Bambini che osservano con stupore il ciclismo: la storia di Petra

09.04.2025
5 min
Salva

Immersi ogni giorno tra analisi tattiche di vittorie e sconfitte, tra approfondimenti tecnici dell’ultima invenzione risparmia-watt, c’è il rischio di dimenticarsi cos’è, prima di tutto, il ciclismo. Uno spettacolo, un gioco, un’avventura, un meccanismo che genera meraviglia.

Per fortuna a volte troviamo qualcuno che ci ricorda tutto questo. E come spesso accade, quel qualcuno ha pochi – pochissimi – anni sulle spalle. Come nel caso di Petra, una bambina che grazie a Pogacar si è innamorata del ciclismo e che col suo stupore, con la sua meraviglia, ha fatto innamorare anche noi.  “Bambini che osservano con stupore le stelle, è lo scopo, la conclusione” come diceva Dylan Thomas

Per Petra e la sua famiglia la bici è stata prima di tutto un mezzo, poi si sono appassionati di ciclismo
Per Petra e la sua famiglia la bici è stata prima di tutto un mezzo, poi si sono appassionati di ciclismo

Petra ha 4 anni ed ha un grande eroe

Tutto è iniziato forse all’età di un anno e mezzo quando, come tanti altri bambini, è andata con la sua famiglia a fare il tifo lungo le strade del Giro d’Italia. E se segui poco il ciclismo, per chi vuoi fare il tifo se non al ciclista in maglia rosa? Leggi il suo nome, capisci che è giovane e talentuoso, i giornali ne parlano bene, è una promessa. Lo registri. Allora lungo le strade con la bandierina o il palloncino rosa in mano urli: «Vai Pogacar! Sei fortissimo!«.

Petra in bicicletta ci va da quando ha pochi mesi ma non sa niente di ciclismo. In casa sua per scelta non c’è la televisione, la bicicletta è un mezzo ancor prima che uno sport. Tutti a Udine hanno notato quel papà e quella mamma che si trainano carretti e altri aggeggi con a bordo prima il fratello maggiore e poi lei, Petra. Il ciclismo lo incontra solo per le strade, nelle grandi manifestazioni. Ma evidentemente il nome di quel campione entra in casa, se ne parla. Ha vinto il Giro d’Italia, ha vinto il Tour de France…

Con le sue imprese e la sua disponibilità Pogacar ha fatto avvicinare al ciclismo tantissimi bambini
Con le sue imprese e la sua disponibilità Pogacar ha fatto avvicinare al ciclismo tantissimi bambini

«Posso invitare Pogacar al mio compleanno?»

Tanto che quando la mamma le fa la fatidica domanda: «Chi vuoi invitare alla festa del tuo compleanno oltre ai compagni di classe?», Petra risponde senza esitazione: «Pogacar!». E aggiunge anche i Krampus, ma poi di quest’ultimi vede una fotografia e pensa sia meglio che restino nelle loro montagne. Invece al campione pensa davvero e insiste: «Mamma hai il suo numero, vero? Puoi invitarlo? Sarebbe bello che venisse al mio compleanno in bicicletta». In effetti, pensandoci bene, uno come lui dalla Slovenia potrebbe anche tranquillamente arrivare a Udine in bici.

E’ appena passato il carnevale e Petra ha un’idea improvvisa: «Il prossimo anno mi voglio vestire da Pogacar – dice alla maestra di asilo – avrò il casco rosa e i ciuffetti che escono dai buchi del casco e la maglietta della UAE».

La maestra va a documentarsi, chi è questo Pogacar? Sa tutto sui Pokemon, sui dinosauri, su Frozen e Oceania, ma di ciclismo no: non ne sa un granché, anche se questo nome lo ha già sentito.

Petra ha scoperto la bellezza di questo sport andando sulle strade del Giro d’Italia
Petra ha scoperto la bellezza di questo sport andando sulle strade del Giro d’Italia

Giovanissimi tifosi crescono

Una sera Petra vede sul cellulare del papà gli highlights di Strade Bianche. Rivede il suo eroe di bianco vestito, lo vede in tutta la sua spavalderia, il suo coraggio, la grandezza. Un eroe che cade e si rialza e che, ferito, vince. È fatta, è amore totale.

Petra non smette di guardare quelle foto del campione in armatura sulla rivista della Gazzetta dello Sport che pubblicizza la Milano-Sanremo. Adora i suoi ciuffetti, osserva i suoi gesti, quella ferita eroica sulla sua spalla. «Però non è tanto bello in questa foto», dice soffermandosi su un’immagine in cui è senza casco e senza occhiali e tornando subito alla gigantografia in cui Tadej pedala. Lo adora quando è in sella alla bici, proprio come un cavaliere. Poi si guarda allo specchio e tira su i suoi capelli corti in modo da assomigliare a Pogi.

Jonathan Milan, qui allo scorso Giro d’Italia in posa con i Krampus, ha frequentato lo stesso asilo di Petra
Jonathan Milan, qui allo scorso Giro d’Italia in posa con i Krampus, ha frequentato lo stesso asilo di Petra

Lo stesso asilo di Milan

La Milano-Sanremo se la guarda tutta, tifando e sudando sul divano e sempre tenendo la rivista con il ritratto di Pogacar tra le mani, ogni tanto gli dà un bacio e gli dice che è bravissimo. Sul podio l’eroe è mogio mogio perché non ha vinto e Petra commenta: «Ci credo che ha vinto l’altro (Van der Poel), è perché non ha fatto le Strade Bianche e non aveva le gambe stanche».

La rivista tutta stropicciata e sputacchiata arriva anche all’asilo. La deve assolutamente mostrare ai suoi amichetti. Ora, quando gioca in cortile, non corre più “veloce come Sonic”, altro personaggio da lei adorato, ma corre “veloce come Pogi”. Fa ridere pensare che vent’anni fa nello stesso cortile dell’asilo di Petra correva il bambino Jonathan Milan. E oggi, tra scivoli e biciclettine senza pedali, si sente la maestra chiamare: «Pogacar, vieni a lavarti le mani». Petra infatti, all’asilo, si è guadagnata il soprannome del suo eroe

Van der Poel e Van Aert, storie diverse, identica resa

06.04.2025
4 min
Salva

OUDENAARDE (Belgio) – I due galli hanno trovato uno più gallo di loro. Quando Van der Poel e Van Aert si ritrovano a inseguire Pogacar, il pensiero è stato proprio questo. Due storie differenti, ne siamo consapevoli. L’olandese è il vincitore di Sanremo e Harelbeke, il belga fa fatica a mettere insieme la testa e le gambe. Però, in questo Fiandre che lo ha mostrato finalmente al livello dei migliori, vederli entrambi inchinati ai piedi di Pogacar fa pensare a equilibri da riscrivere. Soprattutto su queste che erano le loro strade.

