Il Lombardia 2025, Simone Petilli

Petilli dice addio: «Un viaggio incredibile che auguro a tutti»

18.10.2025
5 min
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COMO – Il Lombardia, come tutto il mese di ottobre in generale, ha visto la conclusione di tante carriere. Storie diverse legate insieme dalla passione verso il ciclismo, uno sport che ha donato tanto a ognuno di loro. A Como, al via dell’ultima Classica della stagione, il saluto del gruppo e del pubblico ha abbracciato diversi protagonisti che negli anni si sono messi alla prova sulle strade di tutto il mondo. Tra di loro c’è anche Simone Petilli

Per lui il Lombardia è stata una corsa speciale, l’ultima come per tanti altri, ma per un ragazzo che è nato sulla sponda lecchese del lago la Classica delle Foglie Morte acquista un significato differente. Profondo. 

L’abbraccio di parenti e amici

Il pullman dell’Intermarché-Wanty è nascosto dietro gli altri, in una vietta chiusa dove il pubblico fatica ad arrivare. A qualche metro da loro ci sono i mezzi del UAE Team Emirates e la folla attende che Tadej Pogacar e il suo ciuffo scendano quei pochi gradini. Così davanti al pullman della formazione belga ci sono pochi appassionati, ma tutti aspettano l’arrivo di Simone Petilli. Il lombardo nel frattempo è al foglio firma a salutare parenti e amici. 

«Insomma – ci racconta appena tornato – è l’ultima corsa della mia carriera. Fa uno strano effetto dirlo, però sono contento di terminare questo viaggio lungo dieci anni sulle strade di casa. Probabilmente me ne renderò conto con il passare dei giorni, però sono contento e soprattutto fiero di concludere la mia carriera dove tutto è nato».

Il Lombardia 2025, Simone Petilli
Ecco Petilli al foglio firma del Lombardia, pronto per le foto di rito alla sua ultima corsa in carriera
Il Lombardia 2025, Simone Petilli
Ecco Petilli al foglio firma del Lombardia, pronto per le foto di rito alla sua ultima corsa in carriera
Che viaggio è stato?

Bello, non mi sono quasi reso conto di quello che ho fatto in questi dieci anni da professionista, però ne sono più che orgoglioso. Auguro tutto ciò a qualsiasi ragazzo che inizi a correre in bici, auguro anche di vincere tante corse. Ho avuto la fortuna di conoscere tanti campioni in carriera e ognuno di loro mi ha dato qualcosa. 

Chi è quello che ti ha colpito maggiormente?

Tadej (Pogacar, ndr) avendo vinto insieme a lui la sua prima corsa alla Volta Ao Algarve nel 2019. Inoltre in questi anni siamo sempre rimasti in ottimi rapporti. Ma ce ne sono tantissimi altri, come Rui Costa, Diego Ulissi, Fabio Aru. 

Il Lombardia 2025, Simone Petilli
Petilli è stato uno dei due corridori dell’Intermarché a concludere il Lombardia, terminato all’87° posto
Il Lombardia 2025, Simone Petilli
Petilli è stato uno dei due corridori dell’Intermarché a concludere il Lombardia, terminato all’87° posto
Un aggettivo per ognuno di loro?

Dei campioni veri, direi: incredibili. 

E per Simone che viaggio è stato? 

Forse avrei augurato a me stesso sicuramente qualche risultato in più e qualcosa di meglio. Però se potessi tornare indietro non cambierei nulla perché grazie a questi dieci anni sono diventato quello che vedete oggi. Mi sono formato, ho accumulato tantissima esperienza e sono felice di questo

Vuelta Espana 2025, Simone Petilli, Fabio Aru
Vuelta 2025, Simone Petilli insieme a Fabio Aru, i due hanno corso insieme al UAE Team Emirates nel 2018 e nel 2019
Vuelta Espana 2025, Simone Petilli, Fabio Aru
Vuelta 2025, Simone Petilli insieme a Fabio Aru, i due hanno corso insieme al UAE Team Emirates nel 2018 e nel 2019
Cosa ti hanno donato questi dieci anni?

Tantissime persone, amici, campioni e soprattutto a non mollare mai. Non c’è un momento particolare, ho tantissimi ricordi piacevoli. Il ciclismo in questi anni è cambiato tanto, sono tutti più professionali e il livello medio si è alzato parecchio. D’altro canto devo ammettere che lo spettacolo che viene offerto agli spettatori sulle strade e a casa è aumentato parecchio. Ogni corridore merita dei sinceri complimenti, siamo tutti parte di questo progresso. 

Hai già pensato al post carriera?

Vorrei rimanere nell’ambiente. Ho studiato Scienze motorie e Scienze tecniche dello sport all’università, quindi mi vedrei bene in un ruolo di preparatore o coach. 

Volta ao Algarve 2019, Pogacar vince la sua prima corsa da pro’, l’abbraccio con Petilli è l’inizio della storia
Volta ao Algarve 2019, Pogacar vince la sua prima corsa da pro’, l’abbraccio con Petilli è l’inizio della storia
Qual è anche un po’ la filosofia che ti piacerebbe seguire?

Vorrei unire le mie esperienze da corridore a quello che ho studiato sui libri. Insomma, mettere insieme teoria e pratica, aspetto che nel ciclismo di oggi è fondamentale e che non tutti hanno. 

Com’è stato correre e studiare insieme?

Ho capito cosa c’è dietro un allenamento, una performance e questo mi ha dato una mano nel corso degli anni. Pedalare e studiare mi ha permesso di capire e di riuscire a distrarmi nei momenti in cui ero maggiormente sotto pressione. Capire quello che stavo facendo mi ha permesso di avere una prospettiva differente. 

Simone Petilli è stato un riferimento per i giovani italiani della Intermarché-Wanty, qui insieme a Francesco Busatto (foto cycling media agency)
Simone Petilli è stato un riferimento per i giovani italiani della Intermarché-Wanty, qui insieme a Francesco Busatto (foto cycling media agency)
Quando hai annunciato il ritiro tanti tuoi compagni, soprattutto i giovani come Gualdi, Busatto e altri hanno avuto parole di stima per te, che rapporto hai creato con loro?

Bellissimo. Ho sempre tenuto a trasmettere la mia esperienza ai più giovani, quindi sono fiero di quello che ho fatto e mi è piaciuto il ruolo che ho ricoperto in questi anni. E voglio continuare a trasmettere ai questa conoscenza, magari in un’altra veste. 

La corsa che ti porti nel cuore?

Giro d’Italia, Lombardia e Strade Bianche.

A Rouen la numero 100, ma chi ricorda la prima? Petilli racconta

08.07.2025
6 min
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Rouen finisce di colpo tutta in basso quando Tadej Pogacar accelera sulla Rampe Saint-Hilaire. Vingegaard lo tiene, poi si siede e lo perde. E a quel punto o l’altro molla o il danese ha una botta d’orgoglio e gli torna sotto allo scollinamento. E’ l’antipasto per la centesima vittoria da professionista del campione del mondo.

