L’occasione mancata: Tiberi a Oropa e il podio che se ne va

14.12.2024
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Due minuti e 25 secondi, questo è il distacco che a Roma ha separato Antonio Tiberi dal terzo gradino del podio al Giro d’Italia, occupato da Geraint Thomas. Se poi si conta che nella seconda tappa, quella che ha portato la carovana al Santuario d’Oropa il laziale ha perso due minuti dal gallese della Ineos Grenadiers i conti sono presto fatti. 

Quando chiamiamo Franco Pellizotti per chiedere quale sia la sua occasione mancata del 2024, il diesse della Bahrain Victorious ci ha pensato un paio di minuti. Prima ha detto la Milano-Sanremo con Matej Mohoric

«Però anche la tappa di Oropa – ci dice subito in battuta – lì abbiamo perso il podio al Giro con Tiberi…».

La Bahrain Victorious aveva approcciato bene il finale tenendo Tiberi davanti
La Bahrain Victorious aveva approcciato bene il finale tenendo Tiberi davanti

Obiettivo raggiunto ma…

L’occasione ci arriva davanti e cogliamo la palla al balzo. D’altronde della Sanremo mancata avevamo parlato proprio con Piva a proposito del secondo posto di Michael Matthews. E poi si parla di vittorie di singole corse o tappe, qui c’era in ballo il podio al primo Giro d’Italia corso da capitano di Antonio Tiberi

«A Oropa non avrebbe vinto – continua Pellizotti – ma proprio quei due minuti ci hanno impedito di salire sul podio. Era la seconda tappa, la prima con un arrivo in salita e Tiberi stava davvero bene, era fresco e preparato. Arrivava come capitano designato e l’obiettivo era di entrare nella top 5 e di vincere la maglia bianca. Alla fine ci siamo riusciti, certo che quei due minuti persi ad Oropa bruciano».

A inizio salita il gruppo era ancora compatto ma allungato, tra la testa e la coda c’erano comunque 30-40 secondi
A inizio salita il gruppo era ancora compatto ma allungato, tra la testa e la coda c’erano comunque 30-40 secondi
La foratura a inizio salita non ci voleva.

Siamo stati parecchio sfortunati, perché Tiberi ha bucato proprio sulle prime rampe della salita di Oropa (anche la bici di scorta poi aveva la ruota forata, ndr). Anche Pogacar aveva bucato, ma almeno era successo cinque chilometri prima e ha sfruttato il tratto in pianura e la scia delle ammiraglie.

Per Tiberi questo non è stato possibile?

No, perché in salita la scia delle ammiraglie non c’è, la velocità è bassa. Lui si è fermato a cambiare la ruota e così si è trovato dietro a tutti e con il gruppo da risalire, solo che intanto molti corridori stavano perdendo terreno. 

Tiberi si è trovato nel gruppetto con Paret-Peintre, ormai lontano dalla testa
Tiberi si è trovato nel gruppetto con Paret-Peintre, ormai lontano dalla testa
Si sarebbe potuta gestire in maniera diversa?

Avrebbe potuto prendere la bicicletta da un suo compagno di squadra, solo che Caruso era ancora in classifica. Accanto a lui c’erano anche Zambanini e altri. Si sarebbe potuto anche cambiare tutta la bici e non solo la ruota. 

In quei casi è il capitano che deve prendere in mano la situazione o anche i gregari che devono agire d’istinto?

E’ un mix di entrambe le cose. Sicuramente tutti avrebbero potuto fare meglio. In quelle fasi concitate Tiberi ha anche provato a forzare per rientrare ma senza successo. La salita di Oropa non è così lunga, o ti chiami Pantani oppure non rientri. Antonio ha anche fatto un fuorigiri che ha pagato, era nervoso e c’era tanta tensione. 

La faccia al traguardo dice tutto, alla fine il passivo da Pogacar è stato di 2′ 24″ da Thomas invece 1′ 57″
La faccia al traguardo dice tutto, alla fine il passivo da Pogacar è stato di 2′ 24″ da Thomas invece 1′ 57″
A fine tappa ne avete parlato?

Certo. Ho detto a Tiberi che il suo Giro sarebbe iniziato nella cronometro di Foligno e che avrebbe dovuto tenere duro. E’ stato bravo a reggere mentalmente perché la botta emotiva poteva essere forte.

Nella quale ha reagito subito bene.

Le prestazioni a cronometro ci hanno dato conferma di quanto avesse lavorato bene quanto fosse preparato al massimo. In una gara di tre settimane certe cose possono capitare, poi ci sono momenti e momenti.