«Quella caduta ovviamente non è stata l’ideale – dice Van der Poel – ma tutto sommato siamo riusciti a rientrare bene. Peccato, ma sarebbe potuta andare peggio. Poco prima del secondo passaggio sull’Oude Kwaremont sono stato spinto di lato, quindi sono dovuto rientrare da molto lontano. Alla fine però non ce l’ho più fatta e sono stato costretto a sedermi. Ho sentito subito che ero al limite, non ho mai avuto un super feeling. Il più forte era davanti, di solito è così e anche oggi è stato abbastanza chiaro. Ho lottato per salire sul podio basandomi sull’esperienza e sulla forza di volontà, e ne sono contento. Il Fiandre era programmato, ma non sono stato abbastanza bravo».

In tre alle spalle di Pogacar: Pedersen, Van Aert e Van der Poel
In tre alle spalle di Pogacar: Pedersen, Van Aert e Van der Poel

Un maledetto raffreddore

In realtà Van der Poel tira fuori un malanno che aveva scaltramente nascosto a tutti. Un brutto raffreddore rimediato dopo la vittoria di Harelbeke, che potrebbe spiegare la resa o renderla meno pesante.

«Dopo Il GP E3 sono stato malato per tre giorni – spiega – e ho perso un po’ di forza, soprattutto all’inizio della settimana. Per domenica spero di ritrovare le mie gambe migliori. Questa settimana ho riposato molto per recuperare, ma la prossima voglio allenarmi di nuovo forte per essere completamente pronto per Roubaix. Sarà una gara diversa. E’ meno dura e serve un po’ più di fortuna. Vedremo cosa succede. Penso che ci siano più candidati vincitori a Roubaix che qui al Fiandre. Il quarto successo arriverà? Lo sento spesso. Anche gli altri l’hanno inseguita e aspettata, ma non è arrivata, per cui sono molto orgoglioso di quelle tre tacche accanto al mio nome».

Nella volata, Pedersen ha fatto valere le sue attitudini di velocista ed è arrivato secondo
Nella volata, Pedersen ha fatto valere le sue attitudini di velocista ed è arrivato secondo

La reazione di Van Aert

Va segnalata in questa giornata di festa che è stata selvaggia ed oceanica, l’ottima prestazione di Wout Van Aert e della sua squadra, che aveva qualcosa da farsi perdonare. Il grande belga ha venduto cara la pelle e, anche se è stato presto chiaro che non fosse tra i più forti, non ha mollato per un solo metro. Alla fine dei tanti inseguimenti, è riuscito a giocarsi la volata per il podio, chiudendo non troppo malinconicamente e anzi con fierezza al quarto posto.

«E’ stata una gara molto difficile – dice Van Aert dopo l’arrivo – come tutte le altre da queste parti, naturalmente. Con un uomo nella fuga, la nostra squadra ha fatto lo stretto indispensabile e abbiamo provato a seguire i due favoriti. Sono molto contento che abbia funzionato e sia andata come ho sperato. Ho lavorato duro per costruirmi una buona condizione per oggi e per la settimana che viene e mi piace essere stato qui e combattere per il podio. Questa è l’unica cosa che mi è mancata oggi, arrivare un gradino più in alto, ma per me questo era il mio posto di oggi.

«Era impossibile fare uno sprint migliore di così. I tre che sono arrivati davanti sono stati più forti di me. Vedremo se questa fatica basterà per fare meglio a Roubaix. Contro questo Pogacar c’era poco da fare. Quando alla fine ho attaccato e mi sono voltato, c’era lui a inseguire. E ho pensato che se va forte così sull’asfalto e poi stacca gli altri sul pavè, deve essere davvero speciale. Lo avevo capito già sul primo Qwaremont, il finale lo ha confermato».

Quinto attacco sull’ultimo Qwaremont e Pogacar se ne va

06.04.2025
6 min
Salva

OUDENAARDE (Belgio) – Può sembrare strano come cosa da dire al termine di un Giro delle Fiandre così veloce, il più veloce della storia, eppure Tadej Pogacar ha dovuto sudarsi la vittoria come raramente gli è successo in precedenza. Il campione del mondo non si è potuto accontentare di un solo scatto, ma ha dovuto piazzarne un quantitativo indefinito (cinque quelli davvero incisivi) prima di poter infine staccare tutti i contendenti, che raramente negli ultimi anni sono stati così forti. Basti pensare che a un certo punto al comando del Fiandre si sono ritrovati tre campioni del mondo: Pogacar, Pedersen e Van der Poel, finiti così peraltro sul podio. Van Aert al quarto posto non ha reso certo meno nobile l’ordine di arrivo e anzi si è scrollato dalle spalle come forfora un bel mucchio di negatività. Un Fiandre così bello lo ricorderemo a lungo.

Bisogna dire che la sensazione a un certo punto è stata che Mathieu Van der Poel fosse più brillante dello sloveno, con la solita incognita di quanto gli fosse costato rientrare dalla caduta a 125 chilometri dall’arrivo. L’olandese è sempre parso in controllo e soltanto in occasione di uno degli ultimi scatti di Pogacar è parso rispondere con una insolito attendismo. Era forse la spia della riserva che iniziava a lampeggiare? Sta di fatto che quando lo sloveno ha imboccato per la terza ed ultima volta il Vecchio Qwaremont, la sua accelerazione non ha concesso scampo.

Il via quest’anno da Bruges dal Markt, davanti a un oceano di tifosi
Il via quest’anno da Bruges dal Markt, davanti a un oceano di tifosi

Meglio del meglio

Quando arriva da noi, dopo le telecamere, le premiazioni, le maglie da firmare e chissà a cos’altro lo hanno sottoposto dopo la vittoria, Pogacar ha lo sguardo sfinito e prega di fare presto perché ha un aereo da prendere.

«E’ difficile descrivere quanto sia grande questa vittoria – ammette – e quanto significhi per me. Non potevo immaginare che sarebbero serviti così tanti attacchi, ma ho visto che gli altri ragazzi erano ancora molto forti la prima volta che sono scattato. Ho dovuto davvero tirare fuori il mio meglio per fare rendere gara difficile e ho provato a dare tutto quello che avevo sull’ultimo Qwaremont. Non ero sicuro che sarei arrivato, fino a quando sono arrivato sulla strada principale e ho visto che dietro di me non c’era nessuno. Però ho continuato a spingere. Mathieu (Van der Poel, ndr) era molto forte, quindi non potevo giurare che non sarebbe tornato. Sapevo cosa dovevo fare e ho provato a farlo».

Van der Poel ha inseguito dopo la caduta e forse lo ha pagato. Nel finale è andato spegnendosi
Van der Poel ha inseguito dopo la caduta e forse lo ha pagato. Nel finale è andato spegnendosi

Una generazione di fenomeni

Gli chiediamo se si sia divertito a scattare, farsi riprendere, riscattare chiedendo cambi e tenendo in precedenza la squadra sempre in tiro. Lui osserva per un istante il vuoto, poi torna a guardare fisso e spalanca un sorriso grande così.

