La stagione di Colbrelli si celebra in Sidi

08.11.2021
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Sonny Colbrelli ha recentemente reso omaggio a Sidi, il brand veneto che gli fornisce le calzature. Ha visitato l’azienda di Maser al termine di una stagione che l’ha visto trionfare al campionato italiano, al campionato europeo e alla mitica Parigi-Roubaix. Tutti successi che abbiamo avuto il piacere di raccontarvi.

Sonny Colbrelli firma le Sidi tricolore con le quali ha vinto la Parigi-Roubaix
Sonny Colbrelli firma le Sidi tricolore con le quali ha vinto la Parigi-Roubaix

Wire 2, le preferite…

«Proprio il giorno del mio successo al campionato italiano a Imola – ha dichiarato Colbrelli – è scattato qualcosa nella mia testa. La maglia tricolore è un vero orgoglio per ciascun corridore del nostro Paese ed io sono davvero fiero di indossarla. Sono felicissimo, certo, dopo mesi di allenamento in altura lontano dalla mia famiglia sono finalmente riuscito ad ottenere un risultato che attendevo da tanto tempo. Qualche mese dopo ho avuto poi l’opportunità di riascoltare l’inno di Mameli anche sul podio del campionato europeo di Trento e poi alla Parigi-Roubaix. Incredibile».

«Vincere la classica più ambita, quella delle pietre, in una giornata infernale con tanto fango e acqua, è davvero qualcosa di unico. Ancora oggi, rivedendo i video di quella giornata e di quel successo, non riesco a credere di aver vissuto tutte quelle emozioni. Grazie Sidi».

«Personalmente – ha continuato Sonny – ho un piede con una conformazione particolare, non facile da assecondare, ma Sidi è sempre stata pronta a venire incontro alle mie richieste. Durante il Tour de France, quando mi sono arrivate le scarpe speciali con la livrea tricolore, le ho indossate immediatamente. Non è una cosa da tutti, ma io mi fido ciecamente di Sidi e so benissimo che le mie calzature sono realizzate al millimetro. La mia scarpa preferita è la Wire 2. L’ho scelta dopo aver provato tutti i modelli e devo dire che sembra sia stata concepita proprio per i miei piedi».

«E’ sempre bello vedere i ragazzi vincere – ha ribattuto Rosella Signori – come Sidi supportiamo Sonny da oramai molti anni, e sapere che ha coronato alcuni dei suoi sogni ci riempie di grande gioia. In qualche modo anche noi siamo parte di questa sua meravigliosa stagione, fornendogli il meglio delle nostre calzature per ciclismo. Frutto di una lunghissima esperienza nel settore con l’obiettivo (centrato) di assicurargli assoluto comfort e prestazioni al top».

Sonny all’interno dei reparti Sidi alle prese con gli attrezzi del mestiere
Sonny all’interno dei reparti Sidi alle prese con gli attrezzi del mestiere

Un successo per il made in Italy

La visita che Sonny Colbrelli ha effettuato in Sidi ha anche rappresentato l’occasione per riconfermare la collaborazione esistente tra l’atleta e l’azienda. Un’attività che sancisce la volontà reciproca di sviluppare nuovi prodotti unendo alla lunga esperienza Sidi i preziosi feedback di chi, come Colbrelli, testa le calzature nelle condizioni più estreme. Il dialogo continuo tra il brand e gli atleti ha infatti contribuito all’impronta lasciata dall’azienda nel panorama del Made in Italy e dell’artigianato di settore.

La stagione 2021 non è stata diversa dai trend degli anni passati. Sidi è stata protagonista delle grandi competizioni internazionali e partecipe dei successi di grandi campioni. Sono numerosi i successi ottenuti: partendo dal Giro d’Italia con Egan Bernal e continuando con Richard Carapaz campione olimpico. Quella conquista dal corridore ecuadoriano è la quarta olimpiade vinta dall’azienda di Dino Signori. I successi sono poi continuati a Leuven, dove Elisa Balsamo è diventata campionessa del mondo nella categoria elite donne e Filippo Baroncini campione del mondo under 23. Gli ultimi successi sono arrivati sul parquet di Roubaix con Martina Fidanza vincitrice della medaglia d’oro nello scratch e Liam Bertazzo componente prezioso del quartetto iridato.

Sidi

Sidi, le storie di un anno ai piedi dei campioni

23.10.2021
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Dagli anni ’70 Sidi è presente nel mondo del ciclismo con le calzature sportive. L’elenco dei professionisti che negli anni si sono serviti e ancora si servono delle calzature dell’azienda veneta (e con essa celebrano vittorie con livree speciali o chiedono prodotti ad hoc per esigenze particolari) è molto lungo. Una mole di richieste e responsabilità che non sempre si riesce a intuire. Ci siamo chiesti come si gestisca un anno al fianco delle squadre e lo abbiamo domandato all’anello di giunzione, nonché responsabile di Sidi per Teams & Athletes, Denis Favretto.

E’ lui che in prima persona accumula chilometri in tutto il mondo per fornire il materiale e coccolare gli atleti senza però essere invadente. Dal tricolore di Sonny Colbrelli che si tingerà presto con i colori dell’europeo, alle scarpe rosa di Egan Bernal in onore del Giro conquistato. Oppure per le richieste sgargianti come quelle di Alberto Bettiol: ogni colore fuori dal comune che viene prodotto è il primo a volerlo provare. 

Scarpe tricolori a Roubaix, ma in corsa Colbrelli aveva i copriscarpe
Scarpe tricolori a Roubaix, ma in corsa Colbrelli aveva i copriscarpe
Si possono tirare ormai le somme di questa stagione ciclistica, com’è andata?

E’ stato sicuramente un anno positivo in termini di risultati e collaborazioni. Un po’ complicato, come immagino per tutti i colleghi del settore, per quanto riguarda le forniture. Tutto sommato è stata un’annata intensa. Siamo riusciti a fare tutto quello che ci eravamo prefissati. 

Giri mezza Italia per seguire e coccolare tutti gli atleti?

Piu che mezza Italia, la giro tutta in lungo e in largo e non solo. L’attività che faccio è prevalentemente europea, dove si concentrano gare e la maggior parte degli impegni. Di solito sono io che li seguo in prima persona, leggermente più complicato negli ultimi 2 anni causa Covid. Per le corse cerchiamo di essere presenti senza essere invadenti. Loro sanno che ci siamo, al bisogno mi chiamano e cerco di risolvere velocemente.

Per i professionisti non europei?

C’è un periodo dell’anno, che è questo in particolare, dove gli atleti passano in azienda a salutare il fondatore Dino Signori e la figlia Rossella Signori, responsabile commerciale. Si fa il punto della situazione. Che siano australiani, statunitensi, sudamericani… Cerchiamo di intercettarli quando sono in Europa per seguirli meglio e magari farli passare in azienda.

