Trasferta alla Philippe Gilbert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Florio Santin, Ivan Ravaioli, foto di gruppo

Quattro del Caneva alla Philippe Gilbert: Ravaioli racconta

12.10.2025
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Quattro ragazzi dal Friuli con il loro direttore sportivo si sono cimentati la scorsa settimana con la Philippe Gilbert Juniors. Due giorni di gara sulle strade della Liegi, volute dal campione belga che di recente è entrato con mani e piedi nell’organizzazione. E’ la storia della Gottardo Giochi-Caneva, che con il direttore sportivo Ivan Ravaioli è andata a toccare con mano le strade su cui il ciclismo scrive ogni anno pagine indimenticabili e ne è tornata con gli occhi che brillavano.

Niente di facile, ma una grande avventura. Soltanto due di loro l’hanno conclusa, gli altri hanno capito che su quelle cotés e con quel tempo da lupi, il ciclismo è un affare serio. A volerli al Nord è stato Florio Santin, italo-belga originario del Friuli, che fino a un paio di giorni prima della corsa era in giro per l’Italia con sua moglie e ha chiuso la vacanza bevendo spritz nella piazza di Sacile. Quello che anni fa fondò il club di Bettini, che poi fu ereditato da Visconti e ora da Busatto. Grazie a lui nel 2025 la VF Group Bardiani ha corso la Fleche Ardennaise U23. Il Team Tiepolo la Aubel-Thimister-Stavelot Juniors. La Gottardo Caneva è stata alla Philippe Gilbert Juniors. E per contro la VC Ardennes è venuta in Italia per la Quattro Giorni di Fiumane, in Friuli.

Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Florio Santin, Philippe Gilbert, Ivan Ravaioli
Philippe Gilbert è parte attiva nell’organizzazione della corsa per juniores che porta il suo nome. Qui con Santin e Ravaioli
Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Florio Santin, Philippe Gilbert, Ivan Ravaioli
Philippe Gilbert è parte attiva nell’organizzazione della corsa per juniores che porta il suo nome. Qui con Santin e Ravaioli

In cerca di squadra

Ravaioli racconta e le parole si sposano con quanto spiegato a inizio stagione. Ha appena recuperato l’ammiraglia e ha già la testa alla prossima corsa e alla squadra del 2026. Dei suoi corridori di quest’anno soltanto Cobalchini ha trovato un posto per il 2026, passando professionista alla MBH Bank-Ballan. Si sta lavorando per dare una chance a Portello, che ha vinto il Trofeo Sportivi di San Martino. Mentre Da Rios tornerà a fare cross sperando di farsi notare. E’ già difficile trovare una squadra negli juniores, quasi impossibile fra gli U23, perché ne sono rimaste poche e sono tutte a pieno organico. Andare all’estero significa alzare il valore dei propri atleti, ma le certezze sono davvero poche.

«Non vedevo l’ora di portare su i ragazzi – racconta Ravaioli – avremmo voluto farlo anche l’anno scorso. E’ chiaro che il Belgio è il Belgio. Però penso che correre in qualsiasi altro Paese, che sia la Francia, l’Olanda o la Repubblica Ceca, sia utilissimo. Vorremmo fare una trasferta del genere ogni anno, per misurarci con corridori stranieri e su percorsi di un certo tipo. Sapevo che le tappe gli sarebbero piaciute e il campo dei partenti era notevole. C’era anche il campione del mondo, che non ha vinto e ha dovuto accontentarsi del quarto posto nella seconda tappa. Per come ha vinto il mondiale, vuol dire che il livello alla Philippe Gilbert proprio scarso non era…».

Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Nicola Padovan indossa la maglia dei giovani dopo il 6° posto nella prima tappa
Prima tappa a La Gleize, Padovan centra il sesto posto. Per lui la maglia bianca dei giovani
Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Nicola Padovan indossa la maglia dei giovani dopo il 6° posto nella prima tappa
Prima tappa a La Gleize, Padovan centra il sesto posto. Per lui la maglia bianca dei giovani
Perché hai detto che i percorsi gli sono piaciuti?

Li ho visti contenti. Scendevano dalla bici e le prime parole che gli venivano fuori dalla bocca erano: «Che figata di percorsi! Che bello correre così, non mollano mai». Anche se avevano preso acqua, pioggia e freddo per 110 chilometri. Sicuramente sono stati contenti, sicuramente hanno imparato, sicuramente sono cresciuti, quindi l’esperienza è stata super positiva.

Che percorsi avete trovato?

Il primo giorno, da Aywaylle a La Gleize, c’era un percorso misto perché lassù, come sapete bene, di pianura vera e propria ce n’è poca. Gli anni scorsi era sempre finita con la volata di 40-50 corridori, anche se gli ultimi 8-9 chilometri, che si facevano tre volte, tiravano tutti in su. Era una salita da oltre 30 all’ora e sono arrivati effettivamente 50 corridori in volata. Nicola Padovan ha corso bene, ha tenuto duro perché quelle sono le sue corse. Ha fatto la volata e ha trovato il sesto posto che gli è valso la maglia dei giorvani del primo giorno.

La seconda tappa?

Ancora da Aywaylle (dove ha sede il fan club di Gilbert e dove è cresciuto, ndr) e fino a Remouchamps. Giù fino a Bastogne, poi giro di boa e sette cotés in fila. Nel finale si faceva una volta la Redoute, in cima si svoltava a destra nella discesa e poi si ripeteva, con l’arrivo a metà salita, dove c’è la lapide che la celebra. Sono arrivati uno per angolo, perché la Redoute dopo 120 chilometri e 1.300 metri di dislivello ha fatto il disastro. E ugualmente, dopo l’arrivo hanno detto: «Oh, non siamo andati bene, ma è stata una figata». La Redoute l’avevano vista solo in televisione ed era la prima volta che andavano in Belgio.

La Redoute è sempre stata la salita di casa di Gilbert, che qui la prova nel 2022 alla sua ultima Liegi
La Redoute è sempre stata la salita di casa di Gilbert, che qui la prova nel 2022 alla sua ultima Liegi
Gilbert si è fatto vedere?

E’ stato sempre presente. Si dà un gran daffare a livello organizzativo, cosa che fino a che correva (Gilbert si è ritirato nel 2022, ndr) non poteva e si occupavano di tutto i suoi due fratelli e i suoi genitori. Invece adesso la mattina era alle riunioni tecniche a prendere i numeri delle ammiraglie da consegnare ai direttori sportivi. Caricava i rifornimenti per gli addetti agli incroci. Ha seguito tutte le tappe facendo 7-8 tagli per vedere i ragazzi in più punti. Non è mancato a una premiazione. Diciamo che ha tempo e vuole essere presente per far crescere ancora di più la gara.

Tu da direttore sportivo che idea ti sei fatto?

Ho visto quello che sapevo già, nel senso che bisogna lavorare sull’adattarsi a qualsiasi tipo di condizione. Una situazione di gara, il meteo, gli imprevisti che succedono in corsa. Gli stranieri, da questo lato, sono un po’ più pronti dei nostri ragazzi.

Che cosa manca ai nostri?

Il corridore italiano ormai è molto schematico e ripetitivo nella sua routine. Ha i suoi allenamenti, il suo giretto del sabato o comunque del giorno prima della gara, il suo mangiare. Invece all’estero devi saperti anche adattare. Non è detto che trovi il ristorante italiano, anche se noi l’abbiamo trovato. Non è detto però che ti faccia la pasta De Cecco, con l’olio d’oliva e il grana. Devi mangiare quello che c’è e a volte fanno fatica. Ormai sin da esordienti hanno i loro rituali e quando arrivano negli juniores sono un po’ robotizzati. Quindi il fatto di farli vivere per qualche giorno anche fuori dal giardino di casa, pur senza fargli mancare niente, serve perché aprano gli occhi.

Senza fargli mancare niente?