C’è Almeida a scortarlo e li rintuzza tutti. L’ultimo è Jorgenson, ma il portoghese che per mezza tappa non l’hanno mai visto, è efficiente come un cecchino. Li mira e li prende tutti e a quel punto per Tadej non resta che la volata, in cui Van der Poel si scopre a corto di energie, mentre tutti pensavano che l’avrebbe vinta facilmente. Primo Pogacar, secondo Mathieu, terzo Vingegaard. Oggi quota cento non parla di pensioni, ma di un traguardo a suo modo storico.

«Ero al limite – dice il campione del mondo – ho provato con un allungo sull’ultima salita e Jonas mi ha seguito. Poi alla fine ci siamo ricompattati. Mi hanno attaccato, c’è voluto un lavoro straordinario per controllare tutti, quindi sono super felice e orgoglioso della squadra. Sono senza parole, è stata una vittoria così bella. Vincere al Tour è incredibile, con questa maglia ancora di più. E avere messo insieme 100 vittorie è pazzesco. Questo è il tipo di ciclismo che mi piace, semplicemente perfetto. Con tanti corridori forti in finale, sei sempre un po’ al limite e nervoso per quello che succederà. Non si sa mai come finirà, per cui hai addosso un’adrenalina incredibile. Perciò ora mi godrò la vittoria in maglia iridata e poi penseremo alla crono di domani, in cui ovviamente puntiamo alla maglia gialla».

Algarve 2019, la prima volta

Si potrebbe raccontare di Van der Poel piegato dalla fatica. Di Vingegaard pimpante che adesso sa fare anche gli sprint. Oppure di Milan che ha mantenuto la maglia verde. Invece riavvolgiamo il nastro e torniamo alla vittoria numero uno, sei anni fa, con chi c’era. Sarà un approccio insolito, ma quando Simone Petilli scortò Pogacar alla prima vittoria nel 2019 si aspettava che nel giro di sei anni Tadej sarebbe arrivato a quota cento?

Lui sorride. Sta recuperando dopo il Giro e le corse subito successive. Dovrebbe rientrare per San Sebastian e poi la Vuelta, ma essendo riserva per Polonia e Giro di Vallonia, la sensazione è che una delle due gli toccherà.

Volta ao Algarve 2019, ultima tappa a Malhao. Pogacar vince, l’abbraccio con Petilli è l’inizio della storia
Volta ao Algarve 2019, ultima tappa a Malhao. Pogacar vince, l’abbraccio con Petilli è l’inizio della storia

UAE, il capitano è Fabio Aru

Il 21 febbraio del 2019 è di giovedì, la Volta Algarve vive la seconda tappa e la UAE Emirates ha Fabio Aru come capitano. Pogacar, 21 anni, è stato chiamato in extremis per sostituire un corridore malato.

«Si vedeva subito che Tadej avesse una marcia in più rispetto a tutti gli altri – ricorda Petilli – ma già più di un anno prima, quando l’avevo conosciuto, avevo visto che gli veniva tutto con una facilità incredibile. Ricordo benissimo quell’Algarve, lui venne davvero in extremis perché era andato bene in Australia. Si vedeva che aveva una gran gamba, ma il capitano quel giorno era Aru. Tadej era lì senza stress e ricordo bene quell’arrivo. Io avevo tenuto duro, mi ero staccato all’ultimo chilometro. Lui era rimasto davanti coi primi 3-4. Se non sbaglio c’erano Poels e Mas, dei bei corridori. Ricordo che siamo arrivati in cima e c’era un gran casino tra i massaggiatori per cui mi dissero di andare giù, perché il pullman era in basso. Chiesi di Tadej, ma nessuno mi rispondeva».

Sei anni dopo, Pogacar attacca sulla Rampe Saint-Hilaire. Nel mirino la vittoria numero 100
Sei anni dopo, Pogacar attacca sulla Rampe Saint-Hilaire. Nel mirino la vittoria numero 100

I consigli di Aru

Petilli arriva al bus e sale sui rulli. La tappa aveva l’arrivo in salita agli 887 metri dell’Alto da Foia, scalata di circa 12 chilometri. Intorno c’è l’andirivieni del dopo corsa. Altri corridori arrivano alla spicciolata, finché Petilli vede passare uno dei due direttori sportivi e lo chiama.

«Era Bruno Vicino – ricorda – la UAE Emirates era ancora come la Lampre, c’era ancora tanta gente di quel gruppo. E così gli chiedo che cosa avesse fatto Tadej, che avevo lasciato con i primi 3-4 e non lo avevo più visto. E lui mi dice che ha vinto. Fu anche per me una sorpresa, però sapevo che era davanti e da quel giorno in poi ci mettemmo a difendere la maglia sino in fondo e il resto è storia (la seconda vittoria infatti arriverà a breve e sarà la classifica generale della corsa portoghese, ndr). Quel giorno Aru non andò troppo bene, ma per il resto della corsa fu utilissimo, perché aiutò Pogacar a gestire la pressione della maglia gialla. Con Fabio quel giorno rimase Valerio Conti, io invece ebbi una giornata di libertà e arrivai settimo».

Il giorno dopo, la crono

Il giorno dopo, come pure domani al Tour, l’Algarve affronterà i 20,3 chilometri della cronometro di Lagoa. In squadra non si sa se Pogacar sia abbastanza solido da difendere la maglia, per cui l’invito di tutti è alla grande cautela.

«Dicevano che dovevamo cercare di difenderci – ricorda Petilli – in realtà Tadej ha guadagnato su tutti gli altri (arrivò quinto ad appena 17″ da Kung, ndr), poi le sue caratteristiche sono venute fuori».

Sono passati sei anni, ma ci è sembrato interessante ripescare questa storia di 100 vittorie fa. Domani il Tour de France affronterà la cronometro di Caen di 33 chilometri e molto probabilmente Tadej Pogacar ritroverà la maglia gialla. Oggi ha vinto con quella iridata e per quanto sia parso irritante, aver lasciato a Wellens quella a pois rispondeva alla voglia di raggiungere quota 100 con il simbolo dell’iride. Domani il Tour chiederà ai campioni di mettere sul tavolo le loro carte migliori. Evenepoel dovrà far vedere a che punto si trovi davvero, ma sarà soprattutto dal duello fra Pogacar e Vingegaard che capiremo molto di più sul resto della sfida.

Caro Petilli: cosa ci racconti di questa Intermarché-Wanty?

