Si va in Rwanda: logistica, hotel, mezzi e costi. Parla Amadio

17.09.2025
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Il primo mondiale africano della storia del ciclismo, un evento che da diverso tempo tiene banco e che ha fatto parlare molto. Sono state tante le incognite legate al mondiale in Rwanda, che inizierà ufficialmente il 21 settembre, ma che occupa la mente delle varie federazioni da mesi. L’Italia ci andrà con le formazioni elite, quindi donne e uomini, al gran completo. Una scelta arrivata nell’ultimo periodo figlia di alcune scelte federali volte a garantire agli atleti la miglior esperienza possibile. 

Staff contato

Si è parlato tanto di costi, sicuramente quello verso Kiigali è un viaggio lungo che mette i vari manager federali davanti a scelte logistiche importanti. L’Italia partirà questa sera con un primo gruppo tra personale e corridori, altri sono già in Africa e hanno sistemato gli ultimi dettagli (tra loro c’è Italo Mambro della FCI, in Rwanda già da ieri con i suoi colleghi per organizzare la logistica, che ci ha fornito le foto di Kigali). Chi si è occupato dei trasporti e della logistica di questo mondiale in Rwanda è Roberto Amadio, team manager della Federciclismo.

«E’ tutto pronto e prima o poi partono tutti – ci racconta Amadio – purtroppo io non sarò parte della spedizione iridata. Sarà un peccato saltare il primo mondiale africano, ma per una questione di costi è stato scelto di gestire alcune cose da casa. Alla fine conta che ci siano i corridori, quindi oltre a me resterà in Europa anche tutto il gruppo della comunicazione».

La prima parte della spedizione iridata, in partenza oggi, comprende anche i mezzi per le cronometro
La prima parte della spedizione iridata, in partenza oggi, comprende anche i mezzi per le cronometro
Una trasferta a ranghi ridotti…

Rispetto al mondiale in Svizzera ci saranno una quarantina di persone in meno e i costi saranno gli stessi. Zurigo aveva prezzi elevati essendo una delle città più care al mondo, mentre per il Rwanda hanno pesato molto gli extra e i voli.

Cosa ha influito maggiormente sulla logistica?

Le bici ovviamente, avremo una novantina di biciclette da far arrivare. In più ci sono altri materiali di ricambio come le ruote e tutta la parte dei prodotti come gel e barrette. Abbiamo suddiviso le partenze in quattro blocchi: oggi in 34 persone tra staff e atleti delle cronometro. Domani (il 18 settembre, ndr) partono altre 18 persone. Il resto del gruppo con gli atleti per le prove su strada arriverà la settimana successiva.

I costi del viaggio sono elevati, tanto hanno influito le spese extra per spedire materiali e prodotti tecnici
I costi del viaggio sono elevati, tanto hanno influito le spese extra per spedire materiali e prodotti tecnici
Andando in aereo non si può spedire tutto.

Abbiamo trovato il giusto equilibrio tra cosa era necessario trasportare e cosa si poteva anche prendere in loco. Ad esempio i lettini per i massaggi li compreremo a Kigali. Ovviamente le bici devono essere spedite e questo è stato un bel grattacapo perché ci siamo dovuti accordare con la compagnia aerea e dividere tutto il materiale su due voli. Per i soli costi extra bagaglio siamo arrivati a spendere 50.000 euro

Borgo ci parlava di uno scalo ad Addis Abeba. 

Sì, perché voliamo con Ethiopian Airlines. Lo scalo era obbligatorio ed era meglio averlo in Africa piuttosto che in Europa. Ci sono dei voli diretti verso Kigali che partono da Bruxelles e Amsterdam, ma la logistica sarebbe stata molto più complicata. 

Gli azzurri dovranno fare a meno di certi comfort, ad esempio il classico pullman non ci sarà
Gli azzurri dovranno fare a meno di certi comfort, ad esempio il classico pullman non ci sarà
Per l’hotel?

C’era stata data una lista di disponibilità, la cosa evidente è che hanno alzato i prezzi. Noi abbiamo scelto autonomamente affidandoci alla nostra referente lì, una ragazza rwandese che ci ha dato una mano. Abbiamo trovato una via di mezzo tra comodità, logistica e servizi, siamo vicini alle partenze delle prove a cronometro e su strada. Ci siamo dovuti arrangiare per quanto riguarda il cibo.

Come mai?

Perché in Rwanda ci sono molte restrizioni doganali sulla merce che può entrare o meno nel Paese. Il nostro cuoco, che è già a Kigali da un paio di giorni, ha già parlato con l’hotel per avere tutto a disposizione, ma ci siamo arrangiati con quello che si può reperire.

L’UCI fornirà alle federazioni le ammiraglie ufficiali
L’UCI fornirà alle federazioni le ammiraglie ufficiali
Ultima cosa, i mezzi?

Le ammiraglie ufficiali con tanto di portabici le fornisce l’UCI. Noi come federazione abbiamo noleggiato una decina di mezzi per gestire al meglio gli spostamenti. Niente pullman, ovviamente. Ci siamo informati per provare a noleggiare un camper visto che il clima in questi giorni era freddo, ma non ce ne sono. I ragazzi si cambieranno nelle auto o nei furgoni, come quando erano under 23 o juniores. Un po’ di spirito di adattamento non fa mai male.

Borgo: «Per il mondiale in Rwanda ci sono anche io»

16.09.2025
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Un volo che partirà a mezzanotte del 18 settembre dall’aeroporto di Milano Malpensa e diretto prima ad Addis Abeba, in piena Etiopia, per poi volare su Kigali dopo uno scalo di sette ore. Il viaggio che attende i corridori diretti al primo mondiale africano della storia durerà quasi un giorno intero. Qualche giorno dopo, il 21 settembre, inizieranno le prime gare. A dare il via al mondiale di Rwanda ci saranno le cronometro, come da consuetudine. Per gli under 23 i due nomi segnati sulla lista della prova contro il tempo sono quelli di Lorenzo Mark Finn e Alessandro Borgo (in apertura foto Philippe Pradiert/DirectVelo). 

Alessandro Borgo per rifinire la condizione in vista del mondiale in Rwanda ha scelto di passare una decina di giorni a Livigno
Alessandro Borgo per rifinire la condizione in vista del mondiale in Rwanda ha scelto di passare una decina di giorni a Livigno

Altura e cronometro

Si è dovuto fare i conti con i costi di questa spedizione iridata, quindi i nomi dei cronoman sono rimasti nel taccuino di Marino Amadori, in attesa di essere rispolverati per l’europeo della settimana successiva. Lorenzo Finn e Alessandro Borgo sapranno difendersi nella cronometro di lunedì 22 settembre, anche se il corridore del Bahrain Victorious Development Team non utilizzava la bici con le protesi da tempo. Lo abbiamo intercettato ieri (lunedì) mentre rientrava dal ritiro di Livigno.

«Ero insieme a Pietro Mattio – racconta Alessandro Borgo mentre lo accompagnamo per un pezzo del suo viaggio di rientro – ci siamo allenati bene per una decina di giorni, undici per la precisione. Ho scelto Livigno anche per utilizzare un po’ la bicicletta da cronometro. Non ci pedalavo dal Giro Next Gen, e anche nei mesi prima di quella gara non è che la utilizzassi molto. Ho utilizzato questi giorni per riprenderci la mano e migliorare nella posizione».

