«Con la squadra – ha detto Remco Evenepoel – abbiamo un piano. E come è successo quest’anno, non lo abbiamo mai cambiato. Ho solo 22 anni e molte stagioni davanti a me. La Vuelta è stato un grande passo verso il mio grande sogno di vincere il Tour. Ma potrebbe volerci molto tempo per realizzarlo».
Il Tour nel 2024
Il campione del mondo ha scelto le Maldive e poi Dubai per la luna di miele con sua moglie Oumi, ma anche se assente, la sua presenza è palpabile. Le voci sull’interessamento della Ineos Grenadiers infatti non accennano a sopirsi, mentre la tentazione di vederlo al Tour contro Pogacar spinge a superare ogni cautela. E qui però Patrick Lefevere non si fa problemi nel prendere posizione.
«Se tocca a me decidere – ha detto a Het Nieuwsblad – Evenepoel non gareggerà al Tour prima del 2024».
Gilbert si ritira, Evenepoel arriva. A Binche il cambio della guardiaA Binche anche i ringraziamenti di Remco ai compagni, qui con KeisseGilbert si ritira, Evenepoel arriva. A Binche il cambio della guardiaA Binche anche i ringraziamenti di Remco ai compagni, qui con Keisse
Cinque anni blindati
Poi però il team manager della Quick Step-Alpha Vinyl è intervenuto anche nella disputa sul contratto del giovane belga che fa gola a tutti. E risponde per le rime alla Ineos.
«Ho un buon rapporto – dice Lefevere – e un contratto a lungo termine con Remco. Quindi non sono troppo preoccupato per i tentativi di Ineos Grenadiers di liberarlo da noi. Usano una tattica facile. Si avvicinano, chiedono quanto prenda e offrono il triplo. Se prende due, gliene offrono sei. Ma non è così che funziona. E’ normale che ci provino, perché sono anni che cercano Remco. Sono arrivati tardi quando era junior e sono in ritardo anche adesso. Alcuni corridori sono andati in quella squadra e non hanno portato ciò che ci si aspettava, quindi stanno cercando di salvare la loro casa».
Lefevere ha risposto una volta di più sui temi del Tour e dell’offerta IneosLefevere ha risposto una volta di più sui temi del Tour e dell’offerta Ineos
Lo stile del ragioniere
Lefevere sa bene che certi richiami sono spesso irresistibili, ma appare anche abbastanza sicuro di avere il coltello dalla parte del manico.
«A febbraio del 2021 – dice – Evenepoel ha firmato un contratto fino al 2026. La gente a volte pensa che io sia stupido, ma quando firmo un contratto quinquennale, mi assicuro che ogni scenario sia incluso. C’è tutto, il mio compito è solo pagare quello che devo. Non sono come alcuni miei colleghi, che prima fanno firmare i corridori e poi cercano soldi con le sponsorizzazioni. Io sono un ragioniere: prima cerco sponsor e poi ingaggio corridori. Se fossi nel calcio, adesso sarei ricco. Prima ho avuto Pozzato e Cancellara, poi Mas, Alaphilippe e Cavagna. Con quel sistema di cartellini e contratti, avrei potuto venderli tutti e farci una fortuna».
Gambe più scolpite e qualche chilo in meno: il nuovo Remco Evenepoel è maturatoGambe più scolpite e qualche chilo in meno: il nuovo Remco Evenepoel è maturato
Gli obiettivi 2023
E se sul fronte del contratto la situazione non appare problematica, sul fronte degli obiettivi lo stesso Evenepooel a volte sembra strizzare l’occhio alla Grande Boucle.
«So che dopo il mio successo in Spagna – ha detto lunedì in una videoconferenza – ci sono stati molti commenti da parte di persone che vogliono vedermi molto presto al Tour de France. Ma al riguardo, rimango molto calmo. Dobbiamo andare avanti passo dopo passo. Vedremo i percorsi e in particolare le altimetrie e i chilometri contro il tempo. Quando avremo questi dati, potremo decidere quale gara fare. Non prima».
Groenewegen vince la tappa, ma tutti parlano della crono di domani. Evenepoel può prendere la maglia a Pogacar? Secondo Ganna è dura. E anche secondo Velo
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La stagione agonistica è ai titoli di coda, le gare che mancano da qui alla pausa invernale si contano sulle dita d’una mano. E’ quindi il momento, seppur cautamente, di guardare agli impegni futuri e a quel che succederà. Il tema dei giovani con la valigia in mano è caldo, è proprio questo il periodo dell’anno dove si viene a scoprire chi e perché cambierà Paese. Uno dei ragazzi che andrà oltre confine, almeno a correre, è Federico Savino: neo promesso sposo della Soudal-QuickStep Devo Team (in apertura al Giro della Lunigiana, foto Scanferla). Parlando con il suo procuratore Massimiliano Mori sono emersi dei dettagli interessanti, così ci è sembrato giusto approfondire il tutto anche con lui.
L’incontro tra Savino ed il suo procuratore Mori è avvenuto solamente ad agostoL’incontro tra Savino ed il suo procuratore Mori è avvenuto solamente ad agosto
Che stagione è stata?
Innanzitutto l’ho affrontata con la giusta mentalità, ovvero quella di voler far bene e divertirmi, senza l’assillo di dover trovare squadra. Ho corso con la mente libera tutta la prima metà dell’anno e buona parte della seconda, facevo il mio per andare alle corse e fare bene. Proprio per questo modo di fare sono arrivato nella parte finale di stagione con le squadre italiane abbastanza piene. Di conseguenza è emersa la necessità di trovare un procuratore.
Come mai le squadre erano già piene?
Non è che fossero piene nel senso di non avere spazio. Dovete sapere che in Italia abbiamo un regolamento che non permette alle squadre under 23 o continental di prendere più di 3 corridori che hanno realizzato più di 35 punti. Io, purtroppo o per fortuna, ne ho fatti più di 35 e quindi mi sono trovato a non poter andare nelle squadre che avevo in mente.
Quest’anno Savino ha gareggiato con la maglia della nazionale alla Corsa della Pace vincendo anche una tappaHa corso anche i mondiali di Wollongong, un’altra esperienza utile per la sua crescitaSavino ha gareggiato con la maglia della nazionale alla Corsa della Pace vincendo anche una tappaHa corso anche i mondiali di Wollongong, un’altra esperienza utile per la sua crescita
Una regola un po’ strana questa dei 35 punti…
Non saprei, le squadre, in virtù di questa regola, scelgono quelli che secondo loro sono i tre migliori che possono prendere. In più possono accaparrarsi qualche straniero, per loro questa regola dei 35 punti non vale. Mi sono trovato a piedi, in realtà se avessi voluto una squadra l’avrei anche trovata, ma in cuor mio avevo un po’ di ambizione e mi sono trovato bloccato.