15.01.2025
6 min
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In questo mese di gennaio i pedali girano in tutto il mondo, tra chi correrà al Santos Tour Down Under e chi, invece, vola in Spagna per preparare le corse europee di fine mese. Il gruppo così si divide tra chi già attacca il numero sulla schiena e chi deve ancora attendere un paio di settimane. La voglia di ciclismo però è alta, si respira e riempie i polmoni degli appassionati e dei corridori. Ognuno ha le sue motivazioni, c’è chi vuole riscattare un anno opaco, altri invece vogliono ripetere le imprese della passata stagione, ci sono anche i giovani, desiderosi di ritagliarsi un posto in questo mondo. E poi c’è Simone Petilli, che è arrivato al sesto anno con la maglia della Intermarché-Wanty, diventandone un faro per i giovani e una spalla sulla quale contare. 

«Noi che non correremo in Australia – dice allegro – partiremo per la Spagna a breve. I giorni tra i due ritiri (quello di dicembre e il prossimo, ndr) sono andati bene. Quest’anno ho rincominciato un pochino più tardi a causa di un intervento al piede che dovevo per forza fare. Per questo ho spostato in avanti la pausa di fine stagione e il conseguente inizio di preparazione. Nel 2025 sarò uno dei più vecchi in squadra, non anagraficamente ma faccio parte di uno zoccolo duro che è qui dal 2021 (primo anno in cui la formazione belga è diventata WorldTour, ndr)».

Simone Petilli è alle porte del sesto anno in maglia Intermarché-Wanty (foto cycling media agency)
Simone Petilli è alle porte del sesto anno in maglia Intermarché-Wanty (foto cycling media agency)

Crescita importante

Dal 2021 la Intermarché-Wanty è cresciuta molto, arrivando a conquistare grandi vittorie e tanti successi in gare di spessore. 

«Se pensiamo al cammino del team – continua Petilli – fa abbastanza impressione, in poco tempo siamo arrivati a vincere corse di grande calibro. Nel 2022 abbiamo vinto la Gent-Wevelgem con Girmay, e sempre con lui quest’anno abbiamo colto tre successi di tappa al Tour de France (e la maglia verde, ndr). E’ chiaro che dopo una stagione come quella passata sia doveroso cercare di ripetersi, ma nel ciclismo non c’è nulla di scontato. Ogni stagione il livello si alza e tutto diventa più difficile. L’ultimo obiettivo, per questo 2025, sarà mantenere la licenza WorldTour. Per farlo servirà non finire negli ultimi posti della classifica del triennio».

La sua ultima gara del 2024 è stata la Veneto Classic, il 20 ottobre
La sua ultima gara del 2024 è stata la Veneto Classic, il 20 ottobre
Siete comunque ben posizionati…

Mantenere la licenza era un obiettivo che avevamo fin dal primo anno in cui il triennio è ripartito, dal 2023. Abbiamo fatto due stagioni solide e quindi ora siamo abbastanza sereni. Sarà però importante partire bene e raccogliere il massimo fin dal Tour Down Under per toglierci il pensiero. 

Come hai visto i compagni che ora sono in Australia?

Bene, penso sia una corsa particolarmente adatta ad alcuni di loro. Uno tra i tanti che mi viene in mente è Busatto. Lo conosco da anni, fin da quando era nel devo team nel 2022. Siamo stati spesso compagni di stanza nei vari ritiri. Avevo il compito di insegnargli qualcosa, ma mi è parso fin da subito un ragazzo con una bella testa. 

Secondo Petilli uno dei giovani sul quale l’Intermarché può fare affidamento è Francesco Busatto (foto cycling media agency)
Secondo Petilli uno dei giovani sul quale l’Intermarché può fare affidamento è Francesco Busatto (foto cycling media agency)
Un altro italiano chiamato a fare bene dopo due stagioni un po’ complicate è Rota…

Lui è uno di quelli che è qui dal primo anno che siamo nel WorldTour e penso sia uno dei corridori più forti che abbiamo in rosa. Magari in tanti non se ne accorgono, ma lui è uno di quelli sempre presenti negli ordini d’arrivo. Manca davvero poco affinché arrivi il grande risultato e spero per lui che prima o poi gli capiti la giusta occasione. 

Per te il 2024 che anno è stato?

Uno dei peggiori, non sono contento delle prestazioni fatte. Ho avuto parecchi alti e bassi senza essere mai a un livello ottimo. Il mio ruolo è di dare supporto alla squadra, fare il regista in corsa

Petilli riconosce il valore di Rota, e spera che nella prossima stagione possa trovare l’occasione per affermarsi
Petilli riconosce il valore di Rota, e spera che nella prossima stagione possa trovare l’occasione per affermarsi
Qual è stata la parte più amara della scorsa stagione?

In alcune corse, in particolare in quelle dove avrei potuto fare qualcosa a livello personale. Non sono mai riuscito arrivare pronto al 100 per cento. Era andato tutto liscio fino ad aprile, poi una caduta mi ha messo fuorigioco e ho dovuto saltare il Giro. Da lì mi sono trovato a rincorrere la condizione. Sono andato alla Vuelta, ma non ero al massimo delle mie possibilità. 

Nel 2025 che obiettivi hai?

Mi piacerebbe tornare al Giro e fare buona parte del calendario italiano. In primavera dovrei fare il Trofeo Laigueglia e la Strade Bianche. Mentre a fine stagione dovrei chiudere con le solite corse che ci sono a settembre e ottobre da noi. Da un lato spero di fare due grandi corse a tappe: Giro e Vuelta.

La crescita dell’Intermarché negli ultimi anni è stata costante, nel 2024 è arrivata la maglia verde al Tour con Girmay
La crescita dell’Intermarché negli ultimi anni è stata costante, nel 2024 è arrivata la maglia verde al Tour con Girmay
Non avete una squadra di scalatori, quindi nelle corse a tappe avete più libertà…

In particolare in quelle di tre settimane. Anche se, quando c’è Girmay, la squadra è costruita intorno a lui. Però sì, non curando la classifica generale siamo sempre abbastanza liberi. Alla fine si è visto che fare classifica è un rischio. Da un lato correre contro Pogacar e Vingegaard non è facile. In più basta un inconveniente per veder sfumare tutto il lavoro fatto. Lo abbiamo visto con Meintjes al Tour dello scorso anno e alla Vuelta del 2021. In entrambi i casi una caduta lo ha costretto al ritiro quando era nella top 10. 

Forse cambia qualcosa nelle corse di una settimana?

In realtà no. Ormai il livello è così alto che ci si gioca ogni secondo, anche quelli dei traguardi volanti. Meglio andare per le singole tappe oppure per corse di un giorno. Poi ci sono corridori come Girmay, i quali si sostengono sempre, perché possono vincere ovunque. 

Petilli vorrebbe tornare al Giro, l’ultima volta che lo corse per intero era il 2021 (foto cycling media agency)
Petilli vorrebbe tornare al Giro, l’ultima volta che lo corse per intero era il 2021 (foto cycling media agency)
Quando scoprirai i tuoi impegni?

