Stili di guida sul pavé: la differenza la fanno i campioni

17.04.2025
5 min
Salva

La caduta di Pogacar ha messo fine al duello testa a testa tra il campione del mondo in carica e quello uscente, Mathieu Van der Poel. Ancor prima che la corsa potesse metterci davanti l’ennesimo duello tra due campioni una curva sbagliata ha messo fine allo spettacolo. L’errore dello sloveno ha aperto una curiosità e qualche dubbio sulla sua posizione in sella. Non che la sua pedalata manchi di efficacia, ma il pavé della Roubaix non sono le salite del Tour de France. 

Tadej Pogacar è stato messo in sella con tutte le accortezze del caso, ma la sua posizione estremamente avanzata lo porta ad usare spesso il manubrio in presa alta. Un fattore che si è notato in maniera particolare durante la Parigi-Roubaix. Nei vari settori di pavé il corridore del UAE Team Emirates-XRG era l’unico dei favoriti a non usare il manubrio in presa bassa. Al contrario Van der Poel con una posizione più compatta in sella ha avuto una guida più fluida

Van der Poel, alla terza Roubaix consecutiva in bacheca, sa sfruttare ogni spazio e questo è un vantaggio enorme
Van der Poel, alla terza Roubaix consecutiva in bacheca, sa sfruttare ogni spazio e questo è un vantaggio enorme

Funamboli

Ci siamo rivolti così a un ex-corridore che di pavé ne ha masticato parecchio: Filippo Pozzato

«Sono due stili di guida e di pedalata – spiega – che evidenziano la differenza di come i due sono stati messi in sella. Pogacar sa guidare molto bene la bicicletta e lo ha dimostrato, ma Van der Poel è di un’altra pasta. Penso che sia il migliore in gruppo. Sia l’anno scorso che quest’anno ha affrontato le curve del Carrefour de l’Arbre con un’agilità incredibile. Faceva il pelo agli spettatori, alle transenne e a tutto ciò che delimitava il percorso. Sicuramente il fatto che arrivi dal ciclocross gli dà quel qualcosa in più a livello di confidenza nell’usare tutta la strada a disposizione e anche qualcosa in più».

La differenza di fuori sella tra Pogacar e Van der Poel è evidente, così come i modi di stare in bici
La differenza di fuori sella tra Pogacar e Van der Poel è evidente, così come i modi di stare in bici
Pensi che la differenza tra gli stili di guida possa aver fatto la differenza sul pavé?

Ne parlavo con i ragazzi con cui ho visto la gara. Io ero uno che guidava allo stesso modo di Pogacar, con le mani alte. Tom Boonen, ad esempio, era molto vicino a Van der Poel, sempre in presa bassa. Fabian Cancellara aveva un altro stile ancora, con le mani appoggiate spesso sulla parte centrale del manubrio. 

Cosa hai notato ancora?

Che Van der Poel è molto basso e compatto sulla bicicletta, ha un’escursione di sella molto limitata e per questo è più facile per lui usare il manubrio in presa bassa. Pogacar invece è più alto e spostato in avanti. 

Un fattore che può aver influenzato la caduta?

Non direi. Può succedere di cadere alla Parigi-Roubaix. Poi in realtà Pogacar non è caduto, ha sbagliato una curva e poi è finito a terra. Quell’errore lo attribuisco più alla traiettoria sbagliata a causa della moto davanti.

L’olandese sul pavè utilizza spesso la presa bassa, al contrario lo sloveno usa le manopole dei freni
L’olandese sul pavè utilizza spesso la presa bassa, al contrario lo sloveno usa le manopole dei freni
Dici?

In quei momenti di gara sei a tutta, inoltre Pogacar stava spingendo per tentare un allungo. La bicicletta sbatte da tutte le parti, la gente ti urla nelle orecchie, hai l’adrenalina a mille, è facile sbagliare. Penso che lui stesse seguendo la moto, a un certo punto ha abbassato lo sguardo sulla strada e quando lo ha alzato ha visto l’altra moto del fotografo parcheggiata in quel punto strano. Non un disturbo concreto, però inganna la prospettiva della curva. 

Quindi la posizione in sella non ha influito?

No. Ogni corridore ha la sua e se pedala in quel modo è perché si trova bene. Io stesso avevo le mie misure e le mie geometrie. Van der Poel e Pogacar ci hanno mostrato due stili tanto diversi, ma l’efficacia della loro azione sul pavé è evidente. Erano comunque loro due davanti a tutti. 

Pogacar è l’unico tra i primi dieci della Roubaix a pesare meno di settanta chili
Pogacar è l’unico tra i primi dieci della Roubaix a pesare meno di settanta chili
Nell’intervista prima del Fiandre ci avevi detto che Pogacar non avrebbe fatto bene alla Roubaix, ora che lo hai visto in azione cosa pensi?

Era l’unico corridore che fisicamente non c’entrava nulla con quelli davanti, tra i primi dieci è l’unico che pesa meno di settanta chili. Mi chiedevo come potesse andare forte e lui ha risposto arrivando secondo. Al Fiandre te lo puoi aspettare, ci sono delle salite e lì può certamente fare la differenza. 

L’evoluzione tecnica dei mezzi può averlo avvantaggiato?

Sicuramente questa cosa di utilizzare copertoni sempre più larghi, si è arrivati a montare il 32 millimetri alla Roubaix, lo aiuta. Le pressioni si abbassano e la maggior larghezza del battistrada crea più comfort in sella. Però poi bisogna pedalare e Pogacar lo fa alla grande. Per il resto credo che l’evoluzione tecnica c’è ma anni fa era la bici ad adattarsi al corridore. Ora è il contrario, le aziende fanno dei telai standard gli atleti vengono messi su giocando con i vari componenti. Pogacar ha fatto vedere di cosa è capace, ed era solo alla sua prima partecipazione alla Roubaix. 

Pogacar alla Roubaix. Guida, tattica, posizione… L’analisi di Moser

17.04.2025
5 min
Salva

Tadej Pogacar ha affrontato per la prima volta la Parigi-Roubaix, concludendo al secondo posto dietro Mathieu Van der Poel. Lo sloveno ha (in parte) stupito per la naturalezza con la quale ha affrontato questa sfida tanto particolare. E di questa naturalezza ne parliamo con Moreno Moser, ex professionista e oggi commentatore tecnico per Eurosport.

Insieme al trentino abbiamo analizzato la prestazione del leader della UAE Emirates, evidenziando aspetti gli tecnici. Presa del manubrio, tattica, posizione in gruppo, guida… Quanti dettagli sono emersi attorno l’Inferno del Nord del campione del mondo. E se si deve fare in anticipo un sunto, possiamo dire che la parola “guardingo” (a 360°) gli casca a pennello.

Moreno Moser (classe 1990) ha corso fino al 2019
Moreno Moser (classe 1990) ha corso fino al 2019
Moreno, partiamo dalla tattica: come hai valutato l’approccio di Pogacar alla Roubaix?