Da qui la necessità del procuratore?
Ho cercato la figura del procuratore quando ho capito che il mio futuro, ciclistico, non sarebbe stato in Italia. Il procuratore, Massimiliano Mori, l’ho trovato ad agosto. Lui mi aveva già contattato prima, ma io avevo la scuola da finire e poi ci sono state un po’ di complicazioni che hanno fatto slittare il tutto fino ad agosto.
Che tipo di attività ti aspetti di fare?
Mi aspetto di crescere, un conto è correre solo in Italia con gente che conosci, un conto è andare all’estero dove le cose sono completamente diverse. Sono pronto a farlo e mettermi in gioco.
Tu hai fatto anche pista quest’anno, continuerai?
Fare attività su pista non è il mio obiettivo principale, mi trovo bene a correre su strada e penso che sia il mio habitat naturale. E’ anche una questione di passione, sono 12 anni che corro su strada, mentre la pista ho iniziato a farla solamente da quest’anno.
Per il giovane pisano non è facile coordinare tutti gli impegni e probabilmente abbandonerà l’attività su pistaPer il giovane pisano non è facile coordinare tutti gli impegni e probabilmente abbandonerà l’attività su pista
Come è entrata nel tuo mondo?
Ho fatto un test a Montichiari, sono stato selezionato per formare la squadra. Sono andato un po’ di volte ad allenarmi ed ho partecipato all’europeo su pista, è stata un’esperienza davvero unica che rifarei volentieri.
La pista può insegnare molto, sei sicuro di volerla accantonare?
Sicuramente potrebbe insegnarmi ancora tanto, ma la pista toglie tempo all’attività su strada, sia in ore di allenamento che psicologicamente. Io abito a Pisa e per andare al velodromo di Montichiari, l’unico al chiuso vicino a casa mia, ci metto 6 ore di macchina tra andata e ritorno. Se avessi una pista vicina non avrei abbandonato questa disciplina così a “cuor leggero”. Paradossalmente – dice ridendo Savino, anche se la cosa è preoccupante non tanto per lui ma per le condizioni del ciclismo italiano – ci metto meno ad andare e tornare in giornata dal Belgio piuttosto che andare a Montichiari.
Anche per questo non ti trasferirai definitivamente?
Ho parlato anche con i diesse della Quick Step, andrò su in Belgio per dei brevi periodi, soprattutto in prossimità delle corse. Trasferirsi da solo non è semplice, farlo gradualmente è la cosa più giusta da fare, ed anche loro sono d’accordo con questa scelta. Anche perché per il momento ho ancora la scuola da finire, ci sarà tempo per fare tutto.
Tra la fine del Gran Piemonte e la partenza del Giro di Lombardia ci sono 42 ore precise. La gara piemontese si è conclusa alle 16:10 di giovedì e la “Corsa delle foglie morte” scatta questa mattina alle 10:10. Un lasso di tempo che i corridori hanno gestito tra routine e quel po’ di tensione per l’ultima classica monumento dell’anno. Andrea Bagioli è uno degli atleti che prende parte ad entrambe le prove.
Il corridore della Quick Step-Alpha Vinyl l’altro ieri ha concluso in ottava posizione e oggi potrebbe essere ancora tra i protagonisti. L’operazione recupero era scattata appena tagliata la linea di arrivo a Beinasco. Le prime sorsate di bevande ad hoc e poi via sul sul bus per il trasferimento che avrebbe portato lui e i suoi compagni al Lombardia.
Appena finito il Gran Piemonte la Quick Step è partita per il Lombardia. I ragazzi di Bramati avevano fatto il sopralluogo già il martedìAppena finito il Gran Piemonte la Quick Step è partita per il Lombardia. I ragazzi di Bramati avevano fatto il sopralluogo già il martedì
Andrea, il Gran Piemonte era finito da poco e già eravate in “modalità” Lombardia?
Dopo il Gran Piemonte ci siamo trasferiti verso Bergamo, dove avevamo l’hotel del Lombardia. Sono state due ore di viaggio. Siamo arrivati verso le 19:30 e poco dopo abbiamo cenato. E sì, eravamo già con la testa al Lombardia tanto che sul bus Bramati ci ha parlato dei punti critici, discutevamo del percorso.
Obiettivo recupero dunque: quanto è stato dispendioso il Gran Piemonte?
Ho bruciato 3.600 calorie e fatto 210 watt medi (Bagioli pesa 62 chili, ndr) in 4 ore e 20′ di gara. Al termine della corsa ho preso subito uno shake di proteine e un po’ di riso. Ma poco davvero perché volevo arrivare con un po’ di fame a cena.
La sera del Gran Piemonte cosa hai mangiato a cena?
Pasta e carne rossa, visto che il giorno dopo non avevo molto da fare, giusto una sgambata. Era una giornata di recupero.
Nella mattina di ieri tra sveglia e cibo come ti sei regolato?
Sveglia libera e molto comoda, perché siamo usciti alle 11. Ho iniziato il carico di carboidrati in vista del Lombardia. E per questo ho mangiato del porridge, del pane, un pezzo di crostata, un’omelette e un avocado per introdurre qualche grasso. Da bere, come mia abitudine un paio di bicchieri d’acqua al risveglio, e un caffè.
Lo scorso anno al Lombardia Andrea fu 70°, aveva lavorato per i compagniLo scorso anno al Lombardia Bagioli fu 70°, aveva lavorato per i compagni
E poi sei uscito… Cosa hai fatto in bici?
Io che avevo corso il giorno prima ho fatto davvero un giretto facile, facile… Un’oretta o poco più, giusto per rientrare per l’ora di pranzo. Non è mancata la pausa caffè al bar. Chi non aveva corso ha fatto qualcosina in più, piccoli lavori di attivazione.
Quando un pro’ fa una sgambata simile, come va, tutto di 39?
No, 53… cioè 54 ormai: 54×23-21 a 90-95 rpm.
Quindi ecco il pranzo…
A pranzo ho mangiato della pasta, del pesce bianco leggero non del salmone o simili. Questo per variare un po’ la parte proteica e perché a cena avrei ripreso della carne bianca. Verdure poche, perché prima delle corse non sono indicatissime. E le ho prese più “colorate”, tipo barbabietole, carote… che hanno qualche fibra in meno.
