Trent’anni fa con Ballerini, l’Het Volk e la Roubaix

27.02.2025
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Era il 25 febbraio del 1995, giusto 30 anni fa, quando Franco Ballerini vinse l’Het Volk e, leggendovi un auspicio, di lì a poco conquistò la prima Roubaix. Nel 2008, la Het volk è diventata Omloop Het Nieuwsblad, si correrà sabato da Gand a Ninove e non c’è guerriero del Nord che non brami di mettersi alla prova. Questi erano i suoi giorni. Il tempo di un passaggio alla Sanremo e il Ballero sarebbe sparito per tre settimane sulle strade del Nord. Come si faceva una volta, quando quel viaggio era una missione per veri soldati. Si prendeva possesso di un hotel, di solito piccino perché le grandi catene non c’erano ancora, e si passava il tempo allenandosi sui muri e sul pavé con lo stesso gruppo di compagni, giorno dopo giorno.

Sono passati 15 anni da quando Franco ci ha lasciato e da quel giorno, soprattutto quando si comincia a guardare verso il Nord, non c’è un solo momento in cui la mente di chi l’ha conosciuto non torni da lui. Per questo e per sentire come vadano le cose, abbiamo pensato di rinfrescare i ricordi con l’aiuto di Sabrina Ricasoli, sua moglie e mamma di Gianmarco e Matteo. I figli di Franco. Quelli che ti mostrava nel telefonino ogni volta che gliene chiedessi notizie e ti raccontava almeno un aneddoto di ciascuno, da cui emergevano come i gioielli che sono divenuti crescendo.

Het Volk del 1995: Franco Ballerini vince nell’opening weekend del Nord e getta le basi della prima Roubaix
Het Volk del 1995: Franco Ballerini vince nell’opening weekend del Nord e getta le basi della prima Roubaix
La campagna belga, Sabrina, ti ricordi?

Mi ricordo sì. La campagna del Nord è che Franco si trasferiva in Belgio per 20-25 giorni e quando iniziava l’anno era tutto un’attesa di quei giorni lassù. Faceva dietro moto con mio babbo (i due sono insieme nella foto di apertura a Roubaix, dopo la vittoria del 1995, ndr). Le uscite di tutti i giorni, però non ricordo che avesse un pezzo di pavé dove fare le prove. La distanza lunghissima durante la settimana. La dieta, perché non doveva prendere peso. Un test dietro l’altro. Ogni cosa nella preparazione invernale era fatta per la campagna belga.

E’ vero che a un certo punto cambiava anche l’umore?

Per capirci, vi racconto questo. Matteo gli assomiglia tantissimo, come aspetto ma di carattere anche di più. Lui ovviamente non è un personaggio pubblico, quindi magari non ci si fa caso. Però capita anche che stia zitto per un’intera settimana. E se ci parlo, parlo da sola. Anche Franco poteva restare in silenzio per un’intera settimana, ma non perché non fosse più una persona allegra. Era solamente la sua concentrazione, non lo so quel che era. Io so che molte volte parlava da sola anche con lui, ecco.

Giro di Lombardia 2003, Franco e Sabrina Ballerini in un weekend da commissario tecnico
Giro di Lombardia 2003, Franco e Sabrina Ballerini in un weekend da commissario tecnico
Visto il tuo essere spesso allegra, era un bell’andare, no?

Sì, sì, esatto. Che poi, aspetta, il bello è che doveva filare tutto liscio con la preparazione. Non ci doveva essere un raffreddore, non ci doveva essere assolutamente un’influenza. Se i bambini, in quel periodo c’era Gianmarco, riportavano un virus o un’influenza dall’asilo, Franco ovviamente dormiva in un’altra stanza. Le situazioni erano queste, poi magari era il primo che si ammalava e noi no. La prevenzione al quel tempo si faceva così.

Doveva stare a dieta?

Era molto concentrato nell’alimentazione, una tragedia familiare enorme. Franco purtroppo aveva la tendenza a prendere peso, specialmente d’inverno. Quando non c’erano le gare non faceva delle mangiate incredibili, proprio perché ci stava attento. Secondo me mangiava molto di più quando iniziava ad allenarsi. Sono arrivata a cuocergli tantissima pasta, però senza olio e senza burro, senza panne, senza condimenti. Forse per questo non so fare niente da mangiare, tra il fatto che non mi piace cucinare e il fatto che ho imparato solamente a fare carne ai ferri e pasta al pomodoro. Ma le insalate te le lavo come ti pare… (ride, ndr).

Quella scritta sulla maglia, preparata proprio con Sabrina, fu il commiato di Ballerini dalla Roubaix
Quella scritta sulla maglia, preparata proprio con Sabrina, fu il commiato di Ballerini dalla Roubaix
Per quello sei sempre così magra, ecco il segreto…

Infatti! Gianmarco è stato parecchio a mangiare dalla mia mamma, perché per i primi 2-3 anni da quando è nato si viveva da lei. Lui è un mangione incredibile, gli piace tutto e quando mi dice: «Mamma, sono a cena da te!», mi faccio il segno della croce, perché lui non l’accontenti con una pietanza. Franco mangiava in modo più salutare, che a me piace, perché è semplice da preparare.

Finché arrivava il momento in cui si faceva la valigia per il Nord…

La fase della valigia in realtà era normale, non è che ci fosse tensione o emozioni. Si sapeva che era il momento più importante dell’anno per lui e per noi come famiglia. Però la situazione era tranquilla, non ci dava tanto da pensare. Nel 1998 nella valigia ci mise un portachiavi fatto all’asilo da Gianmarco per la festa del papà. Invece quando poi diventò cittì, non partiva per il mondiale senza l’orologio rosso. Prima che arrivassero i figli capitò anche a me di andare su, ricordo un anno con la moglie di Cipollini e ci divertimmo tantissimo. Poi s’è smesso, mentre mio padre continuava ad andare con i tifosi. Ma senti cosa è successo l’altro giorno…

La bici della seconda Roubaix di Ballerini ha ancora il fango ed è un oggetto sacro per il popolo del ciclismo
La bici della seconda Roubaix di Ballerini ha ancora il fango ed è un oggetto sacro per il popolo del ciclismo
Che cosa?

Ora i miei figlioli sono tutti e due fidanzati, Gianmarco ha anche un bambino: Cristian. E l’altro giorno la sua compagna diceva: «Perché non si va a Roubaix un giorno?». Per Matteo, la morte di Franco è stata un tabù fino a quasi tre anni fa. Non se ne poteva parlare assolutamente e, se capitava, se ne andava. Non è mai stato a manifestazioni o commemorazioni. Invece da quando si è fidanzato, devo dare il merito alla sua ragazza, le cose sono cambiate. In più, lavorando in una concessionaria, si ritrova con il pubblico e capita che la gente gli chieda se sia il figliolo di Franco. E quindi s’è trovato a dover buttare giù, mattone dopo mattone, questo muro che aveva intorno. E ora gli piace, ne parla e riguarda le gare del babbo. Ne parla anche troppo, per essere un tipo così chiuso. Chissà quindi se tutti e quattro un giorno prendono e vanno a Roubaix, per vedere il velodromo e quei posti lassù.

Cosa ricordi di quando Franco vinse la prima Roubaix? Noi eravamo con lui e ricordiamo la telefonata a casa e Gianmarco che diceva: «Babbo, rubé! Babbo, rubé!».

Sì, perché Gianmarco aveva due anni, nel 1995. Anzi, doveva ancora compierli. Lì è stato un casino. La gente del paese da tutte le parti, questo bambino che non lo ritrovavo neanche e me lo prendevano per tenermelo. Insomma, un vortice incredibile. E come si fa a dimenticare? E’ stata la nostra vita, impossibile non ricordarlo.

Gruppo di famiglia. Con Sabrina, Gianmarco e il figlio Cristian, Matteo e le loro compagne (immagine Facebook)
Gruppo di famiglia. Con Sabrina, Gianmarco e il figlio Cristian, Matteo e le loro compagne (immagine Facebook)
Uno dei ricordi più belli venendo da voi poco dopo quella vittoria furono i cimeli tutti infangati esposti in casa.