Ha corso sempre in controllo, preferendo spendere un po’ di più per stare davanti e avere una visuale pulita. Questo approccio è simile a quello di Van der Poel, che preferisce prendere aria e rischiare meno. Quante volte li abbiamo visti a centro strada o muoversi in prima persona? Ha mostrato atteggiamenti giusti, ma anche quelli di chi è all’inizio in questa corsa. Per esempio, spesso lasciava qualche centimetro in più per vedere dove era la strada e dove fossero le buche, un comportamento che aiuta a evitare rischi.

Quali dettagli tecnici hai notato nella sua guida sul pavé? A nostro avviso per esempio saltava bene anche dalla “banchina” al pavé e viceversa, cosa che di solito fa un habitué della Roubaix…

Spesso sporgeva la testa per cercare di vedere meglio davanti quando era a ruota. Segno di massima attenzione, di controllo come dicevo. L’ho visto andare davanti in prima persona per cercare di prendere la testa della corsa e pedalare sulla schiena dell’asino. Ma questo può farlo perché Tadej ha tanta, tanta gamba.

Lo sloveno si trovava a suo agio nel salire e scendere dalla banchina, come i veterani
Lo sloveno si trovava a suo agio nel salire e scendere dalla banchina, come i veterani
Noi abbiamo notato che in pratica aveva sempre le mani sulle leve. Non paga qualcosa in termini di aerodinamica?

Vero, questa cosa ce l’hanno fatta notare anche in diretta, mentre Van der Poel prendeva il manubrio con le mani sotto. Sembrava anche un filo più basso di sella, ma potrebbe essere un’impressione dovuta alla posizione avanzata: se ha cambiato quei 2 millimetri fai fatica a vederlo. Magari l’ha semplicemente spostata un filo più avanti. Però io non credo sia tanto una questione di aerodinamica. Oggi spesso sono più aero quando hanno le mani sulle leve, perché riescono a piegare meglio i gomiti.

Chiaro…

Quando ancora correvo e si facevano i vari test – e da allora ne sono cambiate di cose – ci spiegavano come fosse importante incassare la testa nelle spalle perché si riduce la sezione frontale. Pensiamo alle protesi da crono: un tempo erano “sulla ruota anteriore”, oggi hanno spessori di 20 centimetri e sono più aerodinamici. La posizione delle mani è anche una questione di abitudine e comfort nella guida. Mentre ho notato che Tadej faceva spesso stretching proprio per distendere la schiena... Le pietre della Roubaix sono state dure anche per lui! Hanno un altro impatto rispetto a quelle del Fiandre.

Quante volte ha cercato la schiena d’asino… nei tratti più sconnessi
Quante volte ha cercato la schiena d’asino… nei tratti più sconnessi
E della proverbiale agilità di Pogacar cosa ci dici? Van der Poel era più agile di lui stavolta?

Credo perché fosse stanco e alla fine si è “attaccato al rapporto“. Nei primi settori di pavè era agile anche Pogacar, ma nel finale sembrava più stanco rispetto al solito. La pedalata era appesantita e non riusciva a mantenere il ritmo abituale. Che poi non andava piano. Eppure sembrava così proprio perché non mulinava come suo solito.

Secondo te può migliorare ancora nella guida sul pavé? Ed eventualmente in cosa?

In generale l’ho visto bene, ma non credo che facendo altre cinque Roubaix possa migliorare tanto, specie rispetto a Van der Poel. Quest’ultimo ha una sensibilità sviluppata fin da bambino nel ciclocross, che lo porta ad avere una guida superiore. Mathieu ha un livello di consapevolezza in bici che lo porta a non spaventarsi. Quando sente la ruota che va, lascia scorrere la bici senza frenare, salvando spesso situazioni critiche. Come magari non fanno gli altri che d’istinto frenano.

Ad Arenberg, ma non solo, Pogacar ha cercato di fare il ritmo per rendere la corsa dura. Lui che è il più forte alla fine paga meno gli sforzi
Ad Arenberg, ma non solo, Pogacar ha cercato di fare il ritmo per rendere la corsa dura. Lui che è il più forte alla fine paga meno gli sforzi
Qual è il bilancio complessivo della sua prestazione? Insomma ce la potrà fare Pogacar a conquistare una Roubaix?

Ha corso bene, mostrando intelligenza tattica e capacità di adattamento. Pur non avendo l’esperienza di Van der Poel sul pavé, ha dimostrato di poter competere ad alti livelli anche in una corsa così impegnativa. Alla fine erano quasi alla pari. Probabilmente avrebbe vinto lo stesso VdP, ma magari non lo avrebbe staccato. Se ci pensiamo poi non ha perso molto. Il problema è che qui si parla di potenza assoluta e Van der Poel ne ha un po’ di più. Tadej non aveva i muri del Fiandre, che anche se sono corti, ogni volta facendoli forte mettevano più stanchezza nelle gambe degli avversari, che non nelle sue.

Esattamente quello che ci diceva Pino Toni qualche giorno fa…

E ha fatto bene a rendere la corsa dura. Alla fine più ci si stanca e più lui è avvantaggiato. Anche se scattano, lui o VdP, poi gli altri devono chiudere. E chiudere fa spendere energie, non gli vai dietro gratis. Essendo i più forti, avendone di più, corrono in questo modo e portano la corsa dalla loro parte. Cosa aggiungere in prospettiva: Tadej dalla sua rispetto a Van der Poel ha l’età...

Nuova V5Rs, genesi della Colnago più leggera di sempre

16.04.2025
6 min
Salva

DESENZANO DEL GARDA – Colnago V5Rs toglie i veli e si presenta in modo ufficiale alla stampa internazionale. Rispetto alla V4Rs, la nuova bici di Pogacar e compagni al UAE Team Emirates ha subìto una cura dimagrante non banale e porta con sé un concetto di analisi della rigidità diverso dalla concorrenza. Se messa a confronto con la V4Rs è meno rigida durante una valutazione statica. Invece, lo è molto di più quando si analizza il valore durante la pedalata, nel corso della fase dinamica.

La nuova Colnago, che debutterà domenica all’Amstel Gold Race, è il risultato perfetto di un’equazione. Aerodinamica (grazie ad un drag paragonabile ad una aero concept) e leggera. E’ capace di trasmettere un buon feeling in ottica comfort, rigida in salita e durante gli sprint. Eccola nel dettaglio.

Anche la nostra Longo Borghini ha in dotazione la V5Rs (foto Colnago)
Anche la nostra Longo Borghini ha in dotazione la V5Rs (foto Colnago)

Parola a Davide Fumagalli, responsabile R&D Colnago

La richiesta di una nuova bicicletta è arrivata dal team, in un normale processo di evoluzione legato alla V4Rs. La squadra non ha chiesto in maniera perentoria una bici più leggera (anche se è la Colnago più leggera di sempre), quanto piuttosto, una bici con performance complete.

«Nel caso della Y1Rs – spiega Davide Fumagalli, responsabile di ricerca e sviluppo – il team ha espresso la volontà di una bici super veloce. Per quanto concerne la nuova V5Rs, le richieste sono rimaste su un delta piuttosto ampio. E’ cambiato il carbonio: la sua laminazione e l’intero processo costruttivo. A parità di taglia c’è un risparmio di 150 grammi, se messa a confronto con la V4 è costruita in cinque parti diverse. Il triangolo principale è un monoblocco, mentre il carro posteriore è diviso in quattro sezioni. Per la V5 utilizziamo dei mandrini interni che permettono di lavorare il carbonio in modo estremamente preciso, a tutto vantaggio di riduzione del peso e cura del prodotto finito.