Bagioli preferisce verdure colorate prima degli appuntamenti importantiBagioli preferisce verdure colorate prima degli appuntamenti importanti
Come hai passato il pomeriggio?
Relax. Una mezz’oretta di sonno dopo pranzo. In attesa del massaggio, mi sono distratto con un film, un po’ di musica. Sono stato al telefono con la mia ragazza. E prima di cena ho fatto un po’ di stretching.
Niente merenda?
Una banana. In alternativa in queste situazioni prendo una galletta di riso e del latte vegetale con un po’ di muesli.
A cena?
Ho preso una porzione di pasta. Come dicevo, non è mancata una fetta di carne bianca e, sempre pensando ai carboidrati, una fetta di crostata.
Niente proteine aggiuntive prima di andare a dormire?
Io non le prendo, ma c’è chi si fa uno shake o mangia uno yogurt prima di andare a letto, cosa che avviene attorno alle 22:30.
Tante volte il momento più duro tra una gara e l’altra è far passare il tempo nell’ennesimo hotel (foto Wout Beel)Tante volte il momento più duro tra una gara e l’altra è far passare il tempo nell’ennesimo hotel (foto Wout Beel)
Quindi eccoci al mattino che precede il via. Cosa mangi a colazione e a che ora suona la sveglia?
Sveglia alle 6:50, colazione alle 7. Ho proseguito con il carico di carboidrati, ma al posto della pasta preferisco il riso prima della corsa perché è un po’ più leggero. Poi uova, pane e qualche zucchero semplice tipo miele o marmellata da mettere sul pane. Da bere come sempre acqua e caffè. E il solito avocado per i grassi.
E si va alla partenza! In queste fasi, in queste 42 ore nello specifico, cosa ti piace di più e cosa di meno?
Di meno, il far passare il tempo nel pomeriggio che precede la corsa, quando sei in stanza. Invece mi piace l’atmosfera prima della gara sul bus. I momenti in cui si arriva al via, ci si cambia, c’è silenzio, vedi i tifosi che cominciano ad arrivare… si avverte la tensione. Mi piace!
Come si integra quando si fanno i rulli? Francesca Selva risponde. Le energie non devono mai mancare, in particolar modo quando ci si allena tutti i giorni
Gli occhi buoni che al momento del bisogno diventano cattivi, Davide Ballerini ha colto qualche giorno fa, alla Coppa Bernocchi, il suo successo stagionale più importante. Il “Ballero” è stato autore di una volata di potenza. Una delle sue, capace di regolare gruppi ristretti, che poi tanto ristretto non era, e di tirare fuori tutto quello che aveva dentro.
Domani il corridore della Quick Step-Alpha Vinyl sarà al via del Gran Piemonte e poi se ne andrà nell’altro lembo del Nord Italia per il mondiale gravel. Ha chiesto lui di farlo. Davide è un amante dell’offroad e visto che si trattava dell’ultima gara di stagione perché non provare?
Davide Ballerini (classe 1994) vince la Coppa Bernocchi 2022Davide Ballerini (classe 1994) vince la Coppa Bernocchi 2022
Davide, partiamo dalla Bernocchi: cosa ci dici?
Dico che ci voleva. Tanto più che non me l’aspettavo per niente.
Quando hai capito che potevi vincere?
Dopo il traguardo! Per tutta la corsa non mi sono sentito molto bene. Mi sono sbloccato davvero solo negli ultimi 15 chilometri.
Eri tu il capitano?
Un po’ tutti potevamo giocarci le nostre carte, ma quando Julian (Alaphilippe, ndr) era andato via con quel gruppetto ho pensato che quell’azione andasse all’arrivo. Poi qualche squadra si è messa a tirare. Se fossimo arrivati allo sprint la volata l’avrei fatta io. Quindi tutto ha girato nel verso giusto per quel che mi riguarda.
Che stagione è stata, Davide?
Una stagione del cavolo! Ho iniziato con buone premesse, ma subito dopo il Saudi Tour ho preso il Covid. Sono andato alla Tirreno e mi sono ammalato e di fatto è stato un decadere continuo fino a fine classiche. Mi sono ripreso un po’ al Giro, ma è stato sempre un rincorrere la condizione. Così dopo l’italiano mi sono fermato, sono andato in altura e sono ripartito da zero. Ho ripreso anche bene. Ho vinto al Wallonie. Ma di nuovo a Burgos altro problema. Sono caduto. Ho preso tante botte e ripartire non è stato facile. Lì ho perso una settimana cruciale per la preparazione per il mondiale. A Wollongong ci sono arrivato in condizione, ma non come volevo io. Però alla fine i sacrifici vengono sempre ripagati.
Ballerini e l’abbraccio con Alaphilippe dopo il successo. Davide è un uomo squadraBallerini e l’abbraccio con Alaphilippe dopo il successo. Davide è un uomo squadra
Ecco partiamo da questa frase. Cos’è per te il ciclismo?
Alla base di sicuro ci sono i sacrifici. E sono più fuori dalla bici che in sella. In bici più o meno tutti facciamo le stesse cose. Non dico che non hai una vita sociale, ma non puoi uscire tutte le sere, fare tardi. Se il giorno dopo devi fare 4-5 ore poi lo senti. E le cose vanno fatte bene, anche perché gli anni passano velocemente e non hai poi tutto questo tempo a disposizione. E poi dico anche che il ciclismo è crederci sempre. Guardate giusto alla Bernocchi. Non avevo buone sensazioni. Se nei primi chilometri di gara mi aveste chiesto che possibilità avrei avuto di arrivare a fare volata, avrei risposto il 2%. Ma poi più andavamo avanti e più sentivo che la gamba arrivava.
Come te lo spieghi?
Non è facile da spiegare. Immagino che un po’ c’entrasse anche il lungo viaggio dall’Australia, il jet-lag… tutto un insieme di fattori. Non credo si trattasse di una questione di preparazione, perché specie in questo punto della stagione gli allenamenti sono quelli che sono. Un po’ è anche una caratteristica mia quella di essere ingolfato nei primi chilometri. E va bene così. Pensate se fosse stato il contrario, che andavo a calare nel finale!
Cosa ti piace di questo ciclismo?