Ci sono ancora. Lo sai, ci si abitua a tutto nella vita, no? Però capisci che sono cose di un certo valore quando incontri una persona che te lo fa capire. E io, guarda il destino, l’ho incontrata a una cena di beneficenza fatta nel giorno di San Valentino per il Meyer (l’ospedale pediatrico di Firenze, ndr) nel nome di Franco. C’era un ragazzo e noi avevamo la bici dell’ultima Roubaix, quella che c’è rimasto tutto il fango. E a un certo punto lui dice che deve alzarsi per andare a vederla da vicino ed è andato. Si è emozionato e poi è venuto accanto a me e non credeva che avessi ancora le scarpe di quel giorno. E lo vedevo che era proprio emozionatissimo, quindi mi sono detta che è proprio vero che sono ricordi preziosi. E insomma, quand’è così, gli dai ancora più valore…

Nuovo accesso all’Arenberg, quest’anno nessuna chicane

22.02.2025
4 min
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«Si è visto in qualche tweet – diceva qualche giorno fa Baldato a proposito della Roubaix, dopo il sopralluogo con Wellens e Pogacar – ma è una cosa che avevamo già previsto l’anno scorso. Si entra nell’Arenberg da una parallela nella parte sinistra. Si fa prima sinistra-destra e poi destra-sinistra a 90 gradi, invece che mettere una chicane come l’anno scorso. Non era bellissima, ma ha consentito di entrare nella Foresta a 30 all’ora invece che a 60 e non è successo niente. Quest’anno sarà simile, con la differenza che la via laterale allunga il gruppo e poi si rientra sulla strada principale 100 metri prima della Foresta. Si andrà a 40 all’ora invece di infilarsi là dentro senza rallentamenti».

Dopo aver provato la chicane realizzata lo scorso anno, Van der Poel la definì pericolosa
Dopo aver provato la chicane realizzata lo scorso anno, Van der Poel la definì pericolosa

La chicane con le barriere

Mathieu Van der Poel commentò la scelta di ASO con un post su X: «Ma è uno scherzo?». Però era vero. Visto il continuo verificarsi di cadute, lo scorso anno l’organizzazione della Roubaix aveva optato per costruire una chicane fatta di barriere. Sebbene la Foresta di Arenberg si trovi a più di 90 chilometri dall’arrivo, si è spesso rivelata un momento chiave nell’Inferno del Nord.

L’introduzione della chicane ha fatto sì che il gruppo di testa, che a quel punto della corsa era composto da una trentina di corridori, sia passato indenne attraverso quel lunghissimo settore di pavé. Restava la perplessità per la bruttezza di quella curva artificiale e così si è pensato di agire diversamente.

Due nuovi settori

Per l’edizione 2025 della Parigi-Roubaix, la 122 esima della lunga storia, l’immissione alla Foresta prevede per un anello attorno all’abitato di Querenaing, con due nuovi settori rispettivamente di 1.300 e 1.200 metri di lunghezza. «Non sono molto difficili – ha spiegato il direttore di corsa Thierry Gouvenou – ma ciò significa che avremo cinque settori di fila senza asfalto».

Una volta superati i due nuovi settori, i corridori faranno una deviazione attraverso il sito minerario di Arenberg, con la conseguenza di trovare quattro curve ad angolo retto nell’ultimo chilometro prima dell’imbocco della Foresta.

Il settore dell’Arenberg sarà il numero 19. A destra, la deviazione prima di immettersi nella Foresta

Il fascino della Foresta

La Foresta di Arenberg resta il passaggio più suggestivo della corsa. Il nome ufficiale del settore è Trouée d’Arenberg, mentre la strada in pavé che lo percorre ha un nome ancora diverso: La Dreve des Boules d’Herin. Fu inserita nella corsa a partire dal 1968 su insistenza di Jean Stablinski.

Si tratta di un rettilineo di 2,3 chilometri che nel senso della corsa tende a scendere. Le pietre del fondo sono così mal ridotte, che spesso la corsa ha qui la prima svolta decisiva, anche se, come detto, mancano ancora 90 chilometri all’arrivo. Per questo non c’è un solo corridore che non dica che la cosa più importante è avere il giusto posizionamento per stare alla larga da scivolate e cadute. La strada del resto è scivolosa più di altre dei dintorni perché, essendo chiusa al traffico per tutto l’anno, arriva al periodo della corsa coperta di fango ed erbacce.

Ottobre 2021, nessuna chicane e pioggia. Caduta nell’Arenberg: Van der Poel e Colbrelli attaccano. Vincerà Sonny!
Ottobre 2021, nessuna chicane e pioggia. Caduta nell’Arenberg: Van der Poel e Colbrelli attaccano. Vincerà Sonny!

Fra storia e progresso

Dopo aver detto che la trovata della chicane gli sembrava uno scherzo, Van der Poel si schierò apertamente contro la nuova soluzione, dicendo che a suo avviso avrebbe reso quel tratto ancora più pericoloso. Poi si adeguò al volere generale e ugualmente si servì dell’Arenberg per ipotecare la Parigi-Roubaix, conquistata con la maglia di campione del mondo.

Gli organizzatori di ASO hanno però fatto tesoro di tutte le osservazioni raccolte e la nuova soluzione appare molto più funzionale e coerente con il resto del percorso. In questa ricerca giusta della sicurezza, annotiamo che non potendo/volendo intervenire sulle bici per ridurre le velocità, si modificano i percorsi perché siano meno pericolosi. L’ingresso nell’Arenberg era uno dei momenti più forti nello svolgimento della Roubaix: averlo modificato significa che la storia si adegua al progresso. E che il progresso va avanti nonostante la storia.

Grandi Giri e Roubaix: per Pogacar la benedizione di Martinelli

18.02.2025
5 min
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Negli ultimi giorni il video di Pogacar nella foresta di Arenberg ha fatto il giro del mondo. Tutti ne hanno parlato, dagli avversari (intimoriti) ai tifosi (sognanti). In una recente intervista Fabio Baldato ci ha rivelato che quella ricognizione faceva parte di una due giorni più generale sulle strade del Nord, e che per quest’anno la Roubaix non è nei programmi del campione del mondo. Pogacar però non ha mai fatto mistero di voler correre la regina delle classiche e la sensazione generale è che abbia tutte le carte in regola per poterla vincere.

Un’idea – un corridore da corse a tappe che se la gioca sulle pietre francesi – che solo cinque anni fa sembrava impensabile. Non a caso l’ultimo vincitore del Tour de France a trionfare alla Roubaix è stato Bernard Hinault nel 1981, 44 anni fa. Abbiamo raggiunto al telefono Giuseppe Martinelli per chiedere la sua opinione su questa difficile quanto affascinante convivenza.

Dopo quasi 40 anni in ammiraglia Giuseppe Martinelli ha terminato nel 2024 la sua carriera da direttore sportivo
Dopo quasi 40 anni in ammiraglia Giuseppe Martinelli ha terminato nel 2024 la sua carriera da direttore sportivo
Martinelli, che effetto le ha fatto vedere Pogacar sfrecciare nella foresta di Arenberg?

Ci sono due cose che mi fanno pensare. La prima è che andato a provare perché non si sa mai, se dovesse sentirsi bene in quel periodo potrebbe anche dire: vado e provo. La seconda è che secondo me gli piace proprio andare in bici, in sella gli viene tutto facile e allora ci è andato anche giusto per divertirsi. Non possiamo saperlo. Quello che è chiaro è che sicuramente è l’unico corridore in questo momento che può pensare di fare una cosa del genere, vincere un Grande Giro e la Parigi-Roubaix. Sono molto curioso di vederlo ora all’inizio della stagione, perché credo che quest’anno andrà ancora più forte. Sa che Vingegaard arriverà al Tour più forte rispetto alla scorsa stagione, quindi anche lui arriverà ancora più preparato.