Il sabato sono arrivato a cena mezz’ora dopo, perché ero in giro in un paesino a cercare una lavasciuga a monete per lavargli la roba. Io ho trovato la lavatrice il primo anno da professionista, ma nei quattro anni da under 23 mi lavavo tutto nel lavandino e poi stendevo fuori dalla finestra oppure arrotolavo nell’asciugamano, perché si asciugasse prima. Sono storie di 30 anni fa, se posso fargli risparmiare il tempo del bucato dopo una tappa sotto la pioggia, lo faccio volentieri. Però non siamo a casa e la routine viene un po’ a mancare. E per me non è una pecca, non è un danno, è una crescita per questi ragazzi che hanno 17-18 anni.

Eravate gli unici italiani?

Eravamo l’unica squadra italiana e in una mista con fra Team Cannibal e Bahrain, c’era Pietro Solavaggione del Team Giorgi.

C’era pubblico?

Pochissimo il sabato, poco la domenica durante la tappa. Invece c’era tanta gente sulla Redoute. Ero in ammiraglia con Florio e a un certo punto ha detto: «Cavoli, sembra di essere quasi alla Liegi, perché c’è davvero tantissima gente». E’ chiaro che vedendoli più volte ed essendoci l’arrivo, il richiamo è stato irresistibile.

Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Philippe Gilbert firma la maglia della Gottardo Giochi-Caneva
Non si poteva ripartire da Belgio senza l’autografo di Gilbert sulla maglia della squadra
Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Philippe Gilbert firma la maglia della Gottardo Giochi-Caneva
Non si poteva ripartire da Belgio senza l’autografo di Gilbert sulla maglia della squadra
Bilancio finale?

Torneremo, se lassù o altrove non lo so. Chi smetterà, perché sicuramente non tutti potranno continuare, avrà fatto un’esperienza che secondo me si ricorderà anche da grande. Chi proseguirà avrà arricchito il suo bagaglio.

Il grosso scoglio per certe trasferte sono i costi: siete stati ospitati oppure avete dovuto pagare tutto?

Tutto a costo del Caneva, chiaramente appoggiato dagli sponsor. Uno di loro ha contribuito maggiormente per questa trasferta, perché ha capito che era una cosa giusta da fare e che dava valore all’intera società. Ha pagato tutto il Caneva con gli amici sponsor al fianco.

Gilbert: «Remco? Scelta giusta, ma dovrà guadagnarsi tutto»

13.08.2025
6 min
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Patrick Lefevere, televisioni, giornali, colleghi e persino Romero Lukaku sono intervenuti sul trasferimento di Remco Evenepoel dalla Soudal-Quick Step alla Red Bull-Bora-Hansgrohe. Ma soprattutto ne ha parlato Philippe Gilbert: il grande ex belga a Le Soir si è espresso con grande chiarezza.

Qualche giorno fa abbiamo fatto anche noi un quadro di cosa troverà e di cosa si sarebbe potuto attendere dalla nuova squadra Remco. Senza dubbio il salto è grande. Il campione olimpico si gioca tanto, se non tutto, della sua carriera. E’ chiamato a vincere il Tour de France, cosa affatto scontata, si ritroverà con altri compagni, alcuni dei quali molto agguerriti e sponsor giganteschi che già impongono pressioni.

Romelu Lukaku è uno dei tanti vip belgi ad essersi espressi sul passaggio di Remco alla Red Bull (foto @EPA)
Romelu Lukaku è uno dei tanti vip belgi ad essersi espressi sul passaggio di Remco alla Red Bull (foto @EPA)

Da Lukaku a Lefevere

Per dire che eco abbia avuto questo trasferimento, prima di sentire Gilbert ecco alcune dichiarazioni interessanti.
Il calciatore Romelu Lukaku ha sentito sui social Remco chiedendogli: «Tu sei contento?». Remco ha risposto: «Sì, era il momento per qualcosa di nuovo». E ancora Lukaku: «Red Bull è davvero una top-squadra… Hai fatto il passo giusto al momento giusto».

Dalla famiglia, il padre, Patrick Evenepoel: «E’ chiaro per tutti che è stato chiuso in buon accordo. Sono sollevato per il ritrovato l’equilibrio di Remco». La madre Agna Van Eeckhout ha commentato con la classe di chi comprende le sfide: «Hai sempre obiettivi nella tua testa. Spero che tu possa realizzarli: a volte bisogna agire», aggiungendo che hanno molto da ringraziare Patrick Lefevere, il manager storico di Soudal-Quick Step.


E a proposito di Lefevere, l’ex manager della Soudal all’inizio è rimasto in silenzio poi ha parlato con la sua proverbiale schiettezza. «Nessun rancore – ha detto Lefevere a Rtbf – la vita è questa. Il ragazzo ha 25 anni e se può guadagnare qualche milione in più altrove… ci va. La notizia non mi ha sorpreso. Questa trattativa era già in corso quando ero ancora al comando. Remco ha poi ripetuto più volte che non ci avrebbe mai lasciato. La gente lo ricorda, ma io lo perdono, perché è il genere di cose che si dicono in un momento di emozione».

E coinvolgendo la gente, cioè i tifosi, in tanti gli hanno messo di fronte il tema del Wolfpack, tanto caro alla Soudal.

Remco a Peyragudes, da lì sono iniziati i suoi guai al Tour di quest’anno
Remco a Peyragudes, da lì sono iniziati i suoi guai al Tour di quest’anno

Parla Gilbert

Ma passiamo al nocciolo della questione e a quanto detto da Philippe Gilbert, il quale ha toccato anche spunti più tecnici.

«Remco – ha detto Gilbert sulle pagine di Le Soir – ha fatto bene a uscire dalla sua zona di comfort. I mezzi finanziari non sono l’unica cosa: parlo delle possibilità di ricerca, di sviluppo, dell’allenamento e dell’inquadramento in generale che può dargli un top team (per corse a tappe, ndr). Dovrà dunque rimettersi in gioco. Ho l’impressione che negli ultimi mesi alla Soudal-Quick Step si fosse isolato in una bolla dove gli si diceva sempre di sì, indipendentemente dalle circostanze».

Il tema dell’ambiente troppo accomodante per un atleta con tali ambizioni non è nuovo e in un certo senso fu Giuseppe Martinelli a dirlo prima di tutti. Il diesse bresciano ne parlò immediatamente durante l’altalenante Vuelta del 2023, quando Remco si arrese alla prima difficoltà… pur non stando male.

Per Gilbert il fatto di uscire dalla comfort zone e di passare in un team con maggior concorrenza sarà un bene per Evenepoel
Per Gilbert il fatto di uscire dalla comfort zone e di passare in un team con maggior concorrenza sarà un bene per Evenepoel

Leader sì, ma…

Ovvio che uno come Evenepoel è un capitano. E’ un corridore fortissimo: numeri e palmares parlano per lui. Ma è anche leader? E soprattutto lo sarà in un team in cui la competizione interna è ben più elevata? Senza stilare l’intera lista diciamo solo due nomi: Primoz Roglic e Florian Lipowitz.

«Come all’inizio della sua carriera – va avanti Gilbert – quando arrivò alla Quick-Step nel 2019, Remco dovrà guadagnarsi il suo spazio in un collettivo più forte. Si ritroverà in un ambiente agonisticamente più ampio che lo costringerà a competere ogni giorno».

Per Gilbert questa competizione è un vantaggio, ma tra leader e capitano c’è differenza. Un esempio? Anche Ayuso è fortissimo, ma non è un leader in seno alla UAE Emirates, dove la concorrenza certo non manca. Cosa diversa quando scende in campo Pogacar. Tutti allineati. Anche se Tadej non dovesse essere al top tutti gli sarebbero vicini.

Secondo Gilbert finché Vingegaard e Pogacar saranno a questo livello sarà pressoché impossibile per lui vincere il Tour
Secondo Gilbert finché Vingegaard e Pogacar saranno a questo livello sarà pressoché impossibile per lui vincere il Tour

L’erede di Pogacar?

Gilbert entra poi in aspetti più tecnici e parla del supporto che uomini come Hindley, Vlasov e ma anche gli stessi Roglic e Lipowitz potrebbero dargli. Dal punto di vista tecnico senza dubbio, in ottica Grandi Giri lo step è importante.