«Credo che abbiamo una generazione molto bella di corridori – riflette – un sacco di campioni di livello altissimo. Mi piace correre contro loro, sono grandi campioni e bravi ragazzi. Oggi è stato un giorno fantastico per loro, per i loro fan e per il mio team. E’ stato un giorno perfetto, anche se da un certo punto in poi è stato chiaro che avremmo potuto contare solo su noi stessi. In questo tipo di gara niente va mai alla perfezione. Purtroppo abbiamo perso Johnny e Tim (Narvaez e Wellens, ndr) nella caduta di Van der Poel. Non è andata perfettamente, ma alla fine ciascuno di quelli rimasti ha dato il massimo e il piano ha funzionato. Bjerg ha fatto un lavoro fenomenale oggi, penso che la maggior parte delle persone non riuscirà a capire quanto sia stato ottimo. Anche il giovane Morgado: Antonio è impressionante, sarà un grande campione e oggi ha fatto un lavoro perfetto».

Il piano di Pogacar

Il piano che ha funzionato. La frase incuriosisce. C’era un piano anche alla Sanremo, ma il percorso troppo facile lo aveva vanificato. Attaccare, attaccare, attaccare. Ma come scrivemmo nell’ultimo editoriale, quando il percorso gli offre il dislivello giusto, il piano di Pogacar difficilmente fallisce.

«Il piano era di renderla una gara difficile – spiega – di attaccare al secondo passaggio sul Qwaremont. Le cose come detto non sono andate alla perfezione, ma alla fine sono riuscito a fare la differenza. E l’abbiamo fatta nel modo giusto, senza approfittare dei problemi degli altri. Quando Van der Poel è caduto, stavano tutti lottando per la posizione, ma nessuno ha ritenuto di affondare il colpo, perché non era necessario. Ci sono stati alcuni allunghi, ma niente di incisivo. Mi sarebbe piaciuto che lo avessimo aspettato ancora, perché avrebbe significato far rientrare Wellens e Florian Vermeersch, ma poi la gara ha ripreso il suo passo».

Ganna ottavo e migliore degli italiani: prima la fuga e poi lo sprint per il piazzamento
Ganna ottavo e migliore degli italiani: prima la fuga e poi lo sprint per il piazzamento

L’effetto del Qwaremont

Si capisce che la conferenza sia agli sgoccioli, quando si comincia a parlare del tempo. Dicono che domenica alla Roubaix potrebbe piovere e questo nel clan della UAE Emirates non suona come un presagio felice. Ma in questa giornata scintillante dei colori dell’iride, non c’è nulla che possa turbare Tadej.

«Spero di avere lo stesso clima domenica prossima – dice – e che questa vittoria mi dia la sicurezza che serve. Tutta la settimana passata con i miei compagni è stata davvero fantastica e riuscire a passare da solo sul Qwaremont con così tante persone sulla strada, è stato qualcosa di incredibile. Non avevo vendette da prendermi dopo la Sanremo e anche aver staccato Mathieu in un tratto di pavé in pianura potrebbe significare poco. Oggi però ho capito che ho buone gambe in vista della Roubaix. Abbiamo anche una squadra super forte, con Vermeersch e Politt che sono già stati secondi in quel velodromo e io che sarò al battesimo. Possiamo fare un’ottima gara e non vedo l’ora che arrivi».

Gli chiedono se davvero abbia finito stanco il Fiandre. Lui strabuzza gli occhi e fa un sorriso di circostanza. Ricorda che la corsa è durata più di sei ore e che alla fine di qualsiasi gara è sempre stanco. Poi ringrazia quando gli dicono che di solito sembra più fresco. Prende e se ne va, preceduto dallo steward sul monopattino. Lo rivedremo da queste parti alla fine della prossima settimana. Poi per lui ci saranno ancora l’Amstel Gold Race, la Freccia Vallone e la Liegi. Di certo non bisogna guardare Tadej Pogacar parlando di corridori che hanno occhi soltanto per il Tour.

Fiandre e Roubaix, chi vince? Pozzato pesca dal mazzo

06.04.2025
5 min
Salva

Il capolavoro di Mathieu Van der Poel alla E3 Saxo, al quale è seguito un altro assolo, quello di Mads Pedersen alla Gand-Wevelgem. Nel mezzo il terzo posto di Filippo Ganna proprio alle spalle dell’olandese e del danese della Lidl-Trek e la decisione del piemontese di mettersi in lista anche per il Fiandre. Tadej Pogacar che annuncia la partecipazione alla Parigi-Roubaix, una notizia che già era circolata dopo quel breve ma intenso assaggio al pavé della Foresta di Arenberg. Sempre lo sloveno che cambia i propri piani rinunciando a E3 Saxo e Gand. Infine la disfatta della Visma nella corsa che anticipa, per nome e per tempistiche, il Giro delle Fiandre. 

Un menù ricco di sorprese, decisioni dell’ultimo momento che insaporiscono il calendario riservato alle Classiche del pavé. Questa mattina tocca ai muri delle Fiandre, mentre tra una settimana esatta saranno le pietre del nord della Francia a prendersi il centro della scena. 

Al GP E3-Saxo Bank Van der Poel ha dato una prova di forza non indifferente sui muri
Al GP E3-Saxo Bank Van der Poel ha dato una prova di forza non indifferente sui muri

Rimescolamento

Se il gruppo fosse un mazzo di carte potremmo definire quello che è avvenuto nei giorni scorsi come un rimescolamento. Alla fine però, proprio come in un mazzo di carte, gli assi sono sempre quattro: Van der Poel, Pogacar, Ganna e Pedersen. Ma attenzione al jolly, figura che si addice perfettamente a Van Aert. Darlo per spacciato, a nostro avviso, è un azzardo. Della stessa idea è anche Filippo Pozzato, chiamato in causa per leggere le carte in vista di questi impegni. 

«Diciamo che per il Fiandre ci sono due corridori su tutti – dice subito Pozzato – che sono Pogacar e Van der Poel. Penso che l’olandese quest’anno vada veramente forte, è arrivato in una condizione perfetta alle Classiche. Lo ha dimostrato alla Sanremo e alla E3-Saxo. Pogacar, in vista di oggi, può sicuramente far bene e lo ha già dimostrato. Rispetto al 2023, a mio modo di vedere, farà più fatica a staccare Van der Poel sui muri. Loro due possono partire a 100 chilometri dall’arrivo, senza alcun problema. Teniamo il podio della Sanremo e parliamo di Ganna. Non so cosa potrà fare al Fiandre, è una gara in cui c’è da limare e lui non è fortissimo sotto questo aspetto. Però ha una condizione esagerata e potrebbe essere l’anno giusto per essere davanti sui muri».

Ganna correrà anche il Fiandre, una decisione presa con la consapevolezza di una condizione eccezionale
Ganna correrà anche il Fiandre, una decisione presa con la consapevolezza di una condizione eccezionale
Cosa ne pensi della scelta di correre il Fiandre?

