Il reintegro delle proteine: spiega tutto il dottor Giorgi

13.02.2023
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Nel campo dell’alimentazione sportiva le cose da sapere sono molte. Con il dottor Andrea Giorgi, che da poco ha iniziato a lavorare con la Green Project Bardiani CSF Faizanè, cerchiamo di addentrarci nel mondo dell’integrazione proteica. Se le regole da seguire sono chiare, a seconda dei momenti, il modo di assunzione varia. E non poco.

Il dottor Giorgi nel ritiro di inizio stagione della Green Project in Toscana
Il dottor Giorgi nel ritiro di inizio stagione della Green Project in Toscana
Dottore intanto da quali alimenti si prendono le proteine?

E’ bene specificare che l’integrazione proteica passa da macro famiglie: le proteine animali che derivano da carne, pesce, uova e formaggio. Poi ci sono quelle derivanti da cereali e legumi. Quest’ultimi però hanno una carenza di aminoacidi essenziali, fondamentali per la sintesi proteica. 

Qual è la quantità di proteine giornaliere da assumere?

Al giorno si possono prendere da 1,2 a 2,5 grammi per peso di massa magra. Vi faccio un esempio: un atleta deve assumere 1,5 grammi di proteine per chilo di massa magra. Se il suo peso è di 60 chili ed ha il 10 per cento di massa grassa si deve calcolare l’assunzione di proteine su 54 chili. Di conseguenza l’atleta in questione dovrà assumere 81 grammi di proteine nell’arco della giornata. 

Come si distribuiscono?

Innanzitutto è bene sapere che le proteine, se assunte per più di 20 grammi per volta, non vengono assorbite. Quindi viene tutto calibrato in base all’allenamento o alla corsa, con dei range di tre quattro ore tra un’assunzione e l’altra. Per questo è preferibile consumarle durante i pasti: colazione, pranzo, merenda e cena. 

Settanta grammi di carne rossa contengono in media 20 grammi di proteine
Settanta grammi di carne rossa contengono in media 20 grammi di proteine
Tornando all’esempio del nostro corridore di 60 chili. Questo dovrà assumere 81 grammi di proteine divisi in quattro pasti?

Esatto, questo suo fabbisogno giornaliero può essere tranquillamente suddiviso così.

E come può gestirsi?

A colazione può mangiare uno yogurt greco, il cui apporto proteico è di 17 grammi in 170 di prodotto. Oppure 70 grammi di carne, che ne contengono 20 di proteine. Un atleta quando è a casa può gestire liberamente quelli che sono i pasti e la conseguente assunzione proteica. 

Per quanto riguarda l’integrazione, ovvero le varie “polveri”?

Quelle sono un campo differente. Un corridore che si deve allenare andrà ad integrare al normale consumo di proteine quello dello sforzo fisico, in questo caso con barrette, polveri e così via. 

Anche i cereali forniscono una buona dose di proteine, anche se meno nobili rispetto a quelle animali
Anche i cereali forniscono una buona dose di proteine, anche se meno nobili rispetto a quelle animali
Come cambia la gestione dell’integrazione?

In questo caso la mattina e durante l’allenamento o la corsa, il corridore non deve assumere proteine. Queste non danno energia, quindi non sono utili nell’economia dello sforzo. Anche quando facciamo i test sul consumo dell’ossigeno, non guardiamo al consumo proteico. 

Nella fase post allenamento come si gestiscono?

Ci sono delle tecniche usate dai corridori per perdere peso, ma non massa muscolare, che si utilizzano soprattutto a inizio stagione. L’atleta mangia proteine dalla sera dopo l’allenamento fino alla mattina successiva, poi si allena a bassa intensità. Al rientro mangia dei carboidrati e dalla cena si ripete. Sono tecniche particolari, che però vanno dosate da nutrizionisti e preparatori. 

Mantenendo una dieta normale invece?

Come detto, quando l’atleta si allena è più libero, quindi si gestisce come meglio crede. La cosa che deve passare è che si ha una quota proteica alla quale arrivare. Rispettando però il parametro dei 20 grammi di proteine a pasto. 

Lo yogurt bianco è un’ottima fonte proteica, adatto per la colazione
Lo yogurt bianco è un’ottima fonte proteica, adatto per la colazione
Le indicazioni rimangono simili anche quando si lavora in palestra?

Dopo un allenamento in palestra si ha un effetto anabolico che dura per ventiquattro ore. Questo vuol dire che bisogna assumere la giusta quantità di proteine per far sì che non si perda massa muscolare. 

In corsa, invece? Specialmente in quelle a tappe, come cambiano le cose?

Durante le corse a tappe è inutile mangiare solo proteine nel post tappa. Per mantenere il peso durante la gara è importante consumare carboidrati mantenendo costante l’assunzione di grassi e proteine

Appena tagliano la linea del traguardo si vedono gli atleti con in mano i classici “beveroni”. Cosa sono?

Quello è il reintegro proteico, sono i canonici 20 grammi di proteine. Si possono assumere tramite cibo solido oppure sotto forma liquida. Molti corridori appena conclusa la corsa non hanno un grande appetito, visto anche lo sforzo appena concluso. Di conseguenza preferiscono assumere le proteine sotto forma liquida. E’ una scelta che dipende anche dalla capacità di digestione, per evitare problemi intestinali. In più c’è da considerare il fatto che quando si beve non si ha la stessa sensazione di sazietà. 

Finisce lì il reintegro post tappa?

Il beverone va ripetuto ogni ora fino a cena, quindi in media si prende per tre volte. Una volta a tavola, si ritorna ad una normale alimentazione. C’è anche un’altra fase importante, l’ultima.

Quale?

E’ fondamentale assumere delle proteine anche prima di andare a dormire, questo per evitare il catabolismo. Si tratta di un fenomeno nel quale il muscolo, non sufficientemente alimentato, si distrugge. Il modo di assumere proteine prima di dormire è totalmente libero e segue le preferenze dell’atleta.

Novità Gaerne: presa la Intermarché Circus Wanty

10.02.2023
3 min
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Intermarché Circus Wanty (formazione già più volte vittoriosa in questo avvio di stagione) e Green Project Bardiani-CSF Faizanè: sono questi i due top team professionistici sponsorizzati quest’anno da Gaerne. Se per il “gruppo Reverberi” si tratta di una conferma, sono difatti parecchi anni che Gaerne affianca e supporta il team reggiano, l’inserimento della Intermarché Circus Wanty di Bini Girmay e Alberto Rui Costa è senza alcun dubbio da considerare un vero e proprio “colpo” ben assestato in chiave comunicazione e marketing. Non a caso la formazione belga è partita fortissimo in questa stagione aggiudicandosi numerose vittorie.

Nel 2023 è arrivata per la Gaerne la collaborazione con la Intermarché Circus Wanty (foto CyclingMedia Agency)
Nel 2023 è arrivata per la Gaerne la collaborazione con la Intermarché Circus Wanty (foto CyclingMedia Agency)

La nuova G.STL

A tutti gli atleti di entrambe le squadre, lo storico brand italiano produttore di calzature per il ciclismo mette quest’anno a disposizione il modello di punta della collezione: le iconiche G.STL,  oggi ulteriormente ottimizzate e migliorate nel design per poter garantire un comfort davvero assoluto. La tomaia di queste calzature, dal design pulito, è realizzata in un unico pezzo di micro fibra con foratura a laser per garantire un’ottimale ventilazione.

