SESTRIERE – Quando ormai tutti, ma proprio tutti i 159 corridori rimasti in gara sono sfilati verso le ammiraglie, ecco che spunta Edoardo Affini. Il gigante della Visma-Lease a Bike ha un sorriso grosso così.
Edoardo è transitato 41’08” dopo il bravissimo Chris Harper e ha perso ulteriore tempo perché si è infilato direttamente nella mixed zone per stritolare con un abbraccio dei suoi Simon Yates. Hanno vinto il Giro d’Italia ed è giusto così.
Lo hanno vinto con una grande azione di squadra. Il ruolo di Wout Van Aert se non decisivo è stato determinante. Che locomotiva, Wout… Alla fine i campioni trovano sempre un modo per farsi vedere, mettersi in mostra e soprattutto per essere nel vivo della corsa. Ma nel vivo della corsa e di questo Giro c’è stato anche Edoardo Affini. Era dal successo sul Lussari di Primoz Roglic che non conquistava un Grande Giro, ma quella era tutta un’altra storia. Era decisamente più attesa quella maglia rosa. E la festa può dunque iniziare.
Dopo quasi un’ora dalla fine della tappa (41′ più il tempo per salutare Yates) ecco spuntare Affini… Dopo quasi un’ora dalla fine della tappa (41′ più il tempo per salutare Yates) ecco spuntare Affini…
Edoardo, sei emozionato, ve lo aspettavate?
Aspettavate “ni”, nel senso che io onestamente ci credevo. Se chiedete anche ai massaggiatori, ai ragazzi dello staff, quando parlavamo con i direttori dicevo sempre che Simon doveva crederci, perché continuavo a vederlo bene. Era bello pimpante, forse da un certo punto di vista ci credevamo quasi più noi che lui.
Incredibile, ma ormai anche tu hai una certa esperienza in fatto di grandi capitani…
Anche ieri sera gli ho detto: «Dai Simon, credici. Insisti». E come me anche gli altri. Abbiamo provato a dargli la spinta giusta e poi oggi ecco quel che è successo! Quando in radio ho sentito che cominciava a guadagnare ho detto: «Dai, dai… ma che roba sta succedendo?». Che poi ha vinto il Giro d’Italia sulla salita dove l’aveva perso. Ma lui è tornato per vincerlo. Penso che sia una storia incredibile, una gran bella storia.
Era in programma di mandare in fuga Van Aert? Avevate progettato questa azione?
Sì, ma non in modo forzato, diciamo. Mi spiego: non è che dovesse fare proprio quello che ha fatto, però si è creato un gruppo grosso di attaccanti, volevamo metterci un uomo e Wout è riuscito ad entrarci. Poi chiaramente, per come si è messa la corsa, è venuto fuori un piano perfetto.
Affini è stato l’uomo di Simon Yates per le tappe di pianuraAffini è stato l’uomo di Simon Yates per le tappe di pianura
Edoardo, come hai vissuto questi chilometri finali?
Li ho sofferti! Perché dopo tre settimane e con queste salite sono abbastanza finito, ma è chiaro che avere quelle notizie dava motivazione.
Cosa ti chiedevano gli altri vicino a te?
Ah – ride – volevano sapere come stava andando. «Ma è finita?». «Come sono messi?». «Cosa è successo?». Io davo un po’ di indicazioni, ma fino a un certo punto, perché poi la distanza cominciava ad essere troppa, quindi anche la radio non si sentiva più bene. Arrivare quassù e vedere tutto quanto… una gioia!
I compagni hanno abbracciato Simon, super commosso (foto Instagram)I compagni hanno abbracciato Simon, super commosso (foto Instagram)
Hai avuto modo di vedere Simon, di fargli i complimenti?
Sì, sì, sono andato nella mixed zone. Stava facendo le interviste, ma me ne sono altamente “sbattuto le balle” (concediamogli questa licenza, ndr) e sono piombato su di lui. Per una cosa del genere non c’è intervista che tenga. Ci siamo abbracciati subito.
E’ una grande soddisfazione anche per chi come te lavora per questi capitani, giusto?
Assolutamente. In queste tre settimane io ho fatto un po’ il suo bodyguard, per le tappe ovviamente più veloci. Per quelle più dure stavo lì finché riuscivo. Poi ero di supporto, ovviamente, anche ad altri corridori della squadra. Però che dire, con Simon abbiamo fatto un ritiro insieme a Tenerife, ad inizio anno siamo stati in camera assieme… Penso che si sia creato un bel legame. E poi, ragazzi, dopo una vittoria del genere… E’ tanta roba.
SESTRIERE – Cominciamo dalla fine. Da quando abbiamo chiesto a Chris Harper, vincitore di tappa, che cosa rappresenti per lui il successo di oggi e se sia contento per Simon Yates che fino allo scorso anno era un suo compagno di squadra e che dietro al palco ha abbracciato calorosamente.
«Per me è fantastico – ha detto – non avrei potuto chiedere di meglio per la mia carriera. Ho avuto alti e bassi durante le tre settimane, quindi è bello finire con una nota così positiva. Sono stato compagno di squadra di Simon negli ultimi due anni e ho fatto molte gare per supportare lui e le sue ambizioni di classifica generale. Mi sono allenato molto anche con lui e so quanto sia talentuoso. Sapevo che è in grado di vincere i Grandi Giri e sono quasi più felice di vederlo in rosa che di aver vinto la tappa. Sono super felice per lui. Vorrei essere stato ancora suo compagno di squadra per aiutarlo a ottenere un risultato come questo, che certamente merita».
L’abbraccio fra Yates e Harper nel retropalco: i due hanno corso insieme (immagine Instagram)L’abbraccio fra Yates e Harper nel retropalco: i due hanno corso insieme (immagine Instagram)
Due tappe australiane
Per la Jayco-AlUlaarriva a Sestriere la seconda vittoria di tappa di questo Giro, iniziato fra i malumori per l’esclusione di Alessandro De Marchi e la rimozione di Matthew White da capo della struttura tecnica. Si faceva fatica a cogliere l’anima della squadra, ma alla fine sono stati due corridori australiani a lasciare il segno, come probabilmente era giusto che fosse. Luke Plapp a Castelraimondo e Chris Harper, appunto, a Sestriere nell’ultima tappa di montagna.
Lui ha 30 anni e il volto scavato e reso scuro dalla barba. E’ incredulo, perché mai gli era capitato di centrare una vittoria così importante. In qualche modo il suo successo di oggi ricorda quello di Prodhomme nella tappa di ieri: entrambi grandicelli, entrambi gregari ed entrambi protagonisti di lunghe fughe portate all’arrivo.
Chris Harper, 30 anni, 1,85 per 67 kg, è nato a Melbourne ed è pro’ dal 2020Chris Harper, 30 anni, 1,85 per 67 kg, è nato a Melbourne ed è pro’ dal 2020
Quando sei partito stamattina, immaginavi di vincere a capo di una fuga così lunga?
