Ganna, la sconfitta ci sta, la solitudine non aiuta

18.09.2022
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Tobias Foss, norvegese di 25 anni di maglia Jumbo Visma, ha vinto la crono iridata e, come ha ammesso lui per primo, davvero non se lo aspettava. A Ganna invece è andato tutto storto.

«Sembra davvero di essere in un sogno – dice il vincitore – in realtà non ci credo ancora. Avevo buoni segnali e le mie gambe rispondevano benissimo. Avevo fiducia, ma non osavo sognare così in grande. Sarei stato contento di arrivare tra i primi dieci, sarebbe stato un sogno essere nei cinque, ma ora che posso indossare questa maglia per un anno, sarà molto speciale. Mi divertirò e cercherò di onorarla».

In fuga da tutti

Filippo Ganna ha tagliato il traguardo sbuffando, poi ha lasciato che la bici lo portasse via. Non si è fermato davanti allo staff azzurro e ha tirato dritto, uscendo dalle transenne in fondo. Già da qualche tempo, Pippo ha preso l’abitudine (quando va male) di non fermarsi troppo o non fermarsi affatto nella zona mista dove i giornalisti fanno domande. Questa volta, con un settimo posto veramente difficile da pronosticare ha preferito rifugiarsi nel camper della nazionale, scegliendo la solitudine.

Voglia di parlare comprensibilmente zero, ma è proprio in questi casi che il campione fa la differenza, affrontando la sconfitta a viso aperto e la testa alta. Certo però, guardandola dal suo punto di vista, non deve essere facile mandare giù un simile boccone, con quel record dell’Ora che gli hanno appiccicato addosso e che esige solo la perfezione.

«Non ho ancora parlato con Pippo – dice Velo appena sceso dal camper – ma alla partenza secondo me andava bene, poi la sensazione è stata che fosse un po’ legnoso. Però magari sono solo delle mie impressioni. Adesso dobbiamo condividere l’analisi della gara. Quello che posso dire è che l’avvicinamento era stato tutto liscio, perfetto».

Ganna ha dato più volte la sensazione di non trovare la posizione, tipica delle giornate storte
Ganna ha dato più volte la sensazione di non trovare la posizione, tipica delle giornate storte

I fattori esterni

Nelle fasi del riscaldamento, Ganna girava le gambe assecondando il rituale di sempre. Si aveva quasi timore di disturbarne la concentrazione, percependo la tensione del momento. A capo di un anno sotto tono, il mondiale poteva essere l’occasione giusta per rimettere tutto a posto. Ma poi, sotto tono… Quale altro campione olimpico di Tokyo, dopo quell’oro ha gareggiato e preso medaglie in rassegne europee e mondiali? Non si darà tutto troppo per scontato? Non è normale avere una flessione nell’anno post olimpico?

«Guarda come è tirato – diceva Cristian Salvato, ex cronoman e ora presidente dell’ACCPI – guarda che cosce sottili, non sembrano nemmeno le sue».

Tutto intorno lo staff azzurro era indaffarato, ciascuno preso nelle sue incombenze. I due meccanici nella messa a punto dei freni e del cambio. I massaggiatori verificando la borraccia e che fosse tutto a posto. Gli addetti alla comunicazione fissi per cogliere ogni dettaglio. Amadio che a un certo punto ha chiesto ad Affini cosa gli sembrasse.

«Bissegger – diceva il mantovano, che ha chiuso la crono al 13° posto – ha già fatto un bel tempo, voglio vedere quanto faranno questi con i motori superatomici (ammiccando alla volta di Ganna e di Pogacar che si scaldava nel camper accanto, dnr). Pippo sta bene, l’ho visto sereno. L’unica cosa che ha un po’ rotto sono state le chiacchiere esterne, ma contro quelle si può fare poco».

Poi Ganna è sceso dal camper con il gilet termico addosso. Ha bevuto un sorso d’acqua. E si è diretto verso il percorso, seguendo la bici di Fred Morini, che lo ha scortato fino alla partenza.

Un essere umano

«Un campione come Pippo – prosegue Velo – non si fa influenzare assolutamente delle voci esterne. Ha preparato questa crono e sono certo che l’ha fatto al 100 per cento. In questi giorni di avvicinamento ha fatto tutto quello che doveva. Si è visto che non ha trovato la pedalata giusta, perché si muoveva sulla sella. Ti scomponi, è normale. Però ci sta che sia una giornata no, anche se da lui ci si aspetta sempre il centro pieno. Non è una macchina, è un essere umano e la giornata no può averla anche lui.

«Foss invece – prosegue – non ce l’aspettavamo. Ho guardato un po’ quello che ha fatto e credo che sia stato eccezionale, perché ha recuperato così 10-15 secondi nel finale a Kung che è andato fortissimo. Povero lui, ancora una volta secondo. Mi dispiace. Per tutto quello che sta facendo negli ultimi anni e visto che Pippo non è andato bene, stavolta se la sarebbe meritata lui».

Un altro argento per Kung e un altro bronzo per Evenepoel. E Foss prende l’oro
Un altro argento per Kung e un altro bronzo per Evenepoel. E Foss prende l’oro

Ancora due barriere

Foss in qualche modo è d’accordo con lui. Non se lo aspettava e ha fatto fatica a realizzarlo per tutto il tempo che si è trattenuto con la stampa.

«E’ stata una cronometro – dice – in cui c’era a malapena tempo per recuperare. Non potevi mai lasciare che la potenza calasse. Le curve erano molto tecniche. Nelle parti dure e ripide dovevi andare al massimo. Potevi riprendere fiato solo nelle parti più veloci. L’abbiamo preparato bene, ho ricevuto un buon coaching e alla fine è andato tutto alla perfezione. Il momento in cui ho indossato questa maglia è stato sicuramente un momento molto speciale. E incredibile».

Ganna è sceso dal camper con lo sguardo afflitto ed è andato a sedersi nel furgone in partenza per Bowral, sede del ritiro della nazionale. Prima di chiudere lo sportello ha firmato l’autografo a un signore anziano. Sarà un’ora di strada in cui potrà cercare nell’oscurità oltre il finestrino le risposte alle domande che per primo si pone. La sensazione è che in questo anno storto, continuare a pretendere da sé la luna e noi a chiedergliela sia quasi un’ingiustizia. Al suo posto avremmo voglia di chiudere la stagione e staccare veramente per un lungo periodo. Ma noi non siamo campioni né schiavi del dover vincere: non abbiamo idea di cosa significhi. Il record dell’Ora, se sarà confermato, e i mondiali su pista saranno altre due barriere molto alte da saltare.

P.S. Alle 21,34 le parole di Ganna

Le parole di Ganna sono arrivate tramite un video dall’ufficio stampa della Federazione intorno alle 21,30 locali, circa quattro ore dopo la conclusione della prova, confermando quello che tutti hanno pensato: la giornata storta nel giorno sbagliato.

