamente metto anche latte di avena.

E un caffè?

Il caffè mi piace, ho la macchina professionale, ma lo bevo soltanto in gara. Ne prendevo troppo e mi sono disintossicato. La mattina mi alzavo e mandavo giù una moka da tre, sennò la giornata non iniziava. Non era troppo salutare, per cui ho detto: okay, basta! La macchina espresso la tengo per gli ospiti. Faccio colazione, aspetto un’ora in cui sistemo casa e poi parto.

Cosa porti da mangiare durante la distanza?

Negli ultimi anni ho eliminato le barrette. Prendo con me fichi secchi, datteri o la pasta di mandorle buonissima che fa la mia ragazza. Nelle borracce, sempre due, metto maltodestrine. Quelle che passa la squadra. Comunque non parto mai senza rifornimento, perché la crisi di fame in allenamento è il peggio che possa succedere.

Davide Cimolai, borraccia, Giro d'Italia 2020
In allenamento come spesso in gara, due borracce con maltodestrine
Davide Cimolai, borraccia, Giro d'Italia 2020
In allenamento, borracce con maltodestrine
Quando torni a casa cosa prevede il pranzo?

Sono un tradizionalista: il piatto di pasta non me lo toglie nessuno. Recuperiamo i carboidrati. Poi dipende da orario e lavoro svolto. Se ho fatto due ore, parliamo di 120-130 grammi di pasta. Se ho fatto distanza o lavori pesanti, arriviamo a 2 etti.

Condita come?

Mi piacerebbe un bel sugo, ma faccio da solo perché la mia ragazza lavora e non ho mai voglia di perdere tempo. Per cui bianca o col pomodoro. Accompagnata da un piatto freddo, che sia salmone o bresaola.

Di pomeriggio?

Qualche visita in attesa della cena. Prima, anche se adesso non si può, ci scappa magari una birra all’ora dell’aperitivo. Una volta ero molto più integralista, adesso ho capito che una birretta rallegra l’animo e non fa male.

Pasta di mandorle
La pasta di mandorle fatta in casa da Alessia è il rifornimento preferito da Cimo
Pasta di mandorle
Il rifornimento? Pasta di mandorle
E per cena?

Anche qui dipende dall’allenamento. Diciamo che la base sono secondo e contorno di verdure. Se ho lavorato tanto, ci scappa anche un primo. A tavola solo acqua. Ma può capitare anche il giorno della cena fuori con la mia compagna, quando ancora si poteva.

Davvero non ingrassi?

Vero. Ma è anche vero che a fine stagione faccio un mese di fermo assoluto, perdo massa muscolare, per cui alla fine è qualcosa che si compensa. Comunque le mie abitudini alimentari mi permettono di vivere l’inverno serenamente. E alle 23 al massimo si va a letto. La tivù non ci piace poi tanto.

Davide Cimolai, compagna Alessia

Un bimbo in arrivo e poi Froome: Cimolai, al lavoro!

21.11.2020
5 min
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La vita di Cimolai sta per cambiare. Alla Israel Start-Up Nation bussa già Froome e soprattutto il prossimo anno Davide diventerà papà.

L’inverno che bussa alle porte, insomma, è di quelli importanti. Per lui, che appena un anno fa aveva vissuto un’esperienza dolorosa proprio durante il Giro, e per Alessia che gli darà presto un figlio.

Così siamo arrivati per farci spiegare in che modo Davide viva questo momento e come lavori (e come mangi) nella settimana tipo di allenamento.

Per inquadrare il discorso, “Cimo” ha 31 anni, è alto 1,85 e pesa 66 chili. E’ un atleta molto veloce, ma non un velocista in senso stretto, dato che nei giorni buoni se la cava anche su percorsi selettivi. Non gli piace stare fermo e piuttosto che annoiarsi e guardare la tivù, si trova qualcosa da fare. Stamattina ad esempio raccoglieva le foglie dal giardino…

«La vita a volte cambia in modo incredibile – dice – a metà maggio sarò papà. Quanto a Froome, lo conosco abbastanza bene e credo che tornerà forte, non so se come prima. Ma penso che al pari di Valverde sia fra quei pochi campioni capaci di risorgere da incidenti terribili. La squadra ha fatto un grosso investimento perché ci crede, ma proprio la squadra è la grossa incognita. Non so come si stiano muovendo su mercato, ottimo l’arrivo di De Marchi, ma certo il gruppo Tour cui era abituato lui alla Ineos sarà difficile ricrearlo».