Rispetto a qualche anno fa è qualcosa di più particolare, di più alto livello. Alla Bernocchi abbiamo fatto gli ultimi quattro giri veramente forte eppure siamo arrivati in 60 in volata. Il bello è che migliorano i materiali, i caschi, il vestiario e si va sempre più forte. Si va più forte e fare la differenza è più difficile e per questo dico che la differenza la fai a casa: recupero, alimentazione…
Dopo essere passato dal Canturino, Davide ha fatto il 2° anno juniores nell’US Biassono. Eccolo al Mendrisiotto 2012. Era già forte con la pioggiaDopo essere passato dal Canturino, Davide ha fatto il 2° anno juniores nell’US Biassono. Eccolo al Mendrisiotto 2012. Era già forte con la pioggia
Ti aspettavi qualcosa di diverso quando hai deciso di fare il ciclista?
Non pensavo fosse così difficile quando ero nelle categorie giovanili. Quando sei uno juniores o un under 23 non riesci a goderti appieno quel momento, quel mondo. Oggi poi ancora di più. La categoria under 23 sta quasi scomparendo. Vedete che vanno a cercare gli juniores? C’è ancora più pressione. Ti diverti meno e ti accorgi solo più tardi che forse in quegli anni potevi lasciare qualcosa di più al caso. Quando passi invece non puoi sgarrare di mezza virgola.
Domanda classica: che ricordi della tua prima bici da corsa?
Prima di iniziare a correre, da allievo di secondo anno, feci una prova con la Capiaghese. Mi diedero una bici, una Kuota, credo andai a provarla intorno al lago (Ballerini è comasco, ndr).
Quando hai capito che il ciclismo era il tuo sport?
In realtà non l’ho mai capito. Non c’è stato un momento. Avevo il sogno di diventare pro’ e cercavo di fare le cose bene per andare avanti. Vedere che avevo delle potenzialità mi ha dato una spinta ulteriore. Ma non è stato facile. L’altro giorno per esempio in conferenza stampa ho ringraziato Gianni Savio.
Vista la sua passione per la mtb e la predisposizione per le gare del Nord, Ballerini sarà uno degli azzurri di Pontoni per il mondiale gravelVista la sua passione per la mtb e la predisposizione per le gare del Nord, Ballerini sarà uno degli azzurri di Pontoni per il mondiale gravel
Perché?
Perché io sono passato da quarto anno under 23. Savio è stata forse l’unica persona che ha creduto in me, che ha visto che valevo qualcosa. Mi ha fatto passare, mi ha fatto crescere, mi ha fatto vincere. Se non ci fosse stato lui molto probabilmente non sarei stato lì in quel momento. E in Italia, senza squadre, questa situazione si verifica più spesso ed è più difficile, tanto più per i ragazzi che come me non vincono dieci corse l’anno.
Chi ti sta intorno, pro’, biker e amici, ci dice che Davide Ballerini è un buono: è così? Ed è un pregio o un difetto?
Non credo sia un difetto, potrebbe essere un pregio. Io cerco di essere sempre disponibile con tutti. Mi piace stare in compagnia, fare gruppo. Cerco sempre dei compagni di allenamento, da solo non è facile.
C’è una caratteristica che ti piacerebbe avere?
Andare forte in salita! Quando vedo la strada che sale faccio fatica. Però il mio fisico è questo. Una volta mi piacerebbe stare davanti con gli scalatori, quelli forti per davvero, per vedere cosa si prova. Ma immagino facciano fatica anche loro. E magari anche a loro se chiedi cosa vorrebbero avere ti risponderebbero di essere forti in volata. Non si può avere tutto. Bisogna sfruttare ciò che si ha e ciò che si è.
Quando ha deciso che anche Lutsenko era di troppo mancavano 25,7 chilometri al traguardo. Quello che aveva fatto sino a quel punto aveva già dello straordinario e in qualche modo aveva messo in pratica quanto annunciato dai belgi alla vigilia. Remco Evenepoel da lontano, Wout Van Aert nel finale. Forse, volendo leggere fra le pieghe della corsa, Remco si è mosso un po’ prima di quanto si aspettasse il compagno di nazionale. Perché mano a mano che la testa della corsa si fosse avvicinata al traguardo, le azioni del gigante di Herentals sarebbero aumentate di valore.
Remco non si è neppure voltato, si è limitato ad alzarsi sui pedali e dare due colpi più energici degli altri. E per il kazako si sono spenti luce e sogni.
Il resto è stata la cavalcata eccezionale che tutti hanno visto. Con la stessa sicurezza che alla Vuelta gli ha permesso di divorare la crono di Alicante, lunga curiosamente quanto la sua fuga di oggi.
Remco Evenepoel arriva davanti ai giornalisti dopo aver abbracciato e ricevuto abbracci. Bello quello con Van Aert dopo l’arrivo e bello anche quello con Alaphilippe, suo fratello maggiore alla Quick Step-Alpha Vinyl. La gente ai piedi del palco lo ha osannato, perché quel suo vincere sfrontato ha conquistato la gente accalcata nel parco in riva al mare.
«Penso che sia ancora incredibile – dice – questa stagione non ha niente di normale. E’ iniziata a febbraio con la Valenciana e alle mie spalle non c’erano grandi vittorie. Sono venute la prima Monumento, un grande Giro e il mondiale. Come faccio a crederci?».
L’alleanza belga ha funzionato alla grande: Van Aert ed Evenepoel, una festa per dueDopo l’arrivo abbraccio anche da Julian Alaphilippe, che gli ha passato idealmente la sua maglia iridataL’alleanza belga ha funzionato alla grande: Van Aert ed Evenepoel, una festa per dueDopo l’arrivo abbraccio anche da Julian Alaphilippe, che gli ha passato idealmente la sua maglia iridata
Vittoria di squadra
Ha corso e vinto con la sfacciataggine di quando da junior conquistò allo stesso modo il mondiale di Innsbruck, ma rispetto a quel Remco, quello di oggi è più saggio e attento. Non celebra se stesso e la sua impresa solitaria, ma la inquadra al centro di una scena più ampia.
«Oggi il team è stato fortissimo – dice il neoiridato – sempre in testa e mai a inseguire. Si è creato davvero il perfetto scenario. E quando i francesi hanno aperto la corsa, ci siamo ritrovati in quattro davanti e quattro dietro. Non potevamo aspettarci niente di meglio. Quello che abbiamo fatto era nei piani. Avere due leader è stata la migliore decisione, ma è chiaro che queste scelte dipendono dal percorso. Fosse stato più veloce, nessun dubbio a puntare tutto su Van Aert, ma così era bene essere di più».
«Ho capito di aver vinto solo alla fine. Quando ero con Lutsenko pensavo di avere buone possibilità. Quando l’ho staccato, ho pensato di aver rischiato. L’ultimo giro da solo poteva essere un rischio, ma quando sono arrivato in cima all’ultima salita, ho iniziato a vedere l’arrivo.