La convocazione di Borgo per i mondiali in Rwanda è arriva grazie alle prestazioni al Tour de l’Avenir (foto Aurélien Regnoult/DirectVelo)
La convocazione di Borgo per i mondiali in Rwanda è arriva grazie alle prestazioni al Tour de l’Avenir (foto Aurélien Regnoult/DirectVelo)
Come ti sei diviso tra bici da strada e da crono?

Qui in altura ho fatto qualche ora di allenamento in più rispetto al solito, soprattutto nei primi giorni. La mattina uscivo con la bicicletta da strada per fare salite e ritmo, una volta rientrati verso casa facevo cambio bici e pedalavo con quella da cronometro. 

Com’è stato riprenderci la mano?

E’ andata bene. Peccato che ho scoperto di fare anche la cronometro non molto tempo fa, mi sarebbe piaciuto provare a fare qualcosa di buono. Il percorso è adatto alle mie caratteristiche, anche perché non è totalmente piatto. 

Borgo a Capodarco con la maglia tricolore under 23 conquistata a Boario Terme a fine giugno (photors.it)
Borgo a Capodarco con la maglia tricolore under 23 conquistata a Boario Terme a fine giugno (photors.it)
Amadori ha detto che la convocazione al mondiale te la sei guadagnata grazie a un ottimo Tour de l’Avenir…

Ci speravo, era un obiettivo. Ad essere sincero è da un anno che ci penso al mondiale in Rwanda, da quando ho visto il percorso della prova in linea. Ho subito pensato potesse essere adatto a me. E’ selettivo con 3.300 metri di dislivello e molto esplosivo, con questa salita da un chilometro e mezzo da ripetere tante volte. Ne ho parlato fin da inizio stagione con il mio preparatore, Alessio Mattiussi, secondo cui il percorso è al limite per me, perché è molto duro. 

Conoscendovi lo avrà fatto per farti tirare fuori il 110 per cento…

Probabilmente sì (ride, ndr). Con lui ho un bel rapporto e la battuta ci sta sempre, ora gli ho dimostrato che avevo ragione. 

Mondiale guadagnato grazie alle prestazioni in salita?

Sapevo di poter arrivare all’Avenir con le carte in regola, infatti ho fatto registrare dei numeri incredibili sulle salite lunghe. Nella tappa regina sono riuscito a scollinare con i primi. L’unico rammarico è non aver vinto una tappa, era il mio obiettivo dall’inizio. Peccato, ma sono tornato a casa consapevole di stare bene. 

Borgo e il suo coach Mattiussi (a destra) lavorano insieme da due anni
Borgo e il suo coach Mattiussi (a destra) lavorano insieme da due anni
Per la gara in linea ci sei anche tu?

Non metto il numero sulla schiena per correre, ma per vincere, sempre. Con Amadori non abbiamo ancora parlato di strategie, ma la squadra è forte. C’è Finn che è uno degli scalatori più forti della categoria, saremo parecchio controllati. 

Come giudichi la tua seconda stagione tra gli under 23?

Sono soddisfatto, ho fatto degli enormi passi in avanti. Arrivavo alla Gent U23 dopo il quinto posto dello scorso anno e pensavo che sarebbe stato bello ripetersi, sono riuscito a vincere. Mi sono riconfermato con la vittoria del campionato italiano, e ho dimostrato di poter correre ad alti livelli. Ho solo due rammarichi.

Sui 53 giorni di corsa messi insieme in questa stagione Borgo ha corso per 13 volte con i pro’, qui al Tour de Wallonie
Sui 53 giorni di corsa messi insieme in questa stagione Borgo ha corso per 13 volte con i pro’, qui al Tour de Wallonie
Quali?

Il secondo posto di tappa al Giro Next Gen e non aver vinto una tappa all’Avenir. Ma va bene così, d’altronde non aver vinto al Giro mi ha messo la giusta fame per conquistare il tricolore. Chissà se il mancato successo all’Avenir mi dia la giusta spinta per la prossima corsa. 

E il prossimo anno?

Mi ero detto, dopo la prima stagione, che mi sarebbe piaciuto fare un altro anno tra gli under per confermarmi e poi passare nel WorldTour. Ne ho parlato anche con la squadra e siamo tutti della stessa idea, prima di pensarci però è meglio godersi le ultime gare.

BigMat fino al 2027 Official Partner dei mondiali UCI strada

12.09.2025
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I Campionati del Mondo di ciclismo in programma a fine mese in Rwanda si avvicinano sempre di più. Cresce di conseguenza l’attesa e la curiosità per dei mondiali che per la prima volta si svolgeranno nel continente africano

Tra i sicuri protagonisti della prossima rassegna iridata ci sarà sicuramente BigMat. L’azienda francese, leader a livello europeo nella distribuzione di materiale edili, è infatti Official Partner dei Mondiali UCI su strada. Si tratta di un accordo che copre il quadriennio 2024-2027, quindi già in corso.

Matteo Camillini, Managing Director BigMat Italia e International
Matteo Camillini, Managing Director BigMat Italia e International

Evento globale

A motivare la scelta di essere partner dei Campionati del Mondo strada è Matteo Camillini, Managing Director BigMat Italia e International. 

«I Campionati Mondiali di Ciclismo – dichiara Camillini – sono tra gli eventi sportivi più seguiti a livello globale, richiamando milioni di appassionati. La partnership con l’UCI ci permette di valorizzare internazionalmente il nostro brand, associandolo ai valori di passione, impegno e tenacia che lo sport del ciclismo sa trasmettere, i medesimi su cui il nostro Gruppo basa quotidianamente il proprio lavoro». 

A fare eco alle parole di Camillini è Fabrice Maud, Presidente di BigMat International.

«Essere sponsor ufficiale dell’UCI è per noi un onore, nonché un’occasione unica per contribuire allo sviluppo e alla promozione del ciclismo, non solo in chiave agonistica, ma anche come sano stile di vita. I valori di capacità di sforzo, perseveranza, rispetto per l’ambiente e innovazione che questa disciplina incarna sono perfettamente allineati con quelli di BigMat. Fino al 2027 lavoreremo a stretto contatto con l’UCI per sostenere eventi di alto livello e favorire una partecipazione sempre maggiore a questo sport, in tutti i suoi aspetti». 

L’intesa con BigMat è stata naturalmente accolta con entusiasmo dal presidente dell’UCI, David Lappartient
L’intesa con BigMat è stata naturalmente accolta con entusiasmo dal presidente dell’UCI, David Lappartient

Scopriamo BigMat

Nato in Francia nel 1981, BigMat rappresenta oggi il Gruppo leader in Italia e in Europa per numero di punti vendita dedicati alla distribuzione specializzata di materiali per costruire, ristrutturare e rinnovare. A livello europeo ne vanta complessivamente più di 1.000, dislocati in 7 Paesi: Belgio, Francia, Italia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Spagna. Il Gruppo nel 2024 ha raggiunto un fatturato globale assestatosi a quota 3,42 miliardi di euro. In Italia BigMat è presente su tutto il territorio nazionale con oltre 250 punti vendita gestiti da 167 soci, e ha generato nel corso del 2024 un fatturato superiore al miliardo di euro.

