Gaia Masetti è nata il 26 ottobre 2001. Dopo 4 stagioni alla AG Insurance Soudal, nel 2026 correrà nella Picnic PostNL

Masetti sorride: annata buia superata e Picnic per rilanciarsi

18.11.2025
6 min
Salva

La sua vittoria più bella quest’anno l’ha conquistata giù dalla bici in una gara che ogni anno riguarda sempre più corridori. Gaia Masetti ha iniziato il 2025 con alcune aspettative e lo ha finito con altre convinzioni e soprattutto col nuovo contratto firmato con la Picnic PostNL.

Nella seconda parte di stagione abbiamo incontrato tante volte la 24enne modenese come ospite delle gare giovanili del suo comitato provinciale e il suo sguardo era lo stesso che avevamo incrociato alla team presentation del Giro d’Italia Women, l’ultima gara disputata. L’immancabile sorriso aveva assunto sfumature tristi per una serie di motivi sfortunati che avevano minato pure la volontà di continuare a correre. La mononucleosi è infida da sconfiggere e quando passi da un oro europeo con la nazionale al non avere più una squadra, tutto diventa più scuro.

Il suo percorso è stato tortuoso, Masetti si è scoperta scalatrice nelle difficoltà e alla fine è riuscita a scollinare bene con l’aiuto di persone a lei care. Dopo quattro annate con la AG Insurance Soudal (le prime due nel devo team e le altre due nella formazione WorldTour) nella quale è cresciuta molto, Gaia è pronta ad una nuova dimensione.

Gaia esce spesso col fratello Simone, che ha corso fino da junior. Nel 2026 lei cerca il rilancio nella Picnic PostNL
Gaia esce spesso col fratello Simone, che ha corso fino agli juniores. Nel 2026 lei cerca il rilancio nella Picnic PostNL
Gaia esce spesso col fratello Simone, che ha corso fino da junior. Nel 2026 lei cerca il rilancio nella Picnic PostNL
Gaia esce spesso col fratello Simone, che ha corso fino agli juniores. Nel 2026 lei cerca il rilancio nella Picnic PostNL
Possiamo dire che l’ufficialità del passaggio alla Picnic di due settimane fa ha chiuso un periodo cupo?

Assolutamente sì, non ho paura a riconoscerlo. Quando ho firmato tra fine settembre ed inizio ottobre ho cominciato a stare meglio, sia fisicamente che mentalmente, tanto che in bici ho iniziato a rivedere i miei valori e ad avvertire sensazioni buone. E’ stato un sospiro di sollievo, ma durante le trattative in realtà non ero serena, nonostante il mio procuratore mi dicesse di stare tranquilla che era tutto sotto controllo. Mi si erano profilate delle alternative, però la preoccupazione maggiore era capire se potevo restare ancora nel WorldTour dopo una stagione del genere.

Cos’è che ti ha fatto perdere un po’ di fiducia in te stessa?

Infortuni e problemi di salute si sono succeduti in sequenza. Ero caduta alla Strade Bianche fratturandomi alcune vertebre alte e rimediando una forte botta al gomito. Sono stata ferma per un po’ e dopo ero condizionata negli allenamenti. Ho ripreso a maggio all’Itzulia Women e mi sentivo stanca. Prima del Tour de Suisse durante un’uscita di sei ore sul mio Appennino attorno al Monte Cimone, sono stata punta da un ragno violino. Mi sono gonfiata appena rientrata a casa. Al pronto soccorso mi hanno dato del cortisone e non ho potuto più correre fino ai campionati italiani. E non era finita.

Masetti cade alla Strade Bianche ed inizia il suo calvario. Recupera dalle fratture, ma arriva la mononucleosi a frenarla ancora
Masetti cade alla Strade Bianche ed inizia il suo calvario. Recupera dalle fratture, ma arriva la mononucleosi a frenarla ancora
Masetti cade alla Strade Bianche ed inizia il suo calvario. Recupera dalle fratture, ma arriva la mononucleosi a frenarla ancora
Masetti cade alla Strade Bianche ed inizia il suo calvario. Recupera dalle fratture, ma arriva la mononucleosi a frenarla ancora
Cosa è successo dopo?

La crono tricolore l’ho fatta con numeri non buoni, mentre nella prova in linea mi sono sentita male e svuotata dopo la prima ora di gara. Ho cercato di gestire le forze di quel periodo perché c’era il Giro Women. Volevo correrlo perché ci tenevo ad aiutare Sarah (la compagna Gigante, ndr) a fare risultato come poi è stato. L’ho finito con grandi dolori alla milza, sono arrivata in fondo solo di testa. A quel punto abbiamo approfondito gli esami del sangue che avevo già fatto e abbiamo riscontrato una forte forma di mononucleosi. Dovendo fare almeno tre settimane di stop, il mio 2025 è finito.

Sono quindi subentrati problemi più di natura psicologica che altro?

Proprio così. Da una parte avevo trovato la cura giusta malgrado essendo asmatica alcuni farmaci inizialmente andassero in conflitto tra loro. Dall’altra parte sapevo di non potermi più far vedere in gara né dalla mia squadra, che forse aveva già fatto scelte diverse, né dalle altre. Ad agosto ho toccato il momento più brutto. Ho pianto e sono stata male. Ne sono uscita grazie a Paola Pagani, con la quale collaboro da ormai un anno e mezzo. E’ stata fondamentale per me, a parte il ruolo importante della mia famiglia.

Come ti ha aiutata?

Un anno fa di questi giorni, dicevamo che il 2025 sarebbe stata una stagione magnifica. Invece ad ogni incontro con lei, le dicevo che era sempre peggio. Di natura sono pessimista ed autocritica, ma Paola ha lavorato a fondo con me per farmi vedere il bicchiere mezzo pieno. Assieme a lei ho trovato lati positivi che mi hanno spinta a resistere.

Cosa ti ha consigliato?

Già da prima di agosto ho dovuto distrarmi dal ciclismo e non è stato facile perché non ero disposta a fare passi indietro. Ho seguito le sue parole e alla fine ho ottenuto una vittoria umana e personale che mi ha fatto fare un salto di qualità mentale. Paola l’ho ringraziata pubblicamente e non lo farò mai abbastanza perché immagino che non sia stato semplice per lei spiegare certi concetti ad una ragazza che sta vedendo tutto buio.

La luce in fondo al tunnel, è il caso di dirlo, è stata quella della Picnic. Com’è nato il contatto con loro?

Sapevo che mi stavano tenendo sotto osservazione da un po’ e sono stati i primi a farsi vivi e poi concretizzare tutto. Per la verità dovevano sistemare le posizioni di alcune loro atlete e quindi i tempi non sono stati immediati. Tuttavia ho apprezzato molto questo atteggiamento e le loro parole. Quando hanno risolto quelle questioni, abbiamo fatto una video-call, poi sono andata a Manchester per parlare coi diesse Rudi Kemna e Callum Ferguson. Successivamente ho fatto un salto in Olanda per le misure della bici e dell’abbigliamento. Lassù ho conosciuto anche il mio futuro preparatore che mi ha già stimolata tantissimo per i lavori da svolgere.

Quale sarà il ruolo di Gaia Masetti alla Picnic PostNL?

Innanzitutto visto da fuori mi è sempre piaciuto il loro modo di correre, molto unite. Più che ruolo, abbiamo discusso della mia crescita. Loro ritengono che io abbia buoni numeri per ottenere risultati migliori di quelli avuti finora. So che atleta sono, ma non conosco i miei limiti e so anche che posso migliorare ancora in tanti punti, come intensità o esplosività. Io cercherò di meritarmi il mio spazio in alcune gare.