I messaggio di Ganna è arrivato tramite un video affidato all’ufficio stampa FCI
I messaggio di Ganna è arrivato tramite un video affidato all’ufficio stampa FCI

«Logicamente – dice – si viene dalla parte opposta del mondo non per indossare una maglia o un numero, ma si era venuti con degli obiettivi. Oggi le gambe non erano quelle dei giorni migliori e già stamattina quando mi sono svegliato non trovavo un ottimo feeling, al contrario dei giorni scorsi in cui invece anche con i ragazzi si riuscivano a tenere valori che facevano sperare. E’ andata così, c’è sì un po’ di delusione, però la gara è gara. Se vincevo erano tutti felici e a quanto pare perché ho fatto un settimo posto, ho fatto il flop dell’anno. Dispiace. Magari l’unico rimpianto è di aver fatto svegliare tanti amici o parenti presto per vedere la prova e poi è andata un po’ così»

Wollongong ci siamo, domani si comincia. Al via con le crono

17.09.2022
5 min
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Domani si comincia. Le squadre si stanno radunando a Wollongong e nella mattinata di domenica sarà la volta delle cronometro. Prima le donne, poi gli uomini. Si parte subito col botto, riservando alle categorie giovanili i giorni successivi.

E’ tutto un po’ confuso, forse anche per colpa della differenza di orario e dalla difficoltà iniziale nell’ambientarsi al nuovo mondo, dove è già inverno (anche se dall’Italia arriva notizia dell’annullamento del Memorial Pantani per l’ondata di maltempo che ha colpito la Romagna).

Budget a confronto

Alcune federazioni, come l’Irlanda o la Nuova Zelanda, hanno rinunciato a inviare la loro selezione per motivi economici, perché il prezzo del biglietto era troppo alto, mentre altre come il Canada, hanno chiesto ai corridori di pagarsi il viaggio. E se da un lato tutto questo potrebbe fornire la misura della fragilità del sistema, si può notare che la parte ricca del ciclismo – il WorldTour o comunque una sua parte – ha rifiutato di mandare i propri atleti ai mondiali perché impegnati nella caccia ai punti del ranking UCI. Compresa la Movistar, che ha privato Valverde dell’onore di chiudere la carriera con un campionato del mondo.

Bennati ha raggiunto stasera l’Australia: atterraggio a Sydney e poi di corsa a Wollongong
Bennati ha raggiunto stasera l’Australia: atterraggio a Sydney e poi di corsa a Wollongong

La perplessità è diffusa. L’UCI propugna la mondializzazione dello sport, per portare il gruppo laddove migliaia di persone avranno il privilegio e la possibilità di applaudire beniamini che altrimenti vedrebbero soltanto in televisione. Peccato che per lo stesso motivo nel 2016 andammo tutti a Doha, in un deserto torrido e inospitale, in cui neppure i cammelli si degnarono di salutare il passaggio del gruppo. Sarà proprio l’interesse dei tifosi a muovere le scelte della federazione internazionale?

Pericolo gazze

La natura australiana in proporzione si sta mostrando molto più calorosa rispetto a quella del deserto. E se in Italia è rimbalzata l’eco dell’aggressione subita da Evenepoel da parte di un uccello inferocito, il tema quaggiù è di attualità più stretta. Si parla del pericolo gazze, uccelli neri e bianchi che a queste latitudini sono assai popolari, che a settembre covano le loro uova e le difendono da qualsiasi cosa si muova nei dintorni del nido.

«Le gazze possono essere piuttosto territoriali – ha dichiarato Paul Partland dell’Illawarra Animal Hospital sulla stampa locale – e molte attività si svolgeranno nelle loro zone. Gli uccelli in picchiata tendono a prendere di mira le persone che sono sole e anche quelle che si muovono in modi molto veloci».

Così a Wollongong i cartelli avvisano passanti e ciclisti del rischio di uccelli in picchiata
Così a Wollongong i cartelli avvisano passanti e ciclisti del rischio di uccelli in picchiata

Ecco così che il racconto di Evenepoel assume un altro significato, unito a tutti gli altri avvistamenti segnalati da altri atleti. 

«Un uccello abbastanza grande – ha raccontato Remco – si è avvicinato molto e ha continuato a seguirmi. E’ stato terrificante. Ma questa è l’Australia, a quanto pare. Spero che sia l’unica volta che succede, perché ho avuto paura».

La conferma che non si sia trattato di un caso isolato è arrivata da Stefan Kung, secondo cui un compagno svizzero fosse già stato attaccato in precedenza da una gazza. L’Australia, annotano i giornali di qui, ha un sito web per la segnalazione di attacchi di gazze, con 1.492 episodi quest’anno e fra questi 192 feriti, spesso lievi.

Ganna concentrato

Ma adesso è tempo di parlare di corridori e corse. Ganna ha sulle spalle il peso del pronostico, un fattore che non gli è mai pesato. Pippo (in apertura con Sheffield sul percorso) si è preparato con Sobrero in altura a Macugnaga, ma ha curato altri aspetti della preparazione, visto che la crono di domani potrebbe essere meno filante e più esposta al rischio di rilanci.

Vittoria Guazzini è la nostra punta di diamante per la crono donne: è anche U23
Vittoria Guazzini è la nostra punta di diamante per la crono donne: è anche U23

Nella conferenza stampa su zoom della vigilia, il piemontese ha scacciato i fantasmi della tensione, dicendo di volersi concentrare unicamente su se stesso: la gara è un fatto di tempo. Se fai il più basso hai vinto. Pensare ai rivali non serve.

Di sicuro un risultato positivo sarebbe il miglior viatico verso il record dell’Ora finalmente annunciato, in cui il campione del mondo di crono e inseguimento si troverà a dover battere la distanza di un ingegnere apparentemente venuto dal nulla. Sfidarlo con la leggerezza di un mondiale vinto sarebbe senza dubbio meno pesante. La posta in palio non è affatto banale.

Evenepoel d’attacco

D’altro canto il suo sfidante principale Evenepoel non sfugge alle proprie possibilità. E dopo aver spiegato che non fosse il caso di tornare in Belgio dopo la Vuelta, vista la… minaccia di festeggiamenti, racconta di aver scoperto il percorso anche il giorno prima rispetto alle prove ufficiali che si sono svolte proprio oggi.

Evenepoel oggi per la seconda volta sul percorso, dopo il primo… asssaggio di ieri
Evenepoel oggi per la seconda volta sul percorso, dopo il primo… asssaggio di ieri

«Lo avevo già esplorato di nascosto – ha raccontato – in ogni caso è più difficile dell’anno scorso a Bruges. Il dislivello di quasi 400 metri si fa principalmente nei primi 8-10 chilometri di gara. La salita puoi confrontarla con mezzo Berendries (noto muro del Fiandre, ndr). E’ abbastanza difficile e posso contare sul mio peso. Ci saranno anche molte curve, quindi è un percorso piuttosto tecnico. Solo negli ultimi 6 chilometri lungo la costa potrò usare di nuovo la mia aerodinamica».

Da Museeuw a Remco, quanta pressione sui campioni belgi

15.09.2022
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Remco Evenepoel ha vinto la Vuelta e con questo successo è stato il primo corridore “di Bruxelles” a riportare un grande Giro in patria dopo 44 anni. L’ultimo fu il Giro d’Italia del 1978 di De Muynck. E se su Remco c’era già una grande attenzione mediatica, adesso tutto si è amplificato. La pressione è maggiore.