Alla fine l’obiettivo della maglia bianca è stato centrato, così come la top 5
Alla fine l’obiettivo della maglia bianca è stato centrato, così come la top 5
Anche perché in salita i livelli tra i primi (a parte Pogacar) si equivalevano.

Era difficile pensare di poter recuperare minuti, a meno che qualcuno fosse andato in crisi. Thomas e O’Connor sono corridori solidi.

Con il proseguire dei giorni vi siete resi conto dell’importanza di quel momento?

A Roma quando ho ripensato all’intero Giro il pensiero è andato a quel giorno. Ma sono cose che capitano. Tiberi ha dimostrato di essere forte, ci ha dato un gran bel segnale.

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TurboPaolo, l’arte di raccontare il ciclismo con ironia

03.12.2024
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Un nuovo aspirante pro’ si aggira per il web. Non arriva dalla Zwift Academy, né da qualche development di squadre World Tour. Si chiama Paolo Sarmenghi, in arte TurboPaolo, è nato nel ’90 e arriva dai social. Ha un canale Instagram con quasi 300 mila follower, che raccoglie centinaia di brevi sketch ironici un po’ su tutto. Da qualche mese, anche a tema bici.

In questa stagione lo abbiamo visto fare i suoi primi passi nel ciclismo che conta alla Lidl-Trek, al fianco di corridori come Jonathan Milan, Simone Consonni e Juan Pedro López. Qualche giorno fa è apparso in un video di GCN Italia mentre, al fianco di Alan Marangoni, affrontava le rampe della mitica salita di Oropa. 

Qui a bici.PRO siamo da sempre attenti alla nascita di nuovi talenti, quindi l’abbiamo contattato per farci raccontare del suo modo di parlare di ciclismo senza prendersi troppo sul serio. Un modo di cui questo sport ha, secondo noi, molto bisogno. Lo raggiungiamo al telefono mentre è impegnato ad organizzare il suo tour (“t” minuscola, in questo caso) 2025 di stand-up comedy.

«Dovrebbe partire a fine febbraio – dice – abbiamo fissato cinque date in Italia e poi stiamo cercando di fare anche qualcosa per gli italiani all’estero. Avrei voluto andare anche nelle isole, Sardegna e Sicilia, ma ci siamo accorti che diventa troppo costoso. Anche perché voglio tenere i prezzi il più possibile popolari».

L’influencer ci ricorda che si può sorridere anche durante la fatica (immagine Instagram)
L’influencer ci ricorda che si può sorridere anche durante la fatica (immagine Instagram)
TurboPaolo, sul tuo profilo abbiamo visto (e apprezzato) i video che hai fatto con la Lidl-Trek. Com’è nata questa collaborazione?

L’anno scorso ho fatto dei contenuti con Lidl e sono andati bene. Quindi quest’anno abbiamo continuato, e mi hanno buttato lì lo spunto di fare qualcosa con la squadra di ciclismo. Gli ho proposto l’idea del nuovo uomo squadra e si sono fidati, anche perché il marketing della Lidl non aveva tanta familiarità con il ciclismo.

E com’è stato essere lì in mezzo, sul pullman, tra gli atleti?

I ragazzi sono stati tutti molto disponibili. Avevo paura fossero tesi anche perché quei contenuti li abbiamo girati pochi giorni prima della partenza del Giro. Invece no, forse era un modo anche per loro di staccare alla vigilia di un appuntamento importante.

Quanti giorni siete stati assieme?

Due, il primo alla presentazione della squadra, al velodromo di Torino, quando hanno fatto le foto ufficiali. Il secondo invece in hotel, dove mi hanno fatto provare la divisa della squadra e un bici. Il gioco era che anch’io mi allenassi con loro. E’ finita che mi hanno dato la maglia troppo piccola e la bici troppo grande.

Un deliberato tentativo di sabotaggio? 

Potrebbe essere. Ma devo dire che mi sono interfacciato soprattutto con Paolo Barbieri (addetto stampa della Lidl-Trek, ndr) con cui devo dire che mi sono trovato molto bene. In generale sono contento di come sono venuti quei contenuti: mi hanno pagato, ma l’avrei fatto anche gratis. Anche se forse è meglio che quelli della Lidl non lo sappiano. E’ stato tutto molto facile, mi è venuto naturale, anche perché sono appassionato di ciclismo.

Il santuario di Oropa, teatro delle gesta di molti campioni (immagine Instagram)
Il santuario di Oropa, teatro delle gesta di molti campioni (immagine Instagram)
Infatti TurboPaolo, parlaci di questa passione.