Nonostante un'estate difficile, Gaia grazie alle parole di Paola Pagani non ha mai perso il sorriso e la consapevolezza di sè stessa
Nonostante un’estate difficile, grazie alle parole di Paola Pagani, Gaia non ha mai perso il sorriso e la consapevolezza di se stessa
Nonostante un'estate difficile, Gaia grazie alle parole di Paola Pagani non ha mai perso il sorriso e la consapevolezza di sè stessa
Nonostante un’estate difficile, grazie alle parole di Paola Pagani, Gaia non ha mai perso il sorriso e la consapevolezza di se stessa
Troverai tante connazionali tra cui Rachele Barbieri, modenese come te. Avevi parlato con lei?

Ad inizio contatto con la Picnic avevo sentito Rachele. Lei per me è un riferimento, ma non so se farò parte del suo treno. Di sicuro, come vi ha detto anche lei, anche io sono felice di essere nella sua stessa squadra. Anzi, finalmente ritrovo compagne italiane dopo quattro stagioni e non è male ogni tanto poter parlare la propria lingua in un team straniero.

Sai già qualcosa del tuo programma del 2026?

Dal 10 al 18 dicembre saremo in ritiro a Calpe. So che dovrei iniziare col Tour Down Under e poi proseguire col blocco delle classiche. Non vedo l’ora di iniziare. Arrivo in una squadra molto strutturata con comparti precisi ed un metodo di lavoro ben rodato che mi piace. Per come sono fatta io e dopo l’annata appena trascorsa, questa squadra è proprio quella che mi serviva per ritrovare me stessa.

Rachele Barbieri è nata il 21 febbraio 1997. Modenese di Serramazzoni, ora vive a San Marino

Barbieri torna alle origini: la Picnic punta su di lei per le volate

16.11.2025
5 min
Salva

Ultimi scampoli della cosiddetta “off-season”, poi dagli inizi di dicembre si ricomincia a fare veramente sul serio per impostare il 2026. Anche Rachele Barbieri non sfugge a questo canovaccio, nonostante abbia già ripreso a pedalare e lavorare in palestra dopo le vacanze alle Mauritius col fidanzato Manlio Moro.

Su e giù dal cucuzzolo di San Marino entrambi stanno seguendo i loro programmi e così mentre Rachele aspetta che rientri Manlio da un allenamento un po’ più lungo del solito per pranzare assieme, ne approfittiamo per chiedere a lei come sarà il comparto delle velociste della prossima Picnic PostNL. Il passaggio in corsa di Charlotte Kool alla Fenix-Deceuninck lo scorso agosto e la partenza di altre compagne, ridisegna in parte il ruolo della 28enne nel team olandese.

Oltre alle vacanze, nella off-season di Barbieri c'è stato spazio anche per il padel col fidanzato Manlio Moro
Oltre alle vacanze, nella off-season di Barbieri c’è stato spazio anche per il padel col fidanzato Manlio Moro
Oltre alle vacanze, nella off-season di Barbieri c'è stato spazio anche per il padel col fidanzato Manlio Moro
Oltre alle vacanze, nella off-season di Barbieri c’è stato spazio anche per il padel col fidanzato Manlio Moro
Eri arrivata alla Picnic col compito di essere l’ultima ruota di Kool, ma adesso cambia qualcosa per te?

Posso dire che diventa tutto nuovo per me, che poi forse è tutto vecchio perché è un piccolo ritorno alle origini. Dovrò farmi trovare pronta per tornare ad essere la velocista di riferimento della squadra. Dovrò sostituire Charlotte, che già non era più con noi nel finale della scorsa stagione, ma nel 2026 non avremo nemmeno Megan e Franziska (rispettivamente Jastrab e Koch, passate alla UAE Team ADQ e FDJ-Suez, ndr). Vanno ricostruiti alcuni vagoni del nostro treno.

Ritieni che possa essere più complicato del previsto?

C’era molta intesa con loro. Con Megan mi sono trovata talvolta a farle da leadout, mentre Franziska era una che entrava in azione appena prima. Non è mai semplice ripartire daccapo perché anche nel femminile si vedono treni più strutturati. Adesso ci sono squadre che hanno almeno 2-3 atlete che si sacrificano eventualmente per ricucire su una fuga e poi altrettante che lavorano per impostare la volata negli ultimi chilometri. Ma non dovremo limitarci solo a questo aspetto.

Cosa intendi?

Il lavoro che mi sono ritrovata a fare quando sono entrata in questa squadra mi ha aperto gli occhi nella gestione degli sprint o delle gare che potevano finire in quel modo. Al netto delle difficoltà altimetriche del percorso, bisogna essere sempre brave a sapersi adattare al tipo di corsa che ci salta fuori. Quindi le compagne possono servire per ciò che dicevo prima oppure entrando in azione in un altro modo.

E’ rimasta Georgi e per Rachele Barbieri può essere una pedina fondamentale nelle volate?

Con Pfeiffer c’è molta affinità. Lei è fortissima benché sia un’atleta con altre caratteristiche. E’ meno veloce di me, ma è perfetta per il lead out perché ha la resistenza giusta e necessaria per ricoprire quel ruolo. Ho già lavorato tanto con lei e sono felice di continuare a farlo. Dovremmo avere un calendario abbastanza simile. Lei sarà la capitana per le classiche più impegnative, quelle meno adatte a me dove sarò di suo supporto.

Nel vostro treno potrebbe rientrare anche la tua conterranea Gaia Masetti?

Innanzitutto sono molto contenta di avere Gaia in squadra, una modenese come me anche se io ormai vivo da un’altra parte. Tuttavia so che quando farò qualche giorno in famiglia, potrò contare sulla sua compagnia per allenarci assieme. E non è un aspetto di poco conto. Gaia è un’atleta completa che può fare parte del nostro reparto senza problemi perché sa già quali compiti bisogna fare. Non sarà l’unica nuova.

A chi ti riferisci?

Un’altra novità sarà rappresentata da Mia Griffin (campionessa irlandese in carica su strada arrivata dalla Roland Le Devoluy, ndr). E’ una velocista che non conosco benissimo, anche se ricordo di averla incrociata in pista diverse volte. Avremo modo di affinare la nostra conoscenza in ritiro. La nostra è una squadra che forma le ragazze che arrivano e ogni compagna poi è pronta a dedicarsi al 100 per cento in gara. Sarà così anche la prossima stagione, anzi già a Calpe dal 10 al 18 dicembre capiremo meglio come sarà composto il reparto che ci riguarda.

Barbieri con gli Amici della pista: i bambini e un tuffo nel passato

19.06.2025
5 min
Salva

Qualche foto condivisa sui social insieme al fidanzato Manlio Moro mentre si trovavano seduti sugli spalti del velodromo Ottavio Bottecchia di Pordenone. Sotto, sul cemento, giravano bambini e ragazzi di età diverse. Rachele Barbieri ha vissuto una giornata particolare, che l’ha portata a ricordare quando il ciclismo era un semplice divertimento (in apertura foto Alessia Tosoni). Quando era ancora Rachele e il ciclismo professionistico era solamente un sogno talmente lontano da essere quasi aleatorio. 

«Avevamo programmato di stare qualche giorno a casa di Manlio in Friuli – racconta Rachele Barbieri – perché tra i tanti impegni e le gare era da un po’ che non tornava. Allora la società Amici della Pista ci ha contattato chiedendoci di andare a trovare i bambini e i ragazzi in pista. Avevano programmato una serie di gimkane e di gare per i più grandi. Abbiamo portato qualche maglia delle nostre rispettive squadre (Team Picnic PostNL per Barbieri e Movistar per Moro, ndr)».