Le attenzioni (già alte) sono aumentate a dismisura su di lui. Appena un giorno dopo aver vestito la maglia rossa a Madrid sono apparsi titoli come “Si è fatta la storia”. O sono divampate le attese su cosa farà al mondiale: “Ieri è atterrato in Australia”. Ci si chiedeva quale grande Giro correrà il prossimo anno e se può vincere un Tour. Senza parlare della vita privata…

Fatto questo preambolo abbiamo chiesto a due personaggi che in Belgio non solo ci sono stati, ma hanno anche vinto. E ci sono stati in un periodo storico a dir poco florido, la metà degli anni ’90. Parliamo di Serge Parsani, direttore sportivo della Mapei, e di Gianluca Bortolami, che di quella super corazzata era un corridore. Entrambi sono stati al fianco di un certo Johan Museeuw, che prendiamo come esempio.

La stampa belga ha atteso l’arrivo di Evenepoel in Australia. Per la crono iridata già si chiedono chi possa batterlo (foto Instagram)
La stampa belga ha atteso l’arrivo di Evenepoel in Australia. Per la crono iridata già si chiedono chi possa batterlo (foto Instagram)

Parla Parsani

Certo da allora le cose sono cambiate un bel po’ e lo vedremo da quanto ci hanno detto. Decisiva è stata la spinta dei social e delle informazioni online, ma l’attenzione verso il ciclismo è sempre stata forte, fortissima in Belgio.

«Personalmente – dice Parsani – non è stato troppo difficile per me inserirmi in quel contesto. Io avevo iniziato a seguire i belgi già ai tempi della Gb-Mg e con me già c’era Museeuw. Eravamo una squadra italiana che aveva anche sponsor belgi e così mi sono ritrovato con corridori importanti e una struttura belga lassù: per questo è stato “facile”. Abbiamo raccolto molto con Mapei, Asics e poi con quello che è divenuto il gruppo della Quick-Step».

Parsani è rimasto nel gruppo di Lefevere e ha guidato campioni come Museeuw, Van Petegem, Boonen, Bettini
Parsani è rimasto nel gruppo di Lefevere e ha guidato campioni come Museeuw, Van Petegem, Boonen, Bettini

Primi addetti stampa

Da questa evoluzione si capisce anche il perché una squadra come la Quick Step sia così forte lassù.

«Come gestivamo la pressione intorno a Museeuw? Anche questo aspetto era facile. Prima di tutto siamo stati tra i primi ad avere un addetto stampa (Alessandro Tegner che ancora fa parte del gruppo di Lefevere, ndr), ma poi erano diversi i tempi.

«La stampa ci stava addosso, ma sempre con rispetto. In Belgio poi c’è un’altra mentalità e c’era riconoscenza per questo sport molto popolare. E non c’era solo Museeuw, avevamo anche gente come Peeters, Steels… i nostri corridori si alternavano sulle prime pagine. Non dovevamo proteggerli per così dire. E loro erano contenti  dell’interesse della stampa. E se individuavamo qualche giornalista che era più intento a cercare lo scandalo che a parlare di ciclismo… cercavamo di tenerlo lontano.

«Johan aveva la consapevolezza del leader, sapeva prendersi le sue responsabilità. Quando preparava la campagna del nord se non vinceva ci andava vicino e mi aiutava anche a gestire il gruppo in tutti gli aspetti.

«C’è poi un’altra cosa da considerare. In quei tempi i pretendenti alle grandi corse erano 5-6 e ci sta che alla fine si seguissero sempre gli stessi nomi. Non è come oggi che un “semi-sconosciuto” può vincere un monumento. Penso per esempio Van Baarle che vince la Roubaix o allo stesso Bettiol che ha conquistato un Fiandre senza essere tra i favoriti. Oggi sono tantissimi i corridori che possono vincere». Come a dire che la pressione è divisa su più atleti e in teoria incide meno sul singolo.

A Livigno Remco ha vissuto con la squadra solo in parte. Protezione e pressione al tempo stesso
A Livigno Remco ha vissuto con la squadra solo in parte. Protezione e pressione al tempo stesso

Modello Quick Step

Secondo Serge Parsani non sarà difficile gestire Remco anche dal punto di vista delle pressioni, specie quelle mediatiche. E ci spiega perché.

«Personalmente – riprende il tecnico – non conosco il ragazzo, ma parlando ogni tanto con Bramati, mi dice di un ragazzo con i piedi per terra, molto serio per la sua età.

«Certo, sicuramente sarà più difficile che allora ma è pur sempre in un team importante e poi Lefevere è una volpe e saprà come gestire la situazione. Fece così anche con Boonen. Di certo saprà proteggerlo dalle richieste di sponsor, feste, premiazioni… dovrebbe aiutarlo».

Roubaix 1996: il mitico arrivo in parata della Mapei con (nell’ordine): Museeuw, Bortolami e Tafi
Roubaix 1996: il mitico arrivo in parata della Mapei con (nell’ordine): Museeuw, Bortolami e Tafi

Il punto di Bortolami

E se questo è il punto di vista del direttore sportivo, sentiamo anche quello del corridore. Bortolami fece parte di quel mitico arrivo in parata nel velodromo di Roubaix proprio con Museeuw in testa.

«All’inizio – racconta Bortolami – eravamo solo Mapei Italia, poi Mapei Clas che era italo-spagnola e poi Mapei-Gb ed è lì che si è evoluta la situazione. Eravamo tre squadre, ma posso dire che mi sono trovato meglio con il gruppo belga, per così dire, con Museeuw e con il resto. C’era una buona affinità tra noi ragazzi e con lo staff dirigenziale.

«Facevo parte del terzetto entrato nel velodromo. Finimmo sui giornali e in tv per la questione del disaccordo. Un disaccordo sportivo perché tutti e tre volevamo vincere. Poi ci siamo accordati e per noi era finita lì. Tanto che negli anni a seguire mi sono trovato meglio quando avevo come compagni Museeuw, Ballerini, Tafi, Van Petegem… che quando ero capitano unico in un altra squadra».

Lo scorso anno al mondiale di Leuven fummo colpiti dalla gente che da ogni angolo del Belgio venne per tifare Van Aert sin dalla sera prima
Lo scorso anno a Leuven, folla ogni angolo del Belgio per tifare Van Aert sin dalla sera prima

Cultura ciclistica

Bortolami racconta che i giornalisti e i media già all’epoca erano molto presenti, ma conferma anche le parole di Parsani: i giornalisti c’erano ma con discrezione. E la stampa non era solo belga, ma anche italiana, spagnola e francese.

«Noi inoltre – riprende Bortolami – avevamo un addetto stampa che coordinava il tutto e riuscivamo a circoscrivere le richieste, come fanno oggi i team importanti. Il fatto che la stampa belga fosse accanita e partecipe è vero ma, ripeto, sempre con rispetto. E in Belgio oltre al calcio il ciclismo è sentito. 

«Non credo che rispetto al passato ci siano enormi differenze, almeno in Belgio. Anche perché loro rispetto a noi hanno sempre avuto squadre WorldTour o comunque importantissime. Vivono molto ancora le radici. Prima delle grandi corse si sente parlare e si vedono filmati di Merckx, Maertens, De Vlaemick… E questo per me aiuta a creare una certa cultura, una cultura che da noi non c’è. Noi invece viviamo solo il presente o quel che può essere il futuro».

