Tour 2025, su il velo: Prudhomme spiega e fa gli scongiuri

30.10.2024
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«Se si sovrappongono la mappa del 2024 e quella del 2025 – ha detto ieri Christian Prudhomme a margine della presentazione del Tour – si può notare che stiamo facendo in modo di attraversare tutte le regioni, colmando le lacune. E’ una regola, almeno ogni cinque anni, passare in ogni angolo della Francia. L’unica parte che fa eccezione è la Corsica, ma sono ancora più tranquillo perché sono stato io a portare il Tour lì per la prima volta nel 2013».

Ieri Parigi ha tenuto a battesimo il Tour de France del 2025, con il consueto clima da grande evento e il grande interesse per un percorso che torna alle origine della Boucle (in apertura foto A.S.O./Etienne Coudret). Una prima settimana piuttosto veloce e i Pirenei prima delle Alpi, con il finale che torna a Parigi, ora che la Capitale si è lasciata indietro la baraonda olimpica.

Prudhomme, a destra, ha rivendicato il disegno del Tour e la sua partenza dal Nord (foto A.S.O./Etienne Coudret)
Prudhomme, a destra, ha rivendicato il disegno del Tour e la sua partenza dal Nord (foto A.S.O./Etienne Coudret)

Partenza alla francese

Dopo le partenze da Copenhagen, Bilbao e Firenze, il prossimo Tour de France sarà interamente francese, senza neppure un chilometro oltre qualche recondito confine.

«Sono favorevole alle grandi partenze all’estero – ha spiegato Prudhomme – perché permettono al Tour de France di spiegare ulteriormente le sue ali. Ma a condizione che si vada sistematicamente anche nelle città medie e nelle piccole comunità locali. Sarà così anche l’anno prossimo, ad esempio con Ennezat o Vif, o con Mûr-de-Bretagne a Guerlédan con i suoi 2.500 abitanti. Dopo tre grandi partenze all’estero, partiremo dal Nord e abbiamo progettato il Tour in base all’altimetria dei luoghi che abbiamo trovato, alla bellezza dei paesaggi e anche alla storia del ciclismo».

Omaggio ai grandi

Il Tour torna in Normandia per la prima volta dal 2016, passando per la città natale di Anquetil. Passerà per Calorguen dove vive Bernard Hinault che il prossimo anno compirà 70 anni. La partenza a Saint Meen le Grand permetterà di omaggiare Louison Bobet nel centenario della nascita. Mentre La Plagne sarà l’occasione per ricordare Laurent Fignon, che ne ha conquistato per due volte il traguardo alpino.

«Negli ultimi quindici anni – ha spiegato ancora Prudhomme – abbiamo fatto in modo che la prima settimana non fosse più concepita con tappe pianeggianti come un tempo. Ma non illudetevi: quella del 2025 sarà una falsa prima settimana pianeggiante. Tra il finale di Boulogne, la rampa di Saint Hilaire prima dell’arrivo a Rouen o il Mur de Bretagne da superare due volte, come nel 2021, gli attaccanti in stile Liegi saranno serviti, come pure gli uomini di classifica. Complessivamente, il Tour 2025 prevede sei tappe per velocisti, di cui potenzialmente quattro nei primi dieci giorni. Eppure non è detto che ognuna di queste tappe sia una volata di gruppo».

Mark Cavendish ha ricevuto il tributo di Parigi per la carriera e il record di vittorie di tappa (foto A.S.O./Etienne Coudret)
Mark Cavendish ha ricevuto il tributo di Parigi per la carriera e il record di vittorie di tappa (foto A.S.O./Etienne Coudret)

Partenza per velocisti

Un Tour come una volta, insomma, perché quando si parte da lassù, è chiaro che per arrivare alle montagne ci saranno da percorrere diverse centinaia di chilometri

«E’ chiaro – ha detto ancora Prudhomme – che se si parte da Nizza, Bilbao o Firenze, come negli ultimi tre anni, si è già ai piedi delle salite. Forse il prossimo sarà un Tour più tradizionale, ma non c’è stata una scelta in questa direzione. Semplicemente è dipeso dalla scelta del luogo di partenza. Sarà invece tradizionale l’arrivo finale a Parigi. Siamo stati molto felici di arrivare a Nizza, l’unica città a offrirci questa opportunità a pochi giorni dall’apertura dei Giochi Olimpici. Ma siamo anche molto felici di tornare a Parigi sugli Champs Elysées e sono sicuro che sarà lo stesso tra 25 o 50 anni».

Il Tour de France 2025 misura 3.320 km con 51.550 metri di dislivello
Il Tour de France 2025 misura 3.320 km con 51.550 metri di dislivello

21 tappe, 2 crono, 2 riposi

Un’edizione totalmente in suolo francese, con una serie di tappe molto interessanti e trappole lungo il percorso, a partire dalla crono di Rouen del quinto giorno e poi l’arrivo su Mur de Bretagne due giorni dopo. I Pirenei prima delle Alpi, con l’arrivo di Hautacam e la cronoscalata dell’indomani a Peyragudes che precede un’altra giornata di montagna: cruciale gestire bene le forze. La via che porta verso le Alpi incontra il Mont Ventoux, che immette negli ultimi giorni ad altissima tensione

1ª tappa (5/7)Lille – Lille185 km
2ª tappa (6/7) Lauwin Planque – Boulogne sur Mer212 km
3ª tappa (7/7)Valenciennes – Dunkerque172 km
4ª tappa (8/7) Amiens – Rouen173 km
5ª tappa (9/7) Caen – Caen (crono)33 km
6ª tappa (10/7)Bayeux – Vire Normandie201 km
7ª tappa (11/7) Saint-Malo – Mur de Bretagne194 km
8ª tappa (12/7) Saint Méen Le Grand – Laval174 km
9ª tappa (13/7) Chinon – Châteauroux170 km
10ª tappa (14/7) Ennezat – Le Mont Dore163 km
Riposo (15/7) Toulouse
11ª tappa (16/7) Toulouse – Toulouse154 km
12ª tappa (17/7) Auch – Hautacam181 km
13ª tappa (18/7)Loudenvielle – Peyragudes (crono)11 km
14ª tappa (19/7) Pau – Luchons-Superbagnéres183 km
15ª tappa (20/7) Muret – Carcassonne169 km
Riposo (21/7)Montpellier
16ª tappa (22/7) Montpellier – Mont Ventoux172 km
17ª tappa (23/7) Bollène – Valence161 km
18ª tappa (24/7) Vif – Courchevel, Col de la Loze171 km
19ª tappa (25/7) Albertville – La Plagne130 km
20ª tappa (26/7) Nantua – Pontarlier185 km
21ª tappa (27/7)Mantes-la-Ville – Paris120 km
Totale 3.320 km

Salite diversamente mitiche

Pianura in avvio, ma per fortuna le montagne non mancheranno, con qualche gradito ritorno. Come quello del Mont Ventoux, che per la prima volta da oltre dieci anni avrà l’arrivo sulla cima. L’ultima volta fu nel 2013, quando Froome scatenò la prima della lunga serie di… frullate che gli avrebbero permesso di dominare per quattro volte il Tour.