L’ultimo vincitore di Tour a fare sua la Roubaix è stato Hinault nel 1981. E’ davvero così difficile coniugare le due cose? 

Abbastanza. Roubaix e Tour si potrebbe anche fare forse, ma Roubaix e Giro è davvero difficile. 

Troppo ravvicinati? 

Sì, alla Roubaix una caduta è dietro l’angolo e non hai tempo di recuperare. In più una gara del genere ti lascia strascichi anche nelle gambe. E per uno che prepara il Giro sono tossine e fatiche che possono rimanere per molto tempo. Ma soprattutto il problema sono le incognite, gli incidenti. Quando programmi una stagione valuti anche i rischi, è normale, è alla fine di solito dici di no. E’ una questione di strategia e di rischi calcolati. 

Nel 2014 Nibali costruì gran parte del suo successo al Tour sul pavè
Nel 2014 Nibali costruì gran parte del suo successo al Tour sul pavè
Lei era in ammiraglia nella famosa tappa del pavè al Tour 2014, quando sulle pietre Nibali fece la differenza in maglia gialla. Anche considerando il suo passato in mtb avrebbe potuto provarla?

Quel giorno Vincenzo aveva una condizione eccezionale e accanto compagni fortissimi, Contador prese qualcosa come 4 minuti. Sono quelle giornate in cui viene tutto facile. Per quanto riguarda il provare a fare la Parigi-Roubaix ci abbiamo pensato molto, l’idea c’era ma non c’è stata l’occasione. Il problema, oltre ai rischi di cui parlavo prima, è che se un uomo di classifica va lì trova gli specialisti che si concentrano su quelle gare. Ai tempi di Vincenzo per esempio c’erano Sagan e Cancellara. Quindi era difficile andarci solo per provare, correndo quegli inevitabili rischi.

Magari avrebbe potuto andarci a fine carriera?

Nel 2022 volevamo provare, ma Vincenzo alla fine ha rinunciato e anch’io ho tirato un po’ indietro. Dispiace un po’ perché avrà quel piccolo rimorso, ma alla fine uno come lui non ha bisogno di quello per ampliare un palmares già straordinario. Poi nel 2022 c’erano già campioni più forti di lui e a quel punto non ne valeva più la pena.

La tendenza è di usare coperture sempre più larghe. Baroncini, in questa ricognizione del 2024, montava tubeless da 32 mm (foto UAE Team Emirates)
La tendenza è di usare coperture sempre più larghe. Baroncini, in questa ricognizione del 2024, montava tubeless da 32 mm (foto UAE Team Emirates)
Oggi sarebbe più facile rispetto al passato con i nuovi materiali che si hanno a disposizione?

Forse sì, è più semplice, con le nuove bici e i copertoni tubeless, magari si corrono meno rischi. Ma il punto vero è sempre un altro, cioè il fatto che, oggi soprattutto, alla Roubaix ci sono tre o quattro corridori fortissimi contro cui scontrarsi. Per un corridore da Grandi Giri pensare davvero di battere gente come Van Aert o Van Der Poel è dura, campioni del genere se non hanno problemi se la giocano tra loro. Quindi finisci con l’andare solo per partecipare, e un 6° o 7° posto secondo me non vale il rischio.

Considerazioni che valgono per tutti tranne che per Pogacar… 

Non c’è dubbio. Se dovessi buttarla lì, per lui è quasi più facile vincere la Roubaix che la Sanremo. Perché sul pavè contano le gambe e la tecnica, e lui ce l’ha tutte e due. Ha anche una squadra forte, con compagni come Wellens e Politt che lo possono pilotare molto bene.

Tadej Pogacar probabilmente non sarà al via della Roubaix 2025, ma l’appuntamento è solo rimandato
Tadej Pogacar probabilmente non sarà al via della Roubaix 2025, ma l’appuntamento è solo rimandato
Se lei fosse il suo DS quando gliela farebbe fare?

Intanto se fossi il suo tecnico, sarei molto contento, in generale. A parte gli scherzi, lascerei decidere a lui. Gli direi: «Quando vuoi farla, io ci sono». Poi ha il vantaggio che non deve preparare più di tanto una gara del genere, perché lui è sempre pronto, basta fargli trovare la bici a posto e lui va. Ora che non sono più dentro il ciclismo ho proprio voglia di godermelo, mi è piaciuto dal primo giorno. Perché semplicemente è un fenomeno e quindi fa cose impensabili per gli altri, anche vedendole da fuori. Io ho seguito il ciclismo tutta la vita, ma quando l’ho visto attaccare al mondiale a 100 chilometri dall’arrivo ho spento la tv e sono andato a farmi una passeggiata.

Perché credeva che la gara fosse già finita lì? 

No, al contrario, perché pensavo l’avesse buttata via. Poi dopo un’ora e mezza sono tornato, ho riacceso la tv ed era ancora lì, in testa. Qualcosa di davvero incredibile. Non mi sono mai divertito tanto a guardare il ciclismo come gli ultimi tre-quattro anni, perché se ami questo sport non puoi non voler bene a corridori del genere che ti fanno saltare sulla sedia e avvicinano tanti giovani alla disciplina. Speriamo che tutto questo aiuti anche il movimento italiano.

Baldato nella Foresta con un ospite speciale

12.02.2025
7 min
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Agile e potente. Capace di saltellare su sassi ancora infangati come se non avesse fatto altro per tutta la sua vita. Rilassato e sicuro. A forza di vederlo sfrecciare sul pavé nei video su Instagram, la curiosità di sapere come sia andato il viaggio al Nord di Tadej Pogacar è diventata irrefrenabile. Ed è per questo che abbiamo suonato alla porta di Fabio Baldato, che da esperto guerriero del Nord non si è perso un solo gesto del campione del mondo. E come al solito non ha potuto fare altro che ammettere il suo stupore.

Lo stesso dei tifosi, ignari di tutto, che se lo sono visto uscire dalla Foresta di Arenberg e indossare in tutta fretta il giubbino iridato per farsi una foto ricordo. Altrimenti per questa scorribanda sul pavé del Fiandre e della Roubaix, lo sloveno aveva puntato su un look all-black, anche per passare inosservato.

«Sta a noi essere bravi e proteggerlo – sorride Baldato – perché lui si fermerebbe con tutti. Non si nega a nessuno e non se la tira per niente. Si ferma per strada con il ragazzino che gli chiede di fare il selfie, l’autografo o di firmare la borraccia. E’ successo così all’uscita dell’Arenberg, come pure davanti all’hotel o sul percorso del Fiandre».

Sui muri del Fiandre, testando i nuovi materiali, per ricreare le condizioni del 2023
Sui muri del Fiandre, testando i nuovi materiali, per ricreare le condizioni del 2023

Il volo di andata il venerdì sera, il ritorno di domenica sera. Wellens e Pogacar da Nizza, Baldato da Venezia. E in mezzo il personale con i mezzi. Era una trasferta programmata da tempo, soprattutto per testare i nuovi materiali. Pogacar non corre il Fiandre dal 2023 (quando lo vinse) e voleva recuperare il tempo perso.

Quando è nato il progetto?

Lo avevamo pensato a dicembre. Saremmo dovuti andare in quattro, ma all’ultimo momento Morgado ha dovuto fare un piccolo intervento a una ciste, mentre Politt si è fermato a Mallorca e non era il caso che venisse su certe strade. Quindi alla fine da quattro corridori sono rimasti in due.

Qual era l’obiettivo?

Vedere il percorso. Tadej non ha fatto il Fiandre l’anno scorso e abbiamo materiali nuovi: ruote, anche tubeless e pressioni da provare. Quindi abbiamo voluto fare i test anche per lui, partendo dall’esperienza fatta nel 2024. Eppure, nonostante i test da fare, non ha sdegnato di fare due buoni allenamenti, belli intensi. Abbiamo fatto il Fiandre dall’inizio dei tratti in pavé, quindi 180 chilometri. E più o meno lo stesso per la Roubaix.

Il test della Roubaix è stato tanto per provare oppure c’è sotto qualcosa?