Non mi ricordo come sia nata, a dire la verità, ma ora lo seguo spesso. Mi piace tanto guardare le gare, specie negli ultimi anni, le ultime due-tre stagioni in particolare. Credo c’entrino anche i personaggi incredibili che ci sono in questo periodo. Anche mia moglie si è appassionata, soprattutto dopo la serie Netflix sul Tour. Quindi sì lo guardo, ma purtroppo non vado tanto, un po’ per il tempo e anche, diciamo la verità, per questioni di fisico.

Tra poco arriviamo anche al tuo ciclismo pedalato. Qual è la tua corsa preferita?

Direi la Milano-Sanremo. Sarò che io sono di Novara quindi la sento un po’ come la gara di casa. Poi secondo me è la più difficile mentalmente, tutte quelle ore di pianura da affrontare restando comunque concentrati per il gran finale. Mi sembra sia molto più dura di quanto si veda in tv. La tua invece qual è?

Il Giro delle Fiandre, ma le domande dovrei farle io.

Scusa.

Niente figurati. Andiamo avanti. Dopo quella con la Lidl-Trek sei arrivato alla collaborazione con GCN

Mi ha scritto Alan Marangoni, dovevamo vederci a Torino al Giro, ma non c’è stata occasione. Poi ci siamo risentiti e abbiamo partorito l’idea. Io pensavo subito a qualcosa di faraonico, tipo allenarmi per una gara grossa, come i mondiali… Parto sempre così, poi invece la realtà mi riporta a più miti consigli. Quindi abbiamo deciso di provare la salita di Oropa, e confrontare il mio tempo con quello di Pantani e Pogacar.

Subito dopa la fine della salita, TurboPaolo si rilassa sul prato di Oropa
Subito dopa la fine della salita, TurboPaolo si rilassa sul prato di Oropa
Diciamo che hai deciso di iniziare col botto. E com’è andata?

Ovviamente non volevamo provare ad avvicinare i loro tempi, anzi. La sfida era quella di non prendere più di un’ora di distacco negli ultimi 6,7 km finali, che loro hanno percorso in circa 17 minuti. All’inizio mi sentivo bene, salivo a 11-12 all’ora, mi sembrava di volare. Poi male, molto male, sempre peggio. Vedevo i numeri del Garmin calare come in un countdown: 9,8,7… Dopo il Giro ho controllato i dati e nel segmento “Hardest Oropa”, 600 metri al 10,5% di pendenza, ho tenuto la media di 5,2 km orari. Per fare un paragone il KOM ce l’ha Nans Peters, ad oltre 19 all’ora di media.

Alan e Giorgio, i due volti di GCN, ti hanno dato una mano? Nel video abbiamo visto un bel “bidon collé”…

Sì dai, mi hanno supportato alla grande. E mi hanno assicurato che quel “bidon collé” rientrava pienamente nel regolamento UCI. Ad un certo punto andavo a zig-zag e Alan mi ha chiesto, giustamente, se almeno potevo non andare in contromano. Salendo poi non avevo il cardiofrequenzimetro, prendevo la frequenza cardiaca dall’orologio, che quindi era in bella vista. Giorgio, che era in ammiraglia, quando ha visto il valore mi ha chiesto se era tarato male. Era a 180 battiti, mi ha detto che non potevo stare in Z5 per due ore. Gli ho detto che l’orologio era sbagliato, ma in realtà ho mentito. Ho fatto la salita fisso sui 200 battiti, o giù di lì.

TurboPaolo con il team di GCN ad Oropa, subito dopo l’impresa
TurboPaolo con il team di GCN ad Oropa, subito dopo l’impresa
Comunque sia la sfida alla fine è stata vinta

Ci ho impiegato un’ora ora e 2 minuti. Un quarto d’ora entro il tempo limite. Quindi da gente come Pantani e Pogacar ho preso solo 45 minuti in 6,7 km. Mi ritengo pienamente soddisfatto.

L’impressione è che il tuo stile funzioni perché esce dai normali canoni dell’agonista. Ti ritrovi in quest’idea?

Può essere. L’altro giorno parlavo con un amico, mi diceva che non esce più in bici perché non gli sembra di essere abbastanza performante, di non avere la bici adatta, eccetera. Secondo me invece dovremmo recuperare il piacere di pedalare e basta, liberandoci da queste pressioni  indotte dall’esterno.

Prossimi progetti a tema bici?