Rachele Barbieri e Manlio Moro sono stati invitati dalla società Amici della Pista a passare una giornata al Velodromo Ottavio Bottecchia a Pordenone (foto Alessia Tosoni)
Rachele Barbieri e Manlio Moro sono stati invitati dalla società Amici della Pista a passare una giornata al Velodromo Ottavio Bottecchia a Pordenone (foto Alessia Tosoni)

Di nuovo in pista

Per Rachele Barbieri la pista ha un significato profondo legato al ciclismo di quando si è piccoli. Tornare a respirare quell’atmosfera le ha permesso di far riaffiorare emozioni e ricordi passati. 

«Tra l’altro – ci dice – qualche giorno prima di andare al velodromo di Pordenone ero tornata a girare su pista a Montichiari. Quindi in pochi giorni sono tornata davvero a rivivere certi aspetti del passato che mi hanno regalato delle belle emozioni. Vedere quei bambini girare mi ha ricordato quando ho iniziato ad andare in bici, come molti di loro l’ho fatto da piccolissima: avevo cinque anni. Quando le gambe si sporcavano con il grasso della catena, la serenità e la spensieratezza di pedalare e basta. Erano i tempi in cui il ciclismo e la bicicletta li vivevi come un divertimento con gli amici e alle gare ti accompagnavano i genitori e i nonni».

Qualche giorno prima Rachele Barbieri era tornata a girare in pista a Montichiari dopo tanto tempo (foto Instagram/Rachele Barbieri)
Qualche giorno prima Rachele Barbieri era tornata a girare in pista a Montichiari dopo tanto tempo (foto Instagram/Rachele Barbieri)
Cosa ti ricordi di quelle prime volte in pista?

Spesso da piccola ero sola perché i miei genitori lavoravano entrambi. Per fortuna il diesse della squadra in cui correvo mi veniva a prendere a casa con il furgone della società. Crescendo poi, i miei genitori mi hanno accompagnato ovunque, soprattutto nel periodo invernale in cui facevo ciclocross. Correvo in una società piccola, quelle in cui i genitori guidano il furgone o mettono a disposizione la propria macchina per la trasferta. 

Come hai vissuto il rapporto sport-genitori?

Sono stati sempre al loro posto. Mi hanno dato il massimo sostegno ma senza mai mettermi pressione. Penso che questo aspetto abbia influenzato positivamente la mia crescita e la mia carriera. Sono cresciuta insieme al ciclismo e se sono diventata l’atleta e la ragazza che sono lo devo a questo sport. Si dice sempre che lo sport è una scuola di vita, ma è così.

Per te in che modo lo è stato?

Mi ha insegnato a prendere un impegno e a rispettarlo. Ad avere dei vincoli e saper incastrare e programmare i diversi aspetti della mia vita, anche quando ero piccola. La scuola, poi i compiti prima di andare in bici. Insomma, magari piccoli aspetti ma che ti mettono davanti a scelte e responsabilità. 

Avere a che fare con tante persone aiuta a crescere?

Ho imparato il rispetto verso gli altri. Ad esempio quando si era in pulmino o in camera con ragazzi che non conosci capisci le esigenze e le abitudini degli altri. Impari a rispettarli e a trovare un compromesso

Rachele Barbieri vedendo i bambini girare ha rivissuto emozioni del passato, quando il ciclismo era un gioco (foto Alessia Tosoni)
Rachele Barbieri vedendo i bambini girare ha rivissuto emozioni del passato, quando il ciclismo era un gioco (foto Alessia Tosoni)
Che cosa ti è venuto in mente guardando quelle biciclettine che giravano?

Mi ha colpito il fatto di vederli cadere e dopo un secondo ritrovarli già in piedi con la bici sotto braccio pronti a ripartire. Il ciclismo ti insegna a reagire a certe cose. Un bambino che non ha mai fatto sport cade e piange, loro invece pensano subito a ripartire. Una pulita con la mano al ginocchio o al gomito e via

Ci sono delle foto in cui parli, i bambini ti hanno chiesto qualcosa di particolare?

Mi venivano a chiedere il nome. Non sapevano nemmeno come mi chiamassi. Ed è stato bello così, per loro ci sarebbe potuta essere anche la persona più importante del mondo che comunque non l’avrebbero riconosciuta. Volevano solo pedalare e divertirsi. E’ stato bello anche per me, che per un giorno sono tornata Rachele, la bambina che pedalava su quelle biciclette senza altri pensieri per la testa. 

L’occhio clinico di Barbieri sulla Sanremo Women

25.03.2025
5 min
Salva

Dando un’occhiata alla lista delle partenti da Genova per la Sanremo Women, erano pochi i nomi importanti che mancavano. E dando poi uno sguardo alla corsa che ne è uscita e alla vittoria allo sprint ristretto di Wiebes, viene da fare un’ultima riflessione prima di archiviare l’argomento e concentrarsi sulle classiche fiamminghe.

Tra le velociste assenti figuravano Charlotte Kool e Rachele Barbieri chiaro segnale che la Picnic-PostNL avesse puntato su altre carte da giocare. Non che sia andata troppo male al traguardo considerato il bel tredicesimo posto di una Marta Cavalli decisamente in crescita, rimasta attaccata al gruppo delle migliori prima di rialzarsi nello sprint finale. E tre posizioni dietro la cremonese è arrivata un po’ più staccata Pfeiffer Georgi, una delle tante papabili per il podio alla vigilia.

Rimane però il dubbio di capire cosa sarebbe stato per il team olandese avere al via anche le sue due ruote più veloci. Di questo e del suo rientro alle gare ne abbiamo parlato con Barbieri, proprio poco prima della partenza per il Belgio.

Al UAE Tour, subito dopo la caduta della prima tappa, Barbieri raggiunge il traguardo spinta da Megan Jastrab
Al UAE Tour, subito dopo la caduta della prima tappa, Barbieri raggiunge il traguardo spinta da Megan Jastrab
Rachele subito una domanda secca. Come mai non hai corso la Sanremo?

Ci sono un paio di motivi. Di base non l’avrei dovuta correre perché non era nei miei piani iniziali, anche se non era definitivo. In secondo luogo è uscita definitivamente dal mio calendario perché mi sono ritrovata a curare una botta al ginocchio patita alla prima tappa del UAE Tour a causa di una caduta. In carriera non ho mai avuto problemi al ginocchio, ma anch’io adesso sono entrata in questo bel club (sorride in modo ironico, ndr).  

Cosa ti eri fatta?

Purtroppo al UAE Tour sono stata sfortunata perché sono rimasta coinvolta anche nella caduta dell’ultima tappa in volata. E questo non ha fatto bene al mio ginocchio. Nei giorni successivi mi dava fastidio a pedalare ed un’ecografia aveva riscontrato un edema osseo. Ho dovuto fare tre settimane di stop con tanta fisioterapia. Sono tornata ad uscire in bici finalmente senza dolori ed in pratica rientro alle corse con un mese di allenamento nelle gambe. Peccato perché avevo iniziato bene alle gare in Australia, raccogliendo due buoni risultati (un terzo ed un quinto posto, ndr) e onestamente sarei stata curiosa di vedere cosa avrei potuto fare alla Sanremo.

Ti è costato tanto non farla?

Non ci penso più, penso e spero di correrla l’anno prossimo cercando di arrivarci in forma. Avendo immaginato come poi è finita, sarebbe stato un sogno correrla e magari essere lì nel finale. Anzi, se mi fossi trovata assieme a Charlotte, non avrei esitato a tirarle la volata facendo ciò che ha fatto Kopecky per Wiebes.