Quest’anno è stato tanto per provare. Che lui ce l’abbia nella testa, l’ha già detto anche in passato, ma non è nel programma di quest’anno. Al momento, almeno. Il motivo principale del nostro viaggio era rinfrescarsi il Fiandre e usare i materiali. C’era in programma di fare anche due giorni di buon allenamento, un buon carico di lavoro e siamo riusciti a fare tutto bene. Eravamo nel nostro classico Park Hotel di Waregem, che viene molto comodo per fare le ricognizioni.

Pogacar ha corso (e vinto) il Fiandre per l’ultima volta nel 2023. Baldato era sull’ammiraglia
Pogacar ha corso (e vinto) il Fiandre per l’ultima volta nel 2023. Baldato era sull’ammiraglia
C’erano anche i meccanici quindi?

Sì, c’era Maurizio Da Rin, che era con me già al Fiandre lo scorso anno. E con lui per le corse ci sarà anche Bostjan, il meccanico di Tadej. Volutamente abbiamo portato uno dei meccanici che ha più esperienza e che segue tutto il discorso delle gomme, delle pressioni e altro. Tadej ha provato. Si è fidato di quello che avevamo usato l’anno scorso, poi ha saggiato un paio di opzioni di pressione per come erano state suggerite dal settore performance. Ha provato ad abbassarle un po’, quindi ha rimesso quello che era stato consigliato e alla fine si è fidato di quello che gli era stato consigliato. Il corridore deve avere l’ultima parola, sentirsi sicuro. Altrimenti succede che parte in un modo, poi si ferma e si mette a sgonfiare le gomme e non sai mai se va bene.

Anche perché dietro c’è uno studio. 

Va tutto in base al peso. Vengono calcolate le pressioni ed è buono soprattutto quando puoi avere gli stessi materiali dell’anno precedente. Invece questa volta avremo materiali diversi rispetto al 2023 ed era importante riuscire a ricreare condizioni simili.

Tu che qualche Roubaix l’hai vista e l’hai anche fatta, come hai visto Pogacar sul pavé?

Lo avevo visto già al Fiandre e ti impressiona. Possiamo classificarlo come corridore per tutti i terreni, uno scalatore che va fortissimo sul pavè, anche se non lo puoi classificare come scalatore. Puoi dire che sia anche un cronoman, uno scalatore, un passista e tra un po’ anche un velocista. Non ha paura. E nonostante non abbia una stazza massiccia e pesante, stupiscono la stabilità, la velocità e la forza che imprime sui pedali.

Cosa si può dire del suo colpo di pedale sul pavé?

Va di cadenza. Ha una bella pedalata rotonda e la cadenza lo aiuta. C’è il corridore che va di forza e lo vedi calciare i pedali e quello che invece li fa girare. Che spinge, tira, spinge e tira. Una pedalata rotonda, quasi da pistard o da scatto fisso, che è quella che rende sul pavé. Io riuscivo a andarci bene perché venivo dalla pista. Rui Oliveira è un altro che pedala da pistard. Tanti invece riescono ad andare bene perché vanno di forza. Sono due diversi modi di andare che alla fine rendono.

Pogacar si è allenato per entrambi i giorni vestito di nero: solo all’uscita dell’Arenberg, racconta Baldato, ha indossato il giubbino iridato
Pogacar si è allenato vestito di nero: solo all’uscita dell’Arenberg, racconta Baldato, ha indossato il giubbino iridato
In effetti veniva da notare che anche Nibali era riuscito ad andare bene sul pavé al Tour del 2014…

E anche Vincenzo infatti era uno che la pedalata la faceva rotonda, non buttava il rapportone, non era un corridore alla Ballero. Lo ricordiamo tutti al Tour del 2014

E’ vero che dopo la recon della Roubaix, Tadej era contento come un bimbo?

Era entusiasta, ha passato una bella giornata. Si è divertito, quello sì: ve lo confermo. Sono stati due giorni in cui è andato tutto liscio. E non vi nascondo che avevo un po’ di brividi, perché il pavé non era dei più belli e lui andava dentro deciso come se niente fosse. Eravamo a una settimana dal UAE Tour, pensavo che se fosse successo qualcosa, mi sarebbe convenuto restare in Belgio. Ora lo dico scherzando, ma quando ero in macchina, ci ho pensato un paio di volte e sono rimasto zitto. Non avevo neanche coraggio di dirgli nulla, perché vedevi che gli veniva tutto naturale. Aveva la faccia sporca di chi ha fatto tante Roubaix.

Il pavé era ridotto davvero male?

Quando arrivi vicino alla Roubaix, un paio di settimane prima danno una pulita al pavé. Ma domenica c’erano parecchi tratti sporchi per i trattori che vanno a lavorare nei campi. C’erano punti infangati e alcuni anche sommersi. Non eravamo in gara, si potevano prendere con cautela, ma non troppo piano, perché sennò si correva il rischio di scivolare. Devi riuscire a far correre la bici come nella mountain bike o nel ciclo cross, trovare il giusto compromesso. Se vai piano, è più facile che scivoli.

Hai visto tanti di corridori, com’è per Fabio Baldato lavorare insieme a Tadej Pogacar?

E’ una soddisfazione, ma non voglio prendermi più di meriti di quelli che ho. E’ un ragazzo che si allena da solo, con il suo allenatore. E’ molto preciso. Noi possiamo dargli l’assistena e qualche consiglio, una nostra visione di corsa, ma lui ha le idee molto chiare. Capisce e vede la corsa, conosce tutti gli avversari, anche qualche new entry che dall’ammiraglia magari può sfuggire. Non voglio dire che sia facile, però ti fa sentire a tuo agio. Non è uno che se la tira, non ha bisogno di un portaborse. E’ importante fargli trovare le cose organizzate, semplici e che funzionano.

Baldato ha iniziato la stagione con il Tour Down Under: qui con Narvaez che ha conquistato la classifica finale
Baldato ha iniziato la stagione con il Tour Down Under: qui con Narvaez che ha conquistato la classifica finale
Avete trovato novità nei due percorsi?

Sono riuscito a avere entrambi i percorsi definitivi di Fiandre e di Roubaix. Ci sono un po’ di varianti, piccole cose, però siamo riusciti a fare il percorso del Fiandre e anche il nuovo ingresso della Foresta di Arenberg. Non ci sarà più la chicane dell’ultima volta, ma una doppia curva destra-sinistra a 90 gradi. Farli rallentare era necessario. L’anno scorso ci sono entrati a 30 all’ora e non è successo niente. Con i materiali di adesso e la strada che un po’ scende, sarebbero capaci di entrarci anche a 60 all’ora e ci sarebbero dei bei problemi di sicurezza.

Van Aert inquadra il 2025: zoom su Fiandre e Roubaix?

01.01.2025
4 min
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Il Belgio del ciclismo trattiene il fiato per conoscere il programma di gare di Wout Van Aert (in apertura immagine Instagram/Visma-Lease a Bike), che sarà svelato il 14 gennaio durante il media day della Visma-Lease a Bike a La Nucia, in Spagna. La partenza di Merijn Zeeman ha tolto dal tavolo l’artefice dell’insolito schema 2024, che venne poi vanificato dalla caduta alla Dwars door Vlaanderen. Eppure in questo estremo rincorrere la condizione perfetta, sono tanti quelli che temono un’altrettanto insolita programmazione.

La caduta di Van Aert alla Dwars door Vlaanderen che compromise la primavera 2024
La caduta di Van Aert alla Dwars door Vlaanderen che compromise la primavera 2024

Via dall’Italia

Lo scorso anno Van Aert rinunciò alla Strade Bianche e la Sanremo per farsi trovare al massimo al Fiandre e alla Roubaix. In un’intervista commentò il fatto che essere ciclisti professionisti significhi ormai essere professionisti anche della noia, passando giorni e giorni in altura e rinunciando a due gare che già in passato lo avevano visto protagonista assoluto. E del resto fu proprio a causa di quel periodo supplementare in altura che Van Aert prese parte alla gara dell’incidente. Si trattava di scegliere fra Gand-Wevelgem, Harelbeke e Dwars door Vlaanderen. La prima cadeva nella finestra temporale in cui il ritorno dall’altura offre più disagi che vantaggi e per questo si optò per la seconda e la terza. La Attraverso le Fiandre sarebbe stata l’ultimo test fra l’altura e il Giro delle Fiandre, si trasformò invece nella tomba della sua primavera.

