La vittoria di Verre (vissuta dall’ammiraglia Colpack)

16.07.2021
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«Certo che Pogacar è come Ayuso». Inizia con questa battuta l’avventura (perché di avventura si tratta) nell’ammiraglia della Colpack – Ballan. Siamo al Giro della Val d’Aosta. Dopo una mattina fredda e piovosa splende il sole su Pollein, sede di partenza e di arrivo della prima tappa. 

I consueti saluti con i diesse, qualche domanda tra tecnici e corridori prima del via e l’invito di Gianluca Valoti, diesse proprio della Colpack, a seguire la tappa in ammiraglia. Occasione d’oro. A proposito, l’autore della frase iniziale – tenetela a mente – è proprio Gianluca Valoti. 

Percorso nervosissimo

Si parte. Se la corsa è tranquilla il percorso no. Il Val d’Aosta rivela subito le sue caratteristiche di tracciato ostico, non solo altimetricamente. Curve, stradine, dossi, tornanti, rampe, paesini… è un saliscendi continuo. E spesso c’è spazio per una sola vettura, tanto le strade sono strette. E così che Stefano Casiraghi, il meccanico del team, esclama: «Abbiamo fatto 30 chilometri ma sembra di aver fatto otto Roubaix!».

Si parla del più e del meno: il discorso tra continental e squadre U23, delle radioline che avrebbero fatto comodo su un tracciato così tecnico e forse anche un po’ pericoloso, della durata dei freni e delle gomme delle ammiraglie.

E questi strappi, sempre abbondantemente in doppia cifra, fanno subito tante vittime. La Colpack perde dal gruppo di testa Nicola Plebani. Una volta a valle Valoti lo affianca e gli dice di insistere. Ma più si va avanti e più le vittime sono illustri. Anche stranieri quotati si staccano. E fa fatica Davide Piganzoli, tra i più attivi al Giro U23.

Il diesse della Colpack dà indicazioni ai suoi ragazzi

Rischio e caos a metà corsa

Il percorso è davvero tecnico. Valoti, che ha una calma olimpica (da vero leader), cerca di scrutare Alessandro Verre, il suo uomo di classifica. Ci dice che spesso il lucano “è poco cattivo”, un po’ remissivo. E su percorsi così non te lo puoi permettere… se punti in alto.

E infatti radiocorsa annuncia: «Attacco di Vandenabeele in discesa». E il diesse della Colpack: «Lo stavo per dire: vedrai che Vandenabeele attacca. E’ fortissimo in discesa».

Siamo verso metà corsa e impazza il caos tra le ammiraglie. I corridori vogliono l’acqua, i diesse fanno “a sportellate” per andare in coda e cercare di scambiare una parola con i loro ragazzi oltre che rifonirli. E’ un continuo sfiorarsi. E a volte ci si tocca per davvero.

A valle il gruppo si è spezzato. Verre è dietro. Valoti resta tranquillo, almeno sembra, ma la situazione è pericolosissima. Davanti ci sono dei veri “cagnacci”. E il distacco non è poco. Garofoli (bravissimo) dà menate importanti e alla fine il quasi minuto di distacco in qualche modo viene colmato. Pericolo scampato.

«Adesso – borbotta il diesse della Colpack – inizia la salita. Vai avanti, Alessandro – come se potesse sentirlo – Ieri l’abbiamo provata. Lo sai dove inizia. E com’è…».

Peggio dello Zoncolan

E dire che la frazione odierna doveva essere la più facile. In effetti è così. O almeno questo dicono i numeri. Ma credeteci: siamo stanchi noi che siamo stati in ammiraglia, figuriamoci i corridori. Strappi secchi e discese ripidissime. Tutta così. Una Liegi aostana si era detto in conferenza stampa al mattino. Fanno più male 3.200 metri di dislivello così che fare due volte lo Stelvio.

E poi il bello. Al chilometro 78 inizia la salita di Terreblanche. Il Garibaldi la dà come 2ª categoria. Vogliamo sperare si siano sbagliati. Pendenze anche al di sopra del 20%. Strada strettissima. In un attimo Aosta diventa piccolissima nel fondovalle. La moto del cambio ruote fonde. I corridori salgono a zig-zag. Le ruote davanti delle bici a volte si alzano. Un tornante è talmente stretto che bisogna fare manovra con l’ammiraglia. E lo sapevano. Tanto che c’è un addetto con il giubbino giallo che regola le manovre delle vetture. Incredibile. Mai vista una cosa del genere dal vivo. Il gruppo non esiste più.

Verre ce l’ha fatta. Valoti e Casiraghi si complimentano a vicenda. E’ festa in casa Colpack
Verre ce l’ha fatta. Valoti e Casiraghi si complimentano a vicenda

Triello, duello…

Però la salita in qualche modo in ammiraglia diventa dolce. E sì perché radiocorsa dice che il numero 40, Alessandro Verre, è quarto. Poi terzo, poi secondo. Davanti c’è il neozelandese della Groupama-Fdj Continental, Reuben Thompson. Il Gpm arriva all’improvviso nel bosco. Discesa folle: ripidissima e strettissima (c’è persino il muschio al centro dell’asfalto) e si riprende a salire. 

Stavolta la strada è più larga e la pendenza decisamente più agevole. Il giudice ci dà l’okay per passare. Verre vede Thompson e a sua volta è inseguito alla stessa distanza (una decina di secondi) dal colombiano Didier Cardona. «Non mollare», dice Valoti. «Malto», riesce a sussurrare Verre che vuole le maltodestrine. «Sono 4 chilometri così. All’ultimo chilometro devi chiudere», ribatte il diesse.

Il giudice ci rimanda dietro. La tensione sale. Riusciamo a vedere il duello, anzi il triello, a distanza. Thompson, Verre, Cardona. Poi le curve tolgono la visuale. Ma l’inconfondibile voce di Virgilio Rossi, radicorsa, annuncia: «Verre ha ripreso Thompson». E poco dopo: «Passaggi al Gpm di Les Fleurs: primo il numero 40, secondo il numero 15 (Thompson, ndr)».

Thompson (classe 2001) alle interviste post tappa
Thompson (classe 2001) alle interviste post tappa

E assolo…

Vanno via in due. Il giudice ci fa stare a ruota del colombiano che resta lì ad una manciata di secondi ma non chiude. Eppure spesso il tachimetro segna 80 all’ora. Verso fine discesa un drappello rientra da dietro. Ma davanti quei due sono stati dei falchi. Nel finale resta uno strappetto. Verre che è uno scricciolo in confronto a Thompson non può arrivare in volata. «E così – racconta Verre dopo l’arrivo – ho raccolto tutte le energie rimaste e sono riuscito a staccarlo».