Nel prossimo ritiro, tra pochi giorni. A dicembre avevamo accennato qualcosa. Vorrei riscattare la stagione, soprattutto nelle gare in cui posso avere maggiore libertà.

Non resta che augurarti buona fortuna, aspettando di incontrarci sulle strade…

Grazie, a presto!

Esclusivo / I nuovi Keo Blade, più grandi, resistenti e rivoluzionati

24.01.2024
6 min
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La prima versione del Look Keo Blade nasce nel 2011. E’ stato il pedale che, grazie alla lama di tensionamento in carbonio, ha cambiato il DNA della categoria. Il nuovo Blade non cambia il concetto che lo ha reso celebre, ma tutto quello che sta intorno sì.

Entriamo nel dettaglio del nuovissimo pedale di casa Look, snocciolando i dettagli e la tecnica del prodotto, ma anche le prestazioni. Lo abbiamo provato in anteprima.

Nuovo Look Blade, forma diversa e appoggio maggiorato
Nuovo Look Blade, forma diversa e appoggio maggiorato

Blade Carbon, inizia tutto qui

Una delle caratteristiche tecniche principali è l’aumento della superficie di appoggio, che nel nuovo Blade Carbon si amplia a 705 millimetri quadrati (in precedenza era 700). Il corpo del pedale è in carbonio. La tacchetta appoggia completamente sull’area superiore del pedale, con dei vantaggi tangibili sulla ripartizione delle masse durante le fasi di spinta e trazione. Le tacchette Look Keo non sono cambiate.

Aerodinamico. Lo si nota fin dal primo sguardo, per via del suo profilo laterale ridotto, così come tutta la sezione anteriore. Non solo per via della lama in carbonio, il nuovo Keo è completamente “calottato” nella parte interna, soluzione che contribuisce ad aumentare l’efficienza aerodinamica, ma anche la rigidità. Le lame in fibra sono sostituibili in modo semplice in fase di manutenzione. Noi l’abbiamo fatto e l’operazione richiede solo qualche minuto. Le lame disponibili sono 4, con altrettante tensioni: 8, 12, 16 e 20 Nm. Le “vecchie” lame Blade sono perfettamente compatibili.

Le versioni sono tre

Le prime due hanno i cuscinetti ceramici, sono il Keo Blade Ceramic Ti (con asse in titanio e ad un prezzo di listino di 310 euro) ed il Ceramic (quello provato da noi, con un listino di 210 euro) con asse in acciaio chromo. Rispetto alla precedente versione è stato cambiato il grasso che è contenuto nei cuscinetti, oggi più longevo del 18% e in grado di offrire una maggiore stabilità del comparto. Il primo ha la lama in carbonio con tensione 16, mentre il secondo porta in dote la 12 (noi abbiamo montato una “vecchia” 20). Il terzo modello è il Look Keo Blade (145 di listino) con asse e cuscinetti in acciaio.

Il design non cambia per nessuno di loro, così come il fattore Q di 53 millimetri e un’altezza tra asse e suola che è di 14,8 millimetri.

Petilli al Tour Down Under 2024 con i nuovi materiali
Petilli al Tour Down Under 2024 con i nuovi materiali

I feedback di Simone Petilli

Simone Petilli, corridore della Intermarché-Circus-Wanty, ha iniziato a usare i nuovi pedali alla vigilia della trasferta australiana del Tour Down Under.

«Colpisce subito e in positivo – spiega – l’ampiezza della superficie di appoggio, sicuramente utile ad una migliore espressione della potenza. La percezione di sfruttare una maggiore forza impressa sui pedali è assolutamente reale. Al pari della versione precedente, lasciano la pedalata libera e rotonda. Ho trovato anche una maggiore stabilità della tacchetta che è tutta all’interno del pedale, nonostante io utilizzi la grigia che, rispetto alla nera, offre più agio e libertà laterale».

Sviluppati con modelli CFD

Per contestualizzare ancor di più tutto quello che si cela dietro i nuovi Look, abbiamo interpellato Alexandre Lavaud, Product Manager dell’azienda francese per la categoria dei pedali.

«Il progetto dei nuovi Blade è partito tre anni fa – spiega – con l’obiettivo di incrementare la longevità, la robustezza e tutto quello che tocca la resa tecnica dei pedali. Il nuovo Blade non è solo un pedale diverso – prosegue – ma è un prodotto che ci ha obbligato a cambiare diverse procedure di sviluppo che a cascata coinvolgeranno l’intera gamma dei pedali. In questo rientra anche il modello CFD creato appositamente per i pedali, riferito alla valutazione aerodinamica e da impiegare nella galleria del vento. Questa ricerca ci ha permesso di ridurre l’impatto frontale con effetti positivi del drag e senza sacrificare la resistenza complessiva, che è addirittura aumentata del 200% rispetto alla versione precedente».

Le nostre impressioni

Più rigido, più forte in fase di aggancio e di tenuta della tacchetta, soprattutto nella sezione posteriore (a parità di tensione della molla). Sempre in questo punto trattiene in modo impeccabile la tacchetta che non accenna al minimo basculamento.

Se è complicato quantificare l’efficienza aerodinamica di un pedale, è facile sottolineare quanto il nuovo Look Blade faccia sentire il sostegno nella fasi di rilancio e quando ci si alza in piedi. Supporta ed invita a caricare il peso, inoltre non strozza l’angolo e l’apertura del gesto naturale (e soggettivo) della caviglia (al di la del posizionamento della tacchetta).

Rispetto alla precedente versione non abbiamo sentito la necessità di modificare l’altezza sella, un fattore non banale che aiuta a mutuare un feeling importantissimo ai fini della qualità prestazionale.

Petilli diventa “professore di ciclismo” e sull’addio di Piva…

26.11.2023
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Simone Petilli (foto Instagram in apertura) prepara il 2024, forte del carico di corse fatto nel finale di stagione. Un altro anno, il quarto, da correre insieme con la Intermarché-Circus-Wanty, orfana di Valerio Piva. Non è però l’unica novità per il lombardo, perché da qualche giorno ha annunciato che diventerà “professore di ciclismo” un progetto parallelo che ha portato avanti nel corso degli anni. 

«Non l’ho mai raccontato a nessuno – racconta Petilli – ma in questi anni ho portato avanti il mio percorso di studi. Lo avevo interrotto al termine della maturità, quando ancora ero dilettante. Ho voluto concentrarmi sul ciclismo al 100 per cento per passare professionista e così è stato. Poi dopo 3 o 4 anni da corridore mi è venuta voglia di riprendere, è vero che un ciclista tra allenamenti e trasferte è spesso impegnato, ma poi nel pomeriggio si ha del tempo libero».