Zoccarato alla recente Volta a la Comunitat Valenciana ha conquistato la classifica dei GPM
Zoccarato alla recente Volta a la Comunitat Valenciana ha conquistato la classifica dei GPM

Il tallone Anatomic Heel Cup 1.0, dalla forma anatomica e combinato con la tecnologia Tarsal Support System 1.0, garantisce la posizione perfetta del piede all’interno della calzatura stessa per una trasmissione ed un controllo della potenza decisamente notevole. Il dispositivo di chiusura Infit Closure System dispone di ben sei zone di fissaggio in grado di garantire numerosissime possibilità di regolazione, oltre ad una chiusura precisa e personalizzata, mentre gli innovativi rotori BOA Li2, con la loro micro-regolazione progressiva, offrono il massimo in termini di chiusura rapida, facile e precisa. 

Gaerne ha appena festeggiato i suoi 60 anni, in foto il fondatore Ernesto Gazzola
Gaerne ha appena festeggiato i suoi 60 anni, in foto il fondatore Ernesto Gazzola

Un vero Made in Italy

«Supportiamo la famiglia Reverberi e il Team Green Project Bardiani-CSF Faizanè da tantissimi anni – ha dichiarato Ernesto Gazzola, il fondatore di Gaerne – e al loro gruppo quest’anno siamo riusciti ad affiancare una formazione WorldTour di primissimo livello: la Intermarché Circus Wanty. Siamo davvero orgogliosi di essere parte integrante di questi due prestigiosi progetti agonistici, due contesti nei quali si punta anche a far crescere i giovani talenti del ciclismo di domani. In Gaerne realizziamo scarpe per il ciclismo fatte artigianalmente, in Italia, da ben 60 anni, e oggi più che mai ci teniamo ad affermare che siamo impegnati al massimo per poter assicurare a tutti gli atleti che supportiamo comfort assoluto e tanta, tantissima tecnologia». 

Gaerne

Da San Juan a Faenza, un giorno con “El Flaco” Tarozzi

06.02.2023
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Siamo a Faenza, in Romagna, Tarozzi ci apre le porte di casa sua. Manuele vive con i genitori e a breve andrà a convivere con la propria ragazza. Una storia comune, normale per un ragazzo di 24 anni. Ed è da quella situazione di normalità e pacatezza che scorgiamo con il suo arancione acceso, appesa allo stendipanni, la maglia di leader degli scalatori della Vuelta a San Juan affiancata alla divisa Green Project Bardiani-CSF Faizanè

“Taro” come lo conoscono tutti qui in Romagna è appena tornato a casa dalla trasferta argentina, dove ha conquistato il primato degli scalatori a suon di fughe. A 11.000 chilometri di distanza in Italia oltre alle immagini dei suoi attacchi sui GPM è riecheggiato un soprannome che gli calza a pennello, “El Flaco”.

«Mi piace – dice – non ho mai pensato di volere un soprannome. Il massaggiatore cileno, mi ha spiegato che vuole dire: magro e slanciato o leggero e scattante. Me lo hanno dato i commentatori della radio argentina. Là è come un mondiale e molte zone sono povere e seguono la corsa alla radio».

Ad oggi “El Flaco“ è al secondo anno da pro’ e questo è il suo primo risultato degno di nota tra i grandi. Scopriamo chi è, e perché quando sale in sella vuole fare divertire.

Gli inizi

Diciotto anni in bici. No, non è la fine di una carriera, ma il tempo che Tarozzi ha già passato in sella. Ha iniziato da G1, seguendo la passione di suo padre. La squadra era la S.C. Faentina di Vito Ortelli, professionista ai tempi di Coppi e Bartali, che è riuscito a mettere in sella anche Manuele.

«Ci allenavamo in un rettilineo di campagna – racconta Tarozzi – appena fuori Faenza. Non ricordo molto di Vito, ma ricordo che per tutti era un maestro di ciclismo e di vita. Dopo qualche anno venne costruito il pistino per giovanissimi, dove siamo oggi, che ora è intitolato a lui». 

Una storia di precariato giovanile per poter praticare uno sport. Manuele infatti, finita la categoria da G6, ha iniziato a saltare da una squadra all’altra, non per colpa sua, bensì per la chiusura a effetto domino delle squadre dove approdava.

«Ho continuato perché mi divertivo – racconta – e perché in ogni categoria ho sempre vinto. Da giovane ti basta quello per continuare, non pensi troppo al futuro. Così da esordiente a juniores cambiai cinque squadre, fino all’ultimo anno in Italia Nuova Borgo Panigale dove ho trovato Coppolillo e Calzoni».

Dubbi e rinascita

Dopo un valzer di squadre continuo, per Tarozzi è arrivato il momento di trovare la propria strada tra gli under 23 e poter iniziare a giocarsi veramente il proprio futuro.

«Passai alla Beltrami – dice – feci due anni ma le cose non andavano come volevo. Facevo fatica a trovare continuità tant’è che pensai anche di smettere. Poi mi richiamò Coppolillo e mi parlò di questo nuovo progetto pensato da Davide Cassani per mettere su una squadra in collaborazione con la Regione di nome #inEmiliaRomagna. Aveva la sede a Faenza e io avevo bisogno di nuovi stimoli, in più avrei trovato miei ex compagni di squadra degli juniores. Quella notizia mi riaccese l’entusiasmo a tal punto che vinsi e feci un bel finale di stagione alla Beltrami. 

Si apre così un nuovo capitolo e Manuele riparte da casa per rimettere a posto le cose: passione e voglia. Grazie a questa nuova opportunità arrivano le vittorie e torna l’obiettivo di passare tra i pro’. «Un momento chiave fu la fuga all’italiano del 2021 tra i professionisti. Lì capii che la mia possibilità di diventare pro’ sarebbe potuta diventare realtà».

Attaccate sui muri si notano le foto delle vittorie. Qui quella della Firenze-Faenza
Attaccate sui muri si notano le foto delle vittorie. Qui quella della Firenze-Faenza

Le vittorie

Come detto, Taro ha sempre vinto, da G1 a elite. Ad oggi manca il successo tra i pro’ ma a causa di una caduta alla prima gara, che lo ha tenuto fuori quasi due mesi, l’anno scorso ha inseguito tutta la stagione. Il suo rapporto con le vittorie non sembra essere ossessivo, ogni sua gara parte da un concetto che lo renderebbe simpatico a qualsiasi appassionato: «In gruppo mi annoio»

In che senso? «A volte ho paura – riprende Tarrozzi – e a volte l’idea di stare 200 chilometri ad aspettare il finale mi annoia proprio. Certo non si può stare in fuga sempre, ma quando sono là davanti è tutto da scrivere e sento energie che prima non pensavo di avere. Sia chiaro, sono il primo a ridere e scherzare con tutti per far passare il tempo, ma andare in fuga è speciale. Sono veloce e qualche risultato l’ho fatto anche così, ma le mie vittorie preferite sono quelle dove sono arrivato da solo».