«La Red Bull-Bora tatticamente è molto forte – dice Gilbert – Lo abbiamo visto recentemente al Giro con la vittoria di Jai Hindley (a dire il vero, grande merito va a Enrico Gasparotto in ammiraglia, che però ora non c’è più, ndr) e all’ultimo Tour, con manovre perfettamente orchestrate. Questa dimensione tattica mancava fino ad ora a Remco. Troverà direttori capaci di imporgli scelte. Ed è esattamente quel che gli serve per crescere».

«Anch’io, dopo sei anni alla FDJ mi sentivo bene, in una bolla di fiducia, con compagni solidi. Eppure scelsi di andare alla Lotto, dovetti ricostruirmi altrove, in un ambiente più competitivo. E abbiamo visto che effetto ha avuto…». Questo è vero. Gilbert esplose del tutto ma i due corridori hanno lo stesso carattere? In tal senso su Evenepoel qualche enigma, concedetecelo, c’è.

Il vallone ha espresso pareri positivi anche sulla continuità tecnica, vale a dire con Specialized. Lavorare con gli stessi materiali, gli stessi tecnici è un bel vantaggio, specie oggi in cui l’aerodinamica è importantissima. «Significa non ripartire da zero, ma continuare un processo di sviluppo».

Sin qui Evenepoel ha disputato 6 Grandi Giri collezionando una vittoria (la Vuelta in foto), un podio, un 12° posto e tre ritiri
Sin qui Evenepoel ha disputato 6 Grandi Giri collezionando una vittoria (la Vuelta in foto), un podio, un 12° posto e tre ritiri

La sfida del Tour

L’articolo di Le Soir si conclude con la questione immancabile del Tour de France: lo potrà vincere davvero Evenepoel?

«Per Remco – dice Gilbert – una rottura volontaria può rilanciare la carriera e aprire un nuovo ciclo. Come detto prima, si mette in difficoltà e va bene così! Nei Grandi Giri vincono i più forti e oggi i migliori sono Pogacar e Vingegaard. Batterli nell’arco delle tre settimane è durissimo. Anche con mosse tattiche azzeccate, fare meglio del terzo posto sarà arduo per lui finché i due colossi sono così in forma. Ma se uno o entrambi caleranno, Remco sarà il primo a poter raccogliere l’eredità. I suoi compagni erano troppo deboli per difendere una maglia gialla per tre settimane. Alla Red Bull, se dovesse prendere la maglia, ci sarebbero ragazzi in grado di scortarlo fino a Parigi».

Si vedrà, la nuova Red Bull è in costruzione. Vedremo come organizzeranno i gruppi di lavoro e come divideranno gli obiettivi. Ma prima di tutto sarà interessante capire come reagirà davvero Remco… per la prima volta fuori dal guscio.

Il Belgio a Pauwels, Gilbert mastica amaro

14.11.2024
4 min
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«Speravo di diventare allenatore della nazionale di ciclismo su strada – scrive Gilbert – per poter condividere la mia esperienza e la mia passione con la generazione attuale. Tuttavia, il posto non è mai stato pubblicizzato e gli accordi interni al ciclismo belga mi hanno impedito di candidarmi. Vorrei ringraziare i tanti corridori che hanno dimostrato il loro entusiasmo e le innumerevoli persone che mi hanno sostenuto».

Con queste poche righe su Instagram, Philippe Gilbert ha annunciato non senza amarezza che il suo progetto non è andato in porto. La sua candidatura a diventare tecnico della nazionale belga dei professionisti era emersa subito dopo l’annuncio delle dimissioni da parte di Sven Vantourenhout, ma era parso insolito che da parte della Federazione non fossero venute reazioni di alcun tipo. Il presidente Tom Van Damme aveva avuto un colloquio a suo dire costruttivo con Gilbert che vive a Monaco, ma nulla più di questo.

Negli ultimi anni Gilbert ha lavorato come commentatore di Eurosport
Negli ultimi anni Gilbert ha lavorato come commentatore di Eurosport

La scelta interna

A distanza di poche settimane, il motivo è stato chiaro: per la successione al tecnico plurimedagliato, si è scelta la soluzione interna, con la scelta di Serge Pauwels (in apertura con Koen Pelgrim e Remco Evenepoel). Se quanto a carisma non c’è storia, sul piano dell’esperienza il suo essere da anni nei meccanismi federali ha giocato certamente in suo favore.

«La visione della Federazione – ha spiegato il presidente – è più vicina a quella di Serge. Ci sono stati diversi colloqui, ma i candidati stessi erano piuttosto vaghi. Spesso non sapevano esattamente quale percorso volessero intraprendere, mentre internamente avevamo un candidato a pieno titolo. Il legame tra giovani e professionisti è diventato così importante che è necessario progredire. Abbiamo mantenuto questa linea».

Remco Evenepoel e il cittì Vanthourenhout dopo la vittoria di Wollongong 2022
Remco Evenepoel e il cittì Vanthourenhout dopo la vittoria di Wollongong 2022

Continuità tecnica

Serge Pauwels, classe 1983, è stato professionista dal 2010 al 2020 con le maglie del Team Sky, poi Omega Pharma-Quick Step, quindi Dimension Data e CCC. Il tempo di ritirarsi e già dal 2021 è entrato fra i tecnici federali. Inizialmente è stato collaboratore di Carlo Bomans e poi, quando questi è andato in pensione, è diventato il tecnico degli juniores, affiancando anche Vanthourenhout con gli U23 e i professionisti. La sua scelta suona come una promozione e la valorizzazione di una risorsa interna, che probabilmente alla fine risulterà anche meno onerosa per la federazione.

«Sono ovviamente felice e onorato di poter continuare a crescere – ha detto Pauwels nella conferenza stampa del suo annuncio – e lavorare con una delle generazioni più forti che abbiamo mai conosciuto. Inoltre è fantastico poter crescere con i ragazzi con cui ho lavorato nell’ultimo anno. Molti di loro nel 2025 saranno under 23 e anche io voglio rimanere coinvolto nel processo della loro crescita. Negli ultimi anni è stato fatto un ottimo lavoro lì. Dopo Remco Evenepoel, Wout Van Aert e Lotte Kopecky, c’è ancora tanto potenziale talento in sala d’attesa e voglio continuare a dare il massimo per questo. Voglio creare l’ambiente ottimale per quando saranno professionisti. Sono convinto che creeremo una squadra molto forte. Non solo in termini di corridori, ma anche di staff. In questo modo spero di continuare il lavoro di Vanthourenhout».

Campionati belgi a crono del 2023, Segaert in rampa di lancio: davanti a lui solo Van Aert
Campionati belgi a crono del 2023, Segaert in rampa di lancio: davanti a lui solo Van Aert

Il tocco di Pauwels

In effetti l’ondata di talenti belgi in arrivo è piuttosto consistente. Alle spalle di Evenepoel, Van Aert, Philipsen e Merlier, bussano nomi come Uijtdebroeks, De Lie, Segaert, Van Eetvelt, Verstrynge, Orins e altri come Widar, Schoofs e Van Kerkhove sono in arrivo. Mentre gli europei hanno segnalato le buone prove di Van Strijthem e Vandevorst.

«Quando a settembre, proprio in prossimità degli Europei – ha detto ancora Pauwels – si è saputo che Vanthourenhout non avrebbe continuato ad allenare la nazionale, ho subito espresso la mia ambizione. Sono stato anche il primo con cui ha parlato la federazione. Ero fiducioso che alla fine sarebbe stata presa la decisione giusta. La condizione che ho posto era che potessi continuare a lavorare con i giovani, è fantastico combinare entrambi i settori. Questo rende questo lavoro un sogno. Cosa voglio portare con me? Sven è stato un ottimo manager, sia per i corridori che per lo staff. Io voglio portare avanti il suo lavoro e portare il mio contributo. Conosco molto bene i giovani e mi piacerebbe guidare quei ragazzi».