No, non proprio. L’idea era di lavorare per la fuga, ma non ero nemmeno sicuro che la fuga sarebbe arrivata al traguardo. Pensavo che, con la grande battaglia per la classifica generale, uno dei corridori più forti ci avrebbe ripreso e avrebbe vinto la tappa. Ma quando mi sono trovato in un gruppo così forte e poi abbiamo avuto quel grande vantaggio, ho impostato il mio ritmo fino a restare da solo. A quel punto si trattava solo di arrivare in fondo e non esplodere.
Si apre la porta scorrevole, un gran baccano di tacchette sul pavimento di lamiera. Entra Hepburn, connazionale, compagno di squadra e amico. Harper già aveva iniziato a sorridere avendolo visto salire le scale. Si avvicina al tavolo, l’altro si alza. Si abbracciano. Dicono parole incomprensibili e poi Hepburn si allontana, declinando l’invito scherzoso a fare lui qualche domanda.
Alla fine siete arrivati sul Finestre, quando hai iniziato a credere di potercela fare?
Arrivarci non è stato semplice, abbiamo impostato un ritmo piuttosto sostenuto per arrivare ai piedi della salita. Il primo a muoversi è stato Remy Rochas della Groupama e io l’ho seguitro. Poi si sono aggiunti degli altri corridori e a quel punto ho deciso di attaccare e solo Verre è riuscito a seguirmi. Per un po’ siamo andati in due, poi ho pensato che fosse meglio andare al mio ritmo fino in cima. In una salita così lunga e dura è decisiva la gestione dello sforzo. Per cui una volta che mi sono liberato, si è trattato di mantenere lo sforzo sotto controllo. Avevo ancora abbastanza forze per arrivare al traguardo.
Soltanto Verre ha resistito per un po’ al forcing di Harper: per il lucano una giornata magnificaHarper ha fatto della sua fuga una saggia gestione dello sforzoSoltanto Verre ha resistito per un po’ al forcing di Harper: per il lucano una giornata magnificaHarper ha fatto della sua fuga una saggia gestione dello sforzo
Ti sei accorto dalle voci del pubblico o ti hanno detto via radio di quello che stava accadendo alle tue spalle?
Sul Finestre, il mio direttore sportivo mi teneva aggiornato sui distacchi, dicendomi quanto fossero indietro i corridori della classifica generale. Poi ho sentito alla radio che Simon Yates era solo con un vantaggio piuttosto consistente. Infine dopo il Finestre, andando verso valle, sapevo che Simon stava facendo un’impresa e questo mi rendeva nervoso, perché la strada da fare era ancora tanta. Temevo che il distacco potesse ridursi rapidamente, ma sono contento di essere riuscito a resistere.
Dalla strada iniziano ad aumentare i cori, probabilmente Yates è in arrivo. Ai piedi del palco, Isaac Del Toro parla con l’addetto stampa della UAE Emirates. Alle spalle del podio si scambiano opinioni e abbracci. La vittoria di un gregario dopo l’impresa di Yates passerà certamente in secondo piano, ma il fatto che Harper per primo abbia espresso la sua gioia per l’amico renderà meno fastidioso il fatto di scrivere prima la storia della nuova maglia rosa e poi quella del vincitore di tappa.
SESTRIERE – «Ho investito molto della mia carriera e della mia vita per il Giro. Ci sono state molte battute d’arresto ed è stato difficile affrontarle. Sono stato costretto a ritirarmi per un problema al ginocchio, un paio di volte anche per il Covid e così via. Quindi sono davvero incredulo di essere riuscito a fare tutto questo. E’ difficile da dire adesso, ma ad essere onesti, penso che sia l’apice della mia carriera. Ci ho provato per anni, fatico a credere di esserci riuscito. Credo che nulla potrà superarlo».
Simon Yates non si vergogna di mostrare le lacrime. E’ passata quasi un’ora dalla vittoria e la nuova maglia rosa è finalmente arrivata davanti alle nostre domande. Ha portato l’attacco decisivo sul Colle delle Finestre a 39 chilometri dall’arrivo, quando sembrava che la partita fosse ristretta fra Carapaz e Del Toro. E’ partito più o meno nel punto in cui sette anni fa andò in crisi per l’attacco di Froome e perse la maglia rosa. Fu un dramma sportivo, al pari di quello che oggi ha investito Del Toro. In qualche modo è stato come se fosse tornato per chiudere il cerchio e la montagna piemontese gli abbia restituito quel che era suo.
Il Giro è suo. Il vantaggio ha continuato a salire, alle sue spalle nessuna reazione convincenteSceso di bici, accolto dallo staff della Visma-Lease a Bike, per Yates è il momento delle emozioniIl Giro è suo. Il vantaggio ha continuato a salire, alle sue spalle nessuna reazione convincenteSceso di bici, accolto dallo staff della Visma-Lease a Bike, per Yates è il momento delle emozioni
Vendetta per due
L’abbraccio fra Simon e Kruijswijk, non appena anche l’olandese ha tagliato il traguardo, ha parlato più di mille parole. Entrambi hanno visto svanire il sogno rosa nelle tappe finali del Giro: a Steven accadde nel 2016 quando cadde sul Colle dell’Agnello. L’impresa di Yates ha vendicato anche la sua sconfitta. Si sono stretti forte, poi Simon è venuto da noi.
«Nei 100 metri finali – dice – è stato il momento in cui mi sono finalmente reso conto di quello che ho fatto. Non ci credevo davvero, anche se il vantaggio era notevole. Cominciavo a sentire le gambe stanche, non ci ho creduto sino alla fine. Quando ho attaccato, avevo l’idea di allontanarmi il più possibile da quei due ragazzi del podio, perché sapevo che una volta che ci fossi riuscito, sarei stato forte abbastanza da tenere un ritmo elevato. Del Toro e Carapaz avevano dimostrato di essere molto più esplosivi nel finale, quindi il mio piano oggi era quello di cercare di ottenere un vantaggio e poi cercare di gestire tutto da solo».
Il Colle delle Finestre e il suo popolo, gli indiani. La Cima Coppi del Giro ha scritto la storiaIl Colle delle Finestre e il suo popolo, gli indiani. La Cima Coppi del Giro ha scritto la storia
Facile a dirsi. Parla per tutto il tempo con lo sguardo basso, chissà cosa gli passa per la testa. Lui, il gemello piegato da tante sconfitte, mentre Adam continuava a vincere diventando il braccio destro di Pogacar e ora di Del Toro. Eppure con quell’attacco la tendenza si è invertita. Simon Yates ha iniziato a scavare il solco, mordendo i tornanti e danzando sullo sterrato del Colle delle Finestre. Si pensava che un’azione simile potesse farla Carapaz, invece l’ecuadoriano si è trovato legato mani e piedi al drammatico destino di Isaac Del Toro.
Ieri hai detto di non avere una gran voglia di affrontare lo sterrato.
Perché amo molto pedalare in piedi e sullo sterrato è molto difficile avere la trazione giusta. Ma oggi mi sono sentito davvero bene. Sono riuscito a spingere fino alla vetta e sapevo di avere ancora delle forze che mi avrebbero sostenuto nel finale. Durante tutta la tappa, la squadra ha creduto davvero in me, per cui una volta arrivato sul Finestre, sapevo di dover fare la mia parte.
In qualche modo aver subito quella sconfitta sette anni fa è stato importante oggi?