Alla domanda qual’è la sua vittoria preferita, la risposta arriva senza esitazioni. «La Firenze-Faenza. Una gara per juniores creata da Cassani e ispirata alla 100 km del Passatore, una podistica famosissima per noi faentini. Sono legato a questa corsa perché da piccolo la facevo in bici con mio babbo seguendo i corridori (un’usanza comune tra i faentini, ndr).

«Ero in maglia Italia Nuova. Partì una fuga a 5 minuti e né io né i miei compagni eravamo dentro. Mi ricordo che in una gola sul Passo della Colla il mio diesse Calzoni, mi urlò talmente dietro che sentì l’eco per qualche secondo. Così partii e riagganciai la fuga. Sull’ultima salita “Coppo” mi disse di attaccare. Quel giorno pioveva molto, nella discesa della Carla che conoscevo a memoria riuscii a staccare tutti. Arrivai in piazza a Faenza da solo a braccia alzate. Fino ad ora è la mia vittoria preferita».

La classifica dei GPM a San Juan è stata il frutto di tappe affrontate all’attacco
La classifica dei GPM a San Juan è stata il frutto di tappe affrontate all’attacco

A San Juan

Arriviamo ai giorni nostri e al motivo del perché ci troviamo a casa de “El Flaco”. Alla Vuelta a San Juan, l’obiettivo era sempre quello, andare all’attacco. «Rossato ha messo in chiaro le cose da subito: dovevamo andare in fuga. Non sono partito con l’obiettivo della maglia GPM, ma dopo la prima tappa ci siamo detti, perché non provarci? Pensavo sempre alla vittoria. Quest’anno devo riprendermi la rivincita sul 2022 deludente non per colpa mia. Con il mio preparatore, Paolo Alberati, non ci siamo concentrati sulle distanze ma sull’intensità e sono riuscito a fare un bell’inverno per partire pronto fin da subito». 

La conquista della maglia non è di certo ancora una vittoria e Taro ha ancora tutto da dimostrare tra i pro’ ma un primo segnale alla prima occasione utile è arrivato. La sua generazione sta già sbocciando. Pogacar che ha battuto da juniores è a quota due Tour, Bernal vanta un Tour e un Giro e sta provando a rinascere dalle ceneri di un brutto infortunio. Se con lo sloveno l’incontro dopo quella volta non è ancora avvenuto, con Bernal un incontro c’è stato. 

«Eravamo sull’ultima salita. Il mio obiettivo era diventato solo il GPM per conquistare la maglia definitivamente. Avevamo 3 minuti sul gruppo e in radiolina mi dissero, “E’ partito Bernal“. Ci ha ripreso e ha dato una bella aperta di gas. Leggere il mio nome davanti al suo sul GPM mi fa capire che era una bella corsa. Ma si vedeva che è ancora lontano dalla propria condizione».

Per Tarozzi manca la vittoria, ma il secondo anno tra i pro’ è appena iniziato
Per Tarozzi manca la vittoria, ma il secondo anno tra i pro’ è appena iniziato

Romagna mia

Appassionato di psicologia, Tarozzi ha una parlata romagnola che lo rende genuino. Ogni suo concetto è chiaro e non lascia spazio a scuse o dubbi. Ride spesso, ma gli occhi sempre un po’ socchiusi lo rendono un ragazzo dal fare rilassato e quasi… svogliato. Vederlo in bici però dimostra tutt’altro che questo. Alla Bardiani ha trovato un ambiente giovane e serio, il posto giusto dove poter affrontare il futuro con tutti i mezzi necessari. «Mi trovo bene, parliamo tutti la stessa lingua e siamo giovani. La voglia di fare è tanta da parte di tutti».

Manuele sta bene a Faenza, andrà a convivere con la propria ragazza tra pochi mesi. La sua Romagna sembra essere un nido accogliente da cui spiccare il volo ogni volta che deve. «A breve andrò al Tour du Rwanda, dove tra due anni si faranno i mondiali, sono tutti curiosi. Poi si vedrà, non ho ancora un calendario definito, so per certo che voglio fare bene al Tour of the Alps». 

Ti piace allenarti qui? «Sì, mi alleno quasi sempre con Davide Dapporto della Technipes #inEmiliaRomagna, mio ex compagno di grande talento e con Filippo Baroncini. A volte usciamo anche la sera insieme. Ci divertiamo e facciamo quello che ci piace».

Conosciamo Filippo Magli, il neopro’ che parla da grande

05.01.2023
5 min
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«Io sono convinto che Filippo farà meglio tra i pro’ che tra gli under 23, perché è un lottatore, è un duro, non ha paura di prendere aria in faccia. Non è velocissimo ed è anche un generoso, per questo tra i dilettanti ha vinto poco, ma è un buon atleta. E poi è un uomo di fondo e quando ha avuto la possibilità di fare le corse con i pro’, nello stage con la Bardiani o con la nazionale, ha sempre figurato bene». Queste sono parole (preziose) di Carlo Franceschi, patron della Mastromarco Sensi Nibali, nella quale ha militato Filippo Magli.

Oggi Filippo figura tra i 26 ragazzi della Green Project Bardiani. Si tratta di un giovane di buona prospettiva, anche se non fa parte del gruppo under 23 di Mirko Rossato. 

Magli, toscano, classe 1999 è uno di quei ragazzi che non è passato con le stimmate del campione, per non dire che essendo già un over 23 ha forse anche rischiato un po’. Ma la sua avventura è iniziata quest’anno. E il futuro è della sua parte.

Filippo Magli (classe 1999) ha un contratto con la Green Project-Bardiani Csf-Faizanè anche per il 2024
Filippo Magli (classe 1999) ha un contratto con la Green Project-Bardiani Csf-Faizanè anche per il 2024
Filippo, inizi questa avventura nei professionisti: con che spirito l’affronti?

Mi sono ritrovato in un ambiente nuovo e stimolante e sono molto contento. Alla fine sin da piccoli si lavora per arrivare qui, al professionismo. Ma solo quando ci arrivi ti rendi conto di quanto sia tutto grande. Siamo stati in ritiro già a dicembre: è un bell’ambiente, siamo tanti, quasi tutti italiani e forse anche per questo ci intendiamo bene e ci sentiamo tutti coinvolti.

Qual è la prima differenza rispetto ad una squadra di dilettanti?

Qui sei seguito “H24”, in tutto e per tutto: dall’alimentazione al riposo, dai massaggi agli allenamenti. Però io alla Mastromarco ero abituato bene. Ero abituato ad avere sempre una persona di riferimento che fosse Balducci o anche Franceschi e in qualche modo ero pronto a questo passaggio. E’ un altro mondo e devi essere bravo anche a gestirti nelle tue attività al di fuori della bici, devi far coincidere tutto.

Oggi, Filippo, ci sono parecchi ragazzi che passano con le stimmate dei super campioni, tu sei stato un buon corridore: come ti approcci al professionismo?

Io credo che ognuno abbia il suo percorso. Vero, ci sono parecchi ragazzi che a 18-19 anni vanno veramente forte, il che è sicuramente un pregio. Io a quella età ero un ragazzetto anche mentalmente, doveva imparare proprio tanto. Sembra di parlare di trent’anni fa, ma in realtà sono solo 4 o 5. Sono consapevole che il ciclismo sta cambiando e quello che stanno facendo vedere i giovani di oggi sono cose grandi. Però poi, si sa, nei professionisti bisogna ambientarsi, bisogna fare un ulteriore salto di qualità… Un salto che magari questi ragazzi hanno già fatto. Mentre gente come me, cresciuta con più calma, magari farà dopo. 