Intanto in ammiraglia impazza la gioia. Il moderato “evvai” del Gpm diventa un grido. Valoti e Casiraghi si abbracciano. «Non pensavo di prenderla subito – dice Valoti riferendosi alla maglia di leader – però! La difenderemo…. Quando ho visto Thompson da solo ho capito che era cotto, mentre Verre spingeva bene». 

La tranquillità di Verre, che pensa già al recupero poco dopo la tappa
La tranquillità di Verre, che pensa già al recupero poco dopo la tappa

Pensieri da campione

Dopo mezz’ora ancora arrivano corridori a Pollein. Il sole quasi quasi va a nascondersi dietro alle montagne. Le ombre sono lunghissime. Verre se ne sta tranquillo dietro al palco a mangiare riso, tonno e mais. Ha già fatto le interviste.

«No, non mi aspettavo di vincere – ci dice – a metà corsa ho rischiato tanto. Il gruppo si era spezzato, io ero dietro tra le ammiraglie. Ci vuole la testa, sempre. Tante volte uno pensa a risparmiarsi per il finale, ma poi si ritrova in quelle situazioni. Per fortuna è andata bene».

E’ stato davvero emozionate assistere all’inseguimento del lucano sulla salita finale. Abbiamo provato a metterci nei suoi panni. Cosa pensava in quel momento? Era lì a tutta, ma c’erano sempre quei 100 metri di distacco. Non è facile mentalmente.

«E’ stata una situazione strana – racconta Alessandro – perché io ero nel mezzo. Non solo dovevo inseguire, ma ero anche inseguito. Credevo che Thompson stesse facendo il furbo. Che mi tenesse lì e che avesse mollato, che volesse finirmi». Poi gli facciamo notare che Valoti gli aveva detto di chiudere nell’ultimo chilometro e lui così ha fatto.

«Sì è vero, ma io ho pensato ad Ayuso e a Pogacar. Loro non lasciano nulla a nessuno. Ho cercato di imitarli. Anche perché non sai nei prossimi giorni cosa può succedere».

Volchem al fianco di Ayuso alla conquista del Giro U23

26.06.2021
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Il mondo del professionismo ha da poco abbracciato un nuovo potenziale “fenomeno”. Stiamo parlando di Juan Ayuso che in questi giorni ha debuttato proprio in Italia nelle file dell’UAE Team Emirates in occasione del Giro dell’Appennino. Ci aveva aiutato a conoscerlo meglio Matxin, uno dei massimi dirigenti della formazione degli Emirati, in una nostra recente intervista che ci ha permesso di scoprire lati ancora poco conosciuti del giovane campione spagnolo. Prima di misurarsi con i grandi, Ayuso si è tolto la soddisfazione di vincere il Giro d’Italia U23 in maglia Colpack-Ballan dominando la gara dall’inizio alla fine e vincendo ben tre tappe.

L’importanza dell’integrazione

Per vincere una manifestazione così impegnativa come un Giro d’Italia, è fondamentale assicurare al proprio fisico un’adeguata integrazione prima, durante e dopo ogni tappa. La Colpack-Ballan di Ayuso si è affidata all’esperienza di Volchem, azienda padovana specializzata nella produzione di integratori alimentari, che da un paio di stagioni affianca la formazione bergamasca.

In passato Volchem aveva già avuto un’importante esperienza nel mondo del ciclismo. Nel 2001 era stata partner tecnico della Lampre-Daikin che proprio quell’anno aveva trionfato nella corsa rosa con Gilberto Simoni.

Rapporto fondato sulla fiducia

Andrea Volpato, responsabile marketing Volchem, ci ha raccontato come è nata la collaborazione con la Colpack-Ballan: «Un ruolo fondamentale l’ha sicuramente avuto Flavio Miozzo, uno dei direttori sportivi della Colpack-Ballan, che ho conosciuto ai tempi della Lampre-Daikin. Con lui si è instaurato fin da subito un rapporto di estrema fiducia che si è consolidato nel corso degli anni. E’ bastata una stretta di mano e dalla scorsa stagione siamo partner del team e devo dire che siamo molto contenti della scelta fatta».

Ayuso ha vinto il Giro d’Italia U23: la Colpack è sponsorizzata Volchem
Ayuso ha vinto il Giro d’Italia U23: la Colpack è sponsorizzata Volchem

I feedback degli atleti

La collaborazione con la Colpack-Ballan ha permesso all’azienda di stabilire un confronto costante con il team. «Ad inizio stagione forniamo agli atleti tutti i nostri prodotti – ci ha confidato Andrea Volpato – e in base ai loro gusti e richieste andiamo poi ad affinare la nostra proposta, in termini di barrette, gel, sali e più in generale di tutti gli integratori da noi prodotti. Per noi è importante lavorare con un team come la Colpack. I feedback ricevuti dagli atleti ci aiutano infatti a migliorare i nostri prodotti».
www.volchem.it

La forza, l’herpes, la religione: Bevilacqua ci racconta Padun

11.06.2021
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Quando Mark Padun arrivò in Italia era il 2015. Era un ragazzo di neanche 19 anni. Aveva lasciato la sua Donetsk, città ucraina ad un centinaio di chilometri a Nord del Mar Nero, per fare il corridore. Un anno al Team Palazzago poi il passaggio in quella che è diventata la sua seconda famiglia, la Colpack.

Antonio Bevilacqua con Padun. Mark è stato alla Colpack per due stagioni (2016-2017)
Antonio Bevilacqua con Padun. Mark è stato alla Colpack per due stagioni (2016-2017)

Vittorie sì, sorpresa no

Oggi questo potente passista (poi vedremo se è corretto definirlo così) è alla ribalta in quanto vincitore di due tappe al Giro del Delfinato. E non due tappe qualsiasi, quelle più dure di montagna. Due trionfi ottenuti di forza. Con due attacchi da lontano ma finalizzati con andature degne dei migliori uomini di classifica. Chi lo conosce bene, come Antonio Bevilacqua, uno degli storici diesse della squadra bergamasca va oltre…

«A dire il vero questo exploit me lo aspettavo molto prima perché Mark è un corridore molto forte. Non dimentichiamo che lui ha già vinto una tappa al Tour of the Alps al primo anno tra i pro’. Poi ha avuto tanti problemi, soprattutto un herpes. 

«Gli venivano questi sfoghi sul viso ma anche su tutto il corpo, che indirettamente generavano problemi di peso. Era costretto a fermarsi, doveva prendere degli antibiotici. E questo gli era successo già quando correva con noi. Si tratta di un problema che si portava dietro da quando era ragazzino. Piano piano lo sta risolvendo. Ne abbiamo parlato recentemente e pare sia sulla strada giusta.