Per la Sanremo, il Team PicNic-Post NL ha puntato su Marta Cavalli e Pfeiffer Georgi
Per la Sanremo, il Team PicNic-Post NL ha puntato su Marta Cavalli e Pfeiffer Georgi
Come l’avevi immaginata la gara?

Più o meno com’è andata. Credo fosse una incognita per tutte, però è anche vero che le velociste più forti e più preparate dovevano reggere sforzi brevi in salita. L’unica è la Cipressa, dove si parlava di dodici minuti di salita, che poteva scombinare i piani. Invece la selezione si è fatta più in discesa, come giù dal Poggio. Ormai molte velociste stanno diventando più complete. E credo che questo si stia vedendo sempre di più. Guardate Wiebes, Balsamo o Ruegg come sono state brave a tenere certi ritmi in salita. Secondo me l’anno prossimo vedremo molte più velociste.

Secondo te sulla Cipressa si potevano tagliare fuori le più veloci?

Sì, certo, anche se dipende da come si è corso prima. Ad esempio Magnaldi ha fatto un grandissimo lavoro per Longo Borghini, però forse quando si sono accorte che erano ancora tutte agganciate, non hanno insistito. E a quel punto ha fatto un’andatura più moderata la Lidl-Trek per Balsamo. A mio modo di vedere, la caduta prima del Capo Mele ha tolto dalla contesa molte di quelle atlete che avrebbero potuto tenere alto il ritmo sulla Cipressa, come ad esempio avrebbe potuto essere Gasparrini. Nel 2026 credo che le scalatrici correranno in un altro modo per staccare le velociste.

Alla fine, indipendentemente dal tuo infortunio e visto l’esito finale, perché la Picnic PostNL non ha portato Rachele Barbieri e Charlotte Kool?

Per il motivo cui facevo riferimento prima. Il percorso della Sanremo Women era un’incognita e si pensava fosse più adatto alle scalatrici. Credo che il nostro team abbia puntato su atlete diverse da Charlotte e me e credo comunque che sia stata una buona scelta. Marta è andata fortissimo arrivando davanti e sono molto contenta della gara che ha fatto. Pfeiffer per me è adatta alla Sanremo e viceversa. Non è veloce come Kopecky, ma è quel tipo di corridore, che si trova bene su quei percorsi mossi. Ma sono andate molto bene anche le altre nostre compagne. Speriamo l’anno prossimo di poterci presentare con più soluzioni.

Dopo la lunga sosta per sistemare il ginocchio, Barbieri tornerà in gruppo il 27 marzo a De Panne
Dopo la lunga sosta per sistemare il ginocchio, Barbieri tornerà in gruppo il 27 marzo a De Panne
Anche il finale della Sanremo Women è stato entusiasmante. Ti è piaciuto?

Sì e devo dirvi sinceramente che pensavo che Elisa (Longo Borghini, ndr) vincesse. E’ stata bravissima perché non ha aspettato nemmeno un secondo per scattare a fine discesa. Non poteva fare altro e lo ha fatto alla grande. Purtroppo per lei Kopecky ha fatto un capolavoro riportando sotto Wiebes senza strappare. E Lorena è stata eccezionale perché né in volata né prima ha mai avuto paura di perdere. È sempre stata serena, oltre che presente davanti e lucida.

Mettiamoci alle spalle la Classicissima al femminile. La tua attualità ora cosa prevede?

Riprendo il 27 marzo con De Panne, poi la Gand-Wevelgem il 30 ed infine la Dwars Door Vlaanderen il 2 aprile. Tornerò a casa per qualche giorno e poi salirò al Nord per Scheldeprijs il 9 aprile e la Roubaix il 12.

Quali obiettivi ti sei posta?

L’intento è quello di ritrovare la condizione di inizio stagione. Diciamo che le prossime tre gare le userò per riprendere ritmo. In media saranno giorni da 150 chilometri che aiuteranno a prendere un buon stato di forma. Mi piacerebbe andare bene alla Roubaix. Poi visto che non farò le Ardenne, vedremo se fare il periodo di stacco che era già in programma oppure, visto il mio recente stop, se correre qualche altra corsa. Credo che tutto dipenderà da come andrò in queste prossime settimane.

Manlio Moro: l’Australia, la transenna, la spalla e il ritorno

06.02.2025
5 min
Salva

Quasi una… luna di miele con la sua Rachele, la visita agli zii d’Australia, i giusti allenamenti e poi alla prima curva un po’ veloce del Villawood Men’s Classic, criterium che annunciava il Tour Down Under, l’avvio di stagione di Manlio Moro si è infranto a tutta velocità contro una transenna (in apertura con il meccanico Alessandro Gaia, tornando verso l’arrivo).

«In pratica siamo entrati a 195 chilometri all’ora in curva – sorride amaramente, ovviamente ricorrendo al paradosso – e a quello davanti a me è partita la ruota. Non ho potuto fare niente per evitarlo e gli sono andato addosso. Abbiamo urtato molto forte le transenne e mi è uscita la spalla. Ero immobilizzato, ho fatto due minuti per terra che non riuscivo più a muovere il braccio. Qualche anno fa avevo già rotto la clavicola e la sensazione era la stessa. Poi ho fatto un movimento un po’ più brusco, ho provato a forzare la rotazione, ho sentito “cloc” e la spalla è come ritornata dentro. Lì per lì, fra l’adrenalina e tutto il resto, la muovevo, facevo tutto, mi sentivo un eroe. Invece la sera mi sono raffreddato un po’ e ha ricominciato a fare male. La mattina dopo non riuscivo neanche a tirarmi su i pantaloni…».

Villawood Men’s Classic, la firma di Moro per la prima gara nella sua seconda stagione da professionista
Villawood Men’s Classic, la firma di Moro per la prima gara nella sua seconda stagione da professionista
E quindi?

Siamo andati subito a fare raggi e risonanza magnetica e hanno trovato una microfrattura alla testa dell’omero, con la cartilagine un po’ rovinata perché ovviamente nell’uscire e poi rientrare, si sono rovinati sia l’osso sia la cartilagine. Per cui è finito tutto lì. Quando si è capito che non sarei potuto partire per il Tour Down Under, mi hanno messo su un aereo e mi hanno rimandato a casa. Praticamente sono andato in Australia per farmi la vacanza. Sono stato là venti giorni. Mi sono allenato al caldo con la mia morosa. Sono andato a cena e a vedere qualche posticino, poi sono tornato qua.

Chi sono questi parenti d’Australia?

L’ultima volta li avevo visti l’anno scorso quando andai per correre il Tour Down Under per la prima volta. Si sono trasferiti giù da cinque anni e quindi li vedo sempre poco, per cui ho sfruttato la possibilità di anticipare il viaggio per allenarmi e ambientarmi. Ci hanno dato un alloggio, filava tutto alla perfezione. Ho fatto un’ora di gara a blocco con ottime sensazioni e poi dritto a casa. Però fino a quel momento era stato tutto perfetto.

E adesso come stai?

Bene, la spalla ormai è a posto. Sono tornato in bici, sto facendo fisioterapia tre, quattro volte a settimana. Mi stanno dando degli esercizi da fare a casa per rinforzare tutta la muscolatura e riprendere un po’ di mobilità. Per fortuna non ho avuto dolori se non i primi due-tre giorni in cui non riuscivo a muovere il braccio. Poi però ho ripreso la funzionalità, anche se certi movimenti erano più complicati. Adesso riesco a fare praticamente tutto. Sono ritornato in bici, non ho dolori neanche a prendere buche o fare qualche volata e dei rilanci. Per cui mi alleno bene, mentre all’inizio ho ripreso sui rulli per non fermarmi, tenendo le mani sul manubrio e facendo girare le gambe.