Il Grande Slam? Per Gilbert c’è chi può riuscire nell’impresa

09.01.2024
5 min
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In questi giorni si torna a parlare di Grande Slam, visto che la prossima settimana partono gli Australian Open di tennis. Qualcuno dirà: «Che cosa c’entra questo con bici.PRO? Ho sbagliato sito?». No, perché anche il ciclismo ha il suo Grande Slam, anche se se ne parla poco. Troppo poco vista la sua importanza e soprattutto la sua difficoltà. Quasi ogni sport ha la sua “serie imperiale” di vittorie, il traguardo precluso a quasi tutti e nel ciclismo esso consiste nella collezione delle 5 Classiche Monumento.

Nella storia del ciclismo solo in tre sono riusciti nell’impresa del Grande Slam: il più grande vincitutto dell’intera storia sportiva, Eddy Merckx e gi altri belgi Rik Van Looy e Roger De Vlaeminck, campione forse troppo trascurato per quel che ha fatto. Chi ci è andato davvero vicino è stato Philippe Gilbert, altro corridore belga al quale la grande impresa è sfuggita davvero di poco, arenandosi contro la Milano-Sanremo corsa per ben 18 volte con due presenze sul podio.

Per Gilbert l’unico ostacolo rivelatosi insormontabile è stata la Sanremo: per lui, due terzi posti
Per Gilbert l’unico ostacolo rivelatosi insormontabile è stata la Sanremo: per lui, due terzi posti

Gilbert ha sempre avuto ben presente l’importanza e soprattutto la difficoltà di una simile collezione e vede oggi due corridori in grado di riuscire dove lui ha fallito: «Pogacar e Van Der Poel sono i più vicini, mancano ad ognuno di loro due tasselli per completare il mosaico, ma non è assolutamente semplice metterli insieme. Quello ciclistico è il Grande Slam forse più difficile da ottenere perché ogni gara ha caratteristiche proprie ed è davvero difficile riuscire a essere competitivo in tutte. Serve una completezza che quasi nessuno ha».

Fra i due chi ritieni abbia più possibilità?

Credo che Pogacar abbia tutto per realizzare il sogno, ma non subito. Lo sloveno ha già dimostrato di saper andare sul pavé, ma sa bene che gareggiare alla Roubaix è pericoloso e incide sulla stagione. Potrà riuscirci fra qualche anno, focalizzando questo impegno, preparandosi a dovere per esso. D’altro canto non è un caso se a vincerla sono per lo più corridori vicini o che hanno superato i 30 anni. Serve esperienza, è la caratteristica fondamentale per vincerla.

A Pogacar mancano Sanremo e Roubaix. centrare l’obiettivo il 16 marzo potrebbe voler dire tentare sul pavé nel 2025
A Pogacar mancano Sanremo e Roubaix. centrare l’obiettivo il 16 marzo potrebbe voler dire tentare sul pavé nel 2025
Per Pogacar ritieni che la Roubaix sia più difficile da vincere che la Milano-Sanremo?

No, al contrario. La Milano-Sanremo è difficile per tutti perché è impronosticabile. Non è una corsa dove si fa selezione, si arriva alla Cipressa tutti insieme e all’imbocco del Poggio tutti i favoriti sono ancora lì. Se guardate, avranno perso contatto solo i 2-3 con qualche acciacco fisico e un paio di pretendenti presentatisi all’appuntamento ancora in eccesso di peso, gli altri ci saranno tutti. Certo, dipende da che posizione si prende, ma poi fare selezione su quelle poche rampe è complicato, si lavora sul filo dei secondi. Alla fine è una corsa lunghissima, dove i tanti chilometri provocano tanta fatica ma senza grandi difficoltà.

Van der Poel può riuscire nell’impresa?

Per l’olandese è più difficile l’impresa. Io penso che la Liegi possa anche essere fattibile, se una serie di condizioni coincidono e non gli rendono la gara troppo dura. Il Lombardia però mi sembra troppo almeno nella sua forma attuale: il Muro di Sormano è una scalata sulla quale uno del suo peso (75 chili, ndr) paga pegno. Non è un caso se io ho vinto il Lombardia prima che introducessero questa nuova difficoltà. Per lui credo proprio che sia troppo.

Van der Poel deve vincere Liegi e Lombardia. La prima è già difficile, il Sormano resta forse troppo arduo
Van der Poel deve vincere Liegi e Lombardia. La prima è già difficile, il Sormano resta forse troppo arduo
Nel tennis solo Rod Laver è riuscito a completare il Grande Slam nello stesso anno, Djokovic ha sfiorato l’impresa per due volte. Nel ciclismo è possibile vincere tutte e 5 le classiche nello stesso anno?

Per me no, ci sono troppe varianti. Anche un fuoriclasse nella condizione ideale si troverà ad affrontare corse che richiedono caratteristiche lontane fra loro: potrai trovare la formula perfetta per la Sanremo, ma avrai il peso giusto per la Roubaix? E nel caso come riuscirai ad affrontare le salite della Liegi? E’ davvero impossibile. Io parlo per la mia esperienza: ho vinto Liegi e Lombardia che pesavo 69 chili, quando ho trionfato a Fiandre e Roubaix avevo un peso forma di 74 chili. E cambia tutto…

Proviamo a vedere se c’è qualcun altro che potrebbe riuscirci, ad esempio Van Aert…

Ha 29 anni e finora ha vinto solo la Sanremo, mi pare difficile. Le stagioni sono passate e Wout ha collezionato tanti piazzamenti, ma pochi centri. Uno che secondo me poteva riuscirci per le sue caratteristiche era Kwiatowski, se non avesse deciso di mettersi a disposizione degli altri. Se lo avesse programmato, credo che in qualche anno avrebbe anche potuto farcela, soprattutto dopo che nel 2017 aveva centrato la Sanremo che è un po’ il terno al lotto dell’intera collezione.

Per Gilbert Kwiatkowski aveva tutto per riuscirci, ma ha fatto scelte diverse
Per Gilbert Kwiatkowski aveva tutto per riuscirci, ma ha fatto scelte diverse
E tra i più giovani?

Uno che potrebbe è Evenepoel perché va bene su ogni terreno. Ha vinto due volte la Liegi, al Fiandre ha dimostrato di potercela fare. Certo, dovrebbe centrare la Sanremo e preparare la Roubaix, che sarebbe per lui la corsa più ostica. Sicuramente per la corsa francese è ancora un po’ acerbo, ma può davvero completare la raccolta.

Tu sei arrivato a un passo: la Sanremo era diventata un’ossessione?

Non direi. Il Grande Slam è stato invece uno stimolo, la motivazione per andare avanti. Mi ha dato modo di sognare e questo è già un grande risultato. Io sono contento di quel che ho fatto, so che ci sono andato vicino e non è da tutti.

Evenepoel ha le caratteristiche per centrare il pokerissimo. Fiandre e Lombardia sono i primi passi
Evenepoel ha le caratteristiche per centrare il pokerissimo. Fiandre e Lombardia sono i primi passi
E’ più difficile collezionare le Classiche Monumento o i Grandi Giri?

Le prime, non c’è dubbio. In un grande Giro devi essere a tutta per tre settimane e superare indenne quelle 2-3 tappe fondamentali, poi è cosa fatta. Non è un caso se ad aver realizzato la tripletta nel corso degli anni siano stati molti più corridori che per le classiche. Il Grande Slam è quello, non ci sono dubbi né discussione…

Il riposo di Vingegaard e l’analisi di Gilbert

11.07.2023
5 min
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Philippe Gilbert ha lasciato il Tour, cedendo a Jens Voigt la moto di Eurosport da cui ha raccontato la prima settimana di corsa. Tuttavia, prima che partisse, L’Equipe lo ha intervistato e le sue parole sono diventate lo spunto per un interessante approfondimento.

Quel che colpisce dalle sue parole è innanzitutto lo stupore. Vivere il Tour da atleta è sicuramente qualcosa di inimmaginabile anche per chi ha vissuto per così tanti anni la carovana francese. Gilbert ha partecipato a 12 edizioni della Grande Boucle, ma non ne avrebbe mai immaginato la grandezza, per come viene percepita guardando ciò che c’è fuori dalle transenne. Sono gli atleti a fare la corsa, ma rendersi conto di quello che gli è stato costruito attorno e dell’attesa della gente lungo le strade è stato per il belga uno shock positivo.