Blocchi di giorni

Seguendo l’orientamento tipico di quasi tutti i preparatori, anche Cimolai suddivide il lavoro in blocchi di 3 giorni intervallati da un riposo, che nei mesi di stacco fa coincidere (almeno ci prova) con il sabato o la domenica. E’ il preparatore (che si chiama Enrico Licini e assieme ad Alessio Camilli ha creato lo studio 4 Performance) a disegnare tabelle e strategie di lavoro, anche se dopo 11 anni di professionismo – fa notare – sarebbe in grado di gestire da solo l’ordinaria amministrazione.

«I miei blocchi di lavoro sono di tre tipi – dice Cimolai – e li adotto in funzione degli obiettivi e delle mie condizioni. C’è la combinazione che prevede i lavori di forza al primo giorno, l’anaerobico e l’intensità il secondo e la distanza il terzo. Oppure inverto il secondo e il terzo, con la distanza prima dell’intensità. Altrimenti nei tre giorni faccio forza, distanza e palestra. Il richiamo in palestra c’è sempre, anche durante la stagione per un paio di volte a settimana. Mio compito, oltre a pedalare, è quello di inviare feedback quotidiani all’allenatore, per variare il lavoro dei giorni successivi».

Davide Cimolai, preparazione invernale 2020
La preparazione invernale 2020 è iniziata: il prossimo sarà un anno importante
Davide Cimolai, preparazione invernale 2020
La preparazione invernale è iniziata

La forza

Ci tiene a dire che la forza per lui non sono le solite ripetute al medio a 50 pedalate al minuto.

«Per il tipo di corridore che sono – spiega Cimolai – lavoro con wattaggi superiori e frequenza di pedalata maggiore. Ovviamente in avvio di stagione è tutto più graduale. A queste Sfr abbino partenze da fermo e volate. Quando è il giorno delle volate, di solito faccio da solo. Se invece è previsto che si lavori dietro moto, mi aiuta l’assistente di sempre. Mio padre. Abbiamo uno scooter X-Max con il Garmin e il rullo dietro. Può capitare che faccia così l’ultima ora dopo una distanza, oppure che debba inserire dei lavori di velocizzazione. E in quel caso faccio due o tre ore da solo e poi dietro moto a ritmo gara».

I lavori di forza gli capita di farli anche in pista, ma a partire dalla primavera quando viene riaperto il velodromo di Pordenone, e ovviamente in palestra.

La palestra

La forza non si costruisce più soltanto su strada. Nei ritiri di inizio stagione e poi durante l’anno, quasi tutti hanno la loro tabella da seguire in palestra, ma gli atleti veloci di più.

«Da un anno ho la palestra in casa – dice – ed è molto comodo, anche perché adesso le hanno chiuse e avrei un problema. Faccio un’ora e 15′ filati, con lavori in circuito seguendo una tabella. Lavoro su tutto il corpo, ma in particolare sulle gambe e con carichi alti, rispetto a uno scalatore, quasi massimali. Ad esempio alla pressa, che faccio una gamba per volta, carico dai 130 ai 150 chili. Fatti questi esercizi, una volta uscivo per velocizzare. Adesso invece faccio coincidere la palestra con il massaggio. Ne faccio almeno due a settimana, con l’amico Giancarlo che trovo a 10 minuti di macchina da casa. Un bel massaggio, in modo che il giorno dopo non ci sia troppa pesantezza».

Davide Cimolai, allenamenti in pista
Quando la pista riapre, qualche seduta di forza e velocizzazione non manca mai
Davide Cimolai, allenamenti in pista
Lavoro in pista per forza e velocità

La distanza

Quando parli con un professionista, si ragiona in termini di ore e mai di chilometri. Del resto se il dislivello di un allenamento supera i 2.000 metri ha poco senso parlare di lunghezza.

«E il dislivello – dice – lo prevedo sempre, perché sennò non mi passa. Se lavoro bene nei giorni precedenti, quando faccio distanza non supero mai il medio e al massimo metto dentro qualche richiamo di forza. Per le uscite più lunghe ho un gruppo fra professionisti e dilettanti, in modo che la giornata passi meglio. In tasca non metto mai il necessario per riparare le gomme, perché ho i tubolari e non buco tanto spesso. E se succede, prendo il telefono e trovo qualcuno che venga a prendermi. Durante la stagione scorsa ho bucato solo due volte e poi il tubolare, a meno che non prendi il vetro che fa un taglio grosso, scende lentamente e dà il tempo di arrivare da un meccanico. Quello che non manca mai in tasca è qualche euro per la sosta al bar. Caffè e cornetto e si riparte. Nella distanza non guardo media né watt».