«E’ un corridore veramente forte. Queste due vittorie mi hanno colpito perché sono arrivate una dietro l’altra ma il fatto che abbia alzato le braccia al cielo no: non è stata una sorpresa per me».

Al Delfinato l’ucraino ha dedicato le sue vittorie a Gesù
Al Delfinato l’ucraino ha dedicato le sue vittorie a Gesù

Padun scalatore?

Il corridore della Bahrain-Victorious ha vinto in salita, ma non ha certo un fisico super longilineo da farlo etichettare come scalatore. E’ stato anche campione nazionale a crono nel 2019.

«Però – riprende Bevilacqua – vorrei ricordare che questo ragazzo con noi ha vinto tappe al Giro della Val d’Aosta, al Giro d’Italia U23. Ha conquistato il Gp Capodarco. Non solo, ma proprio in un Giro U23 ha lottato per la vittoria. Era l’anno in cui vinse Pavel Sivakov

«Piuttosto – e punta l’indice verso l’alto come a sottolineare ciò che sta per dire – ha messo un po’ di peso, però credo che se continua a sistemare i suoi problemi fisici possa andare ancora più forte. Io almeno l’ho visto così e mi è sembrato un po’ gonfio. Non è ancora tirato come dovrebbe essere e per questo dico che per me ha dei margini di miglioramento».

I numeri mostrati in salita in Francia sono paragonabili a quelli di un uomo di classifica, magari non da podio, ma tranquillamente da primi dieci. E infatti quando chiediamo a Bevilacqua che corridore è Padun e cosa può vincere, lui risponde secco: «Può vincere un Giro. Con noi fece quinto. Ebbe un problema con la bici da crono anche lui – ride pensando a quanto accaduto pochi giorni fa ad Ayuso – comunque sì, per me un passista-scalatore».

A Bevilacqua fa eco Gianluca Valoti, altro diesse della Colpack: «Fisicamente Mark è fortissimo, però la sua testa è il punto forte per me: è sempre concentrato e gli appuntamenti importanti non li sbaglia. Se può vincere un Giro? Per adesso sulle tre settimane ancora è presto forse, ma se finirà di risolvere i suoi problemini fisici ce la potrà fare».

Al Giro U23 del 2017 Padun vince la terza frazione a Barnara di Romagna
Al Giro U23 del 2017 Padun vince la terza frazione a Barnara di Romagna

Subito in fuga

Ma chi è davvero Padun? Antonio Bevilacqua ne ha visti passare di ragazzi e di ognuno sa vita morte e miracoli.

«Una cosa che mi colpì di lui – ricorda Bevilacqua – è che appena arrivò da noi vinse subito una gara, a La Torre. Sarà stata anche una corsa regionale, solo che lui andò via a 40 chilometri dall’arrivo e non lo ripresero più! Fu un bel momento. Ma già lo avevo notato l’anno prima che era forte, che aveva del potenziale.

«E poi è un ragazzo molto religioso, prega sempre… davvero il classico bravo ragazzo. Quando venne con noi gli diedi un appartamento che praticamente era di fronte casa mia, a Bergamo. Lui non aveva la macchina e per fare le commissioni usciva da solo. Gli chiedevo: Mark ti devo accompagnare? E lui rispondeva sempre di no. Andava a piedi: faceva due, tre chilometri ma non chiedeva mai, non voleva disturbare. Andava al supermercato e tornava carico con il suo zainetto pieno di cose e le bottiglie d’acqua nelle mani, le borse della spesa… Un ragazzo d’oro».

I titoli nazionali a crono sono due per Padun: quello del 2016 tra gli U23 (in foto) e quello del 2019 tra i pro’
I titoli nazionali a crono sono due per Padun: quello del 2016 tra gli U23 (in foto) e quello del 2019 tra i pro’

Più peso nella Bahrain

E adesso queste vittorie potranno influire sul suo cammino? Avrà un altro peso in seno alla Bahrain? Come abbiamo detto non sono state solo due vittorie, ma è il come sono arrivate che conta.

«Sicuramente sarà più considerato adesso – dice Bevilacqua – e anche Mark avrà più stimoli e certezze. Alla fine dell’anno scorso posso dirvi che ha avuto dei dubbi, quasi voleva smettere… però alla fine il lavoro paga sempre. Magari era stanco dei suoi problemi. Ci sentiamo di tanto in tanto. A volte ci viene a trovare in sede, nel magazzino. E’ rimasto un bel rapporto. Mark adesso vive a Lovere, ma è da solo e lui sa che noi ci siamo sempre».

«E’ vero – ribatte Valoti – si è affezionato molto a noi».

Umbri Colpack Ballan

Umbri: dalla Lituania arriva il nuovo Boonen?

25.05.2021
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La storia di Gidas Umbri (Team Colpack Ballan) ha radici molto particolari: fino a 10 anni la sua patria era la Lituania, ma venne adottato da una famiglia italiana e portato a Borgo Santa Maria, a soli 2 chilometri da Tavullia, la città resa popolare nel mondo da Valentino Rossi.

In un territorio dove il motociclismo la fa da padrone, Gidas ha però seguito la passione di famiglia, il ciclismo: papà Massimo, zio Maurizio e nonno Mario hanno tutti un passato agonistico, fra i dilettanti.

Inizialmente Gidas si è diviso fra il ciclismo e il calcio, ma è bastato un anno per proiettarlo interamente nel mondo delle due ruote, con una veemenza che è raro trovare a questi livelli: «Il ciclismo occupa almeno 6 giorni a settimana, posso dire che è già diventato quasi un mestiere…».

Gidas Umbri è nato il 31 ottobre 2001 a Radviliskis (LTU). E’ alto 1,88 per 73 chili
Gidas Umbri è nato il 31 ottobre 2001 a Radviliskis (LTU). E’ alto 1,88 per 73 chili

Gidas, come moltissimi ciclisti della sua generazione, non vive di solo ciclismo su strada, anzi ha trovato i suoi primi scampoli di notorietà grazie alla pista: «Avevo fatto anche un po’ di ciclocross in inverno, ma quando ho scoperto la pista ho deciso di dedicarmi ad essa come alternativa alla strada».

Che cosa ti ha attratto?

Nel ciclismo su pista ho trovato qualcosa di diverso, si lavora insieme per il quartetto ma serve una concentrazione particolare».

Che differenze trovi fra strada e pista?

Qui lo sforzo è sicuramente più breve ma molto più intenso che su strada, ma col passare del tempo mi accorgo sempre di più che si tratta di due attività complementari, anzi mi dispiace che in questo periodo riesca ad andare a Montichiari solo una volta a settimana perché l’attività su pista in questa stagione non è stata ancora definita.