La caduta, di cui si è parlato per gli effetti e poco per la dinamica, ha tenuto banco a lungo in Belgio. Quel tratto, ritenuto pericoloso, era stato tolto dal percorso del Fiandre ma non da quello della corsa di preparazione. Raccontano i presenti che prima di abbattersi violentemente sull’asfalto, Van Aert abbia raggiunto volando un’altezza mai vista in una gara di biciclette. E che Alaphilippe, passato poco dopo sul posto, si sia ritirato per la violenza della scena e il ricordo del suo incidente alla Liegi del 2022.

Nel 2020 Van Aert vinse strade Bianche e Sanremo, dove batté Alaphilippe in volata
Nel 2020 Van Aert vinse strade Bianche e Sanremo, dove batté Alaphilippe in volata

L’altura in extremis

La squadra non ha mai rinnegato la scelta e questo fa pensare che potrebbe farla nuovamente. Tiesj Benoot, che aveva seguito lo stesso cammino di Van Aert, ammise di aver avuto al Fiandre una giornata eccellente. E anche i tecnici hanno ammesso che Van Aert ci sarebbe arrivato con il giusto peso e con i migliori valori. Anche se di fatto non ci è mai arrivato e non ha potuto lottare per la Strade Bianche e ancor di più la Sanremo che avrebbero dato – in caso di esito positivo – ben altro sapore alla sua primavera.

La domanda del pubblico e degli addetti ai lavori è dunque se Van Aert ripeterà lo stesso schema o rimetterà mano al programma. La sfida nella sfida fra gli allenatori è quella di arrivare alle grandi classiche del Nord passando per uno stage tardivo in quota, che però ovviamente costringe a grandi rinunce: le due classiche italiane potrebbero essere nuovamente escluse dal programma del campione.

Roglic e Van Aert sul Teide: un’immagine di febbraio 2021. Wout corse poi Tirreno e Sanremo prima del Nord
Roglic e Van Aert sul Teide: un’immagine di febbraio 2021. Wout corse poi Tirreno e Sanremo prima del Nord

Comunque un’impresa

Lette da qui, potrebbero essere questioni da derubricare con uno sbadiglio. In Belgio invece attorno a Van Aert c’è come sempre un seguito oceanico che si interroga ossessivamente sui tempi del ritorno e il livello che ritroverà. Basti pensare che dal momento in cui il belga ha annunciato il debutto nel cross di Loenhout, la prevendita dei biglietti è schizzata alle stelle, ben più di quello che sarebbe accaduto se la sola star fosse stata Van del Poel. Dodicimila tagliandi acquistati online, cui se ne sono aggiunti 3.500 venduti sul posto, che con 15.500 presenti hanno stabilito il record assoluto di biglietti venduti in uno dei cross più classici del Belgio.

Il belga non fa mistero che nei prossimi quattro mesi per lui esistano soltanto due corse – il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix – e per certi versi viene da condividerne il pensiero. Fino a qualche anno fa la domanda non era se le avrebbe vinte, ma quando. In realtà Van Aert ha compiuto trent’anni e non ci è ancora riuscito. La causa principale è stata la sfortuna, poi ci sono stati alcuni problemi meccanici e soprattutto avversari enormi. Anche per il miglior Van Aert certe corse non sono scontate. Al Fiandre dovrà vedersela con Pogacar e Van der Poel, che sembrano volare sotto un cielo tutto loro. Mentre nella Roubaix che sembra adattarglisi molto meglio, avrà bisogno che le cose vadano nel modo giusto dal primo all’ultimo chilometro. Non sarà l’altura a dargli la certezza di riuscirci, non c’è logica nell’affrontare certe corse. Per vincerle e scrollarsi di dosso una profezia che sa tanto di ossessione, dovrà comunque realizzare un’impresa.

Sanremo, Roubaix e Tour: il 2025 di Ganna prende forma

31.12.2024
7 min
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Dopo i mondiali di Zurigo, le ultime corse, le vacanze e il primo ritiro, ci sarà il tempo di festeggiare degnamente il capodanno, poi Filippo Ganna partirà per le Canarie. Dalle sue parti è troppo freddo per proseguire la preparazione. Per lo stesso motivo, nei giorni scorsi è andato in pista a Montichiari, ma per trovare la giusta intensità su strada, il piemontese ha organizzato un ritiro assieme a Dario Cioni, che lo raggiungerà di lì a pochi giorni. E proprio con il suo allenatore abbiamo fatto l’ultima chiacchierata del 2024 per capire in che direzione stia andando la preparazione del Pippo nazionale.

Il 2025 non dovrebbe vedere impegni agonistici in pista o quantomeno, se anche ci saranno, non saranno preminenti rispetto all’attività su strada, come invece è stato nel 2024. E’ il destino di tutti i pistard. Le squadre reclamano il diritto di averli a tempo pieno e anche per loro si aprono le porte su sfide di diversa forma e rinnovate ambizioni. Fra le novità della nuova stagione c’è già stata la nuova sede del primo ritiro. Dopo anni a Palma de Mallorca, infatti, la Ineos Grenadiers si è spostata su Oliva, in Costa del Sol, dividendo l’hotel con la Visma-Lease a Bike.

«Era già un pochino che se ne discuteva – spiega Cioni – e alla fine i corridori che sono in squadra da più tempo avevano fatto presente che si facevano sempre i soliti giri. Era nell’aria che avremmo cambiato per provare qualcosa di diverso».

Mondiali 2023, Cioni al lavoro sulla bici di Ganna con Matteo Cornacchione
Mondiali 2023, Cioni al lavoro sulla bici di Ganna con Matteo Cornacchione
E allora, visto che si parla di qualcosa di diverso, come è stata tracciata la stagione di Filippo?

Un po’ di cose erano già state dette a metà dell’anno scorso. Ad esempio, il discorso delle classiche. Per via delle Olimpiadi, nel 2024 non abbiamo fatto la Roubaix, perché Filippo voleva fare bene il Giro. Si disse subito che fosse solo rimandata e così l’abbiamo inserita come grande appuntamento per il prossimo anno. Come la Sanremo e anche il Tour, che l’anno scorso non era entrato nei suoi piani perché non coincideva con la programmazione olimpica. Filippo ha voglia di tornare in Francia dopo la prima esperienza. Nel 2022 non era andata come ci si aspettava, quindi penso che voglia cimentarsi in un Tour preparato bene. Stessa cosa per la Roubaix. L’aveva preparata un po’ meglio due anni fa, ora l’idea è di tornare perché delle classiche del Nord è quella che secondo noi gli si addice di più. E prima però c’è la Sanremo: vuole tornarci per vincere.

Il fatto di non avere gare su pista è importante?

Non cambia tanto, perché comunque la pista fa parte del suo modo di allenarsi, tanto è vero che anche l’altro giorno era a Montichiari. Sul discorso delle gare, è chiaro che le Olimpiadi, specialmente il quartetto, richiedono del tempo per lavorare insieme e quella forse è stata la difficoltà maggiore. Far coincidere i programmi di 4-5 corridori per fare le sessioni specifiche in cui trovare l’affiatamento e gli automatismi. Quello richiede del tempo in più, che quest’anno invece sarà a nostra disposizione.

In cosa sarà diverso il suo avvicinamento alle corse?