Senza l’avvento totale di internet era più facile gestire la pressione. Ma quando si muoveva Museeuw c’era sempre una grande folla
Senza l’avvento di internet era più facile gestire la pressione. Ma quando si muoveva Museeuw c’era sempre una grande folla

Museeuw e la pressione

Bortolami poi cambiò squadra per delle controversie con lo staff, soprattutto la parte italiana. Passò alla Festina. Aveva anche richieste dall’Olanda, ma preferì la Francia per questioni di lingua.

«Mi ero ambientato bene in Francia – racconta Gianluca – avevo compagni bravi ma non all’altezza di quelli della Mapei, quindi la pressione era tutta su di me e in certi tratti di Gand, Roubaix o Fiandre ritrovarsi da solo contro otto corridori della Mapei non era facile. Se li guardavi in faccia ognuno di loro diventava forte, facevano gruppo (proprio come la Quick Step adesso, ndr). E così quando andava bene portavo a casa un quinto posto.

«Johan con la pressione era molto bravo. Sin da giovane andava forte. Ha sempre gestito le cose da grande corridore e grande uomo, sia con noi compagni che con tutti gli altri.

«Per noi era come essere a scuola: in hotel ci si divertiva. I momenti difficili erano dovuti alla stanchezza e non ad altro. L’unica volta che abbiamo commentato dei titoli di giornali è stato proprio in occasione della tripletta alla Roubaix. Dopo quei giorni c’è stata una certa pressione. Ma questo si è avvertito più in Italia che in Belgio, perché alla fine i danneggiati eravamo noi. Loro avevano vinto».

Ganna vs Evenepoel, la sfida iridata delle bici

13.09.2022
5 min
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La prossima rassegna mondiale vedrà diversi protagonisti, ma i riflettori sono puntati su due corridori. Non ci sarà Van Aert ed Evenepoel ha dimostrato di avere una gran gamba. Per noi ci saranno Filippo Ganna che lotterà per un’altra maglia iridata e con lui Affini e Sobrero.

Abbiamo chiesto a Giampaolo Mondini, uomo di collegamento tra Specialized e i team e Matteo Cornacchione, meccanico del Team Ineos (con un intervento di Federico Sbrissa di Pinarello) di fare il punto sulle bici dei due campioni. Cerchiamo di interpretare alcune scelte tecniche possibili e le curiosità legate ai mezzi meccanici per la crono mondiale.

Rispetto al passato, ci sono delle variazioni della posizione in sella, sulla bici da crono e su quella tradizionale?

MONDINI: «Remco ha cambiato la posizione in sella solo dopo il Lombardia, quello dell’incidente. Il setting è stato cambiato su entrambe le bici. Ci potrebbero essere delle variazioni in futuro sulle bici da crono, non tanto legate al corridore, quanto a nuovi parametri UCI che dovrebbero arrivare per la prossima stagione. Vedremo, ma in tal caso abbiamo già pronta la soluzione più adatta per Evenepoel».

CORNACCHIONE: «No, non ci sono state grandi variazioni e la posizione a crono di Filippo è quella ormai da tre anni, ovvero da quando ha cominciato ad usare il manubrio 3D. Una piccola differenza è presente solo nella parte alta delle appendici, tra la bici crono numero 1 e la numero 2. Ganna non ha cambiato neppure la posizione sulla bicicletta standard».

Al Giro di Germania Ganna ha usato la bici standard per la prova contro le lancette
Al Giro di Germania Ganna ha usato la bici standard per la prova contro le lancette
Quante ore sono state investite nella galleria del vento?

MONDINI: «Lo scorso inverno abbiamo fatto un giorno e mezzo, circa 15/16 ore totali di test. Le prove non consistono solo nella valutazione della posizione biomeccanica, ma si sviluppa anche con i materiali in dotazione; ad esempio i nuovi caschi».

SBRISSA: «L’attuale posizione in sella di Ganna è stata studiata/elaborata insieme al Team Ineos. Sì, è stata utilizzata la galleria del vento per creare il matching perfetto tra atleta e mezzo meccanico, senza dimenticare gli studi condotti direttamente all’interno di PinaLab. Il lavoro nel wind tunnel è stato eseguito qualche mese prima di produrre il nuovo telaio e le appendici. Ovviamente le analisi ci hanno permesso di fare dei confronti con la versione Bolide precedente.

«E’ difficile quantificare le ore spese in galleria – continua Sbrissa – ma comunque si tratta di un lavoro lungo e complesso, sicuramente necessario a questi livelli. La posizione in sella di atleti di questa caratura non si cambia praticamente mai, una volta studiata e trovata quella ottimale. Le simulazioni sui miglioramenti aerodinamici di telaio/componenti possono essere fatti tranquillamente a CFD, perché sulla base del medesimo setting del corridore, si analizzano in modo approfondito le variabili legate ai materiali».

Anche la posizione sulla bici da strada di Evenepoel non ha subito variazioni
Anche la posizione sulla bici da strada di Evenepoel non ha subito variazioni
Qual’è il range di rapporti utilizzato sulla bici da crono?

MONDINI: «Prima della Vuelta 2022 Evenepoel ha sempre utilizzato il 56, oppure il 58 come corona più grande. Alla Vuelta ha esordito con il 60 e una scala 11/30 posteriore. Non è da considerare solo la preferenza dell’atleta, quanto gli studi fatti per migliorare la linea della catena e la riduzione degli attriti. In passato erano valori difficilmente quantificabili, oggi è possibile farlo. In occasione della crono mondiale è prevista una ricognizione per vedere se utilizzerà il 60 ma, non è escluso un ulteriore aumento dei denti».

CORNACCHIONE: «Per la corona più grande le opzioni sono 58 e 60, ma la valutazione verrà fatta anche dopo la prova del percorso. L’ultima parola sarà del corridore. Il tracciato della crono mondiale non dovrebbe essere troppo complicato, ma con diversi rilanci e oltre 20 curve. La scelta del plateau anteriore verrà fatta anche in base a questo fattore, perché 20 variazioni della direzione significano rilanciare la bici in continuazione. In casi come questo è fondamentale non perdere il feeling con la velocità. Filippo per i rapporti dietro usa 11-30. Al momento opportuno verranno fatte anche delle importanti valutazioni sulle ruote, comunque tutte tubeless».

Per gli specialisti come Ganna ormai le corone grandi da 58-60 sono uno standard
Per gli specialisti come Ganna ormai le corone grandi da 58-60 sono uno standard
Corone sempre più grandi, enormi. Sono necessarie delle modifiche sul telaio?

MONDINI: «Sì, il supporto del deragliatore viene modificato ad hoc».

CORNACCHIONE: «Sulla nuova Bolide F non dobbiamo fare nessuna modifica, perché il telaio è già predisposto con un paio di soluzioni. Una supporta la corona fino a 56 denti, la seconda arriva fino alla corona da 62 denti, entrambi sono facili da gestire anche per noi meccanici».

Invece, per quanto riguarda la lunghezza delle pedivelle? Cambia rispetto alla bici standard?

MONDINI: «Si, Evenepoel utilizza pedivelle diverse: 172,5 sulla bici normale e 170 sulla crono».