Il corridore toscano è stato alla Mastromarco fino alla passata stagione. Già nel 2021 aveva fatto uno stage con l’allora Bardiani
Il corridore toscano è stato alla Mastromarco fino alla passata stagione. Già nel 2021 aveva fatto uno stage con l’allora Bardiani
E non è detto che il campioncino riesca ad adattarsi… E poi non sei vecchio! Anche se hai parlato da saggio.

No, no… non sono vecchio, però alla fine vado per i 24 anni e nel ciclismo attuale non sono più il giovane di turno. E lo vedo anche all’interno della squadra: sono nuovo, ma non mi sento il giovane neoprofessionista che arriva in un nuovo team. E l’ho capito vedendo intorno a me anche ragazzi di 18-19 anni.

Ci presenti il Filippo Magli corridore? Che caratteristiche ha?

Sono sempre stato, fin dalle categorie giovanili, abbastanza veloce, almeno per i gruppi ristretti. Mentre in salita facevo un po’ di fatica. Poi da junior e dilettante, mi sono asciugato fisicamente e da allora me la cavo discretamente anche nelle salite, chiaramente non le salite lunghe. Non sono uno scalatore. Mi piacciono i percorsi misti, con scalate brevi. Mi trovo bene nelle gare lunghe… anche se poi al massimo negli U23 facevi 180 chilometri. Nei pro’ i chilometraggi sono diversi e magari questo mi piacerà. 

Per farci capire che corridore sei a chi ti paragoneresti?

Sinceramente non ci ho mai pensato. E non lo so, dico la verità! Magari questo paragone lo lasciamo fare agli altri.

Magli in partenza da Bologna per raggiungere il ritiro spagnolo
Magli in partenza da Bologna per raggiungere il ritiro spagnolo
Tu sei seguito da Andrea Giorgi per quanto concerne la preparazione, medico e preparatore interno alla squadra. E’ una collaborazione che va avanti da tempo o è iniziata quest’anno?

E’ nata questo inverno. Negli under 23 ero seguito da Balducci e facevamo tutto in famiglia. Poi quando sono arrivato alla Green Project ci hanno presentato il nuovo staff di medici, dottori e preparatori ed ho avuto subito un bel feeling. Ho sentito di affidarmi a loro. Hanno un modo di lavorare un po’ diverso rispetto a quello che avevo avuto sin qui. Giorgi cerca molto i numeri, mentre prima magari stavo più attento alle sensazioni. Però anche lui dà parecchia importanza alla testa. Con Andrea ci sentiamo quotidianamente. Ho una tabella sulla quale ci confrontiamo e in base a impegni, sensazioni, condizione fisica andiamo a modificarla. Tra l’altro mi dà consigli anche sull’alimentazione.

Secondo te alla squadra piace il fatto che tu sia alle dirette dipendenze di un preparatore interno?

Non lo so, forse sì. Però non è che per questo voglio essere, diciamo, privilegiato… Non vorrei che da fuori ci fosse questa idea. Tutti qui sono seri e lavorano in sinergia con la squadra.

Ora quali sono i tuoi programmi?

Da un paio di giorni sono in Spagna. Siamo arrivati scaglionati: c’è chi c’era prima di me e chi arriverà dopo. Io invece verrò via un po’ prima perché poi volerò in Argentina, dove inizierò la stagione. 

Marcellusi è già in fuga verso il 2023

15.12.2022
5 min
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Martin Marcellusi è diventato grande. Il corridore laziale, che vive alle porte di Roma, è passato dal gruppo dei giovani a quello dei grandi. E’ al secondo anno di professionismo, ma per certi aspetti potrebbe essere il primo. E questo è un motivo di carica per lui.

Il suo 2022 è stato costellato da parecchi alti e qualche basso. Ha vinto il Piva, ha sfiorato il Gp Liberazione. E al Giro U23 non è andato lontano dalla vittoria nel giorno in cui Leo Hayter ha preso la maglia rosa e non l’ha più mollata. Ma per vincere quel giorno serviva la squadra e in questo senso la Bardiani non è stata fortunata al Giro U23. Anche verso Pinzolo ha subito delle cadute.

Martin Marcellusi (classe 2000) durante il ritiro al Cicalino, in Toscana
Martin Marcellusi (classe 2000) durante il ritiro al Cicalino, in Toscana
Stagione alle porte, Martin, sei diventato grande! Non sei più under 23… Come arrivi al primo ritiro dopo il primo anno da pro’? 

Sicuramente con qualche conferma in più. Più sicurezza nei miei mezzi. In più dai test che ci fanno, ho capito che un saltino di qualità l’ho fatto. E quindi la mentalità è quella giusta. Ora sono con il gruppo dei grandi e lavoriamo per… essere grandi, in tutti i sensi. 

Se dovessi dire tre cose che ti sono mancate in questa stagione quali sarebbero?

Per prima direi l’esperienza, alcune cose le ho pagate sia in corsa che in allenamento e anche con l’alimentazione. Un altro punto a sfavore: le difese immunitarie basse. Ho avuto molti raffreddori, più volte la febbre e per questo ho anche saltato gli europei con la nazionale e altre gare con la squadra. Un terzo punto – ci pensa un po’ Marcellusi –  forse ho lavorato un po’ poco sulle volate. Ho perso dei watt che magari in alcuni momenti, vedi il Liberazione, potevano tornarmi utili.

E tre punti di forza?

Mi verrebbe da dire la determinazione. Anche quando succedono cose negative poi riesco sempre a ritornare su facilmente. La grinta, ma quella l’ho sempre avuta e spero che continuerò ad averla. E poi il gruppo. Mi sono accorto che anche quello è un fattore importante per un corridore. Riesco a fare gruppo tranquillamente. Sto bene sia con gli under 23, che coi pro’. Con gli scalatori e con i velocisti.

Fai le valigie, vieni qui al Cicalino: che differenza c’è stata rispetto all’anno scorso? Insomma, Il Cicalino un anno dopo….

E’ completamente diverso, sicuramente vengo con la mentalità giusta e con il cervello più rilassato. In questo anno sono stato ben accettato dal gruppo, i direttori hanno fiducia in me. Sono molto più sereno. Sono più preparato in allenamento. Dopo una stagione con 6-7 corse a tappe la gamba è migliore.

Prima hai detto che hai perso qualche watt. Ci stai lavorando?

Sì, quest’anno ho ricominciato a fare più volate. Ho cambiato preparatore, adesso mi segue Daniele Pascucci. E’ un ragazzo di Roma, è giovane. Mi trovo molto bene. Ne ho parlato con lui di questa cosa. Abbiamo visto i dati e mi ha dato ragione. Per questo stiamo lavorando molto in palestra e anche su strada. Abbiamo inserito partenze da fermo e sprint. 

Avete fatto il test e hai detto di aver notato valori migliori. Cosa significa un test che va bene? Immaginiamo più morale, ma anche più responsabilità?

Un test che va bene è tanta roba. Ti liberi da un po’ di pesi, insicurezze, dubbi. Sai che stai lavorando nella direzione giusta. Ho parlato anche con il preparatore supervisore della squadra, Andrea Giorgi. Mi ha confermato che il test è buono. C’è da lavorare un pochino sul peso, ma niente di che.