Scarpa bianca per Bernal al Giro. La rosa celebrativa è venuta dopo
Scarpa bianca per Bernal al Giro. La rosa celebrativa è venuta dopo
Come si organizza un anno al fianco delle squadre? 

Abbiamo una parte di magazzino, una sezione dedicata ai team. Che è pressoché fornita di materiali in pronta consegna. Poi abbiamo un reparto in produzione dedicato alla customizzazione dei prodotti per gli atleti che ne hanno bisogno all’occorrenza. Dopodiché si produce in base alla necessità dei corridori.

Sapete già quante scarpe specifiche per gli atleti dovete produrre?

Abbiamo uno storico, sappiamo quali atleti potrebbero avere una necessità della scarpa su “misura” con degli accorgimenti diversi rispetto al mercato e in base a quello sappiamo quante ne serviranno durante la stagione. 

Per quanto riguarda le livree celebrative, le prevedete già?

Quelle si sperano sempre, ma non si prevedono. Scaramanticamente non la prepariamo mai, abbiamo i materiali in casa. Come la scarpa rosa di Egan Bernal per il Giro d’Italia. Oppure la tricolore di Sonny Colbrelli, mentre non è stata fatta quella europea nella speranza che potesse cambiare ancora colore… 

Sonny vi ha dato da fare quest’anno.

Fortunatamente si, ed è un bel da fare. Con Colbrelli abbiamo un rapporto speciale lo incontriamo spesso. Per il campionato europeo gli abbiamo fatto i complimenti e sapendo che mancavano due settimane al mondiale, come da prassi a un evento europeo si fa una scarpa celebrativa. La domanda è stata: «Sonny facciamo le scarpe per l’europeo o vediamo se ci sono altri colori da aggiungere?». E scaramanticamente parlando abbiamo aspettato, l’obbiettivo mondiale era forte e chiaro. Purtroppo però sappiamo tutti come è andata a finire. 

Quindi quella per il titolo europeo è in arrivo?

Stiamo iniziando a sviluppare qualcosa, lui ha finito la stagione adesso con quello che aveva perché non è uno di quegli atleti che non ama cambiare le scarpe durante l’anno. Ora abbiamo tutto il tempo per progettarla insieme e confrontarci. 

Vi hanno mai messo in difficoltà con design particolari?

Abbiamo il reparto interno di ricerca e sviluppo che si occupa del design sempre attivo. Diciamo che richieste che hanno messo in difficoltà gli atleti non ce ne sono, anzi forse siamo più noi che mettiamo in difficoltà loro. A volte proponiamo qualche materiale particolare con qualche colore fuori dal comune. Ma anche qui abbiamo qualche atleta come per esempio Alberto Bettiol. Ogni colore particolare, sgargiante, fuori dal comune è il primo a volerlo

Quindi non siete sempre voi a decidere i colori e i modelli?

Normalmente saremmo noi a decidere i colori e i modelli da fare utilizzare ai professionisti, uso il condizionale perché la nostra è un’azienda familiare in tutti i sensi, ovvero il rapporto che c’è con gli atleti è un rapporto di dialogo aperto, quindi se c’è un ciclista che ha esigenze particolari siamo a disposizione per assecondarlo, non siamo a senso unico ma pronti ad ascoltare.

Per i grandi Giri come funziona?

Parliamo di una componente molto particolare e delicata. Quando si cambia scarpa, per quanto tutte siano uguali tra di loro, la posizione della tacchetta sia copiata e incollata, comunque si va cambiare una parte sensibile. La scarpa celebrativa solitamente si fornisce nelle ultime tappe compatibilmente con esse. Come abbiamo fatto con Egan Bernal quest’anno. Se l’ultima tappa è una tappa passerella, tutti gli atleti vanno a cambiare le scarpe, la bici e tutto quello che si può… Se invece è una tappa decisiva come per esempio una crono o una tappa impegnativa, allora la scarpa celebrativa viene consegnata, ma non utilizzata in gara.

Sidi dai colori sgargianti nel giorno di Chateauroux all’ultimo Tour
Sidi dai colori sgargianti nel giorno di Chateauroux all’ultimo Tour
Vi capita di intervenire all’ultimo momento?

Fondamentalmente cerchiamo di prevedere e lavorare in anticipo su tutti gli aspetti necessari, poi è chiaro che siamo pronti a tutto. Può capitare, ma tutti i ragazzi quando vanno a una corsa a tappe hanno almeno tre paia di scarpe e quindi due di scorta che tengono nella borsa del freddo in ammiraglia

In un anno solare qualche capriccio o intoppo da parte di qualche atleta vi è capitato?

Fortunatamente no. Mi spiego meglio. E’ passato il messaggio agli addetti ai lavori e agli atleti, che fosse un anno dove i capricci non erano necessari e non erano nemmeno ben visti perché è stato un anno complicato per il settore. Se devo essere sincero, con gli atleti abbiamo un rapporto speciale e di fiducia reciproca e non ci sono state situazioni tali da metterci in difficoltà.

Avete testato sul campo qualche prodotto nuovo, magari nascondendolo tra il gruppo?

Non quest’anno, perché appunto quello che era in previsione era già stato testato. Non avevamo novità strutturali. Nel caso però in cui ce ne siano, ci rivolgiamo a qualche atleta fidato per recepirne le sensazioni e i feedback, che poi possono andare a ottimizzare il prodotto. Ma la bozza del catalogo 2022 era già pronta nel cassetto. 

Vi state già preparando alla prossima stagione?

Sì, anche perché nel nostro caso, abbiamo atleti che provengono da tutto il mondo. Stiamo già lavorando con tutti gli atleti extra continente ancora in Europa dalle ultime gare, per anticipare la consegna del materiale per la prossima stagione, in modo che possano tornare a casa con già il necessario per potersi allenare per la nuova stagione. 

Alé sogni di gloria: europeo, mondiale e Roubaix in 21 giorni

16.10.2021
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Prima Colbrelli, a Trento con l’europeo. Poi è toccato a Julian Alaphilippe a Leuven conquistare per la seconda volta consecutiva l’iride mondiale. La settimana successiva sulle pietre e nel fango di Roubaix ci ha pensato ancora Sonny Colbrelli a chiudere tre settimane (sì, tutto in appena tre settimane!) davvero esaltanti per Alé.

Il brand d’abbigliamento veronese specializzato nella produzione di capi specifici per il ciclismo ha così “raccolto” in appena 21 giorni un’impressionante sequenza di vittorie prestigiose. E l’occasione è stata propizia per mettere letteralmente sotto i riflettori le valenze ed i dettagli della collezione top di gamma PR-S…

Alé veste la nazionale francese dal 2014, con loro i transalpini hanno conquistato due mondiali pro’ su strada, entrambi con Alaphilippe
Alé veste la nazionale francese dal 2014

Dai pro’, per tutti

Abbiamo colto l’occasione di scambiare qualche battuta con Alessia Piccolo, che di Alé è il direttore generale, così da approfondire ulteriormente il significato di queste vittorie. La chiacchierata ci è stata utile anche per capire meglio quanto e come il rapporto con alcuni dei corridori professionisti di vertice possa poi rappresentare un vero e proprio “capitale” da trasferire ai capi e alle collezioni riservate al mondo degli amatori.