Quest’inverno vorrei continuare ad allenarmi sui rulli per avere un po’ di continuità. Poi in futuro mi piacerebbe anche fare qualcosa con il ciclismo femminile. Mi sembra ci sia più incertezza che tra gli uomini, più imprevedibilità. Mi intriga anche il fatto che, almeno così mi sembra, tra le donne non sia tutto tecnicamente così esasperato e conti ancora il fattore umano. Se poi GCN e la Lidl-Trek mi vorranno ancora, sono disponibile. Oppure anche un’altra squadra World Tour va bene, non dico di no a niente, sia chiaro.

Grazie TurboPaolo. Ultima domanda secca. Milano-Sanremo 2025: chi vince?

Direi Pogacar, anche se forse è scontato. Con il cuore invece dico Jonas Abrahamsen. Lo so, è pura utopia. Ma lo dico lo stesso. 

Pogacar re di Oropa, sotto gli occhi del Pirata

05.05.2024
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OROPA – Marco c’era. C’è stato anche un grande Pogacar, sia chiaro, ma quando hai vissuto certe storie, quelle emozioni diventano la lente attraverso cui leggi le altre. E Marco da Oropa non se ne è mai andato, solo che oggi, a 25 anni da quella volta, la sensazione è che ci fosse più gente e che nessuno di loro voglia ancora dimenticarlo.

Detto questo, Tadej Pogacar ha fatto quello che tutti si aspettavano facesse: lui per primo. Voleva vincere anche ieri e lo vedi che gli scoccia ammettere di aver commesso qualche errore. L’idea forse era davvero portarsi a casa un Giro rosa dalla prima all’ultima tappa, ma di certo la svista di Torino ha dato allo sloveno la cattiveria giusta per non commettere la minima sbavatura. Anche quando è finito per terra a causa di un cambio bici mal orchestrato.

«Ho preso una buca in quel tratto sulle pietre – spiega – non era certo una buona strada. Stavo arrivando la curva e io avevo pensato di fermarmi prima. Invece dalla macchina mi hanno detto di farlo dopo la curva. Normalmente sarebbe stato meglio, ma stavo già pedalando sulla ruota anteriore con zero pressione, ero sul carbonio. Così sono arrivato alla curva e sono caduto. Ma niente di pazzesco, solo un po’ più di adrenalina. Ero abbastanza fiducioso. C’era tutto il tempo per rientrare con la squadra e lo abbiamo fatto. I ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro. Siamo tornati davanti, abbiamo impostato il ritmo che ci stava meglio ed è stato perfetto».

Attacco ai meno 4,3

Marco c’era, anche in quella curva con il muraglione e gli archi da cui la bandiera gigantesca calava sulla terra come un mantello incantato. E poco prima di quel punto, in un tratto dove la strada era più severa, approfittando dell’ultima tirata di Majka, Pogacar ha aperto il gas e ha preso il largo. I tifosi del Pirata lo hanno incoraggiato e lui è sparito dietro la curva con cui il cammino di Oropa si infila nel bosco. Luogo mistico questo Santuario, meta di pellegrinaggi a piedi e ora anche in bicicletta. Un luogo davvero magico.

«Già ieri – spiega Pogacar – il piano era vincere, però nell’ultima parte c’è mancato qualcosa. Oggi per noi era una tappa più adatta e la squadra è stata fantastica. Sono davvero felice di aver vinto, significa molto, come qualsiasi altra vittoria di tappa in cui prendi la maglia di leader. Durante la salita, l’atmosfera era incredibile, quindi è stato davvero un piacere percorrere gli ultimi due chilometri da solo. Il supporto dei fan è stato incredibile».

La curva Pantani ha accolto e incitato Pogacar all’attacco
La curva Pantani ha accolto e incitato Pogacar all’attacco

Attacco programmato

Sull’arrivo, sorridendo, Majka diceva di aver pagato un po’ i 20 chilometri di ieri a tirare su un tratto di strada a lui poco adatto, quindi che questa volta ha potuto fare meno del solito. Però era contento. Si è infilato il fischietto al collo ed è sceso verso Biella, dove a 14 chilometri dall’arrivo hanno fermato i pullman. Anche il quartier tappa è giù a valle e forse per questo attorno allo sloveno siamo stranamente in pochi.

«Non dite che ho fatto la salita senza spendere – va avanti a raccontare – posso confermare che ero abbastanza al massimo. Semplicemente ho tenuto il mio ritmo e quando Rafal ha iniziato a prepararsi per l’attacco, ero già abbastanza al limite. C’era un piano, l’ho detto, ma nel ciclismo non puoi dire che quello fosse il punto prestabilito, non è matematica. Bisogna sempre improvvisare e avere feeling. Con Majka passo molto tempo in allenamento e in corsa, ci conosciamo. Sa come fare.