L’accordo tra UCI e BigMat è iniziato nel 2024
L’accordo tra UCI e BigMat è iniziato nel 2024

Per i professionisti dell’ediliza 

BigMat si rivolge ai professionisti del settore dell’edilizia – imprese edili, artigiani, progettisti, architetti, interior designer e privati – offrendo a ciascuna tipologia di clientela prodotti, sistemi costruttivi e servizi personalizzati per ogni progetto. BigMat ha assunto nel tempo il ruolo di partner strategico per tutti i progetti di natura edile anche grazie al contributo garantito dalla sua rete di showroom d’interni HABIMAT, un network composto da 46 punti espositivi, e all’apporto assicurato da BigRent, il suo servizio per il noleggio di piccole e medie attrezzature per l’edilizia rivolto ai professionisti, alle partite IVA e ai privati. 

L’azienda francese sarà accanto all’UCI fino al 2027
L’azienda francese sarà accanto all’UCI fino al 2027

Non solo ciclismo

Come fin qui raccontato, per il quadriennio 2024-2027 BigMat sarà Official Partner dei Mondiali UCI su strada. L’azienda francese non è però solo vicina al ciclismo come sport. Dal 2023 BigMat è sponsor ufficiale delle Nazionali Italiane di Pallavolo, accompagnando come co-sponsor di maglia gli atleti e le atlete del volley azzurro in tutti gli appuntamenti internazionali. Sul proprio sito, l’azienda ha voluto festeggiare la recente vittoria ai Campionati del Mondo delle ragazze di Julio Velasco.

Dal 2024 il Gruppo è anche title sponsor delle BigMat Finali Nazionali Giovanili di Pallavolo. 

Tra le iniziative maggiormente di rilievo messe in campo da BigMat a livello internazionale sono da annoverare il BigMat International Architecture Award (Premio biennale che a partire dal 2013 promuove l’eccellenza architettonica europea) e Costruiamo per lo Sport, il progetto di responsabilità sociale che a partire dal 2020 sostiene lo sport amatoriale in tutta Europa.

BigMat

Rosato: un terzo posto che vale il mondiale e i passi verso il 2026

08.09.2025
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Nella nostra ultima intervista Giacomo Rosato aveva definito il Giro della Lunigiana il vero esame per conquistare una maglia azzurra ai mondiali in Rwanda. Con le prestazioni messe insieme durante i quattro giorni tra Liguria e Toscana lo scalatore veneto ha convinto il cittì Salvoldi a convocarlo per la trasferta a Kigali. Giacomo Rosato si aggiunge così a Roberto Capello e Mattia Agostinacchio, manca solo il biglietto dell’aereo, ma a breve arriverà.

«Sono tornato a casa ieri – ci dice il ragazzo nato a Montebelluna – insieme ai miei genitori, mi hanno seguito per tutto il Giro della Lunigiana. Mi fa sempre piacere quando riescono a venire alle corse. Il terzo posto è un bel regalo per loro, ma anche per me. Direi che ci voleva. Era da inizio anno che avevo messo il mirino sul Lunigiana, per arrivarci al meglio sono andato in altura per due settimane. Sono sceso che avevo buone sensazioni».

Podio Giro della Lunigiana 2025: Seff Van Kerckhove, Anatol Friedl, Giacomo Rosato (foto Ptzphotolab)
Podio Giro della Lunigiana 2025: Seff Van Kerckhove, Anatol Friedl, Giacomo Rosato (foto Ptzphotolab)
Com’è stato preparare questo obiettivo come fanno i grandi?

Ho rischiato un po’ perché era la prima volta che andavo in altura, ne ho parlato con il mio preparatore, Mattia Gaffuri, e abbiamo trovato la via migliore. Siamo stati sulle venti ore settimanali, non volevamo esagerare per non stressare il fisico. Sono andato a Livigno, per i primi cinque giorni da solo, poi è arrivato Dino Salvoldi insieme agli altri quattro ragazzi selezionati. 

Facciamo un gioco, visto che avevi definito il Lunigiana come un esame finale, che voto ti dai?

8, anzi 8,5. Quel mezzo voto in più è per il podio che sono riuscito a conquistare ieri. Il Lunigiana è una corsa difficile, un terno al lotto costante. Devi farti trovare pronto in ogni momento, nella prima tappa ero davanti ma non ho voluto rischiare in discesa. Mentre il giorno dopo ero partito con l’idea di provarci, ho attaccato per provare a vincere. Forse mi sono mosso troppo presto, ma è arrivato un buon quarto posto.

Nella seconda tappa del Lunigiana Rosato (sullo sfondo) ha corso con in testa la vittoria e provando ad attaccare (foto Ptzphotolab)
Nella seconda tappa del Lunigiana Rosato (sullo sfondo) ha corso con in testa la vittoria e provando ad attaccare (foto Ptzphotolab)
Nella giornata di ieri, invece, il podio…

E’ stata una tappa difficile, la più impegnativa e anche quella con maggior dislivello. Sulla salita di Fosdinovo ho avuto un piccolo problema perché il norvegese Haugetun si è staccato poco dopo un tornante. Il gruppo era allungato e lui era davanti a me, mi ha fatto il buco nel momento in cui davanti hanno attaccato. Sono rientrato solamente a un chilometro dalla vetta, è stato uno sforzo incredibile. 

Salvoldi ha detto che si sarebbe aspettato qualche iniziativa in più dai suoi ragazzi.

Si andava forte ogni giorno, era difficile fare un’azione. Io nella tappa più adatta alle mie caratteristiche ci ho provato, magari avrei potuto attaccare anche nella seconda semitappa ma era uno strappo esplosivo non troppo adatto a me. Mentre ieri il ritmo era altissimo, attaccare quando sei in classifica è rischioso. Non ne valeva la pena.

Le qualità del corridore del team Fratelli Giorgi sono adatte al percorso iridato (foto team)
Le qualità del corridore del team Fratelli Giorgi sono adatte al percorso iridato (foto team)
Perché?

C’era in ballo un podio al Lunigiana, poi i primi due (Friedl e Van Kerckhove, ndr) andavano molto forte. Corro sempre per provare a vincere ma non è facile, quando sei in classifica ti guardano e sei costantemente marcato. Il francese Blanc, che ha vinto le ultime due tappe, era molto più libero perché ormai era fuori classifica. 

Che cosa ha detto di te questo Lunigiana?

Sono cresciuto molto, soprattutto se mi paragono con gli stranieri. A inizio anno mi sentivo un gradino sotto rispetto a loro, ora penso di essere allo stesso livello. Al mondiale in Rwanda si dovrà avere la giusta mentalità, provare a giocarci le nostre chance. La squadra è competitiva, si deve provare a fare qualcosa. 

Nel frattempo a inizio agosto hai avuto modo di correre con i colori che ti accompagneranno nel salto tra gli under 23…

Sono andato in Belgio, alla Aubel-Thimister-Stavelot, con la Cannibal Victorious, team juniores del Bahrain Victorious. Il prossimo anno passerò U23 con il loro devo team ed è stata una bellissima esperienza. Ora penso al mondiale e a conquistare un posto per l’europeo, poi guarderò al 2026. Ci sarà da lavorare tanto ma credo di essere pronto.

Ciabocco, un Avenir Femmes corso con riflessi azzurri

30.08.2025
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Il bicchiere lo vede sempre mezzo pieno e ha ragione lei. Eleonora Ciabocco ha appena concluso il Tour de l’Avenir Femmes meglio di un anno fa e può incamerare ulteriori convinzioni per i prossimi appuntamenti in maglia azzurra (in apertura foto instagram).