Umbri 2021
Quest’anno Umbri ha conquistato il successo nel Gran Premio di Valenza a inizio marzo
Umbri 2021
Quest’anno Umbri ha conquistato il successo nel Gran Premio di Valenza a inizio marzo
Che tipo di corridore sei?

Credo un passista veloce, anche in base al mio fisico, ma mi difendo abbastanza bene in salita, almeno relativamente alla mia statura. Diciamo che la mia situazione tattica preferita è andare in fuga, anche con un gruppetto, per poi giocarmi la vittoria in volata.

Qual è stata la tua stagione migliore?

Su strada sicuramente nel 2019 quando ho conquistato 3 successi e sono stato quinto nei Campionati Italiani a cronometro, ma personalmente ritengo che la mia stagione più bella sia stata quella passata.

Perché?

Perché ho vestito la maglia della nazionale su pista conquistando l’argento nell’inseguimento a squadre sia fra gli Under 23 che fra gli Elite.

Umbri Plovdiv 2020
Umbri impegnato agli Europei su pista di Plovdiv 2020, qui nell’inseguimento individuale
Umbri Plovdiv 2020
Umbri impegnato agli Europei su pista di Plovdiv 2020, qui nell’inseguimento individuale
In base alle tue caratteristiche fisiche, dove pensi di poter emergere?

Mi piacciono molto Parigi-Roubaix e Giro delle Fiandre: quest’anno non ho potuto andare a fare la Roubaix per Under 23, ci tenevo tanto a provare il pavé…

Che esperienza hai avuto alla Strade Bianche?

Nella gara in Romagna c’erano troppe salite, ma sullo sterrato mi sono trovato bene e poi credo che sia importante alla mia età fare il massimo delle esperienze.

C’è un corridore al quale ti ispiri?

A me piace moltissimo Tom Boonen, probabilmente mi rivedo in lui anche fisicamente e quindi penso a tutto quello che ha vinto e inizio a sognare. Se potessi vincere anche la metà di quello che ha fatto lui sarei la persona più felice del mondo…

Gazzoli vince il Liberazione e lo dedica a Silvia Piccini

25.04.2021
6 min
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«Sono entrato secondo in curva – racconta Gazzoli che ha appena vinto il Gran Premio della Liberazione – era una volata lunga. Mi sono messo a ruota di un corridore molto forte: Puppio. Per me è stata proprio l’entrata perfetta e sicuramente anche la pista mi ha dato una mano, perché mi ha dato la freddezza di far partire un altro corridore prima di me, in modo da accorciarmi la volata. L’ho preso come punto d’appoggio ed è stata la volata che sogni dalla sera prima. Sinceramente nei giri precedenti non ci ho pensato, per non fasciarmi troppo la testa. Non ho mai guardato neppure l’entrata in curva, anzi… l’ho sempre sbagliata! Il piano poteva essere che i compagni mi tirassero la volata, ma li devo ringraziare per tutta la fatica che hanno dovuto fare prima. Non è semplice fare un lavoro del genere negli under 23. Abbiamo un morale che è sopra alle stelle». 

Il Team Colpack, tirato da Gidas Umbri, ha controllato tutto il giorno
Il Team Colpack ha controllato tutto il giorno

Due presidenti

Alla fine del rettilineo di arrivo, Gazzoli parla accanto a Giuseppe Di Leo, direttore sportivo del Team Colpack-Ballan. Poi di colpo Michele si sposta e va verso il centro della strada, dove sono appena arrivati Persico e Boscaro.

«Questa è per voi, ragazzi – dice – la devo a voi ed è per voi. Grazie!».

Si abbracciano e si scambiano pacche che parlano di un viaggio finito bene e di un’intesa forte. Alla festa manca Gidas Umbri, che ha tirato come un martello per più di due giri, quando davanti c’era la fuga e bisognava tenerla a tiro.

Per Persico e Boscaro appena arrivati, l’abbraccio di Gazzoli
Per Persico e Boscaro appena arrivati, l’abbraccio di Gazzoli

Roma ha accolto la corsa con una giornata finalmente primaverile. Nella zona del traguardo, mentre i corridori si rincorrevano, si sono visti il neo presidente Dagnoni e poco distante anche l’ex Di Rocco. C’era De Candido, cittì degli juniores, venuto a seguire i più giovani. E c’era Fausto Scotti, tecnico del cross, che con la sua società sportiva ha organizzato il Liberazione degli allievi, ultima prova di giornata.

Tutti per uno

Il Liberazione è tornato dopo due anni di buco: il primo per l’impossibilità degli organizzatori di metterla in strada, il secondo per il Covid. La concomitanza sfortunata ha voluto che un bel numero di corridori fosse al Giro della Romagna di ExtraGiro: questo fornisca uno spunto a chi compone i calendari.

Per la Iseo Rime Carnovali il 12° posto con D’Amato
Per la Iseo Rime Carnovali il 12° posto con D’Amato

Fughe ci sono state, su tutte quella del giovane Vinokourov con la maglia del Principato di Monaco, ma prima la Israel Cycling Academy e poi il Team Colpack hanno messo i fuggitivi nel mirino e non c’è più stato spazio per nessuno. Volata doveva essere, volata è stata.

«E’ andata come volevamo – dice Di Leo, tecnico della Colpack – siamo partiti per Gazzoli, perché è quello che stava meglio. Si è assunto le sue responsabilità. Abbiamo dovuto lavorare tanto, chiudendo ovunque, però se la sono meritata ed è bello raccogliere quello che semini. La vittoria di Gazzoli è la ciliegina sopra alla torta. Lo abbiamo coperto, lo abbiamo protetto, ci abbiamo creduto. Toccava a lui, ma sono stati bravi tutti i ragazzi. Persico sapeva di dover lavorare per lui. Non è scritto nulla, nelle fughe dai la possibilità a tutti, però negli ultimi sei giri ci siamo messi davanti, andando regolari e tirando per Michele. Questo risultato lo sblocca. Non viene da un momento facile. Non è stato bene, ma ci ha sempre creduto. E’ un ragazzo che lavora tantissimo, sa di essere forte e di poter ottenere buoni risultati».

A Nicolas Vinokourov, figlio di Alexandre, un premio per i chilometri in fuga
A Nicolas Vinokourov, figlio di Alexandre, un premio per i chilometri in fuga

Un anno storto

Adesso Michele è in attesa di essere premiato e i minuti trascorsi gli permettono di mettere in ordine le idee.