L’anaerobico

Qua invece i watt si guardano eccome. Sono lavori brevi ma intensi. I classici 30×20 o 40×20 o il minuto spinto.

«Sto fuori 3-4 ore – dice Cimolai – sono i giorni più pesanti. I battiti salgono. I watt salgono. Hai la tabella in testa e la esegui. Può capitare di non stare bene e riprogrammare, ma di sicuro la sera di questi lavori sei abbastanza spremuto. Rientrano nel discorso anche le volate e il lavoro dietro moto».

Se piove il primo giorno, si anticipa il riposo. Se viene giù il secondo giorno, si anticipa la palestra. E se continua anche il terzo giorno…

«Da noi – sorride – non piove mai per più di due giorni. Ma se accade, si prende l’acqua. E poi resta il giorno di riposo, il quarto della serie, il più bello. Se non sono morto per il lavoro dei giorni prima, faccio un giretto, prendo il caffè e mi riposo».

Chris Froome, Vuelta Espana 2020

Arriva Re Chris e la Israel si fa il trucco

16.11.2020
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Come reagiresti se ti dicessero che dal prossimo anno dovrai guidare Chris Froome all’assalto del quinto Tour? Claudio Cozzi, che pure non sarà il solo direttore sportivo della Israel Start-Up Nation sta facendo ancora i conti con questa nuova consapevolezza. E se pure in passato gli è capitato di giocarsi il Giro con Purito Rodriguez (la ferita della crono di Milano 2012 sanguina ancora), la prospettiva Froomey promette di spostare tutto verso un livello di gioco più alto.

Chris Froome, cronometro individuale, Tirreno Adriatico 2020
La Tirreno-Adriatico aveva mostrato Froome in ritardo di forma
Chris Froome, cronometro individuale, Tirreno Adriatico 2020
Alla Tirreno in ritardo di condizione
Che aria si respira nel team?

La voglia di darsi da fare e crescere. Abbiamo davvero una buona prospettiva.

Si è davvero parlato di farlo arrivare per il Tour 2020?

La storia della trattativa non saprei come affrontarla, non ne so molto. Ha gestito tutto il management.

Con Froome in squadra nemmeno vale la pena parlare di obiettivi, giusto?

L’idea è di fare un grande Tour. Per questo si deve costruire un gruppo, di cui ad esempio potrà far parte anche Alessandro De Marchi. Avrà da lavorare, ma anche i suoi spazi. Un bell’acquisto, mi ci sono buttato in mezzo anche io, perché è davvero un bel corridore.

Di quali corridori c’è bisogno?

Gente forte in salita, capace di pilotarlo nelle situazioni nervose di corsa e che sia esperta. Lui ha chiesto di avere una squadra attrezzata. So ad esempio che con Impey ha corso alla Barloworld. Ma per la mia esperienza con Purito, se hai un leader forte, porti solo uomini per lui. Un anno portammo Kristoff al Tour, ma perché Alex va forte anche in salita e, quando serve, sa anche tirare.

Claudio Cozzi, Giro d'Italia 2020
Claudio Cozzi, con la mascherina al Giro d’Italia
Claudio Cozzi, Giro d'Italia 2020
Claudio Cozzi con mascherina al Giro
La vostra non è una squadra votata al leader, finora non vi è mai toccato farlo…

Siamo venuti al Giro senza un capitano e abbiamo lottato per le tappe. Abbiamo sofferto, ma abbiamo vinto la tappa di Vieste. Alla Vuelta invece, avendo Dan Martin, abbiamo provato a cambiare registro.

Certo è un bel salto…

E tutti abbiamo l’entusiasmo di salire al livello necessario. Di sicuro si tratta di un grande investimento, perché oltre a Chris coinvolge atleti come Ben Hermans e Dan Martin. Poi ci sarà da vedere James Piccoli, il canadese. E nel frattempo siamo qui a progettare ritiri senza sapere se potremo farli. Adesso se ne stanno valutando due fra dicembre e gennaio, ma chi può dire se ci sarà modo di farli?

Pensi che Froome abbia già in mano il nuovo materiale?

Probabilmente sì, ce lo stanno consegnando in questi giorni, probabilmente avrà la nuova bici, anche se non può ancora usarla. E’ un perfezionista, vorrà valutare tutto. Non è uno che va a correre per arrivare secondo, ma è anche un professionista capace di lavorare per la squadra.