Nel 2024 la ventunenne marchigiana chiuse il “piccolo Tour” per U23 al sesto posto a più di sette minuti da Marion Bunel. Quest’anno invece ha iniziato con due secondi posti nelle prime due frazioni. Ha concluso quindi la generale in quinta piazza dopo essere stata seconda ad una manciata di secondi dalla maglia gialla fino alla vigilia delle due semitappe di ieri. Stavolta Ciabocco se l’è giocata molto di più contro due atlete più inclini di lei alla salita come Holmgren e Bunel (rispettivamente prima e seconda, a parti invertite rispetto a dodici mesi fa). Ora arriva un periodo da vivere quasi senza respiro tra Picnic PostNL e nazionale.

Holmgren (in maglia gialla) brucia Bunel al fotofinish ai 1980 metri di La Rosière. Chiuderanno così anche la generale (foto Tour Avenir Femmes)
Holmgren (in maglia gialla) brucia Bunel al fotofinish ai 1980 metri di La Rosière. Chiuderanno così anche la generale (foto Tour Avenir Femmes)

Tutto alla fine

E’ stato un venerdì intenso quello vissuta sulle strade dell’Avenir Femmes. Dopo il riposo del giovedì, l’ultima giornata si è divisa in due a La Rosière dove era partita la corsa un anno fa. Al mattino la semitappa di 40 chilometri a cavallo delle Alpi con sconfinamento in Val d’Aosta (trasferimento di 36 chilometri per la partenza ufficiale da Morgex scalando il Piccolo San Bernardo prima di rifarlo in gara al ritorno), poi nel pomeriggio l’altra semitappa con una cronoscalata di 10 chilometri. Tra tutto le gambe di Ciabocco e le altre atlete hanno avvertito un dislivello di 3.000 metri.

«Siamo partite forte – attacca Eleonora mentre sta rientrando col gruppo azzurro dalla Francia – e mi aspettavo che qualcuno attaccasse presto. Infatti Bunel ha forzato i tempi sul Colle San Carlo, scollinando da sola e guadagnando in discesa. Dietro eravamo tutte assieme, ma scendendo verso La Thuile abbiamo iniziato a perdere contatto fra di noi. Da lì in avanti io ho praticamente fatto tutta la gara da sola e come me via via molte altre, a parte Holmgren che era già tornata su Bunel, arrivando in due fino al traguardo.

«E’ stato in quel frangente – prosegue Ciabocco – che ho perso tanto tempo ad inseguire quelle davanti a me che hanno sfruttato la superiorità numerica prima di restare sole. Ovvio che poi siano cresciuti i minuti tornando a La Rosière. La crono in salita non è andata male, però devi fare i conti con ciò che ti è rimasto. Posso dire di uscire con maggiori consapevolezze e più esperienza in generale e rispetto all’anno scorso. Quest’anno ero più preparata a fare la capitana perché anche con la mia squadra mi era capitato di essere leader in qualche gara».

Dopo il secondo posto nel prologo, Ciabocco conquista la stessa posizione nella prima tappa alle spalle di Gery (foto Lewis Catel)
Dopo il secondo posto nel prologo, Ciabocco conquista la stessa posizione nella prima tappa alle spalle di Gery (foto Lewis Catel)

Assaggio mondiale

E’ mancato solo l’acuto. Ciabocco meritava di tornare dalla Francia con un risultato importante anche se non bisogna disprezzare il secondo posto nel prologo in salita a Tignes e quello nella prima tappa in linea a Saint-Galmier, così come le altre quattro top 10. Questa settimana di Avenir Femmes può considerarsi un antipasto del mondiale U23 in Rwanda.

«Il livello è stato alto – analizza – tanto che nelle frazioni iniziali, o le prime quattro in linea se preferite, non c’è stato spazio e terreno per fare gara dura o un po’ di differenza sulle scalatrici pure. Siamo sempre arrivate tutte assieme. All’Avenir le salite lunghe hanno deciso la generale, al mondiale invece ci saranno strappi più corti e più gestibili, seppur ne uscirà una corsa dura.

«So che dovremmo essere al via in poche – spiega Ciabocco – e potrebbero esserci le stesse avversarie con l’aggiunta di qualche ragazza che non c’era in Francia. Penso a Cat Ferguson. Sulla carta può sembrare un percorso troppo duro per lei, ma sappiamo che è forte e che quando sta bene è capace di tutto. Penso però anche a Celia Gery, che all’Avenir ha conquistato tre tappe e mi ha fatto una grande impressione. Non è un caso che Francia e Gran Bretagna al mondiale U23 andranno con formazioni al completo o quasi».

Ardeche, Rwanda e… Ardeche

Il contingente della nazionale per i mondiali africani prevede il numero massimo consentito sia per uomini che donne. Nel gruppo femminile non è ancora esplicitato se ci sarà un posto riservato ad una Under 23 (che ricordiamo correranno una gara tutta per loro per la prima volta nella storia), però interpretando le parole del cittì Velo dopo il Giro Women parrebbe che quel posto potrebbe essere assegnato proprio a Ciabocco.

Se occorrevano risposte dall’Avenir, allora si può dire che siano arrivate. E forse vale davvero la pena portare la marchigiana in Rwanda. E’ vero che correrà senza compagne, ma è altrettanto vero che non sarà l’unica in quelle condizioni e non è peregrina l’idea di portare a casa una medaglia. Ora manca solo l’ufficialità, ma intanto Eleonora sa già che il programma che l’attende potrebbe essere un cerchio.

«Farò qualche giorno a casa – ci dice – poi correrò il Tour de l’Ardeche con la Picnic PostNL (dal 9 al 14 settembre, ndr). A quel punto se dovessi correre il campionato del mondo, so che partirei col gruppo crono il 17 o 18 settembre. Quindi farei una settimana in Rwanda prima di correre (le U23 corrono il 25 settembre, ndr).

«In teoria – conclude Ciabocco – dovrei correre anche l’europeo in Ardeche (il 3 ottobre, ndr) e la gara con la squadra potrebbe servire proprio anche in quella funzione. Tuttavia ci sono ancora un po’ di cose che vanno confermate e considerate. Una di queste sarebbe la capacità di recupero tra il rientro dal Rwanda e la rassegna continentale. Andiamo un passo alla volta però. Alla base di tutto bisogna aspettare la definitiva convocazione in nazionale. Naturalmente spero che arrivi, io sono pronta».

Cinque uomini e quattro donne: pochi italiani ai mondiali. Perché?

13.06.2025
5 min
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Cinque professionisti uomini e quattro donne. Quattro under 23. Tre juniores uomini e tre donne. A seconda di chi deve raccontarla, fra governo e opposizione, la scelta dell’Italia di portare un contingente limitato di atleti ai mondiali del Rwanda può avere sfumature differenti.

C’è da fare economia, ad esempio, perché nell’anno post olimpico i soldi sono sempre di meno. Oppure: sono aumentate le spese, perché Sport e Salute ha calato i contributi e inserito gli affitti per le strutture che prima il CONI offriva gratuitamente. Ancora: si sono mangiati tutti i soldi perché la gestione non funziona e adesso non sanno come fare. Ciascuno ha la sua lettura e forse la più giusta sta nel mezzo. Restano due dati inoppugnabili. A parità di tradizione e prestigio, la Federazione italiana ha meno soldi da spendere rispetto a quella belga che volerà in Africa al gran completo. E comunque prevedere i mondiali in Rwanda sarà pure bello per l’apertura che comporta, ma significa esporre tutte le federazioni a un esborso micidiale dopo la già carissima Zurigo.