«In discesa sono stato super veloce. E finalmente ai 3 chilometri dall’arrivo, ho capito che presto sarei stato il nuovo campione del mondo».
Evenepoel rompe gli indugi: lo segue solo LutsenkoEvenepoel rompe gli indugi: lo segue solo Lutsenko
Svolta alla Tirreno
La svolta nella sua stagione e di riflesso nella sua carriera pare ci sia stata a marzo in Italia, dopo l’aspra lezione alla Tirreno-Adriatico. Tornò a casa con la coda fra le gambe, avendo capito che prepararsi per una corsa a tappe e seguire la giusta dieta non sono cose solo per gli altri.
«Perciò dopo aver vinto la Liegi – racconta – ho cominciato a preparare la Vuelta e a fare le cose nel modo giusto. Ho imparato a conoscere il mio corpo, a gestire l’allenamento e il recupero. La conoscenza e la pazienza, che portano i grandi risultati. E oggi è venuta la vittoria più bella di tutte. Ogni corridore inizia con dei sogni. I miei erano la Liegi, un grande Giro e il mondiale (alza lo sguardo e sorride, ndr), ma non avevo mai sognato di vincerli nello stesso anno. Però non parliamo delle mie vittorie solitarie, perché anche se sul traguardo ci sono io, dietro c’è un team di uomini e donne che mi aiutano e lavorano con me».
Van Aert all’attacco, nonostante Evenepoel al comando. Per poco ai belgi non riusciva il doppio podioVan Aert all’attacco, nonostante Evenepoel al comando. Per poco ai belgi non riusciva il doppio podio
Evenepoel e la pressione
I giorni di Wollongong hanno avuto voci e colori diversi. Il jet-lag non gli ha fatto sconti e così nel giorno della crono, dove pure ha preso il terzo posto, ammette di non aver avuto la capacità di soffrire, semplicemente perché era ancora stanco.
«Ma la settimana in più di recupero e allenamenti con la squadra – annuisce Remco – hanno riportato nel mio corpo la freschezza giusta. Stamattina mi sentivo nuovamente fresco e con la testa libera. So che adesso qualcuno mi chiederà di vincere il Tour, ma finalmente posso dire che il problema della pressione è qualcosa che non mi disturba più.
«Ho un gruppo di lavoro e una famiglia che mi circondano e mi rendono forte. Non vinci mai da solo e non sei solo neppure quando perdi. Sono tutti concetti che ho imparato mentre mi rialzavo dall’incidente del Lombardia. La rieducazione mi ha reso quello che sono ora».
Selfie sul podio per Laporte ed Evenepopel con il padrone di casa MatthewsUltima foto prima di andare via: la medaglia e la maglia, Evenepoel è ancora increduloSelfie sul podio per Laporte ed Evenepopel con il padrone di casa MatthewsUltima foto prima di andare via: la medaglia e la maglia, Evenepoel è ancora incredulo
Tempo per la festa
Lo vedi che smania per andare. Dice che non ha ancora acceso il telefono perché non c’è un wifi e il roaming gli costerebbe troppo. Dice che Alaphilippe gli ha fatto i complimenti e lo ha salutato, sapendo che il mondiale sarà la sua ultima corsa di stagione. Dice di voler festeggiare finalmente la Vuelta e ora questo “cadeaux” aggiuntivo.
Poi sta un attimo zitto al pensiero delle vacanze e aggiunge che magari la prima uscita ufficiale con la maglia iridata potrebbe anche farla. Ma la lascia cadere nel vuoto. Lo stesso che resta nell’immensa sala stampa, quando se ne va. Wollongong 2022 finisce qui, le nostre storie andranno avanti ancora per un po’…
Dopo la caduta di ieri in allenamento si pensava che Federica Venturelli non avrebbe corso la crono. Invece l'azzurra stringe i denti e si butta. Sentiamola
Per rientrare prima dal Canada, Andrea Bagioli ha preso un volo diretto su Malpensa ed è atterrato lunedì. Quando è arrivato ha scoperto di essere stato convocato da Bennati per i mondiali di Wollongong e ha benedetto la scelta di rientrare alla svelta. Venerdì salirà infatti sul volo per l’Australia e questa settimana avrebbe rischiato di trascorrere più ore in volo che a casa.
Anche se il primo Tour non è andato come Bagioli si aspettava, ora la condizione è in forte crescitaAnche se il primo Tour non è andato come Bagioli si aspettava, ora la condizione è in forte crescita
I più forti del mondo
Ventitré anni compiuti a marzo, talento limpidissimo, il terzo posto di Montreal alle spalle di Pogacar e Van Aert è un risultato per nulla banale. Che per giunta è stato il segnale atteso dal tecnico azzurro e ha confermato al valtellinese di essere sulla buona strada.
«Sembra che le cose inizino a girare – dice – dopo che il Tour non è andato come speravo e dopo che a Plouay mi è mancata la gamba quando si è trattato di spingere forte. Poi sono stato a casa a fare un bel blocco di lavoro e sono volato in Canada. Venerdì a Quebec mi è mancato qualcosa quando è partito Laporte, invece essere riuscito a seguire quei quattro a Montreal è stato tanta roba».
I quattro sono i primi due, appunto, più Gaudu e Adam Yates, che nel finale hanno fatto il diavolo a quattro, costringendo l’azzurro agli straordinari per chiudere sui loro attacchi.
A Montreal, la UAE Emirates ha lavorato sodo: il team degli Emirati vuole la classifica UCI a squadreA Montreal, la UAE Emirates ha lavorato sodo: il team degli Emirati vuole la classifica UCI a squadre
Difficile arrivare a quello sprint?
Mi sono presentato in fondo con ancora un po’ di gamba. Ho fatto un grandissimo fuori giri sulla salita dura, quando è partito Yates. Poi stessa cosa sull’ultimo strappo. E alla fine mi sono ritrovato in volata con i migliori al mondo e per me significa tanto. Pogacar ha battuto Van Aert, sta andando fortissimo. La strada un po’ tirava e ha fatto 300 metri di volata senza che, partendo da dietro, siamo riusciti a prendergli neppure mezza bicicletta. Non avrà vinto il Tour, ma di sicuro punta sul mondiale…
Sei professionista da tre anni e questa sarà la tua terza sfida iridata…
Mi piace l’azzurro, voglio esserci sempre, agli europei e soprattutto ai mondiali ci tenevo. E poi ho visto il percorso, c’è quello strappo di un chilometro da fare 12 volte, molto adatto alle mie caratteristiche. Forse meno duro di Montreal, però mi piace.