Quando ho visto il percorso del Giro, ho sempre avuto in mente di provare a fare qualcosa in questa tappa, su questa salita che aveva segnato così tanto la mia carriera. L’ho sempre avuto in mente. Mi sono sentito bene per tutta la gara, ma avevo bisogno di credere in me stesso.
A 39 chilometri dall’arrivo, l’attacco che ha permesso a Yates di vincere il GiroA 39 chilometri dall’arrivo, l’attacco che ha permesso a Yates di vincere il Giro
Sei rimasto nascosto fino alla ventesima tappa e poi con un solo attacco hai vinto il Giro d’Italia: era calcolato oppure si è trattato di una coincidenza
Un po’ entrambe le cose. Sapevo che, per come è stata disegnata la gara, si sarebbe deciso tutto in quest’ultima settimana. Quindi si trattava più che altro di stare al sicuro e di non perdere tempo nella prima parte e questo, grazie ai miei compagni di squadra, è stata davvero incredibile. Sono stato sempre al posto giusto nel momento giusto. Ho dovuto fare da me soltanto nelle crono (fa un timido sorriso, ndr). In quest’ultima settimana, già nella 16ª tappa (quella di San Valentino, ndr), ho provato a fare qualcosa, ma non sono stato abbastanza forte. Quindi stamattina avevo qualche dubbio sul fatto di provare davvero a fare qualcosa su questa salita. Ma sembrava che la squadra credesse davvero in me, quindi ci ho provato e ce l’ho fatta.
Quanto sei stato contento di incontrare Van Aert dopo il Finestre? E faceva parte del piano?
Vorrei dire che ogni giorno abbiamo avuto dei corridori in fuga sperando che si creasse questa stessa situazione. Ci siamo davvero impegnati in questo senso, per cui ogni giorno che abbiamo la possibilità di farlo, ci abbiamo provato. Ma oggi è stato il primo giorno in cui l’abbiamo usata davvero a nostro vantaggio. E chi c’era davanti? C’era Wout (stavolta sorride, ndr). Non avevo dubbi, ha fatto tutto per me. Mi ha permesso di respirare e di aumentare il vantaggio. Non è la prima volta che si dimostra uno dei migliori compagni di squadra al mondo, oltre che un grande campione. Ringrazierò sicuramente lui e tutti i compagni.
Proprio il Colle delle Finestre nel 2018 gli aveva strappato la maglia rosa e oggi gliel’ha restituitaDurante la conferenza stampa le parole sono uscite a fatica: il Giro è stato una meta rincorsa a lungoProprio il Colle delle Finestre nel 2018 gli aveva strappato la maglia rosa e oggi gliel’ha restituitaDurante la conferenza stampa le parole sono uscite a fatica: il Giro è stato una meta rincorsa a lungo
Se ne va ricordando di quando sul Block Haus nel 2022 stramazzò sconfitto sull’asfalto e sconfortato disse che la sua storia con il Giro d’Italia sarebbe finita quell’anno. Negli ultimi due anni ha corso il Tour, ma c’era una ferita aperta, impossibile da dimenticare. La Visma-Lease a Bike gli ha offerto un biglietto fino al via da Tirana e oggi, a distanza di venti giorni, il suo lungo viaggio ha iniziato ad acquisire un senso compiuto. Se ne va col sollievo di aver tirato fuori il bubbone. I corridori partiranno stasera per Roma, noi ci fermeremo ancora qualche ora per raccontarvi le loro storie.
Nella scorsa edizione del Giro d’Italia TurboPaolo era parte integrante della Lidl-Trek. Un rapporto che, però, dopo la scorsa stagione si è interrotto. Ma questo non è bastato per tenere lontano l’eclettico influencer novarese – appassionatissimo di ciclismo – dalla Corsa Rosa. Lo raggiungiamo al telefono mentre è Cesano Maderno, l’arrivo di tappa di oggi.
Il villaggio d’arrivo è un parco giochi in cui ci si trova immediatamente a proprio agioIl villaggio d’arrivo è un parco giochi in cui ci trova immediatamente a proprio agio
TurboPaolo, che ci fai a Cesano Maderno?
In questo momento sto cercando un modo per attraversare la ferrovia, sembra che a Cesano Maderno non abbiano ancora inventato i sottopassi. Ma ce la farò. A parte questo sono qui all’arrivo di tappa per fare dei contenuti per Telethon.
Che tipo di contenuti?
Farò dei video per sensibilizzare le persone a destinare il 5×1000 a Telethon. Loro sono Charity Partner del Giro, quindi mi hanno coinvolto. Ne farò uno oggi poi un altro sabato, sulla salita del Colle delle Finestre. L’idea è di interpretare uno che con la scusa di fare la beneficenza poi in realtà va a fare una cosa che interessa a lui.
La Lidl-Trek, con Pedersen in testa, sta correndo un grande Giro nonostante l’assenza di TurboPaolo. E secondo l’influencer non è un casoLa Lidl-Trek, con Pedersen in testa, sta correndo un grande Giro nonostante l’assenza di TurboPaolo. E secondo l’influencer non è un caso
Uno scenario che non sembra troppo dissimile dalla realtà…
Infatti no. A me vengono bene i video in cui fingo il meno possibile.
Togliamoci subito il pensiero: la Lidl-Trek ti ha messo fuori rosa e sta correndo un grande Giro.
Proprio quest’anno che non mi hanno riconfermato fanno la stagione perfetta. Vedo un grande feeling tra i ragazzi, molto spirito di squadra. Forse è anche un po’ merito mio, perché finché c’ero anch’io c’erano troppi galli nel pollaio, la mia partenza ha sicuramente aiutato nella coesione. A parte gli scherzi, stanno facendo davvero un bellissimo Giro. Mi piace molto Pedersen perché è fortissimo ed è un bel… bisteccone, cosa che io non posso che apprezzare. E poi la sua bici è la più bella di tutto il gruppo.
Come ti sta sembrando questo Giro d’Italia?
All’inizio devo dire che ero un po’ disorientato vedendo la start list. Ma alla fine è più godibile così, senza un dominatore unico, con tutti che attaccano sempre. Poi vedere Van Aert vincere a Siena in Piazza del Campo è stato il massimo.
La vittoria di Van Aert a Siena, il momento preferito di TurboPaolo in questo Giro (almeno finora) La vittoria di Van Aert a Siena, il momento preferito di TurboPaolo in questo Giro (almeno finora)
TurboPaolo, sei un tifoso di Van Aert?
Un po’ come tutti, credo. Anche se la cosa che mi piace di più lui sono i suoi capelli. Sono sempre perfetti, anche dopo una tappa durissima come quella degli sterrati. Si toglie il casco e ha il ciuffo perfetto, incredibile.
Altre cose che ti hanno colpito finora?
Riflettevo sul fatto che Roglic si è rivelato il più grande troll del ciclismo moderno. Ha fatto credere a tutti di essere lo strafavorito e invece poi non è mai stato della partita. Forse l’ha fatto apposta, per attirare l’attenzione su di sé e lasciare tranquillo Pellizzari, il vero capitano della squadra. A proposito, vorrei far notare che ho già sentito accostare la parola “predestinato” a Pellizzari. Poverino.
Che dici della UAE che si è mostrata finalmente (almeno un po’) vulnerabile?