La Intermarché nel 2024 avrà una grande matrice italiana con ben quattro corridori, da sx: Busatto, Rota, Colleoni e Petilli
Oltre a Petilli la Intermarché nel 2024 avrà altri tre corridori italiani, da sx: Busatto, Rota e Colleoni

Due lauree

Il tempo libero Petilli lo ha impegnato rimettendosi sui libri e conseguendo prima la laurea triennale in Scienze Motorie, e poi la magistrale in Scienza e Tecnica dello Sport. Un percorso che lo ha portato ad aprire il suo studio. 

«Avevo tanti interessi – prosegue – però poi mi sono detto: “Perché non studiare quello che faccio?” La passione è nata dal voler capire e migliorare i miei allenamenti, poi con l’Università ho sviluppato la parte teorica. Questo soprattutto grazie a materie come Metodologia dell’allenamento e Endocrinologia. Vedevo e capivo perché succedessero determinate cose ed ora conosco i sistemi del nostro fisico e come reagisce il corpo a certi stimoli.

«Per prima cosa l’ho visto su di me – dice ancora Petilli – vi faccio un esempio: ho sempre pensato che più si fa e meglio è per crescere e diventare più forti. Capitava tante volte di fare allenamenti intensi dove tornavo a casa distrutto. Studiando, invece, ho capito la periodizzazione, ovvero che se certi giorni hai meno da fare e stai bene, devi comunque fermarti e rispettare il piano di allenamento. Così da avere più benzina quando conta. Il mio motore è sempre stato quello che è, però ho sempre puntato a diventare costante durante tutta la stagione. Ed è una cosa che mi ha aiutato a rimanere in questo mondo. Per la squadra questa mia caratteristica è utile e lo si nota in tante occasioni».

La voglia di studiare per Petilli è nata dalla curiosità verso i suoi allenamenti (foto Instagram)
La voglia di studiare per Petilli è nata dalla curiosità verso i suoi allenamenti (foto Instagram)

Trasmettere ai giovani

Petilli ha poi deciso di intraprendere questa nuova strada, spostandosi dall’apprendimento e diventando “professore”. 

«Ho deciso di provare a intraprendere la strada del preparatore – racconta – e lo farò con un piccolo gruppo di atleti. Per il momento inizio con poche persone, cinque o sei, anche perché la carriera va avanti e spero vada avanti ancora molto. Però mi piacerebbe passare la mia esperienza ai giovani per aiutarli a imparare prima. Ho voluto unire la teoria di quanto appreso nel percorso di studi alla mia esperienza da professionista. Non voglio lavorare solamente con i giovani, ma anche con atleti di diverse discipline come mountain bike e triathlon. Guardare ad altri sport permette di apprendere nuovi metodi, l’ho visto a Sierra Nevada dove durante il ritiro ho avuto modo di parlare con triatleti di primo livello e confrontarmi con loro».

Giro d’Italia, Campo Imperatore, Petilli terzo al traguardo, quel giorno in ammiraglia c’era Valerio Piva, un valore aggiunto
Giro d’Italia, Campo Imperatore, Petilli terzo al traguardo, quel giorno in ammiraglia c’era Valerio Piva, un valore aggiunto

Novità in casa Intermarché

Abbiamo già avuto modo, insieme a Lorenzo Rota, di parlare dell’addio di Valerio Piva dal team belga. Ma anche lo stesso Petilli ha condiviso tanti anni insieme al diesse ora alla Jayco. 

«Il 2024 – analizza Petilli – vedrà praticamente lo stesso blocco di corridori, se ne è andato solamente Rui Costa, con il quale avevo un grande rapporto. I cambiamenti più importanti, però, sono avvenuti al livello di staff, soprattutto per noi italiani. Avere al nostro fianco Piva era una bella cosa, spesso ci ha aiutati e molte volte ha avuto un occhio di riguardo per noi. In squadra si è sempre parlato inglese, ma nelle fasi cruciali della gara con noi in strada e lui in ammiraglia si parlava italiano. In certi momenti non si pensa troppo. In squadra rimarrà tanta Italia, a partire dallo sponsor Vini Zabù. Poi tante persone all’interno dello staff parlano italiano, però cambia qualcosa in termini mentalità. Piva inoltre ha un suo modo di fare molto arrembante e spigliato, tante volte ha fatto da tramite tra noi italiani e il team combattendo battaglie in nostro favore.

«Valerio – conclude – era anche in ammiraglia a tutti i miei Giri d’Italia e anche nella Vuelta del 2021 quando per sei tappe abbiamo tenuto la maglia rossa con Eiking. E’ stato presente in tanti successi della squadra».

Con BrytonSwitch arriva una promo super!

07.09.2023
3 min
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Si chiama BrytonSwitch ed è l’imperdibile promo lanciata lo scorso 31 agosto da Ciclo Promo Components, la commerciale veneta che distribuisce in Italia il marchio Bryton. Stiamo parlando di un brand sinonimo di ciclocomputer di altissima affidabilità, compagni in corsa e in allenamento fra gli altri anche degli atleti della Intermarché-Circus-Wanty, la formazione belga nella quale militano i nostri Niccolò Bonifazio, Simone Petilli e Lorenzo Rota.

La promozione lanciata da Ciclo Promo Components si chiama “BrytonSwitch”
La promozione lanciata da Ciclo Promo Components si chiama “BrytonSwitch”

Al via la rottamazione

Come anticipato, la promo BrytonSwitch è iniziata lo scorso 31 agosto e terminerà il prossimo 31 dicembre. In questo periodo sarà possibile “rottamare” il proprio ciclocomputer e ottenere uno sconto fino a 120 euro sull’acquisto di un Bryton Rider S500 oppure di un Rider S800 nella versione preferita, con o senza sensori inclusi.

Il top di Bryton

Quando si parla di Rider S500 e di Rider S800 ci troviamo davanti a due prodotti estremamente affidabili, non a caso scelti dagli atleti della Intermarché-Cyrcus-Wanty, formazione impegnata in questi giorni a La Vuelta.

Il Rider S500 nasce con un hardware dal design efficiente ed elegante, con uno schermo nitido da 2,4″, 4 semplici pulsanti e attacco USB tipo-C. Presenta diverse funzionalità avanzate come Live Tracking, Climb Challange, sensore di luminosità ambientale e registrazioni senza interruzioni.

Il miglioramento del software segna un deciso passo in avanti nella velocità dei processi e delle elaborazioni, con un’interfaccia utente migliorata e più rapida. Connessione a 5 satelliti e opzioni del menù Stato rapido personalizzabili, aggiornando inoltre le funzioni di percorso e allenamento.