Gilbert ha seguito la prima settimana del Tour per Eurosport. Al suo posto c’è ora Voigt (foto Instagram)
Gilbert ha seguito la prima settimana del Tour per Eurosport. Al suo posto c’è ora Voigt (foto Instagram)

La spontaneità e gli schemi

Ciò che ha colpito Gilbert, che dalla moto ha seguito i due di testa osservandoli in ogni dettaglio, sono state le profonde differenze fra loro. Fra la naturalezza spigliata di Pogacar e l’essere quasi schematico di Vingegaard, che a ben vedere sono le differenze che negli anni hanno animato i duelli fra Pantani e Ullrich e ancor prima fra Indurain e Chiappucci.

«Ho potuto vedere da vicino i due fantastici Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar – dice Gilbert – è stata la prima volta che ho seguito i migliori scalatori su passi mitici come il Tourmalet… però in moto! La facilità e l’efficienza dei loro colpi di pedale sono stati sconcertanti, ma quello che ho potuto vedere è stata la netta differenza nel loro atteggiamento. Vingegaard ha un approccio più strutturato, basato su un forte lavoro della squadra e su tattiche decise in anticipo ed eseguite alla lettera. Con Pogacar, c’è uno stile completamente opposto, con una spontaneità impressionante. Che sia di fronte ai microfoni in zona mista o in bici, è sorprendente. Con lui non sai mai quando attaccherà, il che dà molto stress ai Jumbo-Visma, che hanno difficoltà a leggere le carte di Tadej».

Vingegaard ha provato a dare il colpo del KO a Pogacar sul Tourmalet, ma Tadej si è ben difeso
Vingegaard ha provato a dare il colpo del KO a Pogacar sul Tourmalet, ma Tadej si è ben difeso

Sul filo dei nervi

A ben vedere, la resurrezione di Pogacar sull’arrivo di Cauterets e poi la stilettata del Puy de Dome hanno prodotto proprio questa destabilizzazione, alimentata con le dichiarazioni del giorno di riposo. E se in un primo momento Vingegaard può aver pensato che avrebbe avuto vita facile, ritrovarsi davanti un Tadej nuovamente cattivo e forte, lo ha convinto a tenersi buono Van Aert, nei confronti del quale aveva già mostrato qualche segno di insofferenza.

«Con 17 secondi di ritardo e un vantaggio psicologico su Vingegaard – dice ancora Gilbert – Pogacar è in una posizione ideale, attento al minimo segno di debolezza del suo diretto avversario. Lo spingerà al limite e, come ha dimostrato lo scorso anno nella tappa di Cahors, è capace di attaccare anche nelle cosiddette tappe di trasferimento. Ogni secondo conterà e Tadej avrà comunque il vantaggio degli abbuoni».

Due modi di andare in salita molto diversi: col rapporto il danese, più scalatore. Più agile lo sloveno
Due modi di andare in salita molto diversi: col rapporto il danese, più scalatore. Più agile lo sloveno

Condizioni a confronto

Non certo un messaggio tranquillizzante per Vingegaard. Il danese ha vinto il Tour del 2022 grazie alla superiore condizione fisica e per la crisi indotta nel rivale sul Granon, ma non ha mai dovuto combattere con lui la guerra dei nervi. La Jumbo-Visma avrà la compattezza che serve per fronteggiare… l’anarchia di Pogacar?

«Secondo me – chiude Gilbert – la forma di Pogacar non era ottimale all’inizio del Tour a causa della sua frattura alla Liegi Bastogne-Liegi. Ora salirà di livello. Quell’incidente potrebbe diventare la chiave del suo successo? Non si sa. Dopo un inizio di stagione alla grande, forse al Tour gli sarebbe mancata la freschezza. Mentre così ci è arrivato motivato e fresco».

Per contro, come ha fatto rimarcare Stefano Garzelli durante la diretta della tappa di domenica, Vingegaard è al top dal Delfinato: è possibile che possa crescere ancora?

Negli ultimi giorni con Vingegaard ci sono anche la moglie Trine e la figlia Frida
Negli ultimi giorni con Vingegaard ci sono anche la moglie Trine e la figlia Frida

A porte chiuse

Il danese frattanto ha trascorso il giorno di riposo nel modo più tranquillo possibile, con una sola intervista rilasciata alla televisione danese e la famiglia intorno. Si è allenato, ha firmato autografi, poi ha passato il resto della giornata con la moglie Trine e la figlia Frida. 

«Mi sento di nuovo pieno di energia – ha detto a TV2 Danimarca – e pronto per la prossima settimana. E’ andata bene, perché mi aspettavo di essere dietro. Le tappe che arrivano mi si addicono molto di più, con intere giornate di salite e discese piuttosto che un’unica salita finale. Finora l’unica giornata in cui abbiamo accumulato fatica è stata la tappa del Marie Blanque. Crediamo molto in quello che stiamo facendo e siamo certi di poter vincere il Tour anche quest’anno».

Il riposo a porte chiuse conferma che la pressione di dover difendere la maglia gialla è un peso aggiuntivo al Tour de France, come ha ben spiegato Pogacar durante la sua intervista. Aver ribadito di essere il vincitore uscente è il modo per Vingegaard di demarcare il territorio? Può darsi, di sicuro i due non si faranno sconti.

Cinque Monumenti: Gilbert, Pogacar e una Roubaix di troppo

12.03.2023
4 min
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Sanremo, Fiandre, Roubaix, Liegi e Lombardia: è quasi una filastrocca. Sono le cinque classiche Monumento, perle indelebili nella carriera di chi ne vince anche “solo” una. Ma nella storia del ciclismo c’è chi le ha vinte tutte e cinque. Ci sono riusciti solo tre atleti e sono tutti belgi: Rik Van Looy, Eddy Merckx e Roger De Vlaeminck, messi in ordine cronologico nella realizzazione dell’impresa.

Ora che la Sanremo si avvicina, in mezzo ai tanti fenomeni di questo ciclismo, è lecito pensare a chi davvero possa riuscirci: Evenepoel, Pogacar, Van der Poel, Van Aert? Per Philippe Gilbert, che ci è andato vicinissimo (si è fermato al poker, gli è mancata la Sanremo) il più accreditato è Tadej Pogacar.

Gilbert (classe 1982) ha chiuso la carriera la scorso anno. La Roubaix (2019) è stata la sua quarta ed ultima classica Monumento
Gilbert (classe 1982) ha chiuso la carriera la scorso anno. La Roubaix (2019) è stata la sua quarta ed ultima classica Monumento

Gilbert punta su Pogacar 

«Per me – ha detto Gilbert ad Eurosport – Pogacar può riuscire nell’impresa di vincerle tutte e cinque. Ma per lui l’incognita più grande è la Parigi-Roubaix».

Lo sloveno della UAE Emirates non parte da zero. In bacheca vanta già una Liegi e due Lombardia, le classiche più “facili” per lui da conquistare in quanto le più dure. Però ha dimostrato di poter vincere il Fiandre e di far bene alla Sanremo. 

Al Fiandre , lo scorso anno, si giocò la volata con Van der Poel, salvo poi subire quella rimonta da dietro e finire quinto. E alla Sanremo, sempre lo scorso anno, si mosse un po’ troppo presto sul Poggio. Fece più scatti e di fatto si bruciò da solo. Tadej ammise l’errore.

Ma lo stesso Pogacar ha anche ammesso che vuol vincere tutto. Che vuol provare a cambiare i calendari per mettere nel sacco più corse possibili. La scelta di andare alla Parigi-Nizza ne è l’esempio perfetto. Lui stesso ha detto: «Dopo due Tirreno volevo provare a conquistare un’altra corsa».

Gilbert ha disputato 18 Sanremo senza mai vincerne una. Pogacar finora ne ha corse due. Qui l’attacco prematuro sul Poggio nel 2022
Gilbert ha disputato 18 Sanremo senza mai vincerne una. Pogacar finora ne ha corse due. Qui l’attacco prematuro sul Poggio nel 2022

Sogno e realtà

«Non è facile vincere i cinque Monumenti del ciclismo – va avanti Gilbert – E’ un’impresa che richiede molta energia e forza, perché sono gare molto diverse, fatte per profili di corridori differenti.