Insomma, mica tanto. Hanno perso per strada Ayuso, ma sono comunque in maglia rosa… Se non è zuppa è pan bagnato, mi viene da dire.
Uno dei contenuti postati da TurboPaolo al Giro 2024, quando indossava la maglia della Lidl TrekUno dei contenuti postati da TurboPaolo al Giro 2024, quando indossava la maglia della Lidl Trek
Dove segui le tappe, sulla Rai o su Eurosport?
Rai. Il mio commentatore preferito è Stefano Rizzato che fa la cronaca dalla moto. Fosse per me gli farei condurre anche Sanremo. Poi a volte mi fa un po’ ridere il tentativo di romanticizzare a tutti i costi il ciclismo, con risultati a volte, diciamo, un po’ ridicoli. Come fossero dei soldati al fronte e non ragazzi che vanno in bicicletta. Ma, detto questo, continuo a seguirlo sulla Rai.
Hai detto che sabato andrai sul Colle delle Finestre, l’ultima grande salita di questo Giro. Che scenario ti immagini?
Campanilisticamente mi piacerebbe vedere una grande azione di Caruso che fa il numero a fine carriera. Più realisticamente sarebbe bello che Simon Yates mettesse nel sacco tutta la UAE. Lui mi sta molto simpatico, in generale mi piacciono i gemelli Yates. Pensa che bello sarebbe se prendesse la maglia rosa nello stesso posto in cui l’ha persa nel 2018, sarebbe un bellissimo riscatto, una storia cinematografica. Tu invece?
Simon Yates e Isaac Del Toro, i favoriti per la vittoria finale secondo TurboPaoloSimon Yates e Isaac Del Toro, i favoriti per la vittoria finale secondo TurboPaolo
La mia imparzialità non mi permetterebbe di rispondere. Ma non mi dispiacerebbe una piccola grande impresa di Derek Gee. Torniamo a noi, cioè a te. TurboPaolo, chi lo vince questo Giro?
Secondo me lo vince Del Toro. Mi piace molto come corre, anche ieri per esempio, che dopo la mezza crisi di due giorni fa ha subito risposto alla grande. Ha talento e carattere, e molto potenziale comunicativo credo, anche più di Ayuso. Mi è piaciuta un’intervista di qualche giorno fa, in cui gli hanno detto che sembra non far fatica, e lui invece ha risposto che la fa eccome. Gran bravo ragazzo Del Toro, tifo per lui.
Quindi non per Simon Yates?
Tutti e due dai. Una maglia rosa condivisa a Roma, sarebbe bellissimo.
SAN VALENTINO – Isaac Del Toro arriva davanti ai giornalisti a pochi minuti dalla fine della sedicesima tappa del suo primo Giro d’Italia. Il messicano del UAE Team Emirates ha mantenuto la maglia rosa nonostante gli attacchi di Richard Carapaz e Simon Yates. Ha tremato ma non è andato a picco. Nonostante la giovane età ha tenuto botta ai colpi dell’ecuadoregno e del britannico. Il secondo gli ha riservato tante piccole punture di spillo, come a voler risvegliare da un sogno il giovane rampollo vestito di rosa. Una sberla secca e decisa quella di Carapaz, che ha fatto male e potrebbe aver lasciato segni ben più profondi.
Scendendo verso il podio Jose Matxin, sport manager del UAE Team Emirates, non ha perso il sorriso. Se da un lato Ayuso ha definitivamente mollato il colpo a 42 chilometri dal traguardo dall’altra parte Del Toro ha avuto la lucidità di non farsi prendere dal panico. La maglia rosa è rimasta in casa della squadra che lo scorso anno la indossò per venti delle ventuno tappe. Chissà con quali dubbi e certezze Isaac Del Toro si è rimboccato le coperte ieri notte.
Del Toro ha detto di aver voluto marcare da vicino Simon Yates, secondo in classifica generale Del Toro ha detto di aver voluto marcare da vicino Simon Yates, secondo in classifica generale
Le gambe
La terza settimana del Giro d’Italia si apre con diverse considerazioni di cui tenere conto. Una di queste è il crollo delle certezze di Isaac Del Toro che fino a domenica scorsa sembrava in completo controllo. Se guardiamo agli abbuoni portati a casa il messicano risulta secondo solamente a Mads Pedersen, segno che non si sia risparmiato in ogni sprint o allungo a disposizione.
«È stata una giornata davvero difficile per tutti – racconta Del Toro ancora vestito di rosa e con un cappello di lana appoggiato sulla testa – tutti erano al limite. I corridori in classifica generale hanno vissuto una giornata impegnativa. Ci sono state tante cadute (l’ennesima per Roglic costretto poi al ritiro, ndr). Non posso che essere orgoglioso della mia squadra, senza di loro non sarei di certo in questa posizione. Sicuramente non avevo le gambe migliori della mia vita ma ho fatto il massimo, sono arrivato al traguardo senza un filo di energia in corpo. Voglio far sapere a tutti loro che sto facendo del mio meglio e il mio obiettivo è di dare il 100 per cento per mantenere questa maglia».
L’unico attacco frontale e deciso è stato quello di Carapaz, capace di guadagnare 1′ e 36″ su Del ToroL’unico attacco frontale e deciso è stato quello di Carapaz, capace di guadagnare 1′ e 36″ su Del Toro
Fiducia
Quali sono le certezze che danno a Del Toro la fiducia nei propri mezzi? Difficile dirlo. Sicuramente rispetto alle tappe precedenti è bene pensare a ogni singola energia spesa, il carburante non è infinito.
«Non sono uno di quei corridori – spiega mentre gli si legge in faccia la fretta di andare via – che crede nella fiducia. Piuttosto mi piace avere “certezze” su quel che sono in grado di fare ogni volta che c’è un attacco. Voglio credere nella mia capacità di rispondere a ogni attacco ma vedremo come comportarci in gara e se sarà una mossa intelligente. Oggi (ieri per chi legge, ndr) non ho seguito Carapaz perché ho voluto marcare da vicino il secondo in classifica generale, Yates. Nella lotta alla generale credo sia una questione riservata ai primi quattro (Gee, Carapaz, Yates e Del Toro stesso, ndr)».
Scampato il pericolo e il panico Del Toro ha riacquistato presto serenità e sorriso, la maglia rosa stamattina è ancora sulle sue spalleScampato il pericolo e il panico Del Toro ha riacquistato presto serenità e sorriso, la maglia rosa stamattina è ancora sulle sue spalle
Ogni secondo conta
Il Giro d’Italia si può vincere per secondi, e a guardare la classifica si nota come il distacco tra Del Toro e Simon Yates sia frutto proprio degli abbuoni. Senza questi le posizioni sarebbero invertite e le forze equiparabili.
La strada ci ha raccontato, fino a questo momento, di un padrone del Giro forte ma non inattaccabile. Per gli avversari vedere che il trono scricchiola può essere un incentivo per continuare a dare colpi sperando di far cadere il Re e di indossare la corona.