«Ci eravamo passati nel 2021 – ricorda Prudhomme – ma l’arrivo era in fondo, a Malaucène. C’è stato anche l’arrivo accorciato nel 2016 allo Chalet Reynard a causa del vento, quando Froome si mise a correre a piedi. In realtà saranno passati 12 anni da quella prima vittoria di Chris. Ci sono effettivamente alcune tappe obbligatorie, perché sono monumenti del Tour, luoghi mitici. Il Tourmalet, il Galibier, il Ventoux o l’Alpe d’Huez, ma abbiamo capito e lo hanno capito i politici locali che oltre a certi traguardi mitici si possono azzardare anche altre salite meno conosciute. Per questo sono nati il Col de la Loze e la Planche des Belles Filles, che appartengono a una storia molto recente. Tutto quello che dobbiamo fare è sperare che la cronometro in salita di Peyragudes non dia la svolta definitiva al Tour e che l’arrivo sul Ventoux lasci ancora un po’ di suspense per ultime due tappe alpine di Courchevel e La Plagne».

Sarà stato un modo di dire, ma in fondo che la corsa venga schiacciata subito dal solito dominatore è qualcosa che fa tentennare anche gli organizzatori. Come andare al cinema per un thriller, sapendo già come andrà a finire. Forse in cuor suo e da ottimo giornalista qual era, Prudhomme tifa per il ritorno di Vingegaard e la crescita di Evenepoel.

Parigi, gli ultimi appunti alla fine del viaggio

15.08.2024
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PARIGI (Francia) – La città va in bicicletta. Lo slogan è “Vive la vélorution”, gioco di parole ben riuscito che trovi un po’ ovunque. Se non è in francese, è in inglese. “Love vélo”. Quando vogliono, anche i francesi usano l’inglese. Da tempo in città è in corso una campagna del Comune per spingere i cittadini ad andare in bici e per i Giochi sono arrivati altri 60 chilometri di piste ciclabili. Ce n’erano già mille. Questi si chiamano “Olimpiste”, perché con le parole si gioca, questo s’è capito, e collegano tutti i siti delle competizioni.

Anche il velodromo di Saint Quentin en Yvelines, che è quasi 20 chilometri fuori Parigi e che davanti all’ingresso ha una strana scultura con un podio dove sul primo gradino c’è un gatto, sul secondo una tartaruga e sul terzo una lumaca. L’ha realizzata Philippe Geluck, uno scultore belga che è anche fumettista e ha rappresentato sul podio “Le chat”, cioè il suo personaggio. L’opera si chiama “Il Dio dello Stadio”. Il senso è, spiegato dall’autore: “Se vuoi vincere, devi sceglierti gli avversari”. Cioè una lumaca e una tartaruga. Ci torneremo, purtroppo non in bicicletta.

L’urlo di Madiot

Non abbiamo visto né lumache né tartarughe a Parigi. Gli ultimi sono stati applauditi come i primi, sia sulla collina di Montmartre (foto Paris 2024 in apertura), dove il popolo del ciclismo ha fatto sentire tutto il suo entusiasmo, sia all’arrivo. Applausi per Jakob Soederqvist, svedese, arrivato a 14’22” da Remco Evenepoel. Applausi per Phetdarin Somrat, thailandese, arrivata a 14’19” da Kristen Faulkner. Applausi per i secondi, per uno in particolare: Valentin Madouas.

Dall’ultima fila della tribuna stampa, a un certo punto sale forte un urlo. Dice più o meno così: «Vieni piccolo mio! Per la tua famiglia! Per i bretoni! Per la Francia! Prendi questa medaglia, ce la meritiamo!». Chi urla è Marc Madiot, il suo manager alla Groupama-Fdj. Fece una cosa simile per Thibaut Pinot in vetta al Tourmalet nel 2019, ma non c’era tutta una tribuna a sentirlo.

Madouas in marcia verso l’argento, sospinto dal tifo di Madiot in tribuna
Madouas in marcia verso l’argento, sospinto dal tifo di Madiot in tribuna

I Giochi delle vecchie glorie

Non avrebbe potuto sentirlo nessuno se ci fosse stata la stessa pioggia che c’era durante la cronometro e che non ha condizionato solo la prova di Filippo Ganna, che ha sbandato ed è stato bravissimo a rimanere in piedi. Ogni postazione era coperta da plastica trasparente, per salvare computer e tutto ciò che avesse bisogno di elettricità dall’acqua. Nonostante ciò, sono scappati tutti. Anche Laurent Jalabert, che sprintava come ai vecchi tempi. Anche Cadel Evans, al riparo sotto un ombrello gigante offerto dalla tv australiana.

Non le uniche “vecchie glorie” incontrate. Abbiamo visto anche Jeannie Longo dare il via alla prova femminile, Peter Sagan a quella maschile e Annemiek van Vleuten assistere alle finali del nuoto. Lei ama l’acqua e sarebbe rimasta anche senza plastica e senza ombrelli ad assistere alle prove a cronometro. Quella maschile si è conclusa con l’argento di Ganna, sul podio tra l’oro Evenepoel e il bronzo van Aert. Podio curioso, perché da Pont Alexandre III si vedeva, correttamente, Ganna sulla sinistra, Evenepoel al centro e van Aert sulla destra. Cioè dove devono stare il secondo, anche se non è una tartaruga, il primo, anche se non è un gatto, e il terzo, anche se non è una lumaca. Poi vedi alzarsi le bandiere e vedi due bandiere del Belgio a sinistra e al centro e quella dell’Italia a destra. Tutte con i colori invertiti. Per vederle giuste serviva uno specchietto retrovisore, oppure guardarle in tv. La regia francese infatti aveva previsto l’inquadratura da un lato della Senna per gli atleti e da quello opposto per le bandiere.

Peter Sagan dà il via alla prova su strada dei professionisti (foto UCI)
Peter Sagan dà il via alla prova su strada dei professionisti (foto UCI)

Fra Mattarella e Remco

Sono stati Giochi pensati per la tv, non solo per le cerimonie di apertura e per le location. Comunque vive la Velorution, ma senza accento. Velo nel senso di Marco, Ct della cronometro, specialità in cui per la prima volta un italiano sale sul podio, per quella che è anche la prima delle quaranta medaglie di tutta la spedizione italiana. C’è anche il presidente Mattarella.

«Mi spiace di averla fatta aspettare sotto la pioggia», gli dice Filippo Ganna, che è un po’ triste. «A 28 anni, era la mia ultima occasione». Incarnerà il diritto di ognuno di noi a contraddirsi dopo il bronzo col quartetto. «A 28 anni, penso già al 2028». Per età, a Los Angeles, salvo imprevisti, ci sarà anche Evenepoel. Difficile pensare di vederlo nel baseball, disciplina che tornerà nel programma olimpico, almeno come ricevitore. Appena si siede in conferenza stampa, stremato, implora i presenti: «Qualcuno ha qualcosa da mangiare?». Dall’alto (la conferenza si tiene in un cinema) gli tirano una merendina e lui non riesce a prenderla. Si china per raccoglierla, gliene tirano un’altra, ma niente da fare. Battitore in prima base.