Nel 2024, che era un anno olimpico, era stata fatta una partenza un pochino più rilassata. Invece in qualsiasi altra stagione che ha fatto con il Team Sky e poi Ineos, Filippo era partito sempre bene e ha sempre anche vinto se non nella prima gara a tappe, almeno nella seconda. Quindi sarà importante partire bene e per farlo devi passare un buon inverno. Fra l’altro l’anno scorso non era andato proprio benissimo, perché si era ammalato. Ora è più avanti, anche per il fatto che si è allenato di più e ha ripreso anche prima. A fine 2023 aveva preso l’influenza e a dicembre era andato peggio di quest’anno e poi era partito per l’Australia.

Il fatto di non partire con l’Australia vi permetterà di lavorare meglio in ritiro?

Se non fai l’Australia, la prima corsa che puoi fare in Europa è la Valenciana o Besseges e la squadra le fa entrambe. Non conta tanto la data di quando cominci, ma come arrivi alla prima gara. Da tutti gli anni si impara qualcosa e così, visto com’era andata l’anno scorso, abbiamo affrontato l’inverno in modo diverso. Per questo si andrà alle Canarie, per non essere rallentati dal meteo delle sue zone. Sai che là è bello tutti i giorni, non perdi un giorno per l’acqua, non perdi un giorno per la neve, non perdi un solo giorno di allenamento. Sai che per due settimane non ti devi preoccupare del meteo e puoi andare avanti con il programma. Se devi fare un po’ di intensità, un inverno freddo come quello che sta facendo in Europa rischia di complicare parecchio le cose. Sarà un ritiro di qualità dove verrà fatto anche un po’ di lavoro dietro moto.

Il fatto di avere questi obiettivi importanti significa che si andranno a fare anche delle recon sui percorsi?

Penso che un salto alla Sanremo si farà, anche se non è stata ancora fissata una data, perché il calendario è piuttosto fitto. Quindi potrebbe decidere di non andarci perché si sente a posto o si fa una puntata come l’anno scorso, quando partimmo parecchio da lontano e ci fermammo sul Poggio. Invece andrà a vedere la Roubaix, probabilmente alla fine del primo blocco di classiche al Nord, che spezzerà in due parti.

Esisterà un gruppo Ganna per la Sanremo?

Proprio per Ganna non penso. Il gruppo classiche della nostra squadra non è amplissimo, quindi i ragazzi che fanno le classiche, magari sapendo che Filippo ha due obiettivi importanti a Sanremo e Roubaix, correranno in suo appoggio.

Sanremo 2024, Ganna resiste alla selezione su Cipressa e Poggio, ma viene fermato da un problema meccanico
Sanremo 2024, Ganna resiste alla selezione su Cipressa e Poggio, ma viene fermato da un problema meccanico
In tutto questo le cronometro restano un motivo d’attenzione?

Sì, nel senso che al Tour comunque l’obiettivo della crono c’è. E’ anche vero che quest’anno con quel tipo di mondiale in Rwanda avremo un obiettivo in meno. Quindi ci saranno tante occasioni di vincere a cronometro, ma non ci sono in giro percorsi troppo congeniali a uno specialista come lui, come appunto il mondiale.

Non lo correrà?

Non è ancora stata presa una decisione, però vedo difficile che Filippo ne farà un appuntamento. Il percorso è duro, ci sono costi non indifferenti e mille aspetti da considerare. Quello di Zurigo non era un percorso proibitivo, ma certo non era velocissimo. Le crono invece saranno da specialisti al Giro, quelle sì.

Secondo te avere davanti sfide così diverse in cui dare tutto, non a crono e non in pista, è una motivazione per Ganna?

E’ molto motivato. La Sanremo non è una novità, perché sono due anni che arriva davanti. Due anni fa fece secondo e quest’anno se non ci fossero stati la foratura e il problema meccanico nella discesa, aveva comunque retto bene alla selezione sul Poggio. Era nel gruppo che si andava a giocare la vittoria. Alla Sanremo sa già quello che deve fare, penso abbia le idee molto più chiare. La Roubaix sarà più da scoprire. Due anni fa era nel gruppo dei migliori, ma subì un po’ la corsa. Quest’anno spera di essere davanti per giocarsela. 

Perché fare la Roubaix e non il Fiandre?

E’ stata fatta la scelta di puntare tutto su una. Visto il Filippo di oggi, si pensa che la Roubaix sia più adatta. E provare a farle entrambe poteva andare a scapito della Roubaix. Le gare che farà al Nord prima della Roubaix vanno definite: potrebbe esserci la Gand, ma è da vedere. Quel che si può dire è che prima della Roubaix, farà due o tre gare al Nord.

Dopo le Canarie tornerete in ritiro in Spagna col resto della squadra?

Esatto. Filippo passerà per qualche giorno da casa e poi raggiungerà i compagni a Denia. Andremo dal 22 gennaio e da lì si partirà direttamente per le prime gare. Cos’altro dire? Buon anno e speriamo che tutto vada come speriamo.

Mohoric: genio e ciclismo schematico, sognando la Roubaix

15.12.2024
5 min
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ALTEA (Spagna) – Eravamo lì a parlare del più e del meno con Matej Mohoric, quando il discorso è finito sui sacrifici e le rinunce del fare il corridore in questo tempo così scientifico e definito. Si potrebbe pensare che tante rigidità siano vincolanti e compromettano l’equilibrio nella vita dell’atleta, invece lo sloveno ci ha offerto un punto di vista così lucido da non ammettere tante repliche. A patto che il corridore in questione sia dotato di grande determinazione e razionalità: doti senza le quali non arrivi da nessuna parte o comunque non troppo lontano.

Si parlava nello specifico di tutto quello che si potrebbe fare per migliorare, aggiungendo con la ricerca qualche cavallo al proprio motore nel tentativo di opporsi alla forza dei più forti. E Matej, cui non mancano sagacia e ironia, ha cominciato col dire che si potrebbe fare anche parecchio, ma servirebbero giornate più lunghe delle 24 ore. Potrebbe valere la pena correre di meno e ricercare il meglio negli allenamenti come sembrano fare Pogacar e Van der Poel?

«Non penso che serva aumentare gli allenamenti», dice. «Magari cinque anni fa ci allenavamo pure di più – prosegue – più ore, però adesso è cambiato il modo, sono cambiate l’intensità e la struttura di tutto. Adesso è più scientifico, è tutto provato, tutto studiato, è più metodico. Prima magari ti dicevano di andare finché le gambe ti bruciavano, adesso ti dicono che devi fare 43 secondi a 730 watt. Quindi è tutto più studiato, più preciso, più definito. C’è anche meno margine di sbagliare in ogni cosa. Nella nutrizione, nell’allenamento, nel recupero».

Giornata piena: anche un’intervista ai microfoni di Rai Sport, in Spagna con Stefano Rizzato
Giornata piena: anche un’intervista ai microfoni di Rai Sport, in Spagna con Stefano Rizzato
E’ faticoso o comunque pesante starci dietro?

No, no, no. Prendiamo solo l’esempio della nutrizione, del mangiare. Quando mi chiedono cosa mangiamo, io lo spiego e tanti mi dicono che è impossibile seguire sempre i numeri. Se però i nutrizionisti riescono a suggerirmi quello che devo mangiare per sentirmi meglio e io, provandolo, scopro che è vero, personalmente diventa più facile farlo. Perché so che il giorno dopo mi sentirò meglio in bicicletta e grazie a questo mi sentirò anche sazio dopo il pasto. Se è così, se sono consapevole dei benefici, non ho né voglia né desiderio di mangiare qualcos’altro, quello che magari so che mi farebbe male.

Non ti pesa?

Non è uno sforzo, non è un sacrificio. E’ una cosa che rende la mia vita e le mie decisioni più facili, perché so che ho mangiato quello che serviva. So il perché di certe scelte e le faccio volentieri e senza nessun dubbio. E’ lo stesso sull’allenamento, sui materiali, su tutto. Più queste cose vengono studiate, più vengono provate, più per me diventa tutto facile.