Solo in casa UAE Emirates è dato sapere il motivo legato alla giornata “no” di Del Toro. Il problema è che la strada porta a fare presto i conti con la realtà e oggi verso Bormio le difficoltà sono tante. Yates e Carapaz sono pronti con arco e frecce per prendere d’assalto il padrone del Giro, come abili Robin Hood nei confronti del tesoro custodito dallo Sceriffo di Nottingham. Toccherà ai soldati fare da guardie al ricco bottino, consapevoli che la strada non fa prigionieri.
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In questi primi giorni senza gare ha attirato attenzione la sfida che Simon Yates della Jayco-AlUla ha lanciato indirettamente a Vincenzo Nibali. Anche se sarebbe meglio dire che Giant ha lanciato a Merida. E probabilmente a quest’ora questa sfida a distanza, Simon potrebbe anche averla vinta. L’asso inglese infatti è impegnato nella Taiwan Kom Challenge (in apertura foto Taiwan Cyclist Federation).
Si tratta di una particolarissima gara amatoriale, una granfondo diremmo noi, appunto a Taiwan, laddove vi sono molte fabbriche di bici, su tutti Giant, primo costruttore al mondo.
Simon Yates contro Nibali a distanza. Ma si tratta più di una sfida fra Giant e Merida, primo e secondo costruttore al mondo (foto Instagram)Simon Yates contro Nibali a distanza. Ma si tratta più di una sfida fra Giant e Merida, primo e secondo costruttore al mondo (foto Instagram)
Giant vs Merida
E’ news sempre di questi giorni il rinnovo della partnership fra il colosso Giant e la squadra del team manager Brent Copeland. In pratica Yates vuole battere il record stabilito da Vincenzo Nibali nel 2017, quando lo Squalo fu invitato da Merida a prendere parte a questo singolare evento.
Si parte dal livello del mare, da Hualien, sulla costa orientale dell’isola, e si arriva ai 3.275 metri di quota del Monte Hehuan, sulla catena del Kunyang, che divide in due Taiwan stessa. Un percorso di 103,5 chilometri, 87 dei quali in salita. La pendenza media della scalata è del 3,5 per cento e quella massima del 23.
Davvero una sfida particolare che in casa Jayco-AlUla hanno già ribattezzato Fight Gravity, vale a dire combattere la forza di gravità.
Era il 2017 e Nibali dava assalto alla Taiwan KOM Challenge (foto Taiwan Cyclist Federation)…Raggiungendo i 3.275 metri del Monte Hehuan in 3 ore 19’54” e siglando il record della gara (foto Taiwan Cyclist Federation)All’epoca, come oggi, il team manager del big di turno era Brent Copeland, qui tra i fratelli Nibali (foto Taiwan Cyclist Federation)Era il 2017 e Nibali dava assalto alla Taiwan KOM Challenge (foto Taiwan Cyclist Federation)…Raggiungendo i 3.275 metri del Monte Hehuan in 3 ore 19’54” e siglando il record della gara (foto Taiwan Cyclist Federation)All’epoca, come oggi, il team manager del big di turno era Brent Copeland, qui tra i fratelli Nibali (foto Taiwan Cyclist Federation)
In sella con Nibali
A dirci qualcosa di più della Taiwan Kom è proprio Vincenzo Nibali, reduce guarda caso da un evento in quota, ma in mtb: la Popo Bike in Messico.
«La Taiwan KOM Challenge una gara amatoriale, tipo la Maratona delle Dolomiti. Si parte tutti insieme ed è aperta anche ai pro’. E’ tutta in salita! Io partecipai perché Merida ci fece questa richiesta. Venivo dalla vittoria dal Lombardia, ma l’affrontai con tutt’altro spirito. Avevamo fatto un grande tour tra le aziende locali. In corsa c’era anche mio cugino Cosimo! E si può dire che l’abbia vinta anche grazie a lui.
«Gli dissi: “Dai Cosimo, ma non mi posso mica mettere a rubare la gara agli amatori”. E lui: “No, no… siamo qui e devi vincere. Devi andare forte. E poi è l’unica corsa che faccio con te”. Passammo una settimana in quella parte del mondo, tra le aziende. Andammo anche in Giappone. Fu quasi una vacanza con questa Taiwan KOM Challenge nel mezzo».
«Ora – prosegue lo Squalo – Giant sta portando i suoi corridori migliori per battere il mio tempo di scalata. Brent (Copeland, ndr) ha chiesto a Slongo, che mi seguiva all’epoca, il file di quella scalata perché vogliono battere il mio record. E ci sta. Volevano avere dei dati di riferimento. Loro la imposteranno proprio per battere il mio tempo, correndo in un certo modo. Mentre a darmi una mano io avevo solo mio fratello Antonio. Lui si mise a tirare in salita».
Il particolare profilo della Taiwan Kom Challenge. La salita inizia dopo circa 15 chilometriPartenza al mattino molto presto dalle coste dell’Oceano Pacifico a HualienPrime fasi tra la foresta pluviale, cascate, rocce e strade spesso nascosteNel finale invece spazi più aperti con meno vegetazione in virtù di quote molto elevate. E’ qui che Nibali ha parlato di pendenze stile Muro di SormanoIl particolare profilo della Taiwan Kom Challenge. La salita inizia dopo circa 15 chilometriPartenza al mattino molto presto dalle coste dell’Oceano Pacifico a HualienPrime fasi tra la foresta pluviale, cascate, rocce e strade spesso nascosteNel finale invece spazi più aperti con meno vegetazione in virtù di quote molto elevate. E’ qui che Nibali ha parlato di pendenze stile Muro di Sormano
Finale tosto
Il record di Nibali è di 3 ore 19’54”. Se Yates e David Peña, colombiano e abituato a certe quote, correranno con accortezza ce la possono fare. Salvo qualche outsider a sorpresa…
«La Taiwan KOM Challenge – ha detto Yates – è qualcosa di diverso da quello a cui siamo abituati. Si arriva oltre i 3.000 metri partendo dal mare: non ci sono molte salite del genere. Sarà una sfida davvero interessante. In più essere a Taiwan sarà speciale per noi come squadra: è la casa di Giant e sarà bello rappresentare il marchio, incontrare le persone che lavorano dietro le quinte».
Insomma Giant vuol e riprendersi lo “scettro” in casa. E tutto sommato nell’epoca dei social potrebbe essere un colpo di teatro ben piazzato e forse anche simpatico.
«Ricordo che si partiva prestissimo al mattino – riprende Nibali – del tipo che avevamo le luci sulla bici per andare dall’hotel alla partenza. La prima parte era piatta. Si andava verso l’entroterra. Bisognava stare attenti perché, come ho detto, era buio e c’erano anche delle gallerie, ancora più buie. Non si vedeva nulla. Ed erano umide, bagnate.
«La prima parte della salita è regolare, abbastanza veloce direi. Poi la parte finale è dura. Ma proprio tanto dura, specie negli ultimi 3 chilometri. Al livello del Sormano. Poco prima c’era anche un discesetta, abbastanza pericolosa».
Sarà insomma interessante vedere come se la caverà Simon Yates oltre quota 3.000. E se abbasserà il record dello Squalo.
P.S. La gara, come avevamo accennato, si è conclusa più o meno in concomitanza con l’articolo, ed il record è stato battuto. Ma c’è stata una sorpresa. Non hanno vinto i due favoriti della Jayco ma l’australiano Benjamin Dyball, il quale sfruttando il passo che mirava al tempone ha chiuso la scalata in 3 ore 16’09”, tre minuti abbondanti meno di Nibali.
