Le bici per il pavé: l’evoluzione e il punto con Enrico Pengo

10.03.2025
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La stagione delle gare sul pavé è già cominciata con il weekend di apertura del Belgio, manca poco alla primavere delle grandi classiche che anno dopo anno non smettono mai di regalare emozioni.

Non è più nel circus delle squadre dei professionisti (anche se qualche presenza in nazionale non è mancata), ma Enrico Pengo resta un riferimento quando si vuole raccontare l’enorme cambio tecnico che ha coinvolto il mondo della bici e la tecnica dei componenti. Pengo è il Wikipedia della bici in carne ed ossa. Con lui facciamo il punto sul comfort (o presunto tale) funzionale delle bici con i freni a disco e tutte le soluzioni più moderne, rispetto alle bici di non molto tempo fa.

Contano le gambe, ma anche il mezzo fa una grande differenza

«Le scelte tecniche fanno la differenza da sempre – racconta Pengo – era così in passato e lo sarà anche in futuro. Certo che contano le gambe, le abilità del corridore e la capacità di leggere la corsa, ma se la bicicletta, oppure un componente non funzionano in modo adeguato, si può compromettere la performance e la gara. Talvolta – prosegue Pengo – le scelte sono dettate da alcune convinzioni e abitudini, ma anche questi fattori sono parte integrante della ricerca del massimo risultato possibile.

«Qualche anno fa c’era sempre molto dialogo tra i meccanici, i direttori sportivi ed i corridori – prosegue – ancor di più quando si affrontava la campagna del pavé. Oggi questo scambio continuo di opinioni tecniche e feedback resta più celato perché la valutazione numerica ha un peso maggiore. E’ vero che c’era un grado di personalizzazione maggiore ed era fondamentale confrontarsi costantemente. Ora è tutto standardizzato e c’è una disponibilità di materiali/scelte enorme a disposizione di tutti».

Il pavé? Quello del Nord è molto diverso da quello che vediamo nel centro storico delle nostre città
Il pavé? Quello del Nord è molto diverso da quello che vediamo nel centro storico delle nostre città
In tema di pavé e preparazione alle corse del nord, cosa è cambiato?

La campagna del pavé si preparava da una stagione con l’altra, era quasi un rito. Da un anno a quello successivo noi meccanici, i direttori sportivi ed anche alcuni corridori, annotavamo tutto, per creare una sorta di memoria e cercare di migliorare in vista del futuro. A partire dalla stagionatura dei tubolari con il talco, perché andare sul pavé con le gomme fresche significava forare al 100% al primo tratto di pietre, fino ad arrivare alla preparazione di ruote e bici speciali. I tubolari ormai sono scomparsi a favore dei tubeless.

Cancellara sul pavé ha contribuito allo sviluppo di bici specifiche e molto comode
Cancellara sul pavé ha contribuito allo sviluppo di bici specifiche e molto comode
L’epoca delle bici e delle ruote specifiche sembra terminata

Effettivamente è così. In occasione del pavé c’era la rincorsa anche da parte delle aziende che adottavano soluzioni appositamente dedicate. Anche lo staff dei meccanici forniva delle indicazioni a tal proposito. Carri posteriori allungati, oppure forcelle con un rake maggiorato, in genere biciclette più lunghe in modo da essere più stabili e confortevoli. Ruote a 32 raggi con cerchi bassi in alluminio, fino a quando non sono arrivate le ruote in carbonio. Il paradosso è che le ruote con cerchio in carbonio hanno aperto una nuova era. Ora il pavé si affronta con le bici aero.

Cosa vuoi dire?

Ogni volta che si andava in ricognizione sul pavé, avevo l’abitudine di annotarmi quanta pressione perdeva un tubolare all’uscita di ogni settore. Memorizzavo umidità, condizioni meteo ed eventuali problematiche. Quando abbiamo iniziato ad usare le ruote in carbonio, sempre con i tubolari, la prima cosa che è balzata all’attenzione è che il medesimo tubolare perdeva meno aria con il carbonio, rispetto all’alluminio. Non un dettaglio, considerando che la pressione delle gomme ha da sempre influenzato gli esiti delle corse sul pavé.

La vittoria di Van Der Poel alla Roubaix più veloce di sempre
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Quindi il comfort funzionale del mezzo meccanico esiste da tempo

Direi che è così, lo era all’epoca dei tubolari, lo è adesso che siamo nell’era delle bici in carbonio con i freni a disco e dei tubeless. Anzi, la comodità è stata uno dei segreti dei successi di diversi corridori che hanno vinto sul pavé negli ultimi chilometri di queste corse durissime, sfruttando il risparmio di energie e quella comodità derivante dal mezzo meccanico. Quando affronto questo argomento mi piace ricordare la vittoria di Sonny Colbrelli, uno dei primissimi a correre e vincere con tubeless dalle pressioni molto basse e gomme larghissime.

I tubolari sono praticamente spariti, così come le sezioni “piccole” da 25
I tubolari sono praticamente spariti, così come le sezioni “piccole” da 25
Dati a parte, le bici di oggi sono più veloci?

Non c’è paragone con le bici rim del passato, soprattutto quando si tratta di fare dei confronti su tratti pianeggianti, pavé. In salita le differenze diminuiscono un po’, ma ci sono ed è innegabile che quelle con i freni a disco siano più performanti. Mi piace dire che con le bici disco di ultima generazione si va a 30 all’ora anche in ciabatte, una bici rim per essere lanciata e mantenuta a certe andature aveva bisogno di un grande dispendio di energie.

C’è un componente che fa la differenza, oppure è il sistema bici nella sua totalità?

Non è solo un componente, è l’insieme delle cose che ha portato al raggiungimento di certe prestazioni. C’è anche il risvolto della medaglia, perché le biciclette di oggi sono anche molto esigenti, sono impegnative, sono rigide e devono essere guidate con attenzione.

Cosa, secondo te, ha fatto realmente la differenza in questa crescita tecnica?

Questa ricerca estremizzata dell’aerodinamica e l’applicazione di essa, non solo sulle bici da crono, ma su tutto. L’aerodinamica è nelle bici, nell’abbigliamento, nei caschi e nelle posizioni in sella, nelle scarpe, nei guantini. Ormai non si tratta solo di un tubo schiacciato/affusolato o di una ruota con il cerchio alto, l’aerodinamica non è solo una questione di sponsorizzazione.

Ti piace ancora mettere le mani sulle bici?

E’ la mia passione, non è solo un lavoro. Chi lavora nel mondo del ciclismo deve avere tanta passione, prima di tutto il resto. Mi rendo conto che essere alle corse adesso è come andare all’Università. Stare a contatto con i giovani corridori è stimolante, molti di loro sono preparatissimi sulla tecnica del mezzo meccanico. Sanno di cosa si parla, sanno cosa vogliono e cosa può rendere migliore la gara. Al loro fianco hanno dei performance staff con delle figure competenti che una volta non esistevano, specializzate nelle valutazioni ed analisi.