Il quartetto, il cambio sbagliato, l’oro delle ragazze. Vignati racconta

21.08.2024
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In procinto di partire per le Paralimpiadi, che commenterà su Rai Sport accanto a Stefano Rizzato, Pierangelo Vignati ci riporta con il suo racconto agli eccitanti giorni in pista di Parigi 2024. Li ha vissuto ugualmente in cabina RAI accanto a Francesco Pancani. Vignati, ex atleta emiliano classe 1970, dopo qualche trascorso da atleta normodotato, ha partecipato e vinto l’oro nell’inseguimento individuale alle Paralimpiadi di Sydney del 2000. Il suo reclutamento in RAI risale agli scorsi mondiali di Glasgow. Pancani aveva bisogno di un supporto per commentare il quartetto, gli mise una cuffia e lo mise alla prova. Test superato in modo brillante, al punto da portarlo a Parigi.

Che cosa ha visto Vignati nei giorni della pista? Quali sono stati gli episodi più stimolanti da raccontare? Gli abbiamo proposto di riportarci laggiù e lo abbiamo sommerso di domande. Ecco le sue risposte.

Pancani e Vignati, la coppia RAI per la pista olimpica. Alle Paralimpiadi arriverà Stefano Rizzato
Pancani e Vignati, la coppia RAI per la pista olimpica. Alle Paralimpiadi arriverà Stefano Rizzato
Pierangelo, come è stato seguire le Olimpiadi in pista? Faticoso, emozionante..

Entrambe. Faticoso perché ti devi preparare e ti devi ricordare le cose. Devi essere anche fortunato di alloggiare nella parte giusta. C’è chi ogni giorno faceva 45 minuti per andare in velodromo, noi con la Rai eravamo a pochi metri e questo ci ha aiutato molto. Con le Paralimpiadi sarà diverso. Saremo in centro a Parigi, quindi lontani dalla pista e anche dai luoghi in cui si correranno le prove su strada, che non saranno gli stessi. E’ stato emozionante, invece, perché è stata la mia prima Olimpiade. Sono stati un’emozione proprio il contesto e il ruolo che mi hanno cucito addosso. Stare accanto a Pancani rende tutto più semplice, ti mette in condizione di dare il 110% senza che te ne renda conto.

Il commento tecnico di una gara su strada può essere lento per lunghi tratti, invece le gare in pista durano poco: quanta concentrazione serve per accorgersi di tutto?

Fa parte anche quello della fatica della pista. E’ quasi come correrla. Nella mia storia, nonostante la mia disabilità dalla nascita, ho avuto la fortuna di correre in pista sia con i normodotati e poi con i paralimpici. In più sono sempre stato uno molto curioso e attento. So perfettamente che quando vai a vedere una madison non la guardi dall’interno della pista, ma da fuori per avere una visione completa, quindi sugli spalti sei in una posizione privilegiata. Certo, non abbiamo citato la caduta dei tedeschi, l’unica cosa che non abbiamo colto, ma il resto l’abbiamo beccato tutto, soprattutto la conta dei giri. Chi fa la madison deve sapere dove si trova, guardare il suo compagno, guardare il tabellone e guardare come si sta sviluppando la gara. E anche lì quando fai una telecronaca, devi guardare queste cose. Devi avere sotto occhio il tabellone, il punteggio e capire dove è il compagno, per capire quando parte lo sprint finale.

Come te la sei cavata?

Sono stato col profilo molto basso dal punto di vista tecnico, perché mi è stato detto di cercare di far capire più che altro come si sviluppavano le gare. Spiegare a chi non le ha mai viste come funziona e come si decidono. Cos’è l’americana, l’omnium, l’inseguimento a squadre. Come funzionano, le dinamiche, tutta la tattica. E devo dire che chi mi ha ascoltato, non essendo del ciclismo, mi ha detto di aver capito. Non è tanto per il complimento, ma sono contento perché abbiamo raccontato tutto in modo chiaro. Pancani e Rizzato sono bravissimi. Stefano è giovane ed è molto computerizzato, ma è veramente una macchina da guerra. Il suo è il nuovo modo di fare giornalismo in tv, è veramente preparato e meticoloso in tutto e per tutto. Pancani è un archivio storico vivente. Ha il suo librone, prende appunti, segna tutto. Sono due diversi tipi di giornalismo, però entrambi ottengono lo stesso risultato in due modi differenti.

Avevate spesso contatti con il box azzurro?

Per scelta ho lasciato tranquillo Marco Villa. Ho parlato di più con Ivan Quaranta, perché ho corso con lui. Ho cercato di carpire un po’ di informazioni da Diego Bragato, ma da quella parte c’era un silenzio assordante. Villa ha deciso di tenere un velo di segretezza su quello che stavano facendo. Ha fatto una riunione e ha detto che tutte le decisioni sarebbero dovute rimanere riservate.

Vedendoli da lì, si capiva che il quartetto non fosse quello di Tokyo e avesse qualcosina in meno?

Sì. Più che si è capito che gli altri avessero qualcosa di più. Non eravamo gli stessi di Tokyo, però quel bronzo vale quanto l’oro. Ci hanno abituati a vincere e fare il record del mondo, però il bronzo tre anni dopo è una grande conferma. E’ un bronzo che pesa, calcolando anche le dinamiche. Nelle qualifiche non mi sono piaciuti. In semifinale non mi sono piaciuti per nulla, addirittura pensavo che non passassero. C’è stata troppa confusione nel giro e 200 metri di Consonni e secondo me non se lo aspettavano. Invece nella finale del bronzo, anche se Consonni ha fatto la stessa cosa, il quartetto è stato più fluido e si è visto che stava funzionando. Tanto che poi i danesi si sono disgregati. Quando ho visto luce prima del terzo danese, ho capito che era andata. Consonni a quel punto non lo staccavano neanche se gli tiravano una badilata sui denti...

Simone è stato eroico in quel frangente e quando è ripartito dopo la caduta.

E ricordatevi che la madison erano 50 chilometri corsi a più di 60 di media. Alla fine, quando volavano via, era per l’esaurimento delle forze. Sembrava che svenissero, al punto che tutti sapevano che cosa avrebbero fatto i portoghesi e glielo hanno lasciato fare indisturbati. Non ne avevano per provare a tenerli.

Cambio sbagliato, Consonni è caduto, ma riparte con la rabbia in volto. Per Vignati una foto da mostrare ai giovani
Cambio sbagliato, Consonni è caduto, ma riparte con la rabbia in volto. Per Vignati una foto da mostrare ai giovani
L’Italia ha pagato la caduta, ma è stata una caduta che abbiamo provocato noi. Se ne è parlato poco.

All’inizio pensavo che si fosse proprio toccato con Elia. Invece poi nel rallenty, ho visto che la caduta è avvenuta proprio durante il cambio. Simone andava troppo piano in quel momento. E poi con i manubri stretti che hanno ora, a volte cambiano tenendo la mano sotto e non sopra (foto di apertura, ndr). La mano sopra permette di avere un controllo più stabile della bici, con la mano sotto rischi di perderla. Questo è un aspetto che va considerato.

In più la caduta c’è stata in una fase piuttosto concitata…

Mancavano 26-27 giri dalla fine e in postazione ci siamo guardati e abbiamo temuto che avessero perso tutto. C’è stato un momento di panico, non si capiva più nulla. C’erano i neozelandesi all’attacco e per fortuna, non so per quale motivo o per quale santo in paradiso, hanno mollato. Se avessero insistito, saremmo arrivati quarti. In quel momento sono partiti i portoghesi che hanno fatto lo sprint e conquistato il giro. Bravi loro. Noi ce la siamo giocata bene.

Visto che faccia Consonni quando è ripartito?

Abbiamo visto tutti la foto, che è bellissima. Bisognerebbe farla vedere ai giovanissimi per spiegare cosa vuol dire la grinta in bicicletta. A quel punto non sapevamo che botta avesse preso e cosa potesse accadere. L’unico errore probabilmente è stato il cambio per l’ultimo sprint. Hanno cambiato troppo tardi, hanno rischiato perché è naturale che la dovesse fare Elia. Forse se avessero cambiato prima, sarebbe rimasto agganciato ai primi e a quel punto avrebbe potuto cercare di vincere l’ultimo sprint. 

Il 9 agosto 2024, Guazzini e Consonni sono diventate campionesse olimpiche della madison
Il 9 agosto 2024, Guazzini e Consonni sono diventate campionesse olimpiche della madison
Invece Vignati come ha vissuto l’oro di Guazzini e Consonni?

E’ stato esaltante, la gara perfetta: la dimostrazione che avere coraggio premia. Solo due squadre hanno conquistato il giro: l’Italia e l’Australia. Le nostre sono uscite da sole, hanno conquistato il giro e hanno iniziato a fare poi la gara. Però restava un po’ di dubbio. Adesso cosa succederà? Hanno consumato troppo? Hanno chiesto troppo? Si staccheranno? Capita spesso che vai a prendere il giro e poi non riesci più a stare agganciato. Queste ragazze invece hanno dimostrato un grande coraggio, che poi è stato veramente premiato. Ed è bello perché è una medaglia che valorizza tutto il resto. La spedizione del ciclismo, compreso il Ganna nella crono, torna a casa con un oro, due argenti e un bronzo. Assolutamente un grande bilancio.