Fa bene. Ha una grande gamba e il suo obiettivo rimane la Roubaix. Però quando stai bene, correre aiuta a mantenere la condizione. I settori di pavé non sono paragonabili, ma stare a casa mentre i tuoi rivali corrono non è sempre un bene, per questo condivido pienamente la scelta di Ganna. 

Anche alla luce della gara di mercoledì come vedi Van Aert?

Dispiace per quello che è successo, rimango convinto abbia un motore esagerato e possa essere davanti sia al Fiandre che alla Roubaix. Ha fatto una preparazione mirata saltando la Sanremo e quindi lo metto sempre tra i favoriti. 

Pedersen ha mostrato di essere in forma, il pavé della Gand è stato un trampolino di lancio per una grande vittoria
Pedersen ha mostrato di essere in forma, il pavé della Gand è stato un trampolino di lancio per una grande vittoria
L’impressione è che abbia voluto attaccare da lontano per rispondere a quanto fatto da Van der Poel e Pedersen ma senza riuscirci, anzi…

Quando deve arrivarti la condizione non è che sei sempre al 100 per cento. Ha subito una bella batosta, però a livello di condizione ha avuto tutto il tempo per recuperare e arrivare pronto al Fiandre. C’è da capire la reazione mentale alla sconfitta della Dwars door Vlaanderen. Questo è l’aspetto fondamentale per capovolgere la situazione.

Anche Pedersen ha mostrato una grande condizione.

Ha vinto con una bellissima azione alla Gand-Wevelgem, ma è una gara con poco dislivello, il Fiandre è molto più impegnativo. Lui è super motivato perché non ha mai vinto una Classica Monumento, però oggi lo vedo un pelo sotto a Pogacar e Van der Poel. Poi, al contrario dello sloveno, Pedersen è avvantaggiato per la Roubaix

Secondo Pozzato Pogacar sarà uno dei due favoriti al Fiandre insieme a VDP, ma non per la Roubaix
Secondo Pozzato Pogacar sarà uno dei due favoriti al Fiandre insieme a VDP, ma non per la Roubaix
Lo hai chiamato in causa, parliamo di Pogacar e della Roubaix, cosa ne pensi?

Per lo spettacolo, il fatto che il campione del mondo prenda parte a questa gara è tanta roba. Sinceramente vedo difficile che Pogacar possa fare qualcosa di buono alla Roubaix. La Sanremo e il Fiandre hanno delle salite sulle quali può fare la differenza, lo abbiamo visto sia quest’anno che in passato. Però per le pietre della Roubaix lo vedo tanto leggero rispetto agli altri, va bene il discorso del rapporto peso/potenza ma gli altri pretendenti hanno altri fisici. Ne parlavo in questi giorni con alcuni membri della UAE.

Cosa dicevate?

Loro sono gasati dal fatto che Pogacar sarà alla Roubaix. Lo sono anche io, mi piace. Dimostra di avere una grinta incredibile, poi lui è uno che si automotiva con questi appuntamenti. Però penso possa fare fatica contro i vari Van der Poel, Ganna, Pedersen e Van Aert. 

Van Aert esce con le ossa rotte dall’ultima gara di avvicinamento alle Classiche del pavé ma le sue qualità non si discutono
Van Aert esce con le ossa rotte dall’ultima gara di avvicinamento alle Classiche del pavé ma le sue qualità non si discutono
Per il Fiandre hai detto sfida tra Pogacar e Van der Poel, gli altri guardano al terzo posto?

Direi di sì, difficile che qualcuno possa inserirsi. E tra i due pretendenti l’olandese ha più carte da giocarsi. Tatticamente è più forte, sa cosa fare per vincere. Basta guardare alla volata della Sanremo, quando ha abbassato il ritmo per poi fare la sparata negli ultimi trecento metri.

Qualche outsider?

Mi piace Jorgenson, spero possa essere davanti in entrambi gli appuntamenti. La Visma ha una squadra forte e possono sfruttare questa cosa, basta che non facciano come mercoledì

Un chilo farà davvero la differenza fra Tadej e Mathieu sui Muri?

05.04.2025
5 min
Salva

Quest’unione di chili, anzi grammi… Quando si ha a che fare con campionissimi assoluti quali Mathieu Van der Poel e Tadej Pogacar su tutti, per segnare delle differenze in certe corse si va sui dettagli. E uno di questi indirettamente è il peso. Indirettamente perché lo hanno chiamato in causa entrambi. Pogacar dopo la Sanremo ha detto che deve mettere su un po’ di massa muscolare per la Classicissima. A Van der Poel, al contrario, è stato detto che per il Fiandre contro questo Pogacar dovrebbe limare un chilo. Lui ha replicato di non volerlo più fare. «Ho perso dei chili per il mondiale di Zurigo e non voglio più rischiare di perdere potenza».

Quanto dovranno dunque “modificarsi” per poter vincere le classiche desiderate? Ammesso che debbano farlo. Di tutto questo ne abbiamo parlato con il dottor Andrea Giorgi, medico e preparatore della VF Group-Bardiani.

Il dottor Andrea Giorgi, da tre stagioni in forza alla VF Group – Bardiani
Il dottor Andrea Giorgi, da tre stagioni in forza alla VF Group – Bardiani
Dottor Giorgi, siamo proprio al limite, qual è il punto d’incontro?

Il discorso è ampio, perché la prestazione dipende dal costo energetico e da diversi fattori e non solo dal peso: un chilo in più o in meno. Il peso, come è noto, influisce soprattutto in salita, mentre in pianura o su strappi brevi l’incidenza è minore, ma va considerata la struttura antropometrica.

Cioè?

Pogacar è più longilineo, mentre Van der Poel è più massiccio. Sono due “macchine” differenti con motori differenti. Di conseguenza, la loro efficienza varia in base alla corsa e al tipo di sforzo richiesto.

In vista del Fiandre, se dovessimo trovare un punto d’incontro in base al peso, Pogacar dovrebbe aumentare un chilo e mezzo e Van der Poel calarne uno: è davvero così?

Difficilissimo dirlo. L’importante è mantenere la massa grassa al minimo e la massa muscolare nella misura ottimale. Non esiste un numero preciso, non è come un motore con cilindrata fissa. Per assurdo in corse come il Fiandre, una maggiore resistenza muscolare e quindi più massa, può essere utile. Mentre su salite lunghe, magari come alla Liegi o al Lombardia, il peso incide maggiormente. Tuttavia, una variazione di un solo chilo non trasforma la struttura fisica di un atleta, quindi gli effetti sulla prestazione possono essere relativi.

In effetti al mondiale 2024 VdP era molto magro. Confrontate le sue braccia tra questa foto e quella di apertura, relativa all’ultima Sanremo
In effetti al mondiale 2024 VdP era molto magro. Confrontate le sue braccia tra questa foto e quella di apertura, relativa all’ultima Sanremo
Pogacar ha detto che dovrà mettere su massa per affrontare al meglio la Sanremo e poi magari tenere quel peso fino alla Roubaix (ragioniamo per ipotesi). Ma poi per il Tour avrà tempo di togliere quella massa in più?