Chris Froome, consegna trofeo 2011, Vuelta Espana 2020
Alla Vuelta gli hanno consegnato il trofeo dell’edizione 2011, vinta da Cobo poi squalificato
Chris Froome, consegna trofeo 2011, Vuelta Espana 2020
Il trofeo della Vuelta 2011 vinta per squalifica di Cobo
Dici che tornerà al top come dice Wiggins?

Ha avuto la sfortuna di non poter mettere insieme tanti chilometri di corsa. Dopo l’incidente non ha potuto fare la progressione necessaria. Infatti alla Vuelta, con le tre settimane, si è visto che cresceva. La corsa ti dà una velocità che a casa non costruisci. Può tornare ai suoi livelli, anche se il modo di correre è cambiato tanto. Una volta si diceva che per vincere il Tour bastasse avere un rapporto potenza peso di 6,5. Oggi volano ben più alto, perché si sta abbassando il peso. 

Chris non potrà più lavorare con Tim Kerrison, sai chi lo allenerà?

Onestamente non lo so, ma posso dire che abbiamo un gruppo di preparatori di alto livello. E’ quello che si sta decidendo in questi giorni. Con i tempi che corrono, si lavora a tutto. Anche a creare un piano A e un piano B. Siamo tutti connessi. Direttori. Preparatori e sponsor. Quest’anno e anche il prossimo, le cose vanno così…

Olimpiadi e classiche, in arrivo De Marchi

10.11.2020
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Alessandro De Marchi è indaffarato tra scatoloni, mobili e scartoffie. Il “Rosso di Buja” ha comprato una nuova casa e in questi giorni più che un corridore è un addetto ai traslochi. Ma come sempre, quando c’è da fare il Dema non si tira indietro. Da buon friulano, l’ormai ex corridore della CCC Sprandi, si tira su le maniche e si tuffa corpo e anima nel suo lavoro.

Come va il trasloco?

Sto tentando di finire casa. Ci siamo quasi, ma alla fine manca sempre sempre qualcosa. Poi mia moglie si è anche infortunata, gira con le stampelle, e tutto va un po’ a rilento. La nuova abitazione è sempre in zona di Buja. 

De Marchi tra gli scatoloni di casa, in pieno trasloco
De Marchi tra gli scatoloni di casa
Partiamo da questa folle stagione. Come è andata?

Non come pensavo. Almeno non sempre. Fino ad agosto anche bene direi, poi al Tour le cose si sono complicate, è arrivata della “foschia” e fino alla fine è stata così. Questa cosa del Giro che mi ha visto tagliato fuori all’ultimo mi ha colpito parecchio e di fatto la mia stagione è finita lì. Sì, ho fatto le classiche, ma senza mordente.

Come hai reagito? Se ci si ferma presto l’inverno può diventare molto lungo…

Con tutte le cose in ballo non mi annoio! La storia del Giro è stata una grossa delusione. A giugno i programmi erano di fare questa doppietta Tour-Giro e contavo molto sulla corsa rosa, tutto era in sua funzione, mi ispirava. Al Tour è sorto qualche problemino, anche qui a casa, e con la mente non c’ero, ma continuavo a pensare che mi sarei rifatto al Giro. 

Dopo la terribile caduta dello scorso anno, questo è stato un anno di “rodaggio”?

Sì, c’era parecchia emotività su questa stagione proprio perché avevo finito l’anno precedente in quel modo. Le prime gare mi avevano dato fiducia. Ero contento di quel secondo posto nel campionato nazionale a crono. Era un buon segnale, potevo non essere una delle tante pecorelle del gruppo. 

Cosa avresti fatto al Giro?

Che bella corsa è stata. Avrei puntato alle tappe. Già nella prima settimana ce n’era più di qualcuna adatta alle fughe. Senza contare quelle due in Friuli, ci tenevo molto. C’erano tappe lunghe, adatte alle fughe… insomma l’ideale per me. Al Tour non è stato così. Si è corso con un tatticismo esagerato. Bisognava essere al 101 per cento, perché al 99 sarebbe stato un bel problema.

Adesso però è già tempo di ripresa…

Dovrei ripartire la prossima settimana. Sono molto autonomo, ormai so cosa e come devo fare. Dalla Israel Start-Up Nation non abbiamo ricevuto notizie in merito ad eventuali ritiri. Ci sono delle cause di forza maggiore. Teoricamente si prospetta un inverno tranquillo a casa e tutto sommato la cosa non mi dispiace. Riprenderò con tranquillità visto che i miei obiettivi sono più in là.