«La Milano-Sanremo è per i velocisti e gente che sa fare “a pugni”. Il Fiandre e la Roubaix per corridori potenti e pesanti. E poi ci sono Liegi e Lombardia, che sono competizioni per corridori più leggeri, più scalatori. Quindi riuscire a vincerle tutte e cinque è estremamente complicato». 

Però Tadej ha un vantaggio: l’entusiasmo, la fame agonistica. Ha dalla sua la predisposizione mentale verso questa impresa. Non si tratta solo di esserci portati tecnicamente e fisicamente. Si tratta che per fare bene in queste gare bisogna essere disposti a sacrificare altri obiettivi, magari a metterne “a rischio” altri, rivedere le preparazioni. E Pogacar, a dispetto dei cacciatori di classiche, ha gli obiettivi maggiori nei grandi Giri. Non è facile conciliare tutto. Però, ripetiamo, ci sono la voglia e l’ambizione della grandezza.

E infatti aggiunge Gilbert: «Non è un caso se solo tre corridori nella storia ci sono riusciti. Però Pogacar è sicuramente quello più accreditato a poterle vincere tutte e cinque. Ho i miei dubbi solo su una gara: la Parigi-Roubaix».

Pogacar insegue Stuyven nella tappe del pavè lo scorso anno al Tour. Tra gli uomini di classifica Tadej fu quello che se la cavò meglio
Pogacar insegue Stuyven nella tappe del pavè lo scorso anno al Tour. Tra gli uomini di classifica Tadej fu quello che se la cavò meglio

Dubbio Roubaix

E vincere una Roubaix non è facile neanche se ti chiami Pogacar. Ponendo che Pogacar riesca a conciliare tutto nei prossimi anni, per Gilbert quello della Roubaix resta appunto l’ostacolo maggiore. Lì, sulle pietre, non si tratta solo di forza. Anche perché giusto durante lo scorso Tour de France Tadej ha mostrato di sapersi muovere bene anche sul pavé. C’è dell’altro.

Tra la gloria dei cinque Monumenti e Tadej potrebbero esserci dei chili… in meno, nel senso che lo sloveno è un po’ troppo leggerino.

«Non parlo solo della sua capacità di vincere la Classica delle Pietre – spiega Gilbert – ma ancor più dei rischi che dovrà correre per lottare per la vittoria. E certi rischi per un corridore che vuole vincere i grandi Giri forse incidono. Sarà pronto a correrli?

«E poi un conto è andare bene sul pavé al Tour dove ci sono altri corridori, più scalatori, e un conto è farlo alla Roubaix, dove ci sono tutti specialisti».

Beking, nella festa di Monaco, l’ultima vittoria di Gilbert

27.11.2022
8 min
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Philippe Gilbert che si allontana con i figli accanto – uno che porta il trofeo e l’altro con i fiori – è la sintesi perfetta della giornata e di una carriera eccezionale. Monaco, le quattro del pomeriggio lungo il Boulevard Albert 1er, davanti a yacht immensi e sguardi incuriositi, dove si è appena conclusa la gara dei professionisti a margine di un evento che, come nelle domeniche di paese, ha proposto chiacchiere e incontri. Ha vinto il belga della Lotto Soudal, all’ultima corsa. Mentre la carovana di Beking 2022 si disperde alla spicciolata, il belga firma autografi e concede gli ultimi sorrisi.

«Adesso finalmente – dice – mi rendo conto che è finita. Vivo a Monaco da 13 anni e chiudere qui resterà un bel souvenir. Avevo vinto già la prova cronometrata del mattino, ma vincere la kermesse con tutti i corridori che c’erano e il loro livello ha un sapore diverso. Ma al di là di questo, credo che Beking sia un bel progetto, per quello che vuole portare nella società. Il ciclismo professionistico qui non è famoso come in Belgio, dobbiamo fare in modo che lo diventi, affinché i bambini di oggi fra 15 anni possano essere i nuovi professionisti».

Alla partenza, immancabile, con Gilbert c’è il Principe Alberto di Monaco
Alla partenza, immancabile, con Gilbert c’è il Principe Alberto di Monaco

Il grande show

Se uno show come questo lo avessero organizzato in Italia, ci sarebbe stato il mondo. Ci sono quasi tutti i professionisti che qui risiedono e altri come Covi e Troia che sono venuti per partecipare. Poi ci sono tutti i team manager delle squadre WorldTour, perché l’UCI ha spostato qui il suo meeting annuale.

«E’ quella bella riunione che si fa sempre a novembre – scherza Brent Copeland della Bike Exchange-Jayco – quando hai chiuso il budget e loro fanno le sorprese di regolamenti cambiati e cose del genere».

Il manager sudafricano sorride rassegnato, ma è un fatto che a certe sorprese non corrispondano mai prese di posizioni di segno opposto da parte delle squadre. Sono arrivate così promozioni e retrocessioni e tutti quei cambiamenti di cui i corridori pagano il prezzo.

Szmyd per caso

A camminare sulla banchina c’è anche Sylwester Szmyd, preparatore della Bora-Hansgrohe, ma lui non è qui per la gara né per il meeting dell’UCI. 

«Abito là dietro – dice – vivevo qui da corridore e poi anche quando ho smesso. Guardate quanti campioni, davvero se lo avessero fatto in Toscana non ci sarebbe stato abbastanza spazio per il pubblico».

Ne approfittiamo per chiedergli di Giovanni Aleotti, sapendo che lo allena lui.

«Intanto prepariamo il debutto in Australia – dice – e poi speriamo di vederlo bene anche nelle classiche. Quest’anno è migliorato tanto, nonostante abbia avuto tanti stop. Al Sibiu Tour andava davvero fortissimo. Anche a Quebec. Gli ho detto di aspettare, perché quella è una corsa da un solo colpo. Invece si è messo a scattare e alla fine si è spento…».

Firma della maglia gialla per Pogacar, parso estremamente rilassato
Firma della maglia gialla per Pogacar, parso estremamente rilassato

Formolo e il trasloco

Pogacar è saltato fuori dal nulla assieme alla compagna. E’ tipo di poche parole. Sfila sorridendo con i bambini. Firma e posa, ma di base preferisce starsene per i fatti suoi.

«Stamattina è andato in bici – dice Formolo, raggiunto a Monaco dai suoceri – tanti si sono allenati e sono venuti fuori per il criterium».

Il veronese dice di aver firmato il contratto per il nuovo anno, anche se l’annuncio non è stato ancora fatto. Poi racconta di essere in pieno trasloco, perché l’appartamento in cui vivrà fino al 30 novembre è stato venduto.

Sagan con Ermanno Leonardi, Managing Director di Specialized Italia, sponsor dell’evento
Sagan con Ermanno Leonardi, Managing Director di Specialized Italia, sponsor dell’evento

I corridori sono mediamente tutti in affitto, solo pochi – Sagan fra loro – hanno scelto di comprare la casa in cui abitano. Peter è seduto su un cassone a parlare con Ermanno Leonardi di Specialized Italia e intanto con lo sguardo segue suo figlio Marlon che cammina accanto alla mamma. Nel corso della mattinata, Peter girava sul percorso portandolo sul tubo orizzontale.

Il ciclismo italiano

Pozzato ha corso al mattino nella prova a squadre fra corridori e amatori. Con lui dopo un po’ che si parla, il discorso finisce sul ciclismo italiano. Si ragiona di Giro U23 e Giro Donne, di Giro d’Italia e di Argentin e la sua posizione è la più interessante fra quelle sentite finora.

«Bisogna ripartire dai bambini – dice – copiare quello che hanno fatto nel tennis o in Francia col ciclismo. Il professionismo basta a se stesso, ma se vedo che a Vicenza gli juniores si sono dimezzati e al Sud non c’è più niente, comincio a preoccuparmi. Invece qui, al posto di fare sistema e unirsi, ognuno difende il proprio orto e pensa solo a fare la sua fortuna».