Allora Alessia, partiamo dal rapporto con la Federazione francese…

Un legame del quale siamo davvero felici ed orgogliosi! Siamo dal 2014 il fornitore ufficiale dell’abbigliamento per tutte le nazionali transalpine: dalla strada alla pista, dal cross alla Mtb. E lo saremo ancora a lungo, considerando che il nostro contratto scadrà nell’anno olimpico 2024. Tra l’altro le Olimpiadi che si svolgeranno a Parigi…

Alé continuerà a vestire la nazionale francese fino alla prossima Olimpiade, quella di Parigi 2024
Alé continuerà a vestire la nazionale francese fino alla prossima Olimpiade, quella di Parigi 2024
Com’è gestire un partner dello spessore di una Federazione? E non certo una qualsiasi…

La collaborazione con la FFC (Fédération Francaise de Cyclisme) ci aiuta tantissimo. In modo particolare lavoriamo tantissimo per quanto riguarda lo sviluppo dei body, per la pista ma non solo. Il nostro è un lavoro principalmente focalizzato sullo sviluppo dei materiali e sull’aerodinamica. E da questo punto di vista non vi nascondo che la Federazione Francese è davvero molto, molto avanti.

A Leuven il bis di Alaphilippe

«Per la Francia in generale e per Alaphilippe in particolare – prosegue Piccolo – vi confesso che abbiamo sempre avuto un debole. Julian ha corso i due mondiali, quello di Imola 2020 e quello di quest’anno, indossando il nostro completo top di gamma della collezione PR-S (Pro Race System). Gli stessi identici capi che qualsiasi amatore può vestire ed utilizzare sulla propria bici e questo è per noi un passaggio fondamentale. La stessa qualità che offriamo ai pro la vogliamo riservare ai nostri clienti: senza nessun compromesso!».

La proverbiale vestibilità della gamma deriva da un approfondito studio della posizione del ciclista in corsa. Grazie al body mapping è possibile studiare approfonditamente molti dettagli: l’analisi dell’aerodinamica, quella del comfort, della ventilazione.

«Con l’adozione di tagli ridotti all’essenziale ricorrendo poi a cuciture piatte – spiega – possiamo offrire a chiunque una maglia e un pantaloncino curato in ogni minimo dettaglio. Non a caso la nostra maglia Alé x l’Equipe de France è disponibile in versione replica presso i migliori e-tailer e negozi di ciclismo».

Alé veste la Bahrain Victorius del campione europeo Sonny Colbrelli, che ha conquistato anche la Parigi-Roubaix
Alé veste la Bahrain Victorius di Sonny Colbrelli, che ha conquistato anche la Roubaix

Dopo il mondiale, ancora Colbrelli

Dopo 22 anni un italiano è tornato a trionfare sulle pietre dell’Inferno del Nord e lo ha fatto vestito da Alè. «In teoria con una tripla maglia – sorride orgogliosa Piccolo – quella di campione italiano, quella di campione europeo e poi quella di club: il team Bahrain-Victorious del quale siamo partner. Sonny, che alla Roubaix oltre alla linea PR-S ha esaltato la nostra collezione Klimatik, ideale per i primi freddi, ma al tempo stesso altamente traspirante, è arrivato sul traguardo interamente coperto di fango con un unico logo visibile: quello Alé presente sul palmo dei guantini alzati in segno di vittoria!».

Alé Cycling

Ancora Roubaix: le tre mosse azzeccate di Sonny

07.10.2021
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Oggi Sonny Colbrelli torna in gara al Gran Piemonte ma è ancora lunga, lunghissima l’onda della sua Parigi-Roubaix. Analisi tecniche, emozioni, punti di vista si susseguono. E in questo articolo, nato a “mentre fredda”, rivediamo i tre punti chiave della corsa del corridore della Bahrain-Victorious, le tre mosse azzeccate da Sonny e quelle che secondo noi gli hanno permesso di portarsi a casa la mitica pietra del Nord.

Pochi minuti alla partenza: Colbrelli controlla la pressione (bassissima) delle gomme
Pochi minuti alla partenza: Colbrelli controlla la pressione (bassissima) delle gomme

Setup perfetto

Posto che in primis contano le gambe e il tanto allenamento, una bella fetta della torta in una gara come la Roubaix spetta al mezzo meccanico. E qui abbiamo visto come Colbrelli e il suo staff non abbiano lasciato nulla al caso.

Forse proprio perché era alla sua prima partecipazione alla Roubaix, Sonny ci è andato con i piedi piombo. Magari se non fosse stato così ed inesperto non avrebbe scelto le gomme da 32 millimetri, ma quelle da 30. E queste si sono fatte sentire, tanto più con il gonfiaggio super basso che aveva impostato, ben al di sotto delle 4 atmosfere. E si è visto nella guida, sempre sciolta, e nella capacità di far fronte anche agli ostacoli, come lo scarto effettuato nella Foresta di Arenberg. Alla sterzata improvvisa altri sono caduti, lui ha solo sbandato.

Inoltre in casa Bahrain avevano studiato al dettaglio le condizioni meteo, e questo ha influito molto sul setup della bici. Non solo gomme e pressione giusti, ma anche rapporti, tipologia di nastro manubrio… In poche parole un pezzetto di Roubaix, Colbrelli se l’è portata a casa già prima del via.

Sempre due borracce per il bresciano, anche verso fine gara
Sempre due borracce per il bresciano, anche verso fine gara

Alimentazione: puntualità svizzera

Ogni volta che le telecamere lo inquadravano e non si era sui tratti in pavé, Sonny mangiava o beveva. Sempre. Solo negli ultimi 50 chilometri lo abbiamo visto mettere le mani nelle tasche per prendere qualcosa da mandare giù non meno di quattro volte. L’ultima delle quali poco dopo l’uscita dall’ultimo settore (il penultimo considerando la “passerella” dentro Roubaix).

Questo, oltre che un segno di lucidità, ha consentito al campione europeo di avere sempre la benzina migliore, i carboidrati (gli zuccheri), a disposizione per i suoi muscoli. Cosa stra-importante in una corsa che tende a distruggerli in quanto al consumo energetico assomma quello delle contrazioni ulteriori dovute ai sobbalzi. Il tutto senza contare che faceva anche abbastanza fresco. Ma questo aspetto però si potrebbe anche tralasciare visto che Colbrelli ama il maltempo e le temperature più basse.

E la stessa cosa vale per i liquidi. Era l’unico del gruppetto inseguitore di Moscon ad avere la doppia borraccia fino alla fine. Sonny è stato fedele ai dogmi di Artuso: in corsa si mangia, in allenamento di dimagrisce.