CORNACCHIONE: «Ganna utilizza le stesse pedivelle, comuni alla bici normale e quella da crono. La lunghezza è di 175 millimetri».

Una delle bici Quick Step, con la “vecchia” guarnitura Dura Ace, ma con le corone 54-40
Una delle bici Quick Step, con la “vecchia” guarnitura Dura Ace, ma con le corone 54-40
Avete fatto delle sovrapposizioni tecniche tra il corridore ed eventuali avversari?

MONDINI: «Sono lavori che fa il team, legati anche ad una strategia ottimale di corsa e di come interpretare il tracciato. Il fattore principale è comunque legato a focalizzarsi sull’atleta, soluzione che permette di gestire le variabili eventuali».

CORNACCHIONE: «E’ un lavoro riservato al team, ma è ovvio che anche noi siamo sempre curiosi e cerchiamo di carpire anche i segreti degli altri. Talvolta le scelte fatte da altri corridori di altre squadre, vengono provate anche dai nostri, ma il tutto è concordato all’interno del team. A prescindere, le differenze si vedono con il tempo e con lo sviluppo dei materiali, fatto tra il team, aziende e corridori».

Emozione Evenepoel: l’anno perfetto, peccato per Roglic

11.09.2022
4 min
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Non si era mai visto un Remco così emozionato. L’ultima volta che in una conferenza stampa Evenepoel aveva raccontato una grande vittoria era stato nel giorno della Liegi, ma era parso rilassato e con la voglia di parlare. Con il trofeo della Doyenne davanti al volto, il piccolo belga che nel frattempo è diventato un gigante, aveva toccato con mano la realizzazione di un sogno. Questa volta è diverso. Ieri sull’Alto de Navacerrada, il belga avuta la conferma di aver vinto la Vuelta. Così prima è crollato in un bellissimo pianto liberatorio, poi ha riguardato la Vuelta alle sue spalle. Quella che segue è una raccolta delle sue frasi, come spicchi del giorno più bello.

Verso Navacerada, Evenepoel nella morsa di Mas e Arensman
Verso Navacerada, Evenepoel nella morsa di Mas e Arensman
Cosa ti è passato per la testa quando hai tagliato il traguardo?

Non so cosa mi stesse passando per la mente. Dopo tutti gli sforzi e anche dopo tutti i commenti negativi sulla mia persona dell’anno scorso, mi prendo questa rivincita. Ho risposto con i pedali. Questo è stato il primo grande Giro che ho iniziato completamente sano. Sono arrivato nelle migliori condizioni possibili. Sono molto contento di questa vittoria, la prima per il Wolfpack e la prima dopo tanto tempo per il Belgio. Questo è il giorno più bello della mia vita.

E’ stato duro arrivarci?

Ho pensato a tutti i sacrifici degli anni passati. Non è stato facile. Quella caduta al Lombardia di due anni fa, il ritorno a un buon livello. Ho ricevuto anche molte critiche. Io e la mia famiglia abbiamo avuto molti momenti difficili. Anche le ultime tre settimane non sono state facili. Dovevo stare in guardia ogni giorno. La pressione sulle mie spalle è enorme. Volevo salire sul podio e vincere una tappa. Ho vinto la classifica generale e due tappe. Non poteva andarmi meglio.

Eri nervoso stamattina?

Molto. Dall’esterno posso sembrare rilassato, ma non ho dormito molto. Sapevo che sarebbe stata una tappa dura, ma sono sopravvissuto. Ero già emozionato quando mi sono alzato. Perché sapevo di essere vicino al grande obiettivo.

Infine sul traguardo, il crollo emotivo di Evenepoel: la Vuelta è vinta
Infine sul traguardo, il crollo emotivo: la Vuelta è vinta
E’ stata tanto dura?

A parte l’arrivo a Sierra de la Pandera, questa è stata la tappa più difficile. Per il cuore, per il corpo, per la testa… Perché sei così vicino, ma devi continuare a lottare. A tre chilometri dal traguardo mi hanno detto che avrei vinto la Vuelta. Ho sentito i brividi su tutto il corpo e nelle gambe. Non mi importava più di sprintare per il secondo posto. Ho voluto solo godermi quegli ultimi 500 metri. Avevo ancora le gambe, ma non più la testa per uno sprint.

Hai avuto momenti difficili?

Solo la caduta. Due giorni dopo non ero ancora al mio livello. Senza quel problema, avrei concesso meno tempo a Mas sabato scorso.

Il ritiro di Roglic ti ha reso la vita meno dura?

Non si può dire. Le cadute fanno parte del ciclismo. Posso parlarne a ragion veduta, basti pensare al Giro di Lombardia 2020. Certo è un peccato per la Vuelta che Primoz sia scomparso dalla gara. Ma non è vero che sia stato più facile senza di lui. Mas è anche uno dei migliori scalatori del mondo. E’ già arrivato quinto al Tour e per tre volte è arrivato secondo alla Vuelta. Se non fossi caduto, non avrei avuto nemmeno una brutta giornata in questa Vuelta.

L’abbraccio con Ayuso durante l’incontro con la stampa: fra i due 3 anni di differenza
L’abbraccio con Ayuso durante l’incontro con la stampa: fra i due 3 anni di differenza
E’ davvero il giorno più importante della tua carriera?

E’ stato un grande anno, con la Liegi-Bastogne-Liegi San Sebastian e ora due tappe e la classifica finale alla Vuelta. E questo inverno mi sposo. E’ l’anno migliore che potessi immaginare. Ho solo 22 anni ed è solo il mio quinto anno in bici

Ci sarebbe ancora il mondiale…

Scusatemi con il tecnico della nazionale Vanthourenhout, ma al momento non mi interessa. Però posso promettergli che sarò pronto. Non ho pensato al mondiale per tre settimane e non lo farò stasera, né domani (oggi, ndr). Ma da lunedì mi concentrerò al 100 per cento sulla cronometro. Poi cercherò di recuperare per la corsa su strada. Non so cosa ci sarà nelle gambe per allora. E se sarà necessario aiuterò Van Aert.

Il falso dubbio di Sierra Nevada: l’altura si gestisce così

10.09.2022
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C’era lo spauracchio di Sierra Nevada, con quei 2.500 metri a turbare teoricamente il sonno di Remco Evenepoel (in apertura nel giorno della gara, con Roglic ancora in corsa). In realtà c’erano anche le parole parzialmente tranquillizzanti del suo allenatore Koen Pelgrim, ma per tenere alta l’attenzione era parso interessante giocare sul dubbio. Come se la montagna e la sua altura potessero portare con sé quel tocco di mistero che rende certe tappe più pericolose di altre.

In realtà la strada ha detto altro. E se da una parte Lopez e Mas si sono avvantaggiati, Evenepoel e Roglic sono saliti più o meno allo stesso passo. Soltanto nel finale il leader della Jumbo Visma ha preso il largo, ma con un guadagno di pochi secondi e ammettendo a sua volta di non aver avuto gambe. Insomma, Evenepoel era giustamente cauto, ma in fondo sapeva che non ci avrebbe lasciato le penne.