Martin all’esame impedenzometrico che si faceva al risveglio durante il ritiro
Martin all’esame impedenzometrico che si faceva al risveglio durante il ritiro
Gabburo ha detto a Reverberi che siete contenti. Vi piace questo nuovo metodo di lavoro?

Si percepisce che c’è stato un cambio di mentalità. Si vede anche dai direttori sportivi, come parlano e come si muovono. Il ritiro stesso è gestito in modo differente. Certo, è solo l’inizio, i risultati maggiori si vedranno più là e li dovremmo mostrare durante la stagione. Però per adesso il salto di qualità della squadra c’è stato. E’ palese. Per esempio è la prima volta che uso il Supersapiens. Sono ancora in fase di rodaggio! Ma sarà utile. A fine ritiro i preparatori ci daranno un report, così come un report lo avremmo sul sonno. Siamo controllati veramente 24 ore su 24. E anche i materiali sono buoni. 

Che gare farai più o meno? 

Partirò in Spagna con le corse di Majorca, ma non farò la prima il 22 gennaio. Io dovrei fare alcune delle gare dal 25 al 29. Poi andrò ad Antalya in Turchia e da lì vedremo. 

C’è una corsa che ti piacerebbe moltissimo fare?

Beh sì, mi piacerebbe fare il Giro d’Italia. Anche perché con l’arrivo a Roma è qualcosa che non saprei descrivere. Soprattutto dopo aver visto l’anno scorso cosa è stato per me il Liberazione. Gli amici, i familiari, il tifo… immagino che al Giro d’Italia sia tutto triplicato. 

Orologio speciale e zainetto del sonno: il riposo dei pro’

15.12.2022
6 min
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Non è la prima volta che parliamo del sonno, di quanto sia importante nell’insieme della preparazione e nella vita dell’atleta. Questa volta però vi portiamo nella realtà. Nel raid fatto alla Green Project Bardiani Csf Faizanè, abbiamo “toccato” con mano questo aspetto con Borja Martinez Gonzalez che fa parte dello staff medico del team italiano. Borja, dottorato in scienze motorie, è un ricercatore spagnolo che lavora all’Università di Bologna. 

Abbiamo visto nel concreto come i ragazzi di Reverberi prestino attenzione a questo aspetto. E come in qualche modo vengano educati al sonno. Perché ci sono molte variabili che lo condizionano, specialmente nel mondo frenetico attuale.

Da quest’anno alla Bardiani, tra i vari aspetti medici Borja Martinez Gonzalez cura anche quello del sonno
Borja Martinez Gonzalez, da quest’anno alla Bardiani, tra i vari aspetti medici cura anche quello del sonno
Borja, parliamo di sonno e preparazione…

Ho fatto il mio dottorato focalizzandomi sulla valutazione e le contromisure per gli effetti negativi della privazione del sonno sulle prestazioni di resistenza presso l’Università del Kent (Regno Unito). Il sonno è recupero. E il recupero è performance. Meglio recuperi e più duramente puoi allenarti e pertanto migliorare le tue prestazioni. E noi cerchiamo sempre come migliorare le prestazioni. Per esempio la caffeina, visto che siamo in tema: se non hai un bel recupero, assunta più tardi durante il giorno potrebbe avere un effetto negativo sul sonno. E quindi, il giorno seguente potresti non essere in grado di fare un buon allenamento.

Ai vostri atleti fornite uno speciale orologio del sonno. Di cosa si tratta?

Il modo più accurato per valutare il sonno è fare un test in ospedale. Questo orologio non è così approfondito, ma ci dà importanti indicazioni e non richiede di recarsi in ospedale. In alcuni ospedali, l’unità del sonno fornisce ai pazienti questo orologio, utilizzato come valutazione preliminare, perché consente di raccogliere i dati a casa. Dopo una o due settimane, i dati degli orologi possono essere analizzati e quindi il personale medico può decidere se è necessario un test in ospedale o un intervento. C’è un algoritmo che li mette tutti insieme e analizza variabili, come l’ora in cui sei andato a letto, l’ora della sveglia, il tempo trascorso a letto, il tempo totale di sonno, l’efficienza, il tempo per addormentarsi, tempo trascorso a letto sveglio, eventi come svegliarsi nel cuore della notte per andare in bagno, livello di luce nella stanza.

E come si possono aiutare gli atleti?

E’ la prima volta che faccio questo lavoro con così tanti atleti e sarà curioso poi vedere tutti i dati. Dati che sono importanti anche per i medici, questa è ricerca applicata. Ad esempio, se c’è un atleta che non dorme abbastanza o ha molti disturbi, l’orologio lo registra e i medici della squadra possono intervenire rapidamente.

Lo speciale orologio dato in dotazione ai ragazzi della Green Project Bardiani Csf Faizanè
Lo speciale orologio dato in dotazione ai ragazzi della Green Project Bardiani Csf Faizanè
Come si fa a dire se un sonno è stato di qualità o no?

La qualità del sonno, quando non si valutano le diverse fasi del sonno in ospedale utilizzando gli elettrodi, è “soggettiva”. Quest’orologio misura la qualità come “efficienza” in base al tempo totale che il corridore è stato a letto e il tempo totale del suo sonno. E l’efficienza si calcola così: è stato a letto per 10 ore, ne ha dormite 8, la qualità è dell’80%. Però, vi dico, che secondo me non è questa la misura giusta della qualità del sonno. E infatti ogni giorno al risveglio, chiediamo ai nostri atleti di valutare il loro sonno da 1 (qualità ottima) a 5 (qualità pessima) .

Perché?

Perché alla fine prende in considerazione solo il tempo. Non si sa se è andato in un sonno profondo. Se ha avuto un sonno leggero. Questo si fa in ospedale con una polisonnografia. Però vedendo i suoi battiti cardiaci possiamo vedere quanto l’atleta si muove, se si alza per andare in bagno…

Il ritmo circadiano nelle 24 ore
Il ritmo circadiano nelle 24 ore
Perché un sonno può essere più o meno di qualità?

Magari perché il soggetto non è in una stanza idonea per dormire, perché sono in 2 o 3 in camera e si disturbano a vicenda, perché qualcuno durante la notte si alza e accende la luce o lascia la tv accesa…

Cosa stai notando in generale dei tuoi atleti? Dormono bene?

Non ho ancora iniziato l’analisi dei dati in modo approfondito, ma dando un primo sguardo posso dire che sono contento perché tutti riescono a dormire le canoniche 8 ore. E non è poco, perché spesso l’atleta di alto livello non ha il tempo per dormire tanto. Specie durante certe gare, quando arriva tardi in hotel, deve fare i massaggi, la doccia, cenare… Un’altra cosa che mi piace: sto notando che si addormentano in due o tre minuti.

In caso di problemi ad addormentarsi cosa consigli?

Di trovare una routine. Il cervello non sa se oggi è sabato o martedì. Tu devi andare a letto alla stessa ora cogliendo la tua “finestra di sonno”. Ognuno ne ha una. Sente proprio che ad un certo punto della serata rallenta. Per esempio, se uno ce l’ha alle 23, alle 22:30 magari fa una doccia rilassante o un po’ di stretching leggero, yoga, legge un libro…. Deve trovare un’abitudine.