A 24 ore dalla crisi più nera, Remco risorge e vince per distacco. Come è possibile? Ne abbiamo parlato con Vincenzo Nibali. E forse un'idea adesso c'è
BILBAO – Certe volte il destino è davvero incredibile. Ci sono delle storie che persino il miglior scrittore farebbe fatica a pensare. Ma se non sei né l’uno, né l’altro, fai il preparatore e ti chiami Maurizio Mazzoleni (sotto nel video, ndr), allora hai qualche chances in più.
Il coach dell’Astana-Qazaqstan questa mattina in un’intervista a 360° parlando dei “terzi incomodi” aveva detto proprio di stare attenti ai gemelli Yates: perché vanno forte, se ne parla poco e sanno vincere. Non poteva essere più preciso.
Tra l’altro non è la prima volta che Simon e Adam arrivano in parata. Era successo dieci anni fa. Al Tour de l’Avenir… quella volta ci fu un accordo e vinse Simon.
Vento decisivo?
Forcing micidiale di Adam Yates sul Muro del Pike. Gli restano attaccati “quei due” e il sorprendente Lafay. Adam si defila, rientra e scappa.
Simon lo vede e lo bracca. Innanzitutto sa come sta il fratello e poi intuisce subito che tatticamente l’azione può essere favorevole. In quel momento la Jumbo-Visma non si era compattata.
Ieri avevamo percorso gli ultimi 10 chilometri e dentro di noi ci siamo detti: “Se al tornantone verso sinistra sono ancora davanti, arrivano”. Lì infatti il vento girava e diventava favorevole. E così è andata. I gemelli sono riusciti a fare una grande velocità. In più tra le curve cittadine hanno guidato benissimo.
I due gemelli scappano via. E in effetti Simon tira un po’ più di AdamI due gemelli scappano via. E in effetti Simon tira un po’ più di Adam
Simon c’è
Il finale poi era tutto di gambe: 500 metri al 4-6 per cento. E lì le gambe Simon non le aveva più.
«Ha avuto dei crampi nel finale, così mi ha detto Simon – ha rivelato Brent Copeland, general manager della Jayco-Alula – Una storia bellissimaoggi. Poteva essere meglio per noi! Potevamo vincere noi la tappa e prendere la maglia gialla, ma se proprio doveva vincere qualcun altro, bene così che lo abbia fatto Adam».
«Vero, ha tirato più di Adam, ma ci poteva stare: lui dietro aveva Pogacar e poteva anche non tirare per niente. Sì, sono gemelli, ma in gara sono rivali e professionisti».
Simon sui rulli, spalle alla strada. Non correva dal 26 aprile, probabilmente i crampi sono il frutto di questa lunga assenza dalle gareSimon sui rulli, spalle alla strada. Non correva dal 26 aprile, probabilmente i crampi sono il frutto di questa lunga assenza dalle gare
Sorriso amaro
Copeland li avuti entrambi e li conosce. Sono molto simili. Adam forse è un filo più adatto per le corse di un giorno, più esplosive, tipo una “classica come quella di oggi” (era la prima tappa). Simon più per le tre settimane, e infatti ha vinto una Vuelta.
«Ma questo risultato – continua Copeland – è importante anche perché ora sappiamo che Simon sta bene. Non correva da aprile (una sola tappa del Romandia, ndr) e per noi era un punto di domanda. E’ bravissimo a prepararsi a casa, però le corse sono un’altra corsa.
«Partiamo per curare la classifica, poi vediamo… Perché correre per un quinto posto non ha molto senso per noi. A quel punto meglio puntare a qualche tappa».
Simon Yates intanto scioglie la gamba. Ha chiesto al meccanico di girarli i rulli verso il bus e non verso la strada. E’ un modo per evitare anche la stampa. Non è deluso, perché ai compagni spiega le cose con lucidità e ogni tanto sorride, ma chiaramente qualche pensiero gli frulla nella testa.
Quello che si sono detti col gemello lo sanno, e probabilmente lo sapranno, sempre e solo loro. Ma sono dei professionisti. E questo lo ha ribadito anche Adam nella conferenza stampa.
Adam precede Simon (che si nota sullo sfondo), colpito dai crampi…Qualche secondo dopo Pogacar vince la volata degli inseguitori e festeggia per il compagno (e i 4″ di abbuono)Tutto ciò in una superba cornice di pubblico. I delusi di giornata? I due baschi Pello Bilbao e Mikel LandaAdam precede Simon (che si nota sullo sfondo), colpito dai crampi…Qualche secondo dopo Pogacar vince la volata degli inseguitori e festeggia per il compagno (e i 4″ di abbuono)Tutto ciò in una superba cornice di pubblico. I delusi di giornata? I due baschi Pello Bilbao e Mikel Landa
Primo e terzo
E poi c’è la sponda del vincitore. La UAE Emirates esplode in un urlo di gioia. L’altro team manager, Mauro Gianetti, esce dal bus con le braccia al cielo, perdendo la sua proverbiale compostezza, per qualche secondo.
«Primo Adam, terzo Tadej, maglia gialla – dice il manager svizzero – meglio di così non potevamo iniziare. Tadej sta bene e questa è l’altra notizia importante».
«Abbiamo giocato alla Play Station? No, però era prevista questa azione – ha detto il diesse Hauptman – . Era previsto che Grosschartner facesse quel forcing per stare davanti sul Pike. Volevamo vedere come stavamo noi e come stavano gli altri. Poi ci dovevamo provare anche con Adam, che sta attraversando un ottimo periodo di forma. E’ stata importante questa tappa per noi. Ed è stato anche importante vincere».
Tour de l’Avenir 2013, tappa di Morzine. Simon precede Adam… dieci anni dopo ancora una fuga tra gemelli (foto James Startt)Tour de l’Avenir 2013, tappa di Morzine. Simon precede Adam… dieci anni dopo ancora una fuga tra gemelli (foto James Startt)
Destini incrociati
Adam e Simon hanno fatto una carriera parallela. Da piccoli erano sempre il primo rivale l’uno dell’altro. E oggi, nella corsa più grande, è stato come tornare alle corse di paese che facevano da bambini.
Chissà cosa è passato nella testa e nel cuore dei loro genitori, dei loro compaesani. In particolare in quella di papà John che li ha messi in bici. Lui aveva una piccola squadra, la Bury Clarion, e li portava a girare nel velodromo di Manchester. Le prime gare, i primi successi.
Anche se tra i due chi ha fatto da “testa di ponte” è stato Adam. E’ stato lui a battere il primo grosso colpo. Era l’Avenir del 2013 e fu secondo. Proprio lì, arrivarono in parata davanti al grande pubblico per la prima volta.
Come ci disse Vittorio Algeri, il diesse che meglio li conosce: «Se uno ottiene un risultato, l’altro si sbriga a coglierne un altro».