«Abbiamo adottato dei modelli evoluti di CFD, in parte mutuati dal progetto Y1Rs – conclude Fumagalli – con geometrie dalle differenze minime rispetto alla V4Rs, per cui abbiamo creato un doppio rake della forcella in base alle taglie. E’ unico il supporto per il deragliatore, che può essere rimosso e supporta corone fino a 55 denti».

Davide Fumagalli è il responsabile ricerca e sviluppo di Colnago (foto Nicola Vettorello-Colnago)
Davide Fumagalli è il responsabile ricerca e sviluppo di Colnago (foto Nicola Vettorello-Colnago)

Le particolarità della V5Rs

Il rinnovato processo di costruzione permette di stabilizzare le fibre che, non si muovono e non cambiano direzione nelle fasi di cottura del carbonio. La scatola del movimento centrale adotta delle calotte esterne filettate ed è larga 68 millimetri. Tutta l’area frontale della V5Rs è stata ridotta del 13%. E’ da considerare anche un reggisella completamente ridisegnato (disponibile con arretramento zero, oppure 1,5 centimetri).

Rispetto ai normali canoni sono stati rialzati i foderi posteriori ed il punto di transizione del tubo verticale, verso la scatola del movimento, ha un raggio ottimizzato. La parte inferiore della scatola centrale è il naturale ingresso della batteria Shimano Di2, poi alloggiata nel profilato obliquo.

La bici tradotta in numeri

Il valore dichiarato alla bilancia è di 685 grammi, telaio non verniciato nella taglia 48,5 (342 per la forcella). Il peso totale di telaio/forcella passa da 1.173 grammi a 1.027. 32 millimetri di larghezza, la capacità di forcella e carro posteriore per il passaggio degli pneumatici.

Sette taglie: 42 e 45,5, 48,5 e 51, 53 e 55, 57. Dalla taglia 42 alla 51 il rake della forcella è di 47, dalla 53 alla 57 è di 43 millimetri. L’unico valore in comune a tutte le taglie è la lunghezza del carro posteriore di 408 millimetri. A parità di misura, in un ipotetico confronto con la V4Rs, la nuova Colnago presenta degli angoli di sterzo e piantone più dritti/verticali, a favore di un avanzamento della posizione del ciclista verso l’avantreno.

Allestimenti e prezzi

Quattro combinazioni cromatiche, spiccano le due Team Replica UAE-XRG e UAE-ADQ, la colorazione nera con scritta “quasi” olografica e la World Champion. Sono sette gli allestimenti disponibili. Allestimento completo Campagnolo SR Wireless e ruote Bora Ultra WTO a 15.400 euro.

Tre allestimenti prevedono la trasmissione Shimano Dura Ace, a 15.900, 14.350 e 12.600 euro, rispettivamente con ruote Enve SES 4.5, Shimano C50 e Vision SC45.

Il pacchetto con Sram Red e ruote Vision SC45 (quello in test e sul quale svilupperemo una prova completa) ha un listino di 11.800 euro. Si passa a due allestimenti Ultegra Di2 e Sram Force, entrambi con Vision SC45 e 10.800 euro di listino. Tutte le Colnago V5Rs menzionate hanno il manubrio integrato full carbon Colnago CC.01.

Colnago

EDITORIALE / La storia del ciclismo e i record che cadranno

14.04.2025
5 min
Salva

BRUXELLES (Belgio) – Si torna a casa dopo la prima parte del Nord ragionando sulla terza Roubaix consecutiva di Van der Poel, 45 anni dopo il record di Moser. E’ passato davvero un tempo lunghissimo e questo dà la misura della eccezionalità del trentino e di come i record del passato non siano soltanto bersagli da luna park. Alle nostre spalle abbiamo campioni eccezionali e sarebbe sbagliato pensare che il nuovo corso così spettacolare li farà dimenticare. E’ vero, ci sono stati passaggi di cui il ciclismo avrebbe fatto a meno, ma prima di quelli c’è stata una storia così ricca ed emozionante con cui Pogacar e Van der Poel dovranno fare a lungo i conti e non è detto che riusciranno a uguagliarla.

Van der Poel è in fuga verso altri record, ma la strada non è sempre semplice
Van der Poel è in fuga verso altri record, ma la strada non è sempre semplice

I record che non cadono

Sembrava scontato che Van der Poel avrebbe vinto il quarto Fiandre, ma ha trovato sulla sua strada il solito Pogacar pazzesco che glielo ha ricacciato in gola. Probabilmente ci riuscirà nei prossimi anni, ma potrebbe anche non accadere mai. Anche Boonen sembrava lanciato verso il poker, ma dopo la terza vittoria trovò sulla sua strada un Cancellara altrettanto pazzesco che in un modo o nell’altro spense la sua voglia di record. E lo stesso Cancellara, giunto al tris, avrebbe potuto fare poker nel 2016, il suo ultimo anno da corridore, ma dovette inchinarsi a Sagan.

Ancora Boonen si è fermato a quota quattro Roubaix, agganciando il fantastico record di Roger De Vlaeminck. Sembrava che sarebbe riuscito a passarlo, in un modo o nell’altro, ma dovette inchinarsi a sua volta a Terpstra, Hayman e Van Avermaet: chi avrebbe potuto immaginarlo? Eppure accadde.

Resiste e resisterà chissà per quanto il record dei cinque Tour, vinti da Anquetil, Merckx, Hinault e Indurain. Contro quel muro si è fermato Froome e chissà se l’aggancio riuscirà a Pogacar o a Vingegaard. Ci riuscì Armstrong, che arrivò addirittura a quota sette, ma qui il discorso merita un distinguo. Se si accetta che in quegli anni dal 1999 al 2005 tutto il gruppo viveva al pari dell’americano, allora il record resta. Se invece ci fu disparità anche nei confronti dei colleghi, allora il record dei 5 Tour è ancora saldamente al suo posto. I sette successi di Lance esistono di fatto solo nella memoria di chi li ha vissuti. Probabilmente quelli sono gli anni di cui avremmo fatto a meno, ma è inutile piangere sul latte versato. Bene fa il ciclismo ad andare avanti nel segno di altri valori.

Al Tour de France del 2021, Cavendish ha agganciato Merckx a quota 34 vittorie, lo ha battuto nel 2024
Al Tour de France del 2021, Cavendish ha agganciato Merckx a quota 34 vittorie, lo ha battuto nel 2024

La saggezza di Pogacar

I record sono fatti per essere battuti, alcuni infatti sono caduti e altri cadranno. Nel 2003 Cipollini ha vinto la 42ª tappa al Giro d’Italia, battendo un primato stabilito da Alfredo Binda nel 1933: giusto 70 anni prima. Lo scorso anno, Cavendish ha battuto con 35 tappe vinte al Tour il record di Merckx stabilito nel 1975: 49 anni prima. I record sono fatti per essere battuti, ma non si deve cadere nella faciloneria di pensare che con essi si cancelli lo spessore di chi li deteneva. Perché Binda nel frattempo, restando nell’ambito del Giro, vinse per 5 volte la classifica generale. E ugualmente limitandoci all’ambito del Tour, Merckx conquistò per 5 volte la maglia gialla.