Roberto Amadio è dal 2021 team manager delle nazionali. Ha debuttato con i mondiali 2022 in Australia
Roberto Amadio è dal 2021 team manager delle nazionali. Ha debuttato con i mondiali 2022 in Australia

Ne parliamo con Roberto Amadio, il team manager delle nazionali. Lui ci prova a stare alla larga dalle questioni politiche, ma alla fine è quello che deve farci i conti e conciliarle con la necessità di fare attività. Pertanto, se ti dicono che il budget non basta – qualunque ne sia la ragione – la sola cosa che puoi fare è ridurre i numeri. A meno di non chiedere agli atleti di pagarsi il viaggio, che però sarebbe poco serio.

E’ davvero così impegnativo gestire questo mondiale?

I costi sono alti, spendiamo ben più di quanto ci costerebbero dei mondiali in Europa, diciamo un 20-30 per cento più di Zurigo 2024, che è stato molto caro. Andremo a spendere sui 300 mila euro, quando di solito ne bastano 220-230 mila. Insomma, non è che abbiamo diminuito il budget, anzi. Il Consiglio federale ha stanziato un budget più alto di quelli normali, che però non è sufficiente per sostenere una spedizione al completo. Il tema è questo. Se poi di qui a settembre verranno fuori nuove risorse, valuteremo se cambiare qualcosa per rinforzare una categoria piuttosto che un’altra.

Qual è stato il criterio per determinare il numero degli atleti?

Abbiamo valutato che 5 professionisti sono sufficienti anche per un controllo minimo della corsa. Un paio possono entrare nelle fughe all’inizio e due rimangono con il leader per il finale di corsa. Ovviamente ci sarà da capire chi controllerà. Se vengono i fenomeni, ci penseranno loro. Una valutazione simile è stata fatta per le donne.

Fatta la Vuelta, Ciccone potrebbe tornare ai mondiali come leader dopo Zurigo 2024
Fatta la Vuelta, Ciccone potrebbe tornare ai mondiali come leader dopo Zurigo 2024
Dove forse abbiamo maggiore possibilità di risultato…

Infatti Longo Borghini in un mondiale così può essere sicuramente protagonista e tre ragazze che la affiancano sono più che sufficienti. Insomma, io ricordo sempre che nel 1983 Lemond vinse un mondiale da solo. Arrivò con la macchina, si gonfiò le gomme, corse, vinse e se ne tornò a casa. Servono le gambe, insomma. Infine negli under 23 abbiamo ritenuto di supportare Lorenzo Finn, che già al primo anno sta dimostrandosi uno dei migliori atleti in circolazione, per i risultati e anche la personalità. Anche loro correranno in quattro.

Gli juniores saranno al minimo…

Sono i più sacrificati, sia uomini che donne, con tre elementi in tutto. Al momento è così, poi valuteremo se si riesce a fare qualcosa in più.

Cinque professionisti sono ugualmente pochi.

So che Marco (Villa, ndr) ha già parlato con Ciccone e con parecchi altri atleti. Con Tiberi, con Caruso, quelli che si sono dimostrati tra i migliori anche al Giro. Io credo che un percorso così duro vada bene per Ciccone che sicuramente, parlando anche con Guercilena, dovrebbe fare la Vuelta e arrivare con una grande condizione. Però ripeto: altri arriveranno e a quel punto sarà Villa a decidere la rosa finale. So che sta parlando con una quindicina di atleti.

I mondiali in Rwanda potrebbero essere un’ottima occasione per Longo Borghini
I mondiali in Rwanda potrebbero essere un’ottima occasione per Longo Borghini
Cinque professionisti sono pochi, ma se fossero motivati potrebbero andare meglio dello scorso anno…

Ho parlato con diversi corridori al Giro e li ho visti molto interessati alla maglia azzurra. Mi hanno fatto tante domande e, quando è così, capisci che c’è anche la voglia di venire e fare bene. Quello che è successo l’anno scorso a Zurigo non è piaciuto a nessuno, ma è chiaro che quando ti trovi di fronte ai super campioni, finisce che ti demoralizzi. Però sono convinto che questo mondiale così impegnativo possa essere una buona occasione.

Tornando al mondiale, chi fa la strada fa anche la crono?

Sì, anche perché il percorso da crono è impegnativo e corridori come Cattaneo, Sobrero o anche Tiberi sono ottimi anche a crono. E anche nella crono delle donne possiamo fare bene, al punto che possiamo fare bene anche nel Mixed Team Relay. Invece la crono degli juniores sarà da vedere, perché secondo Dino Salvoldi sarà meno dura di quanto sia per le altre categorie.

I corridori convocati dovranno fare dei vaccini?

Il dottor Corsetti ha fatto una ricerca, parlando con medici del Rwanda e dell’UCI e ha prodotto un documento. E’ risultato che a Kigali non ci sono emergenze che richiedano vaccini particolari. Ci sono raccomandazioni di fare quello per la febbre gialla o quello per la malaria, ma per l’OMS non sono obbligatori. Per cui la scelta compete agli atleti e ai medici delle squadre, oppure ai genitori nel caso di atleti minorenni. Se poi qualcuno vuole rimanere a farsi le vacanze nella foresta, allora farà bene a vaccinarsi.

Il Rwanda ospiterà i prossimi mondiali. Agli atleti non sono richieste vaccinazioni (foto Tour du Rwanda)
Il Rwanda ospiterà i prossimi mondiali. Agli atleti non sono richieste vaccinazioni (foto Tour du Rwanda)
Secondo Silvio Baldini, allenatore del Pescara neopromossa in serie B, i calciatori giovani hanno perso il senso della nazionale…

I nostri tengono alla maglia azzurra, la vestono da quando sono juniores. Ci sono campioni che sulla nazionale hanno investito la loro carriera. Il problema è che nel calcio e sempre più nel ciclismo comandano le squadre e non sempre le squadre hanno a cuore gli interessi della nazionale. Basti pensare che nella settimana successiva al mondiale ci sono gli europei, anche quelli impegnativi. E ci sono squadre che preferiscono portare i loro corridori al Giro dell’Emilia per il discorso dei punti. Sono cose che da un lato capisco, ma che ci mettono in difficoltà.

Malori e il no iridato di Ganna: «Crono assurda, giusto non andare»

01.02.2025
7 min
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La lista delle defezioni di atleti e federazioni al mondiale in Rwanda è iniziata da diverso tempo ed è in continuo aggiornamento. Al netto del recentissimo e riemerso conflitto nella parte orientale della confinante Repubblica Democratica del Congo, tenuto sotto osservazione dall’UCI che ha già diffuso una nota ufficiale sulla (per ora) regolare organizzazione della rassegna iridata, i forfait verso il centro dell’Africa avevano anche radici espressamente tecniche. In particolare in casa azzurri sono già arrivati l’irritazione di Marco Velo e i “no” di Ganna e Guazzini per la crono e l’impressione che altri specialisti puri del “tic-tac” si accoderanno ai due azzurri (in apertura, Ganna nella crono di Perugia del Giro: veloce fino alla salita finale in cui Pogacar ebbe la meglio).

