Il pranzo della Liquigas, ritorno alle origini del ciclismo di oggi

05.12.2024
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E’ ormai un decennio che a fine stagione ciclistica i “vecchi” del Team Liquigas si rivedono a un pranzo per confrontarsi, raccontare le reciproche esperienze e lasciarsi andare ai ricordi. Un appuntamento fisso, al quale ogni componente non vuole mai rinunciare, nonostante ci siano ancora impegni e già il telefono è rovente per preparare la nuova stagione. Perché non è un caso se molti di loro sono rimasti nel mondo del ciclismo e sono andati a spargere esperienza in altri team del WorldTour.

Il Team Liquigas ha corso dal 2005 al 2012, poi altri due anni come Cannondale
Il Team Liquigas ha corso dal 2005 al 2012, poi altri due anni come Cannondale

Un gruppo ancora unito

Chi ha fatto una scelta diversa, ma solo sotto certi aspetti è Roberto Amadio, attuale team manager delle squadre nazionali ma per 8 anni alla guida del team, che a questo evento tiene in maniera particolare.

«Abbiamo deciso di rivederci praticamente appena abbiamo chiuso le nostre carriere – spiega – ma è stato un fatto conseguente a tutto quello che avevamo stretto in quegli anni. Infatti sin da subito si era creato un gruppo unito che ci ha portato a rimanere legati negli anni. Nel corso della stagione ci sentiamo spesso, ci messaggiamo, fra chi è nell’ambiente e chi ne è uscito. Quest’anno poi abbiamo deciso di rivederci a Cellatica per andare in visita alla Casa Museo della Fondazione Paolo e Carolina Zani, è stato un momento intenso e carico di ricordi».

Una delle sale della bellissima Casa Museo di Cellatica (foto Mariotti)
Una delle sale della bellissima Casa Museo di Cellatica (foto Mariotti)
Che cos’è che ha reso quell’esperienza così importante, radicata nel tempo?

Io credo che la risposta sia da cercare nel come quell’esperienza è nata. Venne creata una struttura che era alla base del team, fatta di dirigenti e professionisti seri e molto competenti nel loro settore. Per avere tutto al massimo, dal punto di vista meccanico, logistico e non solo. Era stato formato un personale altamente qualificato e quello è fondamentale, perché i corridori vincono e passano, ma la gente che lavora nel team resta. Ed è lì che si è formato il nocciolo duro del team e che era alla base dei successi.

Sembra la ricetta ideale del ciclismo moderno, dove le prestazioni nascono dall’impegno del preparatore, del nutrizionista, dello psicologo…

E’ vero, si può dire che abbiamo precorso i tempi con la nostra esperienza. Ricordo ad esempio che allora venne introdotto proprio dal nostro team il concetto dell’allenamento in quota, allora ancora nessuno lo faceva. L’idea di base era di mettere il corridore nelle condizioni di rendere al 100 per cento. Era un bel gruppo, solido, profondamente legato, infatti in quel decennio che ho trascorso in squadra le persone che facevano parte dello staff erano pressoché le stesse. Questo contribuiva perché si formasse un gruppo di amici per il quale andare alle corse era una festa e questo valeva per gli stessi corridori.

Roberto Amadio con Jonathan Milan, è la festa per il bronzo olimpico del quartetto, una delle perle della sua gestione
Roberto Amadio con Jonathan Milan, è la festa per il bronzo olimpico del quartetto, una delle perle della sua gestione
Quel metodo si è tramandato nel tempo?

Sicuramente e noi, ognuno nel proprio ambito, ognuno nel proprio cammino abbiamo contribuito a diffonderlo. Se guardate bene ci sono tanti aspetti che si rivedono in tutti i team di oggi: la cura del calendario, la crescita graduale di un atleta sia nelle sue prestazioni ma anche a livello umano. Sono cose che oggi sono nella prassi, allora no, era una metodologia in fieri.

Hai cercato di metterla in pratica anche in un ambito completamente diverso come quello della nazionale…

E’ vero, ma è un processo lento, graduale perché parliamo di qualcosa di profondamente differente, non c’è quella quotidianità che vivi in un team, dove anche quando non corri insieme, non sei in ritiro, comunque attraverso il telefono e gli altri strumenti sei collegato. La Federazione è poi un sistema a comparti chiusi, ognuno lavora nel suo ambito con il suo staff, ma io ho pensato che si poteva portare intanto quella mentalità famigliare e al contempo professionale. Il concetto che si fa parte di una squadra unica, a prescindere da quale sia la disciplina in esame. Tutti ne facciamo parte e credo che le soddisfazioni che abbiamo vissuto in molte occasioni, in qualsiasi categoria, siano figlie di quel lavoro comune.

Che atmosfera c’è in quei momenti conviviali?

Sembra che non ci siamo mai lasciati e che torniamo i ragazzi di allora. Poi il tempo passa, c’è chi va in pensione ma viene comunque spesso chiamato in causa, chi invece dopo aver chiuso con il lavoro vuole giustamente dedicarsi ad altro, vedi Dario Mariuzzo e Luigino Moro che sono andati in pensione quest’anno. Così si finisce che chi ha chiuso prende in giro chi invece deve ancora tirare la carretta… E immancabilmente si finisce con il brindisi a suon di «Zigo-Zigo, Zigo-Zigo! Mi no pago, mi no pago! Hey hey hey – Hey hey hey!». Ora lo fanno in tanti team perché lo abbiamo esportato noi, ad esempio Sagan lo aveva inculcato nella Bora Hansgrohe e quando vincono festeggiano con il canto mutuato da noi. Ma è meglio la versione veneta inventata da Dario…

Se riguardi indietro alla tua esperienza in Liquigas quale giorno ti viene in mente come il più felice?

E come si fa a sceglierne uno? Abbiamo vissuto e partecipato a tante vittorie, tante imprese, basti pensare la Vuelta di Nibali, ma anche le vittorie al Tour di Sagan. E’ come se fossero tutte foto ricordo da mettere assieme in un album immaginario, che io custodisco gelosamente nella mia memoria perché quando vinceva uno, vincevamo tutti e ognuno di noi le sente come vittorie proprie.

EDITORIALE / Bugno e il ciclismo valgono più di 30.000 euro

04.11.2024
4 min
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Se avessero voluto gratificare Gianni Bugno, sarebbe stato meglio riconoscergli un incarico federale. Ne avrebbe il carisma, la competenza e persino il diritto: lo ha dimostrato con il lavoro svolto per il CPA. Invece gli offrirono dei soldi, trentamila euro, ma non si è capito a che titolo. Il presidente Dagnoni dice che non fu Bugno a portargli lo sponsor TCI Led, quindi nulla gli era dovuto. Lo stesso Bugno dice di aver semplicemente creato un contatto, per il quale non era previsto compenso. E allora perché offrirglieli? Forse perché un uomo così sarebbe diventato una spina nel fianco più rumorosa di Norma Gimondi, che lasciò la Federazione con un rimbombo che si disperse rapidamente? In ogni caso Gianni li rifiutò e si ritrovò contro il palazzo.

Si torna ad anni impegnativi. Nel marzo del 2022 Gianni ricevette la notizia che chiuse per forza una pagina della sua vita. Non avrebbe più potuto pilotare l’elicottero, il mestiere che più amava: come dover nuovamente smettere di correre. Cinque mesi dopo, casualmente oppure no e nel pieno della bufera sulle provvigioni irlandesi, Bugno ricevette il messaggio del presidente federale che gli proponeva l’incontro di cui si è raccontato pochi giorni fa nella conferenza stampa di Monza.

L’avvocato Alessi e Moreno Argentin nella conferenza di Roma successiva all’annullamento della Adriatica Ionica Race
L’avvocato Alessi e Argentin nella conferenza di Roma successiva all’annullamento della Adriatica Ionica Race

La conferenza di Monza

Un evento, quest’ultimo, organizzato con l’avvocato Alessi: lo stesso che di recente aveva assistito Moreno Argentin nella spinosa vicenda della Adriatica Ionica Race cancellata e l’aveva poi portato al tavolo di un altro incontro con i giornalisti, cui intervenne anche Bugno. Di fronte, questa volta meno additato, ugualmente il presidente federale Dagnoni e la sua gestione.

Un evento sulla cui utilità ci si potrebbe persino interrogare, dato che la procura federale ha archiviato l’inchiesta sulla delicata vicenda, senza aver ascoltato Bugno. E senza che la Procura del Coni abbia ritenuto necessario andare a vedere più da vicino, fosse anche per dare al verdetto i crismi per risultare inattaccabile. Una di quelle inchieste aperte per dovere e portate al traguardo senza scossoni, su cui la conferenza di Monza ha voluto riaccendere la luce, prima che sparisca definitivamente alle spalle. Come peraltro nulla si sa del fatto che la Giunta CONI non avrebbe ancora approvato il bilancio consuntivo 2023 della FCI.