Sì, il suo staff pianifica tutto. Se prendiamo questa stagione, il suo picco di forma è stato studiato per le classiche primaverili, con una strategia nutrizionale adeguata in questi mesi. Dopo la Liegi avrà un periodo di recupero di due mesi abbondanti per prepararsi al Tour. In questo lasso di tempo può lavorare per riequilibrare la sua composizione corporea. Certo, non esiste un dimagrimento localizzato: si perde sia grasso, sia muscolo, ma con un lavoro mirato si può minimizzare la perdita muscolare. E questo è quello che dicevo prima sull’ottimizzare la massa magra.

“Strategia nutrizionale adeguata per questi mesi”: cosa intendevi?

Che una classica monumento ha una certa intensità, richiede un certo dispendio energetico… Rispetto ad una tappa del Tour di certo è più costosa. E’ un altro modo di correre e si sarà preparato anche dal punto di vista energetico-metabolico per quel tipo di sforzo e di durata. Le classiche, specie le Monumento, sono molto più lunghe di tutte le altre gare.

Per le classiche Pogacar ha peso un po’ più alto? Probabilmente sì, vista che anche all’UAE Tour era più “robusto”
Per le classiche Pogacar ha peso un po’ più alto? Probabilmente sì, vista che anche all’UAE Tour era più “robusto”
Van der Poel potrebbe essere competitivo alla Liegi se perdesse, che so, due chili?

La Liegi è una corsa molto diversa da Fiandre e Roubaix. Van der Poel, per caratteristiche morfologiche e metaboliche, tende a mantenere più muscolo e più grasso rispetto a Pogacar. Non è facile per lui perdere quel peso senza intaccare le sue prestazioni e in pieno periodo di gare. Tra i due ballano 9 chili di differenza e vanno a scontarsi su terreni differenti, pensando alla Sanremo o al Fiandre. Se si parla di salite, per assurdo, quelle della Sanremo sono più adatte a Pogacar di quelle del Fiandre, visto che durano di più…

Chiaro…

Per questo, pensando ad una Liegi, ma anche ad un Fiandre dimagrire di due chili potrebbe aiutare un Van der Poel, ma non è l’unico fattore. La resistenza e la capacità di ripetere lo sforzo sono più importanti della pura leggerezza in una corsa come quella. Bisogna vedere il vantaggio prestativo in relazione alla gara da affrontare.

Ti riferisci al dislivello in totale o alla lunghezza delle salite?

Alla lunghezza delle salite. La maggior parte di quelle alla Liegi e del Fiandre ancora di più hanno durate da Vo2 Max, quindi entro i 4′-6′ al massimo. In quei frangenti la componente del peso in senso assoluto conta “un po’ meno”, rispetto ad una salita molto lunga. Su salite brevi e intense come quelle del Fiandre, il peso incide meno rispetto a una salita lunga e regolare. Un chilo in più o in meno ha un’influenza ridotta su sforzi di due-tre minuti. Ciò che conta di più è la capacità di ripetere quegli sforzi nel tempo. Su una salita lunga, invece, il peso diventa un fattore più determinante perché il costo energetico della gara aumenta con la durata dello sforzo. E inoltre…

Sul pavè i chili in più dovrebbero dare maggior vantaggio a VdP, ma Giorgi non sottovaluta anche l’efficienza e la durability di Pogacar
Sul pavè i chili in più dovrebbero dare maggior vantaggio a VdP, ma Giorgi non sottovaluta anche l’efficienza e la durability di Pogacar
Inoltre…

Inoltre, bisogna considerare l’impatto della programmazione e della gestione della stagione. Perdere o mettere chili non è così facile senza le giuste pause. I giusti tempi.

Dottor Giorgi, il peso è davvero un fattore decisivo nelle performance dei campioni, oggi come un tempo, magari 20-30 anni fa?

Conta sempre moltissimo, ma non è l’unico aspetto. Il miglior rapporto tra massa grassa e massa muscolare è essenziale, ma la performance dipende anche dall’efficienza metabolica e dalla capacità di gestire lo sforzo. Un atleta non si valuta solo in base al peso, ma come una macchina complessa in cui ogni componente deve essere ottimizzato. La capacità di mantenere la performance dopo molte ore di corsa è ancora un aspetto non completamente prevedibile, ma è uno dei fattori chiave del successo.

Pogacar e la stoffa dei campioni, l’opinione di Claudio Gregori

01.04.2025
5 min
Salva

Alla Milano-Sanremo di dieci giorni fa Tadej Pogacar ha messo in scena l’ennesimo capolavoro di forza e fantasia, attaccando lì dove da anni si diceva non fosse più possibile farlo: sulla Cipressa. Il fatto che poi sia arrivato terzo è quasi un dettaglio, perché quell’attacco ha deciso la corsa. Ancora di più ha fatto al mondiale, con un attacco (quella volta vincente) partito a 101 km dal traguardo, in quello che chiunque ha giudicato in prima battuta come un azzardo eccessivo perfino per lui.

Ma forse Pogacar è un campione epocale proprio per questo, perché rende possibili cose che fino al momento prima parevano impossibili. Come fosse questa, ancora prima della densità del palmares, la cifra dei grandissimi. Ne abbiamo parlato con Claudio Gregori, forse l’ultimo grande cantore del ciclismo, che nei suoi libri ha raccontato le vite e le imprese di corridori leggendari come Coppi e Bartali, Bottecchia e Merckx. L’ultimo suo lavoro è “Il fiore che vola” sui i primi 100 anni del ciclismo a Pavia dai pionieri alla Sanremo, edito da Univers Edizioni.

Claudio Gregori, tra i suoi libri sul ciclismo ci sono le fondamentali biografie di Merckx e di Bottecchia
Claudio Gregori, tra i suoi libri sul ciclismo ci sono le fondamentali biografie di Merckx e di Bottecchia
Claudio, per trovare paragoni con Pogacar dobbiamo davvero scomodare Coppi e Merckx?

Pogacar è un fuoriclasse assoluto, anche se non ha ancora raggiunto i livelli di loro due. Lo dice il palmares, anche se non si possono mai confrontare epoche diverse, e poi Pogacar può ancora vincere molto. Di certo è eccezionale perché corre in maniera spettacolare, questo è sempre stato molto importante e lo è ancora di più nell’era della televisione. Il vero protagonista della Sanremo è stato lui, non Van der Poel, è lui che l’ha accesa e ne ha fatto una delle più belle Classicissime della storia. Pogacar è la punta del ciclismo moderno per due motivi. Il primo è che quando parte c’è sempre spettacolo, il secondo è che vince da gennaio fino al Lombardia. Non è Vingegaard che esprime al massimo solo in un periodo dell’anno.