In questi giorni di prodigiose imprese, che sembrano stratosferiche a noi più… giovani che non abbiamo vissuto gli anni di Merckx e Gimondi, si sente spesso accostare il nome di Pogacar a quello del Cannibale belga. E’ chiaro che nell’era dei facili social, il paragone è ritenuto accettabile, ma siamo certi che lo sia? Tadej potrà anche ricordare la fame di Merckx, ma per raggiungerlo, dovrebbe vincere per 7 volte la Sanremo, altre 4 volte il Giro, altre 2 volte il Tour, altre 2 volte il mondiale. Pogacar è probabilmente più intelligente dei tanti che cercando di appuntargli la stella sul petto e ha sempre rifiutato ogni confronto. Fa bene ed è proprio questa sua modestia a renderlo così amato. Anche perché basta uno starnuto della dea bendata perché le vittorie sfuggano, in anni che non sono mai uguali fra loro.

Pogacar, qui con la compagna Urska, si è misurato con la Roubaix: un test bellissimo, vanificato da un solo errore
Pogacar, qui con la compagna Urska, si è misurato con la Roubaix: un test bellissimo, vanificato da un solo errore

Uno sport di giganti

Vengono in mente anche le parole di Elisa Longo Borghini alla vigilia del Fiandre. Parlando della Milano-Sanremo dedicò un tributo sacrosanto alle ragazze di ieri. Sembra che il ciclismo femminile sia nato con il WorldTour, dimenticando grandi atlete come Jeannie Longo e Fabiana Luperini. Donne capaci di vincere a ripetizione il Tour de France e il Giro d’Italia quando i giorni di corsa erano più di adesso.

Si tende a cadere anche nell’errore di dirsi che le performance di oggi siano così superiori, da annichilire i campioni del passato. Come dire che i soldati di oggi siano più valorosi di quelli che scendevano sul campo di battaglia con il moschetto e la baionetta. In realtà ogni periodo storico ha avuto le sue armi, i suoi valori e le sue tecnologie. I campioni hanno sempre avuto accesso al meglio del loro tempo, anche quando correvano con bici da 15 chili su strade di fango. E grazie a quello che avevano, hanno inscenato i duelli pazzeschi che hanno fatto innamorare generazioni di tifosi, rendendo il ciclismo uno sport di giganti. Ma davvero crediamo che le sfide fra Coppi, Bartali, Anquetil, Magni, Koblet, Gimondi, Merckx, Poulidor, Hinault, Lemond, Fignon, Moser e i campioni che si sono succeduti negli anni fossero meno emozionanti delle attuali?

Van der Poel fa la storia della Roubaix: tre di fila come Moser

13.04.2025
5 min
Salva

ROUBAIX (Francia) – Sua madre lo ha abbracciato con grande discrezione e a quel punto Mathieu Van der Poel è andato verso il podio con lo sguardo rivolto alla tribuna che lo acclamava e nel petto l’orgoglio per la terza Roubaix consecutiva. In questo ciclismo che divora i record, oggi è stato eguagliato quello di Moser e la sensazione è che prima del fine carriera, l’olandese possa anche batterlo.

Forse neppure lui si aspettava uno svolgimento simile. Non credeva che sarebbe rimasto solo tanto a lungo, non lo aveva pianificato. La caduta di Pogacar lo ha chiamato allo scoperto troppo presto rispetto ai suoi piani e a quel punto non ha potuto fare altro che insistere. Ammette che per mezzo secondo ha anche pensato di aspettarlo, ma Van der Poel non è Pidcock, che aspettando Pogacar alla Strade Bianche ha fatto un bel gesto forzato: sapeva che avrebbe perso. Van der Poel è venuto per vincere la Roubaix e quando si lotta alla pari, non si fanno sconti a nessuno. Neppure a quell’idiota vestito da tifoso che a un certo punto ha scagliato contro di lui una borraccia gialla. 

Nella conferenza stampa, Van der Poel ha raccontato la sua emozione per la terza Roubaix
Nella conferenza stampa, Van der Poel ha raccontato la sua emozione per la terza Roubaix
Cosa pensi della curva sbagliata da Tadej?

Era un po’ troppo veloce, la velocità era molto alta in quel momento. Non sapevo se sarebbe stato in grado di fare la curva, ma non avrei immaginato che sarebbe caduto. All’inizio mi stavo guardando indietro, prendendo distanza per curvare a mia volta. E forse questo ha impedito che cadessi sopra di lui. Da quel momento sono rimasto da solo e non credevo di dover fare una simile impresa. L’idea era di regolarla nelle ultime sezioni di pavé, ma è andata così. La difficoltà maggiore è stata che non sapevo nulla di quello che stava succedendo.

Che cosa vuoi dire?

Non avevo più la radio, mentre dopo la Foresta di Arenberg il mio power meter ha smesso di funzionare. E’ stato un esercizio al buio, non conoscevo il vantaggio e cosa stesse succedendo dentro di me. E’ stato difficile gestirlo. Anche quando ho bucato, non ho potuto dirlo alla radio. Quella poteva diventare una situazione difficile, perché non sapevo quanto vantaggio mi sarebbe rimasto. Però alla fine è andato tutto bene.

Hai mai pensato per un solo secondo di aspettare Pogacar?

Sì, all’inizio l’ho pensato, ma non sapevo che fosse caduto. Pensavo che sarebbe ripartito subito, invece mi sono voltato e mi sono reso conto che il distacco era molto grande. A un certo punto devi prendere una decisione e sappiamo bene che gli errori sono parte della Roubaix. Non sai mai cosa può succedere dopo, anche io ho bucato alla fine e lui avrebbe aspettato me? Le cadute e le forature sono parte di questa gara.

Avere con te Philipsen sarebbe stato un grande vantaggio, per questo hai provato ad aspettarlo?

L’ho aspettato per la prima volta, perché non c’era un grande divario. Ho provato ad aspettarlo anche la seconda volta, ma questa volta il ritardo era già troppo, quindi sapevo sarebbe stato un duello fra me e Tadej e non avrebbe avuto senso aspettarlo ancora.

Pogacar ti ha costretto a rivedere la tattica o ha cambiato la corsa?

La Roubaix è sempre difficile, ovviamente, e hai bisogno anche di un po’ di fortuna, ma questa non è una grande sorpresa. Tadej, quando c’è, è lì davanti. E’ uno dei migliori o, meglio, è il miglior corridore del momento. Quello che fa è piuttosto eccezionale e sicuramente tornerà per provare a vincere questa gara.

L’incidente della borraccia ha danneggiato la soddisfazione e il divertimento di oggi?

Non si è portato via il divertimento, ma non è normale. Era una borraccia piena, forse mezzo chilo, e io arrivavo a 50 all’ora. Era come una pietra che mi ha colpito la faccia e questo non è accettabile. Aspettano e bevono birra, ma questa non può essere una giustificazione. Servono azioni legali perché poteva finire anche molto male.