Bagioli ha debuttato in azzurro a Imola 2020 al primo anno da pro’E’ poi stato azzurro anche lo scorso anno a LeuvenBagioli ha debuttato in azzurro a Imola 2020 al primo anno da pro’E’ poi stato azzurro anche lo scorso anno a Leuven
Bennati si aspettava un segnale, questo significa aver avuto pressione in Canada?
Non tanto, direi per niente. Ho dato il massimo e quando stai bene, le cose vengono da sole.
La squadra ha fatto storie per concederti alla nazionale, come ad esempio è successo a Ulissi?
Con me direttamente no. Certo mi hanno detto di vedere come stessi, perché non avrebbe avuto senso fare tutto quel viaggio senza una buona condizione. E sarei stato io il primo a farmi indietro.
Come vanno le cose con Bennati?
Mi piace come lavora, lo sento spesso. Mi ha detto di fare il mio meglio e poi si sarebbe visto. Lo senti che parla da corridore. Se sei stato un professionista, è una cosa che non perdi mai ed è un valore aggiunto.
A capo chino dopo la riga, ma Pogacar ha fatto davvero uno sprint imperialeA capo chino dopo la riga, ma Pogacar ha fatto davvero uno sprint imperiale
Hai corso in Canada con 6 ore di fuso orario in meno, ora volerai in Australia con 8 ore in più. Come si fa a non diventare matti?
Con la nazionale abbiamo un protocollo che prevede la modifica dell’orario dei pasti e dell’andare a letto a quattro giorni dalla partenza e per i quattro giorni successivi all’arrivo. Vediamo come andrà a finire.
Quale sarà il tuo programma da qui alla partenza di venerdì?
Lunedì giorno di viaggio, quindi riposo. Ieri un’ora e mezza. Oggi 3 ore. Domani 3 ore con qualche lavoro, ma non troppo spinto. Con tanti viaggi è bene non esagerare. E poi in Australia ci alleneremo tutti insieme.
Martin Svrcek ha centrato il primo podio tra gli U23 ma si è rotto la clavicola. Un mese di stop poi andrà alla QuickStep. Il punto del suo diesse Milesi
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Non si era mai visto un Remco così emozionato. L’ultima volta che in una conferenza stampa Evenepoel aveva raccontato una grande vittoria era stato nel giorno della Liegi, ma era parso rilassato e con la voglia di parlare. Con il trofeo della Doyenne davanti al volto, il piccolo belga che nel frattempo è diventato un gigante, aveva toccato con mano la realizzazione di un sogno. Questa volta è diverso. Ieri sull’Alto de Navacerrada, il belga avuta la conferma di aver vinto la Vuelta. Così prima è crollato in un bellissimo pianto liberatorio, poi ha riguardato la Vuelta alle sue spalle. Quella che segue è una raccolta delle sue frasi, come spicchi del giorno più bello.
Verso Navacerada, Evenepoel nella morsa di Mas e ArensmanVerso Navacerada, Evenepoel nella morsa di Mas e Arensman
Cosa ti è passato per la testa quando hai tagliato il traguardo?
Non so cosa mi stesse passando per la mente. Dopo tutti gli sforzi e anche dopo tutti i commenti negativi sulla mia persona dell’anno scorso, mi prendo questa rivincita. Ho risposto con i pedali. Questo è stato il primo grande Giro che ho iniziato completamente sano. Sono arrivato nelle migliori condizioni possibili. Sono molto contento di questa vittoria, la prima per il Wolfpack e la prima dopo tanto tempo per il Belgio. Questo è il giorno più bello della mia vita.
E’ stato duro arrivarci?
Ho pensato a tutti i sacrifici degli anni passati. Non è stato facile. Quella caduta al Lombardia di due anni fa, il ritorno a un buon livello. Ho ricevuto anche molte critiche. Io e la mia famiglia abbiamo avuto molti momenti difficili. Anche le ultime tre settimane non sono state facili. Dovevo stare in guardia ogni giorno. La pressione sulle mie spalle è enorme. Volevo salire sul podio e vincere una tappa. Ho vinto la classifica generale e due tappe. Non poteva andarmi meglio.
Eri nervoso stamattina?
Molto. Dall’esterno posso sembrare rilassato, ma non ho dormito molto. Sapevo che sarebbe stata una tappa dura, ma sono sopravvissuto. Ero già emozionato quando mi sono alzato. Perché sapevo di essere vicino al grande obiettivo.
Infine sul traguardo, il crollo emotivo di Evenepoel: la Vuelta è vintaInfine sul traguardo, il crollo emotivo: la Vuelta è vinta
E’ stata tanto dura?
A parte l’arrivo a Sierra de la Pandera, questa è stata la tappa più difficile. Per il cuore, per il corpo, per la testa… Perché sei così vicino, ma devi continuare a lottare. A tre chilometri dal traguardo mi hanno detto che avrei vinto la Vuelta. Ho sentito i brividi su tutto il corpo e nelle gambe. Non mi importava più di sprintare per il secondo posto. Ho voluto solo godermi quegli ultimi 500 metri. Avevo ancora le gambe, ma non più la testa per uno sprint.
Hai avuto momenti difficili?
Solo la caduta. Due giorni dopo non ero ancora al mio livello. Senza quel problema, avrei concesso meno tempo a Mas sabato scorso.
Il ritiro di Roglic ti ha reso la vita meno dura?
Non si può dire. Le cadute fanno parte del ciclismo. Posso parlarne a ragion veduta, basti pensare al Giro di Lombardia 2020. Certo è un peccato per la Vuelta che Primoz sia scomparso dalla gara. Ma non è vero che sia stato più facile senza di lui. Mas è anche uno dei migliori scalatori del mondo. E’ già arrivato quinto al Tour e per tre volte è arrivato secondo alla Vuelta. Se non fossi caduto, non avrei avuto nemmeno una brutta giornata in questa Vuelta.
L’abbraccio con Ayuso durante l’incontro con la stampa: fra i due 3 anni di differenzaL’abbraccio con Ayuso durante l’incontro con la stampa: fra i due 3 anni di differenza
E’ davvero il giorno più importante della tua carriera?
E’ stato un grande anno, con la Liegi-Bastogne-Liegi San Sebastian e ora due tappe e la classifica finale alla Vuelta. E questo inverno mi sposo. E’ l’anno migliore che potessi immaginare. Ho solo 22 anni ed è solo il mio quinto anno in bici.