Alessandra Cappellotto, qui con Trentin, è a Monaco per il meeting Uci che si terrà lunedì e martedì
Alessandra Cappellotto, qui con Trentin, è a Monaco per il meeting Uci che si terrà lunedì e martedì

Uomini, non solo atleti

Accanto c’è Roman Kreuziger che riporta la sua esperienza in Repubblica Ceca, dove il numero di allievi e juniores nella sua Academy è in calo.

«Il bello – dice – è che bisogna discutere con i genitori per imporre che i ragazzi prima devono finire la scuola. Noi diamo bici, maglie, caschi… Diamo tutto, ma non vogliamo produrre solo degli atleti, vogliamo far crescere i ragazzi. Non voglio che fra cinque anni quegli stessi genitori vengano a dirmi che per colpa della bici i figli hanno smesso di studiare e adesso non sanno cosa fare».

Roglic e i bimbi

«Adesso smetteranno di chiederci quando ci sposiamo», sorride Elena Cecchini accanto a Elia Viviani. Accanto c’è Lizzie Deignan, con la figlia Orla attaccata alla gamba e l’ultimo arrivato Shea in braccio. Lei indossa già la tenuta della Trek-Segafredo, pronta a rientrare in gruppo.

E’ il giorno dei bambini. Un gruppo è arrivato da Forano, in provincia di Rieti. Altri sono figli di corridori e vivono qui. Scriccioli guerrieri, vestiti con le maglie dei corridori a frullare sui pedali su andature per loro forsennate.

«La prima cosa che bisogna insegnare ai bambini – dice Roglic – è il rispetto reciproco, poi c’è l’osservanza delle regole. Una giusta educazione è il solo modo perché diventino adulti consapevoli. Mi dispiace non correre, Beking è il modo migliore per unire la passione per la bici e l’impegno per gli altri».

Fra il pubblico, spinto sulla sedia da Manuel Quinziato, si riconosce anche Samuele Manfredi, che i suoi sogni di bambino ha dovuto rivederli e adesso ha scelto di dedicarsi alla hand bike, per dare sfogo a quella voglia di agonismo che l’incidente del 2018 gli ha portato via.

I due Principi

Il via alla gara dei pro’ ha voluto darlo ancora una volta il Principe Alberto, mentre in mattinata al villaggio di partenza si è fatta vedere sua sorella Stephanie, in jeans e un cappottino grigio. La sensazione è che Monaco apprezzi, ma non ami essere disturbata troppo.

La gente si è affacciata dalle balaustre, ha guardato e poi ha proseguito nella sua domenica calda in riva al mare che annuncia il Natale negli stand del villaggio in costruzione davanti al porto. Matteo Trentin saluta, a capo di un periodo che lo ha visto organizzatore al pari di sua moglie Claudia che ora dal palco ringrazia in francese e poi inglese.

A Beking, l’ultima gara da pro’ e ultima vittoria per Philippe Gilbert: una carriera straordinaria
A Beking, l’ultima gara da pro’ e ultima vittoria per Philippe Gilbert: una carriera straordinaria

Solidarietà e accorgimenti

Le iscrizioni degli amatori che al mattino hanno corso la prova a crono con i campioni saranno devolute per le due associazioni dichiarate alla partenza, per il resto si spera che gli sponsor coprano tutte le spese di un evento che ha ampi margini, ma forse potrebbe cercare una formula più incisiva. Splendido lo sforzo degli organizzatori, ma si può lavorare ancora (ad esempio) per coinvolgere il pubblico e portarlo tra gli stand della piccola fiera. I campioni non mancano: quelli a Monaco sono una garanzia.

«La mattina quando devo allenarmi – dice Battistella – basta mettersi sotto casa e aspettare il primo gruppetto che passa. Le strade sono spettacolari, la compagnia anche…».

Museo del Ghisallo: una pagina di storia del ciclismo

07.10.2022
6 min
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Se il Giro di Lombardia fosse un suono sarebbe lo scampanio della chiesa della Madonna del Ghisallo. Passaggio iconico della Classica delle Foglie Morte che dà il via alla parte finale della corsa. Accanto alla chiesa, c’è il Museo del Ghisallo (foto apertura archivio digitale Museo del Ghisallo), un posto magico per il ciclismo e per i suoi appassionati, potremmo definirlo un luogo di culto, al pari della chiesa che lo affianca.

L’interno del museo posto accanto alla chiesa della Madonna del Ghisallo (foto archivio digitale Museo del Ghisallo)
L’interno del museo posto accanto alla chiesa della Madonna del Ghisallo (foto archivio digitale Museo del Ghisallo)

16 anni di storie e leggende

«Nei primi anni ‘90 – ci racconta Antonio Molteni, presidente del museo del Ghisallo – un gruppo di persone appassionate di ciclismo, visto che nel santuario i lasciti non ci stavano più, ha deciso di costruire il museo. Grazie ai finanziamenti della Regione Lombardia siamo riusciti a costruire la struttura verso la fine degli anni ‘90. La nostra è stata una costruzione che è andata per passaggi, dopo la struttura siamo passati all’arredamento con le vetrine ed i vari cimeli».

«Il museo del Ghisallo – riprende a raccontare Molteni – è stato ufficialmente inaugurato il 14 ottobre del 2006. Pochi mesi prima, durante l’ultima tappa del Giro d’Italia di quell’anno, da Magreglio a Milano, ci fu il primo passaggio di una corsa. Anche se il museo non era ancora del tutto ultimato. La scelta di inaugurare la struttura il 14 ottobre non è casuale. Infatti, in quello stesso giorno del 1949, Papa Pio XII dichiarò la Madonna del Ghisallo la Santa protettrice dei ciclisti.

Continue donazioni

Il museo del Ghisallo è diventato, nel corso degli anni, un punto di riferimento di tutti i campioni che hanno corso e vinto per le strade di tutto il mondo.

«Negli anni il nostro museo – racconta dalla cima della salita che lo accoglie il presidente Molteni – si è ingrandito sempre più. Nonostante i due anni di Covid è rimasto vivo e vegeto e continua ad essere fonte di pellegrinaggio e donazioni. Oggi, Jan Ullrich, ha donato alla nostra collezione la bici con cui vinse il Tour de France 1997. In questi giorni, infatti, sulle strade del Giro di Lombardia, stanno girando le riprese di un film ispirato alla storia del campione tedesco».

«Abbiamo molti cimeli importantissimi, il nostro orgoglio sono le bici dei campioni: abbiamo quella con cui Coppi fece il record dell’Ora ed anche quella del mondiale di Baldini nel 1956. Uno dei pezzi più pregiati del nostro museo sono: la bici con cui Magni vinse il Tour de France nel 1949 e quella con cui vinse il Fiandre. Magni rimane l’unico corridore ad aver vinto per tre volte di fila il Giro delle Fiandre, conservare un cimelio del genere per noi è motivo di grande onore. Abbiamo anche tre bici appartenute ad Eddy Merckx, con una di queste vinse il Giro di Lombardia nel 1973».

Il Museo del Ghisallo contiene la più grande collezione di maglie rosa, l’ultima arrivata, quella di Hindley (foto archivio digitale Museo del Ghisallo)
Il Museo del Ghisallo contiene la più grande collezione di maglie rosa (foto archivio digitale Museo del Ghisallo)

Anche tante maglie

Dentro al museo del Ghisallo non ci sono solo bici, fedeli cavalli di ferro con i quali i campioni del passato hanno vinto gare eroiche ed emozionanti, ma anche tante magliette.

«Nelle nostre teche abbiamo anche tanti altri ricordi del mondo del ciclismo (riprende Molteni, ndr). Ben due magliette di campione del mondo di Coppi. Una ottenuta su pista nella disciplina dell’inseguimento individuale, l’altra conquistata su strada, ai mondiali di Lugano del 1953. La maglia di campione del mondo su pista la donò lo stesso Fausto ad un albergatore, suo grande tifoso, che lo ospitava quando si allenava al Velodromo Vigorelli. Successivamente fu poi donata al nostro museo. Disponiamo della più grossa collezione di maglie Rosa, l’ultima ci è stata portata proprio dallo stesso Hindley, il mercoledì dopo la vittoria del Giro a Verona».