Cassani? E’ sempre uguale: chiama ancora nel cuore della notte

20.05.2024
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LIVIGNO – Francesco Pancani è già in Val Gardena. Dovendo lavorare al traguardo della tappa di domani, il contingente di RAI Sport si è spostato ieri dopo l’arrivo e sta trascorrendo il giorno di riposo ai piedi delle Dolomiti. E mentre a Livigno il cielo si fa facendo grigio, da quella parte di mondo la giornata è tersa. Domani però dovrebbe essere brutto come qua, tanto che secondo alcune voci si starebbe ragionando di non fare neppure l’Umbrail Pass: speriamo non sia così. Parliamo con il commentatore toscano per raccontare il ritorno di Davide Cassani ai microfoni della tivù di Stato. La collaborazione, pur rinfrescata con alcune presenze, si era interrotta nel 2014 (la foto di apertura è del Giro 2011). Da allora Cassani ha fatto il tecnico della nazionale e il Presidente del Turismo dell’Emilia Romagna, si susurrava persino che stesse per costruire una squadra pro’, ha portato il Tour in Italia. Per questo Pancani è rimasto un po’ sorpreso quando Auro Bulbarelli, direttore di Rai Sport, ha tirato fuori il nome del romagnolo.

«Ne avevamo parlato con il direttore a inizio anno – conferma Pancani – e inizialmente mi ha stupito perché non pensavo che Davide avesse il tempo per farlo, visti i suoi tanti impegni. Questo si può dire: l’ho saputo prima che gli venisse proposto. E a quel punto ero sicuro che se avesse avuto la possibilità di organizzarsi, avrebbe detto di sì. E’ sempre stato molto legato all’azienda, l’ha fatto per tanti anni. Conosce tutti, conosce me, ero sicuro non ci sarebbero stati problemi».

Cassani torna ai microfoni Rai dopo essere stato fra gli artefici del via del Tour dall’Italia: a luglio avrà il piacere di raccontarlo
Cassani torna ai microfoni Rai dopo essere stato fra gli artefici del via del Tour dall’Italia: a luglio avrà il piacere di raccontarlo
Che effetto ha fatto ritrovarsi per la prima volta in cabina con lui?

Come se l’avessi lasciato il giorno prima. C’è sempre stato un grandissimo rapporto anche a livello personale. Se c’è una persona nel ciclismo cui devo dire grazie, quello è proprio lui, perché mi ha aiutato tantissimo quando ho cominciato nel 2010. C’è sempre stato un bellissimo rapporto, per cui siamo entrati subito in sintonia. Ce lo dicevamo nelle prime tappe: sembrava che avessimo smesso il giorno prima, invece erano dieci anni che non lavoravamo insieme. Nonostante questo c’è sempre stato anche il piacere di sentirsi, di chiacchierare di cose extra ciclismo, come fra veri amici.

Nel frattempo a livello tecnologico è cambiato qualcosa? Davide ha avuto bisogno di aggiornarsi su pulsanti, monitor, cuffie?

No, su questo il problema non c’è mai stato, perché lui con pulsanti e pulsantini è sempre stato un disastro. Me l’aveva detto anche Auro quando mi passò il testimone: «Guarda, occhio, perché col “Cassa” è un disastro». E in quello non è cambiato. Infatti lui ha la cuffia col filo lungo e la cassettina con tutti i pulsanti ce l’ha molto distante e la manovro io. Se si aspetta lui, si fa dei danni.

Nel frattempo sono molto cambiate anche le figure degli opinionisti, che sono diventati estremamente più tecnici. Qual è la risposta di Davide, su cosa fa leva?

Passione, curiosità e competenza, innanzitutto la passione e la curiosità. Un anno abbiamo fatto insieme tutte le ricognizioni e per aiutarlo nel montaggio e nella preparazione, rimasi con lui. Rimasi allibito dalla sua curiosità. Dovunque andassimo, che fosse un Comitato di tappa o una Pro Loco, era continuamente a chiedere e informarsi. Devo dire che anche in questo mi ha insegnato tanto, perché secondo me la curiosità è la base del giornalismo. Adesso cerca di fare la persona saggia e anziana, ma è uno che vive tutt’ora in bicicletta. Quindi se c’è qualcosa di nuovo, qualche innovazione, qualche modifica, lui la sa di sicuro perché passa le giornate in sella.

Nel 2014 Cassani è diventato tecnico della nazionale: qui al debutto di Ponferrada con Bennati, suo successore
Nel 2014 Cassani è diventato tecnico della nazionale: qui al debutto di Ponferrada con Bennati, suo successore
A livello di riscontri di pubblico, tramite numeri e social, come è stata accolta dal pubblico?

Bene, molto bene, anche se io non sono un grandissimo fanatico né dei social né dei dati Auditel.

Forse gli si può imputare un eccesso di realismo: per lui la fuga è sempre spacciata…

Secondo me lui deve dire quello che pensa, fa bene. Ieri per esempio, quando è partito Pogacar, ha detto subito che avrebbe vinto anche questa tappa. C’era ancora Quintana a 40 secondi e così gli ho fatto il gesto di aspettare un momento. Invece a sua volta ha ricambiato il gesto e ha ripetuto che avrebbe vinto Pogacar. E infatti ha vinto lui.

E’ come se vi foste lasciati ieri, ma nel tempo di cronaca avete dovuto riprendere il passo?

No, tutto a posto. Anche in questo secondo me Davide è bravissimo, così come era bravissimo Silvio Martinello, altra persona con cui ho sempre avuto un rapporto molto stretto e molto particolare. Hanno la dote, che secondo me non la impari, di avere i tempi televisivi. Quindi siccome in postazione hai 300 segnali che ti arrivano in cuffia, fra la pubblicità da lanciare, la linea alla moto, la linea al Processo e tutto il resto, a volte occorre cambiare le cose in un battito d’occhio. Per cui chiudo le cuffie sia a Davide sia a Fabio Genovesi, per evitare che vadano in confusione, ma se c’è da chiudere un discorso in tre secondi oppure prolungarlo di 15, con Davide non abbiamo problemi.

Uscito di scena Cassani, nel 2015 in postazione passò Silvio Martinello
Uscito di scena Cassani, nel 2015 in postazione passò Silvio Martinello
Quindi il gran traffico in cuffia ce l’hai solo tu?

Esatto e vi garantisco che è veramente un gran casino. C’è radio corsa, oppure la regia che preme il pulsante sbagliato e manda a noi i messaggi destinati magari a Rizzato sulla moto, quindi i segnali in cuffia sono davvero da perdere la testa. Però è una questione di abitudine.

Rispetto al primo Davide che aveva il suo quaderno e il computer, quello di oggi ha soltanto il telefono…

Ha due telefoni e un tablet. Quindi non ha il computerone come prima, ma ne ha tre piccoli e il risultato comunque è lo stesso. Ha sempre tutto, tutto sotto controllo. Un’altra cosa fantastica di Davide è che lui condivide tutto.

Cioè?

Secondo me è una regola fondamentale per lavorare bene con un commentatore tecnico, lo facevo anche prima quando seguivo la pallavolo. Non bisogna essere gelosi di quello che uno trova. Se io trovo una notizia, una curiosità, una cosa che può arricchire la telecronaca, non devo dirla per forza io. Secondo me la cosa carina è che ci siano ritmo e scambio di voci. In questo per esempio Davide è fantastico. Prima della tappa, arriva e snocciola 250 cose che lo hanno colpito. Oppure mi chiama a mezzanotte e mezza per dirmi che l’indomani si potrebbe dire una cosa e non riesci a fargli capire che potrebbe dirtela anche il giorno dopo. Ha sempre fatto così, a testimonianza appunto della sua grandissima passione e della voglia di condividere tutto. Anche per questo secondo me ci troviamo bene, perché ridiamo, scherziamo. E poi (ride, ndr), per fortuna è uno che non se la prende…

Giro alle spalle, ora le ricognizioni del Tour con la voce di Giada

Giada Gambino
11.06.2023
6 min
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Giada Borgato, reduce della sua esperienza in moto cronaca al Giro d’Italia (foto Mirror Media in apertura), è a casa e si sta preparando per affrontare un’altra bella ed impegnativa esperienza: le ricognizioni del Tour de France. Il ciclismo ha sempre fatto parte della sua vita, le ha regalato grandi emozioni ed importanti vittorie ma, oggi, ci racconta cosa significa non stare più in gruppo su una bici, ma farlo dalla sella di una moto… 

Cosa ti manca di più dello stare in gruppo? 

L’adrenalina principalmente. L’adrenalina della corsa in generale, ma soprattutto quella dei finali di corsa del ciclismo agonistico. Mi mancano quelle forti emozioni che solo una competizione come quella ciclistica ti può dare.

Il nuovo capitolo da commentatrice?

E’ nato un po’ per caso. Ho smesso di correre nel 2014 e a fine stagione, per annunciare il mio ritiro, venne Piergiorgio Severini, un giornalista della Rai a farmi un’intervista. Era un servizio riassuntivo di tutto ciò che riguardava la mia carriera. Alla fine, facendo una battuta, gli dissi che se mai avesse avuto bisogno di una mano, da quel momento ero in cerca di lavoro: ero disoccupata (ride, ndr). L’estate dopo mi chiamò dicendomi che mancava il commentatore tecnico. Se volevo, aggiunse, avrei potuto provare a commentare con lui. Così, ho iniziato a fare il commento tecnico per le donne e poi, piano piano, mi sono inserita anche nel ciclismo maschile.