Quanto incide il materasso?

Tanto e infatti anche in squadra ne stiamo parlando, ma certo non è facile e subentrano anche questioni di marketing. Giusto la scorsa settimana ho letto un articolo che parlava della temperatura corporea e del ritmo circadiano. C’era un materasso che in base al proprio ritmo circadiano cambiava la sua temperatura. Bisogna sapere infatti che quando ci addormentiamo la temperatura corporea scende. Poi ad un certo punto del sonno risale e in quel momento il corpo capisce che si è pronti ad alzarsi. Ma spesso accade che ci si svegli alle due o alle tre di notte. Questo materasso regola la temperatura e fa sì che non ci si alzi più nel cuore della notte. Tornando alla squadra in effetti il materasso incide. In una corsa di tre settimane se ne cambiano venti da hotel a hotel. Non fu un caso quando la Ineos-Grenadiers propose il suo motorhome per far dormire gli atleti, ognuno col suo materasso personale. Ma ci sono altri fattori da considerare, non solo il materasso.

Abbiamo capito che è un discorso complesso e allora, Borja, quali sono le tre cose peggiori per conciliare il sonno?

La caffeina. L’ultimo caffè dovresti prenderlo a pranzo. Poi direi andare a letto immediatamente dopo la cena, specie se è stata pesante. E usare il telefono fino a tardi o nel letto.

E invece le tre cose migliori che lo conciliano?

Tre sono poche! Come accennato, la miglior cosa è trovare una routine. La lettura va bene, così come abbassare le luce e i rumori. Ci si può aiutare con delle semplici mascherine da viaggio se c’è troppa luce. La stanza dovrebbe avere una temperatura fra 17° e 22°. E che sia buia davvero. Spesso i ragazzi portano del nastro isolante nero per oscurare i led delle tv e dei vari device nelle stanze. Sono utili anche i tappi per le orecchie. Costano poco e sono usa e getta. Orologio, tappi, mascherina, un libro… come c’è la borsa del freddo c’è anche quello che io chiamo zainetto del sonno.

Nel ritiro della Bardiani. Giornata tipo da mattina a sera

13.12.2022
8 min
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Siamo andati nel ritiro della Green Project Bardiani Csf Faizanè, la squadra dei Reverberi, che come da tradizione avviene presso la tenuta Il Cicalino tra le colline toscane di Massa Marittima. Ma a questa tradizione, quest’anno più che mai, si affianca tanta innovazione.

Innovazione che passa non solo attraverso il nuovo sponsor, i nuovi atleti, ma anche e soprattutto attraverso il nuovo staff medico-atletico e dal loro nuovo metodo di lavoro. Vi raccontiamo dunque una giornata tipo dei Bardiani.

Sveglia e bilancia

Sveglia alle sette circa. Poi a scaglioni in gruppi 8-9 atleti si va al controllo nella grande sala comune al centro della tenuta che è un po’ il centro nevralgico dell’intero ritiro.

In questa sala al mattino, ancora a digiuno, gli atleti vengono prima pesati e poi passano al controllo impedenziometrico, vale a dire alla presenza dei liquidi nel corpo. 

«Questo – spiega il dottor Andrea Giorgi – è un esame rapidissimo ma importante. Dalla quantità dei liquidi, e volendo anche dalla loro “disposizione”, possiamo capire quanta ritenzione c’è stata dopo la cena della sera prima, il livello d’idratazione e di recupero. E quest’ultimo aspetto è molto importante soprattutto durante le corse a tappe. Ma anche in questa fase, che è quella costruttiva della preparazione».

I ragazzi passano poi nell’adiacente sala da pranzo, dove fanno la colazione. Intanto i medici, anche Borja Martinez Gonzalez e Maurizio Vicini, incamerano i loro dati e fanno i primi confronti. In caso di qualche caso eclatante “alzano la mano” e intervengono in vista dell’immediato allenamento.

Al grammo

Parlavamo della colazione. Sul tavolo ci sono: cereali, affettati, uova sode o strapazzate, yogurt, frutta secca o essiccata… ma soprattutto delle bilance vicino ai vassoi. 

Agli atleti è stata fornita una App con cui sanno quanto e cosa devo mangiare. In questo modo una volta posato il piatto sulla bilancia, pesano le quantità di cibo necessarie.

E le quantità variano. Per esempio dopo una distanza devono prendere un grammo di carboidrati per chilo. Quantità inferiore magari dopo il giorno di riposo. La App dà poi le differenze di peso tra il cibo cotto e asciutto. Il caso più emblematico è la pasta. Nel vassoio del buffet c’è la pasta cotta chiaramente e se i ragazzi sanno che ne devono mangiare 100 grammi (cruda) la App gli mostra la rispettiva quantità cotta.

Gli atleti sanno che devono stare attenti, specie in questo momento, ma i diesse seduti in un altro tavolo allungano gli occhi… soprattutto col dolcetto (solitamente una crostata) della sera.

Si parte…

L’orario dell’allenamento varia a seconda del lavoro. Ma non è mai prestissimo. Nel giorno della distanza (5 ore) per esempio era stato fissato alle 9:45.

I ragazzi vengono divisi in due gruppi: coloro che sono più avanti nella preparazione, e che presumibilmente inizieranno a gareggiare prima, e quelli che sono un po’ più indietro. Sono stati anche i test fatti prima del ritiro a decretare i due gruppi.

Altro vantaggio di dividerli è che c’è più omogeneità nella sessione stessa. I direttori dicono che in questo modo in cima alle salite, che magari devono essere fatte ad un determinato passo, ci si deve attendere di meno.

Quindi ci si prepara. Stavolta si è nel secondo punto nevralgico del ritiro: due casolari all’interno di questa immensa e splendida tenuta. Dalla sala centrale ci sono un paio di minuti in macchina, ma sempre su stradine private. Qui ci sono gli alloggi dei ragazzi, gli spazi per i meccanici e anche una palestra.

Si riempiono le tasche di integratori o rice cake che hanno preparato i massaggiatori. Si prendono le borracce. I ragazzi provvedono alla borsa del freddo che caricano sulla rispettiva ammiraglia: Gruppo 1 o Gruppo 2. Qualche controllo alla bici (questo è anche il periodo per affinare la posizione tanto più che ci sono materiali nuovi) e finalmente si parte.

Intanto qualche ragazzo va con lo staff medico a fare il test del lattato, da cui poi si otterranno le varie zone d’intensità per gli allenamenti: base, medio, soglia… Finito il test una terza ammiraglia li scorterà verso il rispettivo gruppo. Le tre ammiraglie condividono in tempo reale la posizione.

Pranzo e massaggi 

A pomeriggio ormai inoltrato si rientra. L’allenamento è filato via bene e delle 5 ore previste se ne sono fatte quasi 5 e mezzo. Oltre 160 i chilometri messi nel sacco.

Sono quasi le 16, quando dopo una rapida doccia i ragazzi raggiungono la sala pranzo. Gli altri dello staff, che non erano in ammiraglia (dottori e massaggiatori), avevano già mangiato ed erano pronti ad accoglierli.

Al buffet, i corridori trovano quanto i medici hanno suggerito ai cuochi. Ognuno prende le sue quantità.