Scortato dal suo addetto stampa, Luke Rowe, Adam Yates si gode la maglia gialla… oltre alla vittoriaScortato dal suo addetto stampa, Luke Rowe, Adam Yates si gode la maglia gialla… oltre alla vittoria
Adam incredulo
«Non ci credevo di essere davanti con mio fratello – ha detto Adam Yates nella sua fresca maglia gialla – è incredibile. Un’esperienza super. Cosa ci siamo detti? Che dovevamo spingere e ancora spingere… Sapevamo che dietro c’era un po’ di confusione. Tadej mi ha detto di andare».
«Io avevo speso tanto nella salita finale e così ho cercato di risparmiare qualcosa. Quando ai 450 metri Tadej per radio mi ha detto che era tutto okay, ho spinto al massimo e sono riuscito a vincere».
Adam e Simon Yates vivono vicini. Parlano spesso e ogni tanto escono anche insieme, ma ultimamente si sono frequentati meno di quanto si possa pensare. «Ho passato molto più tempo con la squadra che non a casa, però sono contento di condividere questa gioia con lui (i due si sono abbracciati dopo l’arrivo, ndr). Sarà un ricordo indelebile».
Quando hanno aperto il gas per davvero sono rimasti Pogacar e Vingegaard, con Lafay (a destra). Il duello è servitoQuando hanno aperto il gas per davvero sono rimasti Pogacar e Vingegaard, con Lafay (a destra). Il duello è servito
Ma comandano loro
Questa prima frazione però è stata anche il primo confronto fra Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard. I due si sono punzecchiati, o almeno lo hanno fatto con le rispettive squadre. Ora l’una, ora l’altra erano in testa a fare trenate per prendere le salite e i punti critici davanti.
L’arrivo in volata del drappello inseguitore, premia lo spunto veloce dello sloveno, ma sono davvero lì. E se queste sono le premesse… buon Tour de France a tutti.
Battistella sarà uno dei pochi italiani al Tour e sarà il più giovane. L'incidente dell'Amstel è dimenticato. Lavorerà per Lutsenko, ma punta alle tappe
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Cadex lancia sul mercato le nuove 50 Ultra Disc, le ruote progettate per la massima efficienza aerodinamica che affiancano stabilità e controllo alla prestazione. Il carbonio le fa da padrone con un utilizzo ponderato e improntato al massimo rendimento sbaragliando ogni concorrenza.
A rendere questa coppia di ruote un vero e proprio gioiello c’è il mozzo posteriore aero R3-C40, che va a completare un sistema completo che si è dimostrato il più veloce nella sua categoria attraverso test approfonditi in galleria del vento. Caratteristiche e rendimenti apprezzati anche da professionisti comeMichael Matthews e Simon Yates. L’inglese proprio sulleCadex 50 Ultra Disc ha conquistato la vittoria nella tappa 14 del Giro d’Italiadi quest’anno.
Queste ruote sono in dotazione al Team BikeExchange Jayco, nel video Michael Matthews
Parola a Cadex
«Ciò che rende una ruota da strada veloce – ha affermato Jeff Schneider, Global Head of Product di Cadex – è l’essere in grado di gestire al meglio le varie forze della guida in continua evoluzione. In qualsiasi allenamento o corsa su strada, i ciclisti incontrano salite e discese, piani veloci, curve difficili, dinamiche di gruppo e mosse da solista. Le Cadex 50 Ultra Disc sono progettate per tenere conto di tutti questi fattori, in particolare la resistenza alle alte velocità».
Un vero e proprio asso nella manica della gamma Cadex che quest’anno ha già portato alla vittoria gli atleti della BikeExchange.
I raggi ultraleggeri Super Aero riducono al minimo la flessione laterale, sono ideali per gli sprintI raggi ultraleggeri Super Aero riducono al minimo la flessione laterale, sono ideali per gli sprint
Peso piuma
Con 1.349 grammi, sono tra le ruote più leggere della loro categoria. Attraverso le innovazioni tecnologiche come i raggi aerodinamici direzionali, il nuovo mozzo posteriore R3-C40 con innesto a 40 punti e i cuscinetti in ceramica Cadex sono state ridotte significativamente le perdite di potenza in ogni situazione. Durante i test, sono state provate con il pneumatico Cadex Aero, con un risultato sorprendente di una differenza di ben 5,5 watt sulla concorrenza principale.
Un peso leader del settore che aiuta a migliorare il rapporto rigidità/peso fino al 41,4% rispetto alle ruote della concorrenza. Anche grazie a una nuovissima ruota libera a basso attrito con cuscinetti in ceramica che riduce ulteriormente la perdita di potenza fino al 30%.
La larghezza interna del cerchio di 22,4 mm offre ampio spazio per gli pneumatici, creando un WheelSystem con rigidità laterale rinforzata e capacità di supportare pressioni degli pneumatici inferiori per una migliore maneggevolezza e feeling con la strada.
Il profilo del cerchio da 50 mm e il bilanciamento dei raggi permettono un controllo totaleIl profilo del cerchio da 50 mm e il bilanciamento dei raggi permettono un controllo totale
Raggi Super Aero
I raggi ultraleggeri in carbonio Cadex ad alta resistenza riducono al minimo la flessione laterale per un’accelerazione senza eguali. Si presentano con una forma aerodinamica appositamente progettata per offrire caratteristiche aerodinamiche leader del settore e massima stabilità con vento laterale. I raggi Super Aero riducono al minimo la flessione laterale per accelerazioni e sprint al top.
Un altro aspetto che crea una sinergia perfetta con le altre caratteristiche sono i cuscinetti in ceramica. In grado di aumentare ulteriormente l’efficienza di rotolamento del mozzo con una minore resistenza allo stesso e un’azione 1,5 volte più fluida rispetto ai cuscinetti in acciaio, con conseguente miglioramento dell’azione e minima perdita di potenza.
Simon Yates ha trionfato al Giro d’Italia proprio con questa coppia di ruoteSimon Yates ha trionfato al Giro d’Italia proprio con questa coppia di ruote
Super stabilità
L’efficienza aerodinamica e il peso ultraleggero sono importanti, ma una ruota da strada veramente completa deve anche ispirare fiducia mentre si scende, si curva o si combatte contro forti venti trasversali.
Il profilo del cerchio aerodinamico da 50 mm e il bilanciamento dei raggi Super Aero permettono un controllo totale in tutte le condizioni. Inoltre, l’ampia larghezza interna del cerchio offre una maggiore adattabilità agli pneumatici di sezione superiore, migliorando così la stabilità e la scorrevolezza. La compatibilità consigliata va dai 700x25c ai 700x32c.
Il prezzo delle 50 Ultra Disc va dai 1.399 euro per la ruota anteriore fino ai 1.799 per la posteriore.
La vittoria di Matthews a Mende su Bettiol, le ultime di Yates in Spagna e il prolungamento della sponsorizzazione per altri tre anni hanno portato al Team Bike Exchange-Jayco una folata di buon umore. Brent Copeland, che guida la squadra da due anni, ragiona e spiega, al termine di un Tour positivo e in vista del rush finale. La sola nota dolente al momento è quel 18° posto nel ranking UCI che un po’ preoccupa e un po’ è di stimolo.