Moro racconta che le sensazioni nella prima ora di gara sono state buone, poi la caduta…
Moro racconta che le sensazioni nella prima ora di gara sono state buone, poi la caduta…
Quando si torna in gruppo?

Subito, al UAE Tour di fine febbraio. La prima corsa è stata da cancellare, però poi riprendo tutto come da programma. Per fortuna si riesce. Io ho sempre insistito di voler ripartire subito e loro me l’hanno concesso. Del resto, se sto bene, perché saltare?

Quindi, a parte questa botta di sfortuna, come si annuncia il 2025?

La squadra mi ha detto che vorrebbero darmi l’opportunità di provare a fare qualche volata. Magari nelle corse dove non ci sono Cimolai e Gaviria. Magari un po’ più avanti nella stagione in gare più piccole come Boucle de la Mayenne o altre simili. L’idea è di buttarmi in mezzo, ma senza pressione. Così comincio a capire come funziona. Però prima, fatto il UAE Tour, si comincia al Nord.

Quindi le classiche restano il piatto forte del menù?

Sì sì, le classiche del Nord rimangono. Mentre credo che per quest’anno nel calendario non ci saranno gare in pista. E’ da un bel po’ che non vado a girare, ma ho anche avuto questa sfortuna. Continuerò a frequentare Montichiari, però credo che per quest’anno non farò gare. Voglio concentrarmi al 100 per cento su strada.

Il Tour Down Under iniziava 3 giorni dopo la caduta: il test sui rulli ha fugato ogni dubbio e Moro è tornato a casa
Il Down Under iniziava 3 giorni dopo la caduta: il test sui rulli ha fugato ogni dubbio e Moro è tornato a casa
Torniamo per un attimo alla caduta, quando eri lì per terra, hai pensato che saresti rimasto fuori più a lungo? 

Sono stato fortunato, anche perché il dolore è passato quasi subito e ho potuto ricominciare presto a fare dei movimenti. All’inizio magari faticavo a prendere una bottiglia d’acqua, adesso sono tornato alla normalità. E faccio esercizi con i pesi, con gli elastici, faccio plank, per rinforzare tutta la muscolatura. Diciamo che sono partito con un handicap, ma penso di poterlo recuperare.

Pensi che quest’anno debutterai in un Grande Giro?

Non credo, ad ora nel mio programma non ce ne sono. Però non si sa mai, perché la stagione è lunga. Magari se vado al UAE Tour e vinco quattro tappe (ride, ndr), si cambiano i programmi.

Come è stato passare dai 35 gradi australiani all’inverno italiano?

Al momento sono in Friuli, visto che Rachele dopo il Tour Down Under si è fermata direttamente al UAE Tour Women che comincia oggi. E allora invece di andare a San Marino sono venuto a salutare i miei, che non vedevo da un bel pezzo. Al momento ci sono 12-13 gradi, non si sta neanche male, anche se il confronto con le temperature australiane è improponibile. Però c’è tutto quello che serve per ricominciare. Al momento non sto ancora facendo grandissime distanze, dato che non sono ancora al top. Faccio dei percorsi un po’ più tranquilli, fuori dai rischi. Ho davanti a me una decina di giorni prima di mettermi a posto per il UAE Tour, vedrete che ci arrivo bene.

Intanto Ciabocco porta a casa un piccolo titolo

27.01.2025
5 min
Salva

Il primo squillo tutto azzurro della stagione arriva dall’Australia. Qualcuno potrà dire che è uno squillo sommesso, che parliamo solo della vittoria nella classifica per le giovani. Ma se si tratta di una prova del WorldTour, anzi di quella che di fatto lo ha aperto, ha pur sempre un suo valore. Nel Santos Tour Down Under Eleonora Ciabocco ha portato a casa la maglia della migliore nella classifica specifica e questo conta, anche perché la ragazza di Macerata è stata la migliore delle italiane.

Per lei quella agli antipodi non era la prima trasferta così lontano: «In Australia ero già stata ai mondiali di Wollongong e poi lo scorso anno, sempre al Santos Tour Down Under, ma se devo dire questa è stata un’esperienza diversa».

Per Eleonora la vittoria nella classifica dei giovani è un bel viatico verso la nuova stagione
Per Eleonora la vittoria nella classifica dei giovani è un bel viatico verso la nuova stagione
Perché?

Intanto perché mi sono sentita più sicura di me stessa, cresciuta a livello mentale e come coscienza delle mie capacità. Poi perché la squadra mi ha dato una grande responsabilità: ero in pratica la regista in corsa e questo per una ragazza di soli 20 anni non è cosa da poco, significa che hanno grande fiducia nelle mie qualità. Penso che molto dipenda anche da quel che avviene al di fuori delle corse: in quest’anno il mio inglese è migliorato molto, poter comunicare con maggior facilità aiuta. Ora devo dire la verità: mi sto godendo il mio team, il rapporto con le altre molto più di prima.

Che valore ha la tua prestazione?

Io credo che sia un bel segnale, anche perché non l’ho inseguito specificamente, è arrivato un po’ per caso. Io ho continuato a svolgere i miei compiti: non avevamo una capitana che puntava alla classifica, si operava soprattutto per le singole tappe, si cercava di leggere al meglio ogni situazione tattica e il fatto che chiedessero a me che cosa fare credo abbia un valore anche superiore alla classifica finale.

Il team ha ruotato nella corsa australiana intorno a lei, aiutandola nella difficile seconda tappa
Il team ha ruotato nella corsa australiana intorno a lei, aiutandola nella difficile seconda tappa
Che corsa è stata?

Il livello era sicuramente alto e le corse non sono sempre andate com’erano i piani. La prima tappa ad esempio eravamo convinti che sarebbe finita in volata e infatti tutte lavoravamo per Rachele (Barbieri, ndr), cercavamo di tenere chiusa la corsa per favorire lo sprint, invece nel finale molto tecnico è andata via la Hengeveld. La seconda era la più impegnativa, infatti nella prima salita ho perso terreno e faticavo. Lì la squadra si è messa a mia disposizione per farmi superare la crisi e infatti sono rientrata. Le compagne mi portavano ghiaccio e borracce perché soffrivo molto il caldo.

Che ha contraddistinto anche la tappa finale…

Sì e per noi che venivamo dall’Europa il contraccolpo termico c’è stato, alcune lo hanno superato meglio, altre come me no. In certi momenti proprio non si respirava…

E’ stata, quella australiana, una corsa abbastanza sorprendente nel suo epilogo finale, vi aspettavate la vittoria della svizzera Ruegg?

Sinceramente no, ma più che la sua vittoria mi ha colpito quella dell’olandese nella prima che per certi versi mi ha anche fatto piacere. Fino allo scorso anno correvamo insieme, la conosco bene e so che è forte.

La trasferta australiana ora va avanti, che cosa hanno chiesto a te?

Continuerò nel lavoro a favore del team, anche perché alla base del nostro gruppo c’è proprio questa commistione di ruoli. Per noi conta che a vincere sia il team, non il singolo. Ognuna corre per le compagne. Certamente poi se capiterà l’occasione mi farò trovare pronta, intanto quella maglia messa in valigia è sempre un’iniezione di fiducia, anche perché come detto è arrivata per caso, io ho sempre pensato a lavorare per le altre senza guardare la classifica. Infatti nella tappa finale, dopo aver esaurito i miei compiti mi sono lasciata staccare.