«Ho mangiato – dice Colbrelli stesso – tre paninetti con la marmellata, bevuto 5 borracce di maltodestrine, 4 borracce di carboidrati che sono come le malto ma con il doppio del dosaggio e 11 gel. Alla fine ho bruciato circa 7.000 calorie».

A poco più di 60 chilometri dall’arrivo, Colbrelli se ne va con Planckaert e Boivin
A poco più di 60 chilometri dall’arrivo, Colbrelli se ne va con Planckaert e Boivin

Anticipo: energie risparmiate

E poi la tattica. Okay il correre nelle prime posizioni, cosa che diventa più un fatto di gambe che non di abilità col passare dei chilometri, e sulla quale Sonny è stato perfetto. Okay, francobollare Van der Poel come un vecchio difensore fedele alla marcatura ad uomo, ma una “genialata” Colbrelli l’ha fatta dopo la prima grande scaramuccia fra Van der Poel e Van Aert.

Quando il belga è rientrato il gruppo si è aperto un po’. Tutti ne hanno approfittato per mangiare dopo l’ennesimo settore di pavè. Sonny invece no: perché lo aveva già fatto! Come abbiamo scritto anche sopra, mangiare era la prima cosa che faceva non appena la sua ruota posteriore aveva lasciato il pavè. E così ha approfittato dell’allungo di Boivin, comprimario che in pochi hanno calcolato. Lui ha chiuso senza neanche scattare, sotto lo sguardo noncurante dei favoriti, molti dei quali erano intenti proprio a mangiare. A loro due si è aggiunto Planckaert. Un terzetto perfetto.

Con questa azione a circa 60 chilometri dall’arrivo di fatto Colbrelli ha anticipato la furia di Van der Poel. Ha guadagnato una trentina di secondi ed è andato via regolare. Regolare, concentratevi su questo termine. In questo modo si è risparmiato tre-quattro trenate infernali dell’olandese, intento a staccare l’eterno rivale belga e a guardare alla testa della corsa. E chissà, magari sono state proprio quelle, le energie che hanno fatto la differenza nella volata finale…

Colbrelli, un viaggio di 5 anni dalla Bardiani a Roubaix

06.10.2021
6 min
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Cinque anni di Colbrelli. Dal ragazzo di 27 anni arrivato nel WorldTour dopo ben cinque anni alla Bardiani, al campione che nell’ultimo anno è riuscito a conquistare la maglia tricolore, il campionato europeo e da ultima la Parigi-Roubaix. Che cosa ha capito Paolo Artuso, che con Sonny lavora sin dal suo arrivo nell’attuale Team Bahrain Victorious, del bresciano? E quali margini pensa che possa avere? Si riduce tutto al chilo e mezzo messo via negli ultimi mesi?

«In realtà è tutto un insieme – risponde da casa – non è che gli altri anni prima fosse grosso, ma certo ha limato quel chiletto. Abbiamo lavorato di più sui lavori di forza, distribuito diversamente i carichi. Quindi magari carichi molto più grossi, con periodi di recupero più lunghi. Così facendo siamo riusciti ad avere dei picchi elevati. A ciò si aggiunga che è maturato. Il fatto secondo me è che ci siamo abituati a vedere dei fenomeni, tipo Pogacar, Van der Poel e Van Aert stesso, che così giovani hanno raggiunto risultati eccezionali. In realtà loro sono dei fuoriclasse, mentre a tanti altri servono anni di lavoro di maturazione fisica e mentale. E Sonny ci sta arrivando proprio ora».

Un processo lungo, ma evidente?

Provate a guardare la foto di quando ha vinto la Tre Valli Varesine nell’ultimo anno alla Bardiani. E’ maturato tanto a livello muscolare, è molto più asciutto, ma non è più leggero. E’ più atleta, è più maturo.

Testa e corpo in che proporzioni?

Secondo me è un insieme di cose. Sono cinque anni che lavoriamo bene, sia dal punto di vista dell’allenamento, del calendario gare, dell’alimentazione, del recupero stesso. Siamo una squadra WorldTour, abbiamo una struttura che riesce a tirar fuori il meglio. In più si sta lavorando tanto sui materiali… La performance è un insieme di cose, a Sonny lo dico sempre. L’allenamento è la base, se non ti alleni non vai forte. Però per passare da forte a fortissimo, devi aggiungere la nutrizione, l’aerodinamica, il vestiario, la parte mentale… Tutte queste aggiunte sono importanti se alla base hai la voglia di lavorare. In questi cinque anni abbiamo perfezionato tutto l’insieme, che si basa su un fatto da cui non si può prescindere. E cioè che Sonny ha un motore veramente grande. 

Quanto conta la convinzione?

Dopo domenica, adesso c’è la consapevolezza che può vincere qualsiasi classica. Che può lottare per un Fiandre o la Sanremo. E’ maturato. Se prima era solamente un dirsi “secondo me ce la puoi fare, i numeri ci dicono che ce la puoi fare”, adesso abbiamo dimostrato che quello che pensavamo è fattibile.

La Roubaix gli ha dato la convinzione di poter vincere le grandi classiche
La Roubaix gli ha dato la convinzione di poter vincere le grandi classiche
Sonny è di quelli che scende dall’altura e va subito forte…

Non so come lavorino gli altri. Quando in altura ci andiamo noi, abbiamo sempre un un bel periodo di adattamento iniziale. Poi si lavora diversamente rispetto al periodo. A febbraio siamo più prudenti. E’ la prima altura dell’anno, arrivi dallo stacco invernale e dal ritiro di gennaio, meglio essere cauti. Ad aprile-maggio vai a per preparare il Tour e arrivi in montagna dopo uno stacco relativo, una settimana-dieci giorni di riposo. Quindi stai già bene e si può aumentare l’intensità. Poi c’è da valutare la singola esperienza.

Cioè?

Ci sono fisici che vanno subito forte, quelli che ci mettono un po’ di più e quelli che è meglio che in altura non vengano. Con Sonny lavoriamo tanto, ce lo siamo detti anche l’ultima volta. Per essere un corridore di 72-73 chili, fa tanta salita e poi ci mettiamo sempre la palestra. Non la molliamo mai, la facciamo il pomeriggio. La giornata è inquadrata bene. Risveglio muscolare al mattino, poi andiamo a colazione, quindi l’allenamento e il pomeriggio i massaggi oppure la palestra. Si lavora tanto. Quando poi scendi, non vai diretto in corsa. Bisogna recuperare il carico di lavoro in quei 5-6 giorni a casa. E quando arrivi in corsa, sei già prestante.

Al Benelux Tour ha ottenuto i “numeri” migliori, ma con margini minimi rispetto a oggi
Al Benelux Tour ha ottenuto i “numeri” migliori, ma con margini minimi rispetto a oggi
Perché tanta salita?

Quando andiamo al Teide abbiamo due punti fermi. Il primo è che ci alleniamo sempre in basso, quindi riusciamo a simulare e a mantenere velocità veramente elevate. E poi torniamo sempre su in bici. Per cui finiamo sempre la giornata con metri di dislivello fatti forte. 