«La squadra mi ha dato tutta la fiducia possibile – racconta – tutti i miei compagni. Devo ringraziarli tantissimo, perché hanno fatto un lavoro superbo. La fuga era segnata perché c’eravamo noi. Eravamo qua per fare gli ultimi 400 metri a tutta e siamo contenti, perché finora è stato un anno d’oro per la Colpack. E’ la 13ª vittoria in due mesi e quando si corre così si fa molta meno fatica e viene tutto semplice.

Per Gazzoli, incontro con Di Rocco e Gianni Bugno, vincitore del Liberazione 1985
Per Gazzoli, incontro con Di Rocco e Gianni Bugno, vincitore del Liberazione 1985

«Quanto a me… la vittoria mi sblocca tanto! Quest’anno è stato difficile. Il 4 gennaio ho preso il Covid. Me ne sono sbarazzato il 25, quindi sono stato fermo quasi un mese. Ho ricominciato per due giorni, ho avuto un problema a un ginocchio e sono stato fermo altri 20 giorni. Ho ripreso oltre metà di febbraio, sono andato in Croazia e il 13 marzo sono caduto e sono stato fermo per 8 giorni. Adesso è un mese che sono in bici. Provo sensazioni molto migliori dell’anno scorso, anche perché ho una fiducia in me stesso che sono riuscito a ritrovare l’anno scorso e questo mi dà molta gioia. Ho ritrovato il Michele di prima. Ho fatto due anni un po’ cupi, perché non riuscivo a trovare me stesso. Grazie alla mia ragazza Camilla che mi è stata vicino, sono riuscito a riprendermi e a ricredere a me stesso e così ora me la godo. E oggi però mi godo Roma, perché saremo qui fino a domani»

Sul podio il brindisi per Gazzoli, Pencedano e Quartucci
Sul podio il brindisi per Gazzoli, Pencedano e Quartucci

Dedicato a Silvia

Il passaggio finale però dà i brividi. Anche Michele cambia tono e per qualche istante la gioia della vittoria sparisce dai suoi occhi.

«Quando siamo in bici – dice – noi abbiamo sempre paura. Questa settimana abbiamo perso Silvia Piccini, un’altra ragazza giovanissima. Dedico a lei questa vittoria. E’ la conferma di quanto sia pericoloso per noi andare sulle strade, quindi questo vuole essere un appello a tutti a prestare più attenzione sulle strade. Non abbiamo la corazza, abbiamo il nostro corpo e per quanto possiamo sembrare grandi, restiamo fragili. Mando un grande abbraccio ai suoi genitori. Volevo sensibilizzare sull’argomento della sicurezza stradale. A casa abbiamo tutti una famiglia che ci attende, quindi deve esserci rispetto reciproco».

Dopo la vittoria, serata e lunedì a Roma per Gazzoli e Camilla
Dopo la vittoria, serata e lunedì a Roma per Gazzoli e Camilla

Il minuto di raccoglimento prima del via ha riportato l’argomento al centro della strada, guai abbassare la guardia. Questo è il momento per sorridere, mantenere la concentrazione sul tema sicurezza è dovere di tutti noi.

Pasqua e Pasquetta, Ayuso si prende anche il Belvedere

06.04.2021
4 min
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Avete presente quando dentro all’uovo di Pasqua trovate la sorpresa che volevate? Ecco, in casa Colpack-Ballan sono andati oltre, e forse di sorpresa pura non si tratta. Il team di patron Beppe Colleoni in questa due giorni pasquale ha centrato una doppietta pazzesca in due gare internazionali: la domenica il Trofeo Piva e il lunedi dell’Angelo il Giro del Belvedere, quest’ultimo per la prima volta nella storia della società bergamasca.

Il punto esclamativo in entrambe le corse lo ha messo lo stesso ragazzo, l’astro nascente del ciclismo spagnolo, sempre per distacco: Juan Ayuso Pesquera. Ed i “corsi e ricorsi storici” non si fermano qui, perché era dal 2003, con il russo Alexandre Bazhenov in maglia Impruneta Cotto Ref, che non si vedeva questa accoppiata. 

«Beh – puntualizza scherzosamente il raggiante team manager Antonio Bevilacqua – forse è l’unico a riuscirci da primo anno, perché dobbiamo ricordare che Juan nel 2020 era junior. E che junior».

Lo scorso anno campione spagnolo in linea e a crono (nel 2019 rispettivamente primo e terzo), Ayuso come ormai sappiamo sta completando il suo processo di crescita nella Colpack-Ballan in vista del passaggio al UAE Team Emirates ad inizio agosto, ma per i suoi attuali tecnici è già una piacevole realtà, a parte i risultati appena ottenuti. Ce lo spiega il diesse Gianluca Valoti.

Il Belvedere si è corso il lunedì dopo Pasqua in una bella giornata di primavera (foto Bolgan)
Si è corso il lunedì di Pasqua (foto Bolgan)
Come avete fatto a trovare Juan?

Grazie ai buoni rapporti che abbiamo con Matxin (uno dei manager del Team UAE-Emirates, ndr) che ci segnala sempre prospetti interessanti, come ad esempio il nostro velocista colombiano Nicolas Gomez. Lui si fida di noi e ci ha chiesto di far fare esperienza internazionale a Juan, perché da junior ha corso solo in Spagna.

Insomma una bella responsabilità per voi.

Sì. E’ ovvio che abbiamo un ulteriore occhio di riguardo perché non vogliamo spremerlo troppo a livello psico-fisico. Non ci pesa averlo e doverlo far crescere, ma forse adesso ci sentiamo ancora più responsabilizzati dopo queste due vittorie.

Che ragazzo è al di fuori della gara?

Siamo fortunati perché lui è un ragazzo che ama il ciclismo, è estremamente scrupoloso e metodico nel condurre una vita adeguata. Vive ad Almè, dove abbiamo il ritiro della squadra, lui al primo piano ed io al terzo, ma non lo devo tenere tanto sotto controllo perché non sottovaluta nulla. Diciamo che lo sto istruendo per vivere in casa visto che è sempre stato con i genitori. Ha una fidanzata che è in Spagna e vive bene anche quella relazione. Deve ancora compiere 19 anni, noi abbiamo il compito di farlo diventare corridore e uomo.

Si rischia di perdere di vista gli altri?

No. Abbiamo 17 ragazzi, alcuni dei quali che hanno iniziato benissimo la stagione e tutti avranno modo di fare bene nella seconda parte.

Podio straniero all’indomani della Pasqua, con Ayuso , Potocki e Balmer (foto Bolgan)
Podio straniero, con Ayuso , Potocki e Balmer (foto Bolgan)
A questo punto l’obiettivo di Ayuso e della Colpack-Ballan sarà il Giro d’Italia Under 23.