Terminato il pranzo c’è il fuggi, fuggi verso l’altro casolare per riposo e massaggi. «Ma nei giorni in cui si fa meno – dice Alessandro Donati – si va in palestra». Intanto i coach raccolgono i dati sui loro software.

La sera

Prima di cena c’è un importante appuntamento con l’osteopata, Emanuele Cosentino. Tutti e 26 i ragazzi, prendono un tappetino e svolgono precisi esercizi di stretching indicati da Cosentino. 

Sono esercizi volti maggiormente alla distensione della colonna vertebrale e allo sblocco del diaframma.

Una mezz’oretta e poi verso le 19:30-20 tutti a cena. Nei piatti quantità e cibi prestabiliti, come a pranzo.

Finita? Non del tutto. Prima del rompere le righe è il momento del briefing. Ci si sposta nell’ormai noto stanzone e si illustra l’allenamento del giorno successivo. Si parla di cosa non ha funzionato in quello precedente. Ci si confronta. 

Quindi tutti a dormire. Non prima di aver indossato l’orologio del sonno. Altra novità introdotta dal nuovo staff medico. Altro elemento per migliorare le prestazioni e che viene poi analizzato da Borja.

Roberto Reverberi (classe 1964) manager e diesse della Bardiani
Roberto Reverberi (classe 1964) manager e diesse della Bardiani

Verso il futuro

Vedere questo metodo di lavoro accurato e moderno, lo ammettiamo, ci fa piacere. Dopo essere stati dalla Jumbo-Visma sapere che anche un team italiano possa lavorare bene è una bella conferma. Chiaro, i budget non sono neanche paragonabili, ma la qualità del lavoro può esserci lo stesso. Si nota dunque un bel cambio di marcia. E di mentalità.

«Dovevamo adeguarci – spiega Roberto Reverberi, manager e diesse – Vedendo come si sta evolvendo il ciclismo mondiale era un cambio di marcia necessario. C’è un gap esagerato con le squadre WorldTour più importanti, adesso cerchiamo di tenere duro con l’inserimento di persone così preparate».

«Tutto è più coordinato. L’intera squadra è un organismo. Alimentazione, recupero, allenamenti… tutto è organizzato al dettaglio. Abbiamo fatto una riunione prima del ritiro per vedere cosa serviva e lo abbiamo messo in atto. Vedo che i ragazzi hanno recepito bene questo cambiamento. Si sentono seguiti e fanno le cose con morale ed entusiasmo».

«Ne parlavo proprio con Gabburo. Mi ha detto: “Roby, abbiamo fatto un salto di qualità e i ragazzi sono contenti».

Martinelli, uno dei giovani più promettenti, con Mirko Rossato
Martinelli, uno dei giovani più promettenti, con Mirko Rossato

Sulla rosa

Dopo il saluto di Zana, Visconti, Modolo, Battaglin… c’è un gruppo nuovo.

«L’idea era di svecchiare l’ambiente. Visto che si parla della crisi del ciclismo italiano, abbiamo puntato ancora di più sui giovani. Abbiamo preso altri juniores prima che ci arrivassero gli altri, con l’idea di farli crescere. Faranno attività U23 di alto livello, con qualche puntata tra i pro’».

«Il corridore esperto deve essere propositivo. Deve spronare i giovani e non essere un deterrente. Se deve fare un allenamento non voglio più sentirgli dire ad un giovane: “Sei troppo convinto, vai più piano”. Solo perché lui vuole fare meno. Deve aiutare i giovani e… noi. A quel punto l’esperienza è un valore aggiunto per ottenere i risultati».

E a proposito di risultati: su chi si punta quest’anno in Green Project Bardiani?

«Noi – conclude Reverberi – facciamo molto affidamento sui più esperti: Fiorelli, Zoccarato. E anche Tonelli e Gabburo sono una garanzia. Ma anche da Covili: da lui mi aspetto un salto di qualità (sembra sia stato tra i migliori durante i test, ndr). Lo vedo più convinto. Vorrei fargli fare classifica al Giro per farlo maturare ancora e responsabilizzarlo».

«Abbiamo dei giovani davvero di grandi prospettive. Non voglio esagerare se dico che abbiamo quelli più interessanti del panorama italiano, escludendo quei 6-7 che sono passati nel WorldTour ma che non so quanto spazio avranno».

Selle SMP rinnova: altri due anni assieme ai Reverberi

09.12.2022
4 min
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Le settimane che portano alle festività natalizie sono sempre molto frenetiche per i team. I giorni passano veloci tra ritiri da programmare e materiale da consegnare, soprattutto se siamo di fronte all’ingresso di nuovi partner tecnici. Restando in tema, per la Bardiani-CSF Faizanè (che dal primo gennaio cambierà nome in Green Project Bardiani-CSF Faizanè) il 2023 si appresta ad essere un anno davvero importante. Dal prossimo anno la formazione diretta da Bruno e Roberto Reverberi correrà su biciclette De Rosa. Stiamo parlando dei modelli Merak e SK Pininfarina. Se cambia il fornitore tecnico della bicicletta, resta però confermato il partner delle selle, che per il terzo anno saranno Selle SMP.

Nei giorni scorsi l’azienda di Casalserugo, in provincia di Padova, ha rinnovato per altri due anni la collaborazione con la formazione diretta in ammiraglia da Roberto Reverberi.

Maurizio e Franco Schiavon con al centro il padre Martino, fondatore di Selle SMP
Maurizio e Franco Schiavon con al centro il padre Martino, fondatore di Selle SMP

Obiettivi comuni

Alla base di una collaborazione che dura già da tre anni e che è destinata a proseguire almeno fino alla fine del 2024 c’è sicuramente la condivisione di obiettivi che si vogliono raggiungere. A confermarlo sono Maurizio e Franco Schiavon, fratelli e titolari dell’azienda Selle SMP.

«Quando una partnership si fonda sul rispetto reciproco e sulla condivisione dell’obiettivo comune – raccontano – la meta è già raggiunta. Ma per mantenere alti gli obiettivi, bisogna sempre pedalare con convinzione e sguardo rivolto al futuro. Rinnoviamo con fiducia la collaborazione con la Bardiani-CSF Faizanè, perché la nostra azienda ha fatto propri i valori del ciclismo: sacrificio, fatica, dedizione, resilienza, onestà e correttezza. Se manca anche solo uno di questi valori non si vince».

Alle parole dell’azienda fanno seguito quelle del team attraverso il team manager Roberto Reverberi.

«Siamo felici – dice – che Selle SMP prosegua con questa partnership per le stagioni 2023-2024, tutti gli atleti del roster 2022 hanno utilizzato i loro prodotti trovandosi davvero bene. Abbiamo attuato una importante rivoluzione sportiva inserendo 7 nuovi atleti giovani nel nostro team. La rivoluzione c’è stata anche a livello di sponsor tecnici, con l’arrivo di De Rosa. Selle SMP rimane un’ottima costante in questo cambiamento, ci siamo sempre trovati bene. Pensiamo di avere allestito una squadra competitiva, speriamo di raccogliere insieme ai nostri partner delle belle soddisfazioni e di ottenere ottimi risultati. La stagione 2023 per noi sarà fondamentale. Un ringraziamento particolare alla famiglia Schiavon per la costante e proficua collaborazione».