Però in tutto questo controllo estremo, tu hai vinto la Sanremo con il reggisella telescopico e con una discesa da pazzo. Quindi non è tutto scientifico…

Sì, ovvio. Perché se fosse tutto solo di gambe, se dipendesse solo dalla forza, vincerebbe sempre quello più forte fisicamente che è Tadej. Per fortuna non è così. Per fortuna oggi le corse sono più imprevedibili e il finale inizia anche a 80 chilometri dall’arrivo, mi ci trovo meglio, piuttosto che ad aspettare gli ultimi chilometri.

L’hai mai riguardata quella discesa di Sanremo?

Sì, sinceramente dalla televisione sembra molto più da pazzi rispetto a quello che ho vissuto io in quel momento.

E’ il 19 marzo 2022, scollinamento del Poggio. Mohoric sta per lanciare l’attacco diventato leggenda
E’ il 19 marzo 2022, scollinamento del Poggio. Mohoric sta per lanciare l’attacco diventato leggenda
Come si vive questo momento di sloveni fortissimi?

Per me è più facile che ci siano due che hanno vinto tanto di più, così l’attenzione è più su loro. Sicuramente è un’era che prima o poi finirà, come è successo nel passato, con tante altre Nazioni. C’è anche da dire che lo sport è sempre più globale, che c’è sempre più competizione, sempre più altre nazioni da cui arrivano ragazzi tanto competitivi. E questo è un bene secondo me per tutto il ciclismo, per tutto il movimento e soprattutto per tutta la gente che inizia a seguire lo sport. E magari si appassionano e iniziano anche loro ad andare in bicicletta, che secondo me è una cosa buona perché fa bene alle salute.

Quanto sei diverso dal Matej che vinse il mondiale under 23 del 2013?

Dieci anni ti fanno cambiare in ogni caso. Adesso sicuramente ho più esperienza, in questi anni ho imparato tante cose e ho sempre comunque la stessa voglia di crescere, non solo di migliorare me stesso, ma anche di aiutare gli altri. E porto sempre lo stesso rispetto per la squadra, lo staff e tutti quelli che lavorano perché noi possiamo fare quello che sognavamo da piccoli.

E quanto è diverso invece il Matej neoprofessionista dai ragazzi che passano oggi?

Anche in questo si vede che sono passati dieci anni, è un po’ diverso. Non dico che abbiano più esperienza, ma sono già più pronti. Sanno più cose su tutti gli aspetti della performance nel ciclismo. Sanno di nutrizione e di allenamento. Magari hanno avuto la possibilità di praticare ciclismo in un modo più strutturato sin da più piccoli. Anche per questo non dico che per loro sia facile perché non lo è, ma è più probabile che già a 22, 23, 24 anni possano già vincere delle gare che prima erano molto improbabili o quasi impossibili. Adesso è così.

Al rientro dalla sessione fotografica del mattino, ci si cambia, ci si copre e si va alle interviste
Al rientro dalla sessione fotografica del mattino, ci si cambia, ci si copre e si va alle interviste
Anche questo è un bene per lo sport?

Penso proprio di sì. Magari però da un altro punto di vista per loro è difficile se hanno successo quando sono troppo giovani. Il successo porta anche più responsabilità, non solo nella professione, non solo nel dover vincere di nuovo la gara che hai vinto l’anno precedente, ma anche a livello personale. Se hai successo, aumenta anche la responsabilità nella vita privata. Gestire il denaro di un contratto importante e le tante aspettative può creare dei problemi.

Ultima domanda, dici spesso che la tua classica preferita è la Roubaix: forse perché si può inventare qualcosa come alla Sanremo?

Sì, esatto. Secondo me il Fiandre puoi rigirarlo come vuoi, ma alla fine vince quello più forte. Alla Roubaix invece possono succedere tante cose. Per vincerla devi essere comunque molto forte, però possono capitare tanti imprevisti. Penso che per me un giorno sarà più facile vincere la Roubaix che vincere il Fiandre.

Perché ti piace così tanto?

C’ero quando la vinse Sonny (Colbrelli, ndr) e fu un vero colpo di fulmine. Quest’anno sono caduto al Fiandre e ho dovuto saltarla, speriamo di tornarci nel 2025.

De Lie, che iella: condannato a sfidare i giganti

12.11.2024
4 min
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A basarsi su quanto si è visto sui social fino alla scorsa settimana, mezzo gruppo era ancora in vacanza e l’altro è andato a Singapore per il Criterium del Tour de France. A breve tutti saranno nuovamente a casa, godendosi gli ultimi scampoli di riposo e cominciando a riallacciare i fili. Ma almeno nei discorsi, il filo nessuno l’ha mai staccato. Ed è così che Arnaud De Lie in Estremo Oriente si è ritrovato a ragionare della sua stagione e su quella che verrà.

Giusto lo scorso anno di questi tempi, era il 15 novembre, suonammo al campanello della sua fattoria per conoscerlo un po’ meglio e raccogliemmo le prime sensazioni dopo il 2023 delle 10 vittorie, fra cui quella in Quebec. Tra infortuni e problemi di salute, il 2024 invece non è stato altrettanto positivo. Le soddisfazioni non sono mancate, ma ad eccezione di una tappa al Renewi, non ci sono state vittorie WorldTour. In compenso è venuta la maglia di campione belga, che da quelle parti è una bandiera assai ambita. Basti pensare che i primi cinque alle sue spalle sono stati Philipsen, Meeus, Nys, Van Aert e Merlier.

«In questa stagione – si racconta De Lie alla stampa prima del criterium di Singapore – sono successe cose belle e cose brutte, ma penso che sia stata positiva. Senza dubbio mi tengo stretta la vittoria nel campionato nazionale, perché mi permetterà di indossare una maglia molto bella per tutto l’anno. Sono soddisfatto anche per il mio debutto al Tour de France, che ritengo sia stato positivo».

Al Tour, sui Pirenei, De Lie si è ritrovato in fuga con Van der Poel: alla Roubaix sarà peggio
Al Tour, sui Pirenei, De Lie si è ritrovato in fuga con Van der Poel: alla Roubaix sarà peggio

Seguire Val der Poel

Evidentemente non basta e anche se hai solo 22 anni, è chiaro che il metro di paragone siano ormai diventati i mostri sacri del pavé. Sono quelle le corse cui i tifosi attendono il Toro di Lescheret e per le quali anche lui sente un richiamo quasi primordiale. E’ singolare rendersi conto che questo ragazzo sia condannato a fare la corsa sui giganti – in volata o nelle classiche – in un ciclismo che è dominato dal ristretto gruppo dei fenomeni.

«L’obiettivo – dice allo spagnolo Marca – è arrivare nella migliore forma possibile alle classiche delle Fiandre. Spero di stare bene per le prime corse, arrivando al debutto già in condizione, in modo da raggiungere il picco nelle settimane cui tengo di più. Quest’anno in quel periodo stavo male per quel parassita e non ho preso parte a Fiandre e Roubaix. Però una cosa l’ho capita: per fare bene alla Roubaix bisogna avere le gambe per seguire la Alpecin. Sono due anni che vincono e sono la squadra migliore. La verità però è che stare dietro a Van Der Poel non sia così facile. Ma visto che ho solo 22 anni e non credo di essere ancora a quel livello, fatemi dire che le due Monumento sono importanti, ma ci sono anche classiche come Omloop Het Nieuwsblad e Gand-Wevelgem che per me sono grandi obiettivi».

A Quebec, da vincitore uscente, accanto a Pogacar quasi in forma mondiale
A Quebec, da vincitore uscente, accanto a Pogacar quasi in forma mondiale

Ignorare Pogacar

Il Tour de France è stato una colossale centrifuga anche per lui e sarebbe stato davvero curioso avere una volata negli ultimi 3-4 giorni per capire in che modo sia effettivamente arrivato in fondo. Non ha vinto tappe, ma è entrato fra i primi cinque nella quinta e sesta tappa. Poi terzo nell’ottava, battuto da Girmay e Philipsen, e quinto nella dodicesima. Di lì in avanti, il suo Tour è stato un costante arrampicarsi su montagne messe lì come un dispetto e che hanno invece scatenato la lotta per la classifica.