Piergiorgio Severini, Lizzie Armitstead, Giada Borgato, Giro donne 2016
Giada Borgato con il suo mentore Piergiorgio Severini e Lizzie Armitstead al Giro donne 2016
Piergiorgio Severini, Lizzie Armitstead, Giada Borgato, Giro donne 2016
Giada Borgato con il suo mentore Piergiorgio Severini e Lizzie Armitstead al Giro donne 2016
Come hai vissuto la prima esperienza da commentatrice?

Fatica! Non pensavo, perché dovevo dire cose che fondamentalmente sapevo. Mentre ero lì mi resi conto invece che stare davanti alla telecamera piuttosto che ad un microfono non è per nulla semplice. Tanta gente ti ascolta e giudica se fai un errore grammaticale o se sbagli una virgola. Adesso magari faccio una frase che dura un minuto, prima la facevo da 10 secondi perché mi mancavano le parole. A volte mi ripetevo nella testa «Giada, devi dire quello che sai!». Piano piano, però, sono riuscita a sciogliermi. 

Adesso qual è la tua strategia?

Cerco di essere sempre più preparata possibile, che sia una corsa maschile o femminile, che sia il Giro d’Italia o che sia la gara del circuito del campanile come si suol dire (sorride, ndr). Mi preparo sempre alla stessa maniera. Spero di azzeccare le cose giuste, ovviamente non mi azzardo a dire cose che non ci sono, cerco di raccontare quello che vedo. Bisogna avere tante conoscenze, studiare, leggere e rimanere aggiornati ad esempio da siti come il vostro (sorride di nuovo, ndr).

Giada aveva fatto una prima prova generale di corsa sulla moto alla Sanremo
Giada aveva fatto una prima prova generale di corsa sulla moto alla Sanremo
Fare questo lavoro ti fa sentire quasi in gruppo?

Sì, assolutamente. Di fatto ho la fortuna che da una parte si è chiusa una porta e dall’altra si è aperto un portone. Mi è capitato di pensare di aver smesso di correre troppo presto, però probabilmente se non fosse andata a quel modo, non avrei intrapreso questa strada. Mi sento molto fortunata di essere ancora nel mio ambiente, nel mio mondo, di fare qualcosa che amo.

Commentare una corsa alla quale si è preso parte più volte, come il Giro Rosa… 

Sapete, adesso è cambiato tanto il ciclismo rispetto agli anni in cui correvo io. Ci sono anche tante cose nuove che devo raccontare. Anche se continuo sempre a pedalare, ci sono aspetti tecnici, moderni, nuovi del ciclismo femminile che bisogna prendere in considerazione. Ormai il mondo delle donne è molto vicino al ciclismo maschile.

Giada Borgato e Stefano Rizzato hanno raccontato il Giro dalle moto Rai dall’interno della corsa
Giada Borgato e Stefano Rizzato hanno raccontato il Giro dalle moto Rai dall’interno della corsa
Il Giro d’Italia in moto?

Una bella esperienza. In precedenza avevo fatto solo la Sanremo ed è completamente differente rispetto a una gara a tappe. Il Giro anche per noi della Rai è l’elemento più importante. Siamo in tanti: due moto cronaca, tre commentatori in cabina, tutti gli ospiti che devono avere la linea. Quando venivo chiamata io, inizialmente non sapevo esattamente quanto intervenire e in che modo, dovevo prendere un po’ le misure. Mi ci sono voluti un po’ di giorni e poi quando ho capito come funzionava, ho imparato a prendere il ritmo anche con gli altri e da lì ho iniziato a divertirmi. Certo, abbiamo preso tanta acqua, ma ripartirei anche domani.

Ti sentivi parte della corsa?

Sei fra loro, vivi tutto da dentro. Riesci a sentire proprio i rumori e a vedere da vicino anche i colori del Giro. Vedi le sofferenze dei corridori. Il più delle volte sei dietro e i primi che si staccano sono quelli che fanno più fatica, vederli soffrire così da vicino faceva quasi impressione. Li guardi, sotto la pioggia, sofferenti sulla salita e sai che dovranno affrontarne anche un’altra. Quando ti trovi davanti con qualcuno che può andare a vincere la corsa, è tutt’altra sensazione. Quindi vedi gli estremi: chi dietro lotta per arrivare a fine tappa sano e salvo e chi davanti lotta per la vittoria. In più ci sono tutte le sfumature: il corridore che va a prendere l’acqua, il momento di calma, un momento più concitato, i direttori sportivi, tutto quello che succede nelle ammiraglie dove c’è tanto stress.

«Acqua ne abbiamo presa tanta», sorride Giada Borgato: il Giro non ha dato scampo
«Acqua ne abbiamo presa tanta», sorride Giada Borgato: il Giro non ha dato scampo
Un momento del Giro, che noi da casa non abbiamo potuto vedere, che ti è rimasto impresso?

E’ bello vedere i corridori che sono più indietro. Vengono avvicinati dall’ammiraglia, incitati e confortati. Oppure, è stato molto bello seguire Buitrago sulle Tre Cime di Lavaredo, che è stato affiancato più e più volte da Pellizotti, tanto che si è preso un po’ di parole dalla Giuria. Gli andava vicino, lo spronava, lo incitava e poi il colombiano ha vinto la tappa. Franco ha corso per tanto tempo, in quei momenti lì sicuramente sente l’adrenalina che aveva da corridore. 

Tra le giovani cicliste che stanno crescendo, chi promette?

E’ stato bello cosa ha fatto quest’anno la Realini (Gaia, atleta della Trek-Segafredo, ndr). L’anno scorso aveva fatto vedere buone cose, ma fare un exploit così tra le elite, è qualcosa che promette davvero bene.

Crono di Monte Lussari: non si segue in moto, Giada la racconta dal punto del cambio bici
Crono di Monte Lussari: non si segue in moto, Giada la racconta dal punto del cambio bici
Continuare nel mondo Rai, è qualcosa che vorresti?

Lo spero, lo sport è il mio mondo, se riesco a continuare a lavorare per la Rai e raccontare il ciclismo sarebbe un sogno. Appello a Rai Sport: tenetemi il più possibile (ride, ndr)!

L’aspetto che più ti piace di questo lavoro?

Il contatto con la gente. Il ciclismo ti porta in giro per il mondo e conoscere persone con culture diverse ti lascia qualcosa in più, ti apre la mente.

EDITORIALE / Caro Fabretti, riduciamo le dirette?

08.05.2023
6 min
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Raccogliamo la palla lanciata ieri da Cristiano Gatti su Tuttobiciweb a proposito delle parole pronunciate da Alessandro Fabretti al Processo alla Tappa, sulla noia delle prime cinque ore della tappa di San Salvo, e la rilanciamo con altri argomenti.

Il Processo alla Tappa

Che cosa ha detto Fabretti, responsabile in Rai per il ciclismo, della cui bravura siamo certi e che ha giustamente lanciato il sasso nello stagno? Ieri durante il Processo eravamo assieme a Jonathan Milan, per cui non siamo riusciti a seguirlo. Ci siamo però messi in pari stamattina, dopo aver letto l’articolo di Gatti.

«Una tappa che ci ha ripagato della noia – ha detto Fabretti commentando la giornata – io la definisco così, delle prime cinque ore. Praticamente fino a quattro chilometri dalla conclusione, è successo poco o niente (…), fino a quella caduta che ha acceso la miccia. Insomma, una tappa veramente noiosa, classico cliché degli ultimi anni».

La seconda tappa del Giro è partita da Teramo in un giorno tiepido e in un clima di grande calma
La seconda tappa del Giro è partita da Teramo in un giorno tiepido e in un clima di grande calma

«Una corsa – ha continuato – una tappa vista mille volte (…), ma noi dobbiamo avere rispetto anche degli spettatori. Caro Stefano Garzelli, mi dispiace ma lo spettatore per cinque ore ha guardato esattamente la stessa situazione. Certo, ci sono le meraviglie dell’Italia, ma per esempio (si potrebbero) limitare le tappe a un chilometraggio. Voglio dire, la prima tappa del Giro d’Italia era di 397 chilometri. I tempi sono cambiati. Il volley ha immaginato tempi televisivi e ha previsto il tie break all’ultimo set arrivando a 15. Il tennis ha messo il super tie break addirittura. Insomma, qui secondo me bisogna ridurre il chilometraggio, perché sennò veramente cacciamo i telespettatori dal ciclismo».

La nota stonata

Lo scambio di battute è andato avanti, coinvolgendo la postazione da cui Francesco Pancani ha stigmatizzato le fughe lasciate andare dal gruppo perché fanno comodo a tutti, senza un minimo di bagarre. E mentre il dibattito andava avanti e venivano alla mente le dichiarazioni del Giro 2022 in cui si spiegava l’incredibile difficoltà del prendere la fuga (fenomeno che si riproporrà certamente a breve), abbiamo avuto la sensazione di una nota stonata nelle parole di Fabretti.