Cordiano Dagnoni è diventato presidente FCI nel 2021
Cordiano Dagnoni è diventato presidente FCI nel 2021

Bugno come Cassani

Quello che troviamo triste è il ribaltamento dei ruoli. Gianni Bugno è stato per anni IL CICLISMO italiano, il campione con cui farsi le foto e da avere accanto come una benedizione. Alla Chateau d’Ax è stato il capitano di Roberto Amadio e di Mario Scirea, entrambi presenti all’appuntamento con Dagnoni ed entrambi citati ripetutamente nella conferenza di Monza. Eppure in questa vicenda dai contorni confusi sono diventati testimoni e attori di una situazione da cui il loro capitano è uscito con le ossa rotte e l’immagine danneggiata. Chissà se si è compreso l’enorme danno fatto al ciclismo, esponendo Gianni a questa situazione.

E’ l’ennesima dimostrazione di un sistema che ha rimandato al mittente il galateo sportivo. Se ne ebbe un primo assaggio alle Olimpiadi di Tokyo, quando nel bel mezzo della festa, il coordinatore delle nazionali Cassani fu rispedito a casa. Di lì a poco ci sarebbe stato da festeggiare lo storico oro del quartetto, reso possibile dalla gestione di Villa e del cittì romagnolo, ma in quelle foto ricordo comparvero altri volti che alcun ruolo ufficiale ebbero in quella storia.

Roberto Amadio e Mario Scirea, team manger FCI e collaboratore tecnico
Roberto Amadio e Mario Scirea, team manger FCI e collaboratore tecnico

Non solo l’eccellenza

Nei giorni scorsi, il Consiglio federale ha approvato i contratti dei tecnici sino a fine 2025. Mancano all’appello soltanto Sangalli, che ha preferito salire sull’ammiraglia della Lidl-Trek, e Bennati, che l’ha saputo dai media prima che a dirglielo fosse lo stesso Amadio. Il contratto del team manager scadrà invece nell’ottobre 2025, qualunque sia il presidente federale che uscirà dalle urne il prossimo gennaio. Certo, il veneziano dovrà sperare che il prossimo eletto – qualora non dovesse essere Dagnoni – abbia con lui un atteggiamento più elegante di quello che venne riservato a Cassani.

Si annunciano settimane faticose, mentre le maglie azzurre vincono sui sentieri degli europei del cross ringraziando la Federazione che li ha messi nelle condizioni di lavorare. Quel che manca è la struttura su cui costruire il futuro: di questo l’attuale gestione non si è preoccupata poi troppo. Ha lavorato più sull’eccellenza che sulle sue radici.

Una settimana dopo, le pagelle olimpiche del team manager

18.08.2024
8 min
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Sembra passato un secolo, ma le Olimpiadi si sono chiuse appena da una settimana. Ci saranno ancora storie e approfondimenti, questo però è il momento di fare il punto con Roberto Amadio, team manager della nazionale. I Giochi di Tokyo dell’Italia andarono in archivio con l’oro del quartetto e i bronzi di Viviani nell’omnium ed Elisa Longo Borghini nella gara su strada. Tre anni dopo, Parigi ha portato l’oro di Consonni-Guazzini nella madison, l’argento di Ganna nella crono e quello di Consonni-Viviani nella madison e il bronzo del quartetto. Non ai livelli di Atlanta, ma un bel passo avanti: un allargamento delle medaglie, la presenza del settore velocità e qualche passo indietro su cui ragionare.

La prima medaglia azzurra a Parigi è stata l’argento di Ganna nella crono
La prima medaglia azzurra a Parigi è stata l’argento di Ganna nella crono
Amadio, quanto è stato difficile organizzare e mettere insieme tutto quello che serve per un’Olimpiade?

La differenza rispetto a un mondiale, anche se già Glasgow era stato un bel test, è che hai tutte le specialità concentrate nelle stesse due settimane. Quindi devi conciliare le richieste dei vari settori e dei tecnici. Però con l’aiuto del CONI, che ci è stato molto vicino, è andato tutto bene.

Bene in tutti i settori?

Ho visto miglioramenti. Poco fa parlavo con Ghirotto del quarto posto di Braidot nella mountain bike, che ci sta un po’ stretto a causa della foratura nel momento cruciale dell’attacco di Pidcock. Quella poteva essere una medaglia. Nella BMX Race siamo arrivati in semifinale con il nono posto, che conferma che la scelta di Bertagnoli sia stata giusta, come pure l’avvicinamento e il modo in cui abbiamo lavorato. Nella crono, Ganna è sicuramente uno dei migliori atleti al mondo, però non è mai facile fare il giusto avvicinamento, programmarla e arrivare giusti. Poi la pista ci ha dato tante soddisfazioni e devo dire che abbiamo ottenuto dei risultati importanti. In altre specialità forse si poteva fare qualcosa in più, però considerando tutto, direi che è andata molto bene.

Durante gli ultimi due anni si è visto che tutti i settori hanno collaborato con il team performance di Diego Bragato.

Stavo arrivando proprio lì. E’ un tipo di lavoro che abbiamo esteso a tutti e ha permesso di seguire una certa programmazione, un certo tipo di allenamenti e di preparazione atletica, non solo limitati alla bici. Come si è visto dai risultati, anche le altre nazionali hanno lavorato così. Per arrivare a questi risultati, a certi tempi, non puoi tralasciare assolutamente niente. Devi crescere sui materiali, sulla preparazione, sull’alimentazione e anche sull’aspetto psicologico. Insomma abbiamo curato ogni dettaglio. In più c’è stato scambio di programmi e idee, che secondo me è positivo per la crescita dei vari settori.

Marco Villa ha espresso il desiderio di una squadra italiana in cui i ragazzi italiani possano essere valorizzati nel modo giusto. E’ un auspicio oppure un progetto?

Diciamo che sta diventando una necessità. Strada e pista possono andare a braccetto e lo abbiamo dimostrato. Anzi, il lavoro su pista va a beneficio della strada e viceversa. Purtroppo in Italia, ma anche nelle squadre, si dà priorità alla strada e anche gli atleti a questo punto vedono solo quel tipo di sbocco. Invece secondo me se ci fosse una squadra italiana di un certo livello, non sarebbe utile solo a Villa, ma a tutto il movimento. Dobbiamo ricreare una mentalità vincente nei nostri atleti. Il fatto che i migliori siano sparsi nelle varie squadre WorldTour e purtroppo siano quasi sempre sacrificati a favore di altri capitani fa perdere quell’attitudine. E di riflesso nelle competizioni internazionali, ci troviamo spesso in difficoltà.

Villa, qui con Ganna, alla partenza dell’ultimo quartetto, ha espresso il desiderio di un team italiano
Villa, qui con Ganna, alla partenza dell’ultimo quartetto, ha espresso il desiderio di un team italiano
E’ necessario e sta diventando un progetto, oppure è necessario ma rimarrà un auspicio?

E’ necessario e ce lo diciamo da anni, ma i progetti non sono facili, perché comunque ci vogliono molti soldi. Serve anche un percorso per arrivare a una squadra WorldTour. Anche se avessi i soldi subito, la licenza non arriverebbe automaticamente. Forse c’è bisogno anche di un intervento politico e non solo per il ciclismo. Tutti gli sport professionistici in Italia sono in difficoltà a livello di sponsorizzazioni. Quindi sarebbe opportuno avere una squadra di matrice nazionale che dia la possibilità di supportare i nostri ragazzi affinché facciano l’attività che meritano. Vediamo se potrà nascere qualcosa.

Gli australiani hanno polverizzato il record del quartetto, noi siamo peggiorati rispetto a Tokyo.

Villa ha parlato con i tecnici australiani. Per fare 3’40” devi allenarti assieme a lungo e fare un certo percorso. Loro sono stati insieme per dieci settimane, quindi più di due mesi a preparare solo la pista. Il nostro quartetto maschile è riuscito a farlo per una quindicina di giorni e il problema viene fuori anche con le donne. Anzi, forse è stato più complicato che con gli uomini. Anche quel quarto posto ci sta stretto. Al di là dell’incidente che ha avuto la Balsamo, che è stata bravissima a recuperare ed essere presente, quello è un quartetto che poteva puntare tranquillamente al podio.

Si va avanti ancora con il gruppo della Valcar. Tolte Paternoster e Fidanza, le altre ragazze di Parigi venivano tutte dalla stessa squadra che permetteva loro di lavorare in sintonia fra strada e pista.