Esatto, è il principale ora. Aspettiamo di vedere come sarà il meteo nei prossimi giorni, ma abbiamo già in programma di fare diversi sopralluoghi nelle tappe di montagna o altre impegnative. Non sarà comunque facile interpretare il Giro con 5 atleti per squadra. Se andrà bene come speriamo festeggeremo e se invece dovesse andare male non succederà nulla, non ci dispereremo.

Valoti non esclude nemmeno che il giovanissimo spagnolo possa restare più del dovuto.

«Dobbiamo capire se ad agosto farà solo uno stage o finirà l’annata con i pro’, in caso contrario lo prepareremmo per il Tour de l’Avenir e per i mondiali».

Come Tiberi e Bagioli

Mentre Bevilacqua aggiunge: «Ce lo stiamo godendo, anche perché stiamo avendo una grossa soddisfazione nella sua crescita».

A proposito Antonio, nella tua trentennale carriera ti era mai capitato un corridore così al primo anno?

Abbiamo avuto tanti bravi e forti ragazzi e Juan mi ricorda sia Andrea Bagioli che Antonio Tiberi, che sono stati con noi un anno prima di passare nel WorldTour. Forse mi sento di dire che Ayuso ha avuto un impatto più incisivo già dalle prime gare ma sono solo dettagli.

Pasqua indimenticabile, con Valoti, Di Leo, Bevilacqua e Miozzo: Colpack al completo (foto Bolgan)
Con Valoti, Di Leo, Bevilacqua e Miozzo (foto Bolgan)
E il suo avvicinamento al Giro in programma dal 7 al 16 giugno, come sarà? 

Correrà il Trofeo di San Vendemiano (18 aprile) e il Giro di Romagna (22-25 aprile) poi farà un lungo periodo di allenamento in altura ad Andorra dove ha una casa e dove ormai ci sono tanti corridori. Tornerà da a ridosso del Giro U23.

Siete pronti per il dopo-Ayuso?

Si, alla grande. Stiamo recuperando da brutti infortuni di inizio anno anche Gazzoli e Baroncini, che hanno grandi potenzialità anche loro e faranno bene nella seconda parte di stagione.

Chiudendo, non ne abbiamo ancora parlato: il vostro primo Giro del Belvedere come lo avete vinto?

Eh, sto ancora esultando (ride, ndr). Battute a parte, Juan è partito sull’ultimo strappo a 10/12 chilometri dalla fine, ha fatto il vuoto anche se la salita era piuttosto corta. Ha scollinato con una manciata di secondi ed è arrivato solo come al Piva. Avevamo puntato ad una delle due gare, ma così è fantastico. Abbiamo davvero passato una buona Pasqua.

Al Piva, la prima di Ayuso. Crescono Colnaghi e Puppio

05.04.2021
5 min
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Fuga per la vittoria al Trofeo Piva: è proprio il caso di dirlo, per la prima vittoria da under 23 di Juan Ayuso (in apertura nella foto Scanferla). Il giovanissimo spagnolo – nato a Barcellona, cresciuto ad Alicante e che compirà diciannove anni il prossimo 16 settembre – ha centrato il colpo grosso a Col San Martino, nel 72° Trofeo Piva, con le stimmate del predestinato. E’ l’ottava vittoria straniera nelle ultime dieci edizioni, la seconda per un team italiano, sempre la Colpack-Ballan (nel 2017 trionfò con l’ucraino Mark Padun).

Gruppo ancora compatto. Il Piva si corre a Col San Martino, in provincia di Treviso (foto Scanferla)
Il Piva si corre a Col San Martino, provincia di Treviso (foto Scanferla)

Dietro al talento della formazione bergamasca, staccati di un minuto, sono finiti Luca Colnaghi (Trevigiani Campana Imballaggi) e Antonio Puppio (Team Qhubeka) a completare un super podio.

«Cinque vittorie con cinque corridori diversi – racconta il diesse Gianluca Valoti – è il miglior inizio di stagione mai avuto prima. E puntiamo con fiducia al Belvedere (che si corre oggi, ndr) che non abbiamo mai vinto, magari con Verre che sta pedalando bene».

Ayuso in rampa

Grande gioia quindi in casa Colpack-Ballan dove devono godersi il più possibile i numeri di Ayuso, uscito evidentemente molto bene dalla Settimana Coppi e Bartali, visto che il UAE Team Emirates lo ha “parcheggiato” in prestito da loro fino al prossimo agosto, periodo nel quale dovrebbe passare professionista (già pronto un contratto fino al 2025).

In gruppo anche Kevin Pezzo Rosola, con la maglia del Team Tirol (foto Scanferla)
In gruppo anche Kevin Pezzo Rosola (foto Scanferla)
Juan, raccontaci questo tuo primo successo nella categoria.

Sono davvero molto felice, lo dedico alla Colpack-Ballan. Sono partito a 20 chilometri dalla fine, in salita. Stavo bene e ci ho provato, poi quando sono rimasto da solo, ho pensato che stavo facendo una crono e ho spinto a tutta. E’ andata alla grande.

I prossimi obiettivi quali sono?

Sarebbe bello fare doppietta già al Belvedere. Sto crescendo giorno dopo giorno, cerco sempre di fare il meglio possibile.

Visto che ti stai trovando bene con la tua attuale squadra, se ti dicessero di restare fino a fine stagione accetteresti?

Il mio sogno è il professionismo, ma dipende da come andranno le corse. Devo fare esperienza e sono già migliorato tanto da inizio anno, tuttavia se dovessi restare alla Colpack-Ballan non sarebbe un problema.

Colnaghi ci riprova

Un mese fa (a Lucca, al Memorial Dinucci) la stessa felicità di Ayuso l’aveva provata Luca Colnaghi che oggi deve riconoscere la superiorità dello spagnolo chiudendo in piazza d’onore

L’azione di forza di Ayuso sul Combai: lo spagnolo veniva dal Coppi e Bartali (foto Scanferla)
L’azione di forza di Ayuso sul Combai: lo spagnolo veniva dal Coppi e Bartali (foto Scanferla)
Luca non si poteva fare di più?

No, era nettamente il più forte. All’imbocco dell’ultimo Combai lui è partito, gli ho subito preso la ruota, ma ho dovuto lasciarla subito perché aveva un ritmo troppo sostenuto per me. A quel punto mi sono fatto riprendere, poi sull’ultimo strappo, adatto alle mie caratteristiche, ho attaccato. All’arrivo ho regolato Puppio.

Domanda d’obbligo anche per te: obiettivo a breve e lungo termine?