Campioni recenti e tifosi

Jan Ullrich non è l’unico campione dei nostri giorni ad aver donato qualcosa al museo del Ghisallo. Tornando alla realtà, sulle strade del Lombardia, darà l’addio al ciclismo un grande campione dei nostri giorni: Nibali.

«Tornando a tempi più moderni – riprende il presidente del museo – abbiamo ricevuto in donazione anche la divisa con la quale Vincenzo Nibali vinse il Lombardia nel 2017. Gilbert (che saluterà anche lui il ciclismo domenica, ndr) ci ha regalato la divisa di campione del mondo conquistata nel 2012 sulle strade olandesi».

«Il nostro museo accoglie appassionati da tutto il mondo – precisa Molteni – nel 2019, ultimi dati utili pre-pandemia, abbiamo avuto ben 14.400 ingressi. Di cui la metà, 7.700, stranieri da ben 70 Paesi del mondo, pensate anche due ragazzi coreani. In questi giorni che precedono la Classica delle Foglie Morte, ospitiamo nel nostro parcheggio 4 camper di tifosi: due dal Belgio e due dalla Francia. Qui le camere sono piene da mesi! Speriamo di assistere ad una bella corsa, e di allargare ancora di più la nostra collezione».

Nella mattinata che anticipa il Giro di Lombardia Jan Ullrich ha donato al museo la bici con cui ha vinto il Tour nel 1997 (foto archivio digitale Museo del Ghisallo)
Il venerdì che anticipa Il Lombardia Ullrich ha donato la bici con cui ha vinto il Tour nel 1997 (foto archivio digitale Museo del Ghisallo)

Eventi

Il museo del Ghisallo sostiene tanti eventi legati al mondo del ciclismo:

Il 16 ottobre a Gravedona, presso il Palazzo Gallio verranno portate delle bici in mostra.

Il 22-23 si disputerà sulle nostre strade “La Ghisallo” una ciclo-storica dedicata alle biciclette d’epoca. Sabato pomeriggio si svolgerà una cronoscalata a squadre al santuario. Domenica, invece, si terrà una pedalata di 50 chilometri.

Infine, il 29 verrà consegnato il Premio Torriani, un riconoscimento che viene dato a persone significative del mondo del ciclismo.

Lavori in corso per l’addio di Gilbert. E Quinziato ricorda

01.10.2022
5 min
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Si dice che Gilbert avrà giusto il tempo di appendere la bici al chiodo e poi diventerà presidente del CPA, il sindacato mondiale dei corridori. Di sicuro assieme a Trentin è uno di quelli che ci ha messo più spesso la faccia. Prima però ci sarà da festeggiare sul Cauberg con la Phil’s Last Ride. Il bilancio della carriera parla di 80 vittorie in 20 anni, con la sola Sanremo che manca alla collezione di Monumenti. Su quel muro olandese invece ha vinto quattro Amstel e il mondiale del 2012 e lassù ha invitato i suoi amici corridori il 15 ottobre. Fra loro, ci sarà Manuel Quinziato. I due hanno corso insieme per tutta la permanenza di Gilbert alla BMC. Per questo gli abbiamo chiesto un ritratto del grande belga che, al pari di Valverde e Nibali, ha scelto il 2022 come ultima stagione.

Gilbert sta annunciando sulla sua pagina Facebook i nomi degli amici per il suo addio. Qui Quinziato
Gilbert sta annunciando sulla sua pagina Facebook i nomi degli amici per il suo addio. Qui Quinziato
Fine 2011, arriva Gilbert. Chi era?

Usciva dall’anno delle 18 vittorie, con Amstel, Freccia, Liegi e San Sebastian, per cui scrisse il libro My Year in Top Gear. Arrivò che era già il corridore più forte al mondo, anche se il primo anno fece un po’ fatica all’inizio. Poi si riprese, vinse due tappe alla Vuelta e alla fine il mondiale.

Che impressione ti diede?

Un bravissimo ragazzo. Sveglio, molto intelligente, uno che aveva visione di corsa. Quando sta bene, non sbaglia niente. Quello che mi ha impressionato, avendo vinto tutte quelle corse, fu che al primo ritiro, se ho capito bene, era la prima volta che usava l’SRM. Praticamente non usava nemmeno il cardio. Faceva tutto a sensazione. E anche quando faceva le SFR, si metteva a ruota di uno, poi scattava dietro a un altro. Una salita la faceva piano, quella dopo la faceva a tutta. Era genio e fantasia.

Il Cauberg è il muro di Gilbert: nel 2012 partì qui per vincere il mondiale, ma ha vinto anche 4 Amstel
Il Cauberg è il muro di Gilbert: nel 2012 partì qui per vincere il mondiale, ma ha vinto anche 4 Amstel
Un tipo sveglio?

Una persona estremamente intelligente. Non ha mai corso in Italia, ad esempio, ma parla perfettamente l’italiano. Perché a Liegi comunque c’è un quartiere di italiani e poi ha corso in squadre belghe dove c’erano altri italiani. E alla fine lo ha imparato. 

Siete amici?

Sicuramente c’è un rapporto d’amicizia. Un anno, il 2013, è venuto a Bologna per vedere un concerto dei Placebo con mio cugino e degli amici. Io conoscevo uno dei membri della band e siccome aveva origini belghe, a lui era venuta voglia di vedere un concerto. Anche quando poi ha cambiato squadra, era uno dei corridori con cui mi fermavo sempre a parlare. Quindi mi ha fatto molto piacere che mi abbia chiamato, anche se abbasserò il livello (ride, ndr), visti quelli che ci saranno.

Lombardia 2012, Gilbert fresco iridato: al via da Bergamo non sfugge al bagno di folla
Lombardia 2012, Gilbert fresco iridato: al via da Bergamo non sfugge al bagno di folla
Un vero leader?

Mi ricordo un Giro del Belgio in cui mi impressionò la sua mentalità vincente. Perché lui, che stesse bene o meno, faceva sempre la corsa. Ci sono corridori che sono più timidi o hanno meno personalità e anche se stanno bene e non si prendono responsabilità. Lui faceva sempre la corsa, non importava come stesse. Quella è una cosa che mi aveva colpito. A volte andava male, però quando stava bene e la squadra lavorava per lui, quello era sicuramente un giorno positivo. Ha carattere vincente, una mentalità che non tanti hanno così forte.

Quanto era pesante essere campione del mondo in Belgio?

Gli sono stato vicino quell’anno. Mi ricordo che quell’inverno facemmo un ritiro a ottobre: a Gand, senza biciclette. Era come girare con Cristiano Ronaldo, negli anni belli del Real Madrid. Una cosa impressionante.

Ti è mai parso infastidito?

Ecco, questa è un’altra cosa positiva di Philippe. Si ferma con tutti i tifosi, sta con le persone. Questa è una cosa che mi piace molto, più diventi famoso e importante, più devi fare attenzione a questi aspetti. E lui si fa le foto con i fan che vogliono un autografo, si ferma con i bambini, è veramente disponibile con tutti.

Credi abbia sempre la stessa motivazione?

Quest’anno a 40 anni ha vinto una tappa e la classifica finale a Dunkerque. Se non sei estremamente motivato, è difficile vincere nell’ultimo anno. E anche se vince meno, comunque è un corridore che aiuta a vincere. Quindi in una squadra giovane come la Lotto Soudal in cui era quest’anno, sicuramente è stato utile per l’esperienza. E’ uno sport dove comunque avere accanto un corridore con la sua esperienza è importante.

Anche Quinziato è volato in Australia. Qui assieme a Ganna il giorno dopo la crono
Anche Quinziato è volato in Australia. Qui assieme a Ganna il giorno dopo la crono
Cosa ti aspetti dalla festa del Cauberg?

Non sarà il fine carriera di Federer, oppure magari sarà quello e sarà anche emozionante. Non so, non penso. Quando ha cambiato squadra, l’amicizia è rimasta uguale. Andremo per fare festa. I belgi su quello sono imbattibili.