Ed è l’esempio perfetto di cosa significherebbe avere una squadra italiana costruita in questo modo. Fino a quando erano tutte in una squadra che collaborava con la Federazione, c’era un percorso condiviso. Lavoravano su pista e ugualmente su strada vincevano corse a livello internazionale. Poi con l’esplosione del WorldTour femminile, perché davvero è stata un’esplosione, le cose sono cambiate di colpo. Dobbiamo arrivare ad avere un team, sia uomini sia donne, che possa raggruppare tutte le nostre migliori. Come accade in diverse strutture WorldTour europee.

Perché secondo te, nonostante le bici nuove, i body nuovi e tutto quello che s’è fatto, il nostro quartetto è andato più piano che a Tokyo?

Perché non hanno lavorato come prima di Tokyo, non ne hanno avuto la possibilità. Il 3’43” che hanno fatto è un tempo di tutto rispetto, alla pari dell’Inghilterra. Pensavamo che il 3’42” dell’Australia fosse il loro massimo, invece hanno stampato un 3’40” e, se lo rifacevano, magari miglioravano ancora. Vuol dire che hanno veramente preparato questo quartetto in maniera perfetta. Per fare quei tempi, devi spingere un dente in più e quindi devi lavorare di più in palestra. Noi non l’abbiamo potuto fare, perché abbiamo tre atleti di squadre WorldTour che giustamente devono fare l’attività su strada, perché sono stipendiati dai loro team.

Aver corso il Giro d’Italia ha dato a Guazzini e Consonni un passo superiore nella madison
Aver corso il Giro d’Italia ha dato a Guazzini e Consonni un passo superiore nella madison
Restando sulle ragazze, l’anno scorso dopo Glasgow fu necessario fermarsi e fare il punto, richiamandole a una maggior presenza. Come ti sembra che sia andata?

E’ un gruppo giovane che può benissimo arrivare a Los Angeles, con l’ambizione di essere protagonista. Lo ha dimostrato anche il quartetto americano, con Dygert e Faulkner che hanno fatto la prova su strada e subito dopo sono andate a prendersi l’oro su pista. Però anche loro hanno lavorato più di un mese e mezzo dedicandosi più alla pista che alla strada e qui torniamo al discorso di prima. L’attività su strada è sempre più intensa, il calendario femminile ormai è pari a quello maschile, ma ci sono meno atlete. C’è da parlare con le squadre di appartenenza, con i manager, con le ragazze stesse. Se hanno la volontà di arrivare a Los Angeles, bisognerà programmare un po’ meglio e avere una disponibilità maggiore per fare un quartetto da podio, perché ci sono andate vicinissime. Hanno lavorato tutti assieme veramente per pochissimi giorni. Per contro, aver fatto il Giro d’Italia ha funzionato bene per le prove di fondo come la madison, in cui le azzurre hanno dimostrato di essere superiori a tutte.

Che cosa ha rappresentato per te vedere Viviani vincere quest’ultima medaglia olimpica?

E’ un risultato importante, perché a causa del numero limitato di atleti, abbiamo dovuto fare delle scelte forti. Con un atleta in meno a disposizione, significava che i quattro del quartetto avrebbero dovuto fare tutte le prove di endurance, quindi anche l’omnium e la madison. Avrebbe significato lasciare fuori un corridore come Viviani, che nelle ultime due Olimpiadi aveva già dato un oro e un bronzo nell’omnium. Conoscendo la sua professionalità e grazie anche a Bennati che ha capito la nostra richiesta, l’operazione ci ha dato ragione. Che Elia avesse la gamba si era visto anche nell’omnium e nella madison ha tirato fuori veramente il massimo. Anche Consonni è stato bravissimo, perché ripartire dopo la caduta e tenere quei ritmi non era facile. Consideriamo che l’americana è stata corsa oltre i 60 di media per 50 chilometri!

Viviani e Consonni sono stati fortissimi anche dopo la caduta che ha falsato il finale di gara
Viviani e Consonni sono stati fortissimi anche dopo la caduta che ha falsato il finale di gara
Peccato per la caduta…

A quelle velocità, Elia ha fatto quattro giri da solo a tutta. Subito dopo, a cinque giri dalla fine, ha fatto un grande recupero, rimettendosi in gioco per la volata finale. Però bisogna anche dire che Leitao e Oliveira sono andati fortissimo, hanno fatto un finale veramente incredibile. Forse nel caos della caduta, abbiamo perso di vista la situazione dei punti. Non si è capito che i portoghesi stessero recuperando in modo importante e perdere a quel punto il filo della corsa è stato fatale. Però i nostri sono stati bravissimi. Elia ha corso in maniera impeccabile, una madison da maestro. Meritava un gran finale come quello.

Cosa ne pensa Elia? «Un onore, ma il focus resta la pista»

27.04.2024
7 min
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Se la partecipazione di Viviani alla prova su strada di Parigi è un’opzione sul tavolo, che cosa ne pensa il diretto interessato? Le parole di Amadio dicono e non dicono: la decisione non è stata presa, ma si capisce che se ne stia parlando. E se la logica olimpica è quella di privilegiare le specialità con le più elevate possibilità di medaglia, è chiaro che la pista sia un passo avanti. Le ultime grandi corse maschili le abbiamo vinte fra il 2021 e il 2022 con Colbrelli ed è difficile indicare i nomi di chi potrebbe portarci una medaglia. Stando così le cose, la presenza di Viviani su strada sarebbe funzionale al suo impiego teoricamente più redditizio su pista. Come detto più volte, siamo nel campo delle ipotesi, però manca così poco alle Olimpiadi, che un eventuale cambio di programma dovrebbe avvenire nel giro di poche settimane. Per contro, che cosa penserà Bennati che ha a disposizione soltanto tre posti e fra questi uno potrebbe essere quello di Viviani e un altro potrebbe essere necessario riservarlo a un cronoman?

Viviani è a Livigno per il primo blocco di lavoro in vista dei Giochi (in apertura foto Instagram nella galleria del vento del Politecnico di Milano). Quando è arrivato la settimana scorsa per la presentazione delle tappe del Giro, nevicava ancora ed è riuscito ad allenarsi un solo giorno. Ieri, quando lo abbiamo sentito, c’erano 6-7 gradi e una bella giornata. Gli impianti sono aperti per le ultime sciate, grazie anche alla neve artificiale, ma in bici si va alla grande. Perciò, dopo aver girato dei video, il campione olimpico di Rio 2016 ha fatto due ore di ciclomulino ad alta intensità e poi palestra.

Viviani_Oro_omnium_rio2016
Viviani ha vinto l’oro olimpico dell’omnium a Rio 2016
Viviani_Oro_omnium_rio2016
Viviani ha vinto l’oro olimpico dell’omnium a Rio 2016
Avevamo fatto un’intervista in cui non sapevi ancora se saresti andato al Giro e ipotizzavi una preparazione da pistard puro…

In quell’occasione, avevo spiegato che c’erano due modi per arrivare a Parigi. Uno era il Giro, l’altro era quello di puntare sui lavori specifici. Quando sono uscito dalla squadra del Giro, restava solo la seconda possibilità.

Poi è uscita la scelta della Danimarca per Morkov e ci siamo chiesti se non possa essere una via da seguire anche con te. Amadio dice che è una delle ipotesi sul tavolo e che ancora non è deciso niente. Ma poniamo che vada in porto, che Viviani potremmo aspettarci?

Non potrei essere competitivo, almeno nel senso di ottenere un risultato. E’ ovvio che sono un stradista e la mia preparazione per le Olimpiadi conterrà comunque delle corse a tappe. Come dissi l’altra volta, in ogni blocco di lavoro continuerò a fare la mia distanza, però è un’Olimpiade con 90 corridori, è utopistico pensare che si possa fare un risultato su strada. Quindi è ovvio che l’opzione di correre la strada mi vedrebbe competitivo, ma i miei obiettivi all’Olimpiade sono l’omnium e l’americana. Sarebbe un’opzione per liberare il posto in più che ci servirebbe su pista. Potrei svolgere un ruolo di supporto. Sappiamo che l’Olimpiade può essere una gara pazza, quindi è ovvio che non arriverò impreparato. Le distanze, se farò l’Olimpiade su strada, al posto di essere di 4-5 ore, saranno di 6, perché comunque la corsa è di 270 e passa chilometri.

Questa caduta alla Roubaix ha impedito a Viviani di rendere bene in pista a Milton
Questa caduta alla Roubaix ha impedito a Viviani di rendere bene in pista a Milton
Anche senza Giro si potrebbe arrivarci pronti?