Ampia disponibilità

Così come avvenuto in passato, gli atleti della Green Project Bardiani-CSF Faizanè saranno seguiti per tutta la stagione dallo staff di Selle SMP con il preciso obiettivo di trovare fin da subito la sella ideale. I modelli a disposizione del team saranno i seguenti: Composit, Evolution, F20/F20C, F30C, VT20/VT20C e VT30C.

Alcuni atleti presenti in squadra la scorsa stagione non hanno mancato di esprimere le loro sensazioni sui modelli appena provati. In alcuni casi si tratta di conferme visti gli ottimi riscontri avuti.

Filippo Fiorelli ha scelto il modello VT20C: «Ho voluto provare questa sella – dichiara – perché è più imbottita e comoda, ho sentito diversi benefici in questi giorni, al primo impatto è davvero ottima, ringrazio Selle SMP che mi ha guidato nella scelta».

Luca Covili, ha optato per il modello Composit: «Il 2023 – conferma – sarà il terzo anno consecutivo con questa sella. L’ho scelta fin da subito perché l’avevo già usata da under 23 quando correvo alla Palazzago e mi trovai bene fin da subito. Quando mi hanno chiesto quale volessi utilizzare, non ho avuto dubbi».

Samuele Zoccarato, campione italiano gravel, ha scelto invece il modello VT30C: «Una sella corta che aiuta a distendersi sulla bici e non ha punti scomodi sulla parte anteriore, quando si va in presa bassa. Per la mia conformazione fisica è l’ideale».

Selle SMP

De Rosa, il futuro del ciclismo passa ancora dall’Italia

25.11.2022
5 min
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Abbiamo fatto una piacevole chiacchierata con Cristiano De Rosa, toccando diversi temi, non ultimo la sponsorizzazione del Team Green Project-Bardiani CSF-Faizané.

Uno sguardo al futuro e alla voglia di vivere un progetto italiano concreto, senza dimenticare la storia. La voglia e l’entusiasmo di fare parte di questo ciclismo moderno che tanto fa appassionare, come non succedeva da tempo.

«Stiamo vedendo un ciclismo talmente bello, spettacolare e con degli attori superbi, che meriterebbe davvero il pagamento di un biglietto». Questa frase dice molto della passione di Cristiano De Rosa.

Negli ultimi 3 anni, De Rosa ha sponsorizzato la Cofidis: qui Consonni vince la Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Negli ultimi 3 anni, De Rosa ha sponsorizzato la Cofidis: qui Consonni vince la Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Quanto è importante per De Rosa una sponsorizzazione come quella del Green Project-Bardiani-CSF-Faizané?

Per De Rosa investire in una squadra italiana è fondamentale. Se poi consideriamo che il progetto dei Reverberi è lungimirante, lo è sotto molti punti di vista, allora dico che la sponsorizzazione diventa importantissima. Lo dico con forza e con passione. Credo in questo bel progetto, considerando anche che De Rosa non ha iniziato da oggi a seguire i team. Personalmente mi occupo delle sponsorizzazioni dal 1985 e il primo supporto tecnico di De Rosa risale al 1972. Serve un progetto credibile, servono dei capitali da investire e qui c’è tutto questo, con una importante connotazione italiana.

Una delle prime bici fornite ai ragazzi di Reverberi (foto Bardiani-Csf)
Una delle prime bici fornite ai ragazzi di Reverberi (foto Bardiani-Csf)
Quindi si torna a parlare in modo concreto di una connotazione italiana nel mondo del ciclismo?

Il ciclismo anglosassone è ben definito, grazie a tanti capitali che sono stati investiti, ma anche per merito di un progetto a lunga gittata e di idee concrete. Tante parole, ma anche tanti fatti. E’ quello che serve a noi: arrivare al dunque, senza per forza dire le solite cose. Nel progetto dei Reverberi ci sono degli sponsor importanti e un produttore di bici che ci crede. E poi si vuole investire sui giovani e sulla qualità.

Giovani: perché tanti vanno nelle squadre estere?

I giovani migrano principalmente perché in Italia non ci sono stati dei progetti veri e propri a lungo termine e questo si riflette anche sugli sponsor. Noi arriviamo da tre anni di sponsorizzazione al Team Cofidis, che è tornato a crescere e nel World Tour proprio grazie ad un progetto credibile. I ragazzi vanno via dall’Italia perché vedono delle opportunità e allora mi viene da pensare, che è ora di tornare a creare delle opportunità anche qui in Italia. Il ciclismo professionistico ha sempre parlato italiano e lo zoccolo duro parla molto italiano ancora oggi.

Si lavora incessantemente per fornire la dotazione al completo (foto Bardiani-Csf)
Si lavora incessantemente per fornire la dotazione al completo (foto Bardiani-Csf)
Eppure De Rosa è un’azienda conosciuta ovunque…

Nel mondo c’è voglia di italianità, ma c’è anche la necessità di valorizzare le sponsorizzazioni tecniche. De Rosa esporta le bici in 38 Paesi, abbiamo un team professionistico anche nel Nord Europa, la Bingoal e costantemente facciamo delle azioni di marketing in Asia, tramite i distributori. Per un’azienda come la nostra è fondamentale alimentare la cultura ciclistica e farlo anche nel Paese di nascita. Non è una questione di patriottismo, ma non mi va di pensare solamente che un marchio come il nostro deve per forza investire solamente al di fuori dell’Italia. Bisogna metterci la faccia.

Cristiano De Rosa all’epoca della Vini Fantini-Nippo
Cristiano De Rosa all’epoca della Vini Fantini-Nippo
Quindi è ancora possibile investire in Italia e in un team italiano?

E’ possibile e bisogna farlo. Voglio fare un esempio riprendendo una considerazione del presidente del colosso Nippo, all’epoca della nostra sponsorizzazione della Nippo-Vini Fantini. Nippo scelse di sponsorizzare in Italia per imparare dagli italiani, sicuri di condividere dei valori di qualità, cultura e un’ottima scuola. E’ passato qualche anno, neppure troppi a dire la verità, ma questa considerazione è più che valida e attuale.

Quanti e quali squadre pro’ avrete per il 2023?

Due squadre maschili pro’ e due femminili.

Volendo fare una sovrapposizione, la sponsorizzazione del Team Green Project-Bardiani-CSF-Faizané è paragonabile a qualcun’altra della storia De Rosa?

Ogni sponsorizzazione e ogni approccio che si ha con team è una cosa a sé. Al termine del progetto si possono fare dei paragoni, dei confronti e delle sovrapposizioni, ma solo alla fine, non all’inizio. Si impara qualcosa ad ogni esperienza e si porta a casa qualcosa di buono dopo ogni partnership.

Quante bici avrà in dotazione la squadra dei Reverberi e quali modelli?

Ad ogni atleta verranno fornite 5 biciclette: 4 da strada e una da crono. I modelli saranno Merak, SK e la Disco TT03 per le cronometro e poi vedremo durante l’anno, la ricerca, lo sviluppo ed i test non si fermano.

In che modo viene deciso il modello di bici da destinare al corridore?

Si cerca di fare un’analisi del corridore, delle sue caratteristiche e in base alle valutazioni fatte con il tecnico del team viene identificata la bicicletta giusta per l’atleta.