La maceratese è alla Picnic DSM dal 2023. Lo scorso anno ha affrontato 46 giorni di corsa
La maceratese è alla Picnic DSM dal 2023. Lo scorso anno ha affrontato 46 giorni di corsa
In che cosa pensi di essere migliorata?

Credo che il mio rendimento in salita sia migliorato, lo dicevano i numeri in allenamento e l’ho constatato anche in corsa. Ma siamo a inizio stagione, è ancora molto presto per dare giudizi. I veri obiettivi credo arriveranno tra maggio e luglio, voglio guadagnarmi la selezione per i grandi giri, poi lì vedremo che cosa fare, magari trovando anche spazio per le mie aspirazioni personali.

La settimana tipo… in Australia. Cosa fa Rachele Barbieri?

11.01.2025
5 min
Salva

Rachele Barbieri ci racconta come sta trascorrendo i suoi giorni in Australia, dove si trova dal periodo di Natale insieme al suo fidanzato Manlio Moro. I due atleti sono ad Adelaide dal 27 dicembre e soggiornano presso alcuni parenti del friulano.

«Dopo molti anni – racconta Rachele – Manlio ha potuto riabbracciare i suoi zii. Anche grazie a questa opportunità ho chiesto al mio team (Picnic – PostNL) di poter partecipare al Tour Down Under. Già l’anno scorso ci avevo provato, ma non fu possibile. Stavolta mi sono mossa con maggiore anticipo. Ci siamo organizzati per tempo e il 26 dicembre siamo partiti dall’Italia. Qui il caldo è piacevole, non eccessivo, almeno per ora».

Rachele e Manlio: i due atleti hanno approfittato della presenza dei parenti di Moro in Australia per partire con largo anticipo
Rachele e Manlio: i due atleti hanno approfittato della presenza dei parenti di Moro in Australia per partire con largo anticipo
Come organizzi la tua settimana tipo?

Non ho una settimana standard. Di solito alterno tre giorni di carico a uno di scarico. Qui in Australia queste cadenze sono più regolari rispetto all’Italia, perché non devo adattare gli allenamenti al meteo. Inoltre, il caldo non è troppo intenso e l’adattamento al fuso orario è stato rapido: in un paio di giorni eravamo già in ritmo.

A che ora ti svegli?

Mi piace dormire, quindi non prima delle 9 o 9,30. In ogni caso, per le 11 sono in bici.

Come si svolge il primo giorno di carico?

Faccio un’uscita di circa 4 ore con lavori impegnativi. A volte li svolgo nella prima parte dell’allenamento, con gamba fresca, altre volte nella seconda parte, con gamba stanca. Questi lavori sono intensi e mirati alle volate. Alla fine percorro circa 110-120 chilometri. La media generale non è alta, perché i recuperi tra una ripetuta e l’altra sono molto tranquilli.

Cosa fai nel secondo giorno di carico?

E’ la giornata del doppio allenamento. Al mattino faccio due ore in bici con richiami di esplosività e accelerazioni in progressione. Nel pomeriggio vado in palestra, dove mi dedico a lavori su forza e potenza.

E il terzo giorno di carico?

Distanza pura: 5 ore, inserendo qualche salitella per spezzare la monotonia. Anche se qui non ci si annoia mai: tra i paesaggi, i koala e i canguri, c’è sempre qualcosa da osservare. Le salite non sono lunghe, al massimo 5-6 chilometri, e sono pedalabili, con continui saliscendi.

A che intensità lavori?

Principalmente in zona 1 (Z1), ogni tanto in zona 2 (Z2), a seconda del periodo. Ora che si avvicinano le gare, l’intensità è leggermente diminuita.

Come gestisci il giorno di scarico?

A volte riposo completamente, altre faccio un’uscita leggera di circa un’ora, in piena libertà.

Cambia qualcosa quando riprendi i giorni di carico?

Sì, inverto il primo e il terzo giorno.

Hai modificato la preparazione per adattarti al clima australiano?

Non per quanto riguarda le temperature, perché sto facendo un adattamento graduale. Però ho modulato i carichi in vista delle gare. A casa, con il freddo, non riuscivo a lavorare bene. Qui invece posso farlo. In caso di temperature troppo alte, tipo i 40 e passa gradi, avremmo apportato ulteriori modifiche, ma finora il clima è stato ideale.

Sarà che laggiù è estate, ma a detta di Rachele le verdure sono buonissime e ne mangia molte
Sarà che laggiù è estate, ma a detta di Rachele le verdure sono buonissime e ne mangia molte
L’alimentazione è cambiata?

In generale no, anche se alcuni alimenti, come il parmigiano, sono più difficili da trovare. Ho introdotto più porridge a colazione, grazie alla cugina di Manlio che lo fa molto buono e con tanta frutta fresca, ottima per queste temperature.

Cosa mangi quindi a colazione?

Porridge con frutta e cereali.

E a pranzo?

Carboidrati e una fonte proteica. Quindi riso o pasta abbinati a uova, carne, pesce o legumi. Sto aumentando il consumo di legumi nella mia dieta.

Cosa prevede la cena?

Una fonte proteica diversa da quella del pranzo, accompagnata da carboidrati come pane o patate, e tante verdure. Qui sono molto saporite e i parenti di Manlio hanno un orto. Frutta come mango e avocado non mancano mai.

Rachele Barbieri in azione: lo scorso anno non prese parte al Tour Down Under, ci torna dopo sei anni
Rachele Barbieri in azione: lo scorso anno non prese parte al Tour Down Under, ci torna dopo sei anni
C’è un dolce tipico che mangi?

Non molto a dire il vero, ma vicino a casa c’è una yogurteria dove puoi personalizzare lo yogurt con cereali, frutta e pistacchi. Quello è il nostro piccolo “sgarro”.

Come ti alimenti in bici?

Bevo di più, ma per il resto non è variato nulla. Una particolarità dell’Australia è che non ci sono fontanelle, quindi riempiamo le borracce nei bar, dove sono molto accoglienti e spesso ti chiedono loro se hai bisogno di acqua. Lì prendo anche qualcosa da mangiare per il resto dell’uscita.

E nel tempo libero? Fate i turisti?

Non troppo. Tra svegliarci tardi e allenarci, resta poco tempo. Abbiamo fatto stretching e anche dei massaggi presso una massaggiatrice della nazionale australiana che conosceva Manlio. Durante un giorno di riposo, siamo andati a fare una passeggiata nel centro di Adelaide: molto bello!

Hai avuto modo di visionare il percorso di gara?

No, perché la gara si svolge relativamente lontano da qui. Però, grazie a VeloViewer e al fatto che spesso ci sono circuiti, vedremo tutto nei prossimi giorni. La squadra è arrivata ieri, mentre si inizia a correre il 17 gennaio.

DSM, leadout e niente pista, quante novità per Barbieri…

22.10.2024
6 min
Salva

Una delle atlete italiane che si è meglio comportata in questa stagione è stata Rachele Barbieri. L’emiliana si è distinta per la sua costanza di rendimento, per i numerosi piazzamenti nelle prime dieci e per le belle volate tirate alla compagna Charlotte Kool.

Barbieri ha archiviato la sua prima stagione con la DSM-Firmenich, una stagione foriera di grosse novità: il team stesso, il ruolo di leadout, l’abbandono della pista. Scopriamo dunque con lei come è andata. Prima però vi diamo un dato che la dice lunga: 49 giorni di corsa, contro i 34 dell’anno passato. Sette corse a tappe (tutte lunghe), contro le cinque del 2023.

Baloise Ladies Tour: volata della prima tappa. A destra, Barbieri in testa per la compagna Kool
Baloise Ladies Tour: volata della prima tappa. A destra, Barbieri in testa per la compagna Kool
Primo anno in DSM, come è andata, Rachele?