La rivincita è già il Belvedere, cercando di fare meglio di oggi. Poi per il resto sono al quarto anno, ho l’esperienza giusta ormai per cercare di fare bene un po’ ovunque.

Il tuo buon inizio di stagione (compresi anche due quarti posti e l’attuale leadership nella classifica nazionale di categoria) è dovuto alle varie vicissitudini che hai vissuto negli ultimi mesi?

Ho tanta rabbia per le conseguenze di quelle vicende, ma non sto facendo più di quello che dovrei, non mi sto allenando di più. Sotto quel punto di vista sono tranquillo delle mie potenzialità e i risultati ci sono.

Quarto al traguardo Benedetti della Zalf, di cui Faresin ci aveva parlato (foto Scanferla)
Quarto al traguardo Benedetti della Zalf (foto Scanferla)
Il passaggio al professionismo invece dove lo posizioni tra gli obiettivi? Speri in una chiamata già da agosto?

Onestamente spero di passare, vedremo se si apriranno delle porte nuove ma adesso penso solo a pedalare e fare bene, che è la cosa più importante.

Puppio, obiettivo pro’

Sul terzo gradino del Trofeo Piva fa capolino Antonio Puppio che ritrova un podio dopo quasi due anni (terzo al prologo del Val d’Aosta a luglio 2019), il primo ottenuto in una gara in linea da quando è under 23. 

Sul podio, con Ayuso ci sono Luca Colnaghi e Antonio Puppio (foto Scanferla)
Sul podio, con Ayuso ci sono Luca Colnaghi e Antonio Puppio (foto Scanferla)
Antonio, partiamo da qui. Piazzamento che dà morale?

Sì, senz’altro. Anche se a fine febbraio avevo già fatto quarto in volata alla Firenze-Empoli, dove avevamo centrato anche il secondo e il terzo posto dietro Nencini.

Com’è andato il Trofeo Piva?

La corsa è stata piuttosto tranquilla fino a 4 giri dalla fine, di cui gli ultimi tre con lo strappo di San Vigilio. All’ultimo dei nove passaggi dal gpm di Combai è partito Ayuso, noi dietro ci siamo guardati ma non c’è stata molta collaborazione per chiudere. Poi sullo strappo finale ci siamo frazionati ulteriormente e siamo arrivati praticamente come siamo scollinati.

Al Belvedere con che spirito ci vai?

Con quello di riconfermare questo piazzamento, anzi migliorarlo, anche se credo sarà una gara diversa e potrebbe arrivare un gruppetto di 10/15 unità.

Corri in un team vivaio di una formazione WorldTour, pensi che il passaggio al professionismo sia dietro l’angolo?

No, devo conquistarmi il posto, non c’è nulla di scontato. Sono al quarto anno tra gli U23, ho più esperienza, sono migliorato a livello fisico e tattico ma devo, voglio fare dei risultati. L’obiettivo è quello di passare e sfrutterò ogni gara per farlo, soprattutto quelle internazionali. Ecco, spero di correre il Giro d’Italia Under 23 che è una bella vetrina per mettersi in mostra.

Dalla Spagna arriva Ayuso, che punta sul Giro U23

27.03.2021
4 min
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Juan Ayuso ha la sguardo furbo. Ha solo 18 anni ma sa il fatto suo. Spagnolo della regione di Valencia, va forte in salita e a crono. Per lui, come vedremo, si sono già spalancate le porte del WorldTour. Adesso però veste i colori della Colpack Ballan. Nelle due stagioni da juniores, ha conquistato tre titoli nazionali: due su strada e uno a crono (doppietta siglata nel 2020). E’ alto, ma non altissimo. Magro, ma non di quelli esagerati. Il suo fisico dà la sensazione di non essere ancora spremuto, di avere dei margini.

Al termine del terzo giorno di gara alla Coppi e Bartali sfila dopo il traguardo che è già a bocca chiusa. Con gli occhi cerca il camper del team e mentre è in “caccia” e incrocia il nostro sguardo ricambia subito il saluto. E’ davvero lucido.

Juan Ayuso, 18 anni, è al primo anno da under 23
Juan Ayuso, 18 anni, è al primo anno da under 23
Juan, come sei arrivato in Italia?

Ho un contratto di cinque anni con la UAE e con Matxin (uno dei tecnici del team, ndr) abbiamo pensato che la migliore scelta fosse quella di correre alcuni mesi in una grande squadre “development” per crescere gradualmente. Abbiamo studiato molti team e abbiamo pensato che la Colpack fosse la scelta migliore.

E come ti trovi?

Ho parlato con Gianluca (Valoti, ndr) e subito ho detto: okay. Per ora tutto è fantastico con la squadra. Abbiamo fatto un ritiro a Tortoreto ed è andato benissimo e poi con le prime corse sono subito cresciuto. Ho corso a Laigueglia, a Larciano e mi sono trovato bene.

E anche nelle prime tappe della Coppi e Bartali ti sei fatto vedere…

Abbiamo lavorato molto con squadra, loro credevano in me e io anche mi sentivo bene e così ho deciso di attaccare (era la seconda tappa, ndr).

Davvero un bel segnale per chi solo pochi mesi fa era ancora uno juniores. Ma in Spagna non c’era un team continental per crescere oppure l’idea di arrivare in Colpack è stato un qualcosa di espressamente voluto da Maxtin?

No, in Spagna non c’era una continental all’altezza della Colpack, che facesse una certa attività e fosse strutturata in un certo modo. E poi Matxin voleva che corressi in Italia perché secondo lui qui potevo imparare molto e di più.

Il valenciano ha un contratto con la UAE fino al 2025. Eccolo in ritiro con il team
Il valenciano ha un contratto con la UAE fino al 2025. Eccolo in ritiro con il team
Cosa?

Mi diceva che era differente correre qui da voi. Le strade sono più strette, spesso tortuose e bisogna limare… Voleva che imparassi questo. Ed eccomi. Devo dire che mi piace come si corre qui.

E oltre alle corse cosa ti piace dell’Italia?

La cucina. Si mangia benissimo! Anche in Spagna si mangia bene, però in Italia… è tutto super. Ed è un posto bellissimo per andare in bici. 

Che corridore sei? Uno scalatore, un velocista…

Nooo velocista – esclama mimando il gesto dell’acceleratore della moto Ayuso – Non so bene cosa sono ancora, ma “seguro” non sono un velocista! Credo di essere uno scalatore, ma non so se sono uno scalatore puro, un passista-scalatore… sono talmente giovane, chissà che direzione prenderò. Ma la salita mi piace. Che sia lunga, corta, ripida, esplosiva… quello è il mio terreno.