Hai detto che lavorate in basso, perché?

Di solito li faccio lavorare forte fino a un massimo di 1.000 metri, mai sopra. A meno che non siano lavori veramente brevi. E tutta la salita che fai, per quanto fatta piano, sono stimoli di forza. Vai su sempre con una cadenza anche non elevatissima e quindi la forza che imprimi sui pedali c’è sempre. Senza accorgersene, si fanno sempre lavori di forza. In base alla cadenza, sono stimoli differenti. E lui salendo riesce a ottimizzare i lavori di forza che poi farà in palestra. 

Risale in cima sempre in bici?

In due settimane di Teide, sempre. Ho memoria che una volta sola non l’ho fatto salire, ma perché avevamo allungato sotto. Di solito preferisce tornare in bici, a meno che non abbia una giornata storta.

Il tanto lavoro in salita lo ha aiutato nel tenere testa a Evenepoel agli europei di Trento
Il tanto lavoro in salita lo ha aiutato nel tenere testa a Evenepoel agli europei di Trento
Il Colbrelli di Roubaix ha i numeri del Tour o è cresciuto ancora?

Ha avuto i test power migliori al Benelux, ma parliamo di differenze dell’1-2 per cento. Veramente dettagli minimi che possono essere imputati anche a una differenza di lettura della macchina, perché il potenziometro sulla bici non è sempre perfetto. Al Tour invece aveva fatto quelle due tappe forti in fuga e aveva fatto dei numeri, dei peak power sui 30, 40 e 60 minuti. Comunque nelle ultime corse era sullo stesso livello del Tour. Il vantaggio del Benelux è che arrivava da quattro settimane a Livigno e aveva mezzo chilo meno che al Tour. Quando sei in allenamento puoi anche permetterti di restringere a livello calorico, mentre in corsa devi mangiare. Se si inizia a calare in corsa c’è qualcosa che non va.

Che inverno pensi che farà?

Non andrei a cambiare il lavoro che ha fatto negli anni scorsi. Sicuramente deve recuperare, fare almeno una ventina di giorni di riposo e poi una ripresa graduale. Faremo sicuramente un ritiro a dicembre che però sarà più organizzativo. Poi uno a gennaio più importante, come ogni anno, dove si farà più volume possibile. Insomma, ci diciamo tutti che adesso è il momento di riposare. Ma se guardo l’agenda, mi accorgo che è quasi il momento di ricominciare.

Gomme a 3,4 bar: così la Reacto ha dominato il pavè

05.10.2021
5 min
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Probabilmente è la gara in cui la bici conta di più. Partire con il setup ottimale per la Parigi-Roubaix può davvero fare la differenza. E’ quel che succede nelle gare più particolari: un Fiandre, una Sanremo (velocissima), una tappa estrema del Giro… ma nella corsa delle pietre il valore della bici è davvero importante. E dietro la vittoria di Sonny Colbrelli c’è una Merida Reacto davvero particolare.

A svelarci alcune chicche del gioiello del bresciano è Alan Dumic, il meccanico della Bahrain-Victorious. E’ lui che ha preparato la bici di Sonny, che l’ha seguito nelle ricognizioni.

Dumic e Colbrelli durante la ricognizione in vista della Roubaix. Ultimi controlli sulla Reacto
Dumic e Colbrelli durante la ricognizione in vista della Roubaix. Ultimi controlli sulla Reacto

Set manubrio tradizionale

«Sonny – dice il meccanico croato – ha usato la bici che prende solitamente, cioè la Reacto (quella aero, in Bahrain hanno a disposizione la Scultura, ndr). Però ha cambiato il manubrio. Anziché usare il Vision integrato e aereo, ha optato per un normale set attacco e piega Fsa K-Force, in carbonio. Ha fatto questa scelta dopo la ricognizione. In questo modo assorbiva meglio le vibrazioni sulle mani e sul resto del corpo.

«Le misure però erano identiche: sia quelle del manubrio (attacco da 110 millimetri e piega da 42 centimetri e posizione delle leve) sia quelle della sella, altezza e arretramento.

Sempre sul manubrio abbiamo inserito un doppio nastro, ma non dappertutto, solo fino alle leve: quindi nella parte della curva e in quella più bassa, mentre in quella alta ce n’era uno solo».

L’attacco manubrio e piega Fsa K-Force al posto del solito manubrio aero
L’attacco manubrio e piega Fsa K-Force al posto del solito manubrio aero

Pressione bassissima

Passiamo poi alle ruote. La parte più importante in una bici che deve affrontare una Roubaix, tra l’altro una bici, la Reacto, che di base è molto rigida. 

«Abbiamo utilizzato delle gomme tubeless di Continental, una gomma nuovissima che ci è arrivata il giorno prima della ricognizione – dice Dumic – però abbiamo visto e sapevamo che aveva un ottimo grip. Si tratta del Gran Prix 5000 S Tr da 32 millimetri che abbiamo gonfiato a 3,8 bar al posteriore e 3,4 all’anteriore».

E qui strabuzziamo gli occhi. Si tratta di una pressione davvero minimal, quasi da ciclocross! Ed è anche una scelta piuttosto azzardata per quel che riguarda le forature o eventuali pizzicate. E infatti Dumic chiarisce…

«Sì, è una pressione molto bassa, ma è anche vero che per una gomma così grande serve meno pressione. C’è dentro comunque molta aria. Per le forature ho inserito del liquido come si fa con i tubeless. Quanto? Beh, ne ho inserito un po’ più del dovuto: 80 millilitri anziché i consueti 60». 

Le ruote infine erano le Vision Metron con profilo da 55 millimetri, ma cerchio la cui larghezza interna è da 19 millimetri ed esterna da 27 Una ruota che quindi è molto veloce grazie al disegno “a goccia” del profilo stesso, ma che con la copertura da 32 millimetri e con quella pressione riusciva ad essere confortevole. E non è un caso che Colbrelli abbia guidato benissimo, nonostante fosse alla sua prima Roubaix.

Rapporti lunghissimi

E poi va dato uno sguardo ai rapporti, un qualcosa che si tende a valutare tropo poco quando si affronta una Roubaix con la scusa che tanto è piatta. Chiaro, il pavè non è una salita, ma può diventarlo e anche sotto questo punto di vista possono esserci accortezze. Accortezze che Dumic e Colbrelli hanno colto eccome.

Nell’era dei grandi pignoni hanno optato per un 11-25, in questo modo Sonny aveva una scala di rapporti molto graduale ed evitava i salti di tre denti che si vedono con le scalette che arrivano al 30 o 32. Pedivelle da 172,5 millimetri.

«Davanti invece abbiamo scelto un 55-42. Questa soluzione è stata decisa già durante la ricognizione. Il meteo dava pioggia, ma anche vento favorevole per lunghi tratti. La catena era quella normale, con lo stesso numero di maglie che utilizza quando c’è il 53-39, in questo modo aveva sempre una buona tensione.