«E’ stato un Tour molto positivo – dice il manager sudafricano – con vittorie da parte di uomini in cui crediamo molto. Su Matthews abbiamo investito molto due anni fa, quando lo aiutammo a pagare la clausola rescissoria con la Sunweb. Non ha portato tantissime vittorie, ma tanti piazzamenti importanti. La sua sfortuna è di avere caratteristiche simili prima a Sagan e ora a Van der Poel e Van Aert, per cui sembra che debba correre per il secondo posto, ma non è davvero così».
Brent Copeland è diventato team manager del team australiano a fine 2020Brent Copeland è diventato team manager del team australiano a fine 2020
Siete passati dall’avere uno sponsor pronto a sfilarsi, al rilancio per altre tre stagioni…
C’entra sempre Matthews. Gerry Ryan (titolare delle aziende che supportano il team, ndr) ha preso la decisione di prolungare per altri tre anni perché Michael possa concludere con noi la sua carriera. E poi adesso in Australia c’è la… febbre per i mondiali. Quelli di Wollongong non saranno una corsa per velocisti, ma gli si adattano davvero bene. Nella tappa che ha vinto al Tour, c’era tanta salita. Ci saranno anche altri favoriti, ma confidiamo che Matthews sarà il leader della nazionale. E poi ogni tanto ci penso che l’ultima volta che si è fatto un mondiale laggiù (Geelong 2010, ndr), lui ha vinto fra gli under 23.
Uno sponsor così sembra innanzitutto un appassionato.
C’è stata la fase in cui ha capito che ci fosse la possibilità di mollare, ma proprio in quel momento ha capito quanto fosse innamorato di questa squadra. Gli è tornata voglia alla grande. E’ venuto al Giro per 10 giorni. E’ stato a Copenhagen per la partenza del Tour e a Parigi avevamo 60 ospiti. Si vede che gode il momento della squadra. Il Covid è stato pesante, non poter uscire dall’Australia non è stato semplice. La vittoria di Yates nella crono di Budapest è stata una grande gioia. E quella sera ha detto che resta per i corridori e per il personale, perché è bello vedere un gruppo lavorare così. Non capita spesso di sentire certe cose da un capo.
Groenewegen ha vinto a Sonderborg ed è stato secondo a ParigiGroenewegen ha vinto a Sonderborg ed è stato secondo a Parigi
Magari se a Parigi, Groenewegen avesse vinto…
Magari, davvero! Però Gerry è un uomo di sport, conosce le storie degli atleti. Possiede la più forte squadra di rugby, investe in altre realtà. E ha capito perfettamente, vedendo l’ordine di arrivo, quanto sacrificio e quanto impegno siano serviti per fare quel secondo posto. Per questo alla fine era contento lo stesso.
E’ vero che per lui il team femminile vale quanto quello maschile?
Direi di più, ma non mi azzardo (sorride, ndr). La storia di Gerry nel ciclismo inizia grazie alle donne. Nel 1992, c’era Kathy Watts che doveva andare alle Olimpiadi di Barcellona, ma non aveva fondi. Così chiese a Jayco, l’azienda di caravan e camper di cui Gerry è titolare. Lui la supportò e lei tornò con l’oro nella prova su strada e un argento in pista: un investimento ben fatto. Così è entrato nel ciclismo femminile. Poi ha supportato la Federazione australiana spingendo sulle donne e con Shayne Bannan fece partire il team. Presero Annemiek Van Vleuten, che vinse tutto. E’ importante il team femminile, non perché serva averlo, ma perché ci crediamo tanto.
Gerry Ryan è nel ciclismo dal 1992. Ha rilanciato con altri 3 anni di sponsorizzazioneGerry Ryan è nel ciclismo dal 1992. Ha rilanciato con altri 3 anni di sponsorizzazione
E poi è arrivata Giant, come vanno le cose?
Lunedì a Parigi, dopo la fine del Tour, abbiamo fatto una riunione con il responsabile dell’azienda e abbiamo avuto indicazioni molto positive. Loro sono pazzeschi, i corridori sono contenti. Si può lavorare molto bene.
Secondo anno della tua gestione: la squadra ti somiglia?
Ho cercato di cambiare il modo di lavorare e le cose stanno funzionando. Me lo ha chiesto il capo quando sono stato contattato. L’anno scorso siamo stati ancora frenati dal Covid e dal fatto che i ragazzi non siano potuti tornare a casa. I risultati di quest’anno sono il vero risultato del nostro lavoro.
La rincorsa di Yates alla Vuelta è iniziata a Ordizia. Anche per lui rinnovo di contrattoLa rincorsa di Yates alla Vuelta è iniziata a Ordizia. Anche per lui rinnovo di contratto
Il rinnovo di Yates fa pensare che per i grandi Giri continuerete a puntare su di lui?
Non ci sono tantissimi corridori di qualità sul mercato, quelli buoni hanno tutti contratti molto lunghi, almeno 4-6 anni. Per questo la nostra regola è investire su quello che abbiamo e correre come possiamo. Fare classifica al Tour non era proponibile e allora abbiamo corso puntando alle tappe. E comunque abbiamo ancora tanta fiducia in Simon, che farà una bellissima Vuelta ed è già stato sul podio del Giro. Vedremo che programma farà l’anno prossimo.
Fra gli arrivi, c’è anche il campione italiano, preso ben prima che lo diventasse…
Zana è un corridore che seguivamo da un po’. Cercavamo uno scalatore da far crescere con noi per dare prima supporto ai leader e poi per concedergli il suo spazio. Pinotti lo ha sempre apprezzato molto e certo adesso che ha vinto il campionato italiano avrà anche qualche opportunità in più. Ha fatto il Giro, meno bene di come ci si potesse aspettare, ma lo ha concluso. Poi ha vinto la Adriatica Ionica Race e ha tenuto la condizione fino all’italiano. Vuol dire che il motore è importante.
Sul podio di Alberobello, Zana ha brindato alla maglia tricoloreSul podio di Alberobello, Zana ha brindato alla maglia tricolore
Hai parlato di Pinotti, che idea ti sei fatto di Marco?
E’ un assett importantissimo della nostra squadra. E’ un piacere lavorare con lui. E’ un uomo sincero, dice le cose come le pensa ed è molto preparato. Con lui Sobrero ha fatto un bel salto di qualità. Matteo ha dei margini importanti e può crescere. Speravamo potesse fare classifica alla Tirreno e corse simili, non certo al Giro. Adesso va al Polonia, sono curioso di vederlo all’opera. Non serve mettergli pressione, ma ha dei numeri importanti e in altura ha lavorato bene.
Insomma, momento positivo, con il solo neo del ranking?
E’ un peccato. Veniamo da anni difficili e il ranking fa la media delle ultime tre stagioni, per cui paghiamo il 2020 del Covid e il ritiro di Yates dal Giro. Ma non è la nostra posizione, stiamo lavorando bene e sono certo che il Tour si rivelerà un punto di partenza. Un po’ di preoccupazione c’è stata all’inizio, soprattutto da parte dei direttori sportivi. Ma gli ho detto di non cambiare modo di correre per fare punti. Continuiamo a puntare ai nostri obiettivi e i risultati certamente verranno.
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Carlotta divisa tra il fratello iridato e il moroso tricolore. Ma come sono Ganna e Sobrero giù dalla bici? Interessante racconto per il caffè del mattino