Il defaticamento relativo al ciclismo è un concetto piuttosto recente, il che può sembrare sorprendente per uno sport di resistenza, quando ad esempio nelle lunghe distanze di atletica rappresenta qualcosa di assolutamente irrinunciabile. Bisogna però fare una distinzione, perché non è sempre necessario. Con Simone Petilli (Intermarché Wanty Gobert) cerchiamo allora di fare un po’ di chiarezza.
«Negli ultimi anni è emersa questa moda dell’utilizzo dei rulli post-gara – spiega Petilli – io ho cominciato a vedere la loro diffusione nel ciclismo professionistico dal 2016, ma non sono sempre necessari. In un grande Giro ci sono ad esempio tappe tranquille che si risolvono in volata, a quel punto il defaticamento è necessario per chi ha lavorato molto negli ultimi chilometri, per gli altri il semplice arrivare consente di smaltire l’acido lattico in eccesso».
Quando allora sono necessari?
Nelle tappe di salita sicuramente, perché raggiungi uno sforzo massimale fino al traguardo e rischi che i muscoli rimangano intossicati. Ancora di più dopo una cronometro, sempre per lo stesso concetto. Tornando alla salita, anche lì però saranno i primi ad averne bisogno, chi arriva staccato, se ha affrontato l’ascesa in maniera tranquilla ha già smaltito e poi non ci sarebbe neanche il tempo, in quel caso è più importante raggiungere l’hotel il prima possibile.
Quanto tempo è necessario trascorrere sui rulli?
Basta una decina di minuti senza assolutamente spingere, andando di agilità, in quel modo i muscoli riacquistano scioltezza. Poi saranno i massaggi a completare l’opera considerando anche che il recupero deve essere non solo fisico ma anche mentale.
Come avviene il defaticamento in corsa?
Dipende dai compiti che si hanno – risponde Petilli – anche chi lavora per preparare la volata, o per predisporre l’attacco del capitano, negli ultimi 10 chilometri ha la possibilità rallentando di effettuare già quell’azione di defaticamento necessaria. Chi ad esempio lavora nella fase iniziale dei treni per tenere alta l’andatura fino agli ultimissimi chilometri, poi ha il tempo per defaticare.
Chi ha ambizioni di classifica fa sempre defaticamento?
Anche qui dipende molto da com’è stata la tappa, che impegno ha richiesto. Se si tratta di frazioni altimetricamente impegnative, dove si è lavorato molto anche solo per stare nelle prime posizioni, qualche minuto sui rulli lo trascorrono appena arrivati. Se arriva una fuga da lontano che non interessa la classifica, è una tappa in quel senso tranquilla, allora non è necessario.
Sei già stato al Giro?
Sì, nel 2016 e 2017, tornarci è sempre una grande emozione e credo di avere lavorato bene. Il mio obiettivo è essere il più competitivo possibile, anche su tappe come quella di Cattolica, i segnali che ho avuto al Romandia sono molto confortanti in tal senso.