«E io sapevo che dovevo attaccare con violenza per creare il gap sugli avversari e poi continuare con un ritmo normale verso la vetta. E’ stato un grande sforzo oggi. Vincere era uno dei sogni, il mio obiettivo. Ora ho anche la maglia rosa, che è il mio sogno da tanto tempo. E sono super orgoglioso e super felice. Non molti corridori hanno raggiunto questo obiettivo nella loro carriera, sono contento».

Nulla da festeggiare

Pantani quel Giro non lo finì, lo fermarono prima. E in gruppo nei giorni che portarono a quel momento, erano tutti pronti a lamentarsi per il suo dominio schiacciante. A quel tempo chi vinceva troppo era antipatico, fortunatamente i tempi cambiano. Marco quella sera qui ad Oropa era scuro in viso, stranamente nervoso, Pogacar invece sorride, pur consapevole di avere davanti 19 tappe.

«Se anche perdessi la maglia rosa per qualche giorno – dice – non ne farei un dramma. Quando vinci una classica, penso alla Strade Bianche o la Liegi, sai che dopo l’arrivo è tutto finito. Qui invece siamo ancora agli inizi. Sto ancora pensando alle prossime 19 tappe, non è finito niente e il grande obiettivo è vincere il Giro. Non possiamo andare a festeggiare adesso, liberarci e andare fuori di testa. Domani ci sarà un’altra gara, quindi è ancora tempo di fare sul serio».

Il dubbio delle crono

L’approccio è quello giusto, anche se come diceva scherzando Majka qualche giorno fa, la cosa più difficile è tenerlo a bada quando fiuta un traguardo.

«Penso che la tappa di Rapolano con gli sterrati – dice analizzando la settimana che inizia – più che un momento in cui fare la differenza, dovrebbe essere una tappa in cui non perdere tempo. Il giorno dopo ci sarà la prima cronometro e lì davvero vedremo quali sono i valori in campo. Geraint Thomas è uno specialista e sarà interessante vedere come si muoverà. Nella mia carriera non ho fatto cronometro così lunghe, di solito nei grandi Giri ne facciamo un paio, ma più corte (la crono di Perugia è lunga 40,6 chilometri, quella di Desenzano ne misura 31,2, ndr). Quindi troverò altri avversari con cui confrontarmi. Ma preferisco concentrarmi su me stesso, provando a ottenere il masssimo giorno per giorno. Quella di Perugia sarà una bella crono. Ho fatto la recon e non vedo l’ora che arrivi quel giorno. Tutto qui. Cosa dite se vado a riposarmi un po’? Per oggi ho già fatto abbastanza interviste…».

Il Giro torna a Oropa: 10 anni fa Battaglin, ultimo italiano

03.04.2024
5 min
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Nel 2014, alla sua quarta stagione da pro’, Enrico Battaglin conquistò la vittoria nella 14ª tappa del Giro d’Italia. Dove? Nel magnifico scenario di Oropa. Un luogo magico per il ciclismo, che fa tornare alla mente ricordi come quello del salto di catena di Marco Pantani poi rintuzzato con la classe che solo il romagnolo aveva. Quest’anno alla seconda tappa della corsa rosa si arriverà ancora una volta lassù ed Enrico Battaglin è stato l’ultimo italiano a vincerci. 

Prima di riavvolgere il nastro, Enrico dicci cosa fai oggi?

Ho provato a cercare squadra a fine 2022 e non sono riuscito a trovare un contratto. A gennaio 2023 ho iniziato a lavorare in una ditta vicino a casa mia perché ne avevo bisogno. Faccio un lavoro normale che non c’entra con l’ambito ciclistico. 

Battaglin a fine 2022 ha appeso la bici al chiodo
Battaglin a fine 2022 ha appeso la bici al chiodo
E’ una decisione maturata da una necessità o c’è altro? 

Era un momento particolare, perché durante il 2022 avevo un accordo non scritto, però comunque a settembre non avevo ancora firmato. Dovevo fare un buon finale di stagione e alla fine non si è concretizzato il rinnovo. Era difficile trovare squadra in quel momento, mi sarebbe piaciuto terminare nel 2024. Volevo correre ancora e me lo sentivo di essere in grado di fare altri due anni. Guardando le corse di oggi, vedo che il livello è sempre più alto quindi diciamo che sarebbe stata sempre più difficile. Però comunque avrei potuto finire un po’ più dignitosamente. Invece ho finito un po’ in modo malinconico e mi resta ancora l’amaro in bocca.