Già l’anno scorso il tracciato di Zurigo era risultato un po’ border line, soprattutto per la pericolosità di una lunga discesa ripida, stretta e veloce, anche se poi accontentò tutti e ne uscì una crono da oltre 52 chilometri di media oraria. Stavolta invece non appena sono usciti i dati delle prove contro il tempo, è parso abbastanza evidente che le altimetrie del Rwanda strizzassero l’occhio a uomini da Grandi Giri o corridori piuttosto completi. Cosa scatta quindi nella mente dello specialista? La molla per prepararsi a puntino per una sfida nuova e stimolante oppure la volontà di puntare ad altri obiettivi senza snaturarsi? Abbiamo chiesto tutto ad Adriano Malori, ormai nostro consulente per le cronometro.

Altimetrie e planimetrie

Il percorso che si snoda attorno all’altopiano di Kigali assume la forma di una Y molto tortuosa, con poca pianura ed un arrivo all’insù. Quattro le ascese previste: Côte de Nyanza all’andata (2,5 km al 5,8%) e al ritorno (6,6 km al 3,5%), Côte de Peage (2 km al 6%, che non verrà fatta dalla donne) e Côte de Kimihurura (1,3 km in pavè al 6,3%) prima degli ultimi 600 metri tutti a salire. Gli uomini si confronteranno su 40,6 chilometri per un dislivello di 680 metri, le donne faranno 31,2 chilometri per un dislivello di 460 metri.

Per ritrovare un tracciato contro il tempo piuttosto anomalo, bisogna tornare al 2017 quando a Bergen in Norvegia la crono maschile si concluse in vetta a Mount Floyen e diversi atleti scelsero di cambiare la bici ai piedi della salita finale. Vinse Dumoulin davanti a Roglic (l’unico del podio a fare il cambio) e Froome al termine di una prova di 31 chilometri con 660 metri di dislivello chiusa a 41,6 km di media oraria.

Scelta condivisa

Alla luce di quanto detto sopra, Malori va subito al sodo senza troppi giri di parole come sa fare lui. «I forfait già annunciati di Ganna e Guazzini – parte il preparatore parmense – sono state le scelte giuste, le stesse che avrei fatto io. Onestamente credo e spero che possano fare altrettanto anche atleti come Kung, Affini, Tarling o simili. Per me è un percorso assurdo. Lo dico da cronoman che ama quel tipo di esercizio proprio nella sua essenza. In questa crono manca il punto in cui lo specialista possa davvero spingere con una certa continuità e tenere alta la media.

«A parte i primi 8,3 km pianeggianti – prosegue il “Malo” – poi sono tutte salite ravvicinate e altrettante discese. E’ come una mini gara in linea, ma da fare singolarmente. Questa crono è adatta a gente da gare a tappe. Roglic, Evenepoel se non soffrirà in discesa, Vingegaard e Pogacar sono i favoriti. Ci metto però pure Van Aert, che secondo me sta tornando quello del 2022 quando vinse tre tappe diverse al Tour e fece terzo ad Hautacam. Tra gli italiani potrebbero andare molto forte Cattaneo e Tiberi. Anche tra le donne vedo favorita una da Grandi Giri come Longo Borghini, che per noi sarebbe un bene».

Vittoria Guazzini ha già annunciato che non farà la crono mondiale in Rwanda per il percorso poco adatto a lei
Vittoria Guazzini ha già annunciato che non farà la crono mondiale in Rwanda per il percorso poco adatto a lei

Strategia mediatica

Malori conosce bene il mondo del ciclismo, avendo visto da dentro come funzionano certi meccanismi per le manifestazioni più importanti. Un’idea sul perché di una crono così se la è fatta.

«La morfologia del Rwanda – spiega – probabilmente non offre alternative a percorsi da specialisti o magari non ne hanno voluti trovare in altre zone del Paese lontano dalla sede principale, come invece è successo in altre edizioni. La prendo però un po’ da lontano. Se andiamo a rivedere i percorsi dei mondiali precedenti, abbiamo visto come ci sia stata la tendenza a rendere le crono sempre meno semplici dal punto di vista altimetrico. Il caso del 2017 è più unico che raro e a mio modo di vedere incomprensibile. Nel 2023 in Scozia si arrivò su uno strappo secco in pavé, però alla fine era una crono veloce. Insomma è come se l’UCI ci volesse abituare a quest’anno perché hanno un interesse ben preciso».

Nel 2023 la crono mondiale terminava al Castello di Stirling dopo uno strappo secco sul pavè di circa un chilometro
Nel 2023 la crono mondiale terminava al Castello di Stirling dopo uno strappo secco sul pavè di circa un chilometro

«Tutto ciò – va avanti Malori – potrebbe essere una mossa ad hoc per avere l’ennesima sfida tra Pogacar e Vingegaard con Evenepoel terzo incomodo come all’ultimo Tour. Anche adesso che è inizio stagione, sui social si parla solo di loro. La gente vuole un confronto ovunque tra questi fenomeni. La sfida del Tour riportata al mondiale sia in linea che a crono. Forse l’UCI vuole un corridore che sia in grado di vincere tutto e gli importa molto poco dei cronoman puri.

«Attenzione però al rovescio della medaglia. Se vince tutto sempre il solito, anche le cronometro di mondiali o europei, gli stessi appassionati possono perdere interesse. Per me il Pogacar del 2024 in Rwanda può fare doppietta senza nemmeno faticare troppo. E potrebbe arrivarci dopo aver già vinto tantissimo in stagione. Se la strategia dell’UCI è quella di sfruttare il monopolio vincente di Pogacar, deve mettere in conto che la gente possa poi stancarsi di seguire le corse».

Nel 2017 in Norvegia andò in scena una crono iridata anomala. Arrivo in salita e per qualcuno (qui Kelderman) la scelta di cambiare bici
Nel 2017 in Norvegia andò in scena una crono iridata anomala. Arrivo in salita e per qualcuno (qui Kelderman) la scelta di cambiare bici

Obiettivi diversi

Il ragionamento di Malori torna comunque all’inizio immedesimandosi a quando si infilava nei body aerodinamici del club e della nazionale per vincere dove sa che poteva.

«Ci sono gare in cui ti devi preparare meglio o più approfonditamente – finisce la sua analisi Adriano, che da pro’ ha vinto 14 crono su 16 successi totali – altre invece dove è inutile farlo. Per essere veramente competitivo e considerando la iper specializzazione del ciclismo attuale, Ganna per questo mondiale, dovrebbe stravolgere la sua preparazione e forse anche snaturarsi un po’. Ne vale la pena?

«Lui ha già vinto due mondiali a crono e tanto altro, non ha bisogno di fare i salti mortali per questa gara. Anche perché rischierebbe di impostare una stagione su questa crono e magari raccogliere un piazzamento nei dieci o nei cinque se va bene. Già l’anno scorso ha dimostrato su un percorso poco incline a lui e dopo un periodo fuori forma, di aver fatto una grande prova. Fossi in lui mi concentrerei su altri appuntamenti per vincere. Che siano a crono o altre gare, lui ha le carte in regola per farlo».