Il Processo alla Tappa entra nel vivo con la provocazione di Fabretti sul ridurre le tappe (immagini Rai)
Il Processo alla Tappa entra nel vivo con la provocazione di Fabretti sul ridurre le tappe (immagini Rai)

Il bello di RaiPlay è che puoi mandare indietro e riascoltare, finché alla fine siamo arrivati al dunque: «Il volley ha immaginato tempi televisivi e ha previsto il tiebreak all’ultimo set arrivando a 15. Insomma, qui secondo me bisogna ridurre il chilometraggio, perché sennò veramente cacciamo i telespettatori dal ciclismo».

I tempi televisivi. Lo sport in mano al marketing. Il rispetto del telespettatore e sempre meno per l’atleta, che dovendo stare ai tempi televisivi e alle esigenze di spettacolo, viene additato se non fa ogni giorno fuoco e fiamme.

La diretta integrale

E’ giusto che il ciclismo cambi pelle per assecondare le esigenze televisive, nel cui nome ad esempio ha già spostato gli arrivi all’ora di cena, impedendo il miglior recupero degli atleti? E così, mentre eravamo qui a ragionare sul tema, col pensiero siamo finiti proprio sul tennis.

Quando iniziano i tornei più importanti, ad esempio quelli del Grande Slam, c’è tutta una prima fase che in televisione non viene mostrata: quella delle qualificazioni, in cui atleti in cerca di luce (come quelli andati in fuga ieri, in apertura tirati da Mattia Bais) lottano fra loro per approdare alle fasi finali e scontrarsi con i big. Durante quella fase, i campioni palleggiano, si allenano, passano il tempo. Nessuna diretta sui piccoli, semmai i risultati a fine giornata e i due scambi più belli in differita. Il vero torneo inizia dopo.

Torniamo al ciclismo. La diretta integrale di tappe del Giro, bellissima introduzione all’inizio degli anni 90, riguardava le frazioni più importanti (quelle con tante salite, spesso decisive per la classifica), anche per costi di produzione ben superiori rispetto a quelli attuali. Qual è invece il senso di proporre la diretta integrale di una tappa di 220 chilometri, piatta come il mare che costeggia?

Serve per contenere il maggior numero di spot pubblicitari? Serve per occupare la rete per tutto il pomeriggio e non dover ricorrere ad altri contenuti? Oppure serve per il pubblico del ciclismo?

Se è per loro, i veri tifosi sono perfettamente consapevoli del fatto che una tappa piatta di 220 chilometri potrebbe essere noiosa, per cui si organizzano e fanno altro in attesa della volata: difficilmente il vero tifoso parlerà di tappa noiosa. D’altra parte vogliamo supporre che in Italia esistano milioni di persone che passano ogni santo pomeriggio di maggio sul divano a guardare il Giro, senza null’altro da fare?

Se la tappa va per le lunghe, gli studenti studieranno togliendo il volume. Chi deve lavorare proseguirà nel lavoro, sapendo che certe corse si accendono solo alla fine. In ogni caso, Milan ha tagliato il traguardo alle 17,28, in linea con la tabella di marcia più lenta, quindi nei limiti previsti.

Un altro sport

Che cosa accade invece se la tappa di 220 chilometri viene ridotta a 120? Succede che nelle gambe degli atleti va meno fatica. Che la volata di ieri magari non la vince Milan. E che alla lunga il recupero smette di essere la vera discriminante di un grande Giro. Si cambia pelle al ciclismo, finendo nello stesso binario di chi vorrebbe un Tour di tre settimane, Giro e Vuelta di due.

La maglia ciclamino è un altro premio per la prima vittoria di Milan al Giro
La maglia ciclamino è un altro premio per la prima vittoria di Milan al Giro

Noi non siamo d’accordo. Se invece la pretesa è che i corridori vadano sempre a tutta, allora il paradosso successivo è spingere ancora di più sul gas, con conseguenze che non vogliamo neppure immaginare. Il ciclismo non è la pallavolo, non è il tennis e soprattutto non è il wrestling.

Ecco la palla che rilanciamo a Gatti e a Fabretti: facciamo la diretta in base alle stelle di difficoltà che caratterizzano le singole tappe. Si tenga la rete pronta a intervenire in caso di attacco imprevisto e fuori dall’ordinario. E magari si dia spazio ad altre discipline che nel periodo del Giro subiscono il ciclismo, come il ciclismo per tutto l’anno subisce il calcio.

I valori tecnici dello sport ne risulterebbero rispettati e tutelati. Gli atleti sarebbero con mezzo piede fuori dal tritacarne. E le minori ore di diretta sarebbero più intense e piene di contenuti. Facciamo che a cambiare sia il palinsesto, insomma, non lo sport.

Sette giorni al Giro: la RAI, Fabretti e il ritorno di Cassani

29.04.2023
6 min
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Le classiche del Nord hanno infiammato i tifosi sulle strade e fatto crescere gli ascolti televisivi. A una settimana esatta dal Giro, la sensazione di avere un tesoretto di credito da gestire con attenzione è comune in tutti gli operatori dell’informazione. La squadra di RAI Sport, che con il gruppo del Nord ha raggiunto grandi livelli di intensità e approfondimento, si sta preparando per il viaggio lungo le strade italiane. Le dimissioni di Alessandra De Stefano sono arrivate probabilmente quando il grosso del lavoro era stato definito e progettato. Ed è proprio dell’offerta relativa al Giro che parliamo con Alessandro Fabretti, classe 1968, vicedirettore e responsabile per il ciclismo.

La crono di apertura del Giro d’Italia 2023 si correrà quasi totalmente sulla ciclabile Costa dei Trabucchi (foto Chieti Today)
La crono di apertura del Giro d’Italia 2023 si correrà quasi totalmente sulla ciclabile Costa dei Trabucchi (foto Chieti Today)
Che Giro ci attende?

Non rinneghiamo il passato e quanto fatto da Alessandra De Stefano, quella resta la base. Però cerchiamo di dare sempre qualcosa di nuovo. Per quest’anno ad esempio stiamo lavorando per riportare Cassani al Giro. L’idea è di fare con lui il backstage del dopo arrivo durante il Processo alla Tappa. Che cosa ci distingue da altre televisioni?

Che cosa?

Il fatto che noi siamo al Giro e siamo liberi di andare ovunque. Eppure non avevamo mai mostrato cosa succede tra l’arrivo e il podio. L’idea è che Davide Cassani ed Ettore Giovannelli prendano la telecamera e ci mostrino quello che io ho definito il paddock del Giro d’Italia. Come avveniva con Ettore, quando faceva la Formula Uno. Si prendono il microfono e la telecamera e mostrano i corridori che fanno defaticamento o che mangiano. Si spiega cosa mangiano e magari si fa una battuta con loro. Si vedrà magari Vegni e qualche direttore sportivo arrabbiato. Il corridore stanco e quello che si lecca le ferite. Vogliamo dare la sensazione di cosa accade dopo l’arrivo del Giro e non solo quello.

Sulle moto RAI del Giro viaggeranno Giada Borgato e Stefano Rizzato
Sulle moto RAI del Giro viaggeranno Giada Borgato e Stefano Rizzato
Cos’altro?

Intorno alle 14 l’idea è di andare ai pullman e farne aprire qualcuno. Così anche in questo caso mostreremo che cosa succede là sopra mentre si aspetta l’arrivo, perché generalmente nessuno lo sa. Parliamo con l’autista e cerchiamo di entrare sempre più dove le telecamere non sono ancora arrivate. Oltre a questo, punteremo sempre più sulla realtà aumentata, che può piacere oppure no, che non tutti capiscono, ma è il futuro.

Alla Sanremo c’era Giada Borgato sulla moto…

Giada ci sarà anche al Giro, assieme a Stefano Rizzato. Alla Sanremo ha funzionato molto bene. Mentre Stefano ha più il taglio del giornalista e quindi farà la cronaca, racconterà le sensazioni e cercherà di andare in profondità, Giada è più tecnica. Divideremo in questo modo i due ruoli e in ogni fase della corsa interverranno l’una o l’altro in base alle loro competenze.

Le moto ripresa, gli elicotteri e la troupe a terra: il Giro della RAI è un impegno eccezionale
Le moto ripresa, gli elicotteri e la troupe a terra: il Giro della RAI è un impegno eccezionale
Sarete in onda per tutto il giorno?

Dal mattino fino a notte inoltrata o meglio alla mattina successiva, su Rai Sport HD e su Rai Due. Un’ora prima della partenza ci sarà “Aspettando il Giro” con Tommaso Mecarozzi e Stefano Garzelli, quindi sensazioni, umori e tutto il resto. Poi avremo la prima diretta e a seguire “Giro all’arrivo”. Poi “Il Processo alla tappa” fino alle 18. Dalle 20 alle 21 quello che prima si chiamava “Giro Sera”. Infine alle 24 la riproposizione di tutta la tappa.

Per la diretta ci saranno Pancani e Petacchi?

Loro due più Fabio Genovesi, che torna a gran richiesta, perché è un personaggio e una persona di grande cultura (i tre sono insieme nella foto di apertura, ndr). Francesco gestisce molto bene i suoi interventi, sa integrarlo nel modo migliore.