Non hai avuto tu l’ultima parola sul tuo ritiro…

E’ un mondo un po’ difficile. Nel momento della gloria sei su, poi nel momento delle difficoltà non c’è nessuno che ti vuole dare la mano.

Come è cambiata la tua vita?

Lavoro dal lunedì al venerdì, 9-18. E’ tutta un’altra vita, però riesco anche un po’a godermi mio figlio. Dopo una vita di sacrifici sicuramente una vita normale è più facile, più difficile per altri aspetti, ma più agevole per molti altri. 

Hai valutato l’idea di rimanere nell’ambito del ciclismo oppure è una cosa che hai messo da parte?

Mi piacerebbe rientrare nei prossimi anni. Ho fatto il primo livello e vorrei fare il secondo e terzo da allenatore. Però non ci sono tanti corsi adesso in Italia. La voglia è magari di iniziare i prossimi anni in una categoria di giovani che può essere allievi o juniores e poi magari chissà anche qualcosa in più, però non nell’immediato. 

Tre vittorie per Battaglin al Giro, questa è la prima (2013) a Serra S. Bruno davanti a Felline e Visconti
Tre vittorie per Battaglin al Giro, questa è la prima (2013) a Serra S. Bruno davanti a Felline e Visconti
Il ciclismo lo segui?

Sì, abbastanza. I momenti più salienti, perché a volte mi sembra un po’ noioso. Anche se adesso comunque le corse esplodono molto prima, quindi su certe gare è meglio collegarsi per tempo e vedere qualcosa di speciale. 

Allora saprai che quest’anno la seconda tappa del Giro d’Italia arriva proprio in cima ad Oropa dove tu vincesti 10 anni fa e ad oggi sei l’ultimo italiano ad averlo fatto. Cosa ricordi di quel giorno?

Ero in fuga e ho avuto la possibilità di affrontare la salita in un modo completamente diverso da quella che affronterà il gruppo quest’anno essendo il secondo giorno. Mi ricordo che era stata una giornata un po’ particolare, perché il giorno prima aveva vinto il mio compagno Marco Canola quindi in squadra c’era molto entusiasmo. Siamo andati in fuga e alla fine è venuta fuori una vittoria anche se era un percorso non proprio adatto a me. Mi sono gestito bene in salita, perché alla fine mi ero staccato però poi sono rientrato e nel finale e sono riuscito a fare il mio sprint.

Che tipo di salita è?

Non è sicuramente la salita più dura che ho fatto in vita mia, ma è dura. Con il livello di adesso sicuramente anche se è il secondo giorno farà già molti danni.

Hai notato qualcosa di diverso nel vincere ad Oropa?

Era sicuramente scenografica perché arrivare in cima con il santuario sullo sfondo è molto bello. Questa salita si lega molto al nome di Pantani per quello che ha fatto.

A Oropa 15 anni prima di Battaglin, la straordinaria rimonta che infiammò il Giro 1999
A Oropa 15 anni prima di Battaglin, la straordinaria rimonta che infiammò il Giro 1999
Venendo a quello che sarà, secondo te Pogacar potrà indossare già lì la sua prima maglia rosa?

Dov’è che non può non prendere la maglia rosa… Secondo me con quello che riesce a fare, non avrà problemi. Ho visto che ha vinto nettamente in Catalogna, è già in una forma mostruosa, lo abbiamo visto alla Strade Bianche. Quindi presumo che secondo me proveranno già a prenderla quel giorno. La prima parte è abbastanza tranquilla quindi sicuramente proveranno a controllarla poi magari se prenderà la maglia nei giorni successivi la lascerà. 

Per il parallelismo che c’è tra Tadej e Pantani, secondo te non si lascerà scappare l’occasione?

Sì, assolutamente. Anche se secondo me non si devono fare paragoni. Pogacar è un corridore completamente diverso. Un corridore che vince il Fiandre non può essere paragonato a Pantani. E’ più un corridore che può essere paragonato ai Coppi e Bartali che facevano i capitani dalla Sanremo alla Roubaix ai Grandi Giri. C’era un capitano che vinceva in tutte le gare a cui partecipavano e adesso lui è così.

Come ci hai detto il ciclismo nonostante hai appeso la bici al chiodo lo segui ancora. Pensi che andrai a vedere dal vivo i tuoi ex colleghi?

C’è una tappa che arriva vicino a casa mia a Bassano del Grappa, ma non lo so…Ci rifletto e vedrò. 

La nuova primavera di Pogacar cambierà la Sanremo?