Non mi preoccupa in termini di fatica, nel senso che abbiamo analizzato che le tempistiche di recupero ci sono. Il mio omnium è cinque giorni dopo la strada, non l’indomani o due giorni come l’inseguimento a squadre. Però penso che nel ciclismo moderno sia chiaro a tutti che in una corsa di 90 corridori, se Van der Poel e quelli come lui si preparano per bene, possono fare quel che vogliono. Ci sarà selezione, non vedo un arrivo allo sprint.

Quindi non è un fatto di Elia che dal 2019 non vince un certo tipo di corse o che non fa il Giro d’Italia. E’ proprio una situazione oggettiva legata alla corsa, a prescindere dalla preparazione?

Sì, secondo me sì. Credo che anche quell’Elia in questo ciclismo non sarebbe competitivo per una medaglia su strada. Spalmati in 273 chilometri, 3.000 metri di dislivello non sembrano tanti, però sono più di un Fiandre che ne ha 2.600. Quindi c’è lo spazio per fare un disastro, aggiungendo il fatto che si corre senza compagni. Se Olanda, Belgio e altre due Nazioni che corrono in quattro ne portano uno a testa per tirare, si mettono là, lasciano andare la classica fuga e poi tirano per 200 chilometri, allora viene una corsa normale. Se invece portano quattro semi punte e non mettono nessuno a tirare, succede come a Londra, che arrivarono quelli partiti per primi.

Quindi volendo giocare con le ipotesi, il ruolo di Viviani in una corsa del genere sarebbe proprio quello di dare una mano agli altri due a tappare i buchi finché si può?

Assolutamente.

Le prestazioni di Viviani a Milton sono state condizionate dalle corse del pavé (foto Instagram)
Le prestazioni di Viviani a Milton sono state condizionate dalle corse del pavé (foto Instagram)
Pensi che sarebbe il caso di andare a vedere il percorso?

Non so, a dire la verità e proprio a dimostrazione che è ancora un’opzione, se Bennati abbia pianificato una “recon” o no. Non so se glielo avete chiesto, io non lo so. La mia idea è che al momento abbiamo una carta per la medaglia ed è una super giornata di Bettiol. Poi il Benna farà le sue valutazioni, ovviamente è lui il cittì. Però guardando le classiche, abbiamo avuto un exploit di Mozzato. Ha dimostrato che dopo 270 chilometri, a coprirsi bene, può sprintare con un gruppo di 5-6-7 corridori. Però alla fine Bettiol ha dimostrato ancora una volta che quando ha giornate come alla Milano-Torino, può dire la sua.

Quando si è ventilata questa opzione, tu che cosa hai pensato?

Sarei contentissimo, se dovesse andare in questa direzione. Alla fine, dopo Londra sarebbe la mia seconda partecipazione all’Olimpiade su strada: è un onore ed è bellissimo. Dall’altra parte sono consapevole del fatto che la mia medaglia può arrivare nell’omnium, quindi io devo essere pronto al 100 per cento per quello, perché è lì che voglio riprendere l’oro. E’ ovvio però che un’Olimpiade su strada merita rispetto, non parteciperei tanto per partire. D’altra parte è ovvio che se entro in una fuga di venti corridori all’inizio, non posso essere nelle condizioni che dopo cinque ore mi si spegne la luce. Quindi è ovvio che la mia preparazione conterrà anche delle giornate da sei, sei ore e mezza, perché so che una classica da 260 chilometri ha bisogno di quelle ore lì. Per il resto però il mio avvicinamento avrà lavori specifici rivolti alla pista. Sto lavorando già, questo è il primo blocco. Parliamo di lavori di 20 secondi, 30 secondi, un minuto, due minuti, tre minuti ad alta intensità, a cui abbinerò delle distanze. Comunque le mie 20-25 ore a settimana su strada le faccio, non sono chiuso in pista sette giorni su sette. Qui a Livigno faccio 16 giorni e non scenderò mai a Montichiari.

La campagna del Nord si è conclusa e ora Viviani è al lavoro in quota a LIvigno
La campagna del Nord si è conclusa e ora Viviani è al lavoro in quota a LIvigno
Il programma prevede delle corse a tappe?

Senza la gara su strada, dopo il Giro di Ungheria avrei due mesi di lavoro nel velodromo e arriverei alle Olimpiadi con tanta pista e solo allenamenti su strada. Con una possibile gara su strada, è ovvio che il mio calendario dovrebbe cambiare. Sicuramente non farò il Tour, però potrei aggiungerne una fra il Delfinato e la Svizzera, oppure l’Austria. Devo guardare bene il calendario della squadra, per analizzare con loro quali corse a tappe posso fare. La verità è che per una gara così, serve un avvicinamento di qualità, quindi Delfinato o Svizzera. Anche se sono dure, probabilmente sono quelle che mi aiuterebbero a raggiungere la resistenza che serve.

Sarebbe utile saperlo prima possibile?

A maggio faccio sicuramente Ungheria e Norvegia. Poi mi aggrego agli altri che arrivano dal Giro e facciamo il secondo blocco di altura. In quel periodo c’è da decidere, fra giugno e luglio, ma prima lo sappiamo e meglio è. Credo che tutti, anche Amadio, stiano aspettando che il Benna abbia le idee più chiare sui tre nomi, in modo da metterli sul banco e capire le chance che abbiamo. Questo è lo scenario e spero che quando verrà presa una decisione, venga anche comunicata, in modo che tutti siamo consapevoli.

Viviani ha già corso un’Olimpiade su strada, a Londra 2012, chiudendo al 38° posto
Viviani ha già corso un’Olimpiade su strada, a Londra 2012, chiudendo al 38° posto
Fare quella gara di 273 chilometri prima della tua ultima Olimpiade in pista è un vantaggio o uno svantaggio?

Non penso che possa essere funzionale in termini di resistenza. Potrebbe aiutarmi un Giro d’Italia, non la gara di un giorno. Dall’altra parte però non penso che andrà a incidere sul mio percorso da pistard. Ho i miei schemi. Devo arrivare all’8 agosto avendo nelle gambe i lavori che mi servono per quelle tre volte da 15 minuti delle prime tre prove dell’omnium e la mezz’ora di della corsa a punti. Il livello di resistenza lo devo tenere alto, perché è quello che permette a noi stradisti fare la differenza nella corsa a punti, come è successo a Tokyo. Ero fuori dalle medaglie, invece la corsa a punti me l’ha rimesso al collo. Sono certo che arriverò all’8 di agosto avendo fatto tutto quello che devo per l’omnium. E fare cinque giorni prima la gara su strada non mi creerà nessun problema.

Amadio: «Viviani su strada a Parigi, un ipotesi allo studio»

27.04.2024
6 min
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«Viviani nella prova su strada è un’ipotesi sul tavolo. C’è massima collaborazione fra i tecnici, continuiamo a fare riunioni tutti assieme per quanto riguarda strada, pista e crono non solo per le Olimpiadi. Vediamo un po’ come prosegue la preparazione di tutti, come proseguono le corse, compreso il Giro d’Italia…».

Roberto Amadio, con cui avevamo già parlato di convocazioni olimpiche, risponde dopo aver messo le mani avanti sul fatto che il termine ultimo per le iscrizioni degli atleti per le Olimpiadi è il prossimo 7 luglio. I tecnici quindi hanno tempo sino alla fine di giugno per fare le loro valutazioni, ma a questo punto serve fare un passo indietro.

Nell’ultima intervista fatta con Elia Viviani, il veronese ci aveva fatto capire che non avrebbe fatto il Giro e che di conseguenza la sua preparazione per l’omnium di Parigi sarebbe stata da puro pistard. Tutto dalle sue parole lasciava intuire che potesse essere lui la riserva per i quattro titolari del quartetto.

Viviani è passato nel 2010 alla Liquigas. Qui due anni dopo con Amadio e l’amministratore Dal Lago, scomparso nel 2022
Viviani è passato nel 2010 alla Liquigas. Qui con Amadio e l’amministratore Dal Lago, scomparso nel 2022

La svolta danese

Pochi giorni dopo, la Danimarca ha annunciato che per consentire a Morkov di difendere il suo titolo olimpico della madison, lo avrebbero convocato anche su strada, dato che le quote limitate di atleti impongono la partecipazione a più di una specialità. I danesi, come noi, puntano all’oro del quartetto e Morkov evidentemente non offre le necessarie garanzie.