In effetti Pogacar con suo modo di correre ha fatto innamorare un po’ tutti fin dalla Vuelta del 2019

Una volta Saronni mi ha detto: «Guarda, con Pogacar non fai il piano prima della gara, lui inventa la tattica in corsa». Ed è così, lui si sente e attacca a 100 km dalla fine, sembra una follia e invece lo porta a termine. Questo ovviamente accende l’immaginazione delle persone. E’ un momento eccezionale per il ciclismo, non c’è dubbio. Il problema per noi italiani è che non abbiamo campioni davvero competitivi. Ora c’è Ganna che ha fatto una bellissima Sanremo, adesso però deve vincere la Roubaix, io lo sto aspettando lì da 5 anni.

Una delle tre vittorie di tappa alla Vuelta 2019, dove molti scoprirono il talento dello sloveno
Una delle tre vittorie di tappa alla Vuelta 2019, dove molti scoprirono il talento dello sloveno
Hai parlato della Sanremo, per molti anni abbiamo sentito dire che attaccare dalla Cipressa fosse ormai impossibile, invece il campione del mondo ci ha provato e ci è riuscito. E’ questa la cifra del campione?

Lui ha cambiato le regole imposte negli ultimi decenni, cioè quelle dei giochi di squadra, della tattica pilotata dall’ammiraglia, dove non c’era più spazio per la fantasia. Ecco, lui ce l’ha messa, vive il ciclismo come avventura. Mentre negli anni scorsi le ammiraglie quell’avventura la sopprimevano.

E’ solo una questione di gambe o anche di testa?

Prima semplicemente non c’erano talenti per fare imprese del genere. Ho detto che non ha raggiunto Coppi e Merckx, ma sto parlando di campioni unici nella storia. E magari Coppi a fine carriera potrebbe pure raggiungerlo. Comunque contano le gambe ma anche la testa: infatti all’inizio Pogacar, come anche Van der Poel, attaccava e perdeva. Poi sono migliorati e ora fanno un ciclismo bellissimo, incredibile. Sarò ottimista, ma credo siano anche campioni di un ciclismo più pulito, in cui non vediamo più ronzini diventare purosangue. Ora i campioni veri emergono di più, e non a caso vincono tutto l’anno.

Merckx è ormai, assieme a Coppi, il metro di paragone per Pogacar
Merckx è ormai, assieme a Coppi, il metro di paragone per Pogacar
Hai parlato dell’importanza della televisione nelle imprese di Pogacar. Cos’è cambiato rispetto al passato per quanto riguarda il racconto del ciclismo?

Iniziamo a ricordare che Coppi era un campione unico, ancora più puro di Merckx. Coppi ha fatto 10 assoli più lunghi di 100 km, Merckx uno solo. La grande differenza è che gli assoli di Coppi non avevano copertura televisiva. Immaginiamoci se avessimo potuto vedere in diretta i 192 km di fuga alla leggendaria Cuneo-Pinerolo, con Bartali all’inseguimento per 5 colli. Sarebbe stato uno spettacolo indimenticabile. Allora c’era solo la radio, con il conduttore che faceva sognare le persone con poche parole.

Quindi Pogacar ha un vantaggio sotto questo aspetto?

Certo, un vantaggio eccezionale. Per esempio alla Strade Bianche abbiamo potuto goderci tutta l’epopea della caduta, della resurrezione e della vittoria. Una grande impresa, ma resa ancora più grande dalla diretta, perché un conto è leggere alcune cose, un altro è vederle coi propri occhi. La televisione regala immagini calde che ti invogliano a seguire, quando lo vedi scattare partecipi, ti emozioni e ti entusiasmi. Cosa che non ti può dare la lettura, per quanto ben fatta, che è un entusiasmo freddo. L’aspetto mediatico poi non è importante solo per i tifosi ma anche per il corridore, che sa di essere visto.

Ma non c’è solo Pogacar, viviamo un momento zeppo di grandi campioni, come Van der Poel e Van Aert
Ma non c’è solo Pogacar, viviamo un momento zeppo di grandi campioni, come Van der Poel e Van Aert
Accennavi prima al grande momento che sta vivendo il ciclismo. Siamo davvero nell’età dell’oro come a volte sentiamo dire? 

Sì, la paragonerei al momento a cavallo degli anni ‘40 e ‘50 in cui c’erano Coppi, Bartali, Van Steenbergen, Magni, Bobet, un germinare di campioni assoluti. Ma è così anche oggi, quando oltre a Pogacar abbiamo la fortuna di vedere all’opera corridori spettacolari come Van der Poel e Van Aert, ma anche Evenepoel, che secondo me sarà il grande avversario dello sloveno per i prossimi anni.

Tra pochi giorni lo vedremo anche alla Parigi-Roubaix, un altro tassello per avvicinarsi ai grandissimi

Non so se ha il fisico adatto per la Roubaix, forse quel pavé così sconnesso è più adatto a corridori più pesanti e potenti come Van der Poel e Van Aert. I 64 chili di Pogacar per quelle pietre mi sembrano un po’ pochini, ma spero di sbagliarmi. Perché con i grandi campioni non si sa mai.

EDITORIALE / Caro Pogacar, non si può sempre arrivare da soli

31.03.2025
4 min
Salva

Quando il 4 marzo dello scorso anno scrivemmo che il fenomeno è uno solo e si chiama Pogacar, il mondo dei social insorse con una certa veemenza. Le pagine erano ancora tutte aperte. Lo sloveno aveva perso il Tour dell’anno precedente, ma aveva vinto il Lombardia e dominato la Strade Bianche. Il 2024 era ancora da venire, nessuno sapeva ancora che avrebbe vinto il Giro e il Tour, la Liegi, il mondiale e ancora il Lombardia. Eppure c’era qualcosa nel suo modo di correre che ispirava quella considerazione.

Sarebbe più facile scriverlo ora e pochi storcerebbero il naso. Vingegaard e Van Aert sembrano persi dietro le loro fragilità e le sfortune: vittime come tutta la squadra di un imprevedibile contrappasso dopo le meraviglie del 2022-2023. Solo Roglic si è salvato andando via, ma ha scelto prudentemente di stare alla larga dalle scene più grandi. Primoz si è scavato una nicchia e ci sta bene dentro. Infine Van der Poel sa di dover essere perfetto per sperare di giocarsela. Lo ha fatto bene alla Sanremo, vedremo se gli basterà al Fiandre.

Fenomeni spariti: dopo due anni stellari, il duo Vingegaard-Van Aert si è smarrito. Che cosa è successo alla Visma?
Fenomeni spariti: dopo due anni stellari, il duo Vingegaard-Van Aert si è smarrito. Che cosa è successo alla Visma?