Ci sarebbe ancora il mondiale…
Scusatemi con il tecnico della nazionale Vanthourenhout, ma al momento non mi interessa. Però posso promettergli che sarò pronto. Non ho pensato al mondiale per tre settimane e non lo farò stasera, né domani (oggi, ndr). Ma da lunedì mi concentrerò al 100 per cento sulla cronometro. Poi cercherò di recuperare per la corsa su strada. Non so cosa ci sarà nelle gambe per allora. E se sarà necessario aiuterò Van Aert.
Koen Pelgrim è il preparatore di Remco Evenepoel e in questi giorni deve essersi sentito tirare spesso per la manica. Fra le salite e la crono, in cui il suo giovane pupillo ha sbalordito il pubblico e annichilito i tifosi. In qualche occasione è stato Remco per primo a tirarlo in ballo, dicendo di aver odiato gli allenamenti che era costretto a fare per migliorare ad esempio in salita. E così, per cercare di capire meglio il momento del leader della Vuelta, abbiamo approfittato della disponibilità del tecnico belga.
Pelgrim è uno degli allenatori della Quick Step-Alpha Vinyl, si è laureato a Leuven (foto Sporza)Pelgrim è uno degli allenatori della Quick Step-Alpha Vinyl, si è laureato a Leuven (foto Sporza)
Ha detto di aver odiato te e i lavori che gli imponevi…
Spero abbia detto di aver odiato solo i lavori e non me (sorride, ndr), comunque è certo che abbia lavorato duramente. Abbiamo affrontato in modo distinto le salite pedalabili e quelle più ripide. Cambia tutto. I rapporti che spingi e anche la posizione sulla bici. Se la salita è ripida come abbiamo visto a Les Praeres, si va molto più duri e ci si sposta in avanti. La pedalata va curata nella fase di trazione e di spinta. Tenere a bada tutti questi dettagli può essere estenuante, ma è necessario per dire di essere davvero pronti.
Si è parlato delle difficoltà dell’arrivo in quota di domani a Sierra Nevada…
A luglio, Remco è stato per tre settimane a Livigno ed è salito spesso sullo Stelvio, che è 200 metri più alto di Sierra Nevada. Abbiamo visto che le prestazioni un po’ ne risentono, ma è così per tutti. Non credo che quella di domani sarà una sfida che non possa sostenere.
Evenepoel si è trovato a suo agio sulle salite pedalabili e anche quelle più ripideEvenepoel si è trovato a suo agio sulle salite pedalabili e anche quelle più ripide
Quindi è un fatto di adattamento?
E’ molto importante che un corridore si abitui alla mancanza di ossigeno. Anche i colombiani che avevamo in squadra non potevano pedalare alla stessa potenza in quota o al livello del mare. L’unica soluzione per limitare i danni è allenarsi spesso in alta quota per acclimatare il proprio corpo.
Anche per questo avete dormito al Sycnrosphera nelle stamze ipobariche?
E’ stato qualche settimana fa, non possiamo dire in che misura questo potrà influenzare le sue prestazioni. Possiamo solo sperare che funzioni.
Avete provato lo Stelvio dietro moto o comunque a ritmo gara?
Ritmo gara sì, dietro moto no. Quelli sono esercizi che fa soprattutto a casa, quando si allena assieme a suo padre nelle Ardenne.
Remco ha raccontato di aver lavorato sodo per andare forte sulle pendenze più ripideRemco ha raccontato di aver lavorato sodo per andare forte sulle pendenze più ripide
Cosa sai delle tappe in arrivo?
Oggi arrivo alla Sierra de la Pandera (8,6 chilometri al 7,6 per cento). E’ una salita ripida e irregolare, ma non molto lunga, quindi mi sembra che non si possano fare proprio grandi differenze. Diverso, appunto, l’arrivo di domenica in Sierra Nevada (19,4 chilometri all’8 per cento). La salita è molto ripida all’inizio e questo è difficile, soprattutto in combinazione con il fatto che devi ancora salire per così tanto tempo. Se la prendono subito forte, si possono fare grandi differenze.
E’ magro per la salita, ma nella crono ha spinto fortissimo…
In inverno abbiamo fatto tanto lavoro in palestra per le masse muscolari, in bici per l’aerodinamica. Aveva già una buona posizione, ma ogni anno si migliora un po’ (in apertura, nel quartier generale Specialized in California, foto Quick Step-Alpha-Vinyl, ndr). In palestra ha guadagnato massa e insieme è maturato fisicamente. Il dimagrimento non è frutto solo dell’alimentazione, ma anche dei chilometri. Il rapporto watt/chili è migliorato e adesso Remco è al top anche nella crono, molto meglio di quanto fosse in Algarve. Anche perché vincere una crono piatta come quella di Alicante dopo aver lavorato tanto per la salita non era semplice. Come non è semplice trovare equilibrio fra crono e salita.
Diciamo che è giusto per la Vuelta, mentre potrebbe soffrire nella crono dei mondiali?
Per un Giro, il bilancio deve essere perfetto. Chiaro che in una crono secca, puoi sbilanciarti con un certo tipo di lavori. Remco contro un Ganna al top avrà il limite della potenza se il percorso è piatto. Se invece è vallonato, è fra i migliori al mondo. Non posso dire il più forte, perché lo storico parla a favore degli altri.
Remco Evenepoel ha dominato la crono di Alicante, corsa all’indomani del riposoRemco Evenepoel ha dominato la crono di Alicante, corsa all’indomani del riposo
Come avete gestito la crono di Alicante?
Abbiamo fatto una stima dopo aver ispezionato il percorso. Visto che nel finale c’erano delle difficoltà, abbiamo deciso di partire leggermente più piano per fare la terza parte davvero forte. Chiaramente sono tattiche che puoi fare tenendo conto anche della lunghezza della crono. Se fosse stata più corta, si sarebbe trattato di andare sempre a tutta. Al mondiale si faranno ragionamenti ancora diversi, perché sarà una crono lunga, ma senza doversi preoccupare della tappa del giorno dopo. Io però non ci sarò, quattro settimane di Vuelta mi sono bastate. Passerò i dati di cui ha bisogno al tecnico della nazionale.
Che cosa vuole sapere Remco durante la crono?
Soprattutto informazioni sul percorso. Si fa prima la recon, si individuano le curve e raccogliamo le sue idee su come affrontarle. Poi servono i riferimenti di tempo, in base a come vanno le cose. Sono utili, ma bisogna saperli dare.
Dove si allena Remco?