A quel punto, nell’editoriale del 15 aprile ci chiedemmo se spostando su strada uno dei pistard, Villa non avrebbe avuto la chance di convocare un uomo in più per il quartetto. Non era una domanda per caso: sappiamo che i tempi fatti registrare da Manlio Moro nell’inseguimento a squadre sono di tutto rispetto, per cui spostando Viviani anche nella prova su strada, si aprirebbe un varco per lui. Anche la Gazzetta dello Sport ha unito i puntini e un paio di giorni fa ha iniziato a parlarne.

Il tema è importante. Alle Olimpiadi si guarda alle medaglie e non alla loro provenienza. E’ chiaro però che correndo la prova su strada con soli tre uomini, quali garanzie avrà Bennati, se Elia non potrà fare il Giro d’Italia? Il Viviani del 2019 sarebbe stato la prima scelta per il percorso di Parigi, ma quegli anni sono lontani. Per questo abbiamo chiamato Amadio, il team manager della nazionale.

Viviani Europei 2019
Il Viviani del 2019 era capace di vincere classiche e titoli: qui nell’europeo. Poi si è dedicato di più alla pista
Viviani Europei 2019
Il Viviani del 2019 era capace di vincere classiche e titoli: qui nell’europeo. Poi si è dedicato di più alla pista
Restiamo nel campo delle ipotesi, attenendoci ai pochi dati oggettivi. Hai parlato di Giro d’Italia e Viviani non lo farà. Farebbe la strada tanto per firmare il foglio di partenza o con legittime aspirazioni?

E’ logico che nell’ipotesi che corresse su strada, sarà pronto. A differenza di quanto accade con i quartetti che iniziano due giorni dopo la gara su strada, con l’omnium abbiamo quasi una settimana di tempo per riprendere il colpo di pedale della pista. I tempi stretti sono il motivo per cui sarebbe problematico schierare Milan e Ganna nella gara su strada. Pippo invece fa la crono e ha quasi nove giorni di tempo per recuperare. E’ chiaro che come Federazione facciamo le valutazioni concrete sulle migliori prospettive di fare risultato. Anche perché noi abbiamo la qualifica anche nella madison e non possiamo presentarci con chi non l’ha mai fatta. Comunque sono valutazioni che sto facendo assieme ai tecnici. E poi, come ho detto, dopo il Giro, tra fine giugno e i primi di luglio, tireremo la linea.

Quindi se doveste decidere per Viviani su strada, sarebbe possibile intervenire sulla sua preparazione? Villa è in contatto con Cioni per questo aspetto?

Il fatto che Elia debba correre una gara a tappe prima di Parigi, che non sarà però il Giro, servirà indipendentemente dalla possibilità di correre la strada. L’omnium sono quattro prove, una ogni due ore, e anche l’americana dura 50 chilometri, quindi è necessario avere un bel fondo. Nel vasto calendario dell’UCI, credo che la Ineos troverà sicuramente la corsa più idonea, confrontandosi con Elia e con Villa, per capire quale sia la miglior soluzione. Indipendentemente da quello che sarà il programma.

La crescita di Moro potrebbe aver convinto Villa di Volerlo come supporto per il quartetto
La crescita di Moro potrebbe aver convinto Villa di Volerlo come supporto per il quartetto
Sempre restando nel campo delle ipotesi, tu Elia l’hai cresciuto alla Liquigas, pensi che andrebbe a fare la gara su strada solo per onore di firma oppure come sempre si impegnerebbe per tirare fuori il meglio?

Si impegnerebbe al 100 per cento, non lo metto neanche in discussione. E anche Bennati sa benissimo che in questa eventualità può farci affidamento. Elia lo conosciamo tutti. E’ chiaro che qui si torna a un discorso di programmazione del calendario delle Olimpiadi, che presenta problemi, non solo per gli uomini, ma anche per le ragazze. Noi abbiamo una Balsamo che su quel percorso potrebbe essere protagonista, come pure nel quartetto. Anche qui dovremo fare sicuramente delle scelte mirate, cercando di capire se fare entrambe le prove o sceglierne una. Alla fine è sempre l’atleta professionista, come Viviani ma anche come Elisa, che capisce fino a dove può arrivare e quello che può fare. Io ho molta fiducia anche in loro e ne parliamo tranquillamente ad ogni occasione.

Giusto mercoledì al Gran Premio della Liberazione, il cittì delle donne Sangalli ci ha detto che fra dieci giorni andrà a Parigi con un gruppo di atlete proprio perché possano valutare il percorso. Non dovrebbero farlo anche Bennati e Viviani, secondo te?

Questa è una programmazione fatta da Paolo (Sangalli, ndr). Io credo che Daniele sappia quali sono i nomi fra cui scegliere, per cui il fatto di andare con gli atleti è una decisione che deve prendere lui. Credo però che voglia aspettare un attimo, capire il Giro e soprattutto chi farà il Tour. Perché il Tour secondo me per chi vuole vincere le Olimpiadi è un passaggio quasi obbligato. E’ fatto a pennello, finisce una settimana prima. E poi fra uomini e donne c’è anche una differenza di modo di correre.

Amadio è sicuro della piena collaborazione fra Viviani e Villa, qui al via della Sanremo
Amadio è sicuro della piena collaborazione fra Viviani e Villa, qui al via della Sanremo
Cioè?

Ho visto alla Liegi di domenica scorsa, che fino a 20 chilometri all’arrivo c’erano ancora 40 ragazze che se la giocavano e la Liegi è una corsa dura. Quindi trovo corretto il fatto di fare una valutazione del percorso con le atlete, proprio perché è un altro tipo di interpretazione e di sviluppo anche della corsa. Le possibilità di un gruppetto di una quindicina di elementi che arrivino in volata è molto concreta, a differenza degli uomini fra cui secondo me ci sarà una selezione molto più definita. Di certo i soliti fenomeni saranno lì a lottare, ma secondo me non parliamo di 20-30-40 corridori che arrivano in volata.

Infatti non è semplice mettersi nei panni di Bennati, che può scegliere solo tre uomini e magari si chiederà a quale livello potrà correre Viviani.

Ma qui torniamo al discorso che l’Olimpiade è una manifestazione che va oltre il discorso tecnico, a differenza di un europeo e di un mondiale, dove le scelte sono mirate a ottenere il meglio nelle singole prove. Qui è un calderone in cui dobbiamo gestire un numero limitato di atleti per fare un certo numero di specialità. Non dimentichiamo che la Francia andò a Tokyo con Cavagna, che fece due chilometri nella prova su strada e poi si fermò, dato che puntava solo alla crono. Quello che bisogna far capire alla gente è che le Olimpiadi vanno oltre i discorsi comuni cui siamo abituati. Però ci stiamo ragionando, ci stiamo lavorando, abbiamo già fatto parecchie riunioni e stiamo andando avanti su tutti i fronti.

Parigi, le medaglie, i tecnici, le scelte: Amadio, come si fa?

27.03.2024
5 min
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E’ comprensibile che, guardando alle Olimpiadi di Parigi, ciascun tecnico voglia per sé gli atleti migliori. Pertanto è comprensibile che lunedì Marco Villa si sia irrigidito davanti all’ipotesi, appena sussurrata, che Elisa Balsamo possa essere dirottata sulla strada o portata a fare sia strada sia pista. In realtà Diego Bragato, responsabile del settore performance della FCI, ha spiegato in modo semplice ed efficace che il doppio impegno sia un grosso rischio: due giorni per recuperare sono pochi. Così se l’eventualità è stata esclusa da un pezzo per Ganna e Milan, si dovrà ragionare anche per le donne. Il quartetto è una costruzione particolare e spietata. Immaginare di avere uno degli atleti in condizioni poco meno che perfette dà i brividi. Per contro, privare la strada di una campionessa del mondo (lasciamo fuori dal discorso Chiara Consonni per non aggiungere altra carne al fuoco) sarebbe un duro colpo per Sangalli.

Dato che ciascun tecnico vuole per sé gli atleti migliori, la distribuzione degli azzurri non sarà lasciata alle valutazioni individuali, ma vedrà il team manager Roberto Amadio nei panni del mediatore. E dato che si parla di Olimpiadi, anche il CONI dirà la sua ed è chiaro che i criteri siano diversi da quelli di mondiali ed europei. Si ragiona giustamente per medaglie, per cui a un certo punto la ragion di stato prevarrà sulle ambizioni personali di tecnici e atleti. Perciò, per arricchire il punto di vista e dargli un’altra profondità, abbiamo affrontato la questione con Amadio.

Roberto Amadio è dal 2021 team manager delle nazionali: debuttò alle Olimpiadi di Tokyo
Roberto Amadio è dal 2021 team manager delle nazionali: debuttò alle Olimpiadi di Tokyo
Allora Roberto, come la mettiamo?