10.03.2024
5 min
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Tadej Pogacar ha cambiato metodo di approccio alla stagione, complice il suo esordio al prossimo Giro d’Italia. Finora ha messo nelle gambe tanti giorni di allenamento e uno solo di corsa, alla Strade Bianche. Un esordio che ha tolto molti dubbi sul suo stato di forma. La seconda corsa della stagione per lo sloveno sarà la Milano-Sanremo. Il corridore del UAE Team Emirates ha già tentato l’assalto alla Classicissima di Primavera nel 2023. Ora il suo approccio è cambiato, e la curiosità è tutta intorno a quello che potrà fare sul traguardo di Via Roma.

L’esordio stagionale dello sloveno è stato promettente: una Strade Bianche dominata
L’esordio stagionale dello sloveno è stato promettente: una Strade Bianche dominata

Esordio brillante

Alessandro Petacchi, che la Sanremo l’ha vinta da corridore e ora è opinionista della RAI, ci può dire cosa può cambiare in gara con un Pogacar più “fresco”. 

«Lo abbiamo visto alla Strade Bianche – ci spiega – e non mi sembra abbia avuto grandi problemi nonostante fosse il debutto stagionale. Alla Sanremo del 2023 Van Der Poel ha dimostrato di essere il più forte su quel tipo di terreno. E l’olandese, l’anno scorso, ha esordito alla Sanremo, ma quei tre (Pogacar, VDP e Van Aert, ndr) riescono a prepararsi bene per gli appuntamenti importanti anche senza correre. Sono dei fuoriclasse».

Van Der Poel nel 2023 esordì alla Sanremo e la vinse da assoluto protagonista
Van Der Poel nel 2023 esordì alla Sanremo e la vinse da assoluto protagonista
E’ la prima volta che Pogacar arriva alla Sanremo senza fare Tirreno o Parigi-Nizza, cosa può cambiare?

Per lui poco, fare una gara di una settimana oppure no è la stessa cosa. O così sembra essere. E’ un corridore che può vincere la Sanremo in un solo modo, ovvero sfiancare gli avversari. Molto dipende da come si sveglia sabato mattina.

Speriamo bene, come alla Strade Bianche…

E’ quello che ci auguriamo tutti, se sta bene può fare quello che vuole e provare a fare corsa dura fin da subito. Le sue chance dipenderanno anche da come verrà affrontata la Cipressa. E’ un corridore meno esplosivo di Van Der Poel, suo principale avversario. Pogacar dovrà provare a scremare il gruppo fin dalla Cipressa, ma molto dipenderà dal meteo. 

In che senso?

Il vento sarà l’ago della bilancia. Se fosse contrario, la Cipressa si fa benissimo a ruota. Al contrario, se non dovesse esserci neanche un filo d’aria, la selezione viene più facile. Solo che VDP è un corridore fortissimo, sarà difficile metterlo in difficoltà. 

Al Fiandre nel 2023 Pogacar ha piegato VDP con continui attacchi
Al Fiandre nel 2023 Pogacar ha piegato VDP con continui attacchi
L’approccio diverso alla stagione potrà risultare utile?

Sicuramente le sue scelte non sono dovute alla Sanremo, ma al Giro. Senza tante corse nelle gambe Pogacar potrebbe trovarsi con meno esplosività. Cosa che alla Classicissima può fare la differenza. Un calendario ridotto a inizio stagione è dovuto al fatto che lui non si risparmia in gara. Se mette il numero sulla schiena è per dare spettacolo. 

Come lo hai visto?

Ho avuto modo di vederlo solo in televisione, ma mi sembrava più magro rispetto allo stesso periodo delle altre stagioni. Se sei già così leggero è per andare forte in salita, una scelta che viene utile per il Giro. Questa magrezza, che mi è sembrato di intravedere, può togliergli ancora qualcosa in esplosività. La Sanremo è una corsa alla sua portata, ma è la più difficile da vincere. C’era un altro corridore come lui…

Chi?

Nibali. Tutti dicevano che avrebbe potuto vincere la Liegi o Il Lombardia e meno la Sanremno. La prima l’ha sfiorata, la seconda l’ha vinta e alla fine s’è preso anche la Classicissima. Pogacar deve trovare la giornata alla Nibali nel 2017, con una condizione da far paura. 

Nibali è un corridore con caratteristiche simili a Pogacar ed è riuscito a vincere la Sanremo
Nibali è un corridore con caratteristiche simili a Pogacar ed è riuscito a vincere la Sanremo
Come può battere Van Der Poel?