Il Rider S800 è il modello top di gamma di Bryton, progettato utilizzando materiali leggeri e di prima qualità accuratamente selezionati. E’ dotato di un ampio display touchscreen a colori ad alto contrasto da 3.4″ ottimizzato per l’utilizzo all’aperto e di una batteria senza precedenti con un’incredibile durata fino a 36 ore. Tecnologicamente all’avanguardia, il Rider S800 è dotato di funzionalità avanzate incluse Live Tracking, Climb Challange, Ricerca Vocale, sensore di luminosità ambientale e molto altro.

Come detto, la promo BrytonSwitch terminerà il prossimo 31 dicembre ed è possibile usufruirne recandosi in tutti i negozi aderenti all’iniziativa.

CicloPromo

Capito l’errore del Gran Sasso, Petilli riaccende la sfida

16.05.2023
4 min
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Il riposo trascorre fra Modena e Reggio Emilia, in un giorno senza pioggia. Petilli finisce i massaggi alle 16,40, il pomeriggio è ancora lungo e c’è tutto il tempo per fare due chiacchiere. Il ricordo della resa sul Gran Sasso fa ancora male, ma i chilometri hanno iniziato a lenirlo e presto sarà il momento di riprovarci. Intanto però, quando ci ripensa, il lecchese si mangia le mani per non essersela giocata al meglio. Ha dato più di una volta la sensazione di poter staccare Bais e Vacek, invece alla fine ha dovuto inchinarsi ad entrambi. Terzo a 16 secondi, tutti accumulati in quegli ultimi 300 metri.

La fuga dei tre verso Campo Imperatore partita ai meno 211. All’inizio c’era anche Mulubrhan
La fuga dei tre verso Campo Imperatore partita ai meno 211. All’inizio c’era anche Mulubrhan
Hai recuperato?

Mi sto riprendendo. Se comunque sono arrivato a quel punto, ho l’obbligo di crederci ancora. Fino ai meno 5, più o meno, ero sicuro di vincere, forse anche troppo. L’errore più grosso che ho fatto è stato quello di essere troppo sicuro di me stesso.

Perché?

Ho voluto la fuga dal mattino, perché le possibilità di vincere contro i migliori erano davvero poche. D’altra parte era molto difficile che la fuga arrivasse con una tappa così lunga e soprattutto perché eravamo solamente in quattro. Poi ho visto che dietro lasciavano fare e ci ho creduto. Bais e Vacek li ho visti parecchio in difficoltà all’inizio della salita finale. Solo che invece di muovermi, mi sono messo ad aspettare gli ultimi chilometri, che erano quelli più duri, per provare a fare la differenza. Li ho sottovalutati e nel finale l’ho pagata.

Hai lanciato tu la volata…

Sinceramente, quando siamo arrivati alla volata mi sentivo già sconfitto. La svolta secondo me c’è stata ai meno 5, quando è iniziato il pezzo più duro e ho provato ad attaccare. E’ stato un attacco deciso, infatti Vacek si è staccato subito, solo che mi ha sorpreso Bais, che mi è rimasto attaccato a ruota. A quel punto per provare a staccarlo ho accelerato, ma il vento contrario così forte mi ha ammazzato, mi ha spezzato le gambe. E da lì ho iniziato a soffrire…

Petilli si è sentito a lungo più forte di Vacek e di Bais, ma forse ha giocato male le sue carte
Petilli si è sentito a lungo più forte di Vacek e di Bais, ma forse ha giocato male le sue carte
Quindi il vento c’era effettivamente?

C’era davvero. Infatti vedendo com’è andata la corsa dietro, col senno di poi mi sono spiegato perché non sia riuscito a fare la differenza. Potevo gestirla un po’ meglio, non recrimino come ho corso, però potevo provare un’altra tattica, prendendomi qualche rischio in più lontano dall’arrivo. Quando a inizio salita ho visto che erano in difficoltà nel darmi i cambi, avevo quasi pensato di attaccare. Provare ad andare da solo, visto che avevamo tanto vantaggio. Invece ho avuto paura di saltare o che comunque da dietro mi avrebbero ripreso. E così, pur non essendo veloce, mi sono rassegnato allo sprint. L’idea era provare ad arrivare da solo, ma loro sono stati migliori.

Era prevedibile che il gruppo non venisse a prendervi?

Al mattino non me l’aspettavo, la tappa era facile da controllare proprio grazie al vento. Invece c’è stato un tentennamento tattico. La DSM voleva solamente tenere la maglia rosa e tra Soudal e Jumbo nessuno ha voluto prendersi la responsabilità di tirare, col rischio che magari vincessero gli altri. In tante corse ho sempre attaccato al primo arrivo in salita, perché nessuno ha la certezza di vincere e quindi non sempre una squadra si prende la responsabilità piena di fare la corsa.

Come è stato rialzarsi dalla sconfitta?

Il giorno dopo sono stato a testa bassa (sorride, ndr), perché la tappa di Fossombrone non è stata semplice e ho sofferto un po’. Però sono riuscito ad arrivare senza problemi, quindi c’è stata la cronometro che ho usato ancora per recuperare. Il giorno di riposo è stato molto utile. Si resetta come ho sempre fatto, scacciando il rammarico, visto che non ci si può fare più niente.

La crono è stata un altro momento di recupero: ora l’obiettivo di Petilli sono le grandi salite
La crono è stata un altro momento di recupero: ora l’obiettivo di Petilli sono le grandi salite
Il Giro riparte senza Evenepoel. Come vivete questo ritorno di Covid?

Sta mettendo un po’ di stress. Era passato tutto, sembrava che ormai fosse un brutto ricordo, invece ecco tante positività e tanti abbandoni. Ovviamente la prima cosa è stata riprendere tutte le precauzioni possibili, cioè igienizzarsi le mani quando si è in mezzo a tanta gente, indossare la mascherina e quelle piccole attenzioni che potrebbero aiutare. Per il resto, purtroppo non ci si può fare nulla. Questo virus è più contagioso delle vecchie influenze e così bisogna avere qualche precauzione.

Il fatto di fermare il corridore positivo dipende solo dalla valutazione del medico?

Sì, decide il dottore. Secondo me in qualsiasi ambito la salute viene prima di tutto, quindi anche se per regolamento un corridore potrebbe continuare, se il medico dice di no per la sua salute la prima cosa è fermarsi. Giri d’Italia se ne faranno sicuramente altri.

Il ritorno alla mascherina…

Purtroppo cambia anche per noi. Ad esempio fino ad ora, quando alle partenze ci chiedevano gli autografi, eravamo sempre disponibili. Adesso dovremo stare attenti anche solo a fare le foto con i tifosi.

I pro’ e le scarpe. L’esperienza di Petilli con Gaerne

01.05.2023
6 min
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«Sono stato contento quando quest’inverno la mia squadra, ha annunciato Gaerne come sponsor tecnico. Per me si è trattato di un ritorno al passato». Simone Petilli esordisce così parlando delle sue scarpe, le Gaerne G.Stl.