Tra gambe e cervello

Pogacar è un fenomeno e quando si tratta di imporre la sua forza, per gli altri non c’è partita. Diverso forse se si tratta di ragionare, come alla Sanremo. Anche quel giorno scrivemmo che, malgrado la sconfitta, fu un capolavoro di Tadej e ci sentiamo di sottoscriverlo. Senza di lui non ci sarebbe stata tanta selezione. Ma siamo certi che Pogacar abbia fatto tutto quello che serviva per vincere? Non si può sempre pensare di staccare tutti, anche se finora ha dimostrato di saperlo fare abbastanza agevolmente. Siamo certi che l’unico modo per passare di là dal muro sia sfondarlo e non girarci attorno? Chi lo guida ha provato a spiegargli come si gestisce un finale a tre in cui ci sia “solo” da fare una volata?

Il fenomeno Pogacar è sostenuto dai percorsi che negli ultimi anni sono stati resi estremamente più duri. E’ chiaro che quando il dislivello delle corse si attesta stabilmente sopra i 2.500 metri, lui trova tutti gli spazi per fare la differenza. Del resto, basta guardare cosa ha fatto ieri Pedersen con 1.349 metri di dislivello della Gand-Wevelgem: quando il motore è superiore a tutti gli altri, basta un piccolo Kemmelberg per fare il vuoto.

Fiandre 2022, Pogacar si perde in volata e fa 4°. L’anno dopo vincerà per distacco
Fiandre 2022, Pogacar si perde in volata e fa 4°. L’anno dopo vincerà per distacco

L’attesa di Roubaix

Ma ieri Pedersen era da solo: non è stato facile, non vogliamo dire questo, ma ormai si può scrivere alla vigilia chi ci sarà in finale. E se in finale con lui ci fossero stati Ganna, Pogacar e Van der Poel, forse Mads avrebbe vinto lo stesso, mentre non siamo certi che ci sarebbe riuscito Pogacar. Lo abbiamo visto lo scorso anno. Pedersen infilzò Van der Poel nella volata a due, mentre abbiamo toccato con mano che nelle volate ristrette delle classiche anche il fenomeno Pogacar tende a perdersi.

Perché tutto questo? Perché siamo certi che al Fiandre, Pogacar potrebbe staccare nuovamente tutti e fare l’inchino sul traguardo. Come siamo certi che lo stesso copione potrebbe ripetersi alla Roubaix, se il suo livello di forze sarà così più evidentemente superiore a quello degli altri. Ma il 13 aprile, sulle pietre francesi, il dislivello non sarà il fattore principale e con Pogacar nel velodromo potrebbero presentarsi Van der Poel, Philipsen, Ganna e Van Aert e il finale non sarà più così scontato. Allora vedremo se Pogacar avrà capito che il muro non si può sempre abbattere. Dovrà mostrare astuzia oltre che forza. E a ben vedere tutto questo è ciò che renderà la sfida di Roubaix la più bella di tutte. Al pari della Sanremo, ma per un tratto molto più lungo e polveroso.

P.S. E’ appena arrivato il comunicato con cui l’UCI accontenta gli organizzatori aggiungendo una terza wild card ai Grandi Giri e rende più elastica la collocazione dei rifornimenti durante le gare. Un doppio gesto di buon senso, soprattutto il secondo. Avevamo segnalato il malfunzionamento del sistema adottato, resta solo una domanda: perché fare regole senza coinvolgere chi poi dovrà applicarle?

Alé ancora con la Federazione slovena: insieme fino al 2028!

31.03.2025
3 min
Salva

La Federazione Ciclistica Slovena (KZS) e Alé hanno recentemente svelato la nuova livrea ufficiale che verrà indossata dalle nazionali di ciclismo. Questo design esclusivo accompagnerà gli atleti nelle competizioni più prestigiose, tra cui i campionati mondiali ed europei di tutte le discipline ciclistiche, le Olimpiadi di Los Angeles 2028 e numerosi altri eventi internazionali.

Alé, brand tutto italiano e di vertice nel settore dell’abbigliamento tecnico per il ciclismo, fornirà a tutti gli atleti divise all’avanguardia, studiate per garantire il massimo delle prestazioni. L’equipaggiamento include completi estivi e invernali, oltre ad accessori tecnici progettati con un’attenzione particolare all’aerodinamicità, al comfort e all’innovazione.

Il “Slovenian Green”, colore iconico della nazionale, resta il fulcro del nuovo design, arricchito da eleganti sfumature geometriche in blu scuro sul petto. I pantaloncini, anch’essi in blu scuro, riprendono i dettagli grafici della maglia, creando un look distintivo e sofisticato. Questa nuova divisa appartiene alla collezione PR-S di Alé, sviluppata per le squadre professionistiche e realizzata con tessuti di ultima generazione, capaci di offrire una vestibilità “racing” e un’aerodinamicità ottimale.

Nel 2025, la nazionale slovena sarà rappresentata da alcuni dei ciclisti più talentuosi del panorama internazionale. Oltre al campione del mondo in carica Tadej Pogacar (nella foto di apertura in azione ai trionfali mondiali di Zurigo 2024), Primoz Roglic e Matej Mohoric, indosseranno la nuova divisa anche atleti del calibro di Jan Tratnik, Domen Novak, Luka Mezgec, Urska Zisgart e Marusa Tereza Serkezi, campionessa europea juniores XCO. Anche le selezioni nazionali di mtb e BMX porteranno in gara i colori della Slovenia con l’abbigliamento firmato Alé.

La collaborazione tra Alé e la Federazione slovena proseguirà quindi fino alle prossime Olimpiadi
La collaborazione tra Alé e la Federazione slovena proseguirà quindi fino alle prossime Olimpiadi

Verso nuovi trionfi

«Siamo davvero entusiasti di continuare a vestire la nazionale slovena di ciclismo – ha dichiarato Alessia Piccolo, Amministratore Delegato di APG – ovvero una delle selezioni più forti al mondo, con atleti straordinari. Per noi di Alé, essere al loro fianco nei più importanti eventi internazionali è motivo di grande orgoglio. Questa collaborazione ci permette non solo di contribuire alle loro performance, ma anche di ricevere feedback tecnici preziosi per migliorare costantemente i nostri prodotti».

La partnership tra Alé e la Federazione Ciclistica Slovena è stata estesa fino al 2028, un rinnovo anticipato che testimonia il valore di questa sinergia. 

«Già prima dei Campionati del Mondo dello scorso anno». Ha commentato Pavel Mardonovic, il Presidente della Federazione Ciclistica Slovena «Dove Tadej Pogacar ha conquistato la medaglia d’oro, avevamo deciso di prolungare la nostra collaborazione. Alé rappresenta un partner affidabile, capace di offrire ai nostri atleti abbigliamento di altissima qualità, frutto di innovazione e ricerca costante. Con questa nuova divisa, Alé rinnova il proprio impegno con il movimento ciclistico sloveno, offrendo ai nostri corridori capi progettati per esaltare le loro performance e accompagnarli verso nuovi trionfi».