Claudio Cucinotta, qui con Battistella, ha compiuto 40 anni a gennaio (foto Astana Qazaqstan Team)
Claudio Cucinotta, qui con Battistella, ha compiuto 40 anni a gennaio (foto Astana Qazaqstan Team)

Conta l’adattamento

Affrontiamo il tema con Claudio Cucinotta, uno degli allenatori della Astana Qazaqstan Team, per capire quanto ci sia di imprevisto in situazioni del genere e quanto in realtà si possano gestire, anche al cospetto di atleti di maggior esperienza e più attitudine a un certo tipo di sforzo.

«In casi del genere – spiega Cucinotta – conta di più quello che hai fatto nelle settimane e nei mesi precedenti rispetto a quello che hai fatto negli anni precedenti. Quindi anche se uno è abituato a correre in altura però nella stagione in corso non ha fatto periodi in quota, non è automaticamente avvantaggiato. Come i colombiani che dopo un po’ perdono l’adattamento. Quindi quello che diceva l’allenatore di Remco è assolutamente vero. Se lui ha lavorato tanto sullo Stelvio e comunque su salite con quote elevate, dal punto di vista fisiologico era adattato per affrontare un arrivo a quote così elevate».

A Sierra Nevada, Evenepoel è arrivato stremato, ma avendo limitato i danni alla grande
A Sierra Nevada, Evenepoel è arrivato stremato, ma avendo limitato i danni alla grande
Quindi attraverso l’analisi dei parametri fisiologici si riesce a capire l’eventuale perdita dovuta all’altura e lavorare per colmarla?

Sì, si riesce a capire percentualmente il calo di rendimento a quote elevate. C’è chi cala di più e chi meno, questo è soggettivo. E facendo un lavoro massiccio, si tratta di variazioni che si riescono ad assorbire e gestire, nel senso che si lavora per ridurre il calo dovuto all’altura. Quindi se ipoteticamente l’atleta mai stato in quota fa una salita di 2.500 metri ed ha un calo, dico a caso, del 10 per cento, allenandosi può arrivare averlo magari del 6 per centro.

Loro hanno sottolineato di aver lavorato sullo Stelvio a ritmo gara.

Sicuramente aiuta a migliorare, ma bisogna dire che l’altura va fatta e valutata in maniera abbastanza attenta. Se io vado in altura ad allenarmi per una gara che si svolgerà a livello del mare, allora dal mio punto di vista lavorare ad alta intensità in quota non ha sempre troppo senso. Viceversa se si lavora per la Vuelta, dove di solito ci sono sempre arrivi in quota, allora ha senso ed è anzi consigliabile lavorare anche ad alta intensità in alta quota. Perché poi è quello che andrò a fare in gara.

Non c’è nulla di casuale nella Vuelta di Evenepoel, dalla preparazione ai minuti dopo gara (foto Quick Step)
Non c’è nulla di casuale nella Vuelta di Evenepoel, dalla preparazione ai minuti dopo gara (foto Quick Step)
Due schemi diversi, insomma.

La prassi è che per preparare una corsa a livello del mare o comunque a quote non elevate, si dorme in alto e ci si allena in basso. Questo rende possibili gli effetti benefici dell’altura sullo stimolo della produzione di globuli rossi. Allenarsi a bassa quota invece non ha le limitazioni della quota, che mi mi impone di ridurre l’intensità. Se però, come dicevamo, devo preparare un evento in alta quota devo anche abituarmi a lavorare in altura ad intensità di gara. Immagino sia quello che hanno fatto.

Quanto deve essere vicino alla gara questo tipo di lavoro?

E’ un adattamento che si perde col tempo. Se ho la Vuelta a fine agosto, devo fare dei richiami. Faccio questi lavori a luglio, non basta averli fatti a febbraio. A volte basta un blocco massiccio d’altura anche a un mesetto dalla gara.

L’avvicinamento alla Vuelta è passato anche per un soggiorno all’Hotel Syncrosfera di Denia, con camere ipobariche
L’avvicinamento alla Vuelta è passato anche per un soggiorno al Syncrosfera di Denia, con camere ipobariche
Dormire in quota fino alla vigilia della gara aiuta a non perdere l’adattamento?

Aiuta a prolungare l’effetto della quota. Normalmente si tende a scendere una settimana prima dell’evento. Ma se per esempio la gara avesse l’arrivo in quota già in partenza allora varrebbe la pena scendere dall’altura a ridosso della partenza.

Mondiali crono: sfida fra Ganna ed Evenepoel?

09.09.2022
5 min
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Se fa fede il podio ai mondiali dello scorso anno, senza Van Aert che ha deciso di puntare sulla strada, è credibile che la crono iridata di Wollongong diventi una sfida tra Ganna ed Evenepoel? Nell’intervista pubblicata dopo la prova di Alicante, il preparatore belga di Remco ha detto di non poter affermare che il suo pupillo sia più forte di Ganna solo perché lo storico è a favore dell’italiano. Ha tuttavia lasciato intuire di pensarlo.

I due si presenteranno in Australia a capo di due avvicinamenti diametralmente opposti. Evenepoel all’ultimo momento dalla Vuelta, Ganna dopo un solido ritiro in altura e poi con tutto il tempo per recuperare il jet lag. L’analisi della sfida l’abbiamo affidata ad Adriano Malori, nostro nume tutelare quando si parla di cronometro. Perché non si tratta di una disamina agevole, viste le differenze tecniche e fisiche fra i due e alla luce di un percorso non semplicissimo da interpretare.

Evenepoel arriva ai mondiali australiani dopo aver corso la Vuelta, spendendo parecchio
Evenepoel arriva ai mondiali australiani dopo aver corso la Vuelta, spendendo parecchio
Da dove cominciamo?

Da Evenepoel che dopo le fatiche della Vuelta potrebbe arrivare con una gamba non ottimale, anche se il ritiro di Roglic gli ha permesso sicuramente di spendere meno. Ganna invece ha puntato dritto sulla crono e ha fatto un avvicinamento mirato.

Il percorso?

Fanno due giri, con due strappi per giro. Quindi ci sono quattro strappi abbastanza impegnativi che favoriscono Remco, che pesa 20 chili meno di Ganna. Ma ugualmente il mio favorito è Pippo.

Si dice sempre che la Vuelta dia una marcia in più…

Se corri la Vuelta in funzione del mondiale. Ma Evenepoel ha corso per la classifica e non dimentichiamo che va forte da San Sebastian. Insomma, il suo avvicinamento sarà parecchio complicato.

Ganna si è preparato in altura in altura al rifugio Oberoli (foto Instagram)
Ganna si è preparato in altura in altura al rifugio Oberoli (foto Instagram)
Lo hai visto nella crono di Alicante?

Si vede che ha una posizione meno estrema, ma più comoda. E’ il discorso che abbiamo fatto per Cattaneo: non serve essere aerodinamici al massimo, se poi non si riesce a spingere. Piuttosto bisognerà capire quanto guadagnerà sugli strappi. Potrebbero 30 secondi a ogni salita ed è il motivo per cui quel percorso non mi piace. E’ molto tecnico, ci sono parecchie curve. Non c’è grande spazio in cui Pippo possa distendersi e lanciarsi. Quindi sarà penalizzato sugli strappi e c’è da capire bene come sono le curve, perché potrebbero far perdere il ritmo e costringere a rilanciare. Le curve rischiano di spezzare il ritmo a chi come Pippo eventualmente dovesse recuperare, forte del fatto che in rettilineo arriverebbe prima del rivale ai 56-57 all’ora.