Tanta pioggia sulla crono di Ganna, mentre Mattarella lo aspetta senza ombrello
Tanta pioggia sulla crono di Ganna, mentre Mattarella lo aspetta senza ombrello

L’Italia, una squadra

Saint Quentin en Yvelines è un mondo a parte. All’ingresso trovi tifosi travestiti da tigre o da ape, forse giusto per contrastare lumache, gatti e tartarughe. I volontari creano un corridoio umano e applaudono gli spettatori che entrano come se fossero ciclisti e che poco prima hanno scommesso tra di loro sull’esito delle gare.

All’interno trovi David, il papà di Vittoria Guazzini scambiato per un olandese perché si veste di arancione per scaramanzia. Chiara Consonni che piange dopo il quarto posto nell’inseguimento e salta in braccio al fratello dopo l’argento di Simone nella madison. Nel frattempo, ha regalato all’Italia una delle immagini più belle dei Giochi con il suo: «Ma cosa abbiamo fatto?», dopo averla vinta lei, la madison, che fino a poche ore prima non era neanche sicura di fare. Ma la cosa che colpisce di più è vedere come ogni risultato dell’Italia sia stato accolto come un risultato di tutti. Non c’è stata gara in cui, a meno che non ci fossero i rulli a chiamare, tutti i convocati del Ct Villa siano stati lì a sostenere chiunque fosse in pista, in qualsiasi posizione. Sì, l’Italia è stata una squadra e forse è questo che andrebbe detto al giornalista inglese che chiede: «Ma come mai siete sempre forti, se non avete piste?».

Sembra Montichiari, ma è Saint Quentin en Yvelines. L’11 agosto il velodromo chiude e si trattiene tante emozioni. E per un attimo cala ancora un velo, un velo di tristezza. Poi esce l’Italia e vedi Elena Cecchini ed Elia Viviani che si guardano. E pensi a come, dopo la madison, lei ha guardato lui mentre piangeva. «E’ arrabbiato, ma capirà che è un campione». E cala un velo di dolcezza.

La madison è d’oro, festa grande con Guazzini e Consonni

10.08.2024
6 min
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PARIGI (Francia) – «E’ stata una Chiara Vittoria». Inizia con un gioco di parole del presidente federale Cordiano Dagnoni l’analisi della bellissima, inattesa e per questo meravigliosa vittoria nella madison da parte di Chiara Consonni e Vittoria Guazzini. La serata a Casa Italia è rumorosa e bellissima. L’arrivo delle due ragazze è scenografico e travolgente. E quando sul maxischermo scorrono le immagini della vittoria, la commozione si unisce a un moto collettivo di orgoglio. Le due atlete azzurre dopo una buona partenza sono finite nelle retrovie, poi Vittoria Guazzini è riuscita a prendersi un giro di vantaggio su tutte le altre. Chiara Consonni ha gestito bene il vantaggio e così la pista di Versailles ha celebrato l’Italia.

Erano rimaste indietro, poi Guazzini ha preso il giro e l’hanno difeso con le unghie e i denti fino alla medaglia d’oro
Erano rimaste indietro, poi Guazzini ha preso il giro e l’hanno difeso con le unghie e i denti fino alla medaglia d’oro

La madison di famiglia

E pensare che due giorni prima, dopo il quarto posto del quartetto, quando a Chiara Consonni veniva detto: «La famiglia tornerà con una sola medaglia», aveva risposto: «Ma manca ancora la madison. La madison di Simone». Non la sua. Alla quale non avrebbe neanche dovuto partecipare, perché insieme a Vittoria Guazzini sarebbe dovuta esserci Elisa Balsamo.

E invece, fa notare adesso Chiara: «mancava la mia madison. Non ce l’aspettavamo, eravamo una coppia inedita. Avevamo fatto giusto qualche prova nei mesi scorsi. E’ un successo inatteso, forse però proprio per questo ancora più bello. La gara è stata difficile. Abbiamo iniziato bene, ci siamo persi in mezzo, poi l’attacco di Vittoria al momento giusto ha condizionato i tempi».

Fratelli Consonni: Chiara fresca olimpionica, Simone l’oro l’ha vinto a Tokyo e adesso tocca a lui, in coppia con Viviani
Fratelli Consonni: Chiara fresca olimpionica, Simone l’oro l’ha vinto a Tokyo e adesso tocca a lui, in coppia con Viviani

Fratello e sorella

Euforica, Chiara Consonni avrà bisogno di tempo per metabolizzare l’impresa: «Non mi ricordo quasi niente. Vittoria ha fatto l’attacco al momento giusto e ora siamo qui con la medaglia d’oro al collo. Spero di non star male come Simone dopo l’oro di tre anni fa. Ma è indescrivibile condividere ciò che è successo con lui, con i miei genitori, con il mio ragazzo e con chi mi vuole bene. E’ incredibile. Il primo pensiero dopo aver tagliato il traguardo è stato chiamare Simone.

«Non diamo tanto a vedere di volerci bene, ma siamo fratello e sorella che condividono i momenti importanti insieme. Non dimenticherò mai questa emozione. Il mio obiettivo di stagione era essere qui. Vedere che ora è una medaglia d’oro è diverso. Con Vittoria poi è ulteriormente speciale. Ci conosciamo da quando siamo piccole e ora eccoci qua».

Vittoria s’è desta

Ed eccola Vittoria Guazzini. Aveva grande gamba, ha avuto la capacità di capire quale fosse il momento in cui attaccare.

«Dopo aver rivisto le immagini inizio a realizzare, ma ci vorrà un po’ per rendermene conto. E’ incredibile. Questo oro pesa tanto e sono contenta di condividerlo con Chiara. Ci siamo aiutate tanto in questo periodo. Non sapevamo bene cosa fare. Ci siamo dette di non restare indietro e ci siamo ritrovate ultime. Invece alla fine è andata bene. La madison è una specialità un po’ pazza e imprevedibile. In un attimo ho spento il cervello, mi sono detta che bisognava andare a tutta. Mi hanno anche preso in giro per questo, ma è andata bene. Ho capito che era il momento giusto e bisognava cogliere l’attimo».

Il tricolore sulle spalle

Hanno continuato a girare in pista per un po’, prima di convincersi che fosse vero. Poi Vittoria si è avvicinata alla tribuna in cui, vestita di arancione, la sua famiglia l’ha abbracciata e le ha passato la bandiera tricolore. Una serie di gesti increduli e sorrisi radiosi. Campionesse olimpiche.

«Quando ho sentito l’inno di Mameli – prosegue Guazzini – non stavo realizzando bene che cosa stava accadendo. Questa medaglia d’oro pesa tanto. Ho avuto tanti momenti no, infortuni. Ma in quei momenti ho avuto grandi persone attorno a me che mi hanno aiutata a non perdere il focus. Dalla famiglia allo staff e le compagne di nazionale. Le ho fatto ammattire, ma ne è valsa la pena. Parte della medaglia è di tutte le altre ragazze del nostro gruppo».

Una madison provata poche volte e improvvisata senza troppi schemi, tattiche o tabelle
Una madison provata poche volte e improvvisata senza troppi schemi, tattiche o tabelle

Coppia nata in Belgio

Parola anche al cittì Marco Villa. «Questa medaglia è nata tre anni fa – dice – quando è partito il progetto e ho iniziato a lavorare con le ragazze. Avevo pensato a Elisa Balsamo, ma è stata sfortunata. Non ci abbiamo lavorato bene come volevamo. Nel frattempo l’hanno fatto Chiara Consonni e Vittoria. Siamo andati a una gara in Belgio, l’abbiamo vinta».