Fra le bici viste alla Roubaix, la Canyon di Van der Poel era forse la più normale: lui ad esempio non vuole la monocorona
Fra le bici viste alla Roubaix, la Canyon di Van der Poel era forse la più normale: lui ad esempio non vuole la monocorona
Tre Roubaix, si può dire quale sia la tua preferita?

Quella dell’anno scorso, con la maglia di campione del mondo e le migliori sensazioni sulla bicicletta. Oggi non ero così forte. Gli ultimi due settori di pavé sono stati molto difficili, prendevo a calci i pedali. Normalmente, se vai abbastanza veloce, hai il sentimento di volare, ma oggi non ho avuto questa sensazione. Vincere tre volte è già super speciale e non è qualcosa che ti aspetti quando inizi a correre. Ma vincerla per tre anni di seguito, considerando che serve anche parecchia fortuna, è piuttosto eccezionale.

Tre scontri con Pogacar su tre Monumenti corsi finora: che giudizio dai di questa primavera?

Sono molto felice, specialmente per come mi sono sentito. L’influenza che ho avuto la settimana scorsa non è stata ideale, ma ora mi sento meglio. Ho avuto la sensazione che le mie gambe stessero migliorando, per cui sono molto felice di poter finire questa stagione con una vittoria.

Sfinito nel prato, raccoglie l’abbraccio di Roxanne e dopo poco quello di sua madre
Sfinito nel prato, raccoglie l’abbraccio di Roxanne e dopo poco quello di sua madre
Pogacar ha detto che se fosse un bambino, tu saresti il tuo idolo: che effetto ti fa?

Se vedete cosa sta facendo, credo che finora io sia stato l’unico a batterlo. L’ho detto dopo la Sanremo, come anche il fatto che Tadej è l’unico corridore che può fare la differenza sulla Cipressa. Ha 26 anni, ha ancora molto da fare. Quando finirà la sua carriera, saremo di fronte a un altro Merckx, per cui lo ringrazio.

Hai un’idea delle tue prossime gare?

Ce l’ho chiarissima: da questo momento sono in vacanza. Oggi è finita la mia prima parte di stagione. E a dire il vero, non posso proprio lamentarmi.

Un grande Pogacar: debutto perfetto, fino alla caduta

13.04.2025
5 min
Salva

ROUBAIX (Francia) – E’ persino comprensibile che Tadej Pogacar non faccia salti di gioia, ma ascoltandolo mentre risponde alle domande e guardandolo negli occhi si capisce quale fantastico balsamo sia la vittoria e quanto, per contro, oggi lo sloveno sia davvero stanco. Altre volte è stato sfinito, ad esempio al Fiandre, ma aver vinto aveva trasformato il suo umore. Nonostante fosse al primo assaggio di questa corsa così massacrante, si è mosso da vero campione. Tanto che nel momento stesso in cui è caduto, mancavano 38 chilometri all’arrivo, si era lanciato all’attacco di Van der Poel senza il minimo timore reverenziale. Già da una ventina di chilometri la Parigi-Roubaix si era trasformata in un violento corpo a corpo, la caduta l’ha chiusa.

«Shit happens – dice in inglese – per quella caduta non si può dire altro e me ne scuso. Quando segui una moto da lontano e vedi che gira, capisci che c’è una curva. Ma quando gli sei così vicino e quella gira all’ultimo, allora magari sbagli. Però sono scuse, avrei dovuto sapere che lì c’era una curva. Credo che sia stata un’ottima gara per la nostra squadra. Abbiamo ottenuto un terzo e un quinto posto, non è facile mettere due corridori in top 5. Penso che possiamo tornare l’anno prossimo, di nuovo con una squadra forte, ed essere motivati per giocarci la vittoria».

Pogacar voleva la pietra più grande e c’è andato davvero vicino
Pogacar voleva la pietra più grande e c’è andato davvero vicino

Ancora loro due

Si sono ritrovati nuovamente in due: Pogacar e Van der Poel. Per un po’ c’è stato anche Philipsen, ma era scritto che non avrebbe retto altri attacchi. Gli altri invece erano già da tempo finiti nelle retrovie per un numero di forature in linea con il tipo di corsa, ma che raramente negli ultimi anni avevano appiedato i favoriti. Ha bucato subito Ganna e dopo di lui anche Pedersen, poi lo stesso Van der Poel, il cui vantaggio però era ormai tale da non destare preoccupazioni.

«Mathieu è un grande campione – spiega Pogacar – e uno dei migliori corridori del mondo. E’ un enorme onore lottare contro lui e, come ho sempre detto, se fossi più giovane e fossi un tifoso di ciclismo, sarebbe il mio idolo. Lottare contro lui mi dà anche un po’ di motivazione supplementare. Quando mi sono ritrovato con lui e con Philipsen ho pensato che mi ero cacciato in una situazione poco felice. Essere in fuga verso un velodromo con due dei corridori più veloci al mondo non è stata esattamente un’idea felice. Poi Philipsen si è staccato e ammetto di aver provato a farlo faticare. Invece Mathieu è stato troppo forte».

Consumo da record

Ha attaccato e risposto agli attacchi. Alla vigilia, il suo nutrizionista aveva spiegato che dalla lettura dei watt si potesse pensare che i tratti in pavé siano impegnativi come salite e la conferma arriva direttamente da Pogacar, che tiene una mano sulla guancia, come un bambino che le prova di tutte per non addormentarsi.

«E’ stata una gara piatta – sorride – ma in termini di potenza penso che sia stata una delle gare più impegnative che abbia mai fatto nella mia vita. Inoltre con quei colpi e tutto lo stress sul corpo, è stata davvero difficile. Forse ho pagato anche l’inesperienza e mi piace pensare che la prossima volta che verrò qui, non la troverò difficile come oggi. Avevo già detto che il mondiale di Glasgow fosse stato la corsa di un giorno più dura, ma oggi credo di averlo superato. Ci sono stati meno rilanci e meno fasi da 600 watt per 30 secondi, però il consumo energetico è stato sicuramente superiore».

Per questa primavera, il bilancio è di 2-1 per Van der Poel, che ha anche vinto la Sanremo
Per questa primavera, il bilancio è di 2-1 per Van der Poel, che ha anche vinto la Sanremo

Divertito, nonostante tutto

E quando gli chiedono se gli dispiaccia che di qui in avanti non ci saranno ulteriori scontri di questo tipo con Van der Poel, nello sguardo di Pogacar riaffiora il monello dei momenti più allegri, di quando si è divertito pur avendo fatto una fatica bestiale. Stessa cosa quando la domanda riguarda il Tour e se si sia chiesto cosa ci stesse a fare sul pavé, pensanto alla sfida francese.

«Non siate malinconici – dice – faremo altre corse, troveremo altri avversari, metteremo in scena altri duelli. Se mi sono divertito? Un po’, ma non ti diverti mai davvero quando vai a tutto gas per 5 ore. Però sì, è stato davvero bello. Mi dispiace deludervi, non c’è una sola volta in cui abbia pensato ai Tour de France. E’ ancora così lontano, insomma. Il programma nell’immediato prevede che domenica prossima io sia all’Amstel Gold Race, ma vediamo come mi sveglierò domattina».