«Come ho trovato la catena a fine gara? Ah non lo so, quella bici neanche l’ho lavata! Resterà sporca perché Merida ha voluto così e finirà in esposizione nella loro sede».

Nella Foresta di Arenberg per Sonny una grande lucidità, ma si è salvato anche grazie ad un buon setup
Nella Foresta di Arenberg per Sonny una grande lucidità, ma si è salvato anche grazie ad un buon setup

Chicche e scaramanzia

«Un altro piccolo intervento ha riguardato i portaborracce – ha detto Dumic – Noi usiamo gli Elite in carbonio, ma per questa gara abbiamo scelto quelli in plastica che ho stretto con una camera d’aria tagliata. Le borracce erano in effetti più dure da inserire, però in tutta la gara i nostri ragazzi ne hanno perse giusto un paio».

Infine, da buon italiano e visto il personale credito con la sfortuna, Colbrelli ha preferito non utilizzare la bici con il tricolore. Aveva paura di romperla in caso di caduta, ci confida Dumic.

Vermeersch, il cronoman che danza nel fango

04.10.2021
5 min
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Quando venne a sedersi al tavolo della conferenza stampa dei mondiali, pochi avrebbero scommesso un euro su Florian Vermeersch. Era il 20 settembre. Terzo dietro Price-Pejtersen e Plapp nella crono under 23, aveva risposto a poche domande dei colleghi fiamminghi, poi si era avviato all’antidoping. Due settimane dopo, il corridore di Gand è arrivato secondo alla Roubaix. A 22 anni.

Ieri lo conoscevano in pochi. Per cui nel racconto, storpiandone anche il nome, s’è attinto al cestino dei luoghi comuni. Superstite fortunato della prima fuga. Belga del ciclocross, confondendolo con il Gianni che corre alla Alpecin-Fenix. Eroe di giornata… Invece a sentirlo, ti rendi conto che lui ci credeva. E che alla fine gli giravano le scatole almeno quanto a Van der Poel. Perché lui la Roubaix l’ha guidata a lungo, mentre l’olandese l’ha solo rincorsa.

«Nei prossimi giorni – dice – la delusione lascerà sicuramente il posto all’orgoglio».

Sul podio ancora la delusione, che nei prossimi giorni diventerà orgoglio
Sul podio ancora la delusione, che nei prossimi giorni diventerà orgoglio

Il consiglio giusto

La vigilia è stata strana. Sul pullman della Lotto Soudal c’erano Gilbert e Degenkolb, due dei cinque vincitori di Roubaix ancora in attività. Un’occasione d’oro per il ragazzino passato professionista alla metà del 2020 e che quest’anno, al primo vero da professionista, aveva già sommato 66 giorni di corsa, con dentro la Parigi-Nizza, il Giro di Svizzera e la Vuelta. E che a Bruges, appunto, si era piazzato terzo nel mondiale U23 a cronometro.

«Soprattutto durante la ricognizione – racconta – ho ricevuto molti consigli. Abbiamo parlato molto delle edizioni precedenti. Mi hanno detto in quali punti dovevo stare attento, per esempio. Anche se il consiglio migliore che ho recepito è stato: “Continua a pedalare! Perché non sai mai cosa accadrà”. Avevano ragione loro».

Staccato da Moscon, Vermeersch ha avuto un momento di crisi, che ha superato bene
Staccato da Moscon, Vermeersch ha avuto un momento di crisi, che ha superato bene

Due al comando

In fuga dall’inizio. L’obiettivo era tenere davanti la squadra e capire come si sarebbe messa la corsa, cercando di… sopravvivere al forcing per prendere in testa i primi settori di pavé.

«E’ stata una battaglia per il posizionamento – annota – ho resistito bene. La prima selezione vera c’è stata nel settore di Saint Python, quando siamo rimasti in quattro. Per un po’ siamo andati avanti insieme, ma improvvisamente sono rimasto solo con Eekhoff. Con mia grande sorpresa, gli altri due erano scomparsi. Da quel momento ho ricordato i consigli della vigilia e mi sono messo a spingere senza dare mai veramente tutto».

Più crono che cross

Fango. Attraversamenti come guadi. La sua mentalità da cronoman a scandire il passare dei chilometri, dividendo il percorso in settori e i settori in porzioni più piccole. Dandosi riferimenti visivi e cercando di restare in piedi su un terreno tutt’altro che confortevole. La crono e quei pochi ricordi del cross di quattro anni fa, quando ne aveva 18 e si affacciava al grande mondo.

«Il ciclocross è stato un po’ di tempo fa – dice – ma da giovane ero abituato a queste condizioni, quando il fondo è scivoloso e la bici fa presa a malapena. Però vorrei provare anche una Roubaix asciutta. In questa corsa le motivazioni non mancano. E’ stata una motivazione anche la pioggia della notte prima».

Due scomodi clienti

A un certo punto però è parso che fosse tutto finito. L’arrivo di Moscon e il suo attacco. Da dietro Van der Poel con Colbrelli. Le gambe che facevano male e la testa sul punto di mollare.

«Ho avuto un momento davvero difficile – racconta – e sono stato staccato. Fortunatamente sono riuscito a riprendermi rapidamente e a restare agganciato quando sono arrivati Van der Poel, Colbrelli e Boivin. Le gambe si sono rimesse a girare bene. E quando abbiamo raggiunto Moscon e siamo sopravvissuti al Carrefour de l’Arbre, sapevo che stavo correndo per la vittoria. Il guaio è che quei due (Colbrelli e Van der Poel, ndr) avevano già vinto volate di gruppo, per questo ho provato per due volte ad attaccare. Infine lo sprint nel velodromo. Ho calcolato bene le distanze, ma negli ultimi cinquanta metri ho lottato con i crampi. E non ho potuto fare niente contro Colbrelli…».

Vermeersch ha raccontato che negli ultimi 50 metri sono arrivati i crampi
Vermeersch ha raccontato che negli ultimi 50 metri sono arrivati i crampi

Nessun paragone

Come dire che altrimenti avresti potuto vincere tu? Ci pensa e lo vedi che valuta fra la risposta schietta e una diplomatica, da bravo giovane al primo assalto.

«Visto il mio fisico – dice – questa è la gara che meglio mi si adatta. Avevo già detto che un giorno avrei puntato al podio, ma non avrei mai immaginato di finire secondo al debutto. Questo percorso è fatto per me, ne sono convinto. Non sarò mai uno scalatore. Fisicamente è stato un giorno molto difficile. La schiena mi fa male immensamente e ci vorranno alcune settimane per riprendersi. Non sono uno che soffre il freddo, ma non c’erano alternative. Anche la pioggia… Per correre qui serve una mentalità speciale. Se la abbracci, ti viene tutto più facile. Ma per favore, nessun confronto con Tom Boonen. Avete visto il suo palmares? Meglio che resti concentrato sul mio percorso. Cominciamo da qui, vedremo cosa mi riserverà il futuro…».