Il Giro d’Italia under 23 è il tuo grande obiettivo da quel che si dice…

Sì, per me è l’obiettivo principale della prima parte della stagione. E di certo resterò con la Colpack fino al Giro, dopo passerò alla UAE. Per adesso stiamo facendo tutto in funzione del Giro under 23 e penso che con la squadra potremo fare una gara molto buona. Siamo ben messi.

A Laigueglia hai fatto la prima gara con i grandi campioni?

Sì, la prima volta con i corridori del WorldTour e tanti altri grandissimi atleti. E’ stato un bel colpo di emozione passare in mezzo al gruppo e vedere Bernal, Kwiatkowski, Landa Fino a 3-4 anni fa erano i miei idoli e ora correre una gara con loro è stato incredibile, “muy impactante”.

Ayuso a colloquio con Valoti, prima del via di una tappa alla Coppi e Bartali
Ayuso a colloquio con Valoti, prima del via di una tappa alla Coppi e Bartali
E sei anche riuscito a parlarci?

Con qualcuno sì, quando la gara era tranquilla. Ma devo dire che sono stato sempre molto attento – e porta il dito indice verso gli occhi – quando si muovevano. Cercavo di osservarli, di studiarli, quando si spostavano nel gruppo: perché lì e perché in quel momento. Volevo imparare subito.

Domanda quasi scontata: ma chi era il tuo idolo da bambino, cioè fino a pochi anni fa?

Quando ho iniziato con la bici è stato Alberto Contador. Lo vedevo in televisione ed è stato un’ispirazione.

Persico, una dinastia a pedali: Silvia racconta…

19.01.2021
4 min
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Silvia Persico tra strada e ciclocross non perde mai la voglia di andare in bici, seguire i propri sogni e rendere orgogliosi i suoi fratelli. Sono cinque e tutti hanno corso in bicicletta. A volte pensa a quando da ragazzini andavano a casa della nonna in montagna e tra loro facevano le gare che, naturalmente, era sempre lei a vincere. 

Com’è nata la tua passione per il ciclismo ? 

Ho cominciato quando avevo sette anni un po’ per caso. Vicino casa mia c’era una pista dove vedevo allenarsi sempre diversi ciclisti. Così, il giorno del mio compleanno chiesi ai miei se potevo ricevere come regalo una bici da corsa. Una richiesta, forse, un po’ inusuale da pare di una bambina. I miei ebbero alcune difficoltà nel trovarne una della mia misura, decisero di iscrivermi in una squadra e trovarono subito quella adatta a me. Da quel momento non ho più smesso. Il ciclocross invece l’ho scoperto più tardi tramite Arzeni, il mio preparatore

SIlvia corre su strada con la Valcar, ma ammette di preferire il cross
SIlvia corre su strada con la Valcar, ma ammette di preferire il cross
Cinque figli, tutti siete saliti su una bici da corsa…

Ho cominciato prima io, poi mio fratello maggiore Andrea, poi Simone, Davide e Chiara la più piccola. Davide è l’unico che ha continuato a correre ed adesso è alla Colpack, mio fratello maggiore fa l’architetto, Simone ha avuto sempre la testa al calcio e Chiara ha provato tanti sport diversi, ma non trova il suo. Penso che faticare non faccia per loro

Cosa pensavano i vostri genitori nel vedervi praticare lo stesso sport? 

Mia mamma Gabriella era molto contenta, soprattutto perché mio padre Gianfranco facendo il fruttivendolo lavorava anche la domenica e raramente veniva con noi. Per lei averci tutti insieme era molto più semplice a livello di organizzazione familiare. 

Le gare domenicali…

Erano puro divertimento! Siamo sempre stati molto affiatati e ci siamo sempre supportati, cosa che continuiamo a fare. In quelle mattine, fin quando non arrivava il turno della nostra categoria stavamo nel campetto, ma non ci isolavamo tra noi, anzi, stavamo sempre con gli altri compagni di squadra e giocavamo tutti insieme. Una domenica abbiamo vinto tutti quanti e siamo tornati a casa con tre mazzi di fiori. Mio fratello Andrea era quello più sfortunato, spesso si piazzava… ma vinceva raramente. I miei genitori non ci mettevano mai pressioni, loro volevano vederci felici e non badavano tantissimo al risultato. Cosa più che giusta. 

Cosa rappresenti per i tuoi fratelli ? 

Un punto di riferimento, almeno lo spero. Sono soprattutto consapevole e felice di esserlo oggi per Davide che sta seguendo la mia stessa strada. Quando possiamo ci alleniamo insieme, ma ormai lui è più forte di me e inizia a farmi faticare sul serio (ride, ndr). 

Ecco i 5 fratelli Persico, che a un certo punti correvano tutti in bicicletta
I 5 fratelli Persico hanno corso tutti in bicicletta
Un momento passato con la tua famiglia… 

Il mercoledì sera quando eravamo piccolini andavamo nella pista ciclabile vicino casa e ci divertivamo da matti. Venivano anche i nostri genitori ed era praticamente l’unico momento che condividevamo tutti insieme. Lo ricordo come se fosse ieri. Un altro momento che sicuramente mi è rimasto nel cuore è stato quando arrivai quarta al campionato del mondo in Danimarca. Sono venuti tutti quanti per farmi il tifo. Avere loro lì, è stato speciale. Era il mio primo risultato importante ed erano strafelici di quello che avevo fatto.

Ciclocross o ciclismo su strada ? 

Nel ciclismo è fondamentale saper sopportare la fatica e soprattutto saper fare tanti sacrifici.  Le gare su strada a mio parere sono molto impegnative, soprattutto per il fatto che sono molto lunghe. Il ciclocross è sì impegnativo, ma è comunque una gara secca di 45 minuti circa. Forse preferisco il ciclocross perché è una disciplina individuale, siamo solo io e la mia bici. Su strada la maggior parte delle volte devo lavorare per qualcun’altra. Tirare una volata può essere bello, ma non dà la stessa soddisfazione di una vittoria di ciclocross.  

Davide Persico 2020
Per Davide Persico una vittoria nel 2020 a Castelletto Cervo, proprio in chiusura di stagione
Davide Persico 2020
Per Davide Persico una vittoria nel 2020 a Castelletto Cervo
Chi rappresenta per te un punto di riferimento ? 

Nella vita in generale mio fratello Andrea è un pilastro importante. Mi aiuta quando ho periodi brutti e lo stimo molto per tutto quello che fa. Per quanto riguarda lo sport… Sagan e la Vos, sono i numeri uno. Peter non si fa tante paranoie, non pensa troppo, è molto spontaneo e spesso tendo ad essere come lui. Della Vos mi piace il suo modo di correre, di stare in bici e di far gruppo.