Cronoman alla larga dal Rwanda e Velo sbotta

15.01.2025
6 min
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D’accordo che manca una vita, però dei mondiali in Rwanda si parla da un pezzo. E se gli scalatori, Pogacar in testa, sanno di avere nella prova su strada nuovamente un’occasione ghiotta, sul fronte dei cronoman l’entusiasmo è sparito nel momento in cui hanno preso in mano l’altimetria della prova contro il tempo. 40,6 chilometri con 680 metri di dislivello per i professionisti. 31,2 chilometri e 460 metri di dislivello per le donne elite. 42,4 chilometri e 740 metri di dislivello per il team time trial. La prima a fare un passo indietro è stata Vittoria Guazzini e a ruota è presto arrivato anche Ganna. Nessuna voglia di finire come a Tokyo, quando i chilometri furono 44,2 chilometri e il dislivello di 800 metri.

Il tema sta molto a cuore a Marco Velo, tecnico della crono azzurra. Già nei mesi scorsi non erano mancate le sue osservazioni molto critiche sul tema e la scelta tecnica per la prova del Rwanda contribuisce solo a rincarare la dose.

«Noi saremmo anche messi bene – dice – perché comunque abbiamo Cattaneo, Sobrero ed Elisa Longo Borghini. Ma non posso essere contento perché è da Tokyo che ho in mente un’idea, che secondo me l’UCI dovrebbe adottare piuttosto che pensare ad altre cose che esulano da quello che effettivamente dovrebbe essere una cronometro».

Europei di Hasselt 2024, Velo con Affini che ha vinto e Cattaneo che ha preso il bronzo
Europei di Hasselt 2024, Velo con Affini che ha vinto e Cattaneo che ha preso il bronzo
Come deve essere fatta una cronometro?

Una prova per cronoman, cioè atleti con certe attitudini e caratteristiche. Sennò è come organizzare una gara dei 100 metri di atletica e metterci in mezzo una curva, perché lo stadio è fatto così. Oppure una maratona con tre salite. Un conto è la crono del Giro d’Italia, le corse a tappe esulano dalla specialità vera e propria, ma quando si tratta di una prova titolata…

Quale idea hai in mente da Tokyo?

La proposta che vorrei fare all’UCI, magari questo articolo può essere l’inizio di un dibattito, è dire che è difficile al giorno d’oggi trovare 30-40 km completamente piatti, non lo pretendo nemmeno. Però inserirei un range per il dislivello. Per crono da 0 a 30 chilometri, puoi arrivare al massimo a 250 metri. Dai 30 ai 40 chilometri, puoi arrivare a 300-350 metri. Ma non 700 come in Rwanda oppure 800 come a Tokyo, altrimenti è una cronoscalata. Come mettono il limite di chilometri nella lunghezza delle tappe, potrebbero valutare anche questo criterio, per non penalizzare chi investe nella specialità.

Zurigo andava bene, secondo te?

No, era al limite. Erano 46 chilometri con 413 metri di dislivello. Se fosse stata meno, magari Evenepoel avrebbe vinto comunque, ma ho dei dubbi. Per come è andato Ganna nel finale, che gli guadagnava 1″200 a chilometro, lo passava di sicuro. Pippo ha perso dopo la salita, dove c’erano due strappi duri da fare e l’altro pesa 20 chili in meno. La salita più o meno l’hanno fatta alla pari, c’erano 3″ di differenza.

Come dire che sarebbe bastato meno dislivello…

Zurigo con 100 metri di dislivello in meno significava avere molto probabilmente Ganna campione del mondo. Come volava pure Tokyo e chiuse a 2 secondi dal bronzo. Allora vinse Roglic, questa volta potrebbe vincere Pogacar o Van Aert se decide di farla a tutta. Dovrebbero regolarsi come per la prova su strada. Un anno fai la crono con 50 metri di dislivello, l’anno dopo la fai con 350 che va bene per tutti. Mi dispiace che a Zurigo non abbia potuto correre Cattaneo…

Elisa Longo Borghini e Gaia Realini, due atlete che potremmo rivedere in azzurro ai mondiali del Rwanda
Elisa Longo Borghini e Gaia Realini, due atlete che potremmo rivedere in azzurro ai mondiali del Rwanda
Perché?

Perché speravo che Affini fosse iscritto di diritto in quanto campione europeo, invece non era possibile. Ma per il prossimo mondiale lui ci sarà, mentre il percorso è troppo duro per campioni come Ganna e Affini. Abbiamo Cattaneo e Sobrero e potremmo avere anche Baroncini. L’anno scorso era stato interpellato per la crono mista, dato che era dura, ma non ha accettato. Ma anche su quello, vi pare normale fare un team time trial sul percorso della strada, dove il solo pezzo in pianura era quello che portava all’arrivo? Salita, discesa, curve e quando ci stai nella posizione da crono? E’ assurdo. Eppure eravamo lì e abbiamo perso solo per 6 secondi.

Avevamo una bella squadra.

Se fosse stato un percorso piano, dico che la vincevamo. Cattaneo, Affini e Ganna avrebbero lasciato alle ragazze un minuto da gestire, eppure hanno fatto ugualmente i miracoli, per chiudere sui tempi dei migliori su un percorso così duro. Per stare dietro a Cattaneo che tirava in salita, Affini ha sputato sangue (foto di apertura, ndr) e lo stesso ha fatto Ganna, però hanno volato e stiamo parlando di tre atleti di grossa taglia, Mattia un po’ meno. L’Australia aveva O’Connor che ha fatto secondo nella prova in linea. Purtroppo abbiamo beccato Soraya Paladin in una giornata no, perché quello è stato, altrimenti eravamo ancora lì a giocarcela.

Il percorso duro di Kigali (Rwanda) riporta in primo piano le doti da cronoman leggero di Matteo Sobrero
Il percorso duro di Kigali (Rwanda) riporta in primo piano le doti da cronoman leggero di Matteo Sobrero
Visto che il percorso di Kigali è così duro, vale la pena chiedere di indurire i campionati italiani?

Bisogna dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Intanto bisogna capire dove verrà fatto l’italiano, ma forse non serve indurirlo. Può essere utile per le categorie giovanili, mentre per i professionisti ci saranno altre occasioni di vederli. E poi non andrei oltre 300-400 metri di dislivello per non penalizzare anche noi chi investe sulla crono e gli stessi organizzatori che magari avrebbero pochi partenti se il percorso fosse troppo duro.

Per Taaramae un ritiro speciale, nel cuore dell’Africa

13.11.2022
6 min
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Rein Taaramae è una colonna dell’Intermarché Wanty Gobert. Una sorta di regista in corsa, che gode della massima stima da parte di Valerio Piva e di tutto lo staff del team. Ma Taaramae è anche un personaggio molto sfaccettato, che cerca di prendere dal ciclismo molto altro, a livello di esperienze e sensazioni, rispetto a quello che una gara può semplicemente dare. Da qualche anno il corridore estone è una sorta di testimonial del progresso ciclistico africano. Da anni si reca in Ruanda per preparare la stagione. Con il Paese ha stretto un rapporto che va molto al di là di quanto normalmente avviene per i campioni del pedale.

Interpellato sul tema proprio mentre era in ritiro prestagionale a titolo completamente personale, Taaramae si è ben prestato alla chiacchierata. E’ diventato quasi un inviato sul posto, preoccupandosi personalmente della parte fotografica. Per trasmettere attraverso parole e immagini il profondo legame che ormai lo lega a quella parte di mondo.