«Il Tour de France è infinitamente difficile – ride – sono 21 giorni in cui vai a tutta e con tutto quello che hai. Devi essere sempre ben posizionato in ogni momento della tappa, altrimenti rischi di non arrivare al traguardo. E’ un’esperienza molto dura, ma sono felice di come sono andate le cose. Il livello dei velocisti è davvero altissimo, difficile dire chi sia stato il più forte e chi lo sarà nel 2025. Potrei dire Philipsen e Girmay, ma avete visto di cosa è capace Jonathan Milan? In certi giorni saranno loro i miei riferimenti, mentre per fortuna posso disinteressarmi di quello che fa Pogacar, cosa che Vingegaard ed Evenepoel per loro sfortuna non possono fare. Di certo quando attacca, seguirlo è molto difficile. Ho la fortuna di avere caratteristiche completamente diverse».

Van der Poel tra Roubaix e Amstel: l’analisi di Zanini

20.04.2024
5 min
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Ancora 24 ore, o poco più, e sarà Liegi-Bastogne-Liegi. Già pregustiamo lo scontro fra Tadej Pogacar e Mathieu Van der Poel. Certo, il percorso vallone gioca a favore dello sloveno, ma se l’olandese avesse di nuovo (o ancora) la gamba della Roubaix allora vedremmo scintille.

Ed è proprio su questo punto che vogliamo insistere. Se ieri in ricognizione abbiamo visto un Pogacar pimpante, ci si chiede come stia davvero Van der Poel. Com’è la sua gamba? E’ di nuovo o ancora fortissima come a Roubaix o è in fase di stallo come abbiamo visto all’Amstel Gold Race (sbuffante nella foto di apertura)?

Abbiamo fatto un’analisi insieme a Stefano Zanini. Oggi “Zazà” è uno dei tecnici dell’Astana-Qazaqstan, ma più che come direttore sportivo lo abbiamo tirato in ballo in quanto ex corridore. Ex corridore che sapeva andare forte alla Roubaix e fortissimo, tanto vincerne anche una, all’Amstel Gold Race.

Dopo una lunga fuga solitaria nel vento, Stefano Zanini vince l’Amstel Gold Race: era il 1996 (foto Instagram)
Dopo una lunga fuga solitaria nel vento, Stefano Zanini vince l’Amstel Gold Race: era il 1996 (foto Pinterest)
Stefano, com’è dunque possibile che Van der Poel passi dalla gamba “fotonica”, che ha mostrato e dichiarato di aver avuto alla Roubaix, alla “non gamba” dell’Amstel in appena sette giorni? 

E’ possibile che la situazione cambi così nettamente anche in pochi giorni. Ed è possibile proprio perché come ha detto lui stesso, alla Roubaix era in giornata di grazia, quindi ha pescato un picco eccezionale. Magari in quel momento non pensava di sprecare tante energie… ma le spendeva eccome. E poi non bisogna considerare solo la Roubaix e l’avvicinamento alla Roubaix, ma bisogna inquadrare il tutto, nella sua Campagna del Nord.

Spiegaci meglio.

Nel senso che l’olandese ha fatto tutte classiche importanti. Ed erano tutte corse in cui puntava a vincere: queste alla fine lasciano il segno. Quindi questo calo per me ci sta.

Tu hai corso la Roubaix e sai cosa significhi a livello muscolare. Quei sobbalzi, quegli “urti” continui possono incidere più del previsto? Posto che VdP sul pavé ci danza senza guanti.

Anche se è fortissimo, parliamo sempre di un umano. E’ normale che paghi dazio anche lui. La Roubaix in qualche modo ti esce fuori dopo qualche giorno, a chi di più a chi di meno, ma esce. Come ho detto queste gare, le classiche, vanno valutate tutte insieme e sono gare esigenti. Riguardo ai guanti, ce ne sono in tanti senza.Io anche non avevo le piaghe alle mani. Idem Boonen e Museeuw. Dipende molto da come stai sulla bici e da quanto stringi i comandi e il manubrio, ma quella è una conseguenza di come affronti il pavé.

Anche se più sciolto degli altri, i muscoli di Van der Poel hanno pagato dazio dopo la Roubaix
Anche se più sciolto degli altri, i muscoli di Van der Poel hanno pagato dazio dopo la Roubaix
Tu cosa facevi nei giorni post Roubaix? VdP per esempio dopo il Fiandre è tornato in Spagna, ma è la stessa cosa farlo dopo la corsa fiamminga e farlo dopo quella francese?

Ai nostri tempi il calendario era diverso. Dopo la Roubaix non c’era l’Amstel, ma c’erano la Freccia Vallone e il Gp Escaut, quindi Liegi e infine Amstel. Io all’epoca non tornavo a casa, ma restavo in Belgio. Facevo Freccia e Liegi in appoggio ai capitani, mentre Escaut e Amstel come leader. Restando su in Belgio cosa succedeva? Che prima di tutto non ti allenavi, ma uscivi in bici solo per scioglierti, per recuperare quell’ora e mezza, due al massimo tra una corsa e l’altra. Avevi sempre il tuo massaggiatore che tra sgambate e massaggio ti aiutava moltissimo nel recupero. E terzo se stavi lassù per tutta la Campagna vuol dire che stavi bene, che eri in forma e quindi recuperavi in fretta. Il massaggio post Roubaix era importante per le gambe ovviamente, ma anche per le braccia e la schiena.

In Spagna VdP ha scelto di rilassarsi giocando a golf e di allenarsi al sole…

Sì, ma credo che a quel livello abbia avuto di certo il suo massaggiatore di fiducia con sé. E se non aveva proprio il suo, avrà avuto un referente in Spagna visto che ci va spesso. Non posso immaginare che non abbia fatto i massaggi… dopo la Roubaix servono.

Sarebbe un’ingenuità insomma. E sul piano mentale? Di fatto Van der Poel  i suoi due maggiori goal li ha centrati (Fiandre e Roubaix, appunto): questo può incidere sull’approccio psicologico?

Può starci anche questo punto di vista, certo. L’Amstel, anche se era la corsa di casa, già ce l’aveva in bacheca. E poi è umano anche lui, magari pensava più alla Liegi. Mathieu ha passato un inverno senza corse su strada. Ha esordito con la Sanremo e poi ha fatto le sue gare tutte con l’obiettivo di vincere. Aveva perciò le sue pressioni.

Dici possa essere un fatto di pressione?

Dico che si può essere più o meno motivati. A lui magari la pressione piace pure, ci si motiva e la gestisce bene. Anche perché se vinci le gare che ti sei prefissato significa che la pressione la reggi.

VdP vanta una sola partecipazione alla Liegi: 6° a 14″ da Roglic nel 2020. Eccolo, sulla Redoute
VdP vanta una sola partecipazione alla Liegi: 6° a 14″ da Roglic nel 2020. Eccolo, sulla Redoute
E allora forse questo duello con Pogacar gli può ridare lo stimolo giusto?

Van der Poel è fortissimo, ma ha vinto gare dove non ci sono salite lunghe, corse con strappi brevi che richiedono sforzi esplosivi tipo quelli che fa nel cross. Al massimo ha vinto la Strade Bianche, ma è una corsa particolare, e comunque le salite restano brevi. La Liegi invece è un’altra gara. Sì, forse VdP avrà avuto un calo mentale all’Amstel, ma sul piano fisico sono convinto che stia ancora bene. Alla fine ha iniziato a correre alla Sanremo. La forma è ad alto livello ancora.

Nella sua unica apparizione alla Liegi, VdP vanta un sesto posto. Ma va detto che era quella della particolare annata del Covid…

Il problema per lui è che Pogacar è difficile da battere su un terreno così. Ci può stare che arrivi davanti, ma sulle salite lunghe lo sloveno può fare la differenza. Poi dipenderà anche da come andrà la corsa.  E’ una sfida interessante senza dubbio. Se vogliono togliersi Van der Poel devono rendere la corsa dura dal chilometro 150, da Vielsam da dove poi inizia la sequenza delle cotes di: Monte le Soie, Wanne e Stockeu.