E quali sono?

I grandi Giri e l’Olimpiade. Tokyo era il mio grande obiettivo 2020. Ero concentrato su questo e spero di riprendere il discorso nel 2021.

Il friulano nella crono tricolore 2020, conclusa al secondo posto
Il friulano nella crono tricolore 2020
Continuerai a lavorare con il gruppo friulano o con i nuovi tecnici della Israel?

Siamo liberi, loro hanno solo chiesto di condividere ciò che facciamo. Io continuerò con il mio gruppo di lavoro, con Andrea Fusaz e il CTF Lab e anche con due persone esterne al mondo del ciclismo che mi seguono dall’anno scorso. Sono Mauro Berruto (ex tecnico della pallavolo) e Giuseppe Vercelli (psicologo dello sport). Con loro ho gettato le basi per un lavoro individualizzato.

Come sei arrivato a queste due figure?

Nel 2014, tramite Cassani durante un camp. Mauro è venuto a presentare un libro. Da lì siamo rimasti in contatto. Poi i rapporti si sono intensificati l’anno scorso dopo la mia caduta. Mauro è l’head-coach. Ha una capacità incredibile di gestire la parte atletica, quella mentale e coordinare ogni aspetto della preparazione. Per esempio lui e Giuseppe mi hanno visto approcciare una crono. Per me c’è un iter consolidato dalla ricognizione al riscaldamento che però non mi portava in gara con il mood giusto. Qualcosa che solo chi è fuori dal ciclismo può vedere.

Invece alla Israel come ci sei arrivato?

In realtà sono stati loro i primi a contattarmi. E il ruolo a cui puntavano era l’ideale per me. Cercavano un corridore da utilizzare in più situazioni. Se prendi Chris Froome hai nelle corse a tappe i tuoi maggiori obiettivi e io chiaramente devo stargli vicino. Però loro volevano anche un uomo per le classiche, il mio profilo era quello giusto. E questa cosa mi ha fatto piacere. Io non sono mai stato una cosa o l’altra, ma ho sempre ricoperto più ruoli.

Hai già parlato con Froome?

In realtà no, perché abbiamo fatto calendari diversi. Ci siamo incrociati alla Liegi, ma entrambi eravamo presi ognuno nelle proprie cose. Ho il suo numero, ma non lo ho ancora “disturbato”. Siamo una squadra nuova. Spero ci si possa incontrare prima di entrare nel vivo, altrimenti saranno problemi.

De Marchi in ammiraglia CTF
De Marchi in ammiraglia CTF
Cambiamo discorso. I ragazzi del CTF ti adorano. Li segui molto?

In realtà non così tanto. Diciamo che quando posso cerco di essere presente. Qualche settimana fa li ho seguiti in ammiraglia in corsa. Purtroppo però non ci sono tante occasioni.

E non uscite insieme?

Se vengono alla “casetta” (il ritiro del CTF, ndr) ci proviamo. Abbiamo una chat e cerchiamo di organizzarci. In passato quando non conoscevano bene le strade uscivamo di più, adesso sono autonomi. Per assurdo Milan che abita a 300 metri da me è quello con cui esco meno. Lui è molto preciso con i suoi allenamenti e non sempre riusciamo ad “incastrarci” se non per brevi tratti. Il CTF è una bella realtà e a volte a forze di associarla a me si rischia che si parli più di De Marchi che non del team. Adesso tocca a Fabbro, Aleotti, Milan, i fratelli Bais dare il giusto merito a questo team.

Dema in versione scalatore!
Dema in versione scalatore!
Nel tempo libero cosa fai?

Tempo cosa? Avrei voglia di fare mille cose ma davvero ce n’è poco. Però devo dire mi sono avvicinato all’arrampicata. Ho iniziato a giugno e ho fatto altre sedute la settimana scorsa. Mi appoggio a delle guide alpine. Mi piace perché sei lì, in bilico, solo con te stesso. Ti devi concentrare solo su quello che stai facendo. Solo quando sono tornato a casa mi sono reso conto di aver staccato per davvero. Per questo mi piace.

Prima ti abbiamo sentito parlare del Giro in modo davvero appassionato: cosa ti ha colpito della corsa rosa?

Che si è corso in un periodo diverso dal solito. Ci ha dato paesaggi, colori e profumi insoliti. E’ stata una sorpresa. Ed era una delle cose che mi attirava: correre in Italia in un periodo nuovo. Dallo Stelvio innevato ai colori della Sicilia.