Per la crono ha le sue zone in Belgio, nella zona di La Gleize nelle Ardenne. In Spagna invece lavoriamo a Calpe. Servono tratti di strada da 20 minuti in cui non avere incroci e traffico. Per le montagne invece la gran parte dei lavori si fa in montagna, a Livigno o dove si decide di andare.
Ai mondiali di Wollongong, Remco si troverà nuovamente davanti Filippo Ganna. Invece Van Aert non farà la cronoAi mondiali di Wollongong, Remco si troverà nuovamente davanti Filippo Ganna. Invece Van Aert non farà la crono
Sarà difficile correre in Australia una settimana dopo la Vuelta, avendo tre giorni di viaggio senza bici?
Sarà più o meno come lo scorso anno per andare a Tokyo. Nella settimana dopo la Vuelta non serve fare ore, ma recuperare freschezza. Per cui volerà, arriverà laggiù e magari andrà subito a provare il percorso. Sarà svantaggiato rispetto a quelli che partiranno prima, ma avrà una condizione probabilmente migliore. Anche in questo caso, si tratta di equilibri da raggiungere.
Abbiamo ripercorso con Adriano Malori la crono di Ganna. «Le sue traiettorie come quelle di Nibali in discesa». Sorpresa Remco. Capitani troppo distratti
Qualche corridore più esperto direbbe che se uno cade così spesso non si può parlare di sfortuna. E in effetti a guardare il singolare bilancio di Julian Alaphilippe, la sensazione che qualcosa non vada ti assale. La Vuelta lo avrebbe dovuto rimettere definitivamente in sesto dopo il precedente, invece il francese ha lasciato la corsa in barella e con una smorfia, per il colpo alla spalla destra dopo una caduta piuttosto innocua, a 65 chilometri al traguardo di Cabo de Gata. Vengono in mente le parole di Ballan di qualche tempo fa sul suo muoversi continuamente sulla bici, anche se era francamente difficile prevedere che nell’attraversamento del villaggio di Carboneras la sua ruota anteriore scivolasse all’uscita di una curva mentre era tra i primi del gruppo lanciato. Seppure altri corridori abbiano raccontato che in quel punto la strada fosse viscida e con ghiaia.
La Vuelta era per Alaphilippe era la corsa del rilancio sulla via dei mondialiLa Vuelta era per Alaphilippe era la corsa del rilancio sulla via dei mondiali
Fratture escluse
Dopo essere rimasto seduto a lungo sull’asfalto e temendo di avere una clavicola rotta, il campione del mondo è stato trasportato all’ospedale di Almeria per sottoporsi alle radiografie. In serata, il team Quick Step-Alpha Vinyl ha diffuso un comunicato stampa piuttosto rassicurante sul suo stato di salute del francese.
«Gli esami hanno rivelato che Julian Alaphilippe ha riportato la lussazione della spalla destra, mentre le radiografie hanno escluso fratture».
Il campione del mondo è volato ieri in Belgio, per essere sottoposto a ulteriori esami all’ospedale Herentals che ben conosce, in cui gli avevano sistemato la frattura del braccio dopo la caduta al Fiandre di due anni fa. Non è stato fissato alcun termine per la sua guarigione.
Lefevere e Alaphilippe: un ottimo rapporto, ma non mancano le punzecchiatureLefevere e Alaphilippe: un ottimo rapporto, ma non mancano le punzecchiature
Il richiamo di Patrick
La squadra aveva già stigmatizzato la presenza del francese alla Vuelta tramite le parole di Patrick Lefevere. Il team manager aveva detto, scherzando ma forse no, di augurarsi che il campione del mondo fosse andato in Spagna non tanto per preparare il mondiale quanto per aiutare la squadra.
«Nel migliore dei casi – ha detto ieri – tornerà in sella tra quindici giorni. Tempi troppo stretti per i mondiali, ma potrebbe essere pronto per il Giro di Lombardia e le gare italiane. Quest’anno Julian ha visto più ospedali che corse. L’impatto su Remco sarà enorme. Julian è stato il suo uomo provvidenziale, quello che gli aveva permesso finora di stare al sicuro».
Chiaramente i francesi sperano di vederlo in bici prima, appunto per i mondiali di Wollongong che si correranno il 25 settembre. Ma di certo il conto dei suoi incidenti qualche interrogativo lo fa sorgere e richiama se non altro la maledizione della maglia iridata, tenuta discretamente a bada nel primo anno.
Questa la caduta della Liegi: Alaphilippe è nel fossato, Bardet scende per aiutarloStrade Bianche, quinto settore: una folata di vento e Julian vola viaQuesta la caduta della Liegi: Alaphilippe è nel fossato, Bardet scende per aiutarloStrade Bianche, quinto settore: una folata di vento e Julian vola via
Una serie proprio nera
La serie nera è cominciata alla Strade Bianche con la spettacolare caduta provocata dal vento. Pochi giorni dopo, a causa di una bronchite, Alaphilippe ha dovuto rinunciare alla Milano-Sanremo. Poi è venuta la terribile caduta durante la Liegi-Bastogne-Liegi, quando il francese lanciato in una discesa velocissima, è caduto in un fosso riportando la frattura della scapola, di alcune costole e un emopneumotorace.
E’ rimasto fuori fino ai campionati francesi di Cholet a giugno, quando la Quick Step-Alpha Vinyl ha preferito non selezionarlo per il Tour de France. Il colpo è stato duro, ma le sue condizioni di forma, già parse opache alla Vuelta, non erano all’altezza di una sfida così dura.
Alaphilippe ha così deciso di puntare sulla Vuelta per arrivare bene ai mondiali e poi chiudere al Lombardia, ma ha dovuto ritirarsi dal Tour de Wallonie di fine luglio per positività al Covid.
Nei primi dieci giorni di corsa, Alaphilippe è stato l’angelo custode di EvenepoelNei primi dieci giorni di corsa, Alaphilippe è stato l’angelo custode di Evenepoel
La rincorsa ai mondiali
Approdato alla Vuelta quasi per miracolo, Alaphilippe aveva pensato di aver superato i suoi guai, invece qualcosa è andato nuovamente storto.
«Perdere Julian è una grande perdita – ha detto Evenepoel a caldo – era in ottima forma e stava facendo per me un lavoro eccezionale. Sono sicuro che gli altri miei compagni di squadra saranno in grado di fare bene il loro lavoro aiutandomi in questa sfida».
A questo punto la scommessa per il campione del mondo si lega ai mondiali. Riuscirà a rimettersi per tempo e a trovare un adeguato livello di condizione? La sensazione stavolta è che la ciambella potrebbe davvero riuscire senza il buco.
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