UAE Emirates, le regole per mangiare sul pavé

12.04.2025
5 min
Salva

COMPIEGNE (Francia) – La presenza di Pogacar alla Roubaix, come spiegava Pino Toni un paio di giorni fa, significa spingere verso l’alto ogni dettaglio all’interno del UAE Team Emirates. Questo non vuol dire che senza il campione del mondo la squadra sarebbe andate a sfidare il pavé senza ambizioni, ma che certo avrebbe avuto una minore necessità di portare tutto al limite. Superiore attenzione ai sopralluoghi (in apertura foto Fizza/UAE Emirates) e ai settaggi della bicicletta. Una maggiore presenza sui social (anche se questo non inciderà minimamente sulle prestazioni). Superiore attenzione sulla supplementazione in corsa. Va bene garantire a tutti la base migliore, ma ritrovarsi al via con qualcuno che può puntare alla vittoria spinge ad andare oltre il meglio. Anche nel mangiare.

«In realtà – spiega Gorka Prieto, nutrizionista del team – le classiche del Nord e la stessa Roubaix sono diverse da una tappa piatta del Tour perché certo mangiano di più. Ci sono più punti in cui prendere il rifornimento, ma in compenso è più difficile prenderlo. Ci sono gare in cui mangiano le stesse quantità, ma meno punti in cui passargli il sacchetto».

Le barrette in allenamento: per mangiare in corsa nelle classiche si ricorre più spesso a gel e borracce
Le barrette in allenamento: per mangiare in corsa nelle classiche si ricorre più spesso a gel e borracce
I muri del Fiandre, ma anche il primo settore di pavé domani arrivano rispettivamente dopo tre e due ore di corsa: significa che si comincia a mangiare con calma?

Al contrario, iniziamo a mangiare dall’inizio perché altrimenti se ti dimentichi di farlo, puoi arrivare vuoto alle prime fasi impegnative. Quando poi si parla di classiche, mangiano sempre un po’ di più, perché parliamo di percorsi più impegnativi. Il Fiandre è durato 6 ore, mangiano più che in una tappa di 4 ore. Ma per il resto, non c’è niente di così diverso.

Si riesce a quantificare il consumo calorico tra muri e settori di pavé?

Alla fine noi guardiamo i watt, non c’è un modo diverso per guardare l’energia che si spende sul pavé rispetto all’energia che spende in una salita. Se guardiamo i watt, otteniamo le informazioni che ci servono. E dalla nostra osservazione, è venuto fuori che un settore di pavé può essere anche più impegnativo di un tratto in salita. Se si va a tutta, spingono oltre i 420, 450, forse 500 watt che quando sei in salita significa andare a tutta. Anche considerando i watt per chilo, le differenze sono minime.

Per la Roubaix avete studiato qualcosa di particolare da mettere nelle borracce?

Mangiano lo stesso di un’altra gara, non cambia niente. Anche se è cambiato il regolamento sui punti di rifornimento, si riesce a fare tutto lo stesso, perché alla fine mettono più punti. A patto che anche gli organizzatori imparino a sceglierli nel modo giusto. Nelle prime gare, ci siano ritrovati con il rifornimento in discesa e a quelle velocità prendere la borraccia è difficilissimo e anche pericoloso.

Impossibile per Pogacar trovare il tempo per mangiare o bere sui muri: alla Roubaix sarà lo stesso
Impossibile per Pogacar trovare il tempo per mangiare o bere sui muri: alla Roubaix sarà lo stesso
Al Fiandre c’è stato forse il primo caldo vero in gara, domani sarà coperto con rischio di pioggia. Come cambia il consumo dei corridori?

Con il caldo del Fiandre, sapevano di dover assumere ogni ora la quantità pattuita di sodio, che chiaramente è legata alla temperatura. Per questo, quando si dispongono i punti di rifornimento, abbiamo anche noi, come tutte le squadre, un’applicazione in cui si guardano il vento, il caldo, l’umidità, ogni fattore ambientale. Una volta che hai stabilito quali siano le variabili ambientali, puoi mettere più elettroliti oppure più sali o carboidrati.

Quanto tempo prima fate questo tipo di valutazione?

Io lo faccio il giorno prima, quindi oggi. Si può provare ad anticipare, ma mi è capitato di farlo tre giorni prima e di essermi ritrovato con tutt’altro tempo. E’ sempre bene arrivare più vicino possibile. Il giorno prima posso sapere con sufficiente precisione se domani sarà caldo oppure freddo.

Percorsi nervosi, strade strette, alimentazione prevalentemente liquida con aggiunta di gel?

All’inizio magari si mangia più facilmente, ma poi viste le condizioni ambientali, è più facile prendere un gel e spremerlo in bocca. I gel Enervit che usiamo hanno 30-40 grammi di carboidrati e sono più facili rispetto a prendere una barretta, aprirla, mangiare un pezzo col rischio che ti cada. Anche per loro è più semplice mettersi in tasca più gel che barrette.

In che modo si compongono i fatidici 120-130 grammi di carboidrati per ora in una Roubaix?

Non esiste uno schema fisso dei prodotti con cui arrivare a quella quota. La fisiologia del corpo richiede che vengano assunti nella quantità prestabilita, non quale sia il mezzo di trasporto. Quello che importa è mangiare i carboidrati e per le caratteristiche di queste corse, in cui è molto facile cadere, è più semplice prendere borracce e gel e mangiare poi quello che serve.

A che temperatura sono le borracce che passate ai corridori?

Bel tema. Se è caldo, la temperatura giusta perché la digestione sia precisa è da 10 a 13 gradi. La borraccia troppo fredda è un rischio per l’ingestione, ma quando è caldo davvero gliela passiamo ugualmente, perché la usano per versarla in testa e abbassare la temperatura corporea. Ma di base, la borraccia da bere si aggira fra 10 e 13 gradi: non di più e non di meno.

In che modo riesci a gestire tutti questi aspetti se non sei presente alla gara?

Parlo ogni giorno con il corridore, quindi faccio tutto io con il cuoco. Loro hanno tutto su una app, in cui possono vedere la la quantità di cibo che indico. Io parlo con loro, con il cuoco e anche con il direttore. Alla fine, essendo organizzati così, non bisogna essere in tutte le gare. Abbiamo sviluppato questa app con la squadra che permette a me di non essere presente e a loro di verificare tutto nel telefono. In questi giorni ad esempio sono al Giro dei Paesi Baschi, ma credo che ormai in tutte le squadre si regolino così.

Prossima gara dopo i Baschi?

Il Giro d’Italia. Quello ad esempio lo seguirò tutto.

Ricorda di santificare le feste: guardare il Fiandre in tv

10.04.2025
5 min
Salva

Finalmente è arrivato aprile con le sue lunghe domeniche da dedicare all’unica cosa più bella di pedalare in prima persona: guardare pedalare i campioni nella settimana santa del ciclismo.  A cominciare, naturalmente, dal Giro delle Fiandre

L’organizzazione

Per godersi al meglio queste giornate campali occorre, come per tutto, una certa organizzazione.  La prima cosa è individuare il luogo. Fondamentale che vi sia uno schermo che proietti la gara, sia esso tv (meglio) o computer: nessun telefonino vale quando ci sono in gioco le Monumento sulle pietre. Poi, la compagnia. Personalmente chi scrive preferisce godersi questi momenti con un gruppetto ristretto di amici il cui numero può variare tra uno e tre.