Sfida a due secondo te?

Starei attendo anche a Bissegger, che è in crescita e in salita va forte. Non lo escluderei dalla lotta per la vittoria. Di sicuro per battere Ganna serve un fuoriclasse. E gli unici in questo momento sono il Remco della Vuelta e Van Aert che su quel percorso avrebbe detto sicuramente la sua. Potrebbe vincere.

Remco Evenepoel ha dominato la crono di Alicante della Vuelta
Remco Evenepoel ha dominato la crono di Alicante della Vuelta
Perché non la farà secondo te?

L’anno scorso disse di non aver reso su strada, perché aveva ancora la gamba guastata dalla crono. Il lungo viaggio non aiuta, però è triste che uno dei più forti del mondo decida di rinunciare. Secondo me significa che non gliene importa nulla.

Ganna viene da un periodo sotto tono, si può ricostruire la sicurezza senza aver corso?

Si costruisce benissimo. Nel 2015 arrivai secondo ai mondiali, avendo fatto l’ultima corsa a fine agosto. Ci sono i dati, c’è il confronto continuo con il preparatore. Vidi i dati, capii che stavo bene e la motivazione venne su da sé. Pippo quest’anno si è un po’ inceppato…

Marco Villa e Filippo Ganna
Marco Villa e Filippo Ganna
Perché?

Perché può capitare. Secondo me lo fanno correre troppo. Non so quanto gli convenga continuare a fare strada e pista. La pista è complicata. Devi prendere la macchina, guidare fino a Montichiari, non è semplice come uscire su strada. Non sta a me giudicare, ho fatto molto meno di lui, ma forse nell’anno dopo l’oro olimpico, avrei mollato la pista.

Perché pensi che sia lui il favorito?

Perché quando prepara un obiettivo, non sbaglia. E’ meticoloso e sarà motivato come una bestia. L’anno scorso non vinse l’europeo e a Bruges sappiamo come andò a finire. E poi ha fatto l’avvicinamento migliore, anche se su quello entrambe le soluzioni hanno pro e contro. Tra i vantaggi di volare laggiù per tempo, c’è il fatto che Pippo potrà provare per bene il percorso.

Adriano Malori, mondiali Richmond 2015
Malori arrivò secondo al mondiale di Richmond 2015 senza aver corso per settimane prima
Adriano Malori, mondiali Richmond 2015
Malori arrivò secondo al mondiale di Richmond 2015 senza aver corso per settimane prima
Mentre Remco?

Arriverà tre giorni prima della gara e non so se riuscirà ad assorbire il fuso orario. Per contro, rispetto allo scorso anno è migliorato tanto. E’ sempre composto. Ad Alicante sembrava una macchina, ha dato un’enormità a Cavagna che, se non fosse caduto, nella crono di Milano al Giro 2021 avrebbe battuto Ganna. Piuttosto sapete chi vedo bene?

Indoviniamo: Kung?

No, lui di solito i grandi appuntamenti li cicca. Vedo bene Sobrero, Matteo potrebbe entrare nei cinque e forse anche puntare al podio. Fisicamente ha le stesse caratteristiche di Evenepoel, il percorso gli si addice perché in salita va bene. Ha vinto la crono finale del Giro. E poi lo allena Pinotti e io lo so quanto sia bravo Marco nel preparare certo appuntamenti.

Grandi Giri: è ancora possibile puntare alla doppietta?

08.09.2022
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La Vuelta, in questi giorni giocherà le battute finali, nel segno della maglia rossa di Remco Evenepoel. Avevamo già analizzato come il ciclismo moderno si stesse “specializzando” arrivando a fare sempre meno giorni di corsa, ma con l’obiettivo di essere sempre performanti. Questo dato risulta ancor di più dalla corsa a tappe spagnola, alla quale hanno preso il via i primi tre della classifica finale dell’ultimo Giro d’Italia: Hindley, Carapaz e Landa. I quali non sono riusciti ad essere mai performanti per entrare nella classifica generale della Vuelta. Il più attivo è risultato Carapaz, con due successi di tappa, al netto dei 18 minuti di ritardo che paga al momento dal leader Evenepoel. 

Per Carapaz dopo il secondo posto al Giro due tappe alla Vuelta, ma una classifica compromessa già alla fine della prima settimana
Carapaz Pandera
Per Carapaz dopo il secondo posto al Giro, due tappe alla Vuelta, ma classifica subito compromessa

Cambio di rotta

Paolo Slongo, preparatore e diesse di grande esperienza ha vissuto tante epoche. E’ stato lui che ha guidato Nibali quando, nel 2013, il siciliano ha colto la sua prima vittoria al Giro e, pochi mesi dopo, il secondo posto alla Vuelta (foto di apertura con Nibali in maglia rossa, che passò a Horner a tre giorni dalla fine, ndr). 

«Penso che programmando bene – inizia a parlare Slongo – avendo in testa di correre Giro e Vuelta sia più fattibile fare classifica. Ci sono tempi più larghi, si riesce ad avere un maggiore stacco e di conseguenza un periodo di preparazione più ampio. Sono dell’idea che accoppiare Giro e Tour o Tour e Vuelta sia troppo difficile per il ciclismo moderno, dove devi essere sempre al 100 per cento.

«E’ troppo difficile anche mentalmente cercare di prolungare un periodo di forma per così tanto tempo, anche perché nelle poche settimane che passano tra queste corse si avrebbe solamente il tempo di mantenere la condizione. Diverso è se, per un motivo o per un altro, non riesci a performare in un Grande Giro e di conseguenza punti a quello successivo. Com’è stato il caso di Mas quest’anno al Tour, ora lo vedete forte alla Vuelta».

Mas, ritirato dal Tour causa Covid, ha preparato la Vuelta prolungando la preparazione e ricalibrando gli obiettivi stagionali
Mas, ritirato dal Tour causa Covid, ha preparato la Vuelta ricalibrando gli obiettivi stagionali

Una grande diversificazione

I metodi di lavoro e di preparazione sono cambiati molto, concentrando gran parte del lavoro negli allenamenti specifici, non più nelle gare. La corsa diventa il palcoscenico dove mostrare la propria forza, non un laboratorio nel quale provare e fare esperimenti. 

«Questo dipende da tante cose – continua Slongo – soprattutto da quel che vuole la squadra e dai suoi obiettivi. Una cosa però è certa: fino a pochi anni fa i leader correvano facendo degli avvicinamenti simili, disputavano le stesse corse, ora nemmeno questo. Si va troppo ad esasperare lo specifico appuntamento e li trovi corridori sempre pronti negli appuntamenti che contano. Evenepoel, per esempio, ha concentrato gran parte della sua stagione, se non tutta, sulla Vuelta. E’ ovvio che arrivi con maggiore motivazione e preparazione rispetto a chi ha già corso il Giro d’Italia o il Tour de France. Ha più fame di successo, gli altri invece sono appagati da quanto mostrato negli appuntamenti precedenti».