Alé

Pogacar a Roubaix: è davvero un rischio? L’opinione di Zanini

31.03.2025
5 min
Salva

Pochi giorni fa è arrivata la conferma ufficiale forse più attesa degli ultimi lustri: tra meno di due settimane Tadej Pogacar parteciperà alla Parigi-Roubaix. La notizia è tanto più clamorosa perché l’ultimo vincitore di Tour de France a fare sua la Regina della Classiche è stato Bernard Hinault nel 1981, qualcosa come 44 anni fa. La notizia era nell’aria da diverse settimane, almeno da quando la UAE Emirates aveva postato quel video, in cui il campione del mondo si cimentava – con molta classe, ça va sans dire – sulle pietre della foresta di Arenberg.

Dalla squadra però, fino all’annuncio arrivato dopo la Milano-Sanremo, era trapelato più di qualche scetticismo. Mauro Gianetti ancora dopo la Strade Bianche aveva dichiarato che sperava che il campione del mondo desistesse, aspettando magari ancora un anno. Troppo alto il rischio di una caduta che avrebbe potuto compromettere il resto della stagione, Tour de France in testa. Ma, ci siamo chiesti, davvero la Parigi-Roubaix è così pericolosa rispetto alle altre gare?  Per cercare di capire meglio abbiamo parlato con Stefano Zanini, DS dell’XDS Astana Team, che nella sua carriera da professionista vanta due top 5 sulle pietre francesi.

Zanini è stato uno specialista delle classiche: qui nel 1996, mentre taglia vittorioso il traguardo dell’Amstel Gold Race
Zanini è stato uno specialista delle classiche: qui nel 1996, mentre taglia vittorioso il traguardo dell’Amstel Gold Race
Stefano, andiamo dritti al sodo: davvero la Roubaix è così pericolosa? Specie ora che la famigerata entrata alla Foresta di Arenberg è stata modificata.

La grande differenza ovviamente la fa il percorso, cioè il pavé, che è un pavé diverso da quello del resto del mondo. Alcuni tratti sono messi davvero male, nonostante la manutenzione costante, primi fra tutti il Carrefour de l’Arbre e la Foresta, nonostante il nuovo ingresso. Che poi sia pericolosa o meno dipende da come i corridori si comportano in bici. Comunque io non la vedo molto più pericolosa delle altre gare, che al giorno d’oggi sono tutte complicate con gli spartitraffico e i paletti che si trovano ovunque. 

Quindi molto dipende dai corridori?

Sento dai miei ragazzi che c’è chi rischia più del dovuto, quando a volte basterebbe aspettare un attimo per passare in certi frangenti. Tante volte le cadute sono dovute a questo, al fatto che per la foga non si frena più, anche quando sarebbe giusto.

La foresta di Arenberg, da sempre uno dei punti più delicati della Roubaix. Per il secondo anno però una deviazione obbligherà i corridori ad entrarci più lentamente
La foresta di Arenberg, da sempre uno dei punti più delicati della Roubaix. Per il secondo anno però una deviazione obbligherà i corridori ad entrarci più lentamente
Immaginiamo che però non sia facile dire a chi si gioca una classica monumento di tirare i freni…

Sono gare importanti, io quello che dico è: «E’ un momento importante e bisogna essere in buona posizione», come fanno anche tutti gli altri direttori sportivi. Poi ovviamente davanti non c’è spazio per tutti e lì vengono fuori i problemi. In passato ci siamo sentiti dire che è colpa nostra (dei DS, ndr) se i corridori cadono, ma questo non lo accetto. Ai miei tempi i tecnici ci dicevano lo stesso e però si cadeva meno. 

Perché secondo te?

Non dico che non si cadesse, per carità, però non c’erano tutte queste cadute. Forse c’era un po’ più di rispetto tra i corridori. Il motivo preciso non saprei dirlo, non sto dentro al gruppo, ma sento i miei ragazzi che mi dicono che tal corridore non frena, che un altro rischia troppo.

Il Carrefour de l’Arbre è l’altro punto cruciale della gara: qui nel 2023 Van Aert ha forato lanciando Van der Poel verso la vittoria
Il Carrefour de l’Arbre è l’altro punto cruciale della gara: qui nel 2023 Van Aert ha forato lanciando Van der Poel verso la vittoria
Torniamo a Pogacar. Anche tu come Gianetti avresti delle remore sul fargli correre la Roubaix?

Forse sì. Poi è anche vero che se stai a vedere il rischio delle cadute non corri più, perché possono capitare sempre come abbiamo visto anche negli ultimi anni. Lui per esempio due anni fa è caduto alla Liegi, dove nessuno se lo aspettava, cosa che gli ha compromesso il Tour. Capisco anche che alcune squadre rispetto ad altre debbano pensare a tutelare i loro atleti, se possono giocarsi le grandi corse a tappe. Giustamente devono mettere tutto sul piatto e poi decidere. Piacerebbe anche a me avere di questi pensieri, ma purtroppo almeno per il momento non ce li abbiamo.

Può avere senso dire che alla Roubaix è più facile cadere, ma meno difficile farsi male?

Secondo me no, dipende sempre dalla caduta. Anche in discesa si può fare solo una scivolata senza conseguenze, mentre a volte andando a terra a velocità bassa ci si può rompere un polso o la clavicola. Va molto a fortuna. A me è capitato sia di non farmi niente cadendo ad alta velocità sia di avere conseguenze cadendo in modo sciocco. Le variabili sono davvero tante.

Però è vero che ci sono corridori che cadono più di altri, o no?

Non saprei nemmeno io, certo c’è la sfortuna, poi forse qualcuno è un po’ meno abile a guidare la bici, meno reattivo, cosa che li porta ad essere più coinvolti di altri. 

Pogacar si è già cimentato sul pavè della Roubaix al Tour 2022, dove è sembrato molto a suo agio sulle pietre
Pogacar si è già cimentato sul pavè della Roubaix al Tour 2022, dove è sembrato molto a suo agio sulle pietre
Invece, forare è sempre solo sfortuna o può essere anche imperizia?

Secondo me è solo casuale, perché alla Roubaix spesso si fora quando si è in fila indiana dietro a qualcun altro, senza avere nessuna colpa. Poi anche lì, ci sono delle variabili. Per esempio è importante stare al centro della strada il pavé è migliore, soprattutto quando è bagnato, e se si va di lato dentro le pozzanghere non puoi mai sapere cosa c’è sotto.

Ultima domanda. Avere Pogacar in gara cambia qualcosa per voi?

A noi cambia poco, andiamo per fare la nostra gara il meglio possibile con Ballerini e Bol. La presenza di Pogacar da un lato potrebbe essere positiva, potremmo sfruttare il lavoro della sua squadra all’inizio e poi cercare fortuna nei momenti chiave, quando come si diceva prima è fondamentale essere in buona posizione. Se stai davanti è tutto più facile, se ti trovi dietro devi sempre recuperare, spendi tanto, e anche le possibilità di cadere si moltiplicano.