Il primo brivido per gli spettatori è arrivato attorno ai 130 km dall’arrivo, con la caduta che ha coinvolto anche Van der Poel (nella foto Degenkolb, costretto al ritiro)
Il primo brivido per gli spettatori è arrivato attorno ai 130 km dall’arrivo, con la caduta che ha coinvolto anche Van der Poel (nella foto Degenkolb, costretto al ritiro)

Infine, i rifornimenti. Difficile godersi un Giro delle Fiandre senza qualche birra, meglio se belga d’accordo, ma l’importante è che ci siano. Il loro numero varia secondo le abitudini personali, ma l’esperienza insegna che l’intensità dell’assunzione segue il ritmo della corsa. Velocità di crociera nella prima parte (quasi 270 km sono lunghi) poi accelerazione costante via via che ci si avvicina ai muri decisivi.

Primo brivido, la caduta di Van der Poel

Con queste promesse si può cominciare a godersi un Giro delle Fiandre secondo tutti i crismi che un evento del genere merita.  Chi scrive si è sintonizzato verso ora di pranzo, attorno alle 13 (ma i veri puristi, onore a loro, erano davanti allo schermo già dalle 9:45). In tempo per vedere il vantaggio della fuga di giornata, controllare chi tira il gruppo, la posizione dei favoriti. 

Fiandre e birra sono un binomio inscindibile
Fiandre e birra sono un binomio inscindibile

Da lì è iniziata una lunga attesa verso i momenti clou, animata comunque dal brivido della caduta di Van der Poel: sospiro di sollievo, il divino non mostrava segni di ferite e dopo un po’ di trambusto è rientrato in gruppo. Lo spettacolo era salvo. Ma ormai abbiamo imparato che in quest’epoca quasi ogni momento può essere un momento clou. E infatti dai -100 km non c’è stato quasi mai un attimo di respiro. 

La faccia di Pogacar e telefonate inopportune

L’attacco del gruppo di passistoni tra cui Ganna, Kung, Benoot e compagnia. Dunque la Visma era belligerante, ottima notizia. Solo la UAE non aveva qualcuno in fuga: sarebbero riusciti i compagni di Pogacar a non far prendere troppi minuti a quei cavalloni lì davanti? Ma i (pochi) dubbi sulle chance del campione del mondo non sono durati molto.

Quando il gruppo volava ad altissima velocità verso l’inizio del 2° Kwaremont, Morgado si è portato in testa per dare un’ultima trenata. L’ha fatto con tutto l’impegno possibile, quindi anche un po’ scomposto nella pedalata, con la testa ciondolante.

Filippo Ganna ha provato ad anticipare assieme ad altri atleti di qualità come Ballerini, Kung e Benoot
Filippo Ganna ha provato ad anticipare assieme ad altri atleti di qualità come Ballerini, Kung e Benoot

In quel momento Pogacar l’ha visto passare e ha riso, gli ha fatto il verso divertito, come fosse seduto al bar, o sul divano a fianco a noi. Dalla tv si è visto benissimo, poco dopo è stato riproposto anche il replay. In quel momento chi scrive ha pensato: “Non c’è niente da fare, salvo cataclismi, oggi vincerà lui”.

Un’amica ha telefonato giusto quando i migliori erano all’imbocco del Kwaremont. Errore da principianti, durante il Fiandre il telefono va spento e basta. Da quel momento in poi è stato puro show, il massimo che questo sport può regalare agli spettatori seduti (o anche in piedi o, perché no, sdraiati) in ogni parte del mondo. 

Tutto lo spettacolo dei grandi

Pogacar che attaccava talmente tante volte che anche a riguardare la gara è stato quasi impossibile tenere il conto. Van der Poel che lo seguiva sempre, e sembrava sarebbe stata di nuovo una sfida tra loro due. Il commovente Pedersen che come al solito provava ad anticipare, si staccava ma poi rientrava. Van Aert finalmente lì davanti giocarsela: gaudium magnum, il belga era tornato tra i grandi. 

Ma quell’espressione sul viso del campione del mondo non lasciava dubbi, infatti allultimo passaggio sul Kwaremont lo sloveno ha salutato tutti e se n’è andato, anche il divino Mathieu ha dovuto cedere. Nei chilometri tra il Paterberg e il traguardo l’amico con cui guardavo la gara ha posto una domanda che tecnicamente non faceva una piega

Negli ultimi chilometri in pianura Pogacar ha continuato a guadagnare sugli inseguitori, fino al trionfo finale
Negli ultimi chilometri in pianura Pogacar ha continuato a guadagnare sugli inseguitori, fino al trionfo finale

La legge del Fiandre (e della Roubaix?)

«Com’è possibile che uno scalatore guadagni in pianura contro quattro tra i passisti più forti al mondo?». Perché questa è la legge del Giro delle Fiandre, la gara che inaugura la settimana santa della bicicletta.  Una gara di 269 chilometri, zeppa di insidie, pietre e muri in cui si sfidano tutti i migliori corridori del mondo, in cui però il più forte, alla fine, può piegare le leggi che normalmente regolano il ciclismo

E tra pochi giorni, in questo inizio aprile che tutti ricorderemo per molti anni, c’è la Parigi-Roubaix: un’altra grande domenica da santificare davanti alla tv. 

Dietro moto sul pavè. Tadej alla ricerca del feeling con la velocità

10.04.2025
6 min
Salva

E’ stato visto sul pavé come se fosse casa sua, dietro moto, lanciato a tutta: Tadej Pogacar ha messo nel mirino la Parigi-Roubaix. Il campione sloveno, dopo aver superato le iniziali reticenze del team, ha deciso di affrontare questa sfida con tutto se stesso. Per lui non c’è corsa senza ambizione di vittoria e l’Inferno del Nord non fa eccezione (in apertura foto Instagram).

La UAE Emirates si è allineata alla sua visione e l’ha supportato con un sopralluogo tecnico ad altissima velocità (qui il video sul profilo X di Philippe Gilbert). Ne abbiamo parlato con Pino Toni, uno dei nostri riferimenti consueti, quando di mezzo ci sono test, preparazione, tecnica…

Le pietre della Roubaix sono diverse da tutte le altre e l’alta velocità ne amplifica la difficoltà
Le pietre della Roubaix sono diverse da tutte le altre e l’alta velocità ne amplifica la difficoltà
Pino, Pogacar ha fatto sul serio. Perché provare il pavé dietro motore?

Perché non va mai alle corse per vedere come sono. Tadej va per vincerle tutte. Non avendo esperienza diretta della Roubaix, la velocità è un aspetto chiave per questa gara. Cambia la reazione della bici, cambiano le sollecitazioni, cambia tutto. Prendere una pietra a 35 o a 50 all’ora non è la stessa cosa. Le forze in gioco aumentano in modo esponenziale e vanno considerate sotto tutti gli aspetti, compresa la scelta del materiale.

In che modo la squadra ha affrontato questa sfida?