Tempi e mentalità diversi

Dal periodo post pandemia, quindi stagione 2020 compresa, è diventato ancora più difficile proporsi ad alti livelli in due Grandi Giri. In precedenza, nel 2017 Froome vinse il Tour e poi la Vuelta, infilando a seguire anche il Giro del 2018. L’ultimo ad andarci vicino è stato Roglic nel 2019 e nel 2020 quando fece terzo al Giro e poi vinse la Vuelta, quindi secondo al Tour e primo alla Vuelta.

«Vi faccio un esempio – racconta Slongo nuovamente – di quel che è cambiato negli anni. Vincenzo alla Tirreno-Adriatico non arrivava mai al massimo della condizione, ma era sempre competitivo. Negli ultimi anni fai fatica ad entrare nei primi dieci se non sei al massimo. In Australia, al Tour Down Under, vedi certi valori in salita che ritrovi poi al Tour de France. Se punti ad una corsa, ormai arrivi super preparato, anche se è ad inizio stagione. Prima, invece, individuavi un periodo e riuscivi a correre mantenendo una buona condizione per più tempo. Il cambiamento principale è arrivato negli ultimi 7-8 anni, quando la Sky con Froome sdoganò questo metodo di lavoro sempre più specifico. Nibali, quando ha vinto il Tour, ha dovuto trascurare tutte le gare di inizio stagione. 

I primi a cambiare metodo di lavoro sono stati la Sky e Froome, lavorando specificamente tutti gli anni per dominare al Tour
I primi a cambiare metodo di lavoro sono stati la Sky e Froome, lavorando specificamente tutti gli anni per dominare al Tour

La visione del preparatore

Come ultimo passo bisogna capire se questi nuovi metodi di approccio alle gare abbiano cambiato il lavoro del preparatore

«A mio modo di vedere – dice Slongo – non è cambiato il modo di lavorare. Alla fine devo seguire il metodo migliore per gli obiettivi del team a seconda delle richieste e dei progetti. Ho i miei sistemi e devo solo capire quando e come applicarli. Quel che cambia sono lo spettacolo ed il rapporto del pubblico con il ciclismo. C’è chi è felice perché ogni volta che guardi una corsa di un corridore top lo vedi sempre al massimo della condizione e delle prestazioni. Al contrario, alcuni preferirebbero vedere i corridori impegnati in più corse ed affrontarsi in uno scenario più ampio».

Roglic dal capolavoro all’inferno. Il racconto di Remco

06.09.2022
4 min
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Un gran casino, altro non si può dire della tappa della Vuelta. Doveva essere affare per velocisti, ma Roglic ha lanciato la bomba attaccando secco sull’unico strappo. Il tempo di rendersene conto e anche Evenepoel ha realizzato di avere una ruota bucata, senza che si vedesse arrivare l’ammiraglia. E mentre il belga dietro aspettava flemmatico la bici di scorta, davanti lo sloveno faceva il diavolo a quattro.

Pedersen vince la tappa, sullo sfondo si intravede Roglic che si rialza
Pedersen vince la tappa, sullo sfondo si intravede Roglic che si rialza

Caduta in volata

Non restava che la volata per dare una dimensione al vantaggio, quando Roglic si è toccato con Wright ed è caduto rovinosamente a terra. Escoriazioni, sangue e lo sguardo stordito.

Primoz è rimasto sull’asfalto per un tempo eterno. Poi si è rialzato, mentre accanto sfilavano quelli che aveva staccato. Ha raggiunto faticosamente il traguardo cercando di spingere l’undici. Poi si è seduto nuovamente per terra. Ha bevuto. E ha dato a lungo la sensazione di essere sotto shock.

Roglic ha appena attaccato, quando Evenepoel si accorge di aver bucato: l’ammiraglia non arriva
Roglic ha appena attaccato, quando Evenepoel si accorge di aver bucato: l’ammiraglia non arriva

Giuria al lavoro

La giuria ha impiegato un tempo altrettanto eterno per riscrivere la classifica. Essendo caduto negli ultimi 3 chilometri, Roglic è stato accreditato del tempo del gruppo in cui si trovava: quello dei primi. Per lo stesso motivo, Evenepoel è stato cronometrato con i primi inseguitori.

Per cui Roglic ha guadagnato 8 secondi sul leader, ma c’è da scommettere che avrebbe preferito mantenere il distacco di prima, senza farsi male. Le prime analisi escludono fratture, ma colpi del genere lasciano segni profondi. E domani si arriva in salita.

«Avevo un po’ paura degli ultimi cinque chilometri – racconta Evenepoel – abbiamo fatto la ricognizione nel giorno di riposo e sapevo che le strade erano davvero scivolose. La corsa negli ultimi tre chilometri è stata molto frenetica. Nella discesa siamo arrivati anche a 90 all’ora. Non è stato divertente. Ho perso alcune posizioni, poi ho scoperto che la mia gomma posteriore era a terra. Non stavo davvero guardando i chilometri, quindi non sapevo dove fossi rispetto al traguardo. In ogni caso sono contento che esista la regola dei 3 chilometri, altrimenti oggi avrei perso molto tempo».

Dopo l’arrivo, lo sloveno si siede nuovamente a terra e sembra sotto shock. Lo puliscono dal sangue
Dopo l’arrivo, lo sloveno si siede nuovamente a terra e sembra sotto shock. Lo puliscono dal sangue

Un capannello giallo

Di Roglic ovviamente non ci sono dichiarazioni e anche l’ufficio stampa della squadra non ha ancora fornito aggiornamenti. Sta di fatto che quando Evenepoel ha tagliato il traguardo, si è accorto del capannello di corridori Jumbo Visma davanti a una transenna e si è accostato per guardare. Capendo subito la portata del problema.

«Ho visto che Primoz è caduto – dice – spero che stia bene e che possa continuare la gara. Dopo il traguardo l’ho visto seduto per terra. Gli ho chiesto se stava bene, ma sembrava un po’ sotto shock per l’incidente e non ha risposto subito.

«Mi aspettavo il suo attacco. Tutti sanno che è molto esplosivo. Il finale era fatto per lui, anche più che per Pedersen. Nel momento in cui ho sentito che stava attaccando, ero piuttosto stressato. Solo il mio direttore sportivo Klaas mi ha confermato che avrebbero applicato quella regola. E allora mi sono calmato un po‘».

Dopo l’arrivo Evenepoel si avvicina e chiede come stia il rivale: gesto di grande sportività
Dopo l’arrivo Evenepoel si avvicina e chiede come stia il rivale: gesto di grande sportività

La notte dei dubbi

Ora le attenzioni si spostano sulla tappa di domani. Un Roglic così pimpante sarebbe stato una mina vagante, il rischio ora è che come al Tour tutto sia finito qui.

«Spero che possa partire – dice Evenepoel – anche se a prima vista non sembrava messo molto bene. Non è divertente per lui. Soprattutto con le salite in arrivo. La caduta è stata simile alla mia la scorsa settimana in discesa. Improvvisamente ti ritrovi per terra. Chissà, forse anche lui ha perso la concentrazione per un momento e il momento dopo sei messo così male…».

Poi, dopo aver confermato di essere di nuovo vicino a una buona condizione, il leader della Vuelta si è dedicato alle formalità del protocollo che ogni giorno gli portano via tempo prezioso. Sapremo nel corso della notte se ci saranno novità per lo sfortunato Roglic e se domattina sarà al via o sarà nuovamente costretto ad alzare bandiera bianca…