Già, cosa è successo in Belgio? «Lì abbiamo capito che Chiara potesse essere una ottima sostituta. Ho aspettato Elisa fino a due giorni fa. Evidentemente però non aveva recuperato e ho schierato Chiara. Mi spiace per Elisa, che è molto preparata e professionale. Complimenti a Chiara Consonni, che si è fatta trovare pronta. Sono state brave, si sono gestite bene, hanno fatto la differenza nel modo che hanno visto tutti».

Tutti i migliori

Come si prepara una madison? «Non dico niente prima. A volte me lo chiedono, ma non sono un mago, non posso sapere come andrà. Posso dire come interpretarla, quali gesti tecnici fanno risparmiare. Non c’è il prima, c’è il dopo. Io posso correggerli, ma in pista vanno loro». E ai Giochi Olimpici è diverso: «L’Olimpiade è una cosa diversa. L’oro ti lascia il titolo di campione olimpico, è una soddisfazione. Affrontare i Giochi è una cosa difficilissima, perché nel corso di un quadriennio può capitare di incontrare avversari non al meglio, ma all’Olimpiade no. Ognuno porta i migliori».

E i migliori stavolta – in questa madison cui forse nessuno pensava – siamo stati noi.

Sangalli su Parigi, viaggio in una squadra nata in salita

08.08.2024
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Tornato da Parigi con il nono posto di Elisa Longo Borghini nella gara su strada delle donne, Paolo Sangalli sta preparando valigia e appunti per il Tour de l’Avenir delle U23. Poi da lì sarà la volta di un ritiro in altura con le ragazze del mondiale, il campionato europeo e appunto la trasferta a Zurigo di fine settembre che chiuderà la stagione azzurra. Eppure c’è rimasta qualcosa in testa su Parigi. Non tanto per la prova della “Longo”, che ha fatto quel che ha potuto e alla fine s’è presa tutto sulle spalle, scusandosi per il risultato opaco. Quanto piuttosto per la scelta delle altre azzurre, che avrebbe avuto a nostro avviso un senso durante l’ultimo inverno, ma che i risultati della stagione avrebbero potuto mettere in discussione. Si sono portati i nomi o le migliori atlete a disposizione?

«A Parigi – dice il cittì azzurro – abbiamo fatto quello che ci eravamo proposti, a prescindere dalla giornata storta di Elisa. Avevamo impostato la gara perché prendesse meno aria possibile nei primi 110 chilometri e di fatto non ha mai messo fuori la testa. Pensavo che Silvia Persico (foto di apertura, ndr) tenesse di più, ma è rimasta attardata nella stessa caduta a 50 chilometri dall’arrivo che ha bloccato la Wiebes. Su quel circuito anche 20 secondi erano impossibili da recuperare. Volevamo fare come la Faulkner, ma non sempre le cose vanno bene. Parlando con loro ci siamo detti che abbiamo fatto il percorso ideale di avvicinamento e forse aver chiuso il Giro d’Italia all’ultimo metro dell’ultima tappa ha contribuito al fatto che Elisa sia arrivata a Parigi più stanca di quel che si pensava».

Nelle corse dure, Longo Borghini è la più solida. A Parigi un giorno nero
Nelle corse dure, Longo Borghini è la più solida. A Parigi un giorno nero
Non si può dare la croce addosso a lei, infatti. Corre troppo. Classiche, Vuelta, Giro di Svizzera, Giro d’Italia, Olimpiadi, adesso il Tour e Plouay e poi il mondiale…

Questo è il ciclismo femminile su strada di adesso. Anche la Kopecky è arrivata tirata, perché se fosse stata quella che conosciamo, l’oro lo avrebbe vinto lei. Non le scappava nessuno. La Vos è un’atleta che conosciamo benissimo, è arrivata dopo un mese e mezzo che non correva e ha preso l’argento. Le olandesi forse avrebbero dovuto correre tutte per la Wiebes, ma la caduta ha cambiato tutto.

Quanto è stato difficile fare questa squadra? Hai mai pensato di cambiare le tue scelte?

Ma no, perché a quel punto il cambiamento era possibile solo con un certificato medico. Avrei potuto farlo in caso di caduta o di Covid. Ma l’Olimpiade è anche una sintesi degli ultimi anni. E se andate a vedere, tre su quattro delle azzurre venivano da risultati a livello mondiale e io voglio in squadra gente che è capace di arrivarci.

Balsamo ha amato il percorso di Parigi al primo sguardo, ma le sue condizioni erano lontane dal meglio
Balsamo ha amato il percorso di Parigi al primo sguardo, ma le sue condizioni erano lontane dal meglio
Non dovrebbero avere però anche la condizione con cui sono arrivate a quei risultati? Persico da un po’ non è quella del bronzo di Wollongong e forse Elisa Balsamo dopo il ritiro al Giro non era una carta da rischiare…

Con la Persico abbiamo fatto un percorso per arrivare a Parigi nella massima condizione. Poi dopo il Giro, ha avuto il Covid. Una con cui sostituirla poteva essere la Bertizzolo, ma era out anche lei per la stessa caduta della Balsamo. Chi avrei dovuto portare?

Forse Soraya Paladin avrebbe garantito una base di lavoro di alto livello?

Credo che avrebbe potuto fare quello che ha fatto la Persico, magari qualcosa in più. E’ logico che con il senno di poi si può dire qualsiasi cosa, ma negli ultimi anni i risultati hanno parlato chiaramente. Persico avrebbe dovuto fare il Giro in progressione, poi invece è stata male. Aveva investito su quella corsa gli ultimi quattro mesi e siamo andati avanti. I segnali erano buoni e se non fosse rimasta intruppata in quella caduta, ci sarebbe stata un giro per dare una mano alla Longo. Perché su questo siamo d’accordo: in una gara così, l’unica che poteva arrivare davanti era la Longo.

Soraya Paladin, già azzurra a Tokyo, avrebbe rinforzato il team azzurro?
Soraya Paladin, già azzurra a Tokyo, avrebbe rinforzato il team azzurro?
Oppure una Balsamo al 100 per cento….

Che avrebbe fatto come la Wiebes, anche lei penalizzata dalla caduta. Alla fine lei puntava proprio alla vittoria. Balsamo ha fatto il massimo per la situazione che aveva. E comunque io sono uno molto deciso nelle cose e purtroppo non ho avuto neanche la scelta di Sofia Bertizzolo perché quella maledetta caduta in Spagna ha coinvolto sia lei sia Elisa Balsamo. Quanto alla Paladin, è una ragazza che considero molto ed è infatti già nei piani per il mondiale.

Si volta pagina?

Si volta pagina, lo sport è così. Siamo andati via da Parigi con un nono posto, dopo che Elisa veniva da due medaglie. Ma ugualmente, il primo bronzo venne per la caduta di Van Vleuten in discesa, sono cose che capitano. Le corse vanno così, ma non tolgono nulla allo spessore di Longo Borghini che per le grandi classiche è il corridore italiano di riferimento. Lei non ci sarà per gli europei, perché la lascio recuperare, ma per i mondiali conto di averla nuovamente al massimo.