E’ tutto nuovo anche per loro. Parliamo di un test importante per l’uomo, ma anche per la bicicletta. La Colnago non ha ancora una storia consolidata alla Roubaix, al contrario di Specialized o Trek, che sono bici sviluppate per questo tipo di corsa. Il test serviva (anche) a capire le risposte del mezzo e a trovare i margini di adattamento, perché qui non si tratta solo di portare il corridore giusto: serve anche l’attrezzatura giusta.

Pino, da preparatore quale sei quando al termine di un test simile l’atleta ti dà il computerino, cosa vai a vedere?

Gli chiederei delle sensazioni prima di tutto, più che i watt. Dopo un test così non vai a guardare i watt appunto, o i numeri ma dove ti fa male. La Roubaix non è una corsa che si valuta con il cronometro. Le mani insanguinate post Roubaix non sono una leggenda. E poi le spalle, la schiena… lì si sente il dolore. Le sensazioni diventano dati. E’ un tipo di stress che ti rimane addosso per giorni. Ti segna. E Tadej questo lo sa e lo sta affrontando con la sua solita serietà. Poi è chiaro che si studiano anche i numeri, per carità…

Un frame del video che ritrae Pogacar in azione dietro motore sui settori della Roubaix. In tre di questi ha stabilito il KOM
Un frame del video che ritrae Pogacar in azione dietro motore sui settori della Roubaix. In tre di questi ha stabilito il KOM
Che tipo di intensità si raggiunge in un test del genere dietro moto?

Si lavora su velocità alte. Con il dietro motore sul pavé sei a 50 all’ora e più. Quindi secondo me siamo su Z4, Z3 alto. E’ un’intensità importante, soprattutto per un fondo pianeggiante come quello della Roubaix. Non si tratta di muri, dove magari lavori su Z5. Ma anche sul piano, a quella velocità e su quel fondo, i muscoli e il sistema nervoso sono messi a dura prova.

Che poi fare la recon a tutta è un po’ il marchio di fabbrica di Pogacar e della UAE Emirates, prima del Fiandre hanno affrontato dei muri con i compagni che tiravano a tutta, si spostavano e lui partiva…

E’ il loro metodo, giustamente provano ai ritmi gara. L’hanno fatto il giovedì, giorno di solito riservato all’uscita lunga con intensità. Quattro ore buone con dentro queste prove sui settori. E’ un approccio molto mirato. Non si tratta di fare mille giri: lui e i suoi compagni sono usciti, hanno affrontato i muri a tutta e hanno chiuso il test. Metodo, determinazione e qualità.

In passato c’era stato qualcosa di simile, dietro motore sul pavé?

Sì, ricordo nel 2014 quando c’era il pavé al Tour de France ed io ero nella fila della Tinkoff-Saxo. All’epoca, durante l’inverno si provarono delle tappe, compresa quella sul pavé facendo appunto dietro motore. Io non ero presente, ma ricordo Contador e Bennati che svolsero questo lavoro. Anche in quel caso, non fu semplice fin da subito. Servono più passaggi per prendere le misure. E’ un lavoro che serve più all’atleta, nel caso di Contador che puntava alla classifica, che al mezzo, ma è chiaro che si testano anche soluzioni tecniche. Un po’ il contrario di Pogacar in questo momento.

Riprendiamo ancora una volta le immagini di Pogacar della Lille-Wallers Arenberg del Tour 2022. Quel giorno fu 7°
Riprendiamo ancora una volta le immagini di Pogacar della Lille-Wallers Arenberg del Tour 2022. Quel giorno fu 7°
In concreto, cosa viene valutato nei materiali?

Il comfort. Quando hai un corridore che non solo vuole esserci, ma vuole fare la gara e soprattutto vincerla, allora serve il massimo adattamento. La scelta della bici, del telaio, della sella… tutto deve ridurre lo stress: il comfort alla Roubaix è fondamentale, specie per un atleta poco esperto (in questa corsa) come Pogacar. Non è come mandare uno che deve fare il gregario: qui hai un leader e la bici deve diventare un’estensione del suo corpo.

Pogacar però ha poco supporto in squadra in termini di esperienza per questa corsa. Anche se in ammiraglia c’è chi diverse volte l’ha finita nei dieci e una volta addirittura secondo, il diesse Fabio Baldato…

E’ vero. Se si guardano i suoi compagni ci sono specialisti della Roubaix. Politt, Wellens, Vermeersch… ma non hanno una storia da protagonisti assoluti per vincerla. Forse Baldato ha più esperienza di tutti, il problema per Tadej è che lui non corre più! E’ una corsa nuova anche come mentalità per la UAE Emirates. Hanno sempre corso in un altro modo e ora devono adattarsi all’idea di fare la Roubaix per vincerla, non solo per esserci. Ma non sono sprovveduti… per niente. Certo, i rischi ci sono. E sono tanti…

Chiaro. E anche la componente della fortuna non è da meno quando si parla di Roubaix…

E’ una corsa che ha un coefficiente di rischio altissimo. La caduta, la foratura, una buca… tutto può cambiarti la gara in un attimo. E’ una gara che incide sulla stagione. Consideriamo che il Tour “è vicino” e ogni incidente ha un costo. Gianetti lo sa e infatti non ne era entusiasta… Però quando hai un leader così, devi anche fidarti del suo istinto.

Sull’Oude Kwaremont Tadej ha preso il largo nel tratto “pianeggiante” in pavè, ma veniva dopo un muro e, come detto, le pietre della Roubaix sono diverse
Sull’Oude Kwaremont Tadej ha preso il largo nel tratto “pianeggiante” in pavè, ma veniva dopo un muro e, come detto, le pietre della Roubaix sono diverse
E’ la gara giusta per uno come lui?

Dipende. Se la vince, ha fatto la storia. Se perde, si dirà che ha sbagliato. E’ una corsa che può trasformarsi in leggenda, ma non è la corsa che ti consacra per forza. La fortuna pesa tanto, come ripeto. E loro, secondo me, sperano che non gli piaccia tanto. Così la fa una volta sola e basta. Il problema è che se gli piace, la rifà!

Dal punto di vista fisico come vedi l’approccio di Pogacar alla Roubaix?

E’ molto più leggero degli altri. Parliamo di almeno 10 chili in meno rispetto a Ganna, Van Aert, Pedersen. Questo fa una differenza enorme sul pavé. Ma attenzione, è vero che ha meno potenza e forse (occhio ai materiali) rimbalza un po’ di più, ma è anche vero che il suo minor peso farà sì che lo stress su bici e corpo sarà minore. Una pietra presa da uno di 80 chili ti può spaccare la ruota: il dietro motore gli ha dato molte nozioni in tal senso. Tadej ha molta più leggerezza e agilità, rischia meno anche sulle forature. Non è poco, alla Roubaix. Potrebbe arrivare un po’ più fresco nel finale.

Insomma Pino, credi che possa giocarsela davvero?

Secondo me, se Pogacar deve staccare qualcuno lo fa sui muri. E alla Roubaix i muri non ci sono. Lì vince chi resiste, chi sa stare davanti, chi ha fortuna. Se arriva in volata perde. Con Van Der Poel, Ganna, Pedersen non può arrivare allo sprint. Deve inventarsi qualcosa prima. E lì Tadej dovrà cercare un colpo dei suoi, da lontano, da campione assoluto. Per me resta una corsa in cui il rischio, anche per lui, è altissimo.