Colbrelli non perdona. Piega Van der Poel e vince la Roubaix

03.10.2021
6 min
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Pioggia e fango hanno trasformato i corridori in statue di terra. I tre di testa entrano nel velodromo con maschere di fango e gli occhi riparati provvidenzialmente dai grossi occhiali. Colbrelli è guardingo, la tensione è alle stelle. E’ stato lui ad accelerare secco quando Van der Poel ha riagganciato Moscon, anche per capire quanta birra avesse l’olandese. Una volata in pista dopo 260 chilometri fatti a quel modo più che una lotteria è una guerra per la sopravvivenza e così si apprestano a viverla. Vermeersch che non sanno chi sia, ma nell’avvicinamento al velodromo ha provato ad attaccare.

Pochi minuti alla partenza: Colbrelli controlla la pressione delle gomme
Pochi minuti alla partenza: Colbrelli controlla la pressione delle gomme

Mondiale indigesto

Il mondiale gli era rimasto di traverso. Colbrelli era convinto di poter dire la sua, ma la caduta all’unisono di Trentin e Ballerini aveva fatto piombare sulle sue spalle tutto il peso della corsa. E in questa fase della stagione, se rispondi a uno scatto, non è detto che tu ne abbia per rispondere al secondo. Ma Sonny quando piove si diverte e chissà se stamattina, guardando il cielo e l’asfalto bagnato, ha pensato a un presagio felice. Sta di fatto che quando Van der Poel accelera e mette nel mirino Moscon, lui lo passa e prova l’allungo. Forse non si è reso conto che davanti il trentino prima ha bucato e poi è caduto.

«Gianni davanti è stato eroico – dice – è stato tanto da solo, ma noi dietro abbiamo fatto un buon lavoro. Da un certo punto in poi ho deciso di seguire soltanto Van der Poel. Il corridore della Lotto non lo conoscevo, però Mathieu è rientrato da dietro e per me lui è quello che fa solo numeri straordinari. Con lui ho lavorato bene e sono stato anche fortunato a non avere forature o guasti. Sono quasi caduto un paio di volte, ma ero molto concentrato nel rimanere in piedi. Poi ho dato tutto quello che mi restava per vincere».

Van Aert non ha il passo dei giorni migliori. Non si può essere sempre stellari…
Van Aert non ha il passo dei giorni migliori. Non si può essere sempre stellari…

La fede del fenomeno

Van der Poel non ha mai corso la Roubaix, ma per il suo modo di ragionare, sa andare forte sul pavé e sa danzare nel fango: vincerà lui. Ha conquistato il Fiandre. E’ campione del mondo di ciclocross. E se non fosse caduto per quello stupido errore, magari a quest’ora sarebbe anche campione olimpico di mountain bike. Quando apre il gas per staccare Van Aert e rientrare su Colbrelli e compagni di fuga, nella testa risuonano le parole della vigilia.

«Posso vincere la Roubaix? Penso di sì. Ai mondiali non sono arrivato lontano dai migliori e la forma non era al top. Il pavé l’altro giorno lo abbiamo visto asciutto, ma sarebbe bello se piovesse. Diventerà più pericoloso e scivoloso e si tratterebbe di restare in piedi, ma in corse come la Roubaix devi stare attento a tutto».

Chissà se quando Colbrelli si permette di mettergli la ruota davanti, l’olandese comincia a pensare di essersi cacciato in un brutto guaio. Forse no. I fenomeni non pensano mai di poter perdere. E quando questo succede, restano per terra a lungo chiedendosi come sia stato possibile.

Van der Poel stacca Van Aert (l’eterno duello!) e rientra sul Colbrelli, che non lo molla
Van der Poel stacca Van Aert (l’eterno duello!) e rientra sul COlbrelli, che non lo molla

Volata al limite

La pista per fortuna è asciutta. E quando i tre ci entrano, il boato che li investe li scuote dentro. Dopo chilometri e ore di poca gente sul ciglio e in certi tratti lo sferragliare delle catene più rumoroso dello sbattere dei denti, quell’effetto luna park produce scariche di adrenalina.

«Anche questa volta ho seguito Van der Poel – dice Colbrelli – ma di colpo la volata l’ha lanciata il corridore della Lotto (Vermeersch ha 22 anni ed è così sconosciuto, che anche il suo nome resterà misterioso fino al podio, ndr). Non si trattava più di essere veloci. Si trattava di riuscire a spingere forte. E io ero veramente al limite e alla fine ho conquistato questa leggenda. Ho fatto davvero un super sprint, poi mi è crollato il mondo addosso. Sono senza parole. Non posso credere di aver vinto la Roubaix. Voglio dedicarlo alla mia famiglia, a tutta la squadra e ai miei tifosi. Finora per me è stata una stagione fantastica».

Il mondo addosso

Sonny crolla. Forse vorrebbe fare il giro d’onore, forse la mente non sa venirne a capo. Così si ferma nel punto più lontano dai massaggiatori che iniziano a correre. Anche per i fotografi è una bella sfacchinata. Scende dalla bici e la solleva, la sua Reacto arancione. Poi si accascia sul prato e piange. Piange come a Trento, dove trovò ad abbracciarlo Davide Cassani. Questa volta è da solo e non ha pace. Succede così quando la vita pareggia i conti e tu stai lì attonito, a piangere più di quando ti ha colpito e ti ha lasciato senza fiato.

«E’ la mia stagione – dice – ma è stato ugualmente super difficile. Sono felice. Era la mia prima Roubaix e non posso ancora credere di averla vinta. Stamattina non riuscivo a pensare a una vittoria. Ho iniziato senza alcuna pressione, volevo solo divertirmi in una gara che ho sempre sognato. Mi sentivo bene e meglio chilometro dopo chilometro. Quindi ho voluto provare a cogliere la mia occasione, attaccando magari un po’ prima. Guardando le passate edizioni ho imparato che era un buon momento per provarci…».

Il terzo inno

La mitica pietra ora è fra le sue mani, mentre l’Inno di Mameli va avanti e il peso del più bel trofeo del ciclismo inizia a farsi decisamente insopportabile. E’ la terza volta quest’anno che quelle note suonano per lui, perché dopo Imola c’è stata Trento. E ora in quel velodromo in cui ancora si commuovono per Ballerini e inneggiano a Moser, il nome sulla bocca dei tifosi è quello di Sonny Colbrelli. Van der Poel accanto fatica a farsene una ragione. Ai fenomeni capita così. A lui e Van Aert il compito di una bella riflessione sull’opportunità di andare sempre al massimo, quando poi ti sfuggono (nel suo caso) il Fiandre, il mondiale e oggi la Roubaix. L’ha vinta Sonny Colbrelli. E intendiamoci, a noi va molto bene così.