Elena Cecchini è entrata nella fuga di giornata, come lo scorso anno ai mondiali di Glasgow
Elena Cecchini è entrata nella fuga di giornata, come lo scorso anno ai mondiali di Glasgow

Ci sono punti che scricchiolano, ma la posizione è condivisibile. Le Olimpiadi possono essere la sintesi dei risultati del triennio (in questo caso) precedente, ma a patto che gli atleti coinvolti abbiano lo stesso livello e forse il 2024 ha detto cose differenti. Almeno per i mondiali dovremmo averle tutte al meglio, sperando nel frattempo che Silvia Persico ritrovi lo smalto che a Wollongong nel 2022 la portò a tanto così dal vincere il mondiale.

Longo Borghini, peccato: il giorno storto nel giorno sbagliato

04.08.2024
5 min
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PARIGI (Francia) – Elisa Longo Borghini è la personificazione della delusione. Come tutti i più grandi, in ogni sport, punta sempre al massimo. E quando non lo raggiunge, come è successo a Parigi, il colpo è duro da digerire. Era arrivata in Francia con ben altre ambizioni e magari con l’idea di tentare il colpo grosso, dato che di medaglie olimpiche già ne aveva, ma mancava la più preziosa. Non lo dice, ma lo si intuisce guardandola negli occhi. Lo intuiscono anche alcune rivali che, passandole accanto, la consolano. E le ricordano il grande Giro d’Italia che ha fatto. Lei ringrazia, ma per il momento non può essere sufficiente per farle passare la tristezza.

Elisa, che cosa è successo?

Mi dispiace tantissimo. Non è il risultato che volevo, non è il risultato che speravo. E’ andata malissimo. Non ho scuse e non le cerco. Semplicemente, le gambe non andavano. L’avevo immaginato già nella prima parte, naturalmente ci ho provato lo stesso. Poi a un certo punto mi sono spenta in un attimo. Chiedo scusa a tutti. Ai tifosi che mi hanno seguito da casa, ai tanti italiani che c’erano sul percorso. Li ho visti, li ho sentiti, ho percepito il loro incitamento. In generale, è stata una bella corsa e con una bella atmosfera. Ma in questo momento passa tutto in secondo piano perché sono molto delusa.

Pensi che se la gara si fosse sviluppata in modo diverso avresti avuto più possibilità?

Non è questione né di sfortuna né delle avversarie, che sono state brave. Faulkner ha vinto e si è meritata la vittoria. La responsabilità sta solo nelle mie gambe. Non c’erano, tutto qua. E mi dispiace tantissimo perché avrei voluto onorare in ben altro modo una manifestazione importante come le Olimpiadi, la maglia azzurra e l’Italia, che meritava un altro risultato.

Le azzurre al via: Persico, Longo Borghini, Cecchini, Balsamo
Le azzurre al via: Persico, Longo Borghini, Cecchini, Balsamo
Sei comunque nona in una prova olimpica, pur in una giornata no. Non sei troppo severa con te stessa?

Il punto non è il risultato. Potevo essere quarta o ventesima. Mi dispiace non essere stata al meglio, perché questo significa non avere onorato la maglia che indossavo. Tutto sommato penso che abbiamo fatto la gara giusta e che ci siamo mosse tutte bene. Anzi, ringrazio le mie compagne di squadra per il lavoro fatto. Ognuna di noi ha dato ciò che aveva oggi, purtroppo non è bastato. Non so veramente cosa dire, né penso che si debba cercare chissà quale spiegazione, perché ho percepito chiaramente di essermi spenta. Un metro prima c’ero, un metro dopo non c’ero più.

E adesso? La stagione non è finita e ci sono ancora appuntamenti importanti da onorare. Dove magari cercare il riscatto.

Adesso andrò a casa e inizierò a pensare al Tour de France. Non c’è un attimo di riposo e forse è meglio. Questa è una botta che fa male e che continuerà a farmi male, ma non posso permettere che condizioni il resto della stagione, perché c’è ancora tanto da pedalare.

Emotivamente gli ultimi chilometri quanto sono stati difficili?

Negli ultimi chilometri non vedevo nulla. Dal punto di vista emotivo sono stati molto difficili. Cercavo di remare fino all’arrivo, non sapevo più nemmeno dov’ero. Non sono riuscita a godermi il percorso. Ma ringrazio ancora una volta i tifosi che c’erano sul percorso. Se sono riuscita ad arrivare sul traguardo è grazie a loro, che hanno continuato a incitarmi soprattutto negli ultimi chilometri, quando ormai era chiaro che non sarei arrivata da nessuna parte.

Sei riuscita a sentirli?

Sì tanto che un altro motivo di dispiacere è non essere riuscita a dare il meglio di me stessa in un contesto così bello. Oggi l’atmosfera era veramente speciale. Purtroppo capita, lo so, è già capitato, ma ogni volta è sempre molto dura da accettare.

Per Sangalli si tratta delle prime Olimpiadi da cittì azzurro, dopo quelle da collaboratore di Salvoldi
Per Sangalli si tratta delle prime Olimpiadi da cittì azzurro, dopo quelle da collaboratore di Salvoldi

Un black-out inatteso

Stremata, Elisa lascia la spianata del Trocadero e non alza nemmeno lo sguardo alla Torre Eiffel. Segno ulteriore che avrebbe voluto guardarla dal podio. La parola passa quindi al commissario tecnico Paolo Sangalli e alla sua analisi.

«Siamo stati protagonisti – dice – fino al momento in cui Elisa si è spenta. Può capitare nello sport e purtroppo è capitato oggi a lei. Fino a quel momento si era mossa bene. Era nel gruppo giusto, per quelle che sono le sue caratteristiche e le sue capacità. Non tutte le giornate sono uguali».

E il 4 agosto 2024 a Parigi era una giornata meno uguale delle altre. Peccato.

Doppio oro, Parigi ai suoi piedi: mai visto Remco così felice

03.08.2024
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PARIGI (Francia) – Sono i Giochi di Remco Evenepoel. Una settimana fa vinceva la cronometro, ora vince la prova in linea. E’ il primo, tra gli uomini, a vincere l’oro sia nella prova in linea sia a cronometro nella stessa edizione dei Giochi. Era capitato solo a Leontien van Moorsel nel 2000. Raggiunge Paolo Bettini, Hennie Kuiper ed Ercole Baldini nel ristretto gruppo di ciclisti capaci di vincere sia l’oro mondiale sia quello olimpico.

Sono i Giochi e così Remco gioca. «Qualcuno ha qualcosa da mangiare?», chiede appena si siede in una sala stampa che è un cinema. E cinema sia. Dalla platea gli arrivano due merendine che lui coglie al volo (non al primo colpo) e addenta famelico. Lo sforzo è stato grande, la gara è stata lunga e dura. «Ma non me ne lamento», preciserà alla fine. E ci mancherebbe.

Vittoria arrivata con lo scatto decisivo sull’ultima salita. Era questo il piano?