E’ stato un bell’anno, un anno soddisfacente. Mi sono messa alla prova in un ruolo che non ero abituata a fare, quello del leadout, quando invece fino all’anno prima ero io la velocista. Però ho imparato tanto.

Da Liv a DSM: altri metodi, immaginiamo…

Questa è una squadra nella quale si analizzano tanto le corse, prima e dopo. Si arriva alle gare preparati. E questo mi piace. Dico sempre: «Ad averla trovata prima una squadra così». Le giovani possono imparare, crescere e diventare brave ad avere una visione di corsa. Per me questo è l’aspetto più evidente della DSM-Firmenich. Così come il fatto che ognuna in gara ha il suo ruolo ben preciso. E questo contribuisce a farci dare il 110 per cento in ogni corsa. Non capita mai di arrivare che qualcuna fa quello che vuole.

Quando hai deciso di passare in questa squadra sapevi che c’era la Kool ovviamente: dovevi dunque fare solo la leadout o potevi avere anche i tuoi spazi? 

Sì, sì… quando ho firmato gli accordi erano questi: io sarei entrata in squadra per fare la leadout a Charlotte. Mi è stato detto bene fin da subito. Venivo da una squadra un po’ più piccola, nella quale ho sempre fatto io le volate, ma quando c’è meno organizzazione spesso il risultato pieno non viene. E fa rabbia. Questo mi ha portato ad essere molto convinta di voler investire su me stessa, di specializzarmi in questo ruolo e di farlo con l’idea di crescere. Ho 27 anni e per questo ciclismo inizio ad essere un po’ vecchietta.

Dai, vecchietta no. Matura!

Resto convinta che è l’età giusta per specializzarsi e per crescere definitivamente. Poi si vedrà negli anni dove potrò arrivare. Quando ho avuto le mie opportunità, all UAE Tour e a Drenthe ho fatto bene. Negli Emirati ho fatto seconda dietro a Wiebes, l’atleta più forte e difficile da battere. E a Drenthe ho fatto terza. Riesco pertanto a mantenere un buon livello da velocista. Quando ho l’opportunità di potermi giocare le mie carte sono pronta. E questo mi rende orgogliosa.

L’inserimento di Rachele Barbieri nella DSM-Firmenich è andato alla grande. Il suo contratto arriva fino al 2026
L’inserimento di Rachele Barbieri nella DSM-Firmenich è andato alla grande. Il suo contratto arriva fino al 2026
Il ruolo di leadout è nuovo per te, c’è qualcuno dei colleghi uomini o extra team che ti ha dato qualche consiglio su come fare questo ruolo?

No e neanche al di fuori. Come ho detto facciamo tanta analisi con il team. C’è molto scambio d’informazioni. La stessa Charlotte mi ha insegnato tanto, idem Georgi Pfeiffer, che è più esperta. Sono io che faccio mille domande. Mi sembra sempre che gli altri ne sappiano di più! Anche se poi quando sei in gara certe cose ce l’hai nell’istinto.

Dentro di te quindi come hai approcciato questa nuova avventura?

Come un anno di passaggio. Sono cambiate tante cose per me, anche il discorso di non fare più la pista comunque è stato un grosso cambiamento. Ho cambiato anche il preparatore… per questo dico che è stato un anno di passaggio. Mi serviva del tempo per capire come il mio fisico e la mia testa si sarebbero adattati. Spero dal prossimo anno di fare un salto di qualità anche nelle gare un pochino più impegnative.

Prima, Rachele, hai detto che è stato un anno per imparare, ed effettivamente qualcosa da migliorare c’è. Tu e Kool siete una coppia che funziona bene, ma c’è anche qualcosa da mettere a punto. In cosa dovete migliorare?

Premesso che ogni volata ha la sua storia, a mio parere abbiamo trovato molto velocemente il feeling. Charlotte si è fidata tanto di me e quindi è stato tutto semplice. Ma per questo è stato importante avere davanti a me Pfeiffer Georgi. Lei era la sua vecchia leadout e oggi è una guida abile ed esperta. Pfeiffer spesso e volentieri è stata davanti a me. Poi è capitato che provando tattiche diverse qualcosa non sia filato perfettamente. Ma dovendo sfidare la velocista più forte, ci sta che si provi qualcosa di diverso, che si provi ad inventare qualcosa. Mi rendo conto che dalla tv le volate sembrano tutte uguali, ma in realtà non è così.

Certo, magari anticipate, ritardate, o tu fai un buco…

Per esempio, a De Panne ma anche in altre gare, abbiamo dimostrato che quando vogliamo fare il treno e partiamo noi dalla testa, il treno funziona. Siamo veloci, riusciamo a stare davanti e mettiamo Charlotte nella posizione migliore per fare la volata. Poi, ripeto, ci troviamo contro un’atleta fortissima come la Wiebes e ci sta anche che se lasci la tua compagna in posizione perfetta non si riesca a vincere. Però questo non vuol dire che fai le cose fatte male o, al contrario, che se vinci non ci sia niente da migliorare.

Nel periodo delle classiche del Nord, Barbieri vive in Olanda in un appartamento messole a disposizione dal team (foto @tornanti_cc)
Nel periodo delle classiche del Nord, Barbieri vive in Olanda in un appartamento messole a disposizione dal team (foto @tornanti_cc)
Rachele, hai parlato di nuova preparazione e nuovo preparatore. Per questo ruolo di leadout hai fatto qualcosa di specifico?

Ho cambiato completamente il modo di allenarmi e non solo per il ruolo di leadout. Prima facendo pista mi servivano cose un po’ diverse. Andando in pista, anche due volte a settimana, su strada lavoravo in modo diverso. Dovevo adattare il lavoro della strada a quello della pista. Adesso che la mia priorità è la strada ho molto più spazio per poter fare magari dei veri blocchi di lavoro in determinati periodi, o semplicemente fare più distanze, più lavori specifici.

E senti la differenza?

Ad inizio anno un po’ ho faticato. Ho avuto anche un problema alla schiena al primo ritiro e questo ha rallentato un po’ la mia preparazione. Poi però sono riuscita ad essere abbastanza costante, specie dall’italiano in poi. Sicuramente ho finito meglio di come ho iniziato, quindi spero che questo mi porti alla prossima stagione in condizioni migliori.

E infatti stavamo per dire che forse il vero cambiamento di questa rivoluzione lo noterai il prossimo anno. Dopo un vero riposo e una lunga stagione su strada con tante gare a tappe…

Esattamente. E poi non è da sottovalutare anche il fatto che il mio preparatore, essendo nuovo, aveva necessità di conoscermi prima di farmi fare determinati carichi. Un esempio semplice: con due allenamenti in pista già partivo con due allenamenti in meno su strada. Per una pistard come me aver fatto tante gare a tappe si è fatto sentire sicuramente, ma mi ha anche aiutato tanto. E infatti anche per questo sono contenta per l’off-season, ma ammetto anche che non vedo l’ora di iniziare la prossima stagione per mettermi alla prova.

Sei passata da una squadra olandese… a una squadra olandese. Che differenze ci sono? Parliamo anche di differenze concrete, come la casa, la sede del team…

Abbiamo la possibilità di vivere tutto l’anno in Olanda: ogni ragazza ha un appartamento a Sittard, vicino alla sede della squadra. Però io non vivo lì perché sono contenta di stare in Italia, anche per il clima. Ci resto fissa solo nel periodo delle classiche: è molto comodo e mi evita di fare avanti e indietro. Per il resto cosa dire: mi sono trovata molto bene anche in Liv, avevo un bellissimo rapporto con loro ed è stato anche difficile venire via. Mi sentivo a casa. Ma il progetto della DSM mi piaceva, volevo provare questa avventura. La DSM, essendo una squadra sia maschile che femminile, addirittura anche con il devo team, è molto più grande. Anche solo l’organizzazione dello staff è diversa. Prima c’era un rapporto po’ più familiare, di qua c’è più un sistema. Questa è la differenza più grande, poi in realtà il gruppo lo fanno gli atleti.