La valutazione tecnica fra uomini e donne è diversa, avete ragione. Anche il modo di interpretare le corse femminili è diverso da quello maschile. Ci sono molte più possibilità che arrivi un gruppetto senza la selezione ben definita che potrebbe verificarsi fra gli uomini. Un po’ per la distanza, un po’ per il percorso, un po’ per i fenomeni che vediamo in questo momento e che possono accendere la corsa in qualsiasi momento. Con le donne è diverso, ma credo sia ancora presto per immaginare degli scenari. Perché ci sono ancora delle classiche che possono offrire spunti. E poi soprattutto sono convinto che deve essere l’atleta a esprimere la propria convinzione di poter far bene, qual è la sua ambizione. Per cui vedremo, sono situazioni diverse che valuteremo.

Immaginiamo sia una valutazione complessa.

Abbastanza. La Federazione e di conseguenza il CONI valuteranno anche in base a quante possibilità abbiamo di andare a medaglia in una specialità piuttosto che in un’altra. Questo è chiarissimo e taglia tutti i discorsi. Per ora tuttavia direi di aspettare, lasciare ancora del tempo e far passare le classiche che sto osservando molto bene, immaginando quali situazioni potrebbero ripetersi eventualmente a Parigi. Visto il percorso, immagino che ancora una volta alle Olimpiadi verranno fuori atleti di fondo.

E’ complicato tenere in equilibrio i vari settori?

In realtà qua il vero problema è il modo di lavorare dell’UCI. Prima si riempiono la bocca con la multidisciplina e poi fanno di tutto perché alle Olimpiadi non si possa metterla in atto. Se la prova su strada fosse stata cinque giorni prima o una settimana prima, tutti questi problemi non ci sarebbero stati. L’interazione fra settori funziona e la dimostrazione sono Milan, Ganna, Consonni e tutte le ragazze che fanno pista e vincono su strada. Ma non si può mettere in difficoltà una specialità o l’altra perché viene fatto un calendario che rende impossibile farle entrambe. Soprattutto gli uomini come possono fare un inseguimento a squadre due giorni dopo una corsa di 290 chilometri, sapendo di dover fare 3’43” – 3’44” in qualificazione per essere fra primi quattro? Il tema è questo.

La Gand-Wevelgem donne di domenica è stata un primo momento di osservazione
La Gand-Wevelgem donne di domenica è stata un primo momento di osservazione
Il calendario di Tokyo infatti era migliore, invece a partire dagli ultimi mondiali di Glasgow è cambiato qualcosa in peggio…

Infatti il problema non è del CIO, ma dell’UCI.

La Federazione avrebbe potuto opporsi a questo calendario nel momento in cui è uscito?

Lo sapete come fanno, no? Tirano fuori il calendario quando è stato approvato ed è impossibile modificarlo.

Immagini di fare una riunione con tutti i tecnici per affrontare l’argomento?

Ho già fatto due riunioni tutti assieme dove abbiamo preso delle decisioni. Ne farò un’altra a breve, dove faremo il punto su Parigi, sui mondiali e gli europei. Faccio sempre le riunioni assieme a tutti, perché comunque sono tutti coinvolti, visto il tipo di atleti che abbiamo soprattutto per quanto riguarda pista, strada e crono. Poi ci sono complicazioni ulteriori a livello di iscrizione e partecipazione all’Olimpiade. Hanno ridotto di un’unità tutte le specialità per rimanere dentro il numero degli atleti, quindi se a Tokyo avevamo cinque atleti in competizione e uno fuori che poteva subentrare, a Parigi ne abbiamo quattro in gara più uno a disposizione. Per cui alla fine siamo penalizzati noi che abbiamo un numero di atleti superiore. Non è facile, sono giorni che lotto per capire come incastrare tutte le cose.

Nella recente ricognizione a Parigi, Velo, Bennati e Sangalli: tecnici di crono, strada pro’ e strada donne
Nella recente ricognizione a Parigi, Velo, Bennati e Sangalli: tecnici di crono, strada pro’ e strada donne
Certo non è facile mettersi nei panni dei singoli tecnici, che devono rinunciare ad atleti potenzialmente competitivi…

Li capisco, però voglio ribadire che per le Olimpiadi, a differenza del mondiale e degli europei, in cui i tecnici fanno le loro valutazioni specifiche, si fanno scelte per il bene della nazionale, della Federazione e del CONI. Questo deve essere percepito anche dalla gente. Saranno fatte valutazioni con delle logiche precise e ce ne prenderemo la responsabilità. Che vada bene o vada male, ci siamo abituati. Se andrà bene, il merito sarà di qualcun altro. Se andrà male, si sa di chi è la colpa. Ma questo onestamente è l’ultimo dei miei problemi.

Ciclomercato, chi sale e chi scende: il borsino dei team

03.02.2024
5 min
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Se ci dovessimo attenere solo ai punti UCI, al termine del ciclomercato invernale ci sarebbero due verdetti piuttosto chiari. Uno: la Ineos Grenadiers è il team che si è più indebolito. Due, la Bora-Hansgrohe, è quello che si è più rafforzato. In questo secondo caso incide chiaramente Primoz Roglic. Lo sloveno ha spostato moltissimo l’ago della bilancia.

Ma al netto di Roglic, delle partenze di corridori come Geoghegan Hart o Pavel Sivakov, e gli acquisti di questi atleti nelle rispettive squadre di destinazione, davvero questa graduatoria corrisponde alla realtà? Davvero la Ineos è così meno forte e la Bora è cresciuta in proporzione?

Stando a questa classifica, anche l’Astana-Qazaqstan si è rinforzata molto, ma è innegabile che il divario dalla UAE Emirates, per esempio, resti altissimo.

Geoghegan Hart e Roglic (soprattutto) sono stati coloro che più hanno spostato l’ago della bilancia del borsino
Geoghegan Hart e Roglic (soprattutto) sono stati coloro che più hanno spostato l’ago della bilancia del borsino

I rendimenti contano

Questi dubbi li abbiamo posti all’attenzione di Roberto Amadio, team manager dell’ultima grande squadra italiana, la Liquigas poi divenuta Cannondale. Certi equilibri pertanto il manager delle squadre Nazionali della FCI li conosce bene. Lui si ritrovò a gestire Nibali e Basso. Sagan e Viviani. E tanti, tanti altri corridori di ottima caratura.

«Il discorso – spiega Amadio – è sempre quello. I campioni, quelli proprio grandi, fanno la differenza. La Ineos avrà anche perso più di altre squadre in termini di valore di corridori, ma resta sempre una squadra solida. Al tempo stesso la Bora si è rinforzata molto, ma già aveva un’ottima rosa. Però non bisogna dimenticare che ogni stagione è una cosa a parte e non è detto che certi equilibri vengano rispettati».

Per Amadio i campioni, possono fare la differenza ancora di più nelle classiche, al netto della squadra che hanno attorno. La squadra resta importante chiaramente, ma un filo meno rispetto ai grandi Giri.

«In queste grandi corse c’è tutt’altra strategia e quei tre, Vingegaard, Pogacar e Roglic hanno più bisogno della squadra.

«Per le classiche la squadra leader era la Soudal-Quick Step di Lefevere e forse ha perso qualcosa, specie per le prove delle pietre. Ma molto dipenderà dal recupero di un atleta che già avevano in casa, Alaphilippe. Poi immagino che Evenepoel farà la Liegi, ma mi sembra che con lui si siano spostati parecchio anche sui grandi Giri».

Un giovane Sagan con Roberto Amadio. Al suo arrivo nessuno immaginava che Peter avrebbe inciso tanto sul valore del team stesso
Un giovane Sagan con Roberto Amadio. Al suo arrivo nessuno immaginava che Peter avrebbe inciso tanto sul valore del team stesso

L’esempio di Sagan

Il borsino dei valori numeri alla mano, non per forza corrispondono ai valori reali. E l’esempio perfetto fu proprio un certo Peter Sagan alla corte di Amadio. Quando approdò alla Liquigas non aveva chissà quanti punti venendo dalle categorie giovanili. Né poteva dare certezze.

«Quando lo ingaggiammo – racconta Amadio – era impossibile immaginare ciò che avrebbe fatto. Sapevamo che era un talento, ma non così. Ma capimmo presto, già dalle prime corse in Australia, che era un fenomeno. Ebbi la conferma alla Parigi-Nizza perché lì il parterre è importante, i corridori cominciano a mettere gli obiettivi nel mirino e il livello si alza. Lui vinse subito e si rivelò protagonista».

Quindi Sagan, su carta era un ragazzino, nella realtà un conquistatore seriale di punti UCI. E sempre come ha detto Amadio ogni stagione ha la sua storia. 