Sapevamo che quelle salite, nel circuito finale, potevano essere il punto in cui si sarebbe decisa la corsa. La pendenza mi ha ricordato quella di Wollongong (dove Evenepoel è diventato campione del mondo nel 2022, ndr). Leggermente meno ripida, ma più lunga. Ho subito visto che avevo un distacco serio e non c’è stata una reazione immediata nel gruppo dietro di me. Per fortuna, Wout e Jasper (Van Aert e Styuven, ndr) non c’erano, quindi si è creata immediatamente una situazione ideale. Sono partito nel momento tipico per me: quando la gara si fa dura. In quel momento la media si era alzata, ho pensato che potesse essere l’occasione giusta. Valentin (Madouas, ndr) ed io avevamo trenta o quaranta secondi di vantaggio, lui mi sembrava stare molto bene. Se lo avessi staccato lì, avrei vinto. Ed è andata così. Sì, il piano più o meno era questo.

C’è stato anche il brivido. Una foratura a 3,8 chilometri dall’arrivo che ti ha costretto a cambiare la bici.

Ho preso un ciottolo di pavè e ho subito messo piede a terra. Per fortuna la macchina era dietro di me, dato che avevo un minuto di vantaggio. In quel momento sono diventato un po’ nervoso. Soprattutto perché pensavo che il vantaggio potesse diminuire molto. La situazione non mi era molto chiara. Poi mi hanno detto che avevo un minuto. E mi hanno anche confermato che non era successo niente e che dovevo semplicemente godermi il momento. Ma non potevo esserne abbastanza sicuro.

E’ un anno incredibile per te.

Si, molto speciale. Questa vittoria è il punto più alto, ha un sapore particolare. Sono molto felice di aver vinto l’oro olimpico per la mia Nazione, per i tanti tifosi che c’erano oggi sulle strade. Un ambiente veramente incredibile. E’ stato bello farlo davanti alla mia famiglia e con le persone che mi vogliono bene. Loro sanno quanto era importante per me questa stagione. Penso di aver raggiunto i miei obiettivi sia al Tour sia con queste due vittorie olimpiche. E’ stato qualcosa di straordinario: credo che questo sia stato il mese più bello della mia carriera (sorride, ndr).

Prima di salire sul podio eri commosso. 

Era troppo per me. Soprattutto quando mi è stata data l’altra medaglia d’oro da appendere al collo da mia moglie Oumi. Se l’è portata con sé tutto il giorno e così abbiamo potuto fare questa foto con entrambi gli ori. E’ stata una sua idea. Bellissimo, mi sono sentito come Michael Phelps!

La gioia sul gradino più alto del podio: caro Remco, è tutto vero
La gioia sul gradino più alto del podio: caro Remco, è tutto vero
Il piano gara qual era?

La gara doveva essere resa dura. Ecco perché ho chiesto a Tiesj Benoot di accelerare. Forse all’inizio il suo forcing è parso eccessivo, ma ripensandoci oggi non ho nulla di cui lamentarmi.

E l’attacco di Van der Poel?

Non l’ho visto. Stavo ancora lottando con il freno anteriore e avevo bisogno di un po’ d’acqua in più. Non ero molto agitato. Poi ho visto che non era molto lontano, ho controllato Pedersen e ne ho approfittato andando al massimo. E’ lì che ho messo in tavola la mia prima carta vincente.

Van der Poel non è parso all’altezza della sua fama. Qui con Van Aert, davanti alla gente di Montmartre
Van der Poel non è parso all’altezza della sua fama. Qui con Van Aert, davanti alla gente di Montmartre
Si tornano a fare paragoni con Eddy Merckx.

Sono stato molto contento che sia venuto a salutarmi e ad abbracciarmi. Ma non voglio fare paragoni, sono epoche differenti, mondi differenti. Lui è stato il numero uno, non solo per il ciclismo. E’ tra i più grandi nello sport. Ha vinto tantissimo, io penso alla mia carriera.

Com’è stata la settimana dopo la cronometro?

Molto rilassata. Domenica non ho pedalato, lunedì e martedì pochi chilometri, mercoledì un giro più lungo, poi solo cose tranquille, per essere sicuro di essere al meglio in questa occasione.

Sull’arrivo ti sei fermato e hai allargato le braccia…

Volevo godermi il momento. E così mi è venuto da fare questo gesto, proprio sotto la torre Eiffel. Non sono certo il primo ad aver fatto cose del genere, spero vi sia piaciuto. Volevo godermi al massimo questo momento. Me lo sono meritato e sono contento di festeggiarlo con il mio team, la mia famiglia, con chi mi vuole bene. E ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato, oltre che la mia squadra. Ognuno ha fatto la sua parte, siamo stati tutti molto bravi.

Cosa ti senti di dire ai giovani che vogliono iniziare a fare ciclismo?

Sognate. Se sognate, potete raggiungere i vostri sogni. Fate le cose giuste, circondatevi delle persone giuste. E’ molto importante avere intorno chi pensa solo al tuo bene.

E il futuro? 

Vedremo (ride, ndr). Probabilmente stanotte non dormirò. Per il momento mi godo “solo’ il mio terzo posto al Tour e queste due medaglie d’oro (ride ancora, ndr). La mia stagione è stata comunque un successo.

Van der Poel e Alaphilippe: sono sbarcati i guastatori

01.08.2024
4 min
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All’appello mancavano soltanto Mathieu Van der Poel e Alaphilippe. L’olandese è arrivato ieri sera in Francia, nella base logistica scelta dalla federazione olandese per tutte le discipline ciclistiche. Il francese ha fatto lo stesso. Evidentemente le preparazioni si somigliano, in più oggi i corridori hanno potuto provare il percorso, anche se Van der Poel ha ritenuto di farne a meno.

Di Evenepoel si è già detto, se non altro per la conquista del titolo olimpico a crono. Poi c’è Van Aert, che con il terzo posto ha riservato per sé un posto in prima fila anche per la corsa di sabato. Altri corridori saranno certamente della partita, anche il Pidcock in super forma dopo l’oro nella mtb. Ma Van der Poel e Alaphilippe hanno conquistato classiche e mondiali correndo in maniera garibaldina e sono due dei più accreditati per far esplodere la corsa.

«Credo di aver seguito la preparazione ideale – dice il francese – con un approccio diverso dai miei connazionali Madouas, Laporte e Vauquelin. Non ho corso il Tour de France, ma ho fatto comunque il massimo. Mi sento bene, motivato. Non mi considero un favorito, sono qui per dare il massimo per la Francia, questo mi sta a cuore».

Un momento unico

C’è quasi il rimpianto per la scelta di aver rinunciato a Tokyo e insieme la consapevolezza di aver riallacciato il filo con il Julian arrembante, capace di attaccare e poi vincere in volata.

«I Giochi non possono essere un obiettivo ordinario – dice – le ultime edizioni dicono che anche nel ciclismo stanno diventando sempre più importanti e con un livello altissimo. Avevo scelto di restare a casa nell’anno di Tokyo per la nascita di mio figlio. Ma già allora dissi che speravo di esserci a Parigi. Era nella mia mente da un po’ e mi stavo preparando. Tutti avranno una carica d’animo in più perché sono i Giochi. Sarà un momento unico».