L’olandese può seguirlo bene su sforzi brevi, soprattutto se si tratta di rispondere a uno o due scatti. L’anno scorso al Fiandre Pogacar ha dovuto fare corsa dura fin da subito, portandolo allo scoperto e poi attaccando più volte sui muri. Su un muro stare davanti o dietro è uguale, fai fatica e basta. Su Cipressa e Poggio stare a ruota ti fa risparmiare qualcosa. 

Sono cambiate le cose negli anni, ora i due grandi favoriti non fanno né Tirreno-Adriatico né Parigi-Nizza.

Si tratta di una scelta dettata dall’esperienza personale. Pogacar e VDP si trovano bene così. Altri come Milan e Ganna, invece, che sono più potenti e massicci, hanno bisogno di correre

Lo sloveno sarà al Giro, il suo avvicinamento prevede gare centellinate, ma alla corsa rosa si dovrà far trovare subito pronto
Lo sloveno alla corsa rosa si dovrà far trovare subito pronto
Come vedi l’avvicinamento di Pogacar al suo primo Giro?

Bene, molto bene. La scelta di centellinare gli sforzi è stata intelligente, lo aiuterà a preservarsi. La corsa rosa partirà subito forte, alla seconda tappa si arriverà subito ad Oropa. Non è un arrivo difficile, ma non si potrà arrivare con la condizione in crescendo. I corridori dovranno essere subito pronti, già da quel giorno potrebbero nascere i primi distacchi. Mi aspetto un attacco di Pogacar già da quel giorno, non per scavare grandi distacchi, ma per dettare legge.

Una dodicenne, una poesia e l’eroe in bicicletta

Giada Gambino
13.01.2021
2 min
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Avevo dodici anni quando chiesi a mio padre di aiutarmi a scrivere una poesia che avrei dovuto leggere, il giorno dopo, a scuola.

Fu in quell’occasione che, per la prima volta, sentii quel nome: Marco Pantani.

Mio padre mi raccontò di quanto fosse forte, unico ed imprevedibile; di quanto le sue imprese fossero così emozionanti da far fermare il tempo.

Tutto il mondo si concentrava sulle sue vittorie, sui suoi scatti, sulle sue fughe. Mentre lo ascoltavo mi immaginavo questo eroe in bicicletta che si levava la bandana ogni qualvolta andava all’attacco per conquistare sempre più terreno, i miei occhi brillavano e percepivo il mio cuore battere sempre più forte.

I primi video

Così, un giorno, decisi di cercare su internet i video delle vittorie del Pirata e, inevitabilmente, me ne innamorai. Dal Giro d’Italia al Tour de France scoprii il ciclismo vero, quello non calcolato nei minimi dettagli, quello che ti entusiasma e ti fa venire la pelle d’oca anche quando stai vedendo una corsa registrata e sai già come andrà a finire.

La grandezza di Pantani si vede anche in questo: a distanza di anni, nonostante non sia più con noi, riesce comunque a catturare dei tifosi che, come la me allora dodicenne, rimangono estasiati dinanzi ad una vera e propria leggenda.

Charly Gaul, Marco Pantani, Tour de France 1998
Sul podio di Parigi, anche Charly Gaul, uno dei più grandi scalatori di sempre
Charly Gaul, Marco Pantani 1998
Sul podio di Parigi, anche Charly Gaul, uno dei più grandi scalatori di sempre

Quel giorno mio padre mi raccontò anche del Giro del 1999, dei tragici fatti di Madonna di Campiglio, del declino del Pirata e di quello che, ormai, molti considerano un omicidio. Sentire tanta brutalità attorno a qualcuno che doveva solo ricevere affetto, stima e sostegno mi fece sentire piccola e impotente.

Proprio per questo ogni qual volta mi alleno in bicicletta, salendo su Monte Pellegrino a Palermo e leggo per terra la scritta “ W PANTANI” un brivido di emozione mi attraversa tutto il corpo, sorrido e getto la treccia dei miei lunghi capelli all’indietro (involontariamente, forse, per simulare il gesto della bandana) e affronto la salita sempre con una carica in più.

La poesia, comunque, la ricordo ancora e recita così:

14 Febbraio 

Coppie scoppiettanti di amori accesi

si incontravano per farsi doni e stare assieme; 

solo, in uno squallido albergo, mi ritrovavo ad affrontare la mia ultima fuga. 

Mai più discese o ripide salite, 

mai più Alpi o Pirenei scalati a perdifiato col cuore in gola

per rendere più breve l’agonia. 

Sei morto da solo, ma vivi per tanti.