Il classe 1993 è di ritorno dal ritiro in altura a Sierra Nevada. «Ci ero stato due settimane prima del Giro di Sicilia e ci sono tornato subito dopo», ha detto Simone con il suo solito spirito allegro.

Gaerne è uno di quei marchi che ancora è made in Italy vero, dalla progettazione alla scelta dei materiali. La casa trevigiana fornisce le scarpe a molti pro’ e quest’anno è divenuta sponsor ufficiale di un team WorldTour la Intermarché-Wanty Gobert appunto.

E si sa che nel ciclismo attuale non basta più sostenere un team con una sponsorizzazione di facciata. No, oggi il prodotto va seguito passo dopo passo. Deve esserci un filo costante con gli atleti per accontentarli e trarre poi dei feeback per lo sviluppo di nuovi prodotti.

Le G.Stl sono la scarpa top di gamma di Gaerne. Leggerezza ma soprattutto rigidità sono le sue peculiarità, assieme alla tomaia “monoscocca”, cioè un pezzo unico, in microfibra microforata. In particolare la rigidità è dovuta principalmente alla Gaerne Eps Lightweight Full Carbon Sole 12.0, suola ultraleggera e ultrasottile, la cui trama della in fibra in carbonio è stata ottimizzata proprio per le spinte del piede. Questo assicura che ogni watt venga trasferito ai pedali. 

Simone Petilli (classe 1993) con le sue Gaerne G.Stl. Per lui è stata realizzata una scarpa quasi del tutto su misura
Simone Petilli (classe 1993) con le sue Gaerne G.Stl. Per lui è stata realizzata una scarpa quasi del tutto su misura
Simone, come ti trovi con queste scarpe?

Molto bene. Devo essere sincero, con Gaerne correvo anche prima di arrivare in Intermarché. Le utilizzavo quando ero più giovane e già all’epoca mi ero trovato bene. Quindi sono stato contento quest’anno quando sono diventate sponsor di squadra. Partivo avvantaggiato perché in azienda già avevano la mia forma del piede. Ed io ho delle richieste un po’ particolari in quanto ho un piede strano.

Definiamo strano…

Ho un piede magro, ma abbastanza largo sul lato esterno. In Gaerne sono molto disponibili e mi hanno fatto una scarpa quasi su misura.

Quindi l’azienda è attenta alle richieste degli atleti?

Sì, siamo seguiti da vicino. Già da questo inverno, quando abbiamo fatto il primo ritiro a Charleroi, sono venuti i responsabili per incontrare ogni corridore personalmente. Hanno annotato tutte le nostre richieste. Successivamente ci hanno inviato a casa un primo paio di scarpe. Le abbiamo provate e passo dopo passo ognuno ha fatto delle richieste per arrivare alla scarpa ottimale. Magari qualcuno si è trovato bene al primo paio. Io ho dovuto farne due prima di trovare quella perfetta, ma devo dire che adesso sono davvero soddisfatto.

Quali sono stati gli step per arrivare alla tua scarpa perfetta?

Loro hanno una scarpa standard – come detto – e una scarpa “Slim fit”, cioè un po’ più stretta proprio per chi ha i piedi magri. Io avevo il 42,5 normale, ma questa taglia mi era un po’ larga. Allora ho provato la Slim fit, ma questa, una volta che serravo i Boa, era troppo stretta. Allora la soluzione è stata questa: hanno preso la forma del mio piede, l’hanno riprodotto in tutto e per tutto e alla fine mi hanno fatto una Slim taglia 43, anziché una 42,5 normale. Con le ultime modifiche per l’esterno dove il mio piede era un po’ più largo siamo arrivati alla mia scarpa perfetta.

La chiusura con i BOA Li2 è rapida e micrometrica
La chiusura con i BOA Li2 è rapida e micrometrica
Un bel processo…

In effetti sono stato seguito parecchio, dal vivo e anche in videochiamata. Questo vale per me, ma anche per gli altri chiaramente. Con i nostri feedback si arriva al dettaglio e questo è un aspetto molto importante nel ciclismo di oggi.

Qual è dunque la scarpa perfetta per Simone Petilli? 

Come ho detto, ho sempre avuto dei problemi ai piedi, ho sempre sofferto sul lato esterno e più precisamente nella parte poco dietro al mignolo. Questo su entrambi i piedi. Forse anche perché negli anni non ho mai avuto una pedalata perfetta. Il lato esterno dei miei piedi è un po’ più largo e quindi le mie scarpe devono essere sempre abbastanza curate. Per questo dico che nella mia scarpa perfetta al primo posto metto il comfort. Quando ci pedali tante ore non devi avere dolore. E il bello di questa scarpa è che oltre ad essere confortevole è anche rigida. Sento che posso spingere davvero bene.

Quindi comfort e rigidità più del peso?

Sì: comfort, rigidità e poi peso, questo è il mio ordine. Il peso influisce, chiaramente, ma è più importante che la scarpa sia rigida e confortevole. Almeno per me…

Preferisci sentire il piede fisso dentro la scarpa? Oppure che abbia un po’ di gioco?

A me non piace avere il gioco dentro, ma al tempo stesso voglio che non sia rigida intorno ai lati. Deve essere di un materiale abbastanza confortevole. E infatti uno dei motivi per cui mi trovo bene con Gaerne è che utilizzano dei materiali per la tomaia davvero morbidi. E, non sono un tecnico, ma immagino che per essere così morbidi e fascianti al tempo stesso debbano essere di grande qualità.

Petilli aveva già corso con Gaerne, per lui una delle differenza maggiori è stata nella suola, ora più confortevole e molto più rigida
Petilli aveva già corso con Gaerne, per lui una delle differenza maggiori è stata nella suola, ora più confortevole e molto più rigida
Riguardo al caldo e al freddo, adotti qualche soluzione particolare per i tuoi piedi?

Di solito soffro un po’ di più con il caldo, perché i miei piedi si gonfiano un po’. Ma torniamo al discorso di prima: se la scarpa è confortevole mi trovo sempre bene, anche col caldo. E quindi non faccio nulla di particolare. Mentre per il freddo l’unico modo è mettere qualche copriscarpe, ma in questo caso conta molto l’abitudine per me.

Caldo e freddo sono anche piuttosto legati al discorso della circolazione e di conseguenza del serraggio. A tal proposito le tue Gaerne hanno due Boa…

Le G.Stl hanno due Boa, il sistema che va per la maggiore. Io mi trovo bene perché la pressione sul piede è omogenea e la posso gestire. Inoltre una volta che serri la scarpa, non hai bisogno di regolarla poi molto. Quando capita però questi Boa sono velocissimi.

Passiamo anche all’estetica. Che colore preferisci?