«Non c’è un corridore che mi abbia colpito negativamente – prosegue Amadio – quando li ho presi tutti hanno dato il loro massimo. Se proprio dovessi dirne uno, direi Pippo Pozzato. Ma attenzione, non perché abbia fatto male, anzi con noi ha ottenuto il suo record di vittorie in una stagione, ma perché ci si aspettava che potesse conquistare un Fiandre, una Roubaix».

Tra le sorprese, invece l’ex manager ricorda Moreno Moser. Un vero talento secondo lui. Preso per farlo crescere fece subito bene.

«Noi lo avevamo preso per lavorarci su, lui invece è esploso subito: “pam , pam” e fece sue Laigueglia e Strade Bianche».

Nei passaggi da devo team a prima squadra, la Alpecin-Deceuninck ha avuto il “pesce più prezioso” con Timo Kielich: un valore creato in casa
Nei passaggi da devo team a prima squadra, la Alpecin-Deceuninck ha avuto il “pesce più prezioso” con Timo Kielich: un valore creato in casa

Il bacino delle development

«L’avevamo preso per lavorarci su, lui invece è esploso subito», questa frase di Amadio ci riporta al  discorso che il valore di un team possa essere legato anche alla sua development. Ci si costruiscono i campioni in casa. E proprio la Ineos Grenadiers è tra le squadre che negli ultimi anni si sono più attivate in tal senso.

«I progetti dei devo team – dice Amadio – c’erano già ai tempi in cui io ero un manager, ma ora c’è uno sviluppo enorme. E c’è perché si va alla ricerca dei giovanissimi a tutti i costi. Fu Lefevere con Matxin a segnare la svolta con il loro scouting approfondito. Cercavano i corridori in tutto il mondo e questo vale anche per i nostri che finiscono in quelle squadre straniere.

«Trovo logico e giusto che il regolamento consenta di portare dei giovani in prima squadra e anche viceversa. Magari un ragazzo si può portare alla Valenciana o un corridore esperto che magari non è pronto, perché deve rientrare da un infortunio, può andare alla corsa più piccola per fare la gamba. Questo è il vero cambiamento».

Dunque il valore di un team passa anche dalla sua devo e dallo scambio che può esserci fra le due squadre. Bisogna intenderla nel suo insieme. Esempi positivi ci sono, pensiamo alla Groupama-Fdj che su carta è la seconda più indebolita dell’anno, ma ha una super devo. 

Fidanza e le azzurre ripartono dalla scossa di Amadio

30.11.2023
6 min
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Intercettiamo Martina Fidanza sul treno da Milano per Roma. La linea va e viene, la chiamata cade e poi riparte. La destinazione della bergamasca sono le visite mediche al Coni, che durante questo scorcio di stagione vedranno arrivare nella Capitale gli azzurri di tutte le discipline in vista di Parigi 2024.

La stagione è finita in Cina con il Tour of Guangxi e subito prima quello di Chongming Island, da cui è tornata a casa con due podi. Vacanze ad Amsterdam con Stefano Moro e un periodo di tre settimane senza bici. In generale il 2023 è stato un anno piuttosto strano, con gli europei pista di Grenchen a febbraio, i mondiali ad agosto e il gran finale in Oriente. Il ritiro di Noto con la nazionale ha dato l’inizio alla nuova stagione (nella foto Instagram di apertura, Fidanza è alle spalle di Silvia Zanardi)..

«Il 2023 è stato un po’ lungo – ammette Fidanza – complicato farsi trovare pronta in tutti gli appuntamenti, visti i tanti obiettivi sparpagliati durante l’anno. Nonostante questo, sono soddisfatta. Su strada sono un po’ migliorata (il 2023 ha portato la vittoria alla Ronde de Mouscron, ndr). Nelle gare più adatte a me, sono riuscita a fare qualche piazzamento. La vittoria mi ha aiutato moralmente ed è stato bello».

Invece il mondiale pista ad agosto che esperienza è stato?

E’ stato un po’ difficile, perché due settimane prima ero caduta al Baloise Tour. Anzi, non solo una volta, ero caduta tre volte perché una non bastava e mi ero anche sublussata la spalla. Però non sono stata ferma, appunto perché ero a due settimane dal mondiale. Ho cercato di tirar dritto e soffrire, di superare l’infortunio allenandomi. Alla fine il dolore è passato, al mondiale non sentivo quasi più niente, però di sicuro non ci siamo arrivate al top della forma. L’ambiente era un pochino stressante e alla fine abbiamo ottenuto un quarto posto nel quartetto di cui io, e penso le altre ragazze, siamo contente, vista l’annata che abbiamo avuto e come ci siamo arrivate.

Poteva andare peggio, insomma?

Noi cerchiamo sempre di guardare l’aspetto positivo e alla fine è stato un quarto posto a pochi decimi dal terzo, quindi eravamo soddisfatte. Non siamo arrivate a Glasgow con un percorso regolare e omogeneo. Ci sono stati i due grossi infortuni di Vittoria Guazzini e di Elisa Balsamo. Vittoria ha rotto il bacino ed è stata ferma un mese. Mentre Elisa ha avuto le varie rotture alla mandibola e anche lei è stata costretta a fermarsi per lo stesso tempo. Sono arrivate ai mondiali che si stavano riprendendo e in quel periodo non erano al top della forma. Poi è vero che non ci siamo mai trovate per girare e non possiamo dire di aver costruito questo mondiale. Eppure, nonostante tutto, siamo comunque arrivate quarte.

Dopo le cadute al Baloise, Fidanza è caduta anche durante la finale della madison. Qui viene scortata da Morini e dal dottor Angelucci
Dopo le cadute al Baloise, Fidanza è caduta anche durante la finale della madison. Qui viene scortata da Morini e dal dottor Angelucci
Alla fine del mondiale, Amadio ha fatto una riunione invitandovi a una maggiore presenza. Un momento utile o sapevate che qualcosa fosse mancato?

Eravamo tutte consapevoli di non aver fatto l’avvicinamento giusto. In più il Tour de France Femmes che finiva a pochi giorni dal mondiale non permetteva di allenarsi insieme. Comunque quella riunione ha dato una scossa, perché adesso riusciamo ad avere molta più organizzazione. Ci troviamo più spesso anche tra noi ragazze e abbiamo individuato delle date in cui vederci in pista, cercando di esserci almeno in quattro per fare un quartetto e dare più continuità.

Il ritiro di Noto in questo senso è stato una ripartenza?

Esatto. E’ servito a ritrovarci insieme e fissare un punto di partenza. Ci siamo accordati sulle date future e abbiamo cercato di allineare un po’ i programmi. E poi è stato una ripartenza sotto tutti i punti di vista, anche da quello atletico, perché abbiamo staccato quasi tutte e gradualmente abbiamo cercato di fare delle ore di allenamento insieme.

Ti aspettavi che Rachele Barbieri uscisse dal gruppo pista?

E’ un po’ che non la sento, quindi non so se sia sempre della stessa idea o se ci abbia ripensato. Dopo quella riunione di Amadio, avevamo capito che la sua intenzione fosse di non continuare con noi. Però non sapevamo quale sarebbe stata la decisione definitiva e neppure in quale squadra sarebbe andata. Forse è legato tutto al percorso che deciderà di intraprendere nei prossimi tre anni.

Il 4° posto del quartetto a Glasgow si rivaluta secondo Fidanza viste le condizioni precarie delle azzurre
Il 4° posto del quartetto a Glasgow si rivaluta secondo Fidanza viste le condizioni precarie delle azzurre
Come proseguirà ora il tuo inverno?

Il 4 dicembre partirò per andare in Spagna, a Calpe, e fare circa 10 giorni di ritiro. Poi andrò diretta a Grenchen, per correre la Track Cycling Challenge. Quindi ci ritroveremo per alcuni ritiri prima e dopo Natale per girare un po’ insieme. Infine andrò all’europeo. Ci siamo accordate per iniziare insieme ad Apeeldoorn, anche se non saremo al 100 per cento della forma. Però cercheremo di arrivare motivate e per fare il miglior risultato possibile.

Tornando a te e pensando a Parigi, le attenzioni saranno rivolte solamente al quartetto?

Di sicuro, oltre al quartetto, le Olimpiadi richiedono che le quattro o cinque che saranno convocate siano affidabili anche nelle altre prove di gruppo. Oltre a questo, sarà fondamentale riuscire ad essere veramente forti nell’inseguimento. Penso che quello sia l’obiettivo principale per tutti. Il resto non dico che venga trascurato, però si costruirà di conseguenza. Il mio obiettivo è sempre stata la pista e la strada viene un po’ in secondo piano. La mia squadra, la Ceratizit-WNT Pro Cycling, nel frattempo dovrebbe diventare WorldTour, quindi di sicuro c’è un po’ di pressione anche da parte loro, anche se restano disponibili per lasciarmi i miei spazi su pista.