Barbieri in crescita: il doppio ruolo e un sogno estivo su Parigi

13.04.2024
5 min
Salva

Al primo anno con la maglia del Team DSM Firmenich, Rachele Barbieri ha aiutato la compagna Georgi Pfeiffer a conquistare il secondo posto nella Roubaix vinta da Kopecky (le due sono insieme in apertura). Lo scorso anno, con la LIV Racing Techfind aveva propiziato il secondo posto di Katia Ragusa. Che la corsa del pavé le porti bene o sia lei che porta bene alle compagne, la singolare statistica l’ha messa di buon umore. La campagna del Nord si è chiusa, il prossimo passaggio sarà la Vuelta, ma per ora l’orizzonte è un breve passaggio a casa dopo tre settimane in Olanda.

Rachele parla veloce, come quando ha tante cose da dire. L’adattamento nella nuova squadra procede spedito e anche se finora è mancata la vittoria, i segni che qualcosa di buono potrebbe presto accadere non mancano. Per questo il clima appare disteso. Le ragazze vanno forte: il lavoro sta dando i suoi frutti.

L’inserimento di Barbieri nella DSM Firmenich procede bene: ora il programma prevede la Vuelta
L’inserimento di Barbieri nella DSM Firmenich procede bene: ora il programma prevede la Vuelta
Alla Roubaix per qualche passaggio non sei sembrata una velocista, piuttosto un diavolo…

Sono stata molto contenta che fosse nel mio programma da inizio stagione. E’ la mia gara preferita, ma non era scontato che mi inserissero al primo anno nella squadra nuova. Ero già contenta per questo, poi avvicinandoci al grande giorno ho iniziato a sentirne l’importanza. Abbiamo avuto le disposizioni, ognuno aveva un ruolo ben definito. Correvamo per Georgi Pfeiffer e, se fosse stata bene, anche Franziska Koch avrebbe avuto le sue possibilità. Siamo partite con l’idea di lavorare al massimo per loro e anche se non siamo riusciti ancora a raggiungere la vittoria, abbiamo sempre dimostrato che lavoriamo bene.

Nessun condizionamento legato ai risultati?

Zero. Almeno dal mio punto di vista come atleta, correre in questa squadra è una grande soddisfazione. Tutte le ragazze mettono il loro 110 per cento nel loro lavoro, che sia all’inizio che nessuno le vede neanche, che sia appunto alla fine per finalizzare. Il giorno della Roubaix siamo stato un po’ sfortunate con Charlotte Kool, perché è caduta subito e ha dovuto cambiare anche una ruota a causa di un problema. Per cui siamo entrate nel primo settore di pavé che lei era già indietro e non è mai riuscita a tornare davanti. Da quel momento mi è stato dato il compito di portare Pfeiffer davanti su tutti i settori di pavé e di tenerla davanti il più a lungo possibile. Ci siamo sempre trovate al momento giusto nel punto giusto. Ognuna si fida dell’altra, quindi mi viene abbastanza semplice anche muovermi.

Fino a quando è durata la sensazione di forza?

Fino al momento in cui ha attaccato la Kopecky. Io ero alla sua ruota, ma la Pfeiffer mi ha passata. Ho provato a stare lì, ma ho visto che non sarei riuscita, quindi mi sono fatta sfilare e sono rimasta in un gruppettino subito dietro. Non eravamo tanto lontane, ma ovviamente ho smesso di collaborare. Il tentativo di tornare dentro c’è sempre stato e alla fine siamo entrate nel velodromo con tre minuti.

Nella sua seconda Roubaix, Barbieri ha lavorato per Georgi Pfeiffer, arrivata poi alterzo posto
Nella sua seconda Roubaix, Barbieri ha lavorato per Georgi Pfeiffer, arrivata poi alterzo posto
Che effetto fa?

E’ sempre bello, anche ritrovarsi a fare la volata è una cosa particolare. All’inizio non volevo neppure farla, dato che non c’era nulla in palio. Ma quando ho visto che nessuna mollava, allora mi sono fatta prendere dall’adrenalina e l’ho vinta. Si fa per dire, non sai mai chi si sia impegnata davvero. Diciamo che sono passata per prima, il resto rimane nel dubbio. In più, quando siamo entrate in pista, avevo quasi capito che avesse vinto la nostra compagna, invece…

Invece?

Invece poco dopo dal maxi schermo ho capito che era toccato a Kopecky e che Georgi era arrivata terza. Quando ci siamo fermate dopo la volata, l’ho incontrata che piangeva ed era contentissima. Non è una vittoria, ma per lei essere riuscita a battere in volata la Vos in quel velodromo è stato speciale. Peccato abbia trovato davanti la campionessa del mondo ed Elisa Balsamo. Davvero un bel mix di emozioni.

L’anno scorso un secondo posto, quest’anno il terzo…

Manca il primo, dite? Non posso paragonarla allo scorso anno. Anche quella è stata una bellissima gara, però sono stata sfortunata. Ho forato nel Carrefour de l’Arbre, quindi in quel momento ho perso ogni possibilità. Però era venuto un bel risultato perché Katia Ragusa era davanti e sapevamo che c’erano tante possibilità che la fuga arrivasse. Sappiamo bene com’è andata a finire, penso che per Katia sia stata una bella soddisfazione, anche se un po’ inattesa. Sicuramente, come pure quest’anno, eravamo partite per vincere, ma sapevamo di non essere le più forti. Quest’anno avevamo più consapevolezza, in qualche modo sapevamo che Pfeiffer poteva giocarsela e così è stato.

Ai primi di marzo, Barbieri terza alla Drentse Acht van Westerveld, dietro Van Rooijen e Consonni
Ai primi di marzo, Barbieri terza alla Drentse Acht van Westerveld, dietro Van Rooijen e Consonni
Cosa prevede adesso il tuo programma?

Farò la Vuelta e per questo siamo rimaste una settimana in più per allenarci, fare qualche prova di cronosquadre, ma adesso torno a casa. Dopo la Roubaix ho fatto qualche giorno tranquilla, ho recuperato un po’ e adesso finalizzerò un po’ tutto per arrivare alla Vuelta con la migliore condizione possibile. Niente Giro invece, facendo la Vuelta non se ne è parlato.

Cosa rimane del sogno di fare le Olimpiadi su strada?

Ho parlato con il cittì Sangalli a inizio stagione, non recentemente. Onestamente sono molto contenta di quello che sto facendo, perché sta uscendo un lato di me che non si conosceva. Cioè non solo la velocista che pensa a finalizzare, ma anche quello dell’atleta che sa sacrificarsi per la squadra e le compagne. Sto dimostrando che sono in grado di fare coprire i ruoli. Se sono leader, posso fare la volata e qualche bel piazzamento è arrivato. Altrimenti posso mettermi al servizio di un’altra. Ho sempre detto e continuo a pensare che all’Olimpiade corrono in quattro e due sono decise, cioè Longo Borghini ed Elisa Balsamo. Io continuo a crederci e proverò a dimostrare che voglio quel posto. Sono certa che andrà chi più l’avrà meritato, come pure che di qui ad agosto possono cambiare ancora molte cose. Per questo tengo i piedi per terra.