Il Centre Port Royal è la base scelta dalla KNWU olandese per tutte le squadre ciclistiche alle Olimpiadi
Il Centre Port Royal è la base scelta dalla KNWU olandese per tutte le squadre ciclistiche alle Olimpiadi

Come per Glasgow

Van der Poel è molto meno solenne, non si sa se per prudenza o perché ormai è talmente abituato alle grandi vigilie, da non sentire più di tanto quella olimpica. Certo il fatto di risiedere in un hotel a 35 chilometri da Parigi fa sì che la quotidianità sia piuttosto… ordinaria.

«Mi sono allenato in Belgio – spiega – avevo pensato di andare in Spagna, ma alla fine ho rinunciato. C’era poco tempo e poiché parteciperò ai Giochi con una nuova bici Canyon, ho preferito restare vicino al centro di assistenza. Ho cercato di guardare quello che ho fatto l’anno scorso, cercando di mantenere la stessa linea. Anche i mondiali di Glasgow si corsero due settimane dopo il Tour, solo che quest’anno è stato un Tour diverso, posso quasi dire di esserne uscito meno stanco. Per questo avevo ancora bisogno di allenamenti duri che mi facessero venire mal di gambe. Martedì ho fatto l’ultima distanza. Ora mi sento bene e cerco la gamba di Glasgow e quella sensazione di freschezza».

Van der Poel sarebbe uscito meno stanco dal Tour, perché sulle ultime montagne è andato al risparmio
Tour de France 2024, Mathieu Van der Poel

Meglio senza radio

Non deve essere semplice essere additato anche questa volta come colui che può far esplodere la corsa e forse per questo Van der Poel tende a sviare il pronostico.

«E’ una corsa atipica – dice – non è come nelle classiche, quando imposti una tattica e puoi controllare la gara. Questa volta sarà diverso. Nessuno sa in quale punto si farà la selezione, non è detto che succeda sulla salita di Montmartre. Dovremo soprattutto restare attenti e non farci sorprendere da una fuga da lontano. Se dovesse succedere, la corsa si chiuderebbe subito. So che tanti vogliono aprirla da subito, anche a Evenepoel piacciono certe situazioni. Mi piace il fatto che si corra senza auricolari, sono favorevole. Puoi decidere con la tua testa e questo di solito produce corse migliori. E soprattutto è un vantaggio per i corridori che sanno leggere la corsa».

Ganna, le luci e le ombre di una crono bellissima

27.07.2024
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PARIGI (Francia) – La prima medaglia italiana dei Giochi di Parigi viene dal ciclismo. La conquista Filippo Ganna nella cronometro ed è anche il primo podio italiano dal 1996, cioè da quando la corsa contro il tempo è entrata nel programma olimpico.

«Ma non pesa come un oro», dice subito Pippo senza nascondersi. E‘ stato autore di una grande prestazione, a 53.331 km/h. Ma ancora una volta il belga ha fatto di più e gli è arrivato davanti di 25 secondi, rallentando leggermente nel finale. E proprio nel finale Ganna ha costruito il suo argento, mettendosi dietro Van Aert e ricacciando indietro l’assalto di un Tarling sfortunato per via di una caduta (anche Ganna ha rischiato), ma che è già proiettato nel futuro. E il primo a saperlo è proprio Filippo. «Il domani è suo, io inizio ad andare verso i 30 anni, forse l’ultima occasione per vincere l’oro olimpico era questa».

Mezzo pieno e mezzo vuoto

E’ un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, ma pur sempre mezzo. Aveva dichiarato che sarebbe uscito senza rimpianti. E’ così?

«Più di questo non potevo fare. Il rimpianto è il colore della medaglia. Mi sono difeso, ho portato a casa una medaglia. Ma da italiano è un po’ come vedere la Ferrari quando arriva seconda: ti rode. Nel finale ho trovato la motivazione per spingere come all’inizio, la prestazione è in linea con i miei valori. Non sono un drago con la pioggia, ma ho fatto il massimo. Non è bastato, ho preso quasi mezzo secondo al chilometro e questo brucia».

L’ironia di Van Aert

Con Evenepoel è una sfida infinita, che però ha quasi sempre lo stesso vincitore. «Lui è un fenomeno, un grande campione. Lo sapevamo bene sul podio, con Van Aert. Mi ha detto: “So cosa vuol dire arrivare secondo. Poi l’abbiamo presa a ridere, provando a farci un selfie sul podio, ma non è riuscito. Troppo stanchi».

A proposito di stanchezza, si diceva che Evenepoel potesse essere stanco dopo il Tour. Di sicuro non era stanco di vincere. E’ stato il più continuo in questa cronometro dove Tarling ha pagato la foratura, Van Aert è calato nel finale, Ganna ha avuto un passaggio a vuoto con una sbandata. Cosa è successo?

«Ci ripenserò. La rivedrò. Sapevo che quel punto era pericoloso, bisognava prenderlo un po’ meglio. Sul finale mi sono detto: “Filippo, è troppo tempo che aspetti, non puoi sederti proprio adesso”. E ho trovato questa medaglia, che mi dispiace non sia d’oro. Ho faticato tanto, ho dovuto buttare via la visiera perché non vedevo più neanche il manubrio. Dovevo decidere se andare a terra o vedere la strada».

Le scuse a Mattarella

Ora non è più tempo di vedere la strada, ma la pista. E per un po’ non è più tempo di vedere Parigi. «Domani tornerò in pista a Montichiari con i miei compagni e cercherò di regalare all’Italia un’altra gioia. So che i ragazzi erano insieme a vedermi sul maxischermo, ora sono pronto a raggiungerli. Dopodomani sarò di nuovo con loro».

Sulla pista non ci saranno problemi di percorso o di pioggia. «Alla fine questa era una gara intermedia – prosegue Ganna – né troppo lunga né troppo corta. Non sapremo mai come sarebbe andata con il sole, è inutile chiederselo. Ho provato a spingere fino alla fine, non so come fossi in classifica dopo la sbandata. Ho rischiato di saltare psicologicamente, ma ho continuato e sono arrivato secondo».

In quel momento ha pensato al motivo per cui quando gli si chiede a chi dedica la medaglia risponde sicuro: «A me stesso». Perché «tutti vedono i 36 minuti di gara, ma non il lavoro che c’è prima. Quello lo so solo io. E non potevo mandarlo sprecato». 

Al traguardo ha trovato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che si è complimentato. «Gli ho detto che mi è dispiaciuto farlo aspettare sotto la pioggia, ma l’ordine di partenza era quello e io ero il penultimo». Prima di Evenepoel, che è arrivato ancora una volta prima di lui. 

L’analisi di Velo

In chiaroscuro anche l’analisi del commissario tecnico Marco Velo: «Filippo ha dimostrato di essere un campione, ribaltando una situazione che poteva vederci uscire dal podio. Ci ha regalato una splendida medaglia, la prima per l’Italia in questi Giochi. La sbandata? Non me ne sono accorto, ho sentito tutta la macchina che ha urlato, l’ho visto praticamente in terra. Poi ho visto quanto è stato bravo a rimanere in piedi. Se gli succede altre cento volte, cade centoventi. Gli ho detto di resettare e riprendere la concentrazione e lui ha fatto così. Il percorso? Più che altro la pioggia.

«Un atleta col fisico di Pippo fatica a rilanciare dopo le curve col bagnato. E’ come rilanciare un camion rispetto a una macchina. Comunque ha fatto numeri impressionanti, nulla da dire. E’ un signor podio, brucia, ma siamo consapevoli di aver fatto tutto al cento per cento».