I paesaggi dove Taaramae si allena sono incantevoli e tutti a una grande altitudine
I paesaggi dove Taaramae si allena sono incantevoli e tutti a una grande altitudine

«La prima volta che sono stato in Ruanda è stato nel 2019, per il locale Tour con il team TotalEnergies – ricorda – Non sapevo affatto che cosa mi aspettava, temevo soprattutto le difficoltà legate al cibo: mangerò 10 giorni solo riso in bianco perché probabilmente la gente non ha nient’altro. Nella mia mente avevo l’Africa dei pregiudizi: molto caldo, pessimi hotel e sicuramente nessuno parla inglese. La realtà era l’esatto opposto: Paese tropicale pulito, temperature per lo più 20-25 quindi non troppo calde. La maggior parte delle persone comunica un inglese migliore rispetto all’Italia o alla Francia. Sono molto gentili e onesti e anche gli hotel e il cibo sono buoni. Basta avere piccole accortezze: non mangiare insalata fresca, che è deliziosa ma semplicemente non va bene per il nostro corpo e non bere l’acqua del rubinetto».

Che percorsi hai trovato in Ruanda?

Ci sono abbastanza strade per allenarsi. Le condizioni stradali sono molto buone, senza buche, larghe e belle. Il paese dove risiedo è collinare ma la maggior parte delle salite dura 10 -30 minuti, qualcuna anche di più. Le pendenze sono limitate, mai più del 6 per cento, ma la sua altitudine ricorda un po’ la Colombia. In pratica l’altezza media è sempre di circa 2.000 metri, come una cima dello Stelvio senza scalare troppo… Il vantaggio è che non hai problemi con le auto come nella maggior parte dei Paesi europei. Guidano a una velocità di circa 50-70 chilometri orari perché qui l’auto è costosa e non vogliono davvero rovinarla. Inoltre ci sono molti autovelox e agenti di polizia e le multe sono salate.

In Ruanda le strade larghe sono un grande vantaggio e gli automobilisti sono molto disciplinati
In Ruanda le strade larghe sono un grande vantaggio e gli automobilisti sono molto disciplinati
Ci sono pericoli?

Per pedalare qui bisogna guardare sempre davanti! Perché c’è sempre un sacco di gente a lato della strada, tanti ciclisti occasionali che a volte attraversano la strada senza guardare. Hanno un’abitudine molto bella qui, puoi sempre guidare in mezzo alla strada senza spaventarti che qualche macchina ti investa. Quando arrivano dietro di te fanno solo un colpo di clacson, nessuno si arrabbia con i ciclisti qui sulle strade.

Per quanto tempo rimarrai ad allenarti lì e sei da solo o con altre persone?

In realtà nel 2019 ho scoperto che il suo posto ideale per fare un training camp in quota, a 100 chilometri dal capoluogo è il paese di Musanze. C’è un piccolo centro speciale solo per il ciclista, con rifugi e ristorante dove il cuoco ti prepara tutto ciò che chiedi con tutti i servizi necessari per ciclisti, meccanici, lavanderia. Ero stanco di andare ogni anno nella Sierra Nevada in Spagna, magari per rimanere in camera perché c’è neve o cadere per il ghiaccio. Qui non abbiamo questo tipo di problemi. Un grande vantaggio è che il viaggio non è così lungo. La mattina prendi il volo in Europa e la sera sei a Kigali, senza cambi di fuso orario. Ora sono qui con mia moglie, è la campionessa estone a cronometro e possiamo guidare facilmente insieme e goderci il “bikepacking”. Rimaniamo 10 giorni e facciamo 700 chilometri in giro per il Paese, da un posto all’altro.

In quest’occasione l’estone è partito con sua moglie Hanna Caroline, campionessa nazionale a cronometro
In quest’occasione l’estone è partito con sua moglie Hanna Caroline, campionessa nazionale a cronometro
Sei molto impegnato anche nell’aiutare la popolazione locale: cosa hai portato quest’anno?

Sono stato qui a gennaio e ho incontrato i ciclisti locali, sembrava che avessero tutto, in forma, bei vestiti, belle bici… ma poi vado in giro con il mio amico e il primo giorno aveva una gomma a terra perché entrambe le gomme erano già completamente usate, poi ha rotto la catena perché era troppo vecchia, un altro dice che non può guidare perché aveva solo un paio di vestiti e li ha rovinati… Poi parlo con gli allenatori dei club locali e mi hanno detto che avere il materiale è un grosso problema in Ruanda. Quindi ora vengo qui con 4 grandi bagagli con circa 75 chili di cose usate e nuove.

Dove le prendi?

Le squadre WT buttano tanto materiale riutilizzabile, ad esempio con casette e catena quando in squadra non si usano più, sono validi per 10.000 chilometri di allenamento, lo stesso con tutte le altre cose, borracce, abbigliamento… Io raccolgo il possibile, ma l’Uci può fare qualcosa in questo senso. Basta contattare tutti i team e, ad esempio, supportare una squadra con cose vecchie di un Paese africano, può essere davvero importante per le immagini della squadra e per l’intero ciclismo locale.

Parte del materiale portato dall’estone in Ruanda e distribuito fra i ciclisti locali
Parte del materiale portato dall’estone in Ruanda e distribuito fra i ciclisti locali
Cosa significa per te essere in grado di aiutare il popolo ruandese?

E’ qualcosa che devo alle mie radici. Quando ho iniziato a pedalare negli anni ’90, l’Estonia era un Paese povero, era difficile avere un abbigliamento nuovo e buono e altro materiale. Ora è giusto che mi adoperi per chi è nella mia condizione di prima.

In Ruanda si faranno i mondiali del 2025: pensi che sarà pronto per organizzare un evento così importante?

Penso di sì, hanno buoni hotel nella capitale, anche le strade sono buone. Mi fa un po’ paura che alla gente piaccia andare in bicicletta e nelle gare ci sono migliaia di persone vicino alla strada, se c’è più pubblico nel mondo non è facile tenerli lontani dalle strade. L’organizzazione di Eanyway Td Rwanda era quasi perfetta, quindi perché non può essere lo stesso nel 2025.

Per Taaramae una stagione 2022 poco fortunata, con 8 Top 10 e il titolo estone a cronometro
Per Taaramae una stagione 2022 poco fortunata, con 8 Top 10 e il titolo estone a cronometro
Eri soddisfatto della tua ultima stagione e cosa ti aspetti dalla prossima?

Sono stato abbastanza bene per tutta la stagione, penso di aver fatto davvero un buon lavoro per la squadra. Personalmente mi rammarico per due vittorie sfuggite di poco, la terza tappa sulla cima dell’Etna al Giro e la terza frazione della Vuelta. Fino a quando non sei un atleta puoi fare il tuo lavoro in modo scadente, ma a volte anche i bravi lavoratori hanno bisogno di avere la loro giornata, io non ce l’ho avuta. La prossima stagione è un po’ diversa, solo un grande tour e molte gare settimanali. Spero che tutto vada con un po’ più di fortuna.

Nel 2025 compirai 38 anni: quando ci saranno i mondiali, speri di esserci?

Fino a quando avrò lo stesso atteggiamento e una buona squadra, continuo. A 35 anni prendi le cose anno dopo anno. Mi piace davvero e amo quello che faccio, ma non so mai quando sarà la mia ultima stagione, anche se non ho avuto una grande carriera. Se faccio un altro anno va bene, se ne faccio 5 è anche meglio!