La Ceratizit in cui corre anche sua sorella Arianna starebbe per salire nel WorldTour, ma rispetta i suoi programmi su pista
La Ceratizit in cui corre anche sua sorella Arianna starebbe per salire nel WorldTour, ma rispetta i suoi programmi su pista
I mondiali sono stati anche un test per l’avvicinamento alle Olimpiadi che si correranno pure ad agosto?

Glasgow ha simulato le condizioni che potrebbero esserci a Parigi. Ognuno sa come arrivare pronto: a me servirà una gara a tappe un mesetto prima. Pochi giorni fa stavo riflettendo anche sul programma della squadra e noi abbiamo il focus sul Thuringen Ladies Tour, che forse per me sarà meglio del Giro d’Italia. Sto aspettando di vedere le tappe e di capire se sarà più adatto del Giro, per poi concentrarmi su una preparazione più specifica su pista.

I programmi vi saranno dati nel ritiro in Spagna?

A Calpe saranno delineati al 100 per cento e poi dovrebbero rimanere fissi per tutto l’anno. Poi è ovvio che mano a mano che si andrà avanti, potranno esserci dei piccoli cambiamenti. Ma conto di tornare a casa dalla Spagna sapendo quale sarà il mio programma per il 2024.

Mondiali deludenti? Bragato proietta i suoi numeri su Parigi

27.08.2023
5 min
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Non nascondiamocelo: i mondiali di ciclismo a Glasgow potrebbero aver lasciato una punta di amaro in bocca in sede di consuntivo per la rappresentativa italiana. Nelle discipline olimpiche (e quando si è nell’anno preolimpico è a quelle che bisogna soprattutto guardare) sono arrivati un argento e un bronzo, sempre con Ganna di mezzo. A mente fredda è il caso di riesaminare quanto avvenuto nelle due settimane in terra scozzese proprio proiettando quanto avvenuto – e soprattutto le indicazioni emerse – verso il 2024 e nessuno più di Diego Bragato è adatto a farlo.

Bragato, oltre che parte integrante dello staff tecnico di Villa per il ciclismo su pista è il responsabile del Team Performance e appena chiusa la rassegna iridata ha ripassato al computer la marea di dati emersi, traendone idee utilissime per l’avvicinamento all’appuntamento di Parigi 2024.

Il quartetto femminile ha lavorato poco insieme, eppure i dati dicono che ha grandi prospettive
Il quartetto femminile ha lavorato poco insieme, eppure i dati dicono che ha grandi prospettive

«Il bilancio secondo me è positivo – esordisce subito Bragato – non dobbiamo dimenticare che ai mondiali ci sono anche gli altri e una rassegna preolimpica è sempre qualcosa di diverso rispetto alle altre. Tutti sanno di giocarsi molto, ma più che guardare fuori guardiamo in casa nostra e a come siamo arrivati a questo appuntamento».

Che cosa intendi?

Sono stati per noi mondiali molto diversi dagli altri. Gli infortuni sparsi e l’attività su strada hanno influito sulla nostra compagine più che sulle altre. Io devo commisurare i risultati ottenuti proprio in base a questo cammino di avvicinamento e per questo posso dire che nel complesso siamo andati bene.

Viviani è l’esempio di come sia necessaria una maggiore attività su pista per i nostri atleti olimpici
Viviani è l’esempio di come sia necessaria una maggiore attività su pista per i nostri atleti olimpici
Misurare il ciclismo non è facile: salvo che nell’inseguimento a squadre e, parzialmente, nella velocità (facendo sempre riferimento alle prove del programma olimpico) non si hanno numeri che quantifichino subito la prestazione…

Infatti, il mio compito è valutare ogni singolo caso, guardare alla prestazione complessiva in base alla prova affrontata. Guardate ad esempio Viviani: è arrivato al mondiale decisamente in forma, ma gli mancava l’approccio alla gara a causa della desuetudine. Non basta essere pronti fisicamente, serve anche correre più volte le gare anche per commisurarsi agli altri, vecchi e nuovi. Lo stesso vale per le ragazze: la Paternoster era competitiva come da tanto non accadeva, ma le mancavano i giusti meccanismi. Questo è un primo aspetto sul quale ragionare in vista di Parigi: fare in modo che i nostri riacquistino dimestichezza.

Essendo proprio un mondiale così delicato, la scelta di lasciare responsabilità di decisione alle ragazze non è stata un po’ affrettata?

E’ un quadriennio delicato, più corto e le ragazze sono alle prese con mille cambiamenti nel WorldTour – sottolinea Bragato – Villa ha ritenuto opportuno non sovraccaricarle, sapendo che c’era un prezzo da pagare. Se guardo all’inseguimento a squadre, il cronometro mi dice che non siamo così distanti dal vertice. Nella finale per il bronzo abbiamo perso di soli 3 decimi contro la Francia che aveva ragazze che, per essere lì al massimo, avevano rinunciato al Tour de France, la gara di casa. Anche questo va valutato in positivo.

Per Amadio si prospetta un autunno delicato, nel quale tracciare il cammino verso Parigi 2024
Per Amadio si prospetta un autunno delicato, nel quale tracciare il cammino verso Parigi 2024
E’ però un’esperienza sulla quale bisogna porre le basi per un approccio olimpico ben diverso.

Su questo non si discute. C’è bisogno di un accordo organico con i team di appartenenza di tutti i nostri ragazzi. Dopo la Vuelta il team manager Amadio supportato dai tecnici di settore ha in programma una serie d’incontri con tutti i manager delle squadre WT di riferimento, al maschile e al femminile, per tracciare il cammino verso Parigi. Villa come Bennati e Sangalli deve iniziare il lavoro con una certezza di tempi e modi. Anche perché la stagione su pista inizierà subito, con gli europei in programma dal 10 al 14 gennaio e bisognerà fare bene in quell’occasione.

Poi ci saranno anche tre tappe di Nations Cup da febbraio ad aprile…

Bisognerà trovare la quadra, dare la possibilità a ragazzi e ragazze di lavorare su pista con continuità, ma anche avere occasioni di confronto vere in gara e la challenge sarà utilissima in tal senso. Certo, conciliarla con il calendario su strada non sarà semplice, per questo le settimane subito dopo la fine della stagione saranno importantissime.

Ganna a Parigi sarà impegnato già il primo giorno di finali. Ci si giocherà tanto…
Ganna a Parigi sarà impegnato già il primo giorno di finali. Ci si giocherà tanto…
Torniamo su un tema dibattuto subito dopo Tokyo: per noi del ciclismo come per tutte le altre federazioni di riferimento non sarebbe utile avere un contraltare costituito da un settore Preparazione Olimpica del Coni con diversi poteri, che possa svolgere un ruolo di controllo e di affiancamento nel cammino di qualificazione per i Giochi Olimpici?

Ci addentriamo in un argomento spinoso – avverte Bragato – le discipline sono molto diverse, il ciclismo ha esigenze che non sono certo quelle di atletica e nuoto, per fare due esempi. Noi abbiamo un rapporto consolidato e molto stretto con la Scuola dello Sport, ci confrontiamo spesso per alzare il livello delle nostre discipline. Tanto per fare un esempio, dalla Scuola abbiamo avuto tutta una serie di attrezzature per la registrazione e la visualizzazione specifica dei lavori effettuati a Montichiari e questo ci serve molto. Sempre con la Scuola stiamo affrontando anche il discorso di discipline specifiche come il bmx freestyle dove partiamo da zero, abbiamo bisogno di reclutare giovanissimi e possiamo farlo guardando anche ad altre discipline simili.

Obiettivamente, ti senti ottimista?

Io sono convinto che possiamo fare davvero bene in ogni disciplina dalla strada alla pista alle altre. Siamo forti e lo sappiamo, anche le gare che non ci hanno premiato a Glasgow ci dicono comunque questo. Serve qualcosa in più, serve entusiasmo, ritrovare quell’energia che c’era a Tokyo e che si respirava già a mesi di distanza. Bisogna partire col piede giusto e fare in modo che tutto s’incastri al meglio. Oltretutto cominceremo subito – afferma Bragato – nella prima giornata di finali ci saranno le cronometro su strada e sappiamo che ci giochiamo molto, noi del ciclismo e l’intera spedizione azzurra, vediamo d’iniziare col piede giusto…