Diciottesimo Alberto Bettiol, che non ha forzato, pensando alla prova in linea. Dove cercherà riscatto anche Elisa Longo Borghini, ottava nella gara vinta da Brown su Henderson e una sfortunata Dygert, condizionata da una brutta caduta.

Dal Giro Women alle Olimpiadi, quali indicazioni per il cittì Sangalli?

18.07.2024
6 min
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Che il Giro d’Italia Women regalasse spettacolo ed incertezza fino agli ultimissimi metri di gara forse non era stato preventivato da nessuno. Che potesse invece fornire utili indicazioni in vista delle Olimpiadi era piuttosto assodato da tempo. Ed in questo senso cosa si è segnato il cittì Paolo Sangalli sul suo taccuino?

A parte qualche assenza dovuta a diverse scelte di programmazione, al Giro Women erano presenti tante ragazze che saranno protagoniste a Parigi. Dalle atlete che si sobbarcheranno il lavoro oscuro alle cosiddette seconde linee – quanto meno per ciò che riguarda il borsino delle favorite – fino alle big che puntano dritto alle medaglie. Il primo appuntamento a cinque cerchi sarà la crono del 27 luglio poi si farà rotta verso la prova in linea del 4 agosto, dove c’è condensata la maggior parte dell’attesa. Prima di allora le azzurre di Sangalli – Balsamo, Cecchini, Longo Borghini e Persico – svolgeranno un raduno in altura per rifinire condizione e tattiche, seppur con qualche differenza. Andiamo a scoprire quindi quali sono gli ultimi appunti del cittì (in apertura con Balsamo, foto Il Ciclista Fotografo).

Dopo il testa a testa al Giro Women, anche a Parigi si rinnoverà la sfida Longo Borghini-Kopecky?
Dopo il testa a testa al Giro Women, anche a Parigi si rinnoverà la sfida Longo Borghini-Kopecky?
Paolo, partiamo naturalmente da Longo Borghini, splendida vincitrice del Giro Women.

Elisa l’avevo vista in grande forma durante il ritiro sul Passo San Pellegrino, dove avevamo sviluppato un bel blocco di lavoro con tutte le altre ragazze. Devo dire che non mi ha sorpreso la sua vittoria al Giro, o meglio, è andata oltre le mie previsioni. Ad esempio non ha avuto quel famoso giorno di crisi che aveva sempre avuto gli altri anni. La sua prestazione complessiva mi ha trasmesso tanta tranquillità. E so che porterà questa condizione fino a Parigi.

Lei farà anche la prova contro il tempo olimpica. Seguirà un programma diverso?

Sì, Elisa salirà a Parigi col gruppo crono il 23 luglio, mentre noi della strada andremo a Soraga in Val di Fassa dal 25 al 30 luglio assieme alla nazionale maschile di Bennati, per poi partire in aereo per la Francia il giorno successivo. Già nella crono di Brescia al Giro Women, Elisa è andata molto forte. Una prova solida. E per quella olimpica sono molto fiducioso. Il podio è ampiamente alla sua portata. Anzi, ritengo che sia un bene che corra la crono, così avrà già scaldato il motore.

Cosa possiamo dire delle altre azzurre?

Balsamo non è stata fortunata, ma non sono preoccupato. Ha preso la tonsillite e avevo messo in preventivo che potessero saltare fuori questi virus visto il grande caldo e i relativi sbalzi termici per raffreddarsi. Elisa ha fatto solo quattro tappe, nelle quali ha lavorato bene. Sono molto contento per il suo terzo posto di Volta Mantovana perché si è buttata nuovamente in volata, in un finale tutt’altro che semplice e con avversarie di altissimo livello. Arriverà pronta anche lei per Parigi.

Da Cecchini e Persico ti aspettavi qualcosa in particolare?

Hanno avuto compiti diversi al Giro Women, facendo tuttavia ciò che avevo chiesto. Elena si è confermata la “solita” atleta fidata che dà garanzie ed equilibrio. Ha lavorato tantissimo per Kopecky sia in volata che negli ultimi due giorni, che erano durissimi. Ha dimostrato di stare bene. Silvia invece è partita con l’obiettivo Parigi in testa, forse più delle altre. Ha lavorato su sforzi da 5/6 minuti come troverà sul percorso olimpico. Aveva messo nel mirino alcune tappe, ma ha dovuto giustamente adattarsi alle tattiche della sua formazione. A Chieti poteva fare qualcosa in più, ma aveva Magnaldi in fuga e non si è mossa. E’ comunque uscita in crescita dal Giro.

L’hai nominata prima. La Kopecky vista al Giro Women sarà l’avversaria numero uno oppure pensi che abbia consumato troppo?

Magari fosse solo lei quella da tenere d’occhio (sorride, ndr). Kopecky era partita per puntare alle tappe e rifinire la condizione. Si è trovata poi a giocarsi la generale e sappiamo che atleta sia quando è in lizza per una vittoria, specie se di quella portata. Non ha recuperato dallo sforzo del Blockhaus e all’ultima tappa ha pagato, anche se per me Elisa avrebbe vinto ugualmente perché era più forte. In ogni caso Kopecky sarà la principale nemica per le Olimpiadi.

Chi saranno le altre rivali per l’Italia?

Beh, prima facevo riferimento a chi non abbiamo visto al Giro Women, ovvero Vollering, Vos e Wiebes. Quest’ultima sta correndo al Baloise Tour (fino al 21 luglio, vincendo ieri il prologo d’apertura, ndr) e vedremo come sta. Prevedo una sfida a tre tra noi, Olanda e Kopecky, perché penso proprio che il Belgio sarà tutto per lei. Poi bisognerà fare attenzione alle outsider, ammesso che si possano definire così…

A chi fai riferimento?

Ci sono tanti nomi da tenere sotto osservazione. Niewiadoma non va mai sottovalutata perché lei c’è sempre. Però attenzione a quelle che hanno finito il Giro Women in crescendo. Grace Brown ha fatto una grande crono a Brescia (seconda per un solo secondo dietro Longo Borghini, ndr) e ci ha provato in diverse occasioni. Ludwig è stata protagonista nelle frazioni mosse e nella generale. Lippert ha vinto la tappa di Chieti, la più lunga del Giro, e mi è piaciuta tantissimo. Mi limito a loro, ma lista può essere più lunga.

In sostanza che gara si aspetta il cittì Paolo Sangalli?

Sicuramente sarà dura, fin dai primi chilometri. Il 2 agosto faremo una ricognizione collettiva sul circuito di Parigi quasi chiuso al traffico, anche se lo conosciamo bene perché ci eravamo stati nei mesi scorsi. E’ una gara che si presta a tante soluzioni, tipo il mondiale di Wollongong nel 2022. Difficile dire se si arriverà con un gruppetto di venti atlete o in solitaria, una ad una. Dall’ultimo scollinamento di Montmartre al traguardo ci sono ancora nove chilometri e quindi il tempo di recuperare. Di sicuro sarà un finale imprevedibile, soprattutto dal punto di vista mentale. Però io sotto quell’aspetto sono sereno. So di essere ben coperto dalle mie ragazze, pronte ad ogni evenienza.