Bianco – replica secco Petilli – è il migliore per me. Purtroppo si sporca facilmente, però è quello più elegante. E che in gruppo va per la maggiore a prescindere dal marchio.

Montjuic, una salita storica: la “scaliamo” con Petilli

31.03.2023
5 min
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La salita con più passaggi e arrivi della storia, il Montjuic che ne conta ben 154, seguono il Col du Tourmalet con 61 e il Col d’Èze con 51. Una statistica sicuramente viziata dalla Volta Ciclista a Catalunya nonché la quarta più antica gara a tappe (1911) per professionisti, che ogni anno si conclude sulle pendici del monte catalano.

Una salita breve (2,7 km con pendenza media 4,7%) ma che ha visto passare campioni di ogni epoca e nazione e ospitato il campionato del mondo del 1973 con Felice Gimondi campione. Una lingua d’asfalto che si arrampica alla sommità posta a 173 metri d’altezza da dove è possibile guardare le bellezze a perdita d’occhio della città di Barcellona. Scopriamo questa breve ma intensa salita insieme a Simone Petilli della Intermarché Circus Wanty che l’ha da poco affrontata alla corsa catalana. 

Simone Petilli ha affrontato la salita del Montjuic quattro volte
Simone Petilli ha affrontato la salita del Montjuic quattro volte
Simone, in quale parte del mondo sei?

Sono in altura a Sierra Nevada, sono rimasto in Spagna direttamente dopo la corsa. Rimango qua due settimane e poi vado direttamente al Giro di Sicilia, successivamente ritornerò per altre due settimane in quota per finire la preparazione sperando di essere poi selezionato per il Giro d’Italia. 

Parliamo della salita del Montjuic, quante volte l’hai affrontata?

E’ la quarta volta come le mie partecipazioni al Catalunya che tutti gli anni finisce lì. 

In che tipo di tappa è inserita?

E’ una tappa impegnativa perché, nonostante sia corta, si va forte tutto il giorno e la salita è bella per il contesto e sopratutto perché c’è sempre tantissima gente, complice anche il fatto che la corsa si chiude di domenica. 

Per farci capire meglio, la paragoneresti a qualche salita nostrana?

Da paragonare è difficile, non saprei trovare un’altra salita con queste caratteristiche. Inizia abbastanza regolare, si passa sotto l’arrivo e da lì è pedalabile. Ci sono due tornanti e poi da metà spiana e scende un po’, poi inizia la parte finale che è quella più impegnativa. Si prende con un’alta velocità perché si arriva da una leggera discesina per poi immettersi sulla rampa subito dura. E’ una salita in cui bisogna soffrire. Non si fanno alte velocità nel finale perché è impossibile viste le pendenze sopra al 10%. Appena finita saper rilanciare è fondamentale. 

Qui Gimondi sul Montjuic durante i campionati del mondo del 1973
Qui Gimondi sul Montjuic durante i campionati del mondo del 1973
Ok, analizziamola meglio. Con che rapporti l’hai affrontata?

La prima parte essendo molto pedalabile si sale con il 54 e a velocità vicine ai 30 km/h. Segue la parte intermedia dove si prende ancora più velocità e infine la rampa conclusiva che si affronta con i rapporti più agili. Le velocità oscillano tra i 10 e i 15 all’ora. Noi usiamo 54-39 e 11-34. I primi giri penso di averli fatti con il 39×34 mentre gli ultimi tenevo il 30 nella parte impegnativa. 

Quanto è lunga l’ultima parte?

Saranno 500/600 metri che si riassumono in circa due minuti di sforzo molto intenso

Si guardano i dati in quei momenti?

In quelle situazioni seguo solo le sensazioni e cerco di gestirmi al meglio. Cercavo di prenderla nella migliore posizione possibile e con la maggior velocità, poi dopo si trattava di gestire. La maggior parte la facevo fuori sella perché mi trovo meglio senza guardare né dati né cardio

Ci hai detto che una fase delicata è anche quella dello scollinamento. Spiegaci…

Il punto di scollinamento ha una velocità molto bassa, sia perché è veramente dura sia perché hai dato tutto. Arrivati in cima si gira a destra c’è qualche metro di ciottolato e dopo inizia subito la discesa. Riuscire a rilanciare subito è fondamentale e si fa la differenza perché la discesa è molto veloce. L’ho provato in prima persona quando ho scollinato a pochi metri da un corridore ma essendo a tutta e senza la prontezza di rilanciare subito capitava di prendere dei metri che poi diventavano difficili da chiudere. 

Ancora oggi il Montjuic è decisivo per la tappa finale. Qui lo scatto di Evenepoel seguito da Roglic
Ancora oggi il Montjuic è decisivo per la tappa finale. Qui lo scatto di Evenepoel seguito da Roglic
Il manto stradale in che condizioni è?

L’asfalto è perfetto anche perché è all’interno del parco del Montjuic, ho sempre trovato delle buone condizioni. La strada è molto larga e si stringe solo nella parte conclusiva, ma comunque c’è sempre ampio spazio per passare. Stesso discorso vale per la discesa, molto ampia e veloce in particolare ci sono due curve che si fanno a piena velocità senza toccare i freni. 

La carreggiata è ampia?

Se uno ha gambe ha sempre la possibilità di recuperare anche in salita. Nel ciclismo moderno la posizione è sempre più importante. In un percorso del genere è importante stare davanti, ma giro dopo giro sono le gambe a parlare e a determinare la posizione.

Hai parlato della presenza di tanto pubblico…

Tutti gli anni c’è sempre grande tifo. Il Catalunya è una corsa importante. Finendo di domenica in un circuito che si ripete più volte, attira molti tifosi e devo ammettere che sulla parte più dura della salita c’è sempre un alto numero di tifosi che ti da una gran mano a livello emotivo e questo è sempre un piacere del ciclismo. 

Una salita storica, qui lo scalatore Luis Ocana
Una salita storica, qui lo scalatore Luis Ocana
Che cosa rappresenta per te questa salita?

E’ una salita bella da fare e che ha il suo fascino essendo la tappa finale da sempre. Vedendo anche cosa dicono i siti di ciclismo e i giornali vincere la tappa del Montjuic ha un valore un po’ particolare. Penso che nel palmares di un corridore la vittoria ad una tappa del Catalunya e una al Montjuic hanno un peso differente. Nonostante sia la stessa corsa, alzare le braccia qui regala qualcosa in più nella carriera di un corridore. 

Si adatta alle tue caratteristiche?

Non è il tipo di sforzo ideale per me. Come dicevo la parte conclusiva richiede un impegno di circa due minuti. Mi trovo meglio con sforzi più lunghi. Però mi sono sempre trovato bene in questa tappa perché arriva l’ultimo giorno e soprattuto si ripete tante volte. E’ tutta salita o discesa senza respiro, e arrivati all’ultimo giro la stanchezza e il fondo fanno la differenza