Parigi-Roubaix: spiamo tra i ricordi e la startlist con Ballan

02.10.2021
5 min
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Domenica si ritorna a correre la Parigi-Roubaix, due anni e mezzo dopo l’ultima edizione, vinta dal principe Philippe Gilbert (foto di apertura). Sono cambiate tante cose in questo periodo di assenza dall’inferno del Nord, l’unica cosa che non è cambiata è la magia della corsa più particolare del calendario ciclistico. Si corre in un periodo diverso e questo ve lo abbiamo già anticipato.

Ora analizziamo le possibili situazioni che vedremo domenica in gara, con l’aiuto di uno che, nel fango del Nord, ha sempre lasciato l’impronta. Abbiamo chiesto ad Alessandro Ballan chi saranno i favoriti di questa Parigi-Roubaix, ci sono tanti corridori che si vorranno mettere in mostra: passando dal duo del ciclocross, Van Aert e Van Der Poel fino ai nostri azzurri.

Alessandro Ballan è un vero esperto di pavé, con una vittoria al Fiandre (2007) e tre terzi posti alla Roubaix (2006, 2008, 2012)
Ballan è un vero esperto di pavé, con una vittoria al Fiandre (2007) e tre terzi posti alla Roubaix (2006, 2008, 2012)

Il veneto è già al velodromo di Roubaix, oggi hanno corso le donne con la vittoria di Lizzie Deignan davanti a Marianne Vos ed Elisa Longo Borghini. Domani sarà la volta dei loro colleghi uomini a darsi battaglia sulle pietre della Roubaix. «Fa davvero freddo – incalza Alessandro – domani è prevista pioggia che continuerà tra la notte di sabato e domenica. Correre in queste condizioni diventa proibitivo, il pavé bagnato è peggio del ghiaccio. Ricordo una delle mie prime Parigi-Roubaix, pioveva molto e al primo tratto in pavé metà gruppo era già a terra.

«E’ una gara particolare – rincomincia Alessandro ripescando dai ricordi – ci vogliono gambe e tecnica ma anche tanta fortuna, io la prima volta sono caduto 6 volte. Devi sempre correre nelle prime posizioni del gruppo, se finisci dietro è difficile recuperare e tornare in gara. Se piove diventa ancora più infernale, il nervosismo cresce e gli errori sono dietro l’angolo».

Quanto conta non aver corso qui per più di due anni?

Moltissimo, c’è il rischio di disabituarsi alla corsa e di “dimenticarsi” cosa vuol dire gareggiare da queste parti. Personalmente quando sono mancato un paio di anni ho sofferto molto il rientro, però qui il discorso vale per tutti. Diciamo che chi ha già una lunga esperienza su queste strade è leggermente avvantaggiato.

Van Der Poel non l’ha mai corsa, neanche da dilettante

Lui appartiene alla categoria dei fenomeni e questo gli dà un vantaggio, poi come Van Aert viene dal ciclocross, sanno guidare la bici in situazioni complicate. L’unica pecca, che alla Roubaix lo condizionerà molto, è il suo correre in coda al gruppo, prendere i tratti di pavé nelle ultime posizioni ti lascia in balia degli eventi e non va bene.

Alla Parigi-Roubaix Van Aert e Van Der Poel potranno sfruttare la loro abilità nella guida della bici.
Alla Parigi-Roubaix Van Aert e Van Der Poel potranno sfruttare la loro abilità nella guida della bici.
Visto che lo hai nominato, Van Aert come lo vedi?

Al mondiale ha sofferto molto la pressione. La condizione ed il colpo di pedale a mio avviso ci sono, potrà fare bene. Direi che chi ha fatto il mondiale domenica ha una marcia in più, che puoi raggiungere solamente se corri queste gare, in allenamento non l’avrai mai. Per farvi capire quanto è importante correre avanti vi faccio un esempio. Nel 2019 Van Aert forò nella Foresta di Arenberg, ci mise 15 chilometri a rientrare in gruppo. Per questo dico che serve fortuna, un episodio del genere rischia di farti uscire subito di gara.

Come Hincapie nel 2012 quando arrivasti terzo dietro Boonen e Tourgot.

Esattamente, la Foresta ti inghiotte e rischi che non ti risputi più. Alla mia prima Roubaix la approcciamo a 65 all’ora davanti a me caddero 20 atleti ed anche una moto ripresa.

I nostri azzurri come li vedi?

Trentin ci sguazza in queste situazioni, quando piove e fa freddo lui va veramente forte. Non bisogna trascurare Colbrelli e Nizzolo che sono usciti bene dal mondiale. Una menzione speciale per Moscon e Ballerini: loro possono essere dei buonissimi outsider con azioni da lontano.

Trentin e Colbrelli saranno due possibili outsider, il corridore della UAE caduto al mondiale vorrà riscattarsi
Trentin e Colbrelli saranno due possibili outsider, il corridore della UAE caduto al mondiale vorrà riscattarsi
Anche se la Quick Step ha una corrazzata…

A maggior ragione Ballerini potrebbe dire la sua, magari con azioni da lontano, Stybar, Lampaert e Asgreen rischiano di rimanere intrappolati in troppi tatticismi. Lefevere avrà il suo bel da fare per decidere la tattica di gara anche se tutte le squadre portano almeno due “punte”.

Per via delle numerose incognite?

Se una squadra vuole vincere deve avere un “piano b”, non ti puoi affidare ad un solo corridore.

Esempio la Bora: Politt e Sagan, il tedesco nel 2019 ha fatto secondo.

Politt è il corridore con il fisico più adatto a questa corsa, ha sempre fatto bene sulle pietre della Parigi-Roubaix. Probabilmente lui lo useranno per provare a smuovere la situazione già da lontano, mentre Peter Sagan, che non va mai sottovalutato, cercherà di arrivare nel gruppetto finale.

Invece l’ultimo vincitore, Gilbert, ha delle possibilità?

La sua presenza la vedo più come il canto del cigno, non ha corso il mondiale e questo influisce sulla condizione. E’ venuto per indossare il numero uno e perché la sua presenza sarà utile alla squadra.

Jonathan Milan, prima apparizione alla Parigi-Roubaix per il ventunenne della Bahrain-Victorious
Jonathan Milan, prima apparizione alla Parigi-Roubaix per il ventunenne della Bahrain-Victorious
L’Italia conta anche su Jonathan Milan, anche lui ha il fisico da Roubaix.

Jonathan fisicamente mi ricorda Boonen, sono molto simili sia in altezza che peso (Milan è più alto di 2 centimetri rispetto a Boonen, il peso differisce di un chilo a favore del friulano, ndr). Un consiglio che gli darei, ripensando alle mie prime Parigi-Roubaix, è quello di provare a centrare una fuga. Magari di una decina di atleti, potrebbe arrivare alla fine.

Come Dillier nel 2018 che fu ripreso a pochi chilometri dal velodromo ed arrivò secondo dietro Sagan.

Questa situazione è successa numerose volte, in fuga si va regolari e si corrono meno rischi, poi il gruppo pian piano si assottiglia ed aumentano le possibilità di arrivare in fondo.