Dovrebbe tornare al Giro anche Cassani, qui a Firenze con Prudhomme e il sindaco Nardella alla presentazione del Tour
Dovrebbe tornare al Giro anche Cassani, qui a Firenze con Prudhomme e il sindaco Nardella alla presentazione del Tour
Gli ascolti salgono grazie a questi grandi campioni?

Lo zoccolo duro rimane costante e diventa durissimo quando c’è un italiano che vince. Le classiche hanno tenuto bene, lo share è salito e siamo molto soddisfatti. Alla Liegi avremmo avuto buoni ascolti anche se non avesse vinto Evenepoel.

Ne avete fatto un buon racconto, onore al merito…

Condivido questa lettura, sono d’accordo. Quel gruppo funziona, ma vorrei riportare dentro anche Andrea De Luca, che merita i suoi spazi (voci di corridoio, lo vedono come commentatore al Tour de France, ndr). La cosa che mi fa molto piacere – questo lo dico come amante del ciclismo – è che facciano sempre un buon ascolto anche le gare più piccole e quelle dei dilettanti. Segno che il pubblico italiano vuole il ciclismo.

Messina, 11 maggio 2022: al Processo alla Tappa di Alessandro Fabretti, Vincenzo Nibali annuncia il ritiro a fine stagione
Messina, 11 maggio 2022: al Processo alla Tappa di Fabretti, Nibali annuncia il ritiro a fine stagione
Il Processo alla tappa resta tuo? Che esperienza è stata lo scorso anno?

Resta mio, confermo. L’anno scorso per certi aspetti non è stato un gran Giro, quindi trovare spunti per processare qualcuno o qualcosa è stato complicato. Non ha mai piovuto, fortunatamente non ci sono state cadute, i primi sono stati i migliori, i peggiori sono stati gli ultimi. Ci sono state fughe a orologeria, nel senso che era palese che le avrebbero riprese negli ultimi 5 chilometri. Nonostante tutto, abbiamo avuto dei bei momenti…

Uno su tutti, l’annuncio del ritiro di Nibali?

Per certi versi, è stata la notizia più forte e per me è stato un momento molto sentito. Siamo entrambi nel ciclismo da tantissimi anni, ormai sono 30, e Vincenzo l’abbiamo visto nascere. Lo abbiamo sempre nominato e mi è sempre piaciuto molto come atleta e come persona. Lo capivo quando si impuntava su alcune cose o prendeva posizione, le ho sempre condivise. Per cui ho vissuto quel momento come un distacco, quasi il taglio del cordone ombelicale.

Alessandra De Stefano si è dimessa il 20 aprile dopo 18 mesi alla direzione di Rai Sport
Alessandra De Stefano si è dimessa il 20 aprile dopo 18 mesi alla direzione di Rai Sport
Come un compagno di viaggio che si ferma…

Per me è stato il filo conduttore di tante trasferte al Giro o al Tour. L’ho sempre tifato, per questo probabilmente quella trasmissione è venuta bene, perché io per primo l’ho sentita molto. Non sono stato un attore che cercava di fare sensazione: quel giorno là sopra c’era emozione vera.

Chi prende la prima maglia rosa?

Ci sarà la grande sfida fra Evenepoel e Ganna. La crono non è semplicissima, ma sarei contento già di avere un grande duello fra il campione del mondo e il cronoman più forte. Quanto agli altri italiani, spero che Ciccone ce la faccia. Il Giro ha un percorso che mi piace e c’è un bel parterre. In questo periodo siamo a tutta per definire i dettagli. Davvero non vedo l’ora che questa settimana voli e che ci ritroviamo tutti in Abruzzo per cominciare.

EDITORIALE / Il ciclismo in Italia, tesoro dimenticato

10.10.2022
5 min
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Alla vigilia del Lombardia, ospiti della cena per i 20 anni di Promoeventi Sport, che fra le sue cose organizza le corse bergamasche per RCS Sport, abbiamo ritrovato un gruppo di amici. E come accade da qualche tempo a questa parte, il discorso è finito sul ciclismo di casa nostra e la necessità di un team WorldTour italiano. Un concetto che oggi anche Ivan Basso riprende in un post pubblicato su Linkedin.

La cena per i 20 anni di Promoeventi di Bettineschi e Belingheri è stata l’occasione di riflessioni sul ciclismo italiano
La cena per i 20 anni di Promoeventi di Bettineschi e Belingheri è stata l’occasione di riflessioni sul ciclismo italiano

Un team italiano

Enrico Zanardo, che ha avuto squadre dilettanti per anni ed è oggi il referente di Vini Astoria nel ciclismo, era abbastanza perplesso circa la possibilità di fare una squadra di soli italiani. I grossi sponsor hanno interessi in tutto il mondo e questo fa sì che abbiano bisogno di corridori da diversi Paesi. Discorso ineccepibile.

Claudio Corti, manager della Saeco di Cunego e Simoni, ricordava di quando Sergio Zappella (il signor Saeco) raggiungeva il budget per la squadra raccogliendo il contributo delle filiali mondiali. Ne era ovviamente l’azionista di maggioranza, quindi l’impegno centrale era il suo, ma in questo modo raggruppava attorno alla squadra interessi in ogni angolo del mondo.

Serge Parsani, oggi alla Corratec (in procinto di rientrare come professional), ricordava gli anni alla Mapei in cui non mancavano corridori internazionali, ma con un forte nucleo italiano al centro. Sottolineando che anche il team di Giorgio Squinzi faceva un gran lavoro di coinvolgimento delle filiali estere.

La Saeco ruotava attorno a italiani come Cunego, Simoni, Cipollini e Savoldelli, ma vinse il mondiale con Astarloa
La Saeco ruotava attorno a italiani come Cunego, Simoni, Cipollini e Savoldelli, ma vinse il mondiale con Astarloa

Cresce la Svizzera

Oggi tutto questo sembra irraggiungibile. Eppure i grossi sponsor non mancano: manca piuttosto la voglia di fare il passo in più, impegnarsi davvero a fondo.

Probabilmente il sistema fiscale italiano non aiuta, magari è per quello che i nostri campioni risiedono all’estero e la nuova Q36.5, squadra di sponsor e dirigenza italiani, per partire ha scelto la Svizzera.

E proprio in Svizzera, i nuovi team saranno due. Oltre a quello che avrà fra le sue schiere un Vincenzo Nibali in veste di consulente d’eccezione, sarà varato il nuovo Tudor Pro Cycling Team di Fabian Cancellara. Mentre qui registriamo il rischio chiusura della Drone Hopper-Androni e non sarà certo il probabile ritorno della squadra toscana, che negli anni è andata e venuta con alterne vicende, a bilanciare la situazione.

L’addio di Nibali e Valverde al Lombardia non è stato il solo grande evento del weekend
L’addio di Nibali e Valverde al Lombardia non è stato il solo grande evento del weekend

La fuga dei talenti

E intanto i nostri se ne vanno all’estero ed entrano in un mercato florido che offre prospettive interessanti. In squadre ricche, che però metteranno al primo posto i corridori di casa. Pertanto, allo stesso modo in cui Paolo Bettini, già vincitore delle Liegi e dei mondiali, non ha mai potuto correre il Fiandre perché aveva davanti Boonen, altri verranno su come luogotenenti più che come leader. Perché il leader deve fare la corsa, non tirare per altri e poi osservarli andar via. Restano le poche occasioni di quando i capitani di casa non ci sono. E in quei casi i vari Bagioli, Aleotti e Covi hanno la possibilità di venir fuori. Ma non è facile. Il ciclismo non ti dà tutto e subito, la maturazione ha bisogno di esperienza e l’esperienza ha bisogno di occasioni ripetute.

In Belgio basta la presenza di un campione (qui Tom Boonen) per richiamare decine di media
In Belgio basta la presenza di un campione (qui Tom Boonen) per richiamare decine di media

Parliamo dei media

Il perché in Italia il ciclismo sia finito nell’angolo s’è sempre spiegato con i problemi di un tempo. Il fatto tuttavia è che niente è come prima, mentre provoca stupore il relativo disinteresse da parte dei grandi attori della comunicazione, che si sono ormai appiattiti sul calcio in modo a volte imbarazzante. I grandi giornali non mandano più inviati ai grandi eventi e quando lo fanno hanno vergogna di sparare la vittoria in prima pagina. Come il record dell’Ora di Ganna: il confronto delle prime pagine rispetto a quando il record lo fece Moser provoca ben più di un interrogativo.

La televisione ha aumentato le ore di diretta. Eurosport e i suoi ragazzi fanno vedere con competenza corse che un tempo erano soltanto nomi esotici, mentre la Rai continua con il suo lavoro complesso difendendo la posizione.

Lo scorso weekend è stato un fiorire di ciclismo, anche eccessivo (l’UCI compila i calendari senza logiche apparenti: non si è accorto il presidente Lappartient di non aver avuto il tempo per presenziare a tutti gli eventi?). Lombardia. Record dell’Ora. Parigi-Tours. Mondiale gravel (in apertura, Van der Poel firma autografi). Romandia donne. Perché lo si è vissuto come un problema e non come una risorsa?

La fantastica Ora di Ganna ha avuto il giusto risalto mediatico? Forse non del tutto
La fantastica Ora di Ganna ha avuto il giusto risalto mediatico? Forse non del tutto

Parliamo degli sponsor

In questo quadro avaro di coraggio, perché uno sponsor dovrebbe investire tutti quei soldi, se per molto meno può avere la scintillante vetrina del calcio? Giorgio Squinzi chiuse la Mapei ed entrò nel calcio, prima con la nazionale e poi col Sassuolo. Chi resta, attinge alla passione. Gli altri che magari vorrebbero, prendono atto delle porte chiuse e vanno altrove.

«Il nostro è uno sport che garantisce un ritorno importante – scrive Basso – ma non lo garantisce nell’immediato e io capisco che per un’azienda oggi è importante avere ritorni a breve termine. Però, il ciclismo non è solo un veicolo pubblicitario: è anche, e soprattutto, un veicolo di valori…».

Parole condivisibili, che faticano ad attecchire in un mondo in cui i grandi organizzatori cercano di accaparrarsi le corse importanti per arricchire il proprio portafogli. Nessuno si sogna di fare sistema, come ad esempio avviene in Francia con il Tour. Sono tutti attorno all’osso, vantando posizioni di privilegio vero o presunto, cercando di mangiarne più che possono.

Ettore Giovannelli, occhi curiosi sulle strade del Tour

27.07.2022
7 min
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Alpe d’Huez, un caldo bestiale. La curva degli olandesi è alle spalle. Hanno battuto sugli sportelli e gridato frasi incomprensibili. Non hanno nemmeno offerto da bere, che sarebbe stato il solo pretesto per fermarsi. E mentre lentamente continuiamo la nostra scalata, dietro la curva riconosciamo Ettore Giovannelli della RAI. Ha fermato l’auto e sta tornando indietro al piccolo trotto, col solito sorriso e il suo microfono, per immergersi nella bolgia arancione e alcolica.

Questa è la celebre curva degli olandesi, che si aprono per i corridori e bloccano il resto del traffico
Questa è la celebre curva degli olandesi, che si aprono per i corridori e bloccano il resto del traffico

Il Tour di Ettore

Il Tour di Ettore è stato un racconto di strada. Nel viaggio attraverso la Francia, i suoi contributi nelle dirette della RAI hanno fatto la differenza. Interviste alla partenza e agli arrivi, ma soprattutto gli interventi in diretta per mostrare personaggi e luoghi che solo chi è al Tour può raccontare. Per questo ci è venuto in mente di sentire ancora la sua voce, che per anni ci ha raccontato le imprese di Michael Schumacher parlando con lui in tedesco e traducendolo da sé.

Giovannelli è un pescarese classe 1964 e nel ciclismo c’è arrivato quando la RAI non è più riuscita a riprendere i diritti della Formula Uno, in cui era una delle voci di riferimento. Dopo un po’ che ci parli, ti rendi conto di avere di fronte davvero una brava persona. Del resto certi servizi non verrebbero così bene senza avere addosso l’umanità necessaria.

«E così adesso – sorride – lavoro come gregario, per dare una mano a Rizzato, Pancani e Garzelli soprattutto con i corridori stranieri. Ho cominciato facendo un po’ di gare, poi qualche Giro e questo è stato il quarto Tour. Due li ho divisi con un collega, questo è il secondo che faccio per intero. Abbiamo cercato di dare qualche tocco di attualità e di vita vissuta. Questo almeno è quello che ho provato a fare io, che sono un giornalista di strada. E questo Tour con le prime riaperture dopo il Covid è stato decisamente un’altra cosa».

Con la collega Stella Bruno nell’autodromo di Abu Dhabi
Con la collega Stella Bruno nell’autodromo di Abu Dhabi
Cosa hai pensato quando hai capito che la Formula Uno avrebbe cambiato canale?

Eravamo tutti dispiaciuti, perché era qualcosa di prestigioso. Era molto seguita, faceva ottimi ascolti. Invece per vari motivi e per scelte soprattutto economiche, perché i diritti erano aumentati tantissimo, non l’hanno più presa. E quindi i miei vent’anni di Formula Uno sono rimasti lì. Era il mio mondo, avevo una rendita di posizione. Conoscevo tutti, invece mi sono dovuto rimettere in gioco. Ho fatto un po’ di sci d’inverno, sempre per il fatto che lì parlano quasi solo tedesco, e alla fine sono arrivato al ciclismo.

Tedesco nella Formula Uno fa pensare a Schumacher… 

Infatti ho cominciato nel 1999 con lui e ho seguito i 5 titoli mondiali e tutto quello che ha fatto. Ho avuto la fortuna di entrare al momento giusto, dopo anni in cui la Ferrari non vinceva più. Ho conosciuto bene Michael, ero praticamente la sua ombra. Stavo sempre con lui e a quel tempo facevamo davvero tantissimo, perché il prodotto tirava.

Altro ambiente rispetto al ciclismo?

Non c’erano solo i piloti, ma anche politici, cantanti, attori. Era una miniera ed era figo sentire di farne parte. Ma se proprio devo dire, la Formula Uno è una torre d’avorio, un mondo a sé. Invece il ciclismo è la vita vera, che va per strada e fra la gente.

I tuoi interventi sulle strade del Tour erano programmati o improvvisati?

Entrambe le cose. Alcuni li devi programmare, come ad esempio l’incontro con Monsieur Route, che spazzolava la strada e buttava acqua per raffreddare l’asfalto. Il diavolo invece l’ho incontrato casualmente. Molte cose le abbiamo organizzate, per esempio il fatto del gilet di Thomas. Ho dovuto fargli la corte. Ho insistito, dicendo che poteva essere una cosa interessante e lui alla fine me l’ha dato (in apertura, Giovannelli, Pancani e il gilet). Sono andato a prenderlo da questi tifosi, ho fatto un po’ di scenette e l’ho portato all’arrivo. Poteva essere clamoroso, pensate se avesse perso il Tour per quei 20 secondi…

Si è capito a cosa porterà questa staffetta del gilet?

Ancora non so, ma sicuramente raggranellerà un po’ di soldini per la sua causa. A un certo punto ha capito di non poter tornare indietro e si è inventato questa attività interessante per i tifosi.

Questa l’intervista con André Bancala, il Monsieur Route del Tour (immagini Rai Sport)
Questa l’intervista con André Bancala, il Monsieur Route del Tour (immagini Rai Sport)
Come è andata con gli olandesi?

Mi sono fermato e abbiamo girato tutto il casino che c’era. Ho parlato con un po’ di gente. Mi hanno detto che in Olanda sanno che se al Tour c’è l’Alpe, si fa questa cosa qui. E quindi c’è gente che si sposta per andare in quel punto e ballare, cantare e bere birra. Quest’anno è stato di nuovo un Tour di quelli veri, di luglio. Con le famiglie e i bambini. E questo è stato davvero molto bello, perché ti rendi conto che per loro è un’istituzione. Il nostro Giro sarà sicuramente più suggestivo per i paesaggi e forse più duro, ma il Tour per loro è una cosa fondamentale.

Parliamo di corridori…

Mi ha colpito Rafal Maika. L’ho beccato una volta alla Planche des Belles Filles, quando Pogacar aveva vinto e ha fatto un’intervista davvero bella. Si vedeva che oltre al fatto di essere nella stessa squadra, c’era una grandissima intesa. Poi quando si è fatto male e non riusciva più a pedalare, l’ho ribeccato al pullman. E’ sceso e ha voluto parlare. E’ stato gentile. Un altro invece è Uran. Lui è una bomba, comunque vada. Abbiamo parlato dopo la tappa in cui aveva attaccato per poi essere staccato e mi ha detto che davanti o dietro lui comunque si diverte sempre. Al Tour si percepisce un’intensità che al Giro non c’è. La fuga sembra una questione di vita o morte. Sono tutti tiratissimi e questo è una cosa che ti colpisce la mattina. E’ stato bello anche che per i primi dieci giorni ci abbiano permesso l’accesso ai bus prima del via, mentre dopo l’arrivo è rimasto possibile sino a Parigi. 

Bettiol è uno dei corridori italiani che gli offrono più spunti
Bettiol è uno dei corridori italiani che gli offrono più spunti
Corridori e piloti…

Io mi muovevo benissimo, però la Formula Uno è diventata peggio del calcio. Per arrivare al pilota, anche se è un amico e lo conosci da 10 anni, devi passare dall’addetto stampa e i tempi si dilatano. Io restavo il pomeriggio fino a tardi e poi dietro ai camion… per caso incontravo quello che dovevo intervistare. Il ciclismo è meno strutturato e quindi il contatto è più facile. C’è sempre chi ama parlare e chi no. Ad esempio tra gli italiani c’è Bettiol che, poveretto, ha perso la tappa di Mende. Lui con me è sempre molto disponibile e molto acuto. Ti dà tutta ciccia (modo da giornalista per dire che offre materiale di buona sostanza, ndr) e ti permette di lavorare bene.

Altri?

Altri li ho conosciuti quest’anno, come Mozzato e Dainese e li vedi già con la testa giusta. Poi Caruso e Ciccone, ma si vedeva che non stavano bene. Invece chi è un gran figo è Van Aert. Lui oltre a essere fortissimo, ti ascolta e risponde sempre nel tema, non solo con belgi e olandesi anche con noi. Ti dà sempre la sua interpretazione.

Un salto al Giro: Giovannelli aspetta Pozovivo al Block Haus
Un salto al Giro: Giovannelli aspetta Pozovivo al Block Haus
E se la RAI dovesse riprendere la Formula Uno?

Ci dovrei pensare. Fino a un paio d’anni fa, mi sentivo in stand by. Adesso sono tanti anni che manco, ma se dovesse tornare ci farei un pensierino molto serio. Però questa cosa del contatto con la gente mi sta prendendo più di quanto immaginassi. Intanto siamo qua a portare le borracce. Gli altri ne sanno molto più di me. Perciò se c’è una cosa tecnica, cerco di farla al mio meglio. Qualcuno però dice che a forza di occuparmi di servizi di colore, non faccio più il giornalista, ma il pittore.

Giro Donne, il punto con Giada Borgato a un giorno dal via

29.06.2022
7 min
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Stasera si vola, domani si parte. Giada Borgato e Umberto Martini saranno le voci della Rai al Giro d’Italia Donne 2022 (foto Instagram di apertura), con tappe in diretta su Rai Due e una copertura degna del ritorno nel WorldTour. La coppia si è sperimentata ai campionati italiani e ora che Stefano Rizzato farà il suo debutto al Tour, il microfono è passato a Martini. Debutto in diretta e passa la paura.

In attesa che domani il prologo di Cagliari assegni la prima maglia rosa, con Giada passiamo in rassegna percorso e sfidanti, cercando nel suo sguardo i dettagli che non sfuggono all’occhio dell’atleta.

Il Giro d’Italia Donne parte con un prologo nel Golfo del Poetto di Cagliari (foto Sardegna Turismo/Locci)
Il Giro d’Italia Donne parte con un prologo nel Golfo del Poetto di Cagliari (foto Sardegna Turismo/Locci)
Che idea ti sei fatta di questo Giro?

Tosto. Con tappe non troppo lunghe, ma impegnative anche oltre le salite dichiarate. Una corsa che strizza anche l’occhio al Tour de France, che debutta dieci giorni dopo. L’anno scorso c’è stata qualche tappa più lunga. Ma forse proprio averle accorciate ha permesso ad alcune atlete di venire ugualmente, senza aver paura di spendere troppo qui e non avere poi gambe in Francia. Il livello è alto.

Partenza in Sardegna.

Inizio soft, il prologo così corto serve per rompere il ghiaccio. Poi due tappe che, se non c’è troppo vento, finiranno di sicuro in volata. Nel gruppo ci sono delle grandi velociste. Marta Bastianelli, che deve recuperare un dolorino al ginocchio. Emma Norsgaard, la Balsamo che vola. Consonni per la Valcar. Rachele Barbieri e anche Martina Fidanza. E poi c’è Lotte Kopecky.

Prima tappa cattiva in Romagna?

La tappa di Cesena è dura, potrebbe arrivare la fuga, ma alle donne di classifica basterà vedere un po’ di salita per misurarsi la temperatura. Ci sono continui saliscendi. A parte Barbotto e Monteleone, alla fine c’è lo strappo di Carpineta per cui l’avvicinamento al traguardo non sarà proprio banale.

Reggio Emilia ancora allo sprint e poi si cambia?

Esatto. Dalla sesta tappa cambia l’aspetto e il Giro diventa più imprevedibile. La tappa di Bergamo la temono tutte per il circuito da fare cinque volte. Lo strappo è breve, ma con il caldo e quello che è successo le ultime volte che si è corso in circuito, siate pur certi che qualcosa succederà. E poi saremo alla vigilia del primo arrivo in salita.

Primo e unico, il passo Maniva.

Sull’Anita (così si chiama il libro di corsa del Giro Donne, ndr) dichiarano 9 chilometri, in realtà sono 11,5. Andrà via di sicuro la fuga, ma nel finale le riprendono tutte e si giocano il Giro. La tappa è di 113 chilometri e incoraggia anche tattiche più arrembanti. Una Van Vleuten in giornata potrebbe già attaccare, secondo me non vede l’ora.

In palio la maglia rosa lasciata vacante da Anna Van der Breggen con il suo ritiro dalle corse
In palio la maglia rosa lasciata vacante da Anna Van der Breggen con il suo ritiro dalle corse

Dieci tappe in cinque regioni

Il Giro d’Italia Donne 2022 parte domani dalla Sardegna, per poi passare in Emilia Romagna, Lombardia, Trentino Alto Adige e Veneto, dove si concluderà il 10 luglio. Distanza totale di poco superiore ai mille chilometri. Un solo arrivo in salita, il 7 luglio al Passo Maniva.

1ª tappa1/7Cagliari-Cagliari4,75
2ª tappa2/7Villa Simius-Tortolì106,5
3ª tappa3/7Cala Gonone-Olbia113,4
4ª tappa4/7Cesena-Cesena120,9
5ª tappa5/7Carpi-Reggio Emilia126,1
6ª tappa6/7Sarnico-Bergamo114,7
7ª tappa7/7Prevalle-Passo Maniva112,9
8ª tappa8/7Rovereto-Aldeno104,7
9ª tappa9/7San Michele all’Adige-San Lorenzo Dorsino112,8
10ª tappa10/7Abano Terme-Padova90,5
totale chilometri 1.007,2
Dopo Amstel, Freccia Vallone e Mont Ventoux Denivele, Marta Cavalli fa rotta sul Giro (foto Thomas Maheux)
Dopo Amstel, Freccia Vallone e Mont Ventoux Denivele, Marta Cavalli fa rotta sul Giro (foto Thomas Maheux)
Ancora salita in Trentino.

La tappa di Aldeno è bella, con due salite come il passo Bordala e il Lago di Cei. Salite lunghe, botte da orbi assicurate. La prima è di 15 chilometri e ha pendenze fino al 17,5 per cento, l’ultima la scollinano a 9 chilometri dall’arrivo e poi è tutta discesa. Il traguardo si può dire che sia in cima.

Sono tappe che strizzano l’occhio anche alle nostre?

Marta Cavalli può fare bene, mi piace tanto. L’anno scorso finì sesta, ma bucò il primo giorno e non fu possibile recuperare. Quest’anno può fare bene, perché ha raggiunto un livello altissimo. Va bene anche a crono, è veloce e ha il morale alle stelle dopo le vittorie di primavera e l’ultima sul Ventoux. Lei potrebbe far paura alla Van Vleuten.

Con la vittoria di Black Mountain al The Women’sTour e il tricolore crono, Longo Borghini arriva al Giro in gran forma
Con la vittoria di Black Mountain al The Women’sTour e il tricolore crono, Longo Borghini arriva al Giro in gran forma
Come vedi un dualismo italiano con la Longo Borghini?

Sarebbe bello. La Longo sul discorso classifica, anche per il tipo di approccio che ha dichiarato, è un punto di domanda. C’è sempre in agguato il rischio di un giorno no, ma sicuramente andrà forte. Magari questo approccio diverso potrebbe alleggerire il carico della pressione. E’ uscita in crescendo dalla primavera e avrà accanto la Brand, che potrebbe essere il piano B della Trek-Segafredo. Come la Ludwig potrebbe subentrare alla Cavalli in caso di problemi, anche se la leader in partenza è Marta e la Cecile lo sarà al Tour.

C’è anche Mavi Garcia…

Fresca di vittoria al campionato spagnolo. La UAE Adq avrebbe anche Erica Magnaldi, che però ha dichiarato di lavorare per la spagnola. Ha avuto qualche problemino a inizio anno, vediamo se ha recuperato.

L’ultima tappa di montagna è la nona.

Quella che arriva a San Lorenzo in Dorsino. Si sale a Fai della Paganella, poi il passo Duran e il Daone. Salite vere e nemmeno un metro di pianura fino all’arrivo. La degna conclusione prima del gran finale con la volata di Padova.

Verona, foto ricordo con Genovesi, Pancani e Petacchi alla fine del Giro d’Italia
Verona, foto ricordo con Genovesi, Pancani e Petacchi alla fine del Giro d’Italia
Andrete ogni giorno in diretta?

Andremo su Rai Due, quando l’ho saputo sono rimasta colpita. Magari qualche giorno inizieremo su Rai Sport, ma i finali tutti su Rai Due prima che inizino le dirette del Tour.

Non ci sarà il solito Rizzato…

Erano anni che tifava perché il Giro Donne andasse in diretta, ora il compito tocca a Martini. Abbiamo iniziato a lavorare insieme al campionato italiano, ci aspetta una bella avventura. Ormai non resta che cominciare.

Rizzato al Tour, fra giganti, sogni e lezioni da imparare

23.06.2022
7 min
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«Mi sentirò seduto sulle spalle dei giganti che mi hanno preceduto», poi Rizzato fa una pausa e percepisci il cambio di ritmo. Il telecronista cede il posto al ragazzo e l’emozione diventa palpabile. Chiediamo spesso ai corridori che cosa provino debuttando al Tour, ma è la stessa domanda cui potrebbe rispondere chiunque l’abbia vissuto, a vario titolo e nel suo ambito. Stefano (in apertura sulla moto all’ultimo Giro, foto Mirrormedia) sarà la voce di Rai Sport nella prossima edizione della corsa francese, in un passaggio professionale che non lascerebbe insensibile neppure il più cinico dei cronisti. Figurarsi chi vive lo sport da dentro e con passione.

«Se abbiamo una virtù in un’azienda così storica – riflette – è quella di poter imparare da chi è venuto prima di noi e che poi ci affianca. E’ una grande ricchezza che vale per le grandi e le piccole cose. Chiaro che io ci dovrò mettere del mio, la mia personalità. Ci dovrò mettere la chimica con Stefano Garzelli, che già ho sentito ottima al Delfinato. Stefano è una persona che si prepara tantissimo, che ha un grande entusiasmo…».

E’ stata Alessandra De Stefano, qui con Garzelli al Tour 2016, a volere Rizzato in postazione
E’ stata Alessandra De Stefano, qui con Garzelli al Tour 2016, a volere Rizzato in postazione

Debutto ritardato

Il campionato italiano della crono è alle spalle, l’avventura francese avrà inizio la prossima settimana, ma in realtà è già iniziata da un pezzo. Stefano avrebbe dovuto debuttare alla conduzione alla Freccia Vallone e poi alla Liegi, ma il Covid l’ha costretto in casa.

Il passaggio dalla moto alla postazione non è semplice. Non è solo, come pensa una buona fetta degli appassionati dal divano, prendere un microfono e parlare. Almeno non lo è se vuoi che le parole raccontino, coinvolgano, informino. Dietro quel microfono il più delle volte ci sono persone che studiano e si mettono in gioco, pur sapendo di essere esposte al giudizio spesso frettoloso di chi non ha il tempo e nemmeno il gusto di approfondire.

Intanto la squadra RAI è al lavoro. Giada Borgato e Petacchi in ricognizione sui percorsi del Tour (foto Instagram)
Intanto la squadra RAI è al lavoro. Borgato e Petacchi in ricognizione sui percorsi del Tour (foto Instagram)
Come è successo che dalla moto sei passato alla postazione?

E’ un percorso che mi hanno proposto Alessandra De Stefano e Alessandro Fabretti, con l’idea di affiancare in modo un po’ più stabile Pancani, che poi è fulcro di tutto il progetto. Nel senso che Francesco mi affiancherà in questo percorso, essendo anche lui al Tour a fare lo studio e il coordinatore. Sarà fondamentale averne il supporto e i consigli. Di Tour ne ha seguiti diversi, il mestiere lo fa meglio di tutti e per me l’opportunità vera è quella di poter imparare da lui.

Nessun avvicendamento, insomma?

Questo vorrei che fosse chiaro. Per me non sarà tanto dire di aver messo la bandierina sul Tour de France e aver raggiunto uno dei miei sogni da bambino, ma la grande opportunità professionale e anche umana di fare il Tour imparando da uno che in tutti questi anni l’ha raccontato al meglio. Francesco è il numero uno: non c’è nessun passaggio di consegne, ma piuttosto un bellissimo rapporto fatto di stima profonda e del grande piacere di lavorare insieme.

Al Giro hai dovuto prendere il suo posto…

Al di là della parte emotiva (il toscano è dovuto correre infatti da sua madre Anna, che si è spenta pochi giorni dopo, ndr), è stato difficile gestire la postazione avendo in testa la moto. E’ un lavoro totalmente diverso. E’ una telecronaca, ma al tempo stesso è come se fosse una conduzione.

Saligari sulla moto al Giro 2022. Al Tour la RAI non avrà moto in corsa (foto Instagram)
Saligari sulla moto al Giro 2022. Al Tour la RAI non avrà moto in corsa (foto Instagram)
Che cosa significa?

Di fatto avevo da interpellare altre sette voci, fra il commento tecnico di Petacchi e Giada (Borgato, ndr), quello sulla storia e le storie con Fabio Genovesi. Poi c’erano il professor Fagnani da Radio Informazioni e le due moto di Saligari e Martini. Altre volte in modo più sporadico c’era un collegamento dall’arrivo, che poteva essere con Antonello Orlando o altri. Se si aggiunge la finestra sul Processo alla Tappa, le voci diventano otto e si capisce che è un lavoro molto particolare.

E’ stato difficile subentrare?

La verità è che la macchina già camminava bene, quindi l’obiettivo fondamentale era di non farla schiantare. Tenerla dritta fino al ritorno del titolare. Le varie voci già dialogavano bene, io ho approfittato di un lavoro che era già stato impostato da Francesco. Ho cercato di farlo innanzitutto con sobrietà, perché comunque non era casa mia. Ero il supplente e quindi aspettavamo tutti che Pancani tornasse.

Il Tour sarà invece casa tua. Come ti sei preparato?

Ho fatto un lavoro grosso sulla storia, sia per i consigli di Alessandra sia per l’idea che mi ero fatto io. Non si può raccontare un Tour senza capire bene cosa c’è alle spalle. Si parla tanto della sua magnitudo come se fosse un terremoto, si parla di tutto quello che c’è intorno e della sua grandeur, ma è importante capire quel che c’è stato prima.

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Come ti sei mosso?

Sono andato a caccia delle fonti migliori e le ho trovate in un cofanetto di tre volumi bellissimi curati da L’Equipe per il centenario. E lì tra foto pazzesche e racconti bellissimi, mi sono veramente perso dentro la storia del Tour. Ne sto uscendo adesso, sto arrivando giusto alla partenza e sento di avere capito meglio il romanzo del Tour de France. Confesso che prima non avevo questa conoscenza così approfondita.

Cosa ti ha colpito?

Avevo sempre sentito dire che il Tour avesse una grande storia, ora ho scoperto che è fatta di un sacco di episodi e di dettagli attraverso cui capisci che sia una corsa anche molto crudele. E’ nata per esserlo, per essere cattiva. E’ un dialogo tra passato e presente che spero di riuscire a portare poi in trasmissione.

Quale dei Tour che hai scoperto ti sarebbe piaciuto raccontare?

Se fossi francese, direi uno di quelli con il duello fra Anquetil e Poulidor. Quando hai due personaggi così, è chiaro che vivi il Tour in modo particolare. Quello che fu definito il Tour dei Tour se non sbaglio fu quello del 1964, con Anquetil che vinse per 55 secondi. Non sarebbe male avere due personaggi così, trovare oggi un duello che sia all’altezza di quello o ci si avvicini anche solo un po’. Adesso c’è un gigante e tutti gli altri che cercano di non arrancare e di unirsi contro di lui. Ma chi può dirlo? Magari vivremo una bella sfida anche quest’anno…

L’avvicinamento di Rizzato è passato per lo studio di questi tre volumi sulla storia del Tour
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Come fa un giornalista, che con la moto è nel gruppo, a raccontare la corsa senza vedere nessuno?

Siamo al cuore del discorso ed è una cosa che ha occupato molti dei miei ragionamenti. Anche se si farà cronaca, l’obiettivo è proprio portare dentro il racconto quello che ho vissuto sulla moto e attraverso tante interviste. Al Tour non abbiamo il supporto degli inviati in gruppo, quindi vorrei portare nella diretta un po’ della strada da cui vengo. Se ci pensate, tutti quelli che mi hanno preceduto, lo stesso Pancani che lo fa ancora, sono passati dalla moto. Ti dà un occhio diverso, più coinvolto. Si può dire davvero che sono un telecronista preso dalla strada.

Prima hai parlato del tuo sogno di bambino…

Io ho cominciato da un sito, Cicloweb. I primissimi passi li ho fatti lì da appassionato di ciclismo. Poi, mano a mano, mi sono avvicinato al giornalismo facendone un mestiere. Mi sono occupato di tante cose diverse che non avevano a che fare con lo sport, fino a quando sono entrato in Rai nel 2016. Quindi è chiaro che il Tour sia la realizzazione di qualcosa di grande e di importante che sognavo da appassionato di sport e di ciclismo. Il percorso è stato tortuoso e particolare come quello di tutti.

Ai cronisti televisivi si rimprovera il fatto di sprecare troppe parole raccontando cose che si vedono già nelle immagini. Si può evitare?

Posso dare due parti della risposta. Una viene proprio da quello che mi ha insegnato la moto, che è fatta per raccontare quello che non si vede. Quell’abitudine è bene non perderla. E poi devo ammettere con grande onestà che avere come guida Alessandra De Stefano e Alessandro Fabretti, che di ciclismo ne hanno visto e raccontato tanto, e avere Francesco Pancani in prima linea, mi aiuterà a non cadere nell’errore.

Anche Pancani, telecronista di punta a Rai Sport, si è fatto le ossa sulla moto al Giro d’Italia
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Cosa c’è nella borsa di Rizzato per il Tour?

Sempre troppe cose. Sicuramente il computer ce l’ho quasi sempre davanti, ma quella è una deformazione. Adesso ho una divisione abbastanza maniacale tra le cose da consultare sul computer e quelle che invece stampo e tengo in un quadernone. Nel computer guardo più l’aspetto statistico in corso d’opera, tengo sempre un occhio sui social media, perché qualche cosa che sfugge all’occhio nei vari schermi c’è e magari viene captata da un appassionato.

Quando si parte?

Il 28 giugno, martedì